NewsUCIPEM n. 632 – 15 gennaio 2017

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02 ADOZIONI INTERNAZIONALI Adozioni internazionali, ecco come è andato il 2016

Genitori adottivi in attesa scrivono a Gentiloni

Deduzione 50% delle spese anche se l’adozione non va a buon fine

04 AFFIDI Affidi di lunga durata, 4 raccomandazioni per fare buoni progetti

06 AFFIDO CONDIVISO Arriva anche in Italia il coordinatore genitoriale

07 AFFIDO ESCLUSIVO Tredicenne tolto alla madre perché “troppo effeminato”

07 AMORIS LÆTITIA Amoris lætitia: gli aperti, i nascosti, i malevoli

Luce per le nostre famiglie. Criteri applicativi di «Amoris lætitia»

Il card. Müller e la correzione che non ci sarà

10 ASSEGNO DI MANTENIMENTO Accertamento paternità: l’obbligo scatta dalla nascita

11 ASSEGNO DIVORZILE Ex marito lo chiede e critica la valutazione della durata delle nozze

Se la moglie è contumace in sede di divorzio, può poi chiederlo?

11 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 1/2017, 11 gennaio 2017.

12 CHIESA CATTOLICA L’obbiettivo dei Dubia non è la verità, ma solo l’incastrare il Papa.

Ecco veri fautori di Pace.

L’autorità delle donne nelle Chiese, il nuovo libro di G. Codrignani.

14 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEMCremona. Corsi prenatali.

Mantova Etica, Salute & Famiglia.

Piacenza. Specialisti al servizio di giovani e famiglie.

Portogruaro. A passo di coppia.17 DALLA NAVATAII Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 15 gennaio 2017

Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).

18 ETICA L’etica nell’attività sanitaria, la risposta cristiana in tempo di crisi.

18 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Convegno:Diamo credito alle famiglie.

Lombardia. L’esame della legge che introduce il fattore famiglia.

19 GENDERDivario di genere: nel mercato del lavoro resta profondo.

20 MINORI Migranti: aumentano i minori non accompagnati nel nostro Paese.

Accoglienza: i 5 Sì e i 2 No di monsignor Galantino.

24 NULLITÀ DEL MATRIMONIO Nullità del canonico dopo la riforma: il processo più breve.

24 ONLUS – NONPROFIT Autorizzazione al trattamento dei dati sensibili da associazioni.

25 PASTORALE FAMILIARE Corso di formazione del Vicariato alla luce dell’Amoris lætitia.

Vicariato, corso di pastorale familiare ispirato dall’Amoris lætitia.

Non procediamo con una lettura affrettata. Vescovi della Campania

27 RIVISTA MATRIMONIO In ascolto delle relazioni d’amore.

28 SINODO DEI VESCOVI La Chiesa e i giovani: presentato il Documento preparatorio.

29 UNIVERSITÀ GENITORI. GENOVA Essere madri essere padri. Crescere figlie, crescere figli.

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Adozioni internazionali, ecco come è andato il 2016

Gli Enti autorizzati stanno iniziando a pubblicare i dati statistici relativi al 2016. Abbiamo raccolto i numeri già pubblicati: si tratta di un campione di enti che rappresenta circa la metà delle adozioni realizzate. Nel 2016 i bambini che hanno trovato una famiglia in Italia sono diminuiti del 15%. Il calo più vistoso è per gli enti più grandi.

I dati sono indispensabili dicono alcuni. No, l’ossessione per i dati è un falso problema, ribattono altri. Ma come sono andate le adozioni internazionali nel 2016? Gli enti autorizzati alle adozioni internazionali, con l’inizio del nuovo anno, stanno iniziando a pubblicare sui loro siti le statistiche relative all’anno appena concluso: ecco una prima panoramica, assolutamente parziale, attraverso le informazioni già messe online dagli stessi enti.

Cifa e Aibi, gli enti autorizzati tramite cui nel 2015 più bambini avevano trovato una famiglia in Italia, nel 2016 hanno visto una forte contrazione degli arrivi. Il Cifa passa da 247 bambini adottati nel 2015 a 169, Aibi da 175 a 107. Il terzo ente, per numero di bambini arrivati, è Naaa: sono 104 i bambini adottati nel 2016, contro i 113 dell’anno precedente.

Complessivamente questi tre enti nel 2016 hanno accompagnato l’adozione di 380 minori, rispetto ai 535 dello scorso anno, che significa un calo del 29%. Quanto ai paesi di origine, stando a soli questi tre enti, la Cina risulta essere è il primo paese di provenienza dei bambini adottati da famiglie italiane: sono nati in Cina cento bambini adottati nel 2016 da famiglie italiane (il 26% del totale dei minori entrati con questi tre enti), di cui 66 con il Cifa (il secondo paese con cui l’ente ha lavorato è stata la Federazione Russa, da cui sono arrivati 48 minori), 23 con Aibi (ma da Perù e Brasile sono arrivati rispettivamente 21 e 17 minori), 11 con Naaa (che ha lavorato soprattutto con il Vietnam, da cui sono arrivati 28 bambini). «Siamo ancora l’ente autorizzato che ha portato a termine il maggior numero di adozioni internazionali in Italia, è un primato che ci riempie di orgoglio perché dietro a ogni numero c’è un bambino in carne e ossa», afferma il presidente Gianfranco Arnoletti, sottolineando come «la contrazione dei numeri significa la riduzione del numero di bambini che hanno visto rispettato il diritto di avere una famiglia grazie all’adozione».

Andando online sui siti dei vari enti autorizzati si trovano altri numeri. Con il Ciai sono entrati 50 bambini, numero sostanzialmente stabile rispetto ai 54 del 2015. Paola Crestani tuttavia sottolinea la preoccupazione già portata in Commissione Giustizia: «per ogni bambino a cui Ciai è riuscita a trovare famiglia, ce n’è un altro per cui non ci siamo riusciti. Abbiamo mandato indietro dossier di grossomodo altrettanti bambini, con special needs, per cui non abbiamo trovato famiglie disponibili», spiega. Bambarco scende da 54 a 38 minori, Spai passa da 72 a 77, con Nova erano arrivati 44 bambini nel 2015 mentre gli arrivi nel 2016 sono stati 53, La Maloca nel 2016 arriva a 21 minori adottati in Colombia, rispetto ai 18 dell’anno precedente. Avsi sale da 17 a 21 adozioni concluse, e il dato parziale di Fondazione Patrizia Nidoli dice di 45 bambini entrati al 30 novembre 2016, contro i 79 del 2015. Crescono molto i numeri di Enzo B: 70 minori adottati nel 2016 rispetto ai 45 del 2015, il Centro Aiuti per l’Etiopia conferma il suo trend, con 49 bambini adottati rispetto ai 50 del 2015, con Asa hanno trovato famiglia 53 minori, cinque in più dei 48 dell’anno scorso. Con La Primogenita i minori adottati nel 2016 sono stati 25 ed erano stati 40 l’anno precedente, con l’Arcobaleno 13 contro i 27 dell’anno prima, altri 33 bambini sono entrati in Italia con Ernesto, erano stati 32 nel 2015. Con Amici Missioni Indiane sono stati adottati 24 minori, uno in più del 2015. Ventuno i minori adottati con Aiau nel 2016, erano 18 nel 2015 e quindici le adozioni realizzate nel 2016 da Famiglia Insieme (in questo caso si tratta di adozioni, non di minori, che potrebbero essere anche in numero maggiore), contro le 10 del 2015.

Sommando questi dati nel 2016 si arriva ad almeno 988 bambini adottati in Italia, contro gli almeno 1.166 adottati nel 2015 da questi stessi enti citati, con un trend che vede un calo complessivo del 15% delle adozioni rispetto all’anno precedente. Si tratta – lo ribadiamo – di dati parziali (l’anticipazione statistica del report ufficiale della Commissione Adozioni Internazionali nel 2015 contava 2.216 minori adottati in Italia, quindi con i loro 1.166 adottati nel 2015 questi enti rappresentano circa la metà delle adozioni internazionali realizzate in quell’anno) e provenienti esclusivamente dalle informazioni che gli enti hanno già pubblicato sui loro siti.

Sara De Carli Vita.it 10 gennaio 2017

www.vita.it/it/article/2017/01/10/adozioni-internazionali-ecco-come-e-andato-il-2016/142083

 

Genitori adottivi in attesa scrivono a Gentiloni

La CAI ha volutamente azzerato ogni contatto con noi famiglie: occorre subito un nuovo Presidente”

Da anni attendono di poter diventare genitori di bambini che, dall’altra parte del mondo, aspettano che venga restituito loro l’amore di una famiglia. Da troppo tempo sopportano la paralisi della Commissione Adozioni Internazionali che ha azzerato ogni tipo di contatto con loro. Hanno visto le proprie speranze tradite nel momento in cui neppure con la nuova presidente della Cai, l’ex ministro Boschi, c’è stata alcuna evoluzione della situazione. Ora le famiglie adottive in attesa dei loro figli, riunite nel comitato Family for Children, si rivolgono direttamente al neopremier Paolo Gentiloni. Chiedendogli di rimettere finalmente in moto la macchina della Cai. Di seguito riportiamo integralmente che queste famiglie hanno rivolto al premier.

 

Onorevole Presidente Paolo Gentiloni,

Le scriviamo perché siamo sicuri che la Sua dimostrata sensibilità Le consentirà di raccogliere il nostro appello senza particolari patemi. Family for Children è l’espressione di un comitato spontaneo nato per raccogliere le storie di tante famiglie adottive che sono finite in un tunnel senza via di uscita. Da anni, davvero tanti anni, abbiamo consegnato nelle mani di diversi enti autorizzati le nostre speranze di diventare genitori e, allo stesso tempo, abbiamo assegnato agli stessi enti l’impegno di dare ai tanti bambini in difficoltà una famiglia che li possa accogliere e crescere amorevolmente.

Ad oggi, purtroppo, le nostre speranze non si sono tramutate in realtà. Al puzzle delle nostre famiglie manca ancora un pezzo. In questo tempo abbiamo atteso con pazienza che il nostro percorso si compisse. Con gli anni abbiamo accettato ogni tipo di giustificazione ed abbiamo prolungato le nostre attese a tempo indeterminato.

Lo stallo della Commissione Adozioni Internazionali ha peggiorato la situazione delle famiglie. Ogni contatto è stato volutamente azzerato. Ogni risposta a qualsiasi domanda puntualmente evitata.

Lo stallo della Commissione Adozioni Internazionali ha peggiorato tutto. Ogni contatto con le famiglie è stato volutamente azzerato. Ogni risposta a qualsiasi nostra domanda puntualmente è stata evitata. Ma noi non molliamo e mai ci siamo abbattuti. Abbiamo messo insieme le nostre speranze, condiviso i nostri dubbi e abbiamo dato vita a Family for Children. Attraverso questo strumento di sensibilizzazione abbiamo cercato un interlocutore politico che potesse assicurare la tutela e l’assistenza necessarie per permetterci di svolgere al pieno il nostro ruolo come genitori adottivi. Nel ministro Maria Elena Boschi, infatti, avevamo trovato un presidente Cai che ha raccolto le nostre denunce e che ha ascoltato le nostre vicissitudini ma, purtroppo, non abbiamo assistito finora ad alcuna evoluzione o azione compiuta in modo da porre fine a questa vergognosa situazione.

Di conseguenza ci rivolgiamo a Lei, nella speranza che il suo Governo sia in grado di rimettere in moto la macchina della Commissione Adozioni Internazionali al fine che la stessa, finalmente, possa tornare ad adempiere quei compiti di vigilanza su tutti gli enti autorizzati che, ad oggi, non sono più rinviabili.

Family for Children chiede che vengano prese tutte le misure necessarie per impedire qualsiasi pratica contraria agli scopi della Convenzione de l’Aja. E soprattutto chiediamo che in ogni azione compiuta dal Governo Italiano venga considerato l’interesse superiore dei bambini che aspettano dall’altra parte del mondo la propria famiglia. Le famiglie adottive sono un’importante risorsa per i bambini e per la società in cui viviamo. Aspettiamo un segnale determinante dal suo Governo che possa risolvere le questioni sollevate dalle famiglie e, innanzitutto, che possa soddisfare il diritto fondamentale di ogni bambino ad una famiglia permanente.

Gentile Presidente, Le auguriamo una pronta guarigione. La sua agenda politica è piena di impegni, prenda nota anche di noi: consenta ai nostri figli il diritto di avere una famiglia. Non si scordi di loro.

News Ai. Bi. 12 gennaio 2017

www.aibi.it/ita/presidente-gentiloni-consenta-ai-nostri-figli-il-diritto-di-avere-una-famiglia

 

Deduzione del 50% delle spese sostenute anche se l’adozione non va a buon fine

Sentite forte la vocazione all’accoglienza di un bambino abbandonato, ma le spese dell’iter adottivo vi frenano dall’intraprendere questa meravigliosa esperienza? Niente paura. La legge prevede la possibilità di dedurre la metà degli esborsi sostenuti per l’adozione internazionale. Un’opportunità che riguarda tutti gli aspiranti genitori. Anche quelli che, per un motivo o per un altro, non dovessero riuscire a portare a termine il percorso adottivo.

Ma vediamo nello specifico che cosa prescrive la legislazione italiana. La legge 184 del 1983, con gli articoli dal 29 al 39, disciplina le disposizioni relative all’adozione internazionale di minori stranieri. Tra i vari aspetti regolamentati, c’è anche la possibile deduzione al 50% delle spese sostenute per l’iter adottivo. Deduzione che può essere fruita indipendentemente dall’esito dell’adozione. La possibilità, quindi, vale anche per chi non riesce ad acquisire lo status di genitore adottivo.

A poter fruire della deduzione, dunque, sono in generale tutti coloro che aspirano a diventare papà a mamme di un bambino straniero e che intraprendono la procedura internazionale per l’adozione, così come disposto dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 77/E del 28 maggio 2004. La ragione di questa scelta sta nel fatto che, anche qualora l’adozione non vada a buon fine, alcune spese vengono comunque sostenute dagli aspiranti genitori. E pertanto, a patto che sussistano tutti gli altri requisiti richiesti dalla legge, anche in questi casi è prevista la possibilità di dedurre la metà degli esborsi.

Talvolta, infatti, la procedura adottiva si arresta in uno stadio piuttosto avanzato. Alla coppia, per esempio, è richiesta la presenza nel Paese di origine del minore a cui è stata abbinata, per un periodo di tempo anche piuttosto lungo. In questo lasso di tempo, che serve sia agli aspiranti genitori che al minore per verificare se ci sia compatibilità reciproca, può capitare che una delle parti decida di rinunciare all’adozione per incompatibilità caratteriale o per qualsiasi altri motivo. Ma fino a questo momento, la coppia ha già sostenuto delle spese: esborsi che la legge permette di dedurre, appunto, del 50%.

In virtù di tale normativa, quindi, non c’è ragione per rinunciare a intraprendere il percorso dell’adozione internazionale per paura di perdere del tutto il denaro impiegato per sostenere le spese dell’iter nel caso quest’ultimo non vada a buon fine. La vocazione all’accoglienza e l’impegno economico affrontato per ridare una famiglia a un bambino abbandonato non vengono ignorati in alcun caso. Neppure a livello fiscale.

Fonte: Investire Oggi News Ai. Bi. 9 gennaio 2017

www.aibi.it/ita/adozione-internazionale-anche-il-fisco-premia-la-vocazione-allaccoglienza

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AFFIDI

Affidi di lunga durata, quattro raccomandazioni per fare buoni progetti

Quasi il 60% degli affidi dura più dei 24 mesi previsti dalla legge. Il fatto è che nei casi in cui siano necessari affidi prevedibilmente lunghi, il progetto di affido deve tenerne conto, fin dall’inizio: il Tavolo Nazionale Affido ci invia un contributo sul tema, con alcuni consigli. L’affidamento familiare ha come caratteristica fondamentale la temporaneità: 24 mesi eventualmente prorogabili. Nella pratica però accade spesso che non si realizzino le condizioni per il rientro nella famiglia di origine e di conseguenza l’affidamento familiare si protrae nel tempo, nel superiore interesse del minore. La “durata lunga” degli affidamenti ha però un’importante rilevanza nella definizione del progetto di affidamento familiare. Il Tavolo Nazionale Affido ci invia un contributo sul tema, anche in vista di un prossimo primo bilancio della legge 173/2015 sulla continuità degli affetti. (sdc)

 

Per inquadrare correttamente la riflessione, è necessario fornire alcuni dati quantitativi relativi agli affidi di lunga durata. Purtroppo gli ultimi dati utilizzabili al livello nazionale sono quelli contenuti nel Rapporto 2012 del Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. L’assenza di dati periodicamente aggiornati sui minori in affidamento familiare e in strutture, sulle cause degli allontanamenti, sugli esiti dell’affido, sui rapporti con la famiglia di origine, sui percorsi per l’autonomia, ecc. rende difficile comprendere appieno l’ampiezza e le caratteristiche di questo fenomeno. Si riportano qui di seguito alcune tabelle con i dati di base contenuti nel già citato Rapporto 2012. Nella tabella 1 si riportano i numeri di bambini e ragazzi da 0 a 17 anni fuori dalla famiglia al 31 dicembre 2012.

Sia gli affidi presso famiglie affidatarie sia gli inserimenti in strutture collettive possono essere di lunga durata. La tabella che segue riporta i dati relativi alla durata degli affidi presso famiglie affidatarie e degli inserimenti presso strutture. Quasi il 60% dei minori in affidamento lo è da più di due anni, confermando dunque che la pratica dell’affido “a lungo termine” è realtà concreta su cui è importante riflettere. Inoltre, il rapporto 2012 riporta che circa il 74% degli affidi sono di tipo giudiziale, non è tuttavia possibile evincere il dato di quanti di essi siano affidamenti consensuali diventati giudiziari dopo i due anni, come previsto dalla normativa vigente.

Come già rilevato nel documento del 2012 del Tavolo Nazionale Affido sul tema della continuità degli affetti dei minori affidati, anche se l’esito dell’affido dovrebbe essere il rientro del bambino nella sua famiglia d’origine, tuttavia, «un affidamento non può essere giudicato riuscito o meno solo in base alla sua durata e all’effettivo rientro del bambino nella sua famiglia d’origine […] L’attuale normativa non pregiudica, positivamente, la possibilità di affidi a lungo termine se questo corrisponde all’interesse del minore: sono molti i casi in cui i genitori al di là dei sostegni non sono in grado di provvedere da soli alla crescita del minore, pur non ricorrendo gli estremi per la dichiarazione di adottabilità. È tuttavia da stigmatizzare il fatto che in molti casi l’affidamento si prolunghi per l’inerzia delle istituzioni a sostenere con interventi adeguati la famiglia d’origine e a causa della mancata messa a disposizione delle famiglie in difficoltà di aiuti non solo economici e assistenziali, ma anche di quelli che afferiscono alla casa, al lavoro, all’affiancamento amicale. In tal senso il realizzarsi di affidamenti di lunga durata, anche se adeguati e necessari in taluni specifici casi, non può essere considerato la normalità e deve essere sempre sostenuto da specifici progetti monitorati con regolarità».

Ci sono infatti situazioni in cui la famiglia di origine – a volte composta da un solo genitore – non è in grado di rispondere da sola e in maniera adeguata alle necessità educative e formative dei propri figli (né si prevede che possa divenirlo), con i quali ha però legami affettivi significativi che vanno salvaguardati. Nei confronti di questi minori che per la gravità e complessità della loro situazione familiare non possono tornare a casa dopo due anni di affidamento ed al tempo stesso non sono adottabili, l’intervento privilegiato è l’affidamento familiare, che quando è disposto dal Tribunale per i minorenni, può avere una durata anche superiore ai due anni. Anche la legge 173/2015 sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, che ha novellato l’art. 4 della 184/83, precisa che la lunga durata dell’affido non determina, di per se, l’adottabilità del minore. Anche in questi casi gli affidatari continuano a svolgere una funzione complementare e non sostitutiva della famiglia d’origine, a differenza di quanto avviene con l’adozione.

Questi affidamenti possono prolungarsi per anni e, se necessario, anche fino alla maggior età se non oltre, ma assicurano al minore il diritto di crescere in famiglia, coerentemente a quanto enunciato dalla legge n. 184/1983 e successive modifiche e integrazioni e – salvo controindicazioni – garantiscono il mantenimento delle relazioni tra il bambino/ragazzo e la sua famiglia di origine. Gli affidamenti di lunga durata presuppongono comunque l’esistenza di un legame affettivo significativo fra il bambino e la sua famiglia d’origine o, almeno, con alcuni componenti della sua famiglia. Legame affettivo che si deve sostanziare anche con la possibilità di incontri periodici del minore con i familiari.

L’affido familiare ha come caratteristica principale quella di offrire ad un minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo una famiglia, preferibilmente con figli minori, o una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno fino a quando non sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore. La durata dell’affido nella casistica rilevata negli anni anche dagli organismi appartenenti al Tavolo si traduce in una pluralità di situazioni riassumibili in due gruppi (della possibilità di immaginare fin dall’inizio due percorsi distinti aveva parlato a Vita un anno fa anche Giuseppe Spadaro, presidente del tribunale dei minorenni di Bologna):

  1. Affidi di durata prevedibilmente medio-breve. Rappresentano gli affidi in cui la famiglia di origine presenta fragilità transitorie e recuperabili in maniera sufficiente attraverso percorsi mirati. Ci si augura rappresentino il filone principale degli affidamenti familiari e richiedono progettazione, abbinamento, monitoraggio e accompagnamento adeguati alle ridotte prospettive temporali;

  2. Affidi di durata prevedibilmente lunga. Sono gli affidamenti realizzati in quelle situazioni nelle quali, a volte fin da subito, si arriva a ipotizzare che vi sia la realistica impossibilità di prevedere un rientro del minore a casa, pur permanendo e valorizzando la relazione con la famiglia di origine. Sono finalizzati al sostegno a quelle famiglie di origine che presentano delle fragilità parzialmente superabili, ma che al contempo mantengono delle competenze genitoriali di cui è ritenuto opportuno che il minore continuino a beneficiare, e ci siano le premesse per una buona interazione tra le due famiglie (affidataria e affidante). Sono da considerarsi affidi di durata presumibilmente lunga anche quelli relativi alle situazioni – non rare – nelle quali non è possibile prevedere fin dall’inizio quali saranno le possibilità o i tempi di superamento della situazione di difficoltà familiare che rendono necessario l’affidamento. Tali situazioni sovente richiedono tempi di valutazione, nonché progetti, medio-lunghi. È a queste situazioni che si rivolge il presente documento.

Diversi da quanto sopra descritto sono gli affidamenti a rischio giuridico, connessi fin da subito all’apertura della procedura di adottabilità.

Le organizzazioni del Tavolo Nazionale Affido ritengono corretto parlare di “affidamenti di lunga durata” per sottolineare che essi debbono rispondere a specifiche e pensate progettualità che nel corso del tempo assumono caratteristiche, contenuti e obiettivi che inducono responsabilmente a continuare il progetto e il percorso in atto di affidamento familiare nel superiore interesse del minorenne accolto. Meno opportune paiono le diciture quali “affido sine die” o “affidi fino alla maggiore età” o “affidi senza termine”, per definire questa tipologia di affido.

Raccomandazioni per un buon affidamento familiare di lunga durata. Di seguito si individuano alcuni elementi e caratteristiche, che riteniamo facilitino un buon affidamento familiare di lunga durata:

  • Il progetto. L’affidamento di lunga durata occorre sia pensato, progettato ed assunto come una forma specifica di affido. La lunga durata inciderà sulla definizione degli obiettivi, delle modalità di svolgimento dell’affido, dei criteri di verifica della disponibilità degli affidatari e del conseguente abbinamento con il minorenne e sulla definizione dell’articolazione del ruolo dei vari soggetti coinvolti. Nell’elaborazione del progetto specifico è pertanto necessaria la definizione di una prevedibile durata dell’affidamento, che presuppone una valutazione tempestiva, approfondita e realistica da parte delle istituzioni competenti della situazione personale e familiare del minore, compresa quella delle capacità genitoriali e del loro recupero, anche parziale, in relazione alle sue esigenze di crescita, tenuto conto degli interventi che realisticamente possono essere attivati dai Servizi competenti e della capacità dei genitori/parenti del minore di poterne fruire in base alle loro condizioni.

  • L’accompagnamento. L’affido di lunga durata occorre sia accompagnato da interventi specifici ed individualizzati e sostenuto anche economicamente dall’ente affidatario. È importante evidenziare la necessità di una periodica revisione dell’andamento dell’affidamento da parte del Tribunale per i minorenni, sulla base della relazione semestrale del servizio sociale referente e dell’audizione-ascolto degli stessi servizi sociali e sanitari, degli affidatari, della famiglia di origine e, quando nel suo interesse, del minorenne stesso. La lunga durata può rendere inoltre particolarmente utile l’affiancamento degli affidatari da parte di altri operatori e/o volontari che possano nel tempo offrire supporti relativi a specifici aspetti (sostegno scolastico pomeridiano, accompagnamenti a scuola, attività sportive …) o anche effettuare – in accordo con i servizi – brevi ospitalità del minorenne a fronte di particolari esigenze degli affidatari.

  • L’ascolto e la partecipazione del minore e dei suoi genitori. Nell’attuazione del progetto di affido di lunga durata, va richiamato il diritto alla partecipazione e all’ascolto del minore «che ha compiuto dodici anni o anche di età inferiore se capace di discernimento», ovviamente secondo modalità adeguate all’età e alla condizione personale. Importante è anche l’ascolto e la partecipazione dei genitori del minorenne, affinché siano messi nella condizioni di comprendere e contribuire alla definizione del progetto di affido e alla sua realizzazione e verifica periodica. L’ascolto e la partecipazione del minorenne al proprio percorso progettuale non possono però essere confusi con l’attribuzione della responsabilità ultima delle decisioni al minorenne stesso rinunciando all’esercizio dovuto della responsabilità da parte delle Istituzioni preposte, servizi e giudici, sentiti anche gli affidatari, in base a quanto disposto dalla legge 173/2015.

  • Maggiore riconoscimento del ruolo della famiglia affidataria. Significativo nell’esperienza di affidamento familiare di lunga durata di un minore è che la famiglia affidataria sia ascoltata dall’Autorità Giudiziaria per contribuire alla realizzazione del progetto e alla verifica periodica. La durata prolungata del periodo di affidamento deve coniugarsi pienamente non solo con i compiti della famiglia affidataria ma anche con la piena attuazione di tutte le prescrizioni previste dalla legge 184/83 in merito ai rapporti con la scuola e con la sanità. È quindi necessario che sia prevista una certa maggiore autonomia decisionale da parte della famiglia affidataria. È opportuno che, nei casi di decadenza della responsabilità genitoriale disposta dal tribunale per i minorenni, venga valutata la possibilità degli affidatari di essere nominati come tutori. Occorre altresì ricordare che spesso i ragazzi in affido raggiungono la maggiore età e rimangono in famiglia affidataria. Anche in questi casi è necessario garantire concrete e durature misure di avvio all’autonomia per i neomaggiorenni (tirocini, stage, ecc.) e misure di sostegno anche economico a favore delle famiglie affidatarie. Rendere possibile che una famiglia si impegni in affidi di lunga durata passa, infine, attraverso la necessità di riconoscere che essa possa essere accompagnata e sostenuta nel percorso dalle Associazioni o Reti di famiglie da lei eventualmente indicate alle quali deve esser riconosciuto il compito di accompagnamento nei rapporti con i servizi sociali e gli organi giudiziari in tutte le fasi dell’affido.

Marco Giordano, presidente di Progetto Famiglia e portavoce del Tavolo Nazionale Affido 09 gennaio 2017

www.vita.it/it/article/2017/01/09/affidi-di-lunga-durata-quattro-raccomandazioni-per-fare-buoni-progetti/142077

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AFFIDO CONDIVISO

Arriva anche in Italia il coordinatore genitoriale

Tribunale di Milano 29 luglio 2016

Famiglia disgregata – Affidamento condiviso – Difficoltà insuperabili dei genitori nell’adottare scelte nell’interesse dei figli – Inserimento di un coordinatore genitoriale – Sussiste

L’inserimento della figura di un coordinatore genitoriale risponde all’esigenza di individuare un terzo nella famiglia disgregata che possa svolgere un ruolo vicario e di supporto dei genitori sia nella gestione della genitorialità condivisa sia nella individuazioni di soluzioni che, in attuazione del quadro genitoriale configurato dagli accordi o dal tribunale, possa coadiuvare aggiustamenti nelle tempistiche di frequentazione della minore con il genitore non collocatario, oltre che nella attuazione delle scelte, sia di carattere medico sia di carattere scolastico ed educativo- che i genitori dovranno in futuro assumere. Il coordinatore genitoriale, figura nuova nel panorama giuridico italiano ma ben nota in altri ordinamenti (popolare negli USA e species del più ampio genus di ADR – Alternative Dispute Resolution) – è soggetto qualificato, cui viene dunque demandato il compito di prevenire il ricorso a provvedimenti giudiziali in punto di responsabilità genitoriale. È una figura che viene individuata con lo specifico compito di facilitare la risoluzione delle dispute tra genitori altamente conflittuali e con lo scopo di ridurre l’eccessivo ricorso ad azioni giudiziarie. Il coordinatore genitoriale non ha poteri processuali poiché suo scopo è quello di risolvere il conflitto al di fuori del processo: in altri termini a ridurre al massimo il conflitto stesso.

Dott. Giuseppe Buffone il Caso 12 gennaio 2017 testo integrale

www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fmi.php?id_cont=16504.php

www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16504.pdf

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AFFIDO ESCLUSIVO

Tredicenne tolto alla madre perché “troppo effeminato”

E’ polemica in tutta Italia sul provvedimento del tribunale dei minori di Padova. Atteggiamenti troppo effeminati e ostentati in modo provocatorio. È questa la motivazione del provvedimento con cui il tribunale dei minori di Padova ha allontanato un tredicenne dalla propria madre, facendo scoppiare la polemica non solo in città ma in tutto il Paese.

La vicenda, raccontata dal Mattino di Padova, inizia con l’allerta da parte dei servizi sociali che nella relazione evidenziano il comportamento ambiguo e diverso del ragazzino dovuto al fatto che “il suo mondo affettivo risulta legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appare connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale”.

Secondo quanto riporta il quotidiano, in qualche occasione il ragazzo era andato a scuola truccato e con lo smalto sulle unghie (anche se la madre ha negato, parlando di festa di Halloween). In ogni caso, il disagio che ha portato al decreto di allontanamento del 13enne dal nucleo familiare, partirebbe da lontano. Dalla storia di abusi sessuali da parte del padre, con processo concluso con un’assoluzione per l’uomo, e il primo affidamento a una comunità diurna, da cui sono partite, a seguito degli atteggiamenti dimostrati dal ragazzo, le segnalazioni dei responsabili della struttura ai servizi sociali e da qui si è arrivati al provvedimento definitivo di allontanamento dalla madre.

Ma ciò che è certo è che la vicenda non finisce qui. L’avvocato di famiglia, Francesco Miraglia, ha già annunciato infatti di aver impugnato la decisione del tribunale.

Marina Crisafi Newsletter studiocataldi.it 13 gennaio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/24669-tredicenne-tolto-alla-madre-perche-quottroppo-effeminato-quot.asp

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AMORIS LÆTITIA

Luce per le nostre famiglie. Criteri applicativi di «Amoris lætitia»

Simile alla “stella” che guidò i re magi verso l’incontro con Gesù, così l’esortazione apostolica Amoris lætitia illumina le nostre famiglie nel loro cammino verso Gesù e alla sua sequela. Questo vale anche per le coppie e le famiglie che si trovano in situazioni complesse in modo particolare quelle che includono persone separate o divorziate che stanno vivendo una nuova relazione. Alcune di queste persone, anche se «hanno perso» il primo matrimonio, non «hanno perso» la loro speranza in Gesù. Fra queste troviamo chi desidera intensamente vivere in pace con Dio e con la Chiesa, e ci pone l’interrogativo su quello che deve fare per celebrare i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia.

Come i magi che, trovato Gesù, fecero ritorno al loro paese per un’altra strada (cfr. Matteo, 2, 12), così avviene che queste persone — talvolta dopo un viaggio lungo e tortuoso — incontrano Cristo che gli dona un avvenire anche quando gli risulta impossibile tornare per la stessa strada di prima. Attraverso l’accompagnamento e il discernimento onesto, Dio è capace di aprire nuove strade davanti a queste persone, anche se sono reduci di un cammino segnato dalle “tenebre” di scelte sbagliate o di esperienze amare segnate dall’abbandono o dal tradimento. Nel loro incontro con Cristo e con la Chiesa, queste persone trovano una “luce” che illumina la loro vita presente e li aiuta a intraprendere con speranza e coraggio la strada del ritorno a Dio. Pertanto, su indicazione di Papa Francesco, noi vescovi di Malta e Gozo offriamo a voi, cari confratelli presbiteri delle nostre diocesi, queste linee guida per accompagnare lungo la strada di «un responsabile discernimento personale e pastorale» quelle persone che desiderano leggere la propria storia di vita alla luce di Gesù (cfr. Amoris lætitia, 300).

Charles Jude Scicluna e Mario Grech L’Osservatore romano 13 gennaio 2017

http://www.osservatoreromano.va/it/news/luce-le-nostre-famiglie

 

Amoris lætitia: gli aperti, i nascosti, i malevoli

È «normale, anzi salutare, riscontrare delle difficoltà, che, nel caso della riforma, si potrebbero presentare in diverse tipologie di resistenze: le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di agnelli”). Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità».

Il bilancio che a fine anno il papa ha stilato di fronte alla curia comprendeva anche questo passo molto aspro che si riferiva in prima battuta ai contrari alla riforma nella Chiesa. È lecito pensare che, essendo il Sinodo e la sinodalità il cuore della prima riforma di Bergoglio, esso possa estendersi anche alla discussione che da mesi circonda l’esortazione apostolica postsinodale Amoris lætitia e una certa cacofonia comunicativa che si è generata attorno al documento grazie anche alla libertà di parola che Francesco pratica e chiede di praticare nella comunità ecclesiale.

Si stanno così mescolando due elementi: la recezione del testo nelle Chiese locali e la ricca messe degli influencer professionisti o meno, con o senza incarichi ecclesiali, tutti occupati nel «conteggio» tra pro o contro le aperture dell’esortazione, e pro o contro il papa. Dibattito intra ed extra-ecclesiale diventa un’unica cosa, una volta che si esce del tutto dallo «spazio protetto» della discussione sinodale.

Proviamo a ripercorrerne la traiettoria principale. Avevamo pubblicato una prima panoramica individuando da subito le posizioni «senza se e senza ma» dei contrari all’ipotesi – semplifichiamo – di poter riammettere ai sacramenti i divorziati risposati (il lefebvriano B. Fellay, il canonista card. R. Burke e il laico «wojtyliano» R. Spaemann) e quelle dei favorevoli invece a un approccio potremmo dire «del discernimento caso per caso», maggioritario specialmente tra i vescovi diocesani ma non solo (cardd. G. Müller, D. Wuerl, R. Blásquez Pérez, R. Marx, G. Bassetti, V. Nichols e i monss. B. Forte, P.A. Durocher).

Seguendo il dibattito anche sul nostro blog, avevamo segnalato l’intervento di mons. F.G. Brambilla che su L’Osservatore romano (17 maggio 2016) apriva una riflessione parafrasando una nota preghiera: «Dacci oggi il nostro amore quotidiano!»; e I criteri fondamentali per l’applicazione del c. VIII dell’Amoris lætitia, scritti dai vescovi argentini della Regione pastorale di Buenos Aires ai loro sacerdoti.

Quest’ultimo è il testo che segna una cesura nel dibattito perché, avendo ricevuto una lettera di encomio da parte del papa, diventa un modello per l’interpretazione autentica della postsinodale e della volontà del pontefice. «Il testo è molto buono – scrive infatti Francesco – e mostra chiaramente il significato del c. VIII dell’Amoris lætitia. Non ci sono altre interpretazioni».

I dubia. Suona quindi un primo allarme per il fronte dei «contrari» a cui se ne aggiunge un secondo un paio di settimane dopo, quando viene pubblicato, con eccessiva enfasi, uno studio del Wijngaards Institute (Londra) che ritiene il ricorso alla contraccezione moralmente fondato, a cui risponde una contro-dichiarazione in difesa dell’insegnamento dell’Humanae vitae proveniente dagli USA.

I «contrari» decidono quindi di uscire in pubblico con un elenco di 5 argomentati dubia a firma di quattro cardinali (W. Brandmüller, R. Burke, C. Caffarra, J. Meisner) tutti ormai fuori da incarichi di governo, ma con una forte propensione a un uso disinvolto dei media, pur essendo Burke – il capofila del gruppo – un canonista e quindi buon conoscitore delle norme.

Facendo leva sul diritto di parola (oggi) e sulla preoccupazione per il popolo di Dio giudicato «confuso e smarrito» essi hanno consegnato il 19 settembre 2016 al pontefice la propria petizione. Tuttavia, poiché sono trascorsi due mesi e il papa «ha deciso di non rispondere. Abbiamo interpretato questa sua sovrana decisione come un invito a continuare la riflessione e la discussione, pacata e rispettosa. E pertanto informiamo della nostra iniziativa l’intero popolo di Dio, offrendo tutta la documentazione» il 14 novembre 2016 ai media di tutto il mondo. Insomma, si ricorre alla più ampia divulgazione pro salus animarum.

Ci si può domandare come mai siano così interessanti per i media generalisti non tanto le questioni morali in senso lato, ma lo specifico della disciplina ecclesiastica su di esse, come in questo caso, la riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati che, numericamente parlando, rappresentano una fetta di pubblico molto esigua. I 4 cardinali mostrano spregiudicatezza sul piano comunicativo, sapendo che molti media sono interessati a enfatizzare la loro posizione. La domanda è: a chi giova? Perché combattere una «battaglia» interna alla Chiesa, facendo pressione dall’esterno e sperando d’influenzare e portare a sé un’opinione pubblica ecclesiale ed ecclesiastica che comunque era stata ampiamente interpellata prima, dentro, fuori e dopo i due Sinodi del 2014 e del 2015? E perché minacciare anche una «pubblica correzione del pontefice»?

Lo schema comunicativo fa pensare che il percorso seguito risponda a logiche in primo luogo statunitensi: il fatto che il dibattito si sia inasprito all’indomani della vittoria del candidato Trump (9 novembre 2016) non è una coincidenza. E poiché la potenza comunicativa d’Oltreoceano e di lingua inglese costituisce una massa d’urto non trascurabile dai media in generale, essa detta l’ordine del giorno e ignora tutto ciò che non passa nel suo flusso. Così ha avuto ampia risonanza, ad esempio, il dibattito tra l’arcivescovo di Philadelphia mons. J. Chaput – che ha pubblicato linee guida pastorali per la diocesi entrate in vigore il 1° luglio 2016 – e il cardinale (allora designato e poi creato il 19 novembre 2016) Kevin Farrell, già vescovo di Dallas, prefetto del nuovo Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, che gli ha rimproverato di aver forzato i tempi sulle normative diocesane e non aver atteso il dibattito dell’Assemblea plenaria dei vescovi in novembre, che doveva prendere in esame l’indagine condotta presso i vescovi e i responsabili delle organizzazioni cattoliche del paese sulla recezione della esortazione apostolica Amoris lætitia.

Ancora cinquant’anni. Al contrario, il recente ampio documento dell’XI Assemblea plenaria della Federation of Asian Bishops’ Conferences (FABC) The catholic family in Asia: domestic Church of the poor on a mission of mercy che tenta una lettura in chiave asiatica – un tempo si sarebbe detto «inculturata» – è passato quasi del tutto inosservato, pur essendo espressione di un’assise che raduna da tutta l’Asia 19 conferenze episcopali e 8 rappresentanze (per i paesi in cui la Chiesa ha una presenza minore).

Altro esempio: la diocesi di Portland (Oregon) è certamente importante e va ricordato che mons. A.K. Sample, nella sua lettera del 7 ottobre 2016 pubblicata in inglese e spagnolo, ribadisce un chiaro «no» alle modifiche della disciplina ecclesiastica, citando a piene mani l’enciclica Veritatis splendor di Giovanni Paolo II; ma non vanno sottaciute – senza pretesa di esaustività – le pastorali o gli interventi argomentati degli italiani A. Vallini (ausiliare di Roma), E. Castellucci (Modena), P. Lagnese (Ischia) o dei vescovi del Piemonte orientale (Mana, Catella, Brambilla e Arnolfo) che hanno istituito un Centro interdiocesano di accompagnamento per i fedeli separati; del francese D. Lebrun, vescovo di Rouen; dell’irlandese D. Martin (Dublino); dei tedeschi S. Burger (Freiburg) e K.-H. Wiesemann (Speyer); o, di nuovo, dello statunitense R. McElroy, vescovo di San Diego che, dopo la pubblicazione di una pastorale ad hoc, ha convocato un sinodo diocesano conclusosi il 29 e 30 ottobre scorsi.

Sottinteso a tutto questo vi è l’indomita anima intransigente, decisa a dare battaglia contro un corso del pontificato giudicato troppo «moderno», ma che per far questo ricorre al mezzo moderno per eccellenza: i media mainstream, come dimostrano i testi dell’editorialista del New York Times (cf. in particolare il 19.12.2016), Ross Douthat, il brillante retore che difende le ragioni del gruppo tradizionalista.

I 4 cardinali – scrive – puntano ad Amoris lætitia come argine per difendere un generale confine di «civiltà» che comprende l’idea che le opzioni liberal della normativa sui sacramenti possano poi applicarsi a «coppie dello stesso sesso, poligamisti e conviventi»; o che aprano all’«intercomunione tra cattolici e protestanti», per allargarsi infine alla questione dell’«eutanasia». Tuttavia, sovrastimando l’importanza delle parole e dei soggetti che le pronunciavano, anche i cosiddetti «difensori del papa» hanno forse superato il segno, quando si sono lanciati in disquisizioni su berrette cardinalizie da riconsegnare o sulla necessità di formali manifestazioni d’obbedienza al papa.

Nel frattempo, forse, i 4 diventeranno 3, visto che il card. Brandmüller si è smarcato in parte dal gruppo, affermando che Burke non ne è un «portavoce»; che lo scopo che si voleva ottenere, cioè «l’apertura di un dibattito nella Chiesa», è stato raggiunto; e che comunque «una possibile correzione fraterna del papa deve avvenire in camera caritatis e non attraverso atti pubblici o scritti fatti circolare».

Pare in ogni caso che gli strumenti ecclesiali che hanno condotto sin qui, cioè due Sinodi di vescovi e il relativo lavoro a monte e a valle, sia stato dimenticato. Confondere comunione e comunicazione non ha fatto fare un passo avanti alla vita della Chiesa.

Tuttavia dalla recente intervista a Stefania Falasca (Avvenire 17.11.2016) non sembra che papa Francesco abbia perso la serenità: «Pensa a certe repliche ad Amoris lætitia, continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere. Il Concilio ci ha detto questo, gli storici però dicono che un concilio, per essere assorbito bene dal corpo della Chiesa, ha bisogno di un secolo. Siamo a metà».

Maria Elisabetta Gandolfi 8 gennaio 2017 testo integrale in

www.lindicedelsinodo.it/2017/01/amoris-laetitia-gli-aperti-i-nascosti-i.html#more

 

Il card. Müller e la correzione che non ci sarà

Non solo la Congregazione per la dottrina delle fede non risponderà alla lettera dei 4 cardinali che si sono detti dubbiosi sul contenuto dottrinale dell’esortazione apostolica Amoris lætitia, ha detto il card. Gerard Müller all’agenzia Kathpress; ma in una intervista a TGcom24 dell’8 gennaio 2017 ha ribadito che una correzione pubblica del papa non avverrà perché non è in pericolo la dottrina della Chiesa.

“Una correzione fraterna al papa mi sembra molto lontana, in questo momento non è possibile perché non c’è alcun pericolo per la fede”. Lo ha detto alla trasmissione Stanze Vaticane di Tgcom24, il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione della dottrina della fede, in merito ai dubia sollevati da 4 cardinali (Burke, Meisner, Brandmüller e Caffarra) su alcuni paragrafi dell’esortazione apostolica Amoris laetitia sull’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati e sulla possibilità di fare una “correzione” a papa Francesco.

“Ognuno”, ha detto il porporato tedesco, “soprattutto i cardinali della Chiesa romana, hanno il diritto di scrivere una lettera al papa. Mi sono stupito perché questa però è diventata pubblica, costringendo quasi il papa a dire sì o no. Questo non mi piace. Anche una possibile correzione fraterna del papa”, ha continuato, “mi sembra molto lontana, non è possibile in questo momento perché non si tratta di un pericolo per la fede come san Tommaso ha detto”.

Il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, ha poi continuato: “Siamo molto lontani da una correzione e dico che è un danno per la Chiesa discutere di queste cose pubblicamente. Amoris lætitia è molto chiara nella sua dottrina e possiamo interpretare tutta la dottrina di Gesù sul matrimonio, tutta la dottrina della Chiesa in 2000 anni di storia. Papa Francesco”, ha concluso il cardinale, “chiede di discernere la situazione di queste persone che vivono un’unione non regolare, cioè non secondo la dottrina della Chiesa su matrimonio e chiede di aiutare queste persone a trovare un cammino per una nuova integrazione nella Chiesa secondo le condizioni dei sacramenti, del messaggio cristiano sul matrimonio. Ma io non vedo alcuna contrapposizione: da un lato abbiamo la dottrina chiara sul matrimonio, dall’altro l’obbligo della Chiesa di preoccuparsi di queste persone in difficoltà”.

F. Marchese Ragona blog Il Regno 12 gennaio 2017

www.lindicedelsinodo.it/2017/01/il-card-mueller-e-la-correzione-che-non.html

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Accertamento giudiziale della paternità: l’obbligo di mantenimento scatta dalla nascita

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 25735, 14 dicembre 2016.

L’obbligo del mantenimento del figlio sorge – in caso di accertamento giudiziale della paternità – dalla nascita e non dalla domanda. Correttamente, pertanto, in esito al giudizio promosso dalla madre nella qualità di genitrice del minore per l’accertamento della paternità e a seguito di espressa domanda in tale senso, il giudice condanna il convenuto, soccombente, non solo al pagamento di un assegno mensile di mantenimento, con decorrenza dalla domanda, oltre interessi legali e rivalutazione annuale, ma anche al pagamento di una ulteriore somma pari all’ammontare degli assegni dovuti per il periodo intercorso tra la nascita e la proposizione della domanda (nella specie: otto mesi), senza che il convenuto possa opporre che tale ultimo importo gli è stato addebitato a titolo di rimborso alla attrice, in proprio, delle spese anticipate per il mantenimento del minore.

Renato D’Isa 10 gennaio 2017

https://renatodisa.com/2017/01/10/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-14-dicembre-2016-n-25735

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ASSEGNO DIVORZILE

L’ex marito lo chiede alla moglie e critica la valutazione basata sulla durata del matrimonio

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 275, 10 gennaio 2017

Presupposto per il riconoscimento dell’assegno di divorzio è che il richiedente non abbia redditi adeguati e non sia in grado di procurarseli per ragioni oggettive. Il criterio relativo alla durata del matrimonio attiene al momento successivo della quantificazione. E ciò, sia che l’inadeguatezza dei redditi venga correlata al tenore di vita goduto durante la convivenza o più in generale in costanza di matrimonio (criterio considerato, da larga parte della dottrina e da una parte della giurisprudenza, inadeguato e astratto – in quanto, in genere, la separazione e il successivo divorzio incidono negativamente sul tenore di vita di entrambi i coniugi – ed eccessivamente sanzionatorio per l’obbligato) sia che vengano in considerazioni altri criteri (ad es. un assegno che permetta una autosufficienza economica all’avente diritto, magari con alcune variabili collegate alla sua posizione economico-sociale, oltre che alle possibilità dell’obbligato): com’è noto, l’art. 5 L. Divorzio non fornisce definizione alcuna dell”‘inadeguatezza” dei redditi, attribuendone il contenuto all’opera della giurisprudenza.

Il criterio della durata del matrimonio appartiene al momento successivo della quantificazione dell’assegno, dopo che sia stata accertata l’inadeguatezza dei redditi del richiedente.

Nel caso di specie ha errato – secondo la Suprema Corte – la Corte di merito nell’escludere il diritto del ricorrente all’assegno divorzile, fondando esclusivamente la propria argomentazione sulla durata del matrimonio – poco più di due anni dalla celebrazione alla separazione di fatto con l’uscita dalla casa coniugale della moglie – non considerando peraltro il periodo di separazione assai più lungo. Né si potrebbero richiamare alcune sentenze di questa Corte (tra le altre Cass. N. 6164 del 2015) che ammettono l’esclusione dell’assegno in casi eccezionali di divorzio brevissimo (pochi giorni o pochi mesi di convivenza), ma ribadiscono sempre che il criterio della durata del matrimonio non attiene al diritto all’assegno, ma alla sua quantificazione.

Avv. Renato D’Isa 12 gennaio 2017

https://renatodisa.com/2017/01/12/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-10-gennaio-2017-n-275

 

Se la moglie resta contumace in sede di divorzio, può poi chiedere l’assegno?

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 683, 12 gennaio 2017

La richiesta di assegno divorzile è ammissibile anche dopo l’avvenuta statuizione sulle condizioni del divorzio. La Cassazione ribadisce le condizioni per le quali può essere concesso.

L’assegno divorzile è riconoscibile anche quando non sia stato chiesto nel giudizio che ha deciso il divorzio per la contumacia dell’attrice.

Ma è necessario dedurre e dimostrare le circostanze sopravvenute rispetto alla statuizione resa dal giudice di merito e concernenti l’indisponibilità di mezzi adeguati al proprio sostentamento e l’impossibilità oggettiva di procurarseli.

avv. Sugamele 13 gennaio 2017 www.divorzista.org/sentenza.php?id=13149

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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF

Newsletter n. 1/2017, 11 gennaio 2017.

Donne e maternità. Perché sono penalizzate sul lavoro e in famiglia. Ancora deboli le misure di sostegno alla paternità. Eppure un maggior coinvolgimento dei papà favorirebbe le nascite, anche perché la cura dei figli pesa ancora in misura eccessiva sulle spalle delle donne. Lo dimostrano i dati certi e affidabili dell’INPS. Che parlano di divario salariale e impatto negativo sulla carriera per le madri lavoratrici. La stessa cosa non succede agli uomini quando usufruiscono del congedo parentale.

Commento completo di Pietro Boffi

www.famigliacristiana.it/articolo/donne-e-congedo–per-maternita-ecco-quanto-.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_11_01_2017

Lettera aperta al Governo di Malta. A fine 2016 La FAFCE (Federazione Europea delle associazioni familiari cattoliche) e il Cana Movement, storica associazione familiare locale, hanno indirizzato al Governo e alle istituzioni maltesi una “Lettera aperta”, per segnalare le proprie preoccupazioni rispetto alla possibile approvazione di un progetto di legge, l'”Equality Bill”, che rischia di ridurre in modo drammatica la libertà di opinione e di libertà religiosa nel Paese. http://www.fafce.org/index.php?lang=en

Con tono pacato e puntuale, la Lettera evidenzia che, per perseguire il sacrosanto diritto all’uguaglianza per tutti, senza discriminazioni, il progetto di legge introduce la possibilità di essere denunciati per “affermazioni discriminatorie”, senza definire con precisione i concetti giuridici implicati, e soprattutto, nell’art. 24, spostando l’onere della prova sul denunciato, anziché sul denunciante. Chi venisse accusato di discriminazione si troverebbe così costretto a documentare la propria posizione con concetti giuridici imprecisi, ambigui e rischiosi. (“the proposed bill uses vague and subjective terms, thus reducing its foreseeability, predictability and legal certainty”). Il coinvolgimento della FAFCE, rete europea, conferma che il tema non riguarda solo la piccola Malta, ma interessa molti altri Paesi europei.

Testo integrale della lettera aperta

www.fafce.org/index.php?option=com_content&view=article&id=386:open-letter-to-the-maltese-government-on-the-draft-equality-bill&catid=54:european-union&Itemid=234&lang=en

Finalmente un Servizio Civile Universale? A quali condizioni? Prosegue il dibattito su uno degli interventi normativi potenzialmente più interessanti del Governo Renzi, l’istituzione di un “Servizio Civile universale” (Art. 8 della legge 106/2016, di Riforma del Terzo Settore). Al di là del dibattito parlamentare e dell’iter legislativo necessario per i decreti attuativi, molti sono gli enti di privato sociale che seguono questo percorso. Richiamiamo qui, in proposito, il recente pronunciamento della Conferenza Nazionale degli Enti Servizio Civile, che raccoglie le organizzazioni presso cui svolge il proprio servizio la maggioranza delle ragazze e dei ragazzi.

Nota della CNESC sui pareri espressi dagli organi competenti sullo schema di decreto legislativo di disciplina del Servizio Civile Universale.

www.cnesc.it/7-notizie/155-nota-della-cnesc-sui-pareri-espressi-dagli-organi-competenti-sullo-schema-di-decreto-legislativo-di-disciplina-del-servizio-civile-universale.html

Ultimi arrivi dalle case editrici. Tutti i volumi sono consultabili presso il Centro Documentazione del Cisf.

http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/centro-documentazione.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_11_01_2017

Essi sono acquistabili suwww.sanpaolostore.it/Default.aspx?Referral=newsletter_cisf_20170111

D’Incalci Laura,A cavallo sono un re. Storie oltre i limiti San Paolo, Cinisello B. (MI), 2015

Il racconto della disabilità che si legge nelle pagine di “A cavallo sono un re” contiene moltissimi elementi ben noti a tutti coloro che conoscono in prima persona questo mondo “speciale”, che in altri libri viene raccontato con la sistematicità del manuale universitario, con i numeri di un servizio pubblico che eroga servizi, oppure con la commozione del diario personale, o nel bilancio sociale di tante realtà associative e di volontariato. Ma qui dalle 17 storie raccontate viene fuori una bellezza inaspettata, un profumo indimenticabile di speranza e di coraggio, insieme alla fatica, alle delusioni e alla rabbia sperimentate in tante famiglie. Dovete proprio leggerlo, per capire! Ma alcuni aspetti si possono comunque ricordare in queste brevi righe. Prima di tutto la forza dello stare insieme, attorno ad una realtà associativa, l’associazione Thais,

http://thais.altervista.org

che opera in Brianza con varie attività riabilitative, comprese piscina e ippoterapia, e che è punto di coagulo delle persone e delle famiglie, tanto che è lo “spogliatoio” il posto più prezioso, prima ancora delle attività. Li ci si incontra, si piange e si ride insieme, ci si dà appuntamento, lì ci si aiuta, anche solo perché ci si sente insieme. Un secondo elemento è la incredibile eterogeneità delle storie: bambini molto piccoli sofferenti fin dalla nascita, oppure adulti nel pieno del vigore costretti sulla sedia a rotelle da un incidente stradale, handicap di mobilità o disabilità psichiche. A dire che non esiste la disabilità, ma esistono le mille storie di difficoltà e di resistenza di mille persone, di mille famiglie, e le mille risposte ai bisogni personali di ciascuno. Storie radicalmente diverse, ma tutte accomunate dalla presenza di parenti, amici, volontari, operatori che sanno stare di fianco, nel silenzio delle notti in bianco, nell’operosità del lavoro riabilitativo, nella gioia di una cavalcata protetta. È un libro sulla sofferenza, che però fa sorridere e sperare, perché racconta della irriducibile resistenza dell’umano. Ed è il bel paradosso di queste storie: che la vita merita di essere vissuta, anche quando tutto sembra crollare. Purché nessuno sia lasciato da solo. Francesco Belletti

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Nord: Abitare condiviso. Condividere per moltiplicare, famiglie e stili di vita, Caritas ambrosiana, Milano, 21 gennaio 2017 http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0117_allegato4.pdf

Centro: La comunità professionale dei mediatori familiari, XIV Convegno nazionale SIMeF, Roma, 27-28 gennaio 2017. www.aimef.it/data/eventi/181/allegato_71406.pdf

Sud: “Vivere è… conoscere”, VII Festival della Vita,Centro Culturale San Paolo, Caserta, Aversa ed altre città, dal 28 gennaio al 5 febbraio 2017. www.festivaldellavita.it/index.html

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CHIESA CATTOLICA

Burke: “L’obbiettivo dei Dubia non è la verità, ma solo l’incastrare il Santo Padre”

Non lo diciamo noi di Croce-Via ma lo stesso Mons. Burke nella sua intervista fattagli da Michael Matt e pubblicata il 10 gennaio 2017 nel The Remnant. Infatti, alla domanda postagli dal giornalista se egli conosce la risposta ai cinque dubia (“Don’t you already know the answers to your five questions?”) l’ex-cardinale risponde che le conosce (“Certainly we do”)!

L’aver posto i Dubia al Santo Padre non proviene quindi da nessuna ambiguità proclamata, visto che la risposta è conosciuta dalla banda dei quattro: il che non è una scoperta visto che tutti i cattolici conoscono le risposte come è stato ancora ribadito dal Cardinale Mueller. Eppure i quattro Monsignori Burke, Brandmueller, Caffarra e Meisner dopo due mesi che non avevano ricevuto risposta ad una domanda, per la quale ormai ammettono pubblicamente avere già la risposta e quindi non possono più pretendere che c’era urgenza, sono andati sulla piazza pubblica per creare uno scandalo che prima esisteva solo nella testa di alcuni estremisti in certi ambienti paranoici.

Ma allora a che pro? E la risposta di Mons Burke è limpida: per infinocchiare il Santo Padre! (” the important thing is that the pastor of the universal Church … make clear that, yes, he answers these questions in the same way that the Church answers them”).

Siamo arrivati così alla ripetizione della stessa eresia del vescovo Lefebvre morto scomunicato nel 1991: quella del tradi-protestantesimo, dove un gruppetto di ex-cattolici si ergono a giudici del Magistero della Chiesa e considerano il loro proprio libero esame del Magistero superiore a quel che insegna la Chiesa Docente, cioè il Papa assieme a tutti i Vescovi in unione formale e materiale con lui.

Tutta questa storia di Dubia è stato quindi, per ammissione stessa di Mons Burke, un semplice attacco ad hominem contro il Santo Padre invece di essere una pacata discussione sotto l’ispirazione dello Spirito Santo nella Chiesa. Infatti alla domanda del giornalista su quel sarà il seguito delle azioni dell’ex-cardinale (“So what’s next, Your Eminence?”), costui risponde in cosa consisterà la sua correzione fraterna (sedetevi sennò rischiate un infarto dalle risate): Daremo al Santo Padre un’interpretazione di Amoris lætitia conforme al Magistero della Chiesa! (“the truths that seem to be called into question by AL would simply be placed alongside what the Church has always taught and practiced and annunciated in the official teaching of the Church”).

Siamo agli sgoccioli di certe forme di auto-incensamento: invece di cercare di mettere il Santo Padre all’angolo tentando di sottoporlo a un processo giudiziale pubblico, un cattolico normale, invece di mandare questi cinque dubia intrisi di malafede al pubblico ludibrio, avrebbe con umile ossequio dell’intelligenza e della volontà preparato un’interpretazione di AL in linea con quel che è il Magistero della Chiesa e l’avrebbe sottoposto per approvazione al Soglio di Pietro.

Questi ex-cardinali con il loro coming-out in quanto tradi-protestanti si rivelano così più scalmanati dei peggior modernisti.

Simon de Cyrène on 11 gennaio 2017 Croce-Via

Croce-via si pone sotto la protezione spirituale di San Tommaso d’Aquino e San Giovanni Paolo Magno

https://pellegrininellaverita.com/2017/01/11/burke-loggettivo-dei-dubia-non-e-la-verita-ma-solo-lincastrare-il-santo-padre

Tradi-protestanti sono coloro che pur non facendo parte della Fraternità San Pio X, guardano alla Tradizione.

 

Ecco veri fautori di Pace

Mentre chi ha seminato loglio della divisione denuncia la confusione pubblica che hanno loro stessi volontariamente creata e ampliata, ci sono, grazie a Dio, anche veri pastori che si rimboccano le maniche e con umile assenso dell’intelligenza e della volontà vanno avanti per spiegare il Magistero al gregge loro affidato con interpretazioni intelligenti e non tendenziose che hanno, esse sì, ricevuto la risposta positiva del Santo Padre nei tempi.

Questa volta è il turno dell’Arcivescovo maltese Mons Scicluna, già promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, che assieme a Mons. Grech ha pubblicato le “indicazioni pastorali concrete ai sacerdoti per applicare l’esortazione post-sinodale «Amoris lætitia»” il tutto edito dall’Osservatore Romano come ci informa Tornielli in Vatican Inside di oggi.

http://www.lastampa.it/2017/01/14/vaticaninsider/ita/vaticano/amoris-laetitia-losservatore-pubblica-le-linee-guida-maltesi-jLki2r55pShr97d1iL80qL/pagina.html

E qui vi è la risposta a tutti di dubia possibili e anche quelli inimmaginabili potenzialmente proponibili dai mestatori di ogni risma: «entro una situazione oggettiva di peccato — che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno — si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa. Questo discernimento è importante perché, come spiega il Pontefice, in alcuni casi questo aiuto può essere anche quello dei sacramenti».

Questo dei Monss. Scicluna e Grech è quel che si chiama Magistero della Chiesa Docente in quanto espressione dell’unità di insegnamento tra il Papa e i Vescovi in unione formale e materiale con lui.

Oremus et pro pontifice nostro Francisco: Dominus conservet eum, et vivificet eum, et beatum faciat eum in terra, et non tradat eum in animam inimicorum eius.

Simon de Cyrène on 14 gennaio 2017 Croce-Via

https://pellegrininellaverita.com/2017/01/14/amoris-laetitia-ecco-veri-fautori-di-pace

 

L’autorità delle donne nelle Chiese, il nuovo libro di Giancarla Codrignani.

Il nuovo libro di Giancarla Codrignani sul tema dell’autorità femminile nelle chiese: “Tacete! Ma davvero? Se le donne potessero predicare”. (112 pagine, euro 10,00 Ed Oasi)

Dire ministra costa una fatica che non si sperimenta nello speculare maestra. La difficoltà è, di fatto, concettuale: il linguaggio infatti rivela perfino nella morfologia il persistere della gerarchia di valori ritenuti “oggettivi” anche quando si sono trasformati in pregiudizi che mortificano le donne.

L’autorità femminile non abita nemmeno le chiese, dove il nome di dio è inesorabilmente maschile. Oggi non solo Papa Francesco dichiara l’esigenza di recuperare su un passato di discriminazione: anche Giovanni Paolo II aveva reso omaggio al “genio femminile”, ma la Chiesa istituzionale è fin qui apparsa poco interessata a giovarsi dell’intelligenza e della cultura delle donne, nonostante il contributo ormai imponente della “teologia di genere”. Resta il potere del diritto canonico e del canone 767 che riserva l’omelia “al sacerdote o al diacono”, mentre proprio nella lettura del Vangelo la comunità potrebbe ancor più compiutamente crescere in grazia e verità. Le donne debbono dunque permettersi di fare un passo avanti e leggere la parola di dio senza nemmeno assicurare che, tanto, peggio degli preti e dei diaconi non faranno.

Noi donne week n. 01 Anno XII – 10 Gennaio 2017. www.noidonne.org/blog.php?ID=07766

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Cremona. Corsi prenatali

Sono previsti corsi prenatali a febbraio-marzo 2017, marzo-maggio 2017. Sta terminando quello di dicembre 2016-gennaio 2017.

www.ucipemcremona.it/content/corso-prenatale-febbraiomarzo-2017

www.ucipemcremona.it/

Mantova Etica, Salute & Famiglia

Periodico a cura del Consultorio di Mantova e dell’Associazione Virgiliana di Bioetica

  • Editoriale. Ripensare la vita. Il dramma dell’aborto Armando Savignano

  • Primo piano. Misericordia come consolazione. Riflessioni di un sacerdote psicologo Aldo Basso

  • La Sanità degli altri. Intervista al dottor Frank Murhula Muhimuzi Karin Svanback

  • Vita del Consultorio. Dal Sinodo della Diocesi di Mantova proposte per famiglie e giovani.

  • Indicazioni per il nostro servizio consultoriale. Gabrio Zacchè

  • Psicologo Mi dica. I giovani e la conquista della sicurezza (parte 2) Giuseppe Cesa, psicoterapeuta

  • Il post del mese Anna Orlandi Pincella

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Ripensare la vita. Il dramma dell’aborto

Francia: vietato aiutare a non abortire. E’ stata recentemente approvata dalla Camera della Repubblica francese una legge che impone l’oscuramento dei siti internet che fanno consulenza e sostengono le donne per prevenire l’aborto. In Francia, in tal modo, si vieta per legge di aiutare le donne in difficoltà per cercare di affrontare e possibilmente ovviare al dramma dell’aborto.

Lo Stato, che dovrebbe difendere la vita, non solo contempla il diritto, in determinati casi, a toglierla a chi è più debole ed indifeso, ma vieta per legge di diffondere idee contrarie.

Quando fu approvata la legge sull’aborto in Francia, negli anni settanta del secolo scorso, tale pratica era prevista, come in altri paesi, solo in casi eccezionali e circoscritti. Ma col passare degli anni è diventato non solo quasi un diritto, ma si è giunti persino a vietare chi si propone di venire incontro a tante donne in difficoltà! Tutto ciò ha il passo felpato delle procedure democratiche e il doppio petto dei politici di professione.

Italia, legge 194\1978: un problema morale. L’aborto è anzitutto un problema morale prima che giuridico: è nelle coscienze rettamente informate e consapevoli che bisogna maturare la scelta di non uccidere vite innocenti: è questa la vera ed autentica autodeterminazione e il significato profondo dello stesso principio di autonomia. Anche il Comitato nazionale di bioetica, nel documento intitolato: ‘Aiuto alle donne in gravidanza e depressione postpartum’, ha osservato che la legge 194 non è stata sufficientemente applicata nella prevenzione e nell’aiuto alla donna in gravidanza per evitare la drammatica decisione di abortire. Dopo aver rilevato che la stessa intitolazione della 194 fa “innanzitutto riferimento alla tutela sociale della maternità”, il Comitato afferma che le disposizioni che “si incentrano sul concetto di aiuto alla donna da offrirsi nel momento in cui accedere al colloquio previsto dalla normativa, avrebbero dovuto costituire l’aspetto unanimemente condiviso dell’approccio sociale giuridico al problema dell’aborto, ma la loro attuazione secondo un giudizio ampiamente condiviso è rimasta insufficiente”.

Tali disposizioni, “orientate al fine di rimuovere le cause che porterebbero la donna all’interruzione della gravidanza”, rileva il comitato di bioetica, muovono “nel senso di un impegno dei servizi socio-sanitari sia dell’interesse della donna, sia dell’interesse del concepito ed esprimono la non indifferenza, in ogni caso, dell’ordinamento giuridico rispetto alla prospettiva di un’interruzione della gravidanza”. In tal senso, secondo il Comitato, “rispondono a una finalità preventiva dell’aborto da realizzarsi, secondo la volontà espressa dal legislatore, attraverso il dialogo e l’aiuto”.

La maggior fragilità delle donne immigrate. Inoltre, è il richiamo del comitato, “una speciale attenzione va riferita alle donne immigrate, soprattutto se la loro presenza in Italia non sia regolare”. Questa effettivamente rappresenta uno dei grandi problemi della questione dell’aborto perché è a tutti evidente la posizione di debolezza e fragilità proprio della stragrande maggioranza delle donne immigrate che più di tutte hanno bisogno di aiuto concreto e di incoraggiamento efficace.

Occorre perciò recuperare “un ampio impegno condiviso a sostegno alla donna in gravidanza, così da rendere palese nel contesto sociale e nelle pubbliche istituzioni un clima positivo di disponibilità verso la gravidanza in atto, clima la cui impercettibilità è sembrata, non di rado, scarsa”. È perciò necessario distinguere, nel colloquio, una fase mirata all’aiuto sociale e psicologico, tale da coinvolgere competenze ulteriori a quella sanitaria. Nel corso del colloquio, perciò, va fatto tutto quanto è necessario affinché la donna abbandoni la scelta dell’aborto, che invero costituisce sempre una decisione traumatica e tragica.

E’ inaccettabile inoltre, “sia rispetto ai diritti delle donne sia rispetto alla dignità dei portatori di anomalie o malformazioni, che nell’ipotesi più frequente relativa all’articolo 6 della legge, quella in cui un grave pericolo per la salute psichica della donna in caso di prosecuzione della gravidanza risulta riferito a rilevanti anomalie o malformazioni del feto, si consideri nel sentire sociale il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza come scontato”.

Non c’è dubbio che proprio questo aspetto genera inquietudine nell’opinione pubblica perché sovente nell’ipotesi di malformazione del nascituro viene prescelta quasi automaticamente la via dell’aborto. Senza voler sindacare su questo gravissimo problema che tocca nel più profondo il vissuto delle persone, specialmente delle donne, risulta tuttavia quanto mai urgente una presa di coscienza ed un’adeguata attenzione soprattutto alla luce di interrogativi se la vita debba essere accettata e accolta soltanto quando si è integri, sani e belli, in somma quando il bambino è perfetto, secondo i ben noti canoni della società del benessere e dei consumi favorendo così la ‘cultura dello scarto.

Compito del Consultorio: prevenzione concreta e dissuasione fattiva. Anche alla luce di questa presa di posizione del Comitato nazionale di bioetica emerge il problema di una prevenzione concreta e di una dissuasione fattiva rispetto alla grave decisione di abortire. Di qui il ruolo sempre più importante dei consultori che non possono essere solo organi notarili, ma dovrebbero svolgere anzitutto una fondamentale opera educativa e preventiva. Né bisogna trascurare la dimensione economico sociale, se è vero che molto spesso la povertà è uno dei fattori che incidono nella drammatica decisione di optare per l’aborto. Ma oggi, la più rilevante causa dell’interruzione volontaria della gravidanza non sembra essere la causa economica, bensì quella culturale; ciò ha portato sovente alla scomparsa della figura e della corresponsabilità paterna, al disimpegno della società che ha accettato una linea di indifferenza che di fatto conduce alla solitudine esistenziale delle madri che decidono di abortire.

La donna non è libera quando abortisce, ma abortisce perché non è libera; diventa libera se le si dà la possibilità concreta di non abortire; ciò non deve essere un obbligo, ma soltanto un’offerta, un atto di solidarietà che, invero, è stato sempre ben accetto da parte di tante donne. Armando Savignano

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/102-etica-salute-famiglia-dicembre-2017

 

Piacenza. Specialisti al servizio di giovani e famiglie

Psicologi, avvocati e insegnanti di metodi naturali al servizio di giovani e famiglie: si trovano all’Istituto “La Casa di Piacenza”, sorto nel 1970 per volontà di mons. Enrico Manfredini e ad opera di un gruppo di famiglie, e da sempre attento a offrire risposte puntuali ai bisogni del territorio.

L’Istituto, con sede a Piacenza in via Vittorio Veneto 3/A, offre il suo servizio in modo gratuito e basandosi sul volontariato. Presidente è Flavio Caldini, consulente ecclesiastico don Franco Capelli e direttore del Consultorio dell’Istituto è Roberta Terribile.

Il consultorio offre consulenza su problematiche familiari, educative, di coppia (anche in rapporto all’utilizzo dei metodi naturali), di relazione e legali.

Oggi – spiega il direttore Roberta Terribile, che è anche uno dei due consulenti legali attivi nella struttura – vi operano nove specialisti, tutti volontari, di cui una consulente psicologa e familiare, un consulente morale e familiare, quattro psicologi, due legali e un’insegnante di metodi naturali”.

La presa in carico passa attraverso l’ascolto, il dialogo, il sostegno e una relazione d’aiuto volti alla presa di coscienza della situazione e alla maturazione di scelte autonome e responsabili.

Tutti i consulenti lavorano in équipe – spiega il Direttore -, per cui c’è sempre un confronto sui casi e a volte l’intervento si sviluppa su più fronti. Quando poi non c’è specialità nelle nostre competenze, non assumiamo il caso, ma abbiamo comunque professionisti esterni di riferimento che collaborano con noi”.

Per contattare l’Istituto sono attivi i numeri telefonici 347.7073628 e 0523.385017; informazioni si trovano anche sul sito www.lacasapc.it). Alla telefonata fa seguito un primo colloquio con uno dei consulenti per valutare la situazione, dopodiché in équipe si assegna il caso secondo la sua specificità.

L’Istituto – associato all’Ucipem (Unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali), una delle confederazioni che raggruppano i consultori d’ispirazione cristiana – opera grazie al contributo della diocesi di Piacenza-Bobbio, alle quote associative dei soci e alle libere offerte dei privati, tra cui gli utenti, che ricevono consulenza gratuita ma possono liberamente contribuire per il servizio ricevuto

Il nuovo giornale 10 gennaio 2017

www.ilnuovogiornale.it/index.php/argomenti/in-primo-piano/1097-specialisti-al-servizio-di-giovani-e-famiglie

 

Portogruaro. Apasso di coppia.

Percorso per coppie in cammino. 4 incontri a febbraio e marzo 2017.

Con questo percorso intendiamo offrire un’opportunità di formazione e confronto sulla dimensione psicologica e relazionale della coppia e un’occasione per scoprirne la ricchezza e la profondità, nella gioia e nella consapevolezza di costruire insieme la propria vita di coppia e di famiglia.

Il Consultorio Familiare Fondaco di Portogruaro vanta un’esperienza trentennale nell’organizzazione e nella preparazione di percorsi prematrimoniali.

Attraverso la consulenza psicologica si prende cura di famiglie, coppie e singoli che chiedono di essere aiutati a superare le difficoltà e le situazioni conflittuali nelle quali si trovano.

Offre da tempo brevi percorsi di formazione per piccoli gruppi.

Obiettivi del percorso. Sollecitare le coppie a riflettere e ad approfondire gli aspetti significativi della loro relazione. Aiutare i partner ad essere più consapevoli del loro modo di comunicare e acquisire modalità e strategie più efficaci. Offrire occasioni di confronto con altre coppie.

Destinatari. Coppie di fidanzati, sposi e conviventi che siano interessate ad approfondire aspetti psicologici e relazionali della vita di coppia e di famiglia.

Conducono gli incontri: drGiuliano Bidoli, drFrancesca Barrano, dr Valentina Marcato

  1. Parlami … Ho tante cose da dirti! La comunicazione all’interno della coppia

  2. Noi nel conflitto …vicini e lontani. Leggere, gestire, superare il conflitto.

  3. La culla che cambia la vita. Come affrontare i cambiamenti all’arrivo di un figlio

  4. Aggiungi un posto a tavola. La relazione con le famiglie d’origine e la “sana distanza” da trovare

www.consultoriofamiliarefondaco.it/?p=1240

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DALLA NAVATA

II Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 15 gennaio 2017

Isaia 49, 06. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra.

Salmo 40, 07. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.

1 Corinzi 01, 03 Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

Giovanni 01, 34. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio.

 

Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).

Riconoscere e rendere testimonianza a Gesù

Il vangelo di questa domenica ci presenta la rivelazione che Giovanni il Battista riceve da Dio e fedelmente trasmette a quanti vanno da lui per ascoltarlo. Gesù è un discepolo di Giovanni, lo segue (opíso mou: Gv 1,27), stando al vangelo secondo Luca è un cugino nato poco dopo di lui (cf. Lc 1,36). Anche Giovanni è un dono che solo Dio poteva dare (cf. Lc 1,18-20), eppure non conosce l’identità più misteriosa e profonda di Gesù, come confessa: “Io non lo conoscevo”, in parallelo alle parole che aveva rivolto alle folle: “In mezzo a voi sta uno che non conoscete” (Gv 1,26). Solo una rivelazione da parte di Dio può fargli conoscere chi è veramente Gesù, al di là del suo essere “un veniente dietro a me” (Gv 1,26), come il Battista lo definisce.

Prima di essere un profeta, uno che parla a nome Dio, Giovanni è un ascoltatore della sua parola, esercitato a discernere l’azione di Dio, e per questo ha visto lo Spirito santo scendere dal cielo e posarsi su Gesù, come colomba per rimanere su di lui. Sì, perché l’ascolto rende possibile la “visione”, l’esperienza dello Spirito santo che alza il velo, rivela e fa conoscere per grazia l’inconoscibile. Dalla non conoscenza alla conoscenza: questa è stata la dinamica della fede di Giovanni, che sempre si è posto domande su Gesù fino a porle a Gesù stesso (cf. Mt 11,2-3; Lc 7,18-20), e sempre ha ascoltato, facendo obbedienza e rendendo testimonianza alla luce venuta nel mondo (cf. Gv 1,6-9). Due volte confessa: “Io non lo conoscevo”, eppure sa riconoscerlo. Anche la chiesa dovrebbe sempre ricordare e saper vivere questo atteggiamento di Giovanni, perché ancora oggi Gesù Cristo è presente nell’umanità che non lo conosce: come un rabdomante riconosce la presenza dell’acqua, così la chiesa deve riconoscere la presenza di Cristo nell’umanità, nelle culture, nella storia. Si tratta sempre di ascoltare la voce del Signore, di “vedere” l’umanità nel suo oggi, di discernere il Cristo sempre presente nell’umanità plasmata secondo la sua immagine di Figlio di Dio (cf. Col 1,15-17).

Quando Giovanni “vede” Gesù venire verso di lui, confessa ad alta voce: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”. L’“ecco” iniziale indica frequentemente una rivelazione (cf. Is 7,14; 42,1, ecc.). Gesù appare innanzitutto come un agnello, titolo presente solo nella letteratura giovannea (quarto vangelo e Apocalisse), ma non come un agnello guerriero che assume la difesa del gregge trionfando sui nemici, secondo l’immaginario diffuso nell’apocalittica giudaica di quel tempo, bensì come un mite agnello che porta e toglie il peccato del mondo. Le due parole “agnello” e “peccato” non sono molto presenti nel nostro linguaggio, anche se le cantiamo in ogni liturgia eucaristica. Sono parole ricche di significato, che vanno conosciute. L’agnello è segno della mitezza, della non aggressività, dell’essere vittima piuttosto che carnefice. Agli ebrei ricordava l’agnello pasquale, segno della liberazione, e l’agnello immolato ogni giorno al tempio, per ottenere l’assoluzione e il perdono del peccato del popolo. Poteva anche ricordare il Servo del Signore descritto da Isaia e Geremia come animale innocente, perseguitato e ucciso (cf. Is 53,7; Ger 11,19). Nella letteratura giovannea “agnello di Dio” è un titolo relativo a Gesù, che nell’innocenza di chi non ha peccato, nella mitezza di chi non ha mai commesso violenza, prende su di sé e quindi toglie da noi il peso del nostro cattivo operare, l’ingiustizia di cui tutti siamo responsabili. Questa la liberazione radicale che ci ha portato Gesù, l’Agnello della Pasqua unica e definitiva, l’Agnello che ci riconcilia con Dio per sempre.

Giovanni gli rende dunque testimonianza perché questa è la sua missione. Perciò proclama la propria esperienza: “Ho contemplato lo Spirito discendere e rimanere su di lui”. Questa esperienza corrisponde a una parola ricevuta in anticipo da Dio: “L’uomo sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito santo”. Egli aveva solo immerso nell’acqua per preparare la venuta del Signore: anche il Signore immergerà, ma nel fuoco dello Spirito santo (cf. Mc 1,8 e par.). E la testimonianza risuona con forza: “Sì, io visto e ho rendo testimonianza che questi è il Figlio di Dio, l’Eletto di Dio”. Questa la vera conoscenza di Gesù da parte di Giovanni, conoscenza non acquisita una volta per tutte ma sempre da rinnovare, come ricordano gli altri vangeli (cf. Mt 11,2-6; Lc 7,18-23).

E ciò vale anche per noi: non dobbiamo mai pensare di avere una conoscenza, un’immagine di Gesù nostra definitivamente acquisita, ma dobbiamo sempre rinnovarla con l’assiduità al Vangelo. Altrimenti, se prevalgono le nostre proiezioni su di lui, anche Gesù può essere per noi un idolo. Non basta affermare: “Ciò che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Gesù”, occorre che sia il Gesù che è Vangelo e il Vangelo che è Gesù! Il rischio è confessare un Gesù nostro idolo, manufatto da noi. Solo la confessione che non conosciamo pienamente Gesù ci spinge a conoscerlo invocando la sua rivelazione da parte di Dio.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11140-riconoscere-e-rendere-testimonianza-a-gesu

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ETICA

L’etica nell’attività sanitaria, la risposta cristiana in tempo di crisi“.

Sabato 21 gennaio 2017, presso l’Auditorium Varrone, alle ore 9, si terrà l’incontro formativo “L’etica nell’attività sanitaria, la risposta cristiana in tempo di crisi“.

Interverranno il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili,mons. Andrea Manto, sacerdote e medico, direttore della pastorale della salute della diocesi di Roma, il prof. Dario Sacchini docente di bioetica presso la facoltà di medicina dell’università cattolica del Sacro Cuore di Roma, il dr. Paolo di Benedetto, presidente dell’associazione medici cattolici di Rieti, il dr. Tommaso Cosentini, vice presidente dell’associazione medici cattolici di Rieti.

L’incontro è organizzato dall’Ufficio della Pastorale della Salute della Diocesi di Rieti e dall’A.M.C.I. (Associazione Medici Cattolici Italiani) di Rieti.

Mons. Andrea Manto tratta: La cura integrale della persona e la presa in carico della fragilità nell’organizzazione dei servizi sanitari.

{Si tratterà anche del colloquio e della sua attestazione nei consultori pubblici e da parte dei medici dei consultori di Organizzazioni private, istituzioni sociali a fini pubblici? ndr}

http://salute.chiesadirieti.it/wd-appuntamenti/incontro-formativo-letica-nellattivita-sanitaria

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Convegno: Diamo credito alle famiglie.

Il Forum organizza un Convegno sul tema “Diamo credito alle famiglie. Insieme per far crescere il Paese” per sabato 21 gennaio 2017 a Roma.

Questo convegno è nato dall’idea di mettere le associazioni familiari e le istituzioni bancarie attorno a un tavolo, per comprendere se è possibile riscrivere un nuovo patto tra famiglie e banche, al fine di dare al nostro Paese un futuro di sviluppo non solo sociale ma anche economico.

Le famiglie per realizzare la propria vocazione effettuano investimenti come tutte le imprese, svolgendo così una funzione economica e produttiva al servizio della comunità e del bene comune. Tuttavia il sistema bancario sembra ignorare questo aspetto.

Attraverso il coinvolgimento del Forum e delle proprie associazioni occorre pensare a progetti nuovi e concreti che aiutino le famiglie a rendere più agevole ed effettivo lo svolgimento delle proprie funzioni, compresa quella economica

Si affronta questo tema pensando a nuovi e concreti progetti che possano aiutare le famiglie, invitando quindi ad essere presenti, se vi è possibile, e di condividerlo sui vostri siti e sui vostri account social.

http://www.forumfamiglie.org/eventi.php?&evento=11779

 

Lombardia. Parte l’esame della legge che introduce il fattore famiglia.

Cresce la Rete dei Comuni amici della famiglia ispirata dal Forum delle associazioni familiari.

«Il Forum delle associazioni familiari della Lombardia apprende con soddisfazione che il Consiglio regionale ha calendarizzato l’esame della proposta di legge sul FattoreFamiglia lombardo» spiega Nino Sutera, presidente del Forum regionale della Lombardia.

«Perché la legge non si limiti ad essere una semplice dichiarazione d’intenti è necessario che sia ben definito cos’è il FattoreFamiglia tenendo conto delle esperienze dei comuni che già lo applicano con il coinvolgimento delle associazioni familiari. Dovrà inoltre essere prevista una sorta di premialità ai comuni che lo applicheranno. Altrimenti il rischio è di approvare un bel principio che senza una indicazione di contenuto e senza alcuna obbligatorietà o convenienza non sarà applicato o non avrà alcun effetto concreto.

«Partendo da questi presupposti, il Forum delle associazioni familiari della Lombardia è disponibile al confronto costruttivo con la Regione Lombardia».

«Siamo contenti che il FattoreFamiglia stia crescendo e che le reti dei Comuni amici della famiglia, nate proprio con questo obiettivo, prendano sempre più piede affiancandosi alle importanti dichiarazioni fatte a livello nazionale dal ministro Costa» aggiunge il presidente nazionale del Forum, Gigi De Palo.

«Dopo Trentino, Veneto, Campania e Sicilia è la volta della Lombardia che parte addirittura mandando in discussione una legge regionale che apre le porte al FattoreFamiglia. È una conferma che l’introduzione di un fisco a misura di famiglia piace alla gente ma comincia a piacere anche alla politica»

Comunicato Stampa 12 Gennaio 2017 www.forumfamiglie.org/comunicati.php

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GENDER

Divario di genere: nel mercato del lavoro resta profondo

L’Italia continua a non brillare nelle classifiche sulla parità di genere. Il tasso di attività femminile è basso rispetto alla media europea. E gli stipendi annuali delle lavoratrici sono nettamente inferiori a quelli degli uomini. L’importanza delle politiche di conciliazione lavoro-famiglia.

I numeri in Europa e in Italia. La buona notizia è che l’Europa occidentale è la regione al mondo più vicina alla parità di genere, superando anche il Nord America, con un gap complessivo da colmare di “solo” il 25%, secondo il Global Gender Gap Report, pubblicato ogni anno dal World Economic Forum. La cattiva notizia è che il primato è – come al solito – trainato dai paesi scandinavi, con l’Italia in fondo alla classifica del gruppo europeo, seguita solo da Austria, Cipro, Grecia e Malta.

Nella classifica complessiva l’Italia si colloca al cinquantesimo posto su 144 paesi, perdendo ben nove posizioni rispetto allo scorso anno. Se il miglioramento degli anni precedenti si doveva alla partecipazione politica, e in particolare al numero di donne in posizioni ministeriali nel governo Renzi, il (lieve) peggioramento del 2016 è riconducibile alla “partecipazione e opportunità economiche”, in cui da sempre l’Italia si distingue come maglia nera. In realtà anche in termini di partecipazione politica il divario da chiudere è ancora molto ampio, persino maggiore (solo il 33% del gap in termini di empowerment politico è chiuso), ma la situazione italiana è migliore rispetto alla media dei paesi.

In termini economici, l’Italia ha colmato il 57% del gap, rispetto a una media complessiva del 59%, e si colloca al 117° posto. Non bisogna dimenticare che la diseguaglianza economica si riflette anche su tutti gli altri aspetti della vita quotidiana: influenza il “potere contrattuale” delle donne, all’interno della famiglia e all’interno della società.

Politiche per il lavoro delle donne. Nella Strategia per l’eguaglianza tra uomini e donne 2010-2015 anche la Commissione europea sottolinea l’importanza di migliorare la partecipazione economica delle donne, evidenziando come le disparità di genere nel mercato del lavoro debbano essere progressivamente eliminate per ridurre il rischio di esclusione sociale e di povertà delle donne e per ottenere una crescita inclusiva. Su questa scia, Eurofund ha recentemente pubblicato un rapporto sul divario di genere nel mercato del lavoro, che evidenzia sfide e possibili soluzioni e valuta l’efficacia di misure introdotte in alcuni paesi (Eurofund, 2016).

In Italia, il tasso di attività femminile è del 54,1% (uomini: 74,1%), molto basso rispetto alla media europea del 66,8%. In più, meno delle metà delle donne è occupata, solo il 47,2 % (Eurostat, 2016a).

Il gender pay gap “grezzo”, invece, è inferiore al resto d’Europa: 6,1% rispetto al 16,7% (Eurostat, 2016b), sebbene sia cresciuto durante gli anni 2008-2013. Tuttavia, il dato maschera molti aspetti: innanzi tutto, il divario di genere nelle retribuzioni è così basso in Italia proprio a causa della scarsissima percentuale di donne che lavora. Se si tenesse conto anche di quelle che non lavorano, si stima che il differenziale salariale potrebbe essere quasi del 25% (Claudia Olivetti e Barbara Petrongolo, 2008). In secondo luogo, il differenziale è calcolato utilizzando il salario orario.

Quando si considera la retribuzione mensile o annuale, il gap raggiunge circa il 50-70%. Secondo l’ultimo Global Gender Gap Report, il reddito da lavoro annuale delle donne è pari al 52% di quello degli uomini, e la stessa percentuale si ha quando si considera la retribuzione per lavori simili (51%). Le donne, infatti, sono più spesso impiegate in lavori part-time (32,4% rispetto all’8 degli uomini – Eurostat, 2016c), tendono a lavorare in occupazioni con orari più brevi e sono meno propense a fare gli straordinari. Non si tratta sempre di una scelta completamente libera, ma spesso è determinata dal fatto che la gestione dei figli e il lavoro domestico ricadono quasi esclusivamente sulle loro spalle: le donne spendono oltre 300 minuti al giorno per lavoro non pagato, mentre gli uomini circa 100 minuti (Ocse, 2016).

In quest’ottica, è fondamentale che le istituzioni promuovano politiche per fare in modo che il congedo parentale venga utilizzato anche da parte dei padri: è stato dimostrato che ciò ha effetti benefici di lunga durata anche sulla divisione dei carichi di lavoro domestico (Ankita Patnaik, 2016). Inoltre, per ridurre il divario di genere nel mercato del lavoro, sono essenziali politiche atte a stimolare la partecipazione femminile (sia l’offerta sia la domanda di lavoro), a facilitare la conciliazione famiglia-lavoro e a incrementare i servizi per l’infanzia: non è un caso che l’occupazione femminile sia più alta nei paesi europei e nelle regioni italiane con maggiori servizi alla famiglia (si veda anche Chiara Pronzato e Giuseppe Sorrenti, 2015).

L’importanza di tali politiche per la società nel suo insieme è evidente: solo in termini economici, Eurofund stima che in Italia il costo totale del divario tra uomini e donne nel mercato del lavoro sia di oltre 88 miliardi di euro, il più alto a livello europeo, circa il 5,7% del Pil. Anche considerando solo le donne “disponibili a lavorare”, il costo è di oltre 51 miliardi di euro (3,3% del Pil).

Daniela Piazzalunga La Voce inf 20 dicembre 2016 3 tabelle

www.lavoce.info/archives/44389/divario-di-genere-nel-mercato-del-lavoro-resta-profondo

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MINORI

Migranti: aumentano i minori presenti nel nostro Paese

15 gennaio, Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, dedicata quest’anno ai migranti minorenni. L’Italia non è la terra promessa, ma è la terra che per molti minori migranti rappresenta la speranza di una migliore esistenza. Nel 2016, circa 25.800 minorenni non accompagnati o separati hanno raggiunto il nostro Paese via mare, più del doppio rispetto ai 12.360 del 2015. Bambini e ragazzi, come si legge in un comunicato diffuso dall’Unicef, rappresentano un allarmante 91% di tutti i 28.200 minorenni che hanno raggiunto l’Italia nel 2016 come rifugiati o migranti.

L’Italia tuttavia, non è sempre la meta ultima di questi minori, ma spesso solo il paese di transito per coloro che intendono proseguire verso altri Paesi europei. Sono relativamente pochi infatti i minori che intraprendono il percorso della protezione internazionale nel nostro paese, mentre sono più numerosi coloro che cercano di abbandonare le strutture di accoglienza italiane che li ospitano. A fine novembre scorso a fronte di una presenza nel sistema di accoglienza di 17mila minori soli, le richieste di protezione internazionale presentate risultano poco rilevanti (poco più di 4.168 tra gennaio e ottobre 2016) mentre è più significativo il numero di coloro che si allontanano volontariamente dalle strutture di accoglienza che li ospitano: sono oltre 6.500 i minori che risultavano irreperibili al 30 novembre scorso nelle strutture di accoglienza censite dal ministero del Lavoro. Si tratta per lo più di giovani egiziani, eritrei, somali, afghani che vogliono soggiornare in Italia svincolati dall’accoglienza istituzionale o raggiungere parenti e amici nei paesi del nord Europa.

“Questi dati indicano una preoccupante crescita del numero di bambini estremamente vulnerabili che rischiano le loro vite per arrivare in Europa””, ha dichiarato Lucio Melandri, UNICEF Senior Emergency Manager. “I sistemi attuali non sono sufficienti per proteggere questi bambini che si ritrovano da soli in un ambiente assolutamente sconosciuto. Sono bambini in fuga ed è necessaria una risposta coordinata a livello europeo per tenerli al sicuro”.

La maggior parte di questi minorenni non accompagnati o separati che sono arrivati lo scorso anno provengono da 4 paesi: Eritrea, Egitto, Gambia e Nigeria. Mentre la maggior parte di loro erano maschi tra i 15 e i 17 anni, tra i nuovi arrivi ci sono minorenni più piccoli e ragazze; queste ultime in particolare sono a esposte a rischio di sfruttamento sessuale e abuso, compresa la prostituzione ad opera di reti criminali. Diverse ragazze intervistate dagli operatori dell’Unicef, all’inizio di quest’anno a Palermo, hanno dichiarato di essere state costrette a prostituirsi in Libia per pagare il costo del viaggio per attraversare il Mediterraneo. Inoltre, molti ragazzi che arrivano in Libia sono costretti a svolgere lavori manuali. La rotta del Mediterraneo Centrale dal Nord Africa all’Italia è unica per la proporzione incredibilmente alta di minorenni non accompagnati o separati tra i rifugiati e i migranti, mentre solo il 17% dei bambini rifugiati e migranti arrivati in Grecia via mare nel 2016 risultavano non accompagnati o da un familiare adulto o da qualcuno che se ne prendeva cura.

La presenza di un numero così alto di bambini non accompagnati o separati lungo la rotta del Mediterraneo Centrale non ha precedenti” ha continuato Melandri. C’è dunque “un serio problema e che continuerà a crescere. Oltre ad affrontare i fattori che costringono i bambini ad intraprendere viaggi da soli, abbandonando le loro case, è necessario sviluppare un sistema organico di protezione e monitoraggio per proteggerli”.

L’Unicef continua a ricordare che attraverso 6 specifiche azioni è possibile proteggere e aiutare i bambini migranti, rifugiati e sfollati:

  1. Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolare quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza;

  2. Porre fine alla detenzione di minorenni richiedenti asilo o migranti introducendo misure alternative;

  3. Tenere insieme le famiglie come miglior modo possibile per proteggere i bambini e dare loro uno status legale:

  4. Continuare a garantire a tutti i bambini rifugiati e migranti istruzione e dare loro accesso a servizi sanitari e ad altri servizi di qualità;

  5. Promuovere azioni concrete per intervenire sulle cause che provocano movimenti di massa di rifugiati e migranti;

  6. Promuovere azioni per combattere xenofobia, discriminazione e marginalizzazione.

Nell’elaborazione dell’Ismu su dati del ministero dell’Interno e dell’Unhcr e pubblicati in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato dedicata quest’anno ai migranti minorenni, i minori non accompagnati hanno rappresentato nel 2016 il 14,2% di tutti gli arrivi via mare (181mila tra uomini, donne e minori), mentre costituivano l’8% nel 2015 e il 7,7% nel 2014. Al contrario sono diminuiti i minori arrivati in Italia con i genitori: 13mila nel 2014 (molte le famiglie siriane), mentre nel 2016 sono stati 2.400.

I dati mensili degli sbarchi mostrano un andamento crescente con un picco nel mese di ottobre 2016 quando, con una media giornaliera di 126 arrivi, sono sbarcati sulle nostre coste 3.771 minori soli su un totale di oltre 27mila arrivi complessivi, mentre in termini relativi l’incidenza massima si è avuta ad aprile, allorché i giovani migranti non accompagnati hanno costituito un quinto di tutti gli arrivi nel mese (adulti e minori).

Nel 2016 si è registrata una migrazione prevalentemente individuale di giovani quasi-adulti originari soprattutto dal continente africano. Sul fronte dell’accoglienza, i dati relativi ai minori soli segnalati alle autorità e che risultano presenti e censiti nelle strutture di accoglienza italiana, rilevati dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, evidenziano anch’essi un aumento nel triennio 2014-2016: se al 31 dicembre del 2015 erano presenti 12mila minori non accompagnati (il 13% in più rispetto all’anno precedente), a fine novembre 2016 si contavano oltre 17mila giovani ospitati presso famiglie e strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale, di cui il 40% nella sola Sicilia, principale regione di sbarco. Il 93% dei minori non accompagnati presenti nelle strutture di accoglienza è costituito da giovani maschi, e più della metà ha 17 anni. Al 30 novembre scorso le nazionalità prevalenti tra i presenti erano Egitto (2.800 minori), Gambia e Albania.

Chi cerca asilo non ha commesso nessun reato, chi attraversa una frontiera per cercare asilo – anche se non ha un passaporto – non ha commesso un reato per nessuna legge né internazionale né nazionale”. Lo ripete Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr in un’intervista ad Aki-Adnkronos International in cui denuncia come invece arrivino all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati “notizie di respingimenti, anche molto violenti, in Europa”. Notizie secondo cui “sul territorio europeo alle persone sono stati confiscati telefoni cellulari, che sono vitali per loro” e in alcuni casi – riporta Carlotta Sami – persino “i vestiti, lasciando le persone senza indumenti a molti gradi sotto zero”. Da Ginevra l’Unhcr ha lanciato un appello per l’apertura delle vie legali, di “passaggi sicuri per l’accoglienza di persone che hanno bisogno di protezione” in modo da “fornire un’alternativa possibile agli spostamenti irregolari” in un periodo in cui i migranti sono a rischio anche per le temperature molto rigide.

Il dramma dei migranti, soprattutto dei bambini, preoccupa tantissimo il Papa che interviene nuovamente con un tweet per chiedere di attivarsi per aiutarli. “I bambini costretti alla fuga, specialmente se sono soli, sono i più indifesi e vulnerabili. Preghiamo per loro e aiutiamoli”, scrive.

Anche ieri il Pontefice, via social, aveva rivolto un pressante appello per la situazione dei bambini: “I migranti minorenni, specialmente soli, sono particolarmente indifesi. Diamo loro tutti una mano”.

La deputata Pd Sandra Zampa, vicepresidente della commissione Infanzia ha annunciato che “L’Italia sarà il primo paese in Europa a dotarsi di una legge organica e lungimirante sui minori stranieri non accompagnati. Un punto di arrivo importante che potrà fare da apripista e da stimolo per tutto il resto dell’Europa affinché, come oggi sollecita anche l’Unicef, ci si doti finalmente di una normativa europea, per dare una risposta coordinata a livello europeo e proteggere questi bambini che si ritrovano da soli in ambienti assolutamente sconosciuti. La legge sui minori stranieri è stata già approvata alla Camera e ora sta al Senato”.

A Salerno il ministro dell’Interno, Marco Minniti (che il 19 gennaio parteciperà alla conferenza delle Regioni) ha sottolineato la necessità della “severità con chi non rispetta la legge. E’ un punto che ci consente di essere più forti con le politiche di integrazione” e “chi è nel nostro Paese in condizioni di irregolarità e di non rispetto della legge deve essere rimpatriato nei Paesi di provenienza”.

Secondo il Presidente della Toscana Enrico Rossi (intervenendo ad ‘Agora” su Raitre) “Ci vuole una politica seria. C’è una questione fondamentale: abbiamo 435 mila immigrati irregolari che si sono creati a causa della Bossi-Fini, del reato di clandestinità. Bisognerà trovare il modo gradualmente di regolarizzarli attraverso la formazione e anche mediante forme di addestramento del lavoro. Nel nostro Paese bisogna sapere, se vogliamo affrontare il tema, che ci sono 435 mila irregolari che secondo le leggi dovrebbero essere rimpatriati”. Sul tema, proprio nei giorni scorsi il presidente della Giunta regionale aveva smentito alcune ricostruzioni giornalistiche, escludendo che il suo pensiero fosse quello di una regolarizzazione di tutti i migranti presenti in Italia sprovvisti del titolo di soggiorno. “Chi si può rimpatriare lo si rimpatri- prosegue-. Poi, quest’anno si sono aggiunti altri 50-60 mila richiedenti asilo ‘diniegati’. Se stessi in una casa, in un albergo mi preoccuperei di non sapere chi mi sta accanto, di rendere visibili chi vive insieme a noi”. Pertanto, sostiene Rossi, “il Parlamento, il governo devono discutere questo tema e devono fare questa legge che renda questi invisibili, visibili. Poi, occorre costruire dei corridoi umanitari e far venire chi chiede asilo selezionando a monte chi ha diritto”.

Quanto invece al dibattito interno relativo al possibile business sull’accoglienza migranti, Legacoop non ci sta alle facili generalizzazioni: “le polemiche dal punto di vista politico danno l’impressione che noi gestiamo l’accoglienza per il 100%.

L’accoglienza viene gestita da meno del 20% dalle cooperative. E’ un dato che la dice lunga sulla pretestuosità di alcune posizioni politiche che individuano nella cooperazione lo strumento che ci guadagna nella gestione di un fenomeno che non dipende da noi”. Lo afferma il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti rispondendo ai giornalisti a margine di un’iniziativa sulla formazione. Noi gestiamo il 17% dell’accoglienza- ribadisce- e ci teniamo a sottolineare che oltre all’accoglienza noi portiamo avanti in modo molto importante anche l’integrazione. Abbiamo intere cooperative nelle quali l’ospitalità si trasforma in integrazione per centinaia di migranti. In tutta l’area di servizi e del sociale abbiamo questa politica che non si ferma all’accoglienza. E sono queste le risposte concrete che offriamo”. Sullo sfondo resta la questione più scottante, quella di Mafia Capitale all’origine di molti attacchi alle coop, che ha coinvolto però, precisa Lusetti, “non solo cooperative, ma anche imprenditori e imprese private. Per quanto ci riguarda- evidenzia- noi i compiti a casa li abbiamo fatti tanto che abbiamo ottenuto da parte del tribunale l’ammissione come parte lesa nel procedimento penale. E in questi mesi avremo in riassegnazione la ’29 giugno’, perché si è completato insieme a noi un percorso di risanamento complessivo di quella cooperativa”.

Chi si è macchiato di reati, pertanto, specifica ancora Lusetti, “è stato espulso e la cooperativa nel suo complesso è stata avviata a una rigenerazione”. L’altra scelta essenziale di Legacoop è stata quella di non gestire più i grandi centri, ma di concentrarsi sulle piccole-medie strutture messe a disposizione dal programma Sprar “che sono amministrabili secondo logiche anche di rispetto della persona e di qualità dei servizi”.

Infine è da registrare che per i minori stranieri non accompagnati sono in arrivo progetti per 3,5 milioni di euro, stanziati da otto fondazioni bancarie. Grazie al bando nazionale “Never alone”, sono state selezionati otto enti del terzo settore, che avvieranno progetti in 12 regioni con l’obiettivo di accompagnare questi minori nella loro crescita verso l’età adulta. Sono previste soluzioni innovative per la loro accoglienza, integrazione e formazione. Le fondazioni che hanno dato vita al bando “Never alone” sono: Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione con il Sud, Enel Cuore, CRT-Cassa di Risparmio di Torino, Cassa di Risparmio di Cuneo, Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Monte dei Paschi di Siena.

Il bando “Never Alone” si inserisce in un’iniziativa congiunta di quattordici fondazioni europee nata per promuovere progetti con lo stesso obiettivo in Italia, Grecia, Germania e Belgio. Nel nostro Paese hanno vinto il bando il Centro Italiano Aiuti all’Infanzia Onlus di Milano (riceverà un contributo di 550mila euro), il Cesvi di Bergamo (560 mila euro), Cidis di Perugia (560 mila euro), Cooperazione Internazionale Sud Sud di Palermo (260 mila euro), Dedalus Cooperativa sociale di Napoli (420 mila euro), Fondazione Museke di Brescia (380 mila euro), Istituto Don Calabria di Verona (340 mila euro) e Save the Children di Roma (430 mila euro).

Stefano Mirabelli Regioni.it 13 gennaio 2017

www.regioni.it/newsletter/n-3079/del-13-01-2017/migranti-aumentano-i-minori-presenti-nel-nostro-paese-

Accoglienza minori stranieri non accompagnati: i 5 Sì e i 2 No di monsignor Galantino

Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, in vista della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, propone 5 sì e 2 no, più un no condizionato alla riapertura dei CIE, che la Chiesa afferma non in astratto ma come esito del guardare i volti e le storie dei migranti. Al cuore della giornata i 25.772 minori soli arrivati in Italia nel 2016, il numero più alto di sempre. Per loro, monsignor Galantino avverte: “Serve una famiglia, non un orfanotrofio”. Di seguito riportiamo integralmente l’articolo pubblicato da “Vita” giovedì 12 gennaio 2017.

www.vita.it/it/article/2017/01/11/ai-minori-non-accompagnati-serve-una-famiglia-non-un-orfanotrofio/142091

Pensare ai volti e alle storie personali e al loro futuro, per arrivare a dire dei sì e dei no chiari. È questo l’assunto da cui parte monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, per presentare la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Parte così dai 181.000 migranti sbarcati sulle nostre coste e dall’oltre un milione di minori migranti, dei quali 25.772 non accompagnati, arrivati tra noi nel 2016. Sì e no da dire «senza la superficialità gridata da chi parla tanto di migranti ma forse non ha mai parlato con i migranti e senza il cinismo di chi forse non ha mai incrociato lo sguardo smarrito e implorante di una famiglia migrante fatta di uomini, donne e tanti bambini». Sono quindi cinque “sì” e due “no”, più un “no condizionato” quelli pronunziati in questa Giornata del migrante e del rifugiato dalla Chiesa italiana, che ha annunciato anche l’imminente firma di un protocollo di intesa col Ministero competente per aprire un “corridoio umanitario” con l’Etiopia per i profughi provenienti da Eritrea e Somalia, utilizzando fondi provenienti dall’8×1000.

  1. Il primo sì è ad approvare la legge che allarga la cittadinanza ai minori che hanno concluso il primo ciclo scolastico: una legge ferma da molto tempo, lungamente attesa e sollecitata, che potrebbe allargare la partecipazione e favorire processi di inclusione e integrazione.

  2. Il secondo sì è a una legge che ridisegni l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, un’altra legge ferma, che preveda più tutele per essi «non destinandoli a nuovi orfanatrofi, ma a case famiglia, a famiglie affidatarie, accompagnate da una formazione attenta a minori preadolescenti e adolescenti». Monsignor Galantino ha citato qui le oltre 500 storie di accoglienza famigliare nate nelle parrocchie italiane tramite i progetti “Una famiglia per una famiglia”, “Rifugiato a casa mia’, o il ‘Rifugio diffuso’ che coinvolge un centinaio di famiglie in diverse città fra cui Torino, Parma, Milano e le storie arrivate ormai alle cronache di famiglie disponibili ad accogliere migranti in casa propria, che però non hanno trovato interlocutori per concretizzare la loro disponibilità. Ma il pensiero va anche, ad esempio, alle 1.782 famiglie che all’interno del progetto Bambini in alto mare di AiBi avevano dato raccolto la disponibilità ad accogliere un minore straniero non accompagnato già nell’autunno 2015: sono una decina soltanto gli affidamenti familiari concretizzatisi, perché è più semplice inviare i ragazzini in comunità.

  3. Il terzo sì è per l’identificazione dei migranti in arrivo, per un’accoglienza attenta alla diversità delle persone e delle storie.

  4. Il quarto sì è a un’accoglienza diffusa, cioè in tutti i comuni italiani, dei “migranti forzati”, di quanti cioè sono in fuga da situazioni drammatiche. «Si tratta di creare un servizio nuovo, in collaborazione con le realtà associative, della cooperazione sociale ed ecclesiali presenti sul territorio», ha detto Galantino, con parole anche per queste realtà: «A chi giova demonizzare con lo stigma della delinquenza e del puro interesse tutte le realtà impegnate nel campo dell’accoglienza? A che serve appiccicare su tanti giovani, uomini e donne che compiono con professionalità questo lavoro la stessa etichetta di alcune famigerate esperienze, per fortuna scoperte e condannate? Si tratta di scrivere una nuova pagina del nostro welfare sociale, guardando anche a tutto quello che di positivo si sta facendo».

  5. L’ultimo sì è a un titolo di soggiorno per protezione umanitaria o protezione sociale per i giovani che da oltre un anno sono nei CAS e nei centri di prima accoglienza e hanno iniziato un percorso di scolarizzazione o si sono resi disponibili a lavori socialmente utili o addirittura già hanno un contratto di lavoro, ma anche a quanti hanno fatto un’esperienza di servizio civile, a chi ha una disabilità, a chi è in fuga da un disastro ambientale o dal terrorismo.

I no, invece.

  1. No a forme di chiusura di ogni via legale di ingresso nel nostro Paese, «che sta generando un popolo di irregolari, che alimenta lo sfruttamento, il lavoro nero, la violenza. È contradditorio chiudere strade per l’ingresso legale e poi approvare leggi per combattere lo sfruttamento lavorativo e il caporalato», ha detto Galantino.

  2. No anche a investire più nella vendita delle armi che in cooperazione allo sviluppo, in accordi internazionali per percorsi di rientro, in corridoi umanitari: «è un’ipocrisia di cui dobbiamo liberarci». Il no condizionato è invece per la recente riapertura dei CIE: è un no secco se questi dovessero continuare ad essere di fatto luoghi di trattenimento e di reclusione che, anche se con piccoli numeri di persone, ma monsignor Galantino ha fatto un’apertura di credito alle assicurazioni fatte dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Interno «sulla diversa natura, anche se non ancora precisata, dei CIE».

I minori non accompagnati sono al centro del Messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra il prossimo 15 gennaio: «mi sta a cuore richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari». Per il Papa «occorre puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature». Bisogna adottare ogni possibile misura per garantire ai minori migranti protezione e difesa, che significa innanzitutto fermare quanti si approfittano dei bambini, poiché – afferma il Papa con la consueta lucidità – «la spinta più potente allo sfruttamento e all’abuso dei bambini viene dalla domanda». In secondo luogo, bisogna lavorare per l’integrazione dei bambini e dei ragazzi migranti: «molto spesso la scarsità di risorse finanziarie diventa impedimento all’adozione di adeguate politiche di accoglienza, di assistenza e di inclusione. Di conseguenza, invece di favorire l’inserimento sociale dei minori migranti, o programmi di rimpatrio sicuro e assistito, si cerca solo di impedire il loro ingresso». In terzo luogo, le soluzioni durature: «poiché si tratta di un fenomeno complesso, la questione dei migranti minorenni va affrontata alla radice. Guerre, violazioni dei diritti umani, corruzione, povertà, squilibri e disastri ambientali fanno parte delle cause del problema».

News Ai. Bi. 13 gennaio 2017

www.aibi.it/ita/accoglienza-minori-stranieri-non-accompagnati-i-5-si-e-i-2-no-di-monsignor-galantino

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NULLITÀ DEL MATRIMONIO

Nullità del matrimonio canonico dopo la riforma: il processo più breve

Con la lettera apostolica in forma di Motu Proprio, Mitis Iudex Dominus Iesus, il Sommo Pontefice Francesco, ha modificato il processo canonico per le cause di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico.

Papa Francesco ha indicato alcuni criteri che hanno ispirato la riforma:

  1. Giudice unico sotto la responsabilità del vescovo;

  2. Lo stesso vescovo è giudice: traduzione pratica dell’insegnamento del Concilio Vaticano II. Si auspica altresì che il Vescovo non lasci completamente delegata agli uffici della curia la potestà giudiziaria in materia matrimoniale. E ciò valga, auspica ancora il papa nel processo più breve che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidente;

  3. Il processo più breve: oltre a rendere più agile il processo matrimoniale, si è disegnata una forma di processo più breve – in aggiunta a quello documentale come attualmente vigente –, da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti.

Il processo matrimoniale più breve davanti al vescovo. Tra i canoni riformati, quelli dal 1683 al 1687 riguardano il processo più breve, alternativo al processo ordinario, da attivarsi solo in determinati casi.

La riforma ha così stabilito: Can. 1683. Allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta:

  1. La domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro;

  2. Ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità.

Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità. Per la corretta e accurata applicazione dei canoni riformati, il Sommo Pontefice, ha allegato alcune norme procedurali (III Assemblea Generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi).

Per quanto concerne il processo più breve di nullità matrimoniale è così stabilito: Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1683-1687, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc.

Tavolo coordinato dalla segreteria della CEI. Papa Francesco ha istituito “un tavolo di lavoro – coordinato dal Segretario Generale della CEI – per la definizione delle principali questioni interpretative e applicative di comune interesse”, relative alla riforma del processo matrimoniale introdotta dal Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus.

Spese di giudizio. Quanto alle spese di giudizio ed onorari da corrispondere all’avvocato, al contrario dei luoghi comuni, è tutto stabilito dalla Conferenza episcopale italiana: contributo spese processuali 525 euro parte attrice, 262,50 euro parte convenuta costituita in giudizio con avvocato; mentre l’onorario da 1575 euro a 2992 euro più oneri fiscali.

Avv. Edoardo Di Mauro Newsletter – studiocataldi.it 9 gennaio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/24640-nullita-del-matrimonio-canonico-dopo-la-riforma-il-processo-piu-breve.asp

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ONLUS – NONPROFIT

Autorizzazione al trattamento dei dati sensibili da parte di associazioni e fondazioni

Autorizzazione n. 3, 15 dicembre2016 (G. U. n. 303, 29 dicembre 2016)

Il Garante per la Privacy ha rinnovato le autorizzazioni al trattamento dei dati sensibili e giudiziari che saranno efficaci dal 1° gennaio 2017 fino al 24 maggio 2018. I provvedimenti riguardano diversi ambiti tra cui: i rapporti di lavoro, la salute, la ricerca scientifica, i liberi professionisti, le attività creditizie, il settore turistico. In particolare vi segnaliamo l’autorizzazione che riguarda le associazioni e le fondazioni.

www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=dajnDnfhB6GWL+iiaMQzDQ__.ntc-as5-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2016-12-29&atto.codiceRedazionale=16A08985&elenco30giorni=false

Newsletter 11 gennaio 2017 www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7117

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PASTORALE FAMILIARE

Vicariato propone corso di formazione alla luce dell’Amoris lætitia.

Prende il via oggi, al Pontificio Seminario Romano Maggiore, “Fare pastorale familiare”, un itinerario di formazione per operatori di pastorale familiare, fondato sui contenuti dell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris lætitia. Otto gli incontri a cadenza quindicinale, più due giornate di ritiro fino al 21 maggio. “Con questa iniziativa – spiega mons. Andrea Manto, incaricato del Centro diocesano per la pastorale familiare – si intende creare una equipe di famiglie che possa affiancare i vescovi di settore, trovare coppie che, assieme ai parroci e ai movimenti, sappiano far nascere e portare avanti la pastorale familiare per prefettura. Perché la fede si rafforza donandola e condividendola”. La diocesi di Roma sta facendo un grosso sforzo di rilancio della pastorale familiare per creare sinergie tra tante realtà che già esistono e che sono operative nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti e che hanno a cuore la famiglia. Anche per rileggere la ricchezza che c’è, le esperienze che ci sono, nella luce nuova della “Amoris lætitia” e sostenere sempre di più un cammino che renda la famiglia stessa soggetto di pastorale familiare, quindi protagonista di un lavoro di pastorale familiare. Direi che il percorso che i due Sinodi e l’Esortazione di Papa Francesco ci indicano è quello di partire dalle famiglie così come sono e far diventare proprio il loro quotidiano una spinta, una forza da mettere in gioco, perché la bellezza, il vissuto della famiglia possa diventare contagioso, nel senso: capace di attrarre, di stimolare, di creare sempre più comunità guardando a una Chiesa come famiglia di famiglie.

D. – Il cardinale vicario, nello spiegare l’applicazione di “Amoris lætitia”, ha sottolineato in passato che la via del Papa ai divorziati risposati è un invito al discernimento. Allora, che cosa fare, come fare per seguire le persone segnate da quello che è stato definito “l’amore ferito e smarrito” rimanendo “fedeli alla dottrina della Chiesa”?

R. – La relazione conclusiva del cardinale vicario è stata ampia, su questo tema, ci ha indicato tante vie. Il primo concetto importante è lavorare per rinforzare la famiglia, lavorare – come anche “Amoris lætitia” chiede – sulle persone, sulle famiglie o anche sulle coppie che magari già convivono, ma desiderano accostarsi al Sacramento e vivere con maggiore consapevolezza una scelta di vita, la vocazione al matrimonio. Poi, c’è il tema delicato delle persone che hanno una precedente unione fallita, che hanno poi intrapreso una nuova unione con altre persone. Su questo, anche, il cardinale ha voluto essere chiaro dicendo che in primo luogo l’“Amoris lætitia” sgombra il campo da atteggiamenti di chiusura. Le situazioni delle persone, in qualunque stato della loro vita matrimoniale si trovino, riguardano comunque cristiani che vanno accolti, accompagnati e poi anche – dopo opportuno discernimento – integrati sempre più nella vita della Chiesa. Rispetto a questo, ci stiamo attrezzando per valorizzare esperienze che sono già in atto. C’è la necessità di un ripensamento che integri e che aiuti a entrare nella fatica e anche nell’impegno di seguire caso per caso le situazioni e di arrivare anche a integrare il rapporto tra la coscienza e la norma, cercando di evitare però sia quello che il cardinale dice essere un atteggiamento anche un po’ superficiale di un certo lassismo, così come quello di una chiusura e di un rigorismo che non consentirebbero di sviluppare una efficace azione pastorale che tenga conto – sono parole del cardinale – dell’accompagnamento, del primato della persona sulla legge.

D. – Quindi, quale dev’essere la caratteristica principale del percorso di accompagnamento previsto nei confronti di persone che per varie ragioni non arrivano alla nullità matrimoniale?

R. – Il cardinale ha accennato alla possibilità di una proposta di vita cristiana che possa anche far rivedere lo spirito e l’atteggiamento che si tiene in queste nuove unioni, dicendo che una cosa è il matrimonio che è naufragato nonostante tentativi di tenerlo insieme, oppure quando un membro della coppia abbia subito violenza psicologica, fisica o semplicemente una ingiusta e irrimediabile chiusura da parte dell’altro componente, che si è fatto carico di questo abbandono e, pian piano, con fatica, ha ricostruito una unione stabile, duratura e solida. Questo è diverso dal cambiare con superficialità, passando da un’unione all’altra, disinvoltamente. Questo lavoro di discernimento è un lavoro che richiede anche formazione morale e spirituale sempre più approfondita nei sacerdoti; richiede anche un tempo e un cammino per non banalizzare il tema del matrimonio. Oggi, sempre più, si vede il tema di giovani che decidono di non sposarsi o di convivere o di persone che dopo il naufragio, il fallimento di un matrimonio vivono una sorta di situazione non definita. Credo che il nostro tempo richieda la capacità di fare arrivare a tutti il messaggio e la misericordia ma anche l’esigenza di una maturazione nell’amore e nella capacità del donare se stessi con autenticità, con fedeltà e con vera passione, che vuol dire insieme gioia ma anche capacità di sacrificio, orientati a costruire qualcosa che sia un elemento solido della propria vita. In fondo è qui che si gioca il destino eterno e, se mi permette, anche il destino della società: nella capacità di avere riferimenti stabili e uno stile di comunione e di condivisione che parta dal nucleo familiare come suo motore.

Notiziario Radio vaticana -9 gennaio 2017http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

 

Vicariato, corso di pastorale familiare ispirato dall’Amoris lætitia.

Promosso dal Centro diocesano per la pastorale familiare, parte oggi fino a maggio con otto incontri a cadenza quindicinale e un ritiro di due giorni

Prende il via oggi, presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore “Fare pastorale familiare”, un itinerario di formazione per operatori pastorali fondato sui contenuti dell’Esortazione apostolica postsinodale Amoris lætitia. Promosso dal Centro diocesano per la pastorale familiare del Vicariato di Roma, il corso proseguirà con altri otto incontri a cadenza quindicinale più due giornate di ritiro fino al 21 maggio 2017. La particolarità di questo progetto, spiega il cardinale vicario Agostino Vallini nella presentazione, sta nel fatto che “è stato pensato in forma di laboratorio con i partecipanti che interagiscono con l’aiuto di una guida partendo dal loro vissuto familiare”. Citando un passaggio dell’Amoris lætitia, il porporato ricorda che “Papa Francesco chiama pastori e laici a sviluppare nuove vie pastorali per rinnovare e dare slancio alla pastorale della famiglia. In quest’ottica – sottolinea – desideriamo far convergere i percorsi pastorali che in questi anni sono stati proposti armonizzandoli in una visione più ampia che guardi alle famiglie, particolarmente a quelle in cui i genitori hanno 30-50 anni, cercando di promuoverle come soggetti di pastorale e non solo come destinatari di servizi ecclesiali”.

Da qui l’esigenza di “operatori pastorali specificamente dedicati alla famiglia – afferma – che non siano impegnati soltanto nella preparazione al matrimonio, ma ad accompagnare le famiglie, come auspicato dal Convegno diocesano nei laboratori delle prefetture del giugno scorso. È opportuno perciò – conclude Vallini – che in ogni comunità siano identificate nuove coppie di sposi di quella fascia di età e vengano aiutate a formarsi per diventare i primi punti di riferimento di una rete di pastorale familiare nella nostra diocesi”.

Gli fa eco monsignor Andrea Manto, incaricato del Centro diocesano per la pastorale familiare, che nel tracciare gli obiettivi dell’iniziativa spiega: “Vogliamo creare una équipe di famiglie che possa affiancare i vescovi di settore, trovare coppie che, insieme ai parroci e ai movimenti, sappiano far nascere e portare avanti la pastorale familiare per prefettura. Perché la fede si rafforza donandola e condividendola”. Alle coppie partecipanti, aggiunge il sacerdote, “sarà chiesto di interagire tra loro partendo dalla propria esperienza di matrimonio, rileggendola alla luce dell’Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia e rendendosi punti di riferimento per altre coppie”.

L’incontro di oggi, lunedì 9 gennaio, inizia con un “Quadro storico–culturale del nostro tempo con particolare riferimento alle coppie–famiglie”, tenuto da Elisa Manna, responsabile del Centro studi della Caritas di Roma, e dallo stesso monsignor Manto. A guidare i successivi incontri saranno sempre personalità diverse, a seconda del tema affrontato: dallo psichiatra Tonino Cantelmi al teologo Robert Cheaib, dalla biblista Rosanna Virgili alla scrittrice e antropologa Marta Brancatisano.

Alcune coppie porteranno la propria testimonianza ai partecipanti, come Claudio e Laura Gentili, che sulla pastorale familiare hanno scritto diversi libri, e Silvestro e Antonella Paluzzi, direttori della Scuola di formazione, ricerca e counselling psicologico “Outdoor Setting”. Non mancherà il contributo di sacerdoti come il vescovo Angelo De Donatis, il gesuita padre Jean Paul Hernandez, o don Josè Maria La Porte, docente all’Università della Santa Croce.

Nessuno, però, vestirà i panni del professore – precisa monsignor Andrea Manto – ciascuno sarà una sorta di guida che lascerà spazio di espressione alle famiglie proponendo la visione di spezzoni di film o giochi di ruolo e favorendo lo scambio e il dialogo tra le coppie”. Il corso si concluderà con un ritiro per “ricapitolare nella preghiera e nella meditazione i temi affrontati e vivere insieme uno spazio di amicizia e fraternità”.

Redazione Zenit 9 gennaio 2017

https://it.zenit.org/articles/vicariato-corso-di-pastorale-familiare-ispirato-dallamoris-laetitia

 

Non procediamo con una lettura affrettata. I vescovi della Campania su Amoris lætitia

Carissimi confratelli nel sacerdozio,

nel nostro incontro a Salerno (10-11 ottobre 2017) abbiamo riflettuto sulla recezione sull’esortazione apostolica Amoris lætitia nelle nostre comunità. Ringraziamo papa Francesco per questo dono fatto alla Chiesa: il documento offre una grande opportunità. Anche noi Vescovi siamo coinvolti in un cammino di discernimento e ci interroghiamo sulla ricaduta del documento nel vostro ministero.

Il documento non dà “ricette” ma apre percorsi da intraprendere e possibilità da scrutare. Esso richiede una conversione della nostra pastorale, che consiste nel dare maggiore centralità alla persona concreta e nell’investire tempo e competenze per il suo ascolto e accompagnamento. Sappiamo che già la pastorale ordinaria assorbe molto del vostro tempo e delle vostre energie. Ora, anche a causa di una inadeguata interpretazione del documento, siete ancora più pressati da tanti fedeli che vivono situazioni di relazioni ferite, i quali si rivolgono a voi per avere risposte immediate (come, ad es., per l’accesso ai sacramenti, l’idoneità di padrino ecc…).

Nell’attesa di indicazioni più organiche da parte nostra, vogliamo rivolgervi subito una parola di orientamento e di sostegno. Voi, infatti, siete “il prossimo più prossimo del vescovo e il comandamento di amare il prossimo come se stesso comincia per noi vescovi precisamente con i nostri preti” (papa Francesco).

In primo luogo, vi invitiamo a non procedere a una lettura affrettata e parziale del documento, ma ad approfondirlo, preferibilmente insieme con gruppi di famiglie, con spirito sinodale.

Inoltre, è necessario un percorso serio d’accompagnamento delle persone, senza sconti né scorciatoie. Siamo consapevoli che dobbiamo apprendere tutti la difficile “arte dell’accompagnamento e del discernimento”, per la quale dobbiamo riconoscere che c’è una carenza di formazione.

Infine, “siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (n. 37). Vogliamo anche richiamare alcuni possibili rischi, quali, ad esempio, quello di procedere in ordine sparso o in modo frammentario, con l’inevitabile conseguenza di mettere in atto pratiche difformi che inducano a separare i sacerdoti, dividendoli in cosiddetti “lassisti” e “rigoristi”, creando disorientamento tra i fedeli.

In questi giorni ci siamo posti alcuni interrogativi che vogliamo condividere con voi. Dobbiamo chiederci come è impostata la pastorale familiare nelle nostre diocesi: c’è una preparazione remota al matrimonio? Come è strutturata la preparazione prossima al matrimonio? Ci si limita a interventi di esperti o, invece, è un vero cammino catecumenale al sacramento? Come mettere in atto nelle nostre diocesi l’accompagnamento di coloro la cui relazione matrimoniale si è infranta? Come impostare l’itinerario di discernimento che orienta i fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio e alla comunità? E noi, vescovi e presbiteri, siamo preparati per il discernimento in questione? E le persone che vivono le situazioni di fragilità sono disponibili a fare un cammino di discernimento oppure vogliono tutto e subito? Infine, come discernere quali forme di esclusione attualmente praticate (ad esempio, l’incarico di padrino, di catechista, di lettore ecc.) possano essere superate? E, in generale, come riannunciare la bellezza del Vangelo della famiglia?

Come vescovi, ci impegniamo a continuare la riflessione e a offrire in tempi congrui alcune linee comuni, evitando che esse diventino una sorta di “prontuario” ma siano orientamenti di un cammino concreto. Siamo, infatti, consapevoli che è certamente opportuno indicare dei criteri ma ogni pastore non può evitare la fatica del discernimento.

Cari presbiteri, facciamo nostro l’invito che papa Francesco rivolge alle famiglie a conclusione dell’esortazione: “Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (n. 325). 16 ottobre 2016.

Blog del Regno 13 gennaio 2017

www.lindicedelsinodo.it/2017/01/non-procediamo-con-una-lettura.html

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RIVISTA MATRIMONIO

In ascolto delle relazioni d’amore

Editoriale anno XLI – n. 4 – dicembre 2016

Se si sogna da soli è soltanto un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia. Proverbio africano

C’è nella chiesa cattolica una componente conservatrice e tradizionalista che non accetta le aperture di papa Francesco e, in particolare, critica quelli che considera i “cedimenti” della Relatio finalis del Sinodo e dell’Esortazione apostolica Amoris lætitia. Si rimprovera al Vescovo di Roma di venire a patti col “mondo” e alcuni arrivano ad adombrare l’“eresia”.

Abbiamo scelto il proverbio africano su citato per dire a papa Francesco che non è “solo” a “sognare”, che con lui “sognano” tanti fratelli nella fede, e tra questi la redazione di Matrimonio, convinta che una “realtà nuova” sia cominciata e spetta a tutti noi sostenerne il cammino.

Non è più il tempo dell’applicazione rigida delle norme, ma è piuttosto quello del discernimento misericordioso.

La lettera apostolica Misericordia et misera, su cui ci soffermeremo nel prossimo numero, è – di fatto – la risposta indiretta del papa.

Paolo e Luisa Benciolini si soffermano sul tema dei “metodi naturali” per la procreazione responsabile, evidenziando l’approccio che Amoris lætitia propone: “La lettura attenta dell’Esortazione post-sinodale Amoris lætitia ci propone oggi un diverso modo di considerare il problema, un approccio del quale siamo grati a papa Francesco … Egli ha ritenuto di connotare il proprio intervento richiamando il valore della ‘misericordia’ e il ‘primato della coscienza’, presupposti fondamentali per consentire anche nella relazione coniugale e familiare quel ‘discernimento personale e pastorale’ … che costituisce la chiave di lettura dell’intera Esortazione”.

Andrea Grillo ripercorre la storia del matrimonio nella Chiesa, annotando come essa sia ancora poco studiata, sicché “Corriamo il rischio di proiettare le nostre idee di chiesa otto-novecentesche su tutta la profondità storica della chiesa. Molte cose per 1800 anni – ossia fino ai prodromi del Codice di Diritto Canonico – erano rimaste più semplici e più articolate. In questa storia Amoris lætitia introduce novità: ridefinisce il rapporto tra teologia e pastorale famigliare”.

Abbiamo ritenuto di proporre in forma di Quaderno la riflessione di padre Radcliffe su “Affettività ed Eucaristia”. L’Autore esordisce mettendo in luce come: “Affettività implica non solo la capacità di amare, ma anche il nostro modo di amare in quanto dotati di sessualità, dotati di emozioni, corpo e passioni. Nel cristianesimo parliamo molto di amore, ma dobbiamo amare come siamo, con la nostra sessualità, i desideri, le forti emozioni, la necessità di toccare e stare vicini all’altro. È strano che non ci venga bene parlare di questo.”

D. Carlo Molari, ripercorrendo molti passaggi di papa Francesco in Amoris lætitia e in altre occasioni, ci propone di riflettere sulla “Coppia umana immagine di Dio” e afferma: “E’ proprio questo il mistero del matrimonio: è l’amore di Dio che si rispecchia nel matrimonio, nella coppia che decide di vivere insieme … In questa luce il matrimonio è autentico e sublime sacramento di Dio”.

Bepi Stocchiero ritorna sulle parole che si pronunciano quando ci si sposa in chiesa: “Io accolgo te come mia/o sposa/o. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita” e scrive: “Forse solo ora, carico di esperienze di vita, ne sento tutta la bellezza e la forza. C’è la ‘promessa’ e c’è la ‘promessa di fedeltà’”. Partendo però dall’assunto espresso nel titolo della sua riflessione: “Fedeltà e indissolubilità, due valori che non coincidono”, conclude: “Normalmente la fedeltà dei coniugi produce nel tempo l’indissolubilità, ma l’indissolubilità non coincide con la fedeltà …”

Furio Bouquet Rivista del matrimonio dicembre 2016

http://www.rivista-matrimonio.org/index.php/editoriali/81-ed-2016/186-ed-2016-4.html

www.rivista-matrimonio.org/index.php/editoriali.html

www.rivista-matrimonio.org

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SINODO DEI VESCOVI

La Chiesa e i giovani: presentato il Documento preparatorio al Sinodo

In Sala Stampa Vaticana, la presentazione questa mattina, del documento preparatorio del prossimo Sinodo dei Vescovi che si propone di individuare le modalità migliori per accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata alla vita in pienezza e per annunciare loro più efficacemente il Vangelo. Il Documento dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio: è indirizzato alle Conferenze episcopali, ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, ai dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali. È prevista inoltre una consultazione dei giovani stessi attraverso un sito Internet.

Il card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi apre l’incontro con i giornalisti presentando la struttura del documento che ha lo scopo, dice, di raccogliere informazioni sull’attuale condizione socio culturale dei giovani dei giovani, tra i 16 e i 29 anni, nei variegati contesti in cui vivono per poterla comprendere in vista dei successivi passi preparatori all’Assemblea dei vescovi. Tre le parti in cui il testo si divide: la prima è appunto l’ascolto della realtà, la seconda richiama all’importanza del discernimento, la terza si concentra sull’azione pastorale della comunità ecclesiale. La Chiesa desidera accompagnare i giovani alla scoperta e alla realizzazione della loro vocazione.

Il cardinale Baldisseri: “Va chiarito che il termine ‘vocazione’ deve essere inteso in senso ampio e riguarda tutta la vasta gamma di possibilità di realizzazione concreta della propria vita nella gioia dell’amore e nella pienezza derivante dal dono di sé a Dio e agli altri. Si tratta di trovare la forma concreta in cui questa realizzazione piena può avvenire “attraverso una serie di scelte, che articolano stato di vita, matrimonio, ministero ordinato, vita consacrata, ecc., professione, modalità di impegno sociale e politico, stile di vita, gestione del tempo e dei soldi, ecc.”.

Completa il documento preparatorio un questionario che prevede la raccolta di dati statistici su ciascuna chiesa locale, la risposta a diverse domande per leggere meglio ogni situazione e infine la condivisione delle buone pratiche pastorali già in atto perché possano essere d’aiuto a tutta la Chiesa. Ma anche i giovani saranno pienamente coinvolti in questa fase preparatoria attraverso un sito Internet predisposto per raccogliere le loro aspettative e la loro vita.

E’, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi a parlarne spiegando il motivo di questa scelta: mons. Fabio Fabene: “Il prossimo Sinodo non vuole solo interrogarsi su come accompagnare i giovani nel discernimento della loro scelta di vita alla luce del Vangelo, ma vuole anche mettersi in ascolto dei desideri, dei progetti, dei sogni che hanno i giovani per la loro vita, come anche delle difficoltà che incontrano per realizzare il loro progetto a servizio della società, nella quale chiedono di essere protagonisti attivi”.

Ma per coinvolgere i giovani saranno messe in campo numerose altre iniziative, veglie di preghiera, incontri internazionali, concerti. Le risposte al questionario del Documento preparatorio e quelle dei giovani costituiranno la base per la redazione del Documento di lavoro o Instrumentum laboris, che sarà il punto di riferimento per la discussione dei Padri sinodali.

Alla Conferenza stampa anche la voce di due giovani della parrocchia romana San Tommaso Moro. Da loro la gratitudine al Papa per la scelta del tema del prossimo Sinodo. Federica Ceci: “Innanzitutto, vogliamo ringraziare di cuore Papa Francesco che, accogliendo le proposte dei vescovi di tutto il mondo, ha deciso di convocare la prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo sul tema dei giovani e, in particolare, della loro fede e del loro discernimento vocazionale. Abbiamo già avvertito con forza l’attenzione dei vescovi alle nostre famiglie in occasione dei due precedenti Sinodi, e adesso a maggior ragione gioiamo perché i nostri Pastori intendono parlare direttamente a noi giovani, rendendoci interlocutori privilegiati di una Chiesa in uscita e in dialogo con le nuove generazioni”.

Elvis Do Ceu si dice convinto che i vescovi si metteranno in ascolto dei giovani, anche di quelli più lontani: “Siamo sicuri che sapranno “perdere tempo” con noi giovani, non solo per parlare, ma anche per ascoltare ciò che abbiamo da dire, con l’obiettivo di costruire insieme una Chiesa più “giovane e fresca” aperta al confronto e all’incontro”.

Adriana Masotti Notiziario Radio vaticana -13 gennaio 2017 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

Lettera del Papa www.lindicedelsinodo.it/2017/01/sinodo-2018-francesco-scrive-ai-giovani.html

Presentazione www.lindicedelsinodo.it/2017/01/presentazione-del-documento.html#more

Testo www.lindicedelsinodo.it/2017/01/linstrumentum-laboris-del-sinodo-sui.html#more

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UNIVERSITÀ DEI GENITORI. GENOVA

Essere madri essere padri. Crescere figlie, crescere figli.

Il ciclo di incontri dal titolo “Università dei Genitori” rappresenta una risorsa a disposizione del mondo adulto che si trova a ricoprire responsabilità educative. Gli incontri, pensati in primo luogo per i genitori, sono aperti e si rivolgono anche alle altre figure educative (insegnanti, educatori, allenatori sportivi, ecc.) a partire dalla convinzione che sia necessario e urgente un lavoro di squadra e una sempre maggiore coesione educativa tra le figure adulte impegnate nel difficile mestiere dell’educare.

“Università dei Genitori” è un progetto di LaborPace Caritas Genova Inserito nel programma “Mondo in Pace: la Fiera dell’educazione alla pace” www.caritasgenova.it/laborpace.html

Genova, Palazzo Ducale Sala del Maggior Consiglio gennaio – marzo 2017 – ore 16.

  • 22 gennaio 2017. Materno e paterno per una crescita sufficientemente buona. Daniele Novara

  • 05 febbraio 2017. Di madre in figlia: la trasmissione della femminilità oggi. Costanza Costa

  • 19 febbraio 2017. Di padre in figlio: La forza del padre nel rapporto padre figlio. Nicolò Terminio

  • 19 marzo 2017. “Emozioni femminili, emozioni maschili: una risorsa per crescere Silvia Vegetti Finzi

www.mondoinpace.it/UniversitaDeiGenitori.asp

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