UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
newsUCIPEM n. 625 – 27 novembre 2016
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ABORTO Peccato di aborto. Le parole del papa e quelle dei giornali.
Voce del verbo scomunicare. Che fa rima con amare
ADOZIONE OMOSESSUALE Tribunale dei Minori nega l’adozione ad una coppia omosessuale.
Adozioni: due sentenze in controtendenza.
ADOZIONE INTERNAZIONALE Nessuna prescrizione sulle caratteristiche del minore da adottare.
AFFIDAMENTO DEI FIGLI L’affidamento esclusivo dei figli: quando e perché.
Col padre il figlio che ha un rapporto troppo “stretto” con la madre.
Chi non consegna i figli in tempo all’ex, paga per ogni ritardo.
AFFIDO CONDIVISO Col padre il figlio che ha un rapporto troppo stretto con la madre.
Chi non consegna i figli in tempo all’ex, paga per ogni ritardo.
AFFIDO MISNA Posso accogliere un minore straniero a casa?
AIAF Negoziazione assistita e divorzio breve si confermano norme di civiltà
Condannata a 30.000 € x continua denigrazione del padre dei figli
Dal conflitto al rispetto: verso una cultura della mediazione.
AMORIS LÆTITIA Il papa tace, ma i cardinali suoi amici parlano. E accusano
ANONIMATO Se la madre è deceduta.
ASSEGNI FAMILIARI A chi spettano in caso di separazione e divorzio
ASSISTENZA Ignorare la moglie … può essere reato.
CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 24/2016, 23 novembre 2016.
CHIESA CATTOLICA Amoris lætitia, modello di sinodalità.
CONSULTORI FAMILIARI I dati di criticità accolti nei consultori toscani.
CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. In rete alcune pubblicazioni.
Pescara. Formazione per Consulenti familiari.
Trento Percorsi di Formazione per la Coppia.
DALLA NAVATA 1° Domenica tempo dell’Avvento-anno C–27 novembre 2016
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
DIACONATO Vaticano, al via i lavori della Commissione sul diaconato femminile
Tutte le donne sulla strada di Gesù.
DIVORZIO La famiglia di fatto, anche se cessata, esclude l’assegno.
FRANCESCO VESCOVO DI ROMA La scelta del Papa. Aborto e perdono: sei punti per capire.
Tutti i preti potranno continuare ad assolvere l’aborto.
Aborto, Fisichella: cambierà il diritto canonico.
GESTAZIONE PER ALTRI Minore nato a seguito di maternità surrogata all’estero.
INFERTILITÀ 3 milioni di coppie sterili: PMA sì, adozione internazionale no.
OBIEZIONE DI COSCIENZA Il diritto di obiezione.
ONLUS – NON PROFIT ISTAT per la rilevazione campionaria sulle istituzioni non profit.
Referendum. Cambiare è necessario, il non profit spinge per il Sì.
PARLAMENTO Senato 1°C. Aff. Costit. Protezione dei minori stranieri non accompagnati.
PASTORALE FAMILIARE Le vere parole del Papa. Aborto e scomunica, basta con gli equivoci.
La “Misericordia et misera”? Un richiamo a fidarsi della grazia
UCIPEM Nel sito web sono pubblicate 8 relazioni del Congresso di Oristano.
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ABORTO
Peccato di aborto. Le parole del papa e quelle dei giornali.
«Assolvete medici e donne che abortiscono». Titola così, nella sua home page, il quotidiano Repubblica. Con tanto di virgolette. Il soggetto sottinteso è il papa, e l’uso dell’imperativo dà alla frase un tono pressante. Solo che il papa quella frase non l’ha mai pronunciata, né tanto meno scritta.
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20161120_misericordia-et-misera.html
Il titolo vuole riassumere il contenuto della lettera apostolica Misericordia et misera, nella quale Francesco, al termine del giubileo della misericordia, stabilisce che d’ora in poi a «tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero», sarà concessa «la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato d’aborto». Si noti: la facoltà di assolvere, non l’obbligo, e certamente non l’imperativo, come invece si deduce dal titolo di cui sopra.
Ha spiegato monsignor Rino Fisichella in conferenza stampa: «Come si sa, questo peccato era riservato ai vescovi, che di volta in volta, a seconda delle circostanze, concedevano ai sacerdoti delle loro rispettive diocesi la facoltà di assolvere». Adesso invece, «in forza del loro ministero, cioè per il fatto stesso di essere ministri della riconciliazione, il peccato di aborto potrà essere perdonato da ogni sacerdote, senza più alcuna delega particolare».
Si noti: potrà essere perdonato.
Vado a cercare il punto del documento. È il numero 12. Ed ecco le parole del papa: «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre».
