NewsUCIPEM n. 655 – 25 giugno 2017

NewsUCIPEM n. 655 – 25 giugno 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le “news” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. Sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link a siti internet per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto delle news è liberamente riproducibile citando la fonte.

Per visionare i numeri precedenti, dal n. 534 andare su:

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Chi desidera connettersi invii a newsucipem@gmail.com la richiesta indicando nominativo e-comune di attività, e-mail, ed eventuale consultorio di appartenenza. [invio a 1.345 connessi]

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02 ADDEBITO Stancarsi del matrimonio non giustifica farsi l’amante.

02 E-mail fatali per la moglie: sua la responsabilità della separazione.

02 ADOZIONI Percorsi di sostegno alle “adozioni difficili”.

03 AMORIS LÆTITIA Un’altra lettera dei quattro cardinali al papa.

04 La sindrome di Stoccolma dei 4 cardinali “sessantottini”.

05 Papa Cristiani vadano avanti, meglio zoppicare che star fermi.

06 ASSEGNO DI MANTENIMENTO Conseguimento della laurea triennale.

07 Assegno mantenimento figli: il giudice può decidere d’ufficio.

07 Rifiuto di offerte di lavoro da parte del figlio.

07 Il miglioramento economico non comporta l’automatico aumento.

08 ASSEGNO DIVORZILE Ex moglie percepisce la pensione. Revocato l’assegno divorzile

08 Consentire il raggiungimento dell’indipendenza economica.

09 CASA FAMILIARE L’assegnazione della casa familiare se non ci sono figli.

10 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 23\2017, 14 giugno 2017.

12 CHIESA CATTOLICARusconi giudica papa. “La teologia narrativa di papa Francesco”.

13 Cultura civile e teologia: Un dibattito istituzionale e culturale

14 CITTADINANZA Nascita e residenza legale in Italia.

14 COGNOME DEI FIGLI Come mettere il cognome della madre ai figli.

15 Comm. ADOZIONI INTERNAZIONALI Adozioni internazionali, nuovo corso ma problemi di sempre.

16 Riattivata la casella di posta istituzionale della CAI.

16 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Milano1. Istituto La casa. Rivista e iniziative.

17 Padova. Il potere della lettura: dislessia.

17 COPPIA Il processo di individuazione di coesione.

19 DALLA NAVATA 12° Domenica del tempo ordinario – Anno A – 25 giugno 2017.

20. Non temete. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

21 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAConvegno diocesano di Roma: l’adolescenza non è una patologia.

22“Se il matrimonio non è “per sempre” è meglio non sposarsi”.

23 PARLAMENTO Senato 2° Comm. Disposizioni sul cognome dei figli.

23 Accesso del figlio alle informazioni sull’identità dei genitori.

23 PASTORALE FAMILIARE Amoris lætitia e l’Italia. Esplode il rinnovamento.

24 Non più come fratello e sorella.

25 PATERNITÀ Paternità non voluta: niente risarcimento dalla partner

26 POLITICHE FAMILIARI Politiche della famiglia: ripartito il fondo 2017.

26 UCIPEM Giornata di studio a Roma il 23 settembre 2017.

26 UNIONI CIVILI Le unioni civili maggiori nelle grandi città.

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ADDEBITO

Stancarsi del matrimonio non giustifica farsi l’amante.

Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 15079, 19 giugno 2017.

Confermato addebito della separazione alla moglie per aver intrapreso una relazione extraconiugale e abbandonato la casa familiare. Stancarsi del matrimonio non giustifica certo farsi l’amante come diversivo. Lo ha sancito la Cassazione, confermando l’addebito della separazione a carico di una moglie per la rottura definitiva con il marito.

www.studiocataldi.it/guide_legali/separazione/addebito-separazione.asp

La donna proponeva ricorso per cassazioneavverso la sentenza che le aveva addebitato la separazione personale dal coniuge, per avere intrattenuto una relazione extraconiugale e abbandonato la residenza familiare senza il consenso di lui, non essendovi prova, secondo la corte di merito, della pregressa intollerabilità della convivenza, ma soltanto di una certa “stanchezza” della moglie verso la vita coniugale.

La stanchezza per la vita matrimoniale non giustifica la relazione. Gli Ermellini concordano con il giudice di merito. Infatti, la sentenza impugnata “ha deciso in senso conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato senza il consenso dell’altro coniuge, a meno che sia avvenuto per giusta causa, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale che dà luogo necessariamente a cessazione della convivenza ed è conseguentemente causa di addebito della separazione“.

Inoltre, sostengono dal Palazzaccio, è vero che “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale richiede comunque la prova, da parte di chi richiede l’addebito, del nesso di causalità con l’intollerabilità della convivenza” ma la stessa può essere data anche in via presuntiva, e l’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi “è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione adeguata”.

Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna della donna anche alle spese di lite.

Ordinanza www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?vai=ok

Marina Crisafi Newsletter studio Cataldi 23 giugno 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26527-cassazione-stancarsi-del-matrimonio-non-giustifica-l-amante.asp

 

E-mail fatali per la moglie: sua la responsabilità della separazione

Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 15811, 23 giugno 2017.

Le email, le foto e una relazione investigativa certificano che la donna aveva durante il matrimonio una relazione sentimentale con un altro uomo. La casa coniugale assegnata al marito unitamente alla figlia minore.

Ordinanza www.divorzista.org/sentenza.php?id=13880

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ADOZIONI

Percorsi di sostegno alle “adozioni difficili”.

Martedì 27 giugno 2017, (ore 9-13,30) presso l’Università Sr. Orsola Benincasa di Salerno si terrà il seminario formativo “Save the Date – Percorsi di sostegno alle ADOZIONI DIFFICILI” all’interno della campagna “Donare futuro”.

Durante tutta la mattinata, ogni aspetto dell’adozione analizzato sarà integrato dagli interventi di alcune famiglie adottive, che parteciperanno all’incontro e porteranno la loro testimonianza. La partecipazione è gratuita.

L’iniziativa, aperta a educatori, psicologi, famiglie, assistenti sociali e avvocati, e valida come crediti formativi per questi ultimi, è patrocinata dall’Autorità Garante Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza della Campania dott. Cesare Romano.

  • Presentazione e saluti istituzionali Cesare Romano, Garante Infanzia e Adolescenza della Campania

  • Motivi, obiettivi e richieste della Campagna donare futuro: Marco Giordano (Progetto Famiglia), Giovanni Tagliaferri (CNCM)

  • Le adozioni difficili: nodi critici e risorse

Aspetti psico-pedagogici: Michela Di Fratta, dirigente psicologo, ASL Napoli 3 Sud;

Aspetti socio-giuridici: Manuela Maria Siniscalco, docente di diritto di famiglia e minorile all’UniSOB; Testimonianze di famiglie.

  • Workshop paralleli:

  • Prospettiva psico-sociale: Risorse a supporto del processo adottivo: buone pratiche Preparazione delle coppie per le adozioni difficili. Rischio e gestione del fallimento

Conduttori Gruppo A) Monica Romei, psicoterapeuta (Consultorio Familiare Ist. Toniolo) e Pasqualina Campagnuolo, sociologa (Fondazione G. Ferraro)

Conduttori Gruppo B) Mariano Iavarone, assistente sociale (coop. Irene 95) e Carolina Rossi, psicoterapeuta (Progetto Famiglia)

  • Prospettiva psico-pedagogica: Risorse a supporto del processo adottivo: buone pratiche Come sostenere i bambini con difficoltà e le famiglie nel processo di affiliazione. Difficoltà connesse alla traumatizzazione, alla disabilità, alla diversa cultura

Conduttori Gruppo A) Giovanna Buonocore, psicologa (AiBi), Maria Piscopo, genitore adottivo (AiBi), Carmela Grimaldi, ass. sociale (Ass. Tarità).

Conduttori Gruppo B) Monica Procentese, ass. sociale, pedagogista (coop. Irene 95) e Concetta Rossi, dirigente psicologo, ASL Caserta 1.

  • Plenaria di restituzione e conclusioni Marianna Giordano (CISMAI)

www.dirittoallafamiglia.it

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AMORIS LÆTITIA

Un’altra lettera dei quattro cardinali al papa. Passim estratto

A distanza di sette mesi dai “dubia”, papa Francesco ha ricevuto a metà di questa primavera un’altra lettera dagli stessi quattro cardinali, firmata da Carlo Caffarra a nome degli altri tre: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke e Joachim Meisner. E anche a questa lettera, come già ai “dubia”, egli non ha risposto.

I quattro cardinali chiedevano al papa di essere ricevuti in udienza. Per parlare con lui delle divisioni generate da Amoris Lætitiae della conseguente “situazione di confusione e smarrimento” di larga parte della Chiesa. (…)

Il testo integrale della lettera è riprodotto più sotto.

Ma intanto è anche utile rilevare che, nei 45 giorni intercorsi tra la consegna della lettera al papa e la sua pubblicazione, la Babele delle interpretazioni di Amoris Lætitia– ma non solo – è andata ulteriormente crescendo. Si possono segnalare in proposito questi nuovi fatti.

  • In Polonia, la conferenza episcopale ha annunciato che in ottobre pubblicherà delle linee guida per l’applicazione di Amoris Lætitiache terranno fermo, senza eccezioni, l’insegnamento di Giovanni Paolo II sui divorziati risposati, i quali potranno fare la comunione solo se si impegnano a vivere “come fratello e sorella”.

  • Ma in Belgio i vescovi, in una “Lettera pastorale”, hanno dato il via libera alla comunione per i divorziati risposati, anche se semplicemente “decisa in coscienza”: cosa che in quel paese già avviene quasi ovunque da tempo.

  • Anche in Italia la conferenza episcopale della regione Sicilia ha pubblicato degli “Orientamenti pastorali” sul capitolo ottavo di Amoris Lætitiache prevedono “soluzioni pratiche differenziate secondo le situazioni”, comprendenti l’assoluzione e la comunione per i divorziati risposati che vivono “more uxorio”.

  • In Argentina, nella diocesi di Reconquista, il vescovo Ángel José Macín, ivi insediato da papa Francesco nel 2013, ha festeggiato pubblicamente la piena riammissione nella Chiesa di circa trenta coppie di divorziati risposati che continuano a vivere “more uxorio“, dando loro la comunione – ha detto – al termine di un percorso collettivo di preparazione sulla base delle indicazioni di Amoris Lætitiae della successiva lettera scritta dal papa ai vescovi della regione del Rio de la Plata.

  • Ancora in Italia, il teologo Maurizio Chiodi ha pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole “Rivista del Clero Italiano” un saggio nel quale argomenta alla luce di Amoris Lætitiala possibilità della comunione per i divorziati risposati sulla base di “una teoria della coscienza oltre l’alternativa della norma”. La “Rivista del Clero Italiano” è edita dall’Università Cattolica di Milano, sotto la direzione di tre vescovi: Gianni Ambrosio, Franco Giulio Brambilla e Claudio Giuliodori. E Chiodi è stato nominato dal papa pochi giorni fa membro ordinario della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita.

  • Sempre in Italia, a Torino, il sacerdote cattolico Fredo Olivero ha reso noto che il gruppo interconfessionale “Spezzare il pane” al quale partecipa si riunisce una volta al mese a celebrare l’eucaristia in rito ora cattolico ora protestante, con i presenti che fanno tutti la comunione. Si è detto sicuro che questo è il vero “pensiero personale” di papa Francesco, secondo quanto da lui detto il 15 novembre 2015 durante la visita alla chiesa luterana di Roma. Ha aggiunto che il dogma della transustanziazione va riletto in chiave “spirituale” e che, stando a Gesù, la messa la può celebrare chiunque e non solo un ministro ordinato. Don Olivero ha fatto questo “outing” sull’ultimo numero di “Riforma”, il settimanale della Chiesa valdese.

  • E infine, in Vaticano, risulta che sia stata insediata una commissione incaricata di “reinterpretare” alla luce di Amoris Lætitial’enciclica di Paolo VIHumanae vitae” sulla contraccezione. Fanno parte di questa commissione Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, Angelo Maffeis, preside dell’Istituto Paolo VI di Brescia, e Philippe Chenaux, docente di storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense. Il coordinatore è Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica nel suddetto istituto fondato da Giovanni Paolo II e sostenitore da qualche tempo di tesi revisioniste.

Questo lo stato dei fatti. E questa la lettera al papa di quattro cardinali che non vi si rassegnano.

Beatissimo Padre,

è con una certa trepidazione che mi rivolgo alla Santità Vostra, durante questi giorni del tempo pasquale. Lo faccio a nome degli Em.mi Cardinali: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Joachim Meisner, e mio personale.

Desideriamo innanzi tutto rinnovare la nostra assoluta dedizione ed il nostro amore incondizionato alla Cattedra di Pietro e per la Vostra augusta persona, nella quale riconosciamo il Successore di Pietro ed il Vicario di Gesù: il “dolce Cristo in terra”, come amava dire S. Caterina da Siena. Non ci appartiene minimamente la posizione di chi considera vacante la Sede di Pietro, né di chi vuole attribuire anche ad altri l’indivisibile responsabilità del “munus” petrino. Siamo mossi solamente dalla coscienza della responsabilità grave proveniente dal “munus” cardinalizio: essere consiglieri del Successore di Pietro nel suo sovrano ministero. E del Sacramento dell’Episcopato, che “ci ha posti come vescovi a pascere la Chiesa, che Egli si è acquistata col suo sangue” (At 20, 28).

Il 19 settembre 2016 abbiamo consegnato alla Santità Vostra e alla Congregazione della Dottrina della Fede cinque “dubia”, chiedendoLe di dirimere incertezze e fare chiarezza su alcuni punti dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Lætitia.Non avendo ricevuto alcuna risposta da Vostra Santità, siamo giunti alla decisione di chiederLe, rispettosamente ed umilmente, Udienza, assieme se così piacerà alla Santità Vostra. Alleghiamo, come è prassi, un Foglio di Udienza in cui esponiamo i due punti sui quali desideriamo intrattenerci con Lei.

 

Beatissimo Padre, è trascorso ormai un anno dalla pubblicazione di Amoris Lætitia. In questo periodo sono state pubblicamente date interpretazioni di alcuni passi obiettivamente ambigui dell’Esortazione post-sinodale, non divergenti dal, ma contrarie al permanente Magistero della Chiesa. Nonostante che il Prefetto della Dottrina della Fede abbia più volte dichiarato che la dottrina della Chiesa non è cambiata, sono apparse numerose dichiarazioni di singoli Vescovi, di Cardinali, e perfino di Conferenze Episcopali, che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato. Non solo l’accesso alla Santa Eucarestia di coloro che oggettivamente e pubblicamente vivono in una situazione di peccato grave, ed intendono rimanervi, ma anche una concezione della coscienza morale contraria alla Tradizione della Chiesa. E così sta accadendo – oh quanto è doloroso constatarlo! – che ciò che è peccato in Polonia è bene in Germania, ciò che è proibito nell’Arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta. E così via. Viene alla mente l’amara constatazione di B. Pascal: “Giustizia al di qua dei Pirenei, ingiustizia al di là; giustizia sulla riva sinistra del fiume, ingiustizia sulla riva destra”.

Numerosi laici competenti, profondamente amanti della Chiesa e solidamente leali verso la Sede Apostolica, si sono rivolti ai loro Pastori e alla Santità Vostra, per essere confermati nella Santa Dottrina riguardante i tre sacramenti del Matrimonio, della Confessione e dell’Eucarestia. E proprio in questi giorni, a Roma, sei laici provenienti da ogni Continente hanno proposto un Seminario di studio assai frequentato, dal significativo titolo: “Fare chiarezza”.

Di fronte a questa grave situazione, nella quale molte comunità cristiane si stanno dividendo, sentiamo il peso della nostra responsabilità, e la nostra coscienza ci spinge a chiedere umilmente e rispettosamente Udienza.

Voglia la Santità Vostra ricordarsi di noi nelle Sue preghiere, come noi La assicuriamo che faremo nelle nostre. E chiediamo il dono della Sua Benedizione Apostolica.

Carlo Card. Caffarra Roma, 25 aprile 2017 Festa di San Marco Evangelista

(…)

Sandro Magister blog espresso 20 giugno 2017 http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it

 

La sindrome di Stoccolma dei 4 cardinali “sessantottini”

“La nostra coscienza ci spinge”: così si intitola il testo della lettera, stesa dal Card. Caffarra, a nome proprio e degli altri 3 cardinali dubbiosi. Gustoso è il fatto che la “coscienza cardinalizia” si mobiliti solo per escludere la rilevanza della coscienza personale ed ecclesiale. La coscienza dei cardinali sostituisce e scavalca la coscienza comune: decisamente contro il dettato di AL 37. Ma che cosa dice questa lettera? Possiamo riassumerla in 4 dichiarazioni:

  1. Sì premette che i 4 cardinali sono fedeli alla autorità del Papa (andava detto, visto quello che segue);

  2. Si indicano Vescovi, pastori e intere Conferenze Episcopali come sostenitrici di affermazioni che “approvano ciò che il magistero della Chiesa non ha mai approvato” (ed è evidente che la abitudine alla censura del prossimo diventa paradossale quando pretende di sostituirsi alle autorità preposte);

  3. Si esaltano “laici” – questi sì obbedienti e fedeli, non come i pastori, i Vescovi e le Conferenze episcopali inaffidabili – che vorrebbero garantiti i sacramenti contro questi “abusi”. E si segnala la prestazione dei 6 laici impegnati a maggio in un convegno nella “piccola sala di un hotel” (ma presentato come un evento epocale);

  4. Si domanda di essere ricevuti per discutere sui “dubia” già presentati e sulla “confusione” in cui AL avrebbe precipitato la Chiesa, e in primis i parroci;

Ciò che sorprende, in questa lettera, è la perdita completa di contatto tra i 4 cardinali e la realtà ecclesiale. Il cammino sinodale, il confronto tra le diverse opinioni, la elaborazione del testo di AL e la sua iniziale recezione: tutto viene risolto in una posizione risentita e negativa, autoreferenziale e senza respiro.

La coscienza dei cardinali li “spinge”: a che cosa? A resistere sulle posizioni acquisite, che vengono scambiate come le “verità di sempre”. E qui vorrei dire, con tutta la necessaria chiarezza, che sono davvero stupito di come questi 4 cardinali siano caduti nel peggiore errore di ciò che loro chiamano “modernismo”. Essi hanno talmente combattuto il moderno, che sono rimasti vittime di una vera e propria “sindrome di Stoccolma”: si sono lasciati talmente segnare dallo scontro con il pensiero soggettivistico, da averne assunto uno dei lati più problematici, ossia la identificazione della propria coscienza soggettiva con la realtà.

Questo è evidente almeno per tre motivi:

  1. Con tutta la buona volontà, è ben difficile che Vescovi e intere Conferenze episcopali abbiano assunto decisioni erronee, mentre laici fedeli sarebbero custodi della verità. Questa è una rappresentazione caricaturale della dialettica ecclesiale. Ed è una sorta di “protesta sessantottina” – i laici liberi contro la struttura oppressiva – fatta propria da menti reazionarie. Ma è una assolutizzazione della (loro) coscienza soggettiva contro la evidenza della realtà;

  2. La esaltazione del Seminario di studio tenuto a Roma da “6 laici di tutti i continenti” è a sua volta una preoccupante “campagna pubblicitaria” – nel peggior stile postmoderno – contro ogni evidenza teologica e pastorale. I “6 laici”, proprio con i loro discorsi tenuti al Seminario di studio, hanno dimostrato di essere teologicamente incompetenti e ecclesialmente irrilevanti, senza alcun vero collegamento con il cammino ecclesiale, con il dibattito teologico e con la logica del buon senso. Ed è allarmante (anzitutto per loro) che i 4 cardinali preferiscano i deliri infondati di 6 sconosciuti al cammino sinodale di una Chiesa.

  3. Infine – e anche questo non può essere taciuto – la difesa che il card. Caffarra fa di quella che chiama “tradizione intangibile” – contro la quale si sarebbero mossi non solo Vescovi e Conferenze, ma lo stesso testo di AL – altro non è che la custodia ostinata della “collezione dei propri testi”: Familiaris Consortio e Veritatis Splendor sono infatti in buona misura il frutto del pensiero e della scrittura dello stesso Card. Caffarra. E se umanamente è comprensibile che ognuno si leghi a filo doppio ai propri testi, ci si affezioni e li veda come “passi insuperabili” nella storia del mondo, proprio per questo motivo ognuno, soprattutto se è un cardinale, dovrebbe anche considerare eccessivo che i propri testi pretendano di essere il punto di arrivo definitivo della Tradizione e della Scrittura. Una moderazione della coscienza e un supplemento di temperanza sarebbero auspicabili, per non compromettere non solo il giudizio sulla persona, ma anche quello sulla funzione cardinalizia, che non può mai ridurre la “voce della coscienza” alla testarda difesa dei propri diritti d’autore.

Andrea Grillo blog: Come se non 21 giugno 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/la-sindrome-di-stoccolma-dei-4-cardinali-sessantottini

 

Papa: cristiani vadano sempre avanti, meglio zoppicare che stare fermi

Meglio zoppicare che rimanere fermi rinchiudendosi nella propria nicchia. E’ quanto affermato da Papa Francesco nel discorso al Serra International, organizzazione che ha, come vocazione, “l’essere amici dei preti”. Il Papa ha detto che è molto triste vedere uomini di Chiesa che non sanno cedere il proprio posto ed ha ribadito che il cristiano deve sempre mettere in discussione se stesso se vuole vivere davvero l’incontro con il Signore.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/june/documents/papa-francesco_20170623_convention-serrainternational.html

Siate “veri amici dei seminaristi e dei sacerdoti, manifestando il vostro amore per loro nella promozione delle vocazioni, nella preghiera e nella collaborazione pastorale”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai membri del Serra International, ringraziandoli per la loro “bella vocazione” incentrata sull’amicizia. Quindi, ha sottolineato cosa voglia dire essere amici dei preti: “Amici che sanno accompagnarli e sostenerli con senso di fede, con la fedeltà della preghiera e con l’impegno apostolico; amici che condividono lo stupore della chiamata, il coraggio della scelta definitiva, le gioie e le stanchezze del ministero; amici che sanno stare vicini ai preti, che sanno guardare con comprensione e tenerezza i loro slanci generosi, insieme alle loro debolezze umane”.

Di qui, il Pontefice ha preso spunto dal tema del Convegno del Serra International, “Siempre adelante! Sempre avanti!” per soffermarsi sulla centralità del camminare nella “vocazione cristiana”.

Le strutture pastorali non cadano nella tentazione di preservare se stesse. Quest’ultima, ha detto, “è l’invito a uscire da sé stessi per iniziare a vivere la festa dell’incontro con il Signore e percorrere le strade sulle quali Egli ci invia”. Ma per camminare, è stato il suo ammonimento, bisogna mettersi in discussione. “Non avanza verso la mèta – ha detto il Papa – chi ha paura di perdere sé stesso secondo il Vangelo”:

“Nessuna nave solcherebbe le acque se avesse timore di lasciare la sicurezza del porto. Allo stesso modo, nessun cristiano può entrare nell’esperienza trasformante dell’amore di Dio se non è disposto a mettere in discussione sé stesso, ma resta legato ai propri progetti e alle proprie acquisizioni consolidate. Anche le strutture pastorali possono cadere in questa tentazione di preservare sé stesse invece di adattarsi al servizio del Vangelo”.

Il cristiano, invece, “sa di poter scoprire le sorprendenti iniziative di Dio quando ha il coraggio di osare, quando non permette alla paura di prevalere sulla creatività”: E ancora, ha affermato, “quando non si irrigidisce di fronte alla novità e sa abbracciare le sfide che lo Spirito gli pone, anche quando esse gli chiedono di cambiare rotta e di uscire dagli schemi”.

Bisogna sempre andare avanti, confidando nella misericordia di Dio. Francesco ha così rammentato l’esempio di San Junipero che, “zoppicante, si ostina a volersi mettere in viaggio verso San Diego per piantarvi la Croce!”: “Ho paura dei cristiani che non camminano e si rinchiudono nella propria nicchia. È meglio procedere zoppicando, talvolta cadendo ma confidando sempre nella misericordia di Dio, che essere dei “cristiani da museo”, che temono i cambiamenti e che, ricevuto un carisma o una vocazione, invece di porsi al servizio dell’eterna novità del Vangelo, difendono sé stessi e i propri ruoli”.

No agli uomini di Chiesa che non cedono il proprio posto. Tutti, ha detto, siamo chiamati dal Signore, siamo dunque chiamati a metterci “al servizio di un progetto più grande” e questo con umiltà: “Com’è triste vedere che, a volte, proprio noi uomini di Chiesa non sappiamo cedere il nostro posto, non riusciamo a congedarci dai nostri compiti con serenità, e facciamo fatica a lasciare nelle mani di altri le opere che il Signore ci ha affidato!”

Anche voi, ha concluso, andate avanti “con coraggio, con creatività e con audacia. Senza paura di rinnovare le vostre strutture e senza permettere che il prezioso cammino fatto perda lo slancio della novità”.

Alessandro Gisotti Notiziario Radio vaticana -23 giugno 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Conseguimento della laurea triennale.

Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 15079, 26 aprile 2017.

La cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché’, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell’avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età. Non viene quindi meno il diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne, ventiseienne, che abbia conseguito la laurea triennale e intenda proseguire il percorso di studi universitari.). Segnalazione del Dott. Giuseppe Buffone Il testo integrale

Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17526 – 22 giugno 2017

http://divorzio.ilcaso.it/?https://news.ilcaso.it/?utm_source=newsletter&utm_campaign=solo%20news&utm_medium=email

 

Assegno mantenimento figli: il giudice può decidere d’ufficio

Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 14830, 14 giugno 2017.

La Cassazione rammenta che il giudice può adottare provvedimenti d’ufficio sull’assegno di mantenimento. Il giudice può adottare d’ufficio, senza che sia all’uopo necessaria un’esplicita richiesta di una parte, i provvedimenti che riguardano la tutela degli interessi materiali e morali della prole. Tra questi rientra la determinazione dell’assegno di mantenimento che il genitore non affidatario è tenuto a corrispondere all’altro in favore dei figli minori.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione respingendo il ricorso di un genitore. Il padre aveva inizialmente proposto reclamo in sede di merito, che era stato accolto dalla Corte d’Appello, che aveva escluso l’obbligo del ricorrente di pagare il canone di locazione relativo all’immobile in cui vivevano moglie e figli minori.

Ciononostante, al tempo stesso il giudice territoriale ha provveduto ad aumentare l’assegno di mantenimento dovuto dal padre in favore dei figli, passando dai precedenti 600 € a 800 € mensili, nonostante in quella sede la reclamata fosse contumace.

Il giudice può decidere d’ufficio sull’assegno di mantenimento. Da qui il ricorso in Cassazione con cui l’uomo, tra l’altro, deduce che il provvedimento impugnato sarebbe viziato da ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., non avendo rispettato il principio tra il chiesto e il pronunciato: in sostanza, pronunciandosi sull’assegno di mantenimento, il giudice avrebbe superato i limiti della domanda attorea volta unicamente a contestare il pagamento del canone di locazione.

Tuttavia, precisano gli Ermellini, il motivo di ricorso non può essere accolto. Ciò in quanto, per costante giurisprudenza di legittimità, i provvedimenti necessari alla tutela degli interessi morali e materiali della prole, qual è l’attribuzione e la determinazione dell’assegno di mantenimento a carico del genitore non affidatario, possono essere adottati d’ufficio dal giudice essendo rivolti a soddisfare esigenze e finalità pubblicistiche sottratte all’iniziativa e alla disponibilità delle parti.

Per tali ragioni il ricorso deve dunque essere rigettato.

Ordinanzawww.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?vai=ok

Lucia Izzo Newsletter studio Cataldi 19 giugno 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26505-assegno-mantenimento-figli-il-giudice-puo-decidere-d-ufficio.asp

 

Rifiuto di offerte di lavoro da parte del figlio.

Tribunale di Lecco, 10 maggio 2016.

Deve respingersi la domanda di revoca dell’assegno di mantenimento a favore del figlio, non ancora ventenne, quando quest’ultimo rifiuti delle offerte di lavoro reperitegli dal padre. E’ fatta salva ogni futura diversa determinazione nel momento in cui dovesse emergere il costante ed effettivo disinteresse del figlio ad ogni ipotesi occupazionale.

Segnalazione dell’avv. Luigi Cardillo

Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17502 20 giugno 2017

http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/17502/divorzio

 

Il miglioramento delle condizioni economiche del marito non comporta l’automatico aumento.

Corte di Cassazione, Sentenza n. 15200, 20 giugno 2017

Sulla base dei riscontri avuti in sede di merito, valutata l’alta conflittualità dei coniugi e l’applicazione della misura sanzionatoria dell’art 709 ter Cpc nei confronti della madre che, nonostante ciò, continuava a comportarsi in modo da voler eliminare l’ex dall’orizzonte della vita del figlio, la Suprema Corte ribadisce, fra gli altri, il principio del parametro per l’aumento dell’assegno di mantenimento.

Secondo la Corte, corretta è stata infatti la diminuzione dell’importo dovuto dall’uomo per l’assegno di mantenimento, in quanto il presunto aumento di reddito a favore dello stesso conseguito negli anni addietro, non si era poi assestato negli anni successivi, essendo riferito ad un incarico professionale speciale che era però stato di durata limitata, e che aveva davvero quadruplicato le entrate dello stesso, ma che ormai era cessato.

L’aumento delle finanze dell’ex cui la donna faceva riferimento per fondare le proprie pretese di integrazione dell’assegno di mantenimento era pertanto inesistente allo stato attuale e, come tale, non poteva essere utilizzato come elemento di modifica del quantum.

Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia 22 giugno 2017

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506989/il-miglioramento-delle-condizioni-economiche-del-marito-non-comporta-automatico-.html

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ASSEGNO DIVORZILE

Ex moglie percepisce la pensione. Revocato l’assegno divorzile

Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 15481, 22 giugno 2017

Testowww.divorzista.org/sentenza.php?id=13882

Va revocato l’assegno di divorzio a carico del marito, se la ex moglie, percependo la pensione, diviene economicamente autosufficiente.

E’ quanto deciso dalla Corte di Cassazione, accogliendo le ragioni di un uomo, che chiedeva di essere esonerato dall’assegno stabilito in sede di divorzio a favore della ex moglie, in quanto questa aveva nel frattempo raggiunto l’età pensionabile e cominciato a percepire un buon assegno pensionistico.

Conta l’autosufficienza, non il precedente tenore di vita. E’ errata, secondo la Corte Suprema, la decisione dei giudici territoriali, che avevano dapprima respinto la domanda sull’assunto della persistenza di divario economico tra i coniugi. Rammentano in proposito gli Ermellini il recente arresto dello stesso Collegio – sentenza n. 11504/2017 che ha radicalmente modificato il precedente orientamento in fatto di assegno divorzile – secondo cui, ai fini della permanenza o dell’esclusione del suddetto assegno, occorre verificare se il coniuge beneficiario sia effettivamente sprovvisto di mezzi adeguati (ed impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive), senza condurre l’indagine giudiziale con riguardo al “tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio” (così come invece argomentato nel provvedimento qui impugnato).

In altre parole, occorre aver esclusivo riguardo – si legge ancora nella sentenza n. 15481 del 22 giugno 2017 – all’indipendenza ed autosufficienza economica del coniuge richiedente, considerando gli indici scanditi dalla innovativa pronuncia n. 11504/2017, quali il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o cespiti mobiliari ed immobiliari (nella specie, per l’appunto la pensione), le possibilità effettive di lavoro personale, la disponibilità di un’abitazione ecc. Il tutto sulla base delle allegazioni o prove offerte dall’ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto alla prova contraria da parte del beneficiario (che la donna non aveva tuttavia adeguatamente esercitato).

Eleonora Mattioli eDotto.com – 23 giugno 2017

www.edotto.com/articolo/ex-moglie-percepisce-la-pensione-revocato-lassegno-divorzile

 

Riferimento al fine di consentire il raggiungimento della indipendenza economica.

Tribunale di Palermo, prima Sezione Civile, 12 maggio 2017.

Nella valutazione dell’an dell’assegno di divorzio il giudice non deve tener conto del pregresso tenore di vita ma deve valutare se il richiedente sia o meno “economicamente indipendente”. L’utilizzo di un parametro simile è corroborato dalla disciplina prevista in materia di filiazione, atteso che, con riferimento ad un vincolo (stavolta) tendenzialmente perenne quale quello di filiazione, l’art. 337-septies c.c. prevede che il giudice possa disporre il pagamento di un assegno periodico per il figlio maggiorenne che sia non “economicamente indipendente”. Non si comprende, allora, per quale ragione il raggiungimento dell’autosufficienza economica, indipendentemente dal tenore di vita goduto in ambito familiare, determini il venir meno del diritto del figlio (che continua ad essere tale) al mantenimento da parte del genitore, laddove per contro l’ex coniuge debba aver diritto a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di un rapporto (matrimoniale) ormai venuto meno. Può, inoltre, procedersi ad un’assimilazione tra il principio di “autoresponsabilità” economica sancito in materia di filiazione (secondo cui sottesa al rifiuto ingiustificato del figlio maggiorenne di raggiungere l’indipendenza economica, con conseguente perdita del diritto al mantenimento da parte del genitore vi è la libertà delle scelte esistenziali della persona – Cass. n. 18076/2014) e il medesimo principio vigente in ambito di divorzio, poiché in sede di scioglimento del vincolo matrimoniale gli ex coniugi sono consapevoli delle conseguenze sul piano economico derivanti dalle proprie scelte. Principio di “autoresponsabilità economica dei coniugi” che è, peraltro, in linea con le legislazioni di molti Paesi europei. Ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile, deve verificarsi la “indipendenza economica” del coniuge richiedente avendo riguardo ad una serie di criteri, quali:

  1. Il possesso di redditi di qualsiasi specie;

  2. Il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari;

  3. Le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale;

  4. Lo stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Nel caso in cui sussista il diritto all’assegno divorzile, esso deve essere determinato al solo fine di consentire all’avente diritto il raggiungimento dell’indipendenza economica (e non anche il tenore di vita precedentemente goduto).

http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/giurisprudenza/archivio/17522.pdf

Segnalazione del Dott. Giuseppe Buffone Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17522 – 21 giugno 2017

http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/17522/divorzio

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CASA FAMILIARE

L’assegnazione della casa familiare se non ci sono figli

La tesi prevalente esclude che tale provvedimento possa contribuire al mantenimento dell’ex.

L’assegnazione della casa familiare è il provvedimento con il quale, in sede di separazione o divorzio, viene garantita a una parte del nucleo familiare disciolto la conservazione dell’ambiente di vita domestica goduto quando la famiglia era unita. Esso è posto a tutela, in particolare, dei figli che, in tal modo, vengono preservati dal trauma di dover lasciare il luogo in cui stanno crescendo.

La casa familiare che può essere oggetto di assegnazione è solo quella il cui godimento da parte della famiglia sia abituale, stabile e continuato.

Nel codice civile, di casa familiare si parla al primo comma dell’articolo 337-sexies il quale così dispone: Art. 337-sexies, comma 1, c.c. “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643”.

Da tale norma emerge chiaramente che, per il codice civile, l’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che è imprescindibile in caso di rottura tra coniugi solo nel caso in cui questi abbiano figli.

E sempre esclusivamente del caso in cui ci siano figli si occupa anche la legge numero 898/1970 che all’articolo 6, comma 6, sancisce che “l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del codice civile”.

Occorre, quindi, comprendere cosa accade nel caso in cui la coppia non abbia figli.

Casa di proprietà dell’altro coniuge: la tesi prevalente. Quando la coppia che si separa o divorzia non ha figli o ha figli maggiorenni e autosufficienti, la tesi prevalente in giurisprudenza, nel silenzio della legge, ritiene che la casa coniugale di proprietà di un coniuge non possa essere assegnata all’altro come contributo al mantenimento. Ciò in quanto la limitazione del diritto di proprietà trova una giustificazione solo nel caso in cui sia necessario tutelare i figli (cfr., ex multis, Cass. S.U. n. 11297/1995 e n. 18992/2011). Il proprietario, quindi, dopo la fine del suo matrimonio rientrerà nel pieno ed esclusivo possesso dell’immobile.

Casa di proprietà dell’altro coniuge: la tesi minoritaria. Non manca tuttavia un indirizzo di segno diverso, sostenuto da alcuni interpreti ma decisamente minoritario, in forza del quale l’assegnazione della casa familiare è anche un provvedimento con il quale il giudice può riequilibrare la situazione patrimoniale dei coniugi in caso di profondo disequilibrio, assicurando così il mantenimento del soggetto più debole da parte di quello più forte, proprietario della casa familiare.

Casa in comproprietà. Attenendoci all’orientamento maggioritario, in forza del quale la casa non può essere utilizzata come mezzo per contribuire al sostegno del coniuge economicamente più debole in assenza di figli, possiamo affermare che laddove la casa sia in comproprietà, i coniugi dovranno regolare le reciproche posizioni come due normali comproprietari e, in tale veste, decidere delle sorti delle rispettive quote di comproprietà. Se non raggiungono un accordo, l’unica soluzione ipotizzabile è quella di dividere l’immobile o, ove non sia possibile, di venderlo e dividere il ricavato.

Lo stesso discorso vale anche nel caso in cui, pur aderendo alla tesi minoritaria sopra riportata, i coniugi comproprietari siano in posizione di equilibrio economico.

L’addio al tenore di vita. La problematica dell’assegnazione della casa familiare in assenza di figli, in ogni caso, è destinata a perdere la sua rilevanza a seguito del recente orientamento con il quale la Corte di cassazione ha detto addio al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come parametro per valutare l’an dell’assegno divorzile, dando esclusiva rilevanza in tal senso alla non autosufficienza economica del richiedente.

Avv. Valeria Zeppilli Newsletter studio Cataldi 19 giugno 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26460-l-assegnazione-della-casa-familiare-se-non-ci-sono-figli.asp

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter n. 24\2017, 21 giugno 2017.

www.youtube.com/watch?v=uL0wxQZohRY

Vedi un breve report dell’incontro, sul sito della Fondazione Jerome Lejeune [testo in inglese]

www.fondationlejeune.org/en/conference-stop-discriminating-down-at-the-uno-geneva-from-march-20th-2017

Vedi anche la Lettera al Direttore di Famiglia Cristiana e la relativa risposta.

www.famigliacristiana.it/blogpost/sono-una-ragazza-down-e-ho-diritto-di-vivere.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_

21_06_2017

Ecco il testo, per chi fa fatica a seguire le scritte in inglese nel video.

Buon pomeriggio. Mi chiamo Charlotte Helene Fien. Ho 21 anni e ho la sindrome di Down. Negli anni ‘30 e ‘40 i nazisti decisero di liberarsi di tutte le persone disabili. Più di 200.000 disabili furono assassinati, compresi molti bambini con la sindrome di Down. Oggi succede la stessa cosa: viene utilizzato un test per rilevare la presenza della sindrome di Down e uccidere tutti i bambini portatori di questa sindrome. In Islanda, Danimarca e Cina non un solo bambino con la sindrome di Down è nato negli ultimi sette anni. Sette anni!

Per il futuro, l’obiettivo è sradicare la sindrome di Down. Questo mi fa arrabbiare e mi rende molto triste. Io ho la sindrome di Down, ma non sto soffrendo. Non sono malata. Nessuno dei miei amici che ha la sindrome di Down sta soffrendo. Viviamo felicemente le nostre vite: andiamo al pub, alle feste a casa della mia amica Aimée, abbiamo il ragazzo e programmi e obiettivi per il nostro futuro. Semplicemente abbiamo un cromosoma in più, ma siamo lo stesso esseri umani, siamo esseri umani, non siamo mostri, non abbiate paura di noi.

Siamo persone con abilità e risorse differenti. Non siate rammaricati per me, la mia vita va alla grande. Il mio progetto è trovare un lavoro che mi piaccia. Mi piace il golf e mi piacerebbe insegnarlo ai bambini, gioco a golf da quando avevo sei anni. Un giorno, vorrei vivere la mia indipendenza e mantenermi con il mio lavoro. Già viaggio da sola in vari posti, anche all’estero.

Non abbiate paura di me, non sentitevi in colpa per me, sono come voi, sono proprio come voi ma diversa. Ho un cromosoma in più, ma questo non mi impedisce di godermi la vita. Per favore, non cercate di sterminarci tutti. Non permettete che facciano quel test. Se lo permetterete, non sarete migliori dei nazisti che hanno ucciso 200.000 persone disabili. Io ho il diritto di vivere, così come ce l’hanno le altre persone come me

 

  • Dati OCSE dal rapporto IDOS sull’immigrazione in italia. Un processo di integrazione possibile, e ricco di opportunità. Un commento per il contesto italiano di Pietro Boffi (CISF), pubblicato sul numero di Vita pastorale di giugno 2017 (pp. 20-21).

newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/giugno2017/4040/index.html

  • Una stanza tutta per sé. Un progetto per le donne vittime di violenza. Sono ormai numerose le località in cui ha preso piede il progetto “Una Stanza tutta per sé”, promosso dal Soroptimist International d’Italia in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri (vedi Milano, apertura il 23 maggio 2017). Si tratta di offrire uno spazio, un’aula, una “stanza” per le audizioni delle donne vittime di violenza, un ambiente protetto, dove le donne potranno usufruire di un’accoglienza dignitosa e rassicurante, rispettosa del momento difficile che segue la coraggiosa scelta di denunciare le violenze subite o di confidare i loro timori. Il progetto partito due anni fa ha visto, fino ad ora, realizzate circa 70 stanze, e altre 20 circa sono in fase di allestimento[vedi la mappa con le “stanze” sul sito].

http://www.soroptimist.it/unastanzatuttaperse

  • Droghe in Europa. Se ne parla poco, ma in Europa si continua a morire di droga. Il quadro che emerge dal Rapporto 2017 dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, presentato recentemente a Bruxelles, parla di decessi in aumento e di nuove droghe sempre più pericolose, oltre che di un investimento molto contenuto in prevenzione

[vedi notizie e dati da Redattore Sociale e IPASVI Bologna]

www.ipasvibo.it/2017/droga-in-europa-si-muore-ancora-e-tanto-per-overdose-dilagano-le-nuove-sostanze.html

Bambina con la sindrome di down che diventa modella. “Ciao, sono Hallel. Ho la sindrome di Down. Non sono la sindrome di Down, sono Hallel”. Si presenta con queste parole Hallel Markowitz, bimba israeliana di sette anni, sull’account Facebook che sua madre le ha dedicato alla nascita, chiamandolo Hallel mini supermodel. E quest’anno questa definizione scherzosa, pensata per sdrammatizzare, si è rivelata profetica: Hallel, insieme ad altri bimbi israeliani con disabilità o bisogni educativi speciali ha partecipato alle sfilate di moda della collezione estiva di Select Fashion, un marchio israeliano di indumenti per bambini. Un simpatico ma potente modo per promuovere l’inclusione delle persone disabili:

www.timesofisrael.com/girl-with-down-syndrome-is-a-supermodel-of-success

  • Relazione 2016 dell’Autorità Garante nazionale dell’infanzia. Il 13 giugno 2017 è stata presentata una preziosa e documentata relazione sulla condizione dell’infanzia nel nostro Paese e sulle attività di questo organismo autonomo di tutela e garanzia dei minori, oggi presieduto dalla dr.ssa Filomena Albano.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=b48e8a53-3cd4-4888-99ba-91dc7f939e88,127660_6115370451_661749096

  • Minori stranieri non accompagnati: un atlante per capire. Ogni anno, dal 2010, Save the Children realizza un “Atlante” sull’infanzia a rischio per indagare sulla situazione dei bambini e gli adolescenti del nostro paese. Quest’anno la nota ONG ha deciso di pubblicare anche un Atlante espressamente dedicato ai minori stranieri non accompagnati, per approfondire l’identità, la provenienza, le storie di vita di questi minori, particolarmente vulnerabili Nel farlo, l’Atlante prende in considerazione il trend storico degli ultimi anni per avere un quadro dei numeri e dei paesi di origine, fornendo una mole impressionante di dati. Ma non è solo ricco di numeri, bensì anche di storie e di volti, di progetti di accoglienza e di analisi su come l’Italia e l’Europa si pongono davanti a questa sfida epocale.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=073b68c5-791d-4bd2-b178-46403c24cf1d,127660_6115370451_661749096

  • Questa volta ci limitiamo a segnalare un unico volume, di estremo interesse per il tema e per l’approccio. Vigorelli Pietro, ALZHEIMER. Come favorire la comunicazione nella vita quotidiana, Franco Angeli, Milano, 2015, pp. 144, €. 18,50. Questo volume, agile e molto documentato e rigoroso, si propone come strumento operativo di aiuto nella vita quotidiana per tutte le persone che hanno a che fare con persone malate di Alzheimer, sia familiari che operatori. Consigliato dalla Associazione Alzheimer Italia, e con interventi di M. Trabucchi e A. Pennati, questo percorso, frutto del lavoro di Gruppo Anchise, propone il metodo dell'”approccio capacitante”, per aiutare anche i soggetti malati a restare nella situazione, a partire dalle parti di “io sano” che è possibile trovare e valorizzare. Si parla di linguaggio verbale e non verbale, dell’importanza del contesto e dell’intenzione di comunicare, Vengono inoltre affrontati alcuni passaggi decisivi della comunicazione della diagnosi, momento prezioso in cui attivare strategie anticipatorie e di rafforzamento delle capacità residue dei soggetti. Un utile strumento formativo, sia per professionisti dell’aiuto, sia per i familiari delle persone afflitte da una patologia che interesserà un numero crescente di famiglie nel nostro Paese.

  • Save the date

Nord Trust In Life per il progetto “Durante e dopo di noi”. Strumenti, servizi e modelli di intervento innovativi rivolti alle persone con grave disabilità e alle loro famiglie nell’ambito della Legge 22 giugno 2016 n. 112, conferenza stampa di presentazione organizzata da UBI Banca, CGM e ANFFAS, Milano, 29 giugno 2017.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=17185a7d-156d-4f28-a5b8-26f7665f6d36,127660_6115370451_661749096

L’anziano attivo. Sesto rapporto sulla vita nelle età avanzate, presentazione del volume pubblicato da Maggioli Editore, Rapporto a cura della Fondazione Leonardo, Omegna, 6 luglio 2017.

www.fondazioneleonardo.it/adminpage/v6/scheda/id/5954

Centro Prendersi cura della famiglia, seminario di studio (con presentazione della nuova edizione del Master in consulenza familiare), Istituto Giovanni Paolo II, Roma, 23 giugno 2017.

www.istitutogp2.it/dblog/articolo.asp?articolo=403

Sud Sostenere il percorso della perdita. Comunicare esiti negativi, accogliere la sofferenza, contenere l’aggressività, un corso specialistico sul lutto per le professioni di aiuto e per il servizio sociale, realizzato da Agenzia formativa APOGeO di Firenze (in accreditamento al CROAS PUGLIA), in tre edizioni: Bari 22 giugno, Foggia 14 settembre, Brindisi 23 novembre 2017

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=fcfb5499-b8e2-45f0-bbc8-c41b06941113,127660_6115370451_661749096

Estero Elder decisions: Elder (Adult Family) Mediation Training (Decidere da anziani: intervento formativo per la mediazione per anziani (per famiglie adulte), intervento formativo per mediatori (con crediti formativi per operatori), promosso da Agreement resource LLC, Newton (Massachusetts), 25-27 luglio o 6-8 novembre 2017 www.elderdecisions.com/pg19.cfm

L’innovazione e la tecnologia al servizio del cittadino, Conferenza dei servizi sociali europei 2017 organizzata da ESN (European Social Network), La Valletta, Malta, 26-28 giugno 2017

in italiano tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=c8b79e28-201d-4204-b473-023a593de258,127660_6115370451_661749096

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CHIESA CATTOLICA

Rusconi giudica papa Francesco: ma il peccato originale può dimenticare una grazia più originale?

Su “La teologia narrativa di papa Francesco” (Laterza, 2017)

www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129982

Su consiglio di un amico, ho letto con piacere il volume che Gian Enrico Rusconi ha dedicato al pontificato di papa Francesco. https://it.wikipedia.org/wiki/Gian_Enrico_Rusconi

E mi sono imbattuto in un libro onesto, lineare, pacato, dove anche i dubbi e le perplessità sono espresse con misura e con avvedutezza. Dico subito, per chiarezza, che la tesi di fondo del volume non mi convince, anche se debbo riconoscere che il testo comprende in modo chiaro che di fronte alla figura di Francesco ci troviamo al cospetto di una rielaborazione della tradizione che merita attenzione, anche quando l’autore sembra darne una lettura troppo netta e talora sbrigativa.

La prospettiva generale. Gian Enrico Rusconi costruisce il volume su un assunto piuttosto chiaro: l’operazione che papa Francesco sta realizzando nella Chiesa cattolica costituisce una “nuova ermeneutica religiosa”, che consiste in una “narrativa religiosa” che racconta il primato della misericordia sul peccato, in una storia che continua. Questo punto, viscerale viene da Rusconi considerato come “privilegiato rispetto alla teologia sistematica” (4). Come vedremo questo è un punto decisivo della analisi che Rusconi propone del pontificato di Francesco. Secondo la sua osservazione, queste innovazioni di papa Francesco, pur giustificate per molte ragioni, hanno come conseguenza che “uno dei punti qualificanti della dottrina tradizionale rimane nel vago” (7). Ciò viene applicato ad una serie di “temi” che vanno dalla “dottrina della giustificazione” alla “famiglia”, dalla “teodicea” alla questione del “gender”. Ma tutto ruota intorno a questo punto.

L’attenzione al “peccato originale”. Quale sia questo “punto qualificante” viene ripetuto molte volte, lungo le pagine del volume: La dottrina del peccato originale appare, agli occhi di Rusconi, come il lato disatteso della tradizione, che Bergoglio aggirerebbe e rimuoverebbe anziché affrontare esplicitamente. Il primato della misericordia, in altri termini, deriverebbe non da una riformulazione integrale della dottrina, come il tema meriterebbe, ma da una “censura” del peccato originale, che metterebbe in questione la stessa soluzione adottata, in qualche modo giustificando le reazioni di resistenza, inevitabilmente scomposte. Tuttavia, ed è questo un tratto qualificante del volume, Rusconi aggiunge che su questo punto, su cui è in gioco non una lotta di potere, ma “l’evoluzione – non indolore – del cattolicesimo contemporaneo” (13), vi è forte continuità tra Francesco e Benedetto XVI, che già aveva concepito questa “profonda evoluzione del dogma” in atto. Di fronte a questo fenomeno, che l’autore riconosce apertamente con grande lucidità, la sua resistenza, tuttavia, avviene sulla base di una “tradizione teologica” che egli assume in modo disinvolto, semplicistico e del tutto acritico. Questo è, a mio avviso, il “punto cieco” del libro, che però il suo autore onestamente riconosce.

Il punto cieco, onestamente riconosciuto. Rusconi, infatti, in passaggi-chiave del suo libro, propone una critica di Francesco (e di Benedetto) mettendoli in contrapposizione, non tra loro ma direttamente con S. Anselmo e con la sua teoria della “soddisfazione”: la necessaria riparazione del peccato di disobbedienza al comando divino da parte dei progenitori. Questo immaginario del “peccato originale” – che per Rusconi continua ad essere insuperato – sarebbe il punto debole della proposta teologica e pastorale di Francesco. Qui, come è evidente, gli strumenti teologici di Rusconi, che lui stesso, con grande onestà, dichiara essere del tutto elementari, si rivoltano contro il libro e lo rendono meno efficace di quanto avrebbe potuto essere. Se tutto viene giudicato sulla base di una “scontro” tra una lettura poco più che catechistica della tradizione e una analisi molto più raffinata delle sue conseguenze pastorali ed ecclesiali, è evidente che l’operazione sconta un “deficit teologico” che poi non riesce a recuperare e che condiziona irreparabilmente analisi e prospettive. Che “originale” sia il peccato e che non si riesca a riconoscere una “grazia più originale”, questo è il difetto di una impostazione “classica” che da almeno 200 anni ha messo in moto una “revisione” della impostazione anselmiana, di cui Rusconi non ha nessun sospetto. In questo “percorso di revisione” anche la elaborazione di una “teologia narrativa” – che è molto più che una “teologia giornalistica” – è un fenomeno che ha più di mezzo secolo e al quale hanno partecipato fior di teologi e di pastori, non solo cattolici: ma anche di questo sembra che Rusconi si senta vincolato ad una versione ridotta del Catechismo di Pio X, confondendolo con Agostino, con Tommaso o con il Concilio di Trento.

La questione della teologia nella cultura italiana. Come dicevo fin dall’inizio, Rusconi è ben consapevole di questo limite. Anzi, più volte mette le mani avanti ammettendo la propria “incompetenza teologica”: “i teologi professionali considerino pure queste domande come ingenue, impertinenti e incompetenti” (142). Qui, evidentemente, non si tratta di squalificare un approccio non-teologico, che anzi risulta prezioso. Piuttosto si tratta di esigere che non si creino “miti” che tali non sono: le tesi di S. Anselmo non sono “rigorosamente logico-metafisiche” e Benedetto e Francesco non sono “improvvisatori” senza rigore. Questa immagine dipende semplicemente da mancanza di cultura teologica. Ma qui, e voglio dirlo subito, Rusconi non c’entra. O meglio la sua posizione non è altro che il frutto di un “assetto culturale italiano” che dalla seconda metà dell’800, con il consenso dello Stato liberale e della Chiesa antiliberale, prevede una reciproca estraneità tra cultura accademica e cultura teologica. Si è diffusa così l’idea – ben presente anche in chi, come Rusconi, si è formato alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – che la cultura accademica resti estranea alla teologia, e che la teologia, da parte sua, resti estranea alla cultura. Leggendo Rusconi, come già mi era successo leggendo Severino, anch’ egli figlio della Cattolica, si resta impressionati dal fatto che tutti i riferimenti sono “critici”, ma quando si parla di teologia il massimo di competenza è il catechismo che si è imparato da bambini, e forse anche dimenticato, e che si confonde con la “grande tradizione”. Chi oserebbe fare così parlando di Dante, di Galilei, di Leopardi o di Kant? Chi penserebbe mai che il loro pensiero si identifichi con il Bignami? So bene che questo non dipende soltanto da un vizio della “cultura laica”, ma anche da un parallelo vizio della cultura cattolica. Ma la somma di due vizi non fanno mai una virtù.

Il bilancio positivo. Cionondimeno, desidero confermare che il libro, pur con questi limiti piuttosto pesanti, offre molte serie riflessioni sul cammino di “ritrasmissione”, di “rinarrazione” e di “rielaborazione” della tradizione cristiana che papa Francesco sta compiendo, sulla scia della teologia del XX secolo. Su questo punto, a me pare, Rusconi resta molto lucido. Si fa aiutare da Blumenberg e non si lascia incantare dai testi critici contro Bergoglio, di cui riconosce chiaramente la pretestuosità. Se sapesse anche quanto poco contano, sul piano teologico, le firme apposte a questi documenti di insulti, saprebbe valorizzare ancora meglio il cammino coraggioso e profetico che la Chiesa sta compiendo sotto la guida autorevole di papa Francesco. Tale cammino, che potremmo definire di “traduzione della tradizione”, si trova talvolta pienamente riconosciuto nella lettura “laica” e onesta che Rusconi ne sa proporre. E questo, per la cultura italiana, non è poco.

Andrea Grillo blog: Come se non 24 giugno 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/g-e-rusconi-giudica-papa-francesco-ma-il-peccato-originale-puo-dimenticare-una-grazia-piu-originale-su-la-teologia-narrativa-di-papa-francesco-laterza-2017

 

Cultura civile e teologia (/1): Un dibattito istituzionale e culturale da riscoprire

L’occasione prossima per questa riflessione mi è stata offerta dall’ultimo post, dedicato alla recensione del libro di G. E. Rusconi su “La teologia narrativa di papa Francesco”. Nell’analizzare quel testo riemergeva una condizione fragile del rapporto tra “cultura” e “teologia”. Questo deficit non è imputabile ad alcun “soggetto” particolare, ma è il frutto di “scelte istituzionali” – politiche e culturali – che hanno condizionato la storia italiana dagli anni 70 del XIX secolo, periodo in cui le facoltà teologiche sono scomparse dalla Università italiana. Va detto che tale scomparsa è avvenuta consensualmente: lo stato liberale e la Chiesa antiliberale furono dello stesso avviso. Il primo ritenendo cosa necessaria escludere la teologia dalla cultura comune, la seconda considerando opportuno non lasciarsi corrompere dalla cultura comune. Queste scelte, legate ad un tempo di conflitto e che avrebbero trovato nei decenni successivi ampie conferme, soprattutto con l’esplodere della “antimodernismo istituzionale”, hanno recato un grave danno non solo alla cultura teologica, ma a tutta la cultura civile italiana.

Siamo tutti vittime di questo assetto, che si fonda sulla reciproca estraneità tra cultura e teologia: ad una cultura a/anti-teologica corrisponde una teologia a/anti-culturale.

Le questioni che questo assetto apre sono complesse e vanno accuratamente distinte. Provo ad enumerarne qui di seguito alcune, senza alcuna pretesa di completezza:

  1. La cultura tardo-moderna si fonda sul primato della “libertà” e fatica molto ad identificare il ruolo della “autorità”. Questo rischia di emarginare la “autorità liberante” attestata dalle diverse tradizioni teologiche, assumendo una “evidenza della libertà” che è culturalmente troppo ingenua. La autorità non è solo “potere”, mentre la libertà non è solo “immediatezza”.

  2. Le diverse nazioni europee ed extra europee, nel loro impatto con la tarda modernità, hanno gestito questa relazione in modi assai diversi. Considerando solo l’aspetto universitario e accademico troviamo la soluzione italiana affiancata dalla soluzione tedesca, dove ancor oggi la facoltà di teologia conserva l’antico “numero 1”, che Kant, Hegel e von Humboldt consideravano “prima facoltà”. Una mappa delle forme diverse della relazione potrebbe fornire orizzonti impensati e soluzioni inattese.

  3. All’interno della tradizione europea, la stessa teologia si declina in modo assai articolato. Diverse sono le teologie cristiane, ma anche la tradizione ebraica e quella islamica hanno elaborato forme di riflessione interne alla fede che meritano esame critico e discussione serena. Senza una conoscenza di questo “ragionare credente” non abbiamo alcuna possibilità di conoscere davvero la nostra storia, di ieri come di oggi.

  4. Il discernimento, all’interno delle singole Chiese, tra funzione “pedagogica” (formazione al ministero) e funzione “accademica” (approfondimento e ricerca scientifica) dovrebbe saper considerare anche i vantaggi di una integrazione universitaria, e non soltanto i rischi e le cadute possibili. L’ombra lunga dell’antimodernismo in un secolo ha reso quasi impensabile che un grande scienziato sia un prete – come è stato per secoli – e che un bravo pastore abbia formazione anche chimica o fisica.

Una sapiente elaborazione dei dati della tradizione, una curiosa lettura di altre modalità di rapporto e un atto direi quasi fenomenologico di considerazione dell’intreccio di libertà e di autorità nell’esperienza umana potrebbero creare le condizioni perché la cultura italiana sappia riconciliarsi con la/le “teologia/e” e che la teologia possa riconoscere il suo bisogno originario di rapporto con la migliore cultura ambiente. Vorrei che su questo tema, a partire da alcuni amici già disponibili e competenti, di aprisse un franco dibattito, in cui far emergere con schiettezza tutti i pro e tutti i contro di ogni possibile soluzione istituzionale. Ciò che è chiaro, mi pare, e che la reciproca esteriorità tra cultura e teologia non corrisponde più al “fenomeno” che cerchiamo di studiare. Per questo abbiamo bisogno di un supplemento non solo di libertà, ma anche di autorevolezza. Le nostre istituzioni, con le migliori intenzioni, producono letture inadeguate, perché muovono da un presupposto unilaterale e distorto: istituzioni civili e istituzioni ecclesiali possono imparare molto, le une dalle altre. Forse siamo entrati nel tempo che potrebbe rendersi possibile un tale atto di riconoscimento: essenzialmente riconoscimento del legame originario tra libertà e autorità.

Andrea Grillo blog: Come se non 25 giugno 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/cultura-civile-e-teologia-1-un-dibattito-istituzionale-e-culturale-da-riscoprire

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CITTADINANZA

Nascita e residenza legale in Italia

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 12380, 17 maggio 2017

Ha diritto alla cittadinanza italiana al raggiungimento della maggiore età la ragazza nata in Italia, paese nel quale ha risieduto stabilmente e legalmente.

Avv. Renato D’Isa19 giugno 2017

https://renatodisa.com/2017/06/19/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-17-maggio-2017-n-12380

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COGNOME DEI FIGLI

Come mettere il cognome della madre ai figli

Il Ministero dell’interno detta le istruzioni per conformarsi alla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittima l’attribuzione esclusiva e automatica del cognome paterno

http://servizidemografici.interno.it/it/content/circolare-n-72017

Sono passati ormai quasi sei mesi dalla sentenza numero 286/2016, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma del nostro ordinamento che impone l’attribuzione automatica ed esclusiva al figlio del solo cognome paterno. In data 14 giugno 2017, finalmente, il Ministero dell’interno ha quindi emanato la circolare numero 7, con la quale sono state fornite delle indicazioni per gli uffici anagrafe, che dovranno uniformare le prassi dagli stessi tempestivamente avviate per conformarsi alla pronuncia della Consulta. Si aggiunge, insomma, il tanto atteso tassello che completa il quadro delineato dalla circolare informativa numero 1 del 19 gennaio 2017.

Cognome della madre dopo quello del padre. Il Ministero dell’interno, in sostanza, sancisce che il doppio cognome potrà essere attribuito al bambino in caso di accordo dei genitori, per il quale non serve alcuna prova. Basta, infatti, il solo certificato di nascita, anche se lo presenta un solo genitore e la coppia è sposata.

Se si opterà per tale scelta, il cognome della madre seguirà sempre quello del padre e, se anche i genitori hanno un nome composto da più elementi, lo stesso andrà sempre trasmesso nella sua interezza.

Le nuove disposizioni si applicano, ovviamente, agli atti di nascita che si sono formati successivamente alla pubblicazione della sentenza numero 286/2016 in Gazzetta Ufficiale e solo se la scelta è effettuata contestualmente alla dichiarazione di nascita. In tutti gli altri casi, occorre provvedere alle procedure di modificazione del cognome previste dagli articoli 89 e seguenti del D.P.R. n. 396/2000.

Chiaramente, poi, l’attribuzione del doppio cognome è una possibilità che si estende ai casi di adozione. Ma non solo: essa opera anche con riferimento alle nascite avvenute all’estero se i genitori sono entrambi esclusivamente italiani.

Entro il 15 luglio 2017 è atteso un report che dia conto dell’effettiva diffusione del doppio cognome nel primo semestre di applicazione.

Ministero dell’interno testo circolare numero 7 del 14 giugno 2017

http://servizidemografici.interno.it/it/content/circolare-n-72017

Avv. Valeria Zeppilli Newsletter studio Cataldi 23 giugno 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26534-come-mettere-il-cognome-della-madre-ai-figli.asp

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Adozioni internazionali, nuovo corso ma problemi di sempre.

Sul tavolo della neovicepresidente Laera l’elenco delle emergenze dopo la lunga stasi. Mentre la politica – almeno certa politica, con in testa la senatrice Monica Cirinnà continua a sostenere l’urgenza di una riforma delle adozioni allargata alle unioni omogenitoriali, Laura Laera la nuova vicepresidente della Cai (Commissione adozioni internazionali) ha da qualche giorno preso contatto con i problemi reali di un pianeta in profonda crisi, afflitto da un triennio di non scelte problematiche. Quella certa politica continua a perseguire obiettivi ideologici fingendo di ignorare un dato di realtà.

Oggi nel nostro Paese non esistono né le condizioni né l’urgenza per allargare il bacino dei genitori adottanti. Per quanto riguarda l’adozione nazionale si conferma da almeno un decennio il rapporto di uno a dieci. E cioè per un minore dichiarato adottabile ci sono oltre dieci coppie disponibili. Coppie “navigate”, con una mamma e un papà dotati di esperienza sufficiente per assicurare al piccolo l’affetto e le cure di una famiglia. Un bambino “adottabile” – e quindi senza genitori o con problemi familiari così profondi da consigliare il suo allontanamento da casa – ha quasi sempre sulle spalle un carico di sofferenze tali da sconsigliare esperimenti antropologi di tipo omogenitoriale.

Sul fronte dell’adozione internazionale i problemi sono ancora più complessi. Non c’è solo il dimezzamento del numero complessivo delle adozioni – da oltre 4mila nel 2011 alle circa 1.800 dello scorso anno – che apre pesanti interrogativi su tutto il sistema, c’è anche una crescita esponenziale delle difficoltà educative dei bambini in arrivo. Sia perché numerosi Paesi da cui tradizionalmente provenivano i minori hanno deciso di “selezionare” le uscite, concedendo in prevalenza ragazzini già grandicelli o con problemi psico-fisici, sia perché le famiglie adottive si trovano sempre più spesso a gestire situazioni per cui sono impreparate. Da qui la crescita delle cosiddette “restituzioni”, parola orribile che nasconde il senso di un doppio fallimento, verso i minori e verso le famiglie. Dati ufficiali non ne esistono. Il 3, il 5, il 10 per cento? Come non esiste ancora un database nazionale in cui sia possibile far confluire il numero complessivo dei bambini adottabili, le coppie che hanno ottenuto l’autorizzazione all’adozione e il numero di bambini effettivamente adottati.

Tra i problemi elencati nel documento conclusivo dell’Indagine parlamentare sull’attuazione della legge su adozione e affido, presentato nel novembre scorso dalla Commissione giustizia della Camera, figuravano poi gli affidamenti sine die e l’adozione mite (che non interrompe del tutto i rapporti con la famiglia di origine); il superamento della distinzione tra adozione legittimante e non legittimante; il rafforzamento delle garanzie processuali in favore del minore; la semplificazione e la trasparenza delle procedure di adozione; il rafforzamento dei servizi sociali; le iniziative a sostegno delle famiglie. Insomma una matassa così ingarbugliata di questioni da far ritenere almeno stravagante la pretesa di aprire alle coppie omogenitoriali come soluzione magica per risolvere una situazione obiettivamente difficile.

Nel documento redatto dalla Commissione giustizia della Camera non si nascondevano neppure le criticità dell’adozione internazionale. Di fronte alle difficoltà già accennate, era emersa anche la proposta di istituire una “Agenzia italiana per le adozioni internazionali” con compiti sia di assistenza giuridica, sociale e psicologica a favore delle coppie, sia di «intermediazione e coordinamento tra l’amministrazione dello Stato e delle regioni». Altro tema da affrontare quello legato al numero spropositato di enti – sono 62, il doppio di quelli esistenti negli Stati Uniti – e la possibilità di arrivare a forme di aggregazione e di coordinamento tra gli enti stessi. Tutte questioni che – insieme a quella dei rimborsi alle famiglie ormai in ritardo da alcuni anni, all’esigenza di avviare convenzioni con altri Stati e a quella di ridefinire il molo dell’autorità giuridica nel caso fossero soppressi i tribunali dei minorenni – sono ora sul tavolo della vicepresidente Laura Laera. Lei, consapevole del compito che l’attende, allarga le braccia e per il momento preferisce evitare annunci e presentare programmi.

Un solo proposito. Convocare la commissione prima delle ferie. E visto che l’organismo non si riunisce più dal giugno 2014, sarebbe già un passo avanti nella giusta direzione.

Luciano Moia Avvenire 21 giugno 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/adozioni-nuovo-corso-ma-problemi-di-sempre

 

Riattivata la casella di posta istituzionale della CAI.

Bentornata trasparenza in CAI! Complimenti Vice Presidente Laera! Il 15 giugno Laura Laera, presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze, inizia il suo mandato come vicepresidente della CAI (Commissione Adozioni Internazionali). Solo dopo una settimana già si vedono i primi frutti.

Sul sito della Commissione, infatti, oggi (22 giugno 2017) viene pubblicato un post che recita testualmente “In data 20 giugno 2017 si è rilevato che la casella di posta elettronica istituzionale commissioneadozioni.internazionali@governo.itrisultava piena con restituzione al mittente delle email in arrivo. E’ emerso che tale situazione si protraeva da tempo e precisamente da agosto 2016; tale casella di posta poteva essere visionata esclusivamente dalla ex Vice Presidente dott.ssa Silvia Della Monica con password riservata. Si è provveduto pertanto a svuotare la relativa casella che ora è pienamente operativa”.

Ovvero, svelato il mistero: ecco perché le email cadevano nel vuoto e nessuno rispondeva. Perché poteva essere visionata esclusivamente dall’ex vicepresidente Della Monica con password riservata e la casella non veniva mai svuotata. O meglio le email non lette e non evase.

Questo prolungato per 3 anni di email tornate indietro, cadute nel vuoto, di silenzio assoluto e assordante e di isolamento, aveva buttato nello sconforto famiglie, coppie adottive e coppie in attesa che ora, invece, potranno tornare ad avere risposte. A queste famiglie non rimaneva altro che sfogarsi sui social, a cui affidavano i propri appelli disperati e alle tv. (Omissis)

Ora invece basterà inviare un’email, e come è giusto e corretto che sia, la pubblica amministrazione quale la CAI darà pronte risposte.

News Ai. Bi. 22 giugno 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-riattivata-la-casella-di-posta-istituzionale-della-cai-bentornata-trasparenza-in-cai-complimenti-vice-presidente-laera.

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Milano1. Istituto La casa. Rivista e iniziative.

Rivista La casa luglio 2017

  • Editoriale Alice Calori

  • Come un granello di senape. Dagli scritti di don Paolo Liggeri

  • La relazione e l’ascolto Gabriela Moschioni

  • Adolescenti e Social Network Elena D’Eredità

  • Non aspettate il domani Beppe Sivelli

  • Donarsi, dedicarsi, darsi da fare don Paolo Gessaga

  • La nascita di una coppia R. e L.

  • Qui e ora: vivere l’oggi Jolanda Cavassini

  • Tempo, pazienza e fiducia Marco Manenti

  • L’attaccamento dall’infanzia all’età adulta Elena Pozzetti

  • Genitori insieme dopo l’adozione Tiziana e Diego

  • Progetti di cooperazione Associazione Hogar Onlus

  • Appuntamenti: corsi e gruppi

On line i testi www.istitutolacasa.it/showPage.php?template=istituzionale&id=22

  • G-Genitori e DSA Ciclo per genitori di figli con certificazione di Disturbo Specifico dell’Apprendimento: come aiutare i ragazzi, come relazionarsi con gli insegnanti. dr Viviana Rossetti

  • NET-Internet, smartphone e social network. Nuove abitudini che possono preoccupare o interrogare i genitori. Ciclo di 3 incontri genitori di preadolescenti e adolescenti. dr Matteo Ciconali.

  • GC-Genitori a confronto. Ciclo per riflettere insieme, mettere in comune esperienze, sentirsi meno soli nell’accompagnare la crescita dei figli preadolescenti e adolescenti. dr Laura Scibilia.

  • GS-Genitori e scelta scolastica. Percorso per genitori di preadolescenti e adolescenti alle prese con la scelta della scuola superiore tra aspettative e realtà dell’offerta formativa. dr Laura Scibilia.

  • CC-Costruire la coppia. Spazio di confronto e di riflessione di gruppo sulla relazione di coppia. dr Francesca Neri e dr Maria Gabriela Sbiglio.

  • GA-Gruppo di parola. Gruppo per bambini che hanno vissuto o stanno vivendo la separazione o il divorzio dei genitori. dr Daniela Sacchet.

  • Corso pre-adozione Formazione alla genitorialità adottiva (da frequentare prima del conferimento di incarico) 6 incontri di 2 ore.

  • Gruppi di lingua per coppie adottive Spagnolo e bulgaro (cicli di 8 incontri di 2 ore).

  • Percorsi nell’attesa Cicli monotematici di 3 incontri per coppie in attesa di adozione.

  • P1 – Quando parlarne fa male. Parlare con i figli della loro storia: parole ed emozioni.

  • P2 – Storie di maltrattamenti e abuso. Accogliere in adozione bambini che hanno vissuto queste esperienze

  • P3 – Sono grande, di che cosa ho bisogno? L’adozione di bambini grandicelli

  • Laboratori pre adozione Cicli di 2 incontri per coppie in attesa di adozione dr Viviana Rossetti

L1-Mio figlio va a scuola: emozioni e apprendimento, integrazione scolastica e sociale.

L2-L’incontro: attese, desideri e paure

L3-Il rapporto con le origini nel corso del tempo: emozioni, significati e strategie di integrazione

N-Gruppo Nonni Ciclo di 3 incontri per nonni adottivi o in attesa di diventarlo. dr Daniela Sacchet

2G-Seconda genitorialità Ciclo per prepararsi a una seconda adozione. dr Daniela Sacchet

AdO-Adozione e adolescenza Per genitori di preadolescenti- adolescenti adottivi. dr Daniela Sacchet

AC-Il bimbo adottato in classe Gruppo per insegnanti. dr Daniela Sacchet

AS-Adozione e separazione Ciclo per genitori. Come il figlio adottivo vive l’evento “separazione” dei genitori. dr Daniela Sacchet

Gli interessati possono scrivere a: info@istitutolacasa.it

 

Padova Il potere della lettura: dislessia

(…) Basta cliccare la parola su qualsiasi motore di ricerca per trovarsi davanti varie proposte. A me pare opportuno consigliare in questo caso non solo un libro, ma anche un film. Mi sembra infatti sia corretto fare riferimento anche a un canale diverso di comunicazione proprio per aiutare chi ha “difficoltà di lettura”.

Si tratta del film “Taare Zameen Par –Stelle sulla terra, 2008”, interamente visibile scrivendone il titolo su youtube.

Anche il libro consigliato “Demone bianco”, scritto una decina di anni fa da una ragazzo dislessico, ha una sua particolarità che lo rende più accessibile: si può scaricare direttamente da internet al seguente link

www.itgdellaporta.it/BES/EBook/DEMONE_BIANCO.pdf

Entrambi, libro e film, possiedono una forte carica emotiva che però non toglie nulla alla loro capacità di informare in maniera precisa chi fosse alle prese per la prima volta con questo problema e sentisse il bisogno di approfondirne la conoscenza. Dal punto di vista psicologico, in entrambe le proposte risalta l’importanza della figura dell’insegnante, sia in senso positivo che negativo, oltre che, ancor prima, il bisogno di essere accolti e capiti dalla propria famiglia.

Silvia Crippa insegnante, psicologa, psicoterapeuta, mediatore familiare in consultorio opera come psicoterapeuta e consulente familiare.

www.consultorioucipem.padova.it/index.php/letture-proposte/letture-giugno-2017.html

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COPPIA

Il processo di individuazione di coesione.

Il cammino d’umanizzazione del soggetto comporta l’acquisizione, attraverso molteplici fasi, della propria individuazione, soggettività, come processo di differenziazione da ogni altra persona, che ha come obiettivo lo sviluppo della propria personalità individuale. Rappresenta l’affinamento delle particolarità individuali, sulla base della predisposizione naturale. Ognuno si deve differenziare dalla madre e dal padre e dalle altre persone (fratelli, sorelle, zii, ecc.), per acquisire una propria individualità come soggetto psicologico. Nessuno è come un altro, ma gli può assomigliare.

L’individuazione non è la negazione della sua dimensione sociale e interdipendenza con gli altri, cioè dell’intersoggettività umana, non è chiusura dentro di sé e rifiuto degli altri, ma apertura e trascendenza. Anzi, Jung, che è stato un grande sostenitore della necessità dell’individuazione per la strutturazione del soggetto psicologico, sostiene che: “Per il fatto stesso che il soggetto non soltanto è un essere singolo, ma presuppone anche dei rapporti collettivi per poter esistere, il processo di individuazione non porta all’isolamento, bensì ad una coesione collettiva più intensa e più generale” (C.G. Jung, 1969).

Il processo di individuazione è profondamente connesso con lo sviluppo e la maturazione dei vari gradi di trascendenza, come uscita da sé, dal proprio egocentrismo e apertura agli altri soggetti, con una presa di coscienza dell’intersoggettività.

L’uomo è aperto e proteso all’autotrascendersi nella conoscenza, nella moralità e nell’amore. Questa acquisizione concettuale dell’uomo, mette in evidenza la singolarità irripetibile di ciascuno nell’essere persona e del rapporto interpersonale. In tale prospettiva, antropologica e psicologica, l’individuazione diviene compimento della natura dialogica dell’uomo e della sua singolarità personale nel dialogo.

Il destino della persona è soprattutto quello di individuarsi, di divenire autonomo e di avere come obiettivo i propri bisogni e suoi di­ritti e doveri e la realizzazione di valori intrinseci, di vivere piena­mente ogni età della vita e ricercare la propria felicità.

Lo sviluppo si realizza non tanto per processi maturativi, ma attraverso percorsi interpersonali, nel senso che la crescita e il formarsi delle funzioni psichiche dipendono dal tipo e dalla qualità dell’incontro intersoggettivo (comunicazione), che le rendono possibili e che contribuiscono allo stile personale di gestione delle dinamiche affettive.

Ognuno apprende a gestire i processi affettivi nella relazione con le altre persone. L’ambiente sociale incide profonda­mente su queste dinamiche, tuttavia il soggetto rimane capace di essere attore e di intervenire sullo stesso ambiente.

Benché recentemente sia attribuita molta importanza all’ambiente psicoaffettivo, in cui il soggetto si sviluppa e di cui ha necessità costante nel corso della vita, ciò non significa rinunciare a considerare la persona nella sua individualità, che può essere definita come “identità processuale” (Erikson, 1973), come espressione di sé nel farsi relazionale quotidiano.

Nell’affermare che l’intersoggettività si realizza attraverso la comunicazione verbale e corporea, è come se dicessimo che la comunicazione costruisce la personalità, modula il suo evolversi, de­termina le possibilità di vari orientamenti processuali e decisionali, sia interni che esterni, presidia la sua autotrascendenza. Non è solo un’ipotesi, ma una constatazione, facilmente rilevabile nell’ambito educativo, dove la comunicazione è il perno della dinamica relazionale, e in quello della vita coniugale, in cui l’influenza reciproca è evidente.

Ciascuno arriva alla costituzione della coppia con una propria individualità più o meno identificata, con un grado di coesione in­terna più o meno cosciente, e con un modo di comunicare, che ha ra­dici in mille precedenti messaggi, codificazioni e decodificazioni, fraintendimenti, coincidenze, interpretazioni, rifiuti, chiusure, allon­tanamenti, avvicinamenti, rancori, riappacificazioni; aspetti, che fanno parte della storia della comunicazione di ogni persona.

Tuttavia, nella stessa struttura della personalità, sono presenti i due elementi costitutivi della formazione e della continuità della coppia: l’individuazione, cioè il riconoscimento della propria soggettività, e la coesione, come forza centrale, che armonizza le varie dimensioni della personalità (fisica, relazionale-affettiva, cognitivo e spirituale) in un’unità armonica, che sa differenziare e riconoscere ciò che è necessario fare affinché ogni aspetto sia non solo riconosciuto, ma anche valorizzato per il bene del soggetto. In ogni persona vi sono le potenzialità per poter armonizzare in un processo di coesione i vari aspetti per il rafforzamento dell’individualità.

Nella coppia i due aspetti su cui si giocano la permanenza, la continuità e la stessa armonia sono appunto l’individuazione, quale riconoscimento del singolo, e la coesione come senso di appartenenza e di intersoggettività della coppia.

La coppia è unità di due individualità; è coniugazione di due differenze, ma nel contempo di due identità, come valore.

L’individuazione e la differenziazione di ciascun membro della coppia comportano il riconoscimento e l’accettazione degli aspetti (positivi e negativi) individuali e dei confini personali, cioè l’attribuzione a ciascuno dei suoi pensieri, delle sue azioni e delle sue responsabilità, della sua storia

La coesione, il sentirsi parte integrante di questa realtà, la coppia, (la famiglia quando ci saranno i figli), liberamente scelta, ne­cessita che si rispettino alcune norme, spesso non codificate, non scritte, che l’appartenersi richiede e codifica. Non è solo un problema di sensibilità, ma di adesione alle scelte comuni e al consenso quotidiano di tali scelte.

Pur nella differenza esigita dall’individuazione, la coesione crea, con il tempo, un linguaggio comune, fatto di parole e gestualità, che presuppone che vi siano alla base della coppia una gerarchia di valori, su cui i due si confrontano ed esercitano la propria individualità e la stessa unità della coppia.

La stessa convivenza, nel mentre struttura delle norme di comportamento, nel contempo crea un insieme di aspetti relazionali che facilitano l’armonia dinamica della coppia.

Questo farsi nel quotidiano facilita la costruzione di un codice (norme) di appartenenza e di modalità di comunicazione, che caratterizzano ciascuna coppia. Sotto questo aspetto non c’è una coppia uguale ad un’altra, vi sono solo coppie simili. Per fortuna non siamo ancora arrivati ad un’omologazione sociale e mi auguro di cuore che le tanto acclamate tecniche comunicative non portino in futuro al disfacimento della spontaneità e della creatività, che ogni coppia mette nella costruzione di un proprio codice comunicativo, nel bene e nel male.

Certamente si può imparare a comunicare “meglio”, e quindi a comunicare meglio l’amore, ad esprimerlo secondo codici più accettabili e graditi, ma non si può imparare ad amare. Le tecniche della comunicazione non insegnano ad amare. Sarà l’amore, l’uno nei con­fronti dell’altro, a spingere a modificare le modalità comunicative, a ricercane di più consone, reciprocamente gradite. Niente e nessuno porterà a modificare certi comportamenti (= comunicazione) se ciò non nasce dal cuore e si trasforma in azione (ragione affettiva). Non è solo la mente, la ragione che dice di cambiare, ma è l’affetto, la ra­gione affettiva, che induce a scegliere liberamente di cambiare, anche se costa.

La stessa partecipazione in coppia a stages sulla comunicazione porterà a prendere coscienza delle modalità comunicative egocentri­che, a ricercare forme di modifica, ma sarà la quotidianità a far veramente prendere coscienza che è l’amore che spinge al cambia­mento, come capacità di donazione di sé all’altro. L’amore porta anche a dover soffrire, sopportare, attendere, avere pazienza, modificare dentro e fuori una serie di atteggiamenti che da tempo sono radicati, fare dei sacrifici.

Il dover riscrivere nella vita personale la capacità di “sacrificio” non è utopia, ma richiesto dalla realtà quotidiana. Con sacrificio, ma con amore, si cambia lentamente anche il modo di comunicare. Ciò, all’interno di una scelta di libertà.

Oggi sembra che costi molto “fare scelte di libertà”, che ci vedano aprirci all’autotrascendenza e alla intersoggettività nella coppia.

L’amore ci indica il modo e ci offre le parole per dire e i gesti per fare “scelte di libertà”. In psicoterapia, per verificare se vi è disponibilità a riconquistare il coniuge e quindi al cambiamento, chiedo che cosa una persona è capace di rinunciare di sé per amore dell’altro. Il linguaggio della conquista e della ri-conquista passa attraverso libere scelte, in cui vi è la necessità di saper rinunciare a qualcosa di sé per l’altro.

E’ un linguaggio, che ricompensa e gratifica nel tempo, non nell’immediato. Il cammino di maturazione della coppia dovrebbe portare a trovare un’area, uno spazio psicoaffettivo, in cui la coniugalità diviene la valorizzazione delle due individualità attraverso la coesione. Nella costruzione del senso di appartenenza (coesione), ciascuno, nella sua individualità, è per l’altro e per il bene della coppia e della famiglia, prevede l’incontro su bisogni, atteggiamenti, valori, sulla comunica­zione e sull’intimità psicologica e psicosessuale e sulla ricerca reci­proca di esprimersi l’amore secondo codici gratificanti.

Gilberto Gobbi blog SDM Community 22 giugno 2017

http://silvanademaricommunity.it/comunicare-nella-coppia-4-comunicazione-di-coppia-come-individuazione-e-differenziazione

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DALLA NAVATA

12° Domenica del tempo ordinario – Anno A – 25 giugno 2017

Geremia 20, 13 Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.

Salmo 69, 08 Per te io sopporto l’insulto e la vergogna mi copre la faccia, sono diventato un estraneo ai miei fratelli.

Romani 05, 13 Ma il dono di grazia non è come la caduta.

Matteo 10.26 Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.

 

Non temete. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

Con questa domenica riprendiamo la lettura cursiva del vangelo secondo Matteo, esattamente dal capitolo decimo, che contiene il discorso di Gesù sulla missione dei discepoli nel mondo. È un discorso che si indirizza, al di là del tempo in cui è stato pronunciato e messo per iscritto, a tutti coloro che sono chiamati al servizio di Gesù Cristo e del suo regno; un discorso che risente dell’esperienza dei dodici apostoli in missione tra i figli di Israele e dei missionari della chiesa di Matteo nei decenni precedenti l’80 d.C.

Gesù invia i discepoli “tra le pecore perdute della casa d’Israele” e consegna loro il messaggio da annunciare, l’azione da compiere e lo stile del comportamento (cf. Mt 10,5-15). Poi annuncia le persecuzioni che gli inviati dovranno sopportare nella missione (cf. Mt 10,16-23) e con autorevolezza e chiaroveggenza profetica dice loro: “Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!” (Mt 10,24-25). Ovvero, ciò che Gesù ha vissuto, sarà vissuto anche dai suoi inviati, che verranno chiamati diavoli, al servizio del capo dei demoni, Beelzebul, e verranno perseguitati fino a essere uccisi da chi crede di dare in questo modo gloria a Dio (cf. Gv 16,2).

Dunque? Occorre avere coraggio, lottare contro la paura, non temere mai. Questo è il messaggio della pericope di oggi, che Gesù consegna come comando per ben tre volte: “Non temete!” (vv. 26.28.31). Nelle sante Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento questo invito-comando è la parola indirizzata da Dio quando si manifesta e parla a quanti egli chiama: così ad Abramo, a Mosè, ai profeti, a Maria, la madre di Gesù… “Non temere!” cioè “non avere paura della presenza del Dio tre volte santo, ma abbi solo timore, ossia capacità di discernere la sua presenza, e quindi non avere mai paura degli uomini, anche quando sono nemici. Non avere mai paura, ma vinci la paura con la fiducia nel Signore fedele, sempre vicino, accanto al credente, e sempre fedele, anche quando sembra assente o inerte”. La paura è un sentimento umano grazie al quale impariamo a vivere nel mondo, facendo attenzione a dove vi sono il pericolo o la minaccia; ma per chi ha fede salda nel Signore, la paura deve essere vinta, non deve diventare determinante nel rapporto con il Signore e con la sua volontà.

Nel vivere il Vangelo e nell’annunciarlo alle genti, i discepoli di Gesù incontrano diffidenza, chiusura, ostilità e rifiuto. In queste situazioni la tentazione è tacere la speranza che abita il proprio cuore, restare silenti e nascondere la propria identità, magari fino a fuggire. Ma Gesù avverte: il tempo della missione è un tempo di apocalisse, non nel senso catastrofico solitamente attribuito a questo termine, ma nel senso etimologico di ri-velazione, di alzata del velo. L’annuncio del Vangelo, infatti, richiede che ciò che Gesù ha detto nell’intimità sia proclamato in pieno giorno, ciò che è stato detto nell’orecchio sia gridato sui tetti. C’è stato un nascondimento di “verità”, avvenuto non per dimenticare o seppellire ma per rivelare nel tempo opportuno ciò che era stato nascosto: “Nulla vi è di nascosto (verbo kalýpto) che non sarà ri-velato (verbo apokalýpto) né di segreto (kryptós) che non sarà conosciuto (verbo ghinósko)” (v. 26). Le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo (cf. Mt 13,35; Sal 78,2) sono rivelate da Gesù e poi dai discepoli nella storia.

D’altronde, i veri nemici dei discepoli non sono quelli di fuori ma quelli di dentro, quelle tentazioni che nascono dal cuore, quegli atteggiamenti idolatrici ai quali la comunità cristiana cede. I nemici di fuori, in realtà, sono occasioni per mettere in pratica il Vangelo, per mostrare la propria fede e la propria fedeltà al regno di Dio. Annunciare la parola di Dio è un compito che trascende il discepolo, la discepola: chi assume tale compito sa che la sua vita è posta sotto una forza che viene da Dio, sa che non può sottrarsi alla vocazione affidatagli, ma deve lottare per farla risplendere, combattendo l’idolatria che lo seduce. E la parola che proclama è dýnamis (cf. Rm 1,16), è forza che attraversa la storia umana senza impedimenti, in una sorta di corsa (cf. 2Ts 3,1).

Si tratta dunque di non temere quelli che uccidono il corpo, che interrompono la vita terrestre, ma in verità non possono togliere la vera vita. L’unico “timore” – nel senso che si diceva – da avere è quello verso il Signore, perché lui solo può decidere della vita terrestre e di quella vera. La vita, infatti, può essere vissuta come umanizzazione, conformemente alla volontà del Creatore, oppure essere segnata da scelte mortifere, che possono solo condurre alla rovina: per esprimere questo secondo esito Gesù si riferisce metaforicamente alla Gehenna, la valle che raccoglieva la spazzatura di Gerusalemme.

Di seguito Gesù eleva lo sguardo verso il suo Dio, il suo Abba, Padre, e testimonia tutta la potenza con cui egli si prende cura delle sue creature, le salva, non abbandonando mai chi ha fede in lui. Cosa sono due passeri? Queste creature piccole, che abitano a centinaia sui tetti, sembrano a noi creature insignificanti, che non meritano attenzione né cura, eppure non è così per Dio! E qui si faccia attenzione. Nella Bibbia italiana la traduzione delle parole di Gesù suona: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro”. E invece occorre rendere, alla lettera: “… senza il Padre vostro”. Ovvero, neppure un passero, cadendo a terra, è abbandonato da Dio: non cade a terra perché Dio l’ha voluto (fatalismo tipicamente pagano), ma anche quando cade a terra non è abbandonato dal Padre! Allo stesso modo, anche i capelli della nostra testa, che perdiamo ogni giorno senza accorgercene, sono tutti contati, tutti sotto lo sguardo di Dio. Da una tale contemplazione nasce la fiducia che scaccia il timore: Dio vede come ci vede un padre, che ci guarda sempre con amore e non ci abbandona mai, neanche quando cadiamo.

I discepoli di Gesù, ben più preziosi agli occhi di Dio dei passeri e dei capelli della testa, possono essere perseguitati e messi a morte, ma anche nella loro morte il Padre è là, nelle loro tentazioni il Signore è là, nelle loro sofferenze è Cristo a soffrire. La comunione con il Signore non può essere spezzata se non da noi stessi, mai dagli altri. Per questo occorre essere preparati a riconoscere Gesù Cristo, il Signore, davanti agli uomini: ciò deve essere fatto con mitezza, senza arroganza e senza vanto, ma anche a caro prezzo. Oggi nel mondo occidentale non corriamo il rischio della persecuzione, del dover scegliere la testimonianza a Cristo che provoca una morte violenta, ma non illudiamoci di essere esenti dalla prova. Ogni volta che semplicemente arrossiamo nel dirci discepoli o discepole di Gesù, ogni volta che manchiamo di coraggio nel testimoniare la verità cristiana, che è sempre a servizio dell’umanizzazione, della giustizia, della pace e della carità, allora noi scegliamo di non essere riconosciuti da Gesù, nel giorno del giudizio, davanti al Padre che è nei cieli. Per essere rinnegatori di Gesù, è sufficiente cedere al “così fan tutti”, al “così dicon tutti”, all’ignavia pigra di chi non vuole essere disturbato, di chi teme anche solo di non poter più godere del favore di qualche potente o di chi conta… Pietro ha rinnegato davanti a una povera serva, non davanti a un tribunale (cf. Mt 26,69-75 e par.)!

In ogni caso, ci siano oggi di esempio quei cristiani che in Egitto e in medio oriente scelgono di partecipare alla liturgia sapendo che rischiano la vita e diventando vittime, in grande numero, di una cieca violenza anticristiana. Il martirio è ricomparso e oggi ci sono più martiri cristiani che nei secoli dell’impero romano. È dunque l’ora del coraggio, del non temere, sapendo che Gesù è accanto a noi nella potenza dello Spirito santo e lo sarà, come “altro Paraclito” (cf. Gv 14,26), avvocato per noi davanti al Padre. Coraggio! La paura è la più grande minaccia alla fede cristiana: essa induce al dubbio e il dubbio al rinnegamento del Signore e del Vangelo. Se invece nel cristiano c’è un’umile fiducia, c’è una forza invincibile!

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11533-non-temete

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Il Papa al convegno della diocesi di Roma: l’adolescenza non è una patologia.

Convegno “non lasciamoli soli! Accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti”.

“Una cultura sradicata, una famiglia sradicata è una famiglia senza storia, senza memoria, senza radici”. Il Papa lo ha detto stasera al convegno della diocesi di Roma. Poi un invito a stare accanto agli adolescenti, ricordando che questa fase della vita è un “tempo difficile”, ma “non è una patologia”.

La preghiera in romanesco. Il convegno diocesano quest’anno è dedicato al tema: accompagnare i genitori, nell’educazione dei figli adolescenti. E il Papa dice che “la complessità della capitale non ammette sintesi riduttive”, la vita delle famiglie e l’educazione degli adolescenti non può essere presa “alla leggera”, e rivolgendosi alle famiglie afferma: “Voi vivete le tensioni di questa grande città”: il lavoro, la distanza dagli affetti, il tempo sempre limitato, i soldi che non bastano mai. Perciò, per semplicità, “la riflessione, la preghiera, fatela ‘in romanesco’, con volti di famiglie ben concreti e pensando come aiutarvi tra voi a formare i vostri figli all’interno di questa realtà”.

Attenzione alla società sradicata. La città di Roma rischia lo sradicamento. Francesco parla del fenomeno “crescente della società sradicata”. Le “famiglie” “a poco a poco vanno perdendo i loro legami, quel tessuto vitale così importante per sentirci parte gli uni degli altri, partecipi con gli altri di un progetto comune. E’ l’esperienza di sapere che ‘apparteniamo’ ad altri (nel senso più nobile del termine). E’ importante tenere conto di questo clima di sradicamento, perché a poco a poco passa nei nostri sguardi e specialmente nella vita dei nostri figli. Una cultura sradicata, una famiglia sradicata è una famiglia senza storia, senza memoria, senza radici, appunto”.

E così, dice Francesco, “tante volte esigiamo dai nostri figli un’eccessiva formazione in alcuni campi che consideriamo importanti per il loro futuro. Li facciamo studiare una quantità di cose perché diano il ‘massimo’. Ma non diamo altrettanta importanza al fatto che conoscano la loro terra, le loro radici”. Un invito poi a non emarginare i nonni.

Adolescenza, fase di crescita per i giovani. Il Papa definisce l’adolescenza “un tempo prezioso nella vita dei vostri figli. Un tempo difficile, sì. Un tempo di cambiamenti e di instabilità, sì. Una fase che presenta grandi rischi, senza dubbio. Ma, soprattutto, è un tempo di crescita per loro e per tutta la famiglia. L’adolescenza non è una patologia e non possiamo affrontarla come se lo fosse”.

Dunque, “un figlio che vive la sua adolescenza (per quanto possa essere difficile per i genitori) è un figlio con futuro e speranza. Mi preoccupa tante volte la tendenza attuale a ‘medicalizzare’ precocemente i nostri ragazzi. Sembra che tutto si risolva medicalizzando, o controllando tutto con lo slogan ‘sfruttare al massimo il tempo’, e così risulta che l’agenda dei ragazzi è peggio di quella di un alto dirigente”.

Pertanto, “l’adolescenza non è una patologia che dobbiamo combattere. Fa parte della crescita normale, naturale della vita dei nostri ragazzi”. Così, i nostri ragazzi cercano di essere e vogliono sentirsi – logicamente – protagonisti”, “loro cercano in molti modi la ‘vertigine’ che li faccia sentire vivi. Dunque, diamogliela! Stimoliamo tutto quello che li aiuta a trasformare i loro sogni in progetti…. Proponiamo loro mete ampie, grandi sfide e aiutiamoli a realizzarle, a raggiungere le loro mete”.

No alla frammentazione sociale. Ecco perché serve educare con attenzione. “Urge creare luoghi dove la frammentazione sociale non sia lo schema dominante – dice il Papa – A tale scopo occorre insegnare a pensare ciò che si sente e si fa, a sentire ciò che si pensa e si fa, a fare ciò che si pensa e si sente. Un dinamismo di capacità posto al servizio della persona e della società. Questo aiuterà a far sì che i nostri ragazzi si sentano attivi e protagonisti nei loro processi di crescita e li porterà anche a sentirsi chiamati a partecipare alla costruzione della comunità”.

Attenzione all’eterna giovinezza e al consumismo- Per il Papa i nostri ragazzi oggi trovano molta competizione e poche persone con cui confrontarsi. Il mondo adulto ha accolto come paradigma e modello di successo l’“eterna giovinezza”. Sembra che crescere, invecchiare, “stagionarsi” sia un male. E’ sinonimo di vita frustrata o esaurita. Oggi sembra che tutto vada mascherato e dissimulato. Come se il fatto stesso di vivere non avesse senso”.

Dunque, sottolinea il pontefice “com’è triste che qualcuno voglia fare il ‘lifting’ al cuore! Com’è doloroso che qualcuno voglia cancellare le ‘rughe’ di tanti incontri, di tante gioie e tristezze!”.

L’altro pericolo è il consumismo, ne consegue che “educare all’austerità è una ricchezza incomparabile. Risveglia l’ingegno e la creatività, genera possibilità per l’immaginazione e specialmente apre al lavoro in équipe, in solidarietà. Apre agli altri”.

Grazie al card. Vallini- Francesco poi ha ringraziato il cardinale Agostino Vallini, che dal 29 giugno prossimo lascia l’incarico di vicario a mons. Angelo De Donatis. In questi anni, ha detto, il card. Vallini “mi ha tenuto con i piedi per terra”.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/june/documents/papa-francesco_20170619_convegno-ecclesiale-diocesano.html

Notiziario Radio vaticana -20 giugno 2017 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

 

«Se il matrimonio non è “per sempre” è meglio non sposarsi».

Francesco all’udienza generale del 21 giugno 2017: «Chi ama veramente ha il desiderio e il coraggio di dire “per sempre” ma sa di avere bisogno della grazia di Cristo e dell’aiuto dei santi per poter vivere la vita matrimoniale per sempre. Non come alcuni dicono: “finché dura l’amore”. O per sempre o niente»

Altrimenti è meglio che non ti sposi. O per sempre o niente». Papa Francesco ripete per tre volte, in piazza San Pietro, quel “per sempre” che è alla base del matrimonio cattolico. Lo fa durante l’udienza in cui parla dei Santi e dell’aiuto che possono darci nella vita di ogni giorno. Anche nel matrimonio. Non a caso, nota il Pontefice, l’intercessione dei santi, “la moltitudine di testimoni” di cui parla la Lettera agli Ebrei proclamata prima della catechesi, viene invocata per la prima volta nel momento del Battesimo, e poi nell’ordinazione sacerdotale o nel sacramento del Matrimonio per gli sposi.

«Ma qualcuno di voi», ha chiesto Francesco, «potrà domandarmi: “Padre, si può essere santo nella vita di tutti i giorni?” Sì, si può. “Ma questo significa che dobbiamo pregare tutta la giornata?” No, significa che tu devi fare il tuo dovere tutta la giornata: pregare, andare al lavoro, custodire i figli. Ma occorre fare tutto con il cuore aperto verso Dio, in modo che il lavoro, anche nella malattia e nella sofferenza, anche nelle difficoltà, sia aperto a Dio. E così si può diventare santi. Che il Signore ci dia la speranza di essere santi. Non pensiamo che è una cosa difficile, che è più facile essere delinquenti che santi! No. Si può essere santi perché ci aiuta il Signore; è Lui che ci aiuta». Il desiderio del Papa è che possiamo «diventare immagine di Cristo per questo mondo», persone «che vivono accettando anche una porzione di sofferenza, perché si fanno carico della fatica degli altri».

La nostra storia ha bisogno di “mistici”, persone che rifiutano il dominio e aspirano, invece, alla carità. «Senza questi uomini e donne il mondo non avrebbe speranza», avverte Francesco che conclude con un augurio: «a voi e anche a me, il Signore doni la speranza di essere santi».

Il cristianesimo, spiega ancora Francesco, «coltiva una inguaribile fiducia: non crede che le forze negative e disgreganti possano prevalere. L’ultima parola sulla storia dell’uomo non è l’odio, non è la morte, non è la guerra». E sono proprio i santi a testimoniare che «la vita cristiana non è un ideale irraggiungibile», hanno infatti conosciuto le «nostre stesse fatiche», gioie e dolori. Ad assisterci, quindi, nella vita è la mano di Dio e la loro presenza. «Non siamo soli», assicura più volte il Pontefice: «La Chiesa è fatta di innumerevoli fratelli, spesso anonimi, che ci hanno preceduto e che per l’azione dello Spirito Santo sono coinvolti nelle vicende di chi ancora vive quaggiù».

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2017/documents/papa-francesco_20170621_udienza-generale.html

Antonio Sanfrancesco famiglia cristiana on line 21 giugno 2017

www.famigliacristiana.it/articolo/il-papa-se-il-matrimonio-non-e-per-sempre-e-meglio-non-sposarsi.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=news&utm_campaign=fc1726

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PARLAMENTO

Senato della Repubblica. 2° Commissione Giustizia.

20 giugno 2017 Ha continuato l’esame del Ddl n. 1628, in materia di attribuzione del cognome ai figli approvato dalla Camera dei deputati il 24 settembre 2014.

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 16 maggio 2017. Nessun altro chiedendo di intervenire viene dichiarata chiusa la fase di illustrazione degli emendamenti.

Nella stessa seduta ha proseguito la trattazione quella dell’Atto Senato 1978 e connessi sull’accesso del figlio alle informazioni sull’identità dei genitori.

S1978 Modifiche all’articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita, approvato dalla Camera dei deputati il 18 giugno 2015

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 10 maggio 2017.

Il senatore Lepri (PD) in via generale, esprime forti perplessità sul contenuto del disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati che, a suo avviso, espone a serio rischio la salvaguardia del diritto della madre di mantenere l’anonimato, ove si riconosca nei termini proposti ai figli la possibilità di risalire alle proprie origini.

Il senatore Giovanardi (FL (Id-PL, PLI)) osserva che il problema fondamentale sotteso al DL è quello concernente il bilanciamento del diritto della madre a mantenere l’anonimato con il diritto del figlio a conoscere le proprie origini biologiche. Orbene, il legislatore deve individuare le modalità più opportune per garantire il predetto bilanciamento di diritti, entrambi meritevoli di tutela.

Il senatore Lumia (PD) osserva che, nel testo, il legislatore ha già raggiunto un buon equilibrio tra la salvaguardia del diritto all’anonimato della madre e il diritto dei figli a conoscere le proprie origini biologiche, nel rispetto dei principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 178 del 2013. Ricorda quindi che la Consulta ha richiamato il legislatore a riformare la normativa italiana in materia che, allo stato attuale, non darebbe “alcuna possibilità al figlio adottivo non riconosciuto alla nascita a richiedere accesso alle informazioni identificative sulla sue origine o la reversibilità del segreto”; contestualmente la Corte ha invitato al legislatore ad introdurre opportune cautele per soddisfare le esigenze di segretezza, che sono variabili in ragione delle singole situazioni concrete, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati identificativi. In definitiva occorre partire dal testo approvato dall’altro ramo del Parlamento per mettere a punto le modifiche necessarie volte a garantire il bilanciamento dei diritti nei termini sopra indicati.

Nessun altro chiedendo di intervenire il presidente D’Ascola dichiara chiusa la fase di illustrazione degli emendamenti.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1027949

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PASTORALE FAMILIARE.

Amoris lætitia e l’Italia. Esplode il rinnovamento

Un documento di oltre 100 pagine per raccogliere tutte le novità innescate dall’Esortazione postsinodale nelle diocesi. Sui numeri dell’accoglienza di Amoris lætitia, i vescovi della Commissione episcopale per famiglia, vita e giovani – che la scorsa settimana si sono ritrovati in Sicilia per l’incontro di inizio estate – hanno espresso un giudizio unanime. Nessun documento ecclesiale nella storia recente della Chiesa ha prodotto una risposta tanto forte, spontanea, impetuosa. In pochi mesi gli approfondimenti, i convegni, i seminari, i dibattiti dedicati a divulgare, conoscere, promuovere, approfondire le parole di papa Francesco sono diventate un’onda travolgente. Di fronte a tanto entusiasmo, di fronte a una risposta che coinvolge di fatto tutte le diocesi italiane, va comunque registrata anche la perseveranza di chi non vuole rassegnarsi alla svolta pastorale decisa da due sinodi dei vescovi (sinodalità) suggellata da un documento del Papa che è magistero, senza sé e senza (primato petrino) come ribadito dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei.

Nei giorni scorsi è stata diffusa la lettera inviata al Papa dal cardinale Caffarra lo scorso 25 aprile 2017 a nome anche degli altri tre colleghi (Brandmüller, Burke e Meisner) che già avevano sollevato gli ormai famosi Dubia sul capitolo VIII di Amoris lætitia. Di fronte alla decisione del Papa di non rispondere su questioni già definite in modo inequivocabile nel dibattito sinodale e poi nell’Esortazione apostolica, i quattro porporati hanno chiesto di essere ricevuti in udienza e poi, vista l’inutilità dello sforzo, hanno deciso divulgare tutto vicenda come già fecero in occasione dei Dubia.

Un episodio spiacevole che non incide naturalmente sull’impegno delle comunità per dare concretezza alle indicazioni contenute nel documento di Francesco. E quanto sia vasto e articolato questo impegno lo prova il Dossier sulla recezione di Amoris lætitia realizzato dall’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia che raccoglie e sintetizza quanto promosso e organizzato non solo nelle regioni ecclesiastiche e nelle diocesi italiane, ma anche nelle facoltà teologiche e negli Istituti superiori di scienze religiose, nelle associazioni, movimenti, forum regionali, ecc. Il primo dato significativo è la mobilitazione pressoché totale delle diocesi italiane. Oltre 130 quelle che hanno già organizzato convegni e dibattiti e ne hanno comunicato i dati, sia per quanto riguarda l’analisi di Amoris lætitia, sia per l’approfondimento del cosiddetto “ponte giuridico pastorale” (71 le diocesi impegnate su questo fronte).

Altri numeri imponenti sono quelli riguardanti gli incontri presieduti dal direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, don Paolo Gentili, che in poco più di un anno è stato protagonista in oltre 150 località, da Nord a Sud. Numerosi anche gli incontri sostenuti dal suo vice, don Enzo Bottacini.

Altri dati degni di nota, tra quelli raccolti nel Dossier, la ristrutturazione di molti uffici pastorali secondo le indicazioni di Amoris lætitia, l’attenzione prevalente (anche se non esclusiva) sul capitolo VIII, l’impegno di numerosi vescovi che hanno dedicato all’Esortazione postsinodale lettere o percorsi pastorali, la nascita di nuovi collegamenti tra uffici pastorali, la ridefinizione di nuove proposte secondo quanto sollecitato dal documento del Papa.

L’impegno più rilevante – almeno per quello che riguarda i documenti ufficiali – risulta per il momento quello messo in campo dalle Conferenze episcopali di Campania e di Sicilia che hanno messo a punto, discusse e approvate altrettante “Linee guida” per la traduzione pastorale del capitolo VIII. Nel dettaglio, tra le nuove strutture sorte sulla scia di Amoris Lætitia, appare degno di nota il “Centro interdiocesano di accompagnamento dei fedeli separati” in accordo tra le diocesi del Piemonte Nord-Est (Novara, Vercelli, Biella). Sempre in Piemonte, è nato nell’arcidiocesi di Torino il “Servizio pastorale Amoris Lætitia” che opera nei vari ambiti pastorale, giuridico, psico-pedagogico e morale. In Puglia, tra il Natale 2016 e la Pasqua 2017, tutti i vescovi hanno scritto una Lettera o Linee pastorali ispirate all’Esortazione postsinodale. Stesso impegno per la diocesi di Albenga-Imperia, dove il vescovo Guglielmo Borghetti ha deciso di impostare il piano pastorale 2016 2017 sull’Esortazione postsinodale.

Ma Lettere o Piani pastorali sono arrivate anche dai vescovi di Bari. Bergamo, Modena, Otranto, Palermo, Potenza, Tempio Pausania, Tivoli. In diocesi di Asti i due Uffici diocesani catechesi-evangelizzazione sono stati ripensati alla luce di Amoris Lætitia. Tra le tante diocesi che si sono mosse per la promozione dell’Esortazione postsinodale, va segnalato, tra gli altri, l’impegno di Cerignola- Ascoli Satriano con un “Cammino di accompagnamento e condivisione” con separati e divorziati dal titolo “Da soli non c’è storia”. E poi Cosenza- Bisignano, dove la missione triennale “Delle e per le famiglie” è stata rivitalizzata e rilanciata dalla spinta di Amoris Lætitia. Ma nelle oltre 100 pagine del Dossier si parla anche dell’arcidiocesi di Ferrara- Comacchio, in cui la revisione dell’Ufficio pastorale per la famiglia è stata realizzata tenendo conto delle indicazioni del documento papale.

E di Fossano, dove l’esperienza dell’Anello perduto” pensata per i divorziati risposati è diventata a tutti gli effetti un percorso diocesano. E ancora, a Livorno è nato un Centro per la famiglia. A Nicosia la missione popolare delle famiglie (biennale) è stata rivista alla luce di Amoris Lætitia. E a Terni-Narni-Amelia è stata costituita l’associazione diocesana “Centro per la famiglia Amoris Lætitia da cui prenderanno vita una Scuola di formazione per consulenti familiari e un Consultorio familiare diocesano.

Luciano Moia Avvenire 23 giugno 2017

www.avvenire.it/chiesa/pagine/amoris-laetitia-e-litalia-esplode-il-rinnovamento

 

Non più come fratello e sorella.

Papa Giovanni Paolo II nell’ormai lontano 1981 con l’esortazione apostolica Familiaris consortio (FC) apriva le porte dei sacramenti ai divorziati risposati sotto la seguente condizione: «La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, “assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi” (Giovanni Paolo II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei vescovi, n. 7, 25.10.1980: AAS 72 (1980) 1082)».

All’epoca questa poteva esser intesa come un’apertura importante, perché, sebbene sub condicione, consentiva la riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati. Tuttavia tale norma non teneva nella dovuta considerazione che l’intimità sessuale di una coppia non è un dato estrinseco all’edificazione di un sano rapporto familiare (specialmente nel caso specifico a cui la norma fa riferimento in merito alla presenza di figli avuti nel corso della nuova condizione familiare), ma, al contrario, “per legge naturale” ne è parte costituiva, anche laddove non sia possibile l’elevazione a sacramento di questa unione.

Nel 1993 la CEI, presieduta dal card. Ruini, inseriva la norma nel Direttorio di pastorale familiare al n. 220: «Solo quando i divorziati risposati cessano di essere tali possono essere riammessi ai sacramenti. E’ necessario (…) l’impegno per un tipo di convivenza che contempli l’astensione dagli atti propri dei coniugi. Infatti, “qualora la loro situazione non presenti una concreta reversibilità per l’età avanzata o la malattia di uno o di ambedue, la presenza di figli bisognosi di aiuto e di educazione o altri motivi analoghi, la Chiesa li ammette all’assoluzione sacramentale e alla Comunione eucaristica se, sinceramente pentiti, si impegnano ad interrompere la loro reciproca vita sessuale”».

Una prima mitigazione della norma viene realizzata nel 2007 da papa Benedetto XVI che parla d’“incoraggiamento” a vivere come fratello e sorella in Sacramentum caritatis, n. 29b: «Là dove non viene riconosciuta la nullità del vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di fatto rendono la convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale».

Amoris lætitia rileva con garbo l’incoerenza pratica di questa norma al n. 298 e all’attinente nota 329, che qui, per immediatezza di lettura, si riportano l’una di seguito all’altro: «I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse (…). Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui “l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione” (AL 298), (cf. Giovanni Paolo II, esort. ap. Familiaris consortio, n. 84, 22.11.1981: AAS 74 (1982), 186. In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli” (Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, n. 51)».

La norma di FC 84 viene così confutata, perché non consente di realizzare il valore, cioè l’educazione dei figli, per cui invece era stata formulata e a testimone di questa situazione viene chiamata addirittura la costituzione pastorale Gaudium et spes del concilio Vaticano II.

Appare così chiusa la singolare vicenda dell’astinenza sessuale come via per la riammissione all’eucaristia dei divorziati risposati.

Andrea Volpe Blog de Il Regno sui Sinodi dei vescovi 20 giugno 2017

www.lindicedelsinodo.it/2017/06/non-piu-come-fratello-e-sorella.html

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PATERNITÀ

Paternità non voluta: niente risarcimento dalla partner

Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 15544, 22 giugno 2017.

Genitore a sorpresa. L’uomo è riconosciuto come padre biologico del bambino partorito dalla donna con cui ha avuto diversi rapporti sessuali non protetti. Impossibile per lui ottenere un risarcimento dalla sua oramai ex partner. Respinta definitivamente la richiesta presentata da un uomo, colto di sorpresa dalla notizia di essere diventato padre. Evidente la sua responsabilità, consistita nell’avere rapporti sessuali non protetti. E comunque la nascita di un figlio non può essere un danno ingiusto.

Diritto e Giustizia 23 giugno 2017

www.dirittoegiustizia.it/news/14/0000084792/Paternita_non_voluta_niente_risarcimento_dalla_partner.html

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POLITICHE FAMILIARI

Politiche della famiglia: ripartito il fondo 2017

2.780.000 euro: la tabella con le risorse attribuite alle Regioni. “Oggi abbiamo raggiunto l’intesa Stato, Regioni ed Enti locali sul decreto di riparto del fondo per le politiche della famiglia 2017. E’ un risultato positivo perché queste risorse, pari a 2.780.000 euro, si integreranno con fondi regionali e saranno destinate ad azioni a favore della natalità, così come sono previste dalle programmazioni regionali, in accordo con i Comuni”, così il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha commentato l’intesa raggiunta in Conferenza Unificata.

(Link: la tabella relativa al riparto fra le varie Regioni.)

“Il provvedimento – spiega una nota del ministro per gli affari regionali e la famiglia, Enrico Costa – prevede che le risorse per l’anno in corso siano interamente destinate alle Regioni e agli Enti locali per il finanziamento di interventi a sostegno della natalità, che abbiano carattere innovativo rispetto alle misure recentemente introdotte dalla legge di bilancio: Premio alla nascita, Buono nido e Fondo di sostegno alla natalità.”

Il riparto di quest’anno – ha dichiarato il Ministro – in continuità con il decreto del 2016, punta ancora una volta sul sostegno alla natalità, tema cui il Governo è particolarmente attento, in considerazione degli allarmanti dati sul calo delle nascite nel nostro Paese. Ogni regione potrà calare nella propria realtà e con un approccio territoriale interventi complementari e innovativi rispetto alle misure che il Governo ha introdotto a livello nazionale”. Le risorse saranno ripartite, come di consueto, in base ai criteri del Fondo nazionale per le politiche sociali, introducendo per la prima volta un meccanismo di premialità a favore delle regioni virtuose: in caso di mancata presentazione della richiesta di trasferimento di fondi sulla base di specifiche iniziative progettuali da parte di una regione, infatti, le risorse andranno a incrementare la dotazione finanziaria delle altre regioni.

Regioni.it 22 giugno 2017

www.regioni.it/newsletter/n-3187/del-22-06-2017/politiche-della-famiglia-ripartito-il-fondo-2017-16795/?utm_source=emailcampaign3007&utm_medium=phpList&utm_content=HTMLemail&utm_campaign=Regioni.it+n.+3187+-+gioved%C3%AC+22+giugno+2017

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

Giornata di studio a Roma il 23 settembre 2017.

Il Consiglio Direttivo dell’UCIPEM, al fine di essere più vicino ai consultori familiari e di favorire l’aggiornamento degli operatori, agevolando la loro partecipazione ai convegni, in data 13 gennaio 2017 ha stabilito di trasformare i convegni annuali in giornate di studio da realizzarsi in sedi e momenti differenti. La prima giornata di studio ha avuto luogo il giorno 30 aprile 2017 presso il Consultorio Familiare di Taranto.

La seconda giornata di studio, che avrà luogo a Roma il 23 settembre 2017, sarà dedicata soprattutto agli operatori dei consultori familiari del Centro Italia, ma ovviamente sarà aperta anche agli operatori provenienti dal resto della nazione.

La terza giornata avrà luogo a Milano l’11 novembre pv. A Milano, nella stessa data, si terrà anche l’assemblea annuale dell’UCIPEM che quest’anno sarà anche elettiva per il rinnovo del Consiglio Direttivo.

Le giornate di studio del corrente anno avranno come tema l’équipe del consultorio familiare UCIPEM, luogo in cui il confronto, l’integrazione di saperi e di esperienze e la costruzione di relazioni positive tra gli operatori genera capacità di accogliere ed accompagnare gli utenti e di costruire scelte operative sempre più rispondenti ai loro bisogni. In sintesi si parlerà dell’équipe come cuore pulsante del consultorio UCIPEM.

La giornata di studio prevede una lezione magistrale a cui seguiranno numerosi momenti di dialogo e di confronto tra gli operatori sia sotto forma di lavori di gruppo, sia sotto forma di interventi in sede di discussione plenaria. Tutto ciò, in ottemperanza a quanto emerso dal questionario compilato dai partecipanti al congresso di Oristano nel settembre 2016 scorso, darà ad ogni operatore da una parte la possibilità di ascoltare quanto ci possa essere di più aggiornato e aderente alla identità storica dell’UCIPEM sull’équipe, dall’altra darà la possibilità ad ognuno di comunicare esperienze, evidenziare criticità, fare commenti in un’ottica costruttiva e di crescita. Tutto questo al fine di favorire il massimo grado di interattività fra i partecipanti.

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UNIONI CIVILI

Le unioni civili maggiori nelle grandi città.

Le coppie gay dicono «sì» con più frequenza nelle grandi città del Nord, meno nel resto d’Italia. E nel Nord, infatti, che si concentrano 974 delle 1.690 unioni civili già costituite o in programma nei prossimi mesi nei capoluoghi delle Regioni e delle Province autonome.

In particolare, le unioni civili nelle città settentrionali sono quasi 25 ogni 100 mila abitanti; un dato trainato da Milano (36,8 unioni per 100 mila abitanti), seguita da Bologna (26,1) e da Torino (22,6). Invece nelle aree del centro le unioni si fermano a 15 per 100 mila abitanti e nelle isole e nel Meridione crollano, rispettivamente, a 9 e a meno di 7 ogni 100 mila abitanti. E in alcune città i numeri sono ancora a zero (Catanzaro, Campo­basso e Potenza, dove però c’è una prenotazione).

In totale, sono state 942 le unioni civili costituite fino al 31 gennaio 2017 nei capoluoghi, che, con quasi 10 milioni di abitanti, rappresentano un sesto del Paese. Di queste, la stragrande maggioranza -714 – riguarda coppie maschili, mentre sono state 228 le coppie femminili a formalizzare il loro legame. Altre 268 unioni arrivano dall’estero: 233 coppie hanno chiesto di registrare in Italia unioni celebrate all’estero e altre 35 hanno deciso di dire sì nelle ambasciate. Le unioni già prenotate sono 480, un numero in linea con l’andamento di questi primi mesi.

A guidare la classifica in numeri assoluti, ci sono Milano (495, con­siderando anche le prenotazioni), Roma (430) e Torino (202). A Napoli, la terza città più popolosa d’Italia, le unioni sono 87, nove per 100 mila abitanti

Associazione Nazionale Avvocati Italiani 22 giugno 2017

www.associazionenazionaleavvocatiitaliani.it/?p=86100

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