Si noti: quando Dio trova un cuore pentito che voglia riconciliarsi con il Padre.
Poi il papa aggiunge: «Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione».
Si noti: il papa parla di penitenti.
Lascio al lettore il confronto tra i concetti espressi da Francesco e il titolo di Repubblica.
Ma vediamo altri titoli delle edizioni on line di alcuni giornali, con i miei umili commenti tra parentesi.
Il Messaggero: «Aborto, svolta di papa Francesco: i preti possono assolvere donne e medici che si pentono» (che si pentono e vanno a confessarsi, bisognerebbe aggiungere).
Gazzetta del Sud: «Svolta di Papa Francesco sull’aborto: sì al perdono» (perché prima c’era forse un «no al perdono»?).
Il Tempo: «Il Papa: chi ha procurato peccato di aborto sarà assolto» (sarà assolto sempre e comunque?).
Il Secolo d’Italia: «Papa Francesco concede per sempre l’assoluzione dal peccato di aborto» (che significa «concede per sempre»? E le condizioni?).
Quotidiano.net: «Aborto, papa Francesco: è un peccato ma va perdonato» (ma sì, colpo di spugna!).
Consumatrici.it: «Papa Francesco: aborto, peccato da assolvere» (ridomando: da assolvere sempre e comunque?).
Mi fermo qua. Ecco come, nella vulgata massmediatica, vengono spesso tradotte le parole del papa. Lo so, lo so: tradurre è sempre un po’ tradire, ma qui il tradimento è bello grosso! So anche, e parlo per esperienza diretta, che fare i titoli non è mica facile, perché bisogna condensare in pochissime parole un pensiero anche complesso, però nessuno dovrebbe sentirsi libero di stravolgere completamente la verità. So anche che le edizioni on line dei giornali producono titoli e notizie con grande velocità, ma il tentativo dovrebbe essere quello di mettere insieme velocità e verità, non di sacrificare la verità alla velocità. O no?
Le decisioni di Francesco possono piacere o non piacere. In ogni caso, prima di tutto, andrebbero riportate correttamente, non stravolte.
Qualcuno, parafrasando proprio Francesco, potrebbe chiedermi: chi sei tu per giudicare? Nessuno, ovviamente. Però sono un po’ stanco di questa cosiddetta società dell’informazione che è più che altro una società della disinformazione e quindi della mistificazione, e non mi va più tanto di vivere in questo villaggio globale nel quale di globale c’è soprattutto la confusione, voluta e alimentata da precisi interessi di parte.
Fra i titoli più onesti che ho trovato c’è quello del Fatto quotidiano: «Papa Francesco: concedo ai sacerdoti la facoltà di assolvere quanti hanno peccato di aborto». La dimostrazione che si può essere sintetici e corretti.
Bene anche Tgcom.24: «Giubileo, il Papa nella sua Lettera: “Concedo a tutti i sacerdoti di perdonare il peccato dell’aborto”», con una precisazione immediata nel sottotitolo: «Interrompere la gravidanza resta una colpa grave perché pone fine a una vita innocente, tuttavia non esiste peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere».
Idem per l’Huffington Post: «Papa Francesco dopo il Giubileo: “Tutti i preti potranno assolvere il peccato di aborto”».
Il Post sceglie un’altra strada, più neutra, ma scivola sulla sintassi perché scrive «Cosa ha deciso il Papa sull’aborto» (si dice «che cosa ha deciso», non «cosa ha deciso») e poi, nel sottotitolo, un’ambiguità: «Nella lettera che chiude il Giubileo ha stabilito che tutti i sacerdoti potranno assolvere chi si è pentito, e non solo alcuni vescovi». Col che uno può pensare che i vescovi siano quelli da assolvere, non quelli che possono assolvere.
Sento già l’obiezione: senti un po’, maestrino, ma tu non sbagli mai? Certo che sbaglio, eccome. Ma proprio perché so quanto sono fallibile cerco, non sempre riuscendoci, di mantenere in funzione il neurone che mi resta. E intanto medito su una frase di un certo signor Joseph Pulitzer (sì, quello del famoso premio giornalistico): «Una stampa cinica e mercenaria, prima o poi, creerà un pubblico ignobile».
Aldo Maria Valli blog – 21novembre 2016
www.aldomariavalli.it/2016/11/21/peccato-di-aborto-le-parole-del-papa-e-quelle-dei-giornali
Voce del verbo scomunicare. Che fa rima con amare.
Dopo la decisione di concedere a tutti i sacerdoti la possibilità di perdonare il peccato di aborto, contenuta nella lettera apostolica «Misericordia et misera» di Francesco, è tornata d’attualità una parola che sa d’antico: scomunica. Nel diritto canonico, infatti, la Chiesa prevede proprio la scomunica per chi si rende responsabile di un peccato così grave.
Viene dunque da chiedersi: perché in certi casi la Chiesa prevede la scomunica? E che cos’è precisamente la scomunica? La pena della scomunica, come dice la parola stessa, equivale a una sorta di esilio: la persona è messa fuori dalla comunità, è esclusa dalla comunione con tutti gli altri fedeli e non può né ricevere né impartire i sacramenti. È come se la madre Chiesa dicesse al figlio che ha sbagliato: a causa di ciò che hai fatto, sei fuori. Anzi, meglio ancora: ti sei messo fuori da solo, resta lì per un po’ e medita su ciò che hai fatto.
Ma come fa la Chiesa da un lato a predicare la misericordia e dall’altro a «mettere fuori»? Non c’è una contraddizione? Qui c’è un equivoco di fondo che va chiarito bene. La scomunica (si pensi proprio all’immagine dell’alunno che viene messo fuori dall’aula dopo che ne ha combinata una grossa) non è una rinuncia alla misericordia, ma una sua forma di esercizio. A volte, come sanno i genitori, il massimo della misericordia consiste proprio nel far capire al figlio la gravità di ciò che ha commesso. Altrimenti si cade nel relativismo e nell’indifferentismo morale, che è il male più grande, perché elimina dall’orizzonte umano la possibilità di valutare la qualità morale di un atto, e così facendo mortifica la libertà e conduce l’uomo a essere schiavo di se stesso.
Circa l’aborto, il Catechismo della Chiesa cattolica (n. 2272) lo spiega chiaramente: dopo aver ribadito che «la cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave», dice infatti che attraverso la scomunica latae sententiae (cioè che scatta «per il fatto stesso di aver commesso il delitto») la Chiesa non vuole «restringere il campo della misericordia». L’obiettivo è invece quello di mettere «in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società».
La Chiesa, che è madre, quando prevede una pena non lo fa per il gusto di punire, ma perché il figlio ritrovi la strada della conversione e della comunione. La scomunica ha un fine pedagogico: si tratta di rendere le persone pienamente consapevoli della gravità del peccato, così che, attraverso un percorso di penitenza, la ferita sia rimarginata.
Per la mentalità attuale, imbevuta di relativismo e al tempo stesso di sentimentalismo superficiale, è quasi impossibile capire che l’amore materno può, e a volte deve, esprimersi così. Noi oggi preferiamo parlare di dialogo, comprensione, accompagnamento, inclusione, e la sola idea di «mettere fuori» ci fa orrore. Fatichiamo ad accettare l’idea che, rinunciando alla sanzione, rendiamo non più facile ma più difficile percepire la distinzione fra bene e male, fra buono e cattivo, fra bello e brutto e che, così facendo, rendiamo un pessimo servizio a tutti: alla persona che ha sbagliato, a noi stessi, alla comunità intera.
Non che la madre Chiesa non si preoccupi di accogliere, tutt’altro, però ci ricorda la distinzione dei ruoli: chi ha autorità morale la deve esercitare, sulla base della propria sapienza, per il bene di tutti.
E se il colpevole prova vergogna? Tanto meglio, risponde san Paolo (e qualche volta l’ha detto anche papa Francesco), perché provare vergogna fa bene sulla strada del pentimento. Quanto all’aborto, perché la madre Chiesa, come tiene a precisare lo stesso Francesco, lo considera un peccato così grave?
L’aborto sopprime una vita innocente e, attraverso il bambino, colpisce Dio stesso, che di quella vita è il creatore. Nella sua sapienza di madre, la Chiesa ha ben presenti tutte le implicazioni di una tale scelta contro la vita. Il rapporto d’amore fra creatore e creatura subisce una ferita profonda: c’è il rifiuto della speranza e dell’aiuto che Dio sempre garantisce, c’è il prevalere di una visione individualistica dell’esistenza umana, c’è la vittoria della morte sulla vita. Ma pesanti sono anche le conseguenze sociali, perché se il forte sopprime il debole, il più bisognoso è abbandonato e chi ha voce prevale su chi non ha voce, è l’intera comunità a soffrirne.
Ecco perché fin dai primi secoli la Chiesa, attraverso la disciplina canonica, ha sanzionato in modo deciso il peccato d’aborto, riconfermando questa prassi nei diversi periodi storici. In questo quadro, si capisce anche perché la potestà di assolvere dal peccato di aborto era riservata in linea di principio all’autorità più alta (sede apostolica, vescovo, canonico penitenziere). Non si trattava, come si è portati a pensare, di autoritarismo, ma di una salvaguardia per tutti: per il peccatore, per la comunità dei credenti, per la società intera.
E per la donna, per le sue sofferenze, nessuna comprensione? Non è così. Per continuare con la metafora iniziale dell’alunno «messo fuori», possiamo dire che la madre Chiesa non lo lascia da solo nel corridoio. Lo segue, gli parla, fa di tutto per ricondurlo dentro. La porta non è mai chiusa, perché la madre è contenta solo quando il figlio è rientrato. Anche quando applica la sanzione, la madre non si comporta mai come una carceriera senza cuore. Applica la scomunica, ma si mette subito al lavoro perché il peccatore, dopo aver sperimentato il gelo dell’isolamento, rientri a pieno titolo nella comunità. Ecco così che la parola «scomunica» ci appare meno aspra e dura. Perché non equivale a una sentenza senza appello. Sempre che, ovviamente, da parte del peccatore ci sia un sincero pentimento.
Post scriptum. Dopo la pubblicazione di «Misericordia et misera», Emma Bonino ha commentato: «Questa inclusione di Papa Bergoglio, che non è nuova, mi è sembrata molto coraggiosa». E Monica Cirinnà: «Ormai non ci sono più scuse, basta medici obiettori». Commenti che si qualificano da soli.
Com’è lontano il tempo in cui un laico a tutto tondo come Norberto Bobbio (correva l’anno 1981) si lasciava interpellare sinceramente dalla questione dell’aborto. Ricordo un’intervista che Bobbio concesse quell’anno. Spiegò che tra i due diritti in conflitto (quello della donna di non volere un figlio indesiderato e quello del concepito di non essere soppresso), il diritto del concepito è comunque più cogente rispetto a quello della madre, perché il diritto di non volere un figlio indesiderato può essere soddisfatto in diversi modi, per esempio non riconoscendo il figlio e affidandolo a una famiglia adottiva, mentre il diritto alla vita del bambino può essere tutelato in un modo solo: lasciandolo venire al mondo! E quando poi a Bobbio fu chiesto se non si aspettasse di suscitare stupore e critiche nel fronte pro-aborto per queste sue valutazioni, rispose: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».
Blog di Aldo Maria Valli 24 novembre 2016
www.aldomariavalli.it/2016/11/24/voce-del-verbo-scomunicare-che-fa-rima-con-amare
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ADOZIONE OMOSESSUALE
Tribunale dei Minori nega l’adozione ad una coppia omosessuale.
Tribunale dei Minori di Milano, Sentenza n. 261, 17 ottobre 2016.
L’adozione non è un benefit per i genitori, ma è “consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità “. E, per il fondamentale articolo 8, adottabili sono quei “minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale. “Sulla base di questi principi basilari il Tribunale dei minorenni di Milano ha detto no, rigettandone il ricorso, a due donne “mamme incrociate” ovvero che volevano l’una adottare la bambina dell’altra.
Lo scorso aprile la signora Alba ha chiesto di adottare la figlia biologica della signora Bice. E, un secondo dopo, anche Bice ha presentato ricorso per adottare la figlia di Alba. Le due bimbe sono minorenni. I ricorsi sono stati riunificati e si è svolta un’indagine: Alba e Bice si sono frequentate dal 2002, dal 2005 sono andate a vivere insieme. Nel 2010 hanno scelto una fecondazione assistita per Alba: è nata la prima figlia. Con il seme dello stesso donatore, seconda fecondazione assistita per Bice. Nasce la seconda bambina. A questo punto Alba e Bice vogliono adottare le bambine perché siano sorelle. Il pubblico ministero, basandosi sulla sua interpretazione della legge, dà parere positivo rigettato però dal Tribunale dei Minorenni che basandosi sulla corretta interpretazione della legge, di no alle due adozioni incrociate.
In una sentenza di 22 pagine i giudici spiegano il perché del no. Lo fanno partendo da una premessa concreta, e cioè che la legge italiana “conosce due forme di adozione”. Innanzitutto, l’adozione non è un benefit per i genitori e, appunto, adottabili sono quei “minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale”. Si chiama, questa, “adozione legittimante”.
Eccezioni? Sono possibili in base all’ex art 44: alcuni casi speciali, al di fuori della “legittimante”. Si può adottare: quando c’è un “vincolo”, per esempio dopo un lungo periodo di affidamento. Quando un coniuge adotta il figlio adottato dall’altro coniuge. Quando un disabile sia privo di genitori. Quando non è possibile un “affidamento preadottivo”.
A pagina 15 emerge il confine: “L’adozione è un istituto giuridico che prescinde dal dato biologico e richiede, quindi, un modello giuridico di riferimento. “E siccome “non può riconoscersi – dice il tribunale – alcuno stato di abbandono materiale o morale delle minori…ogni “orientamento estensivo” si scontra contro lo spirito e gli articoli delle leggi sino ad oggi in vigore”. E analizzando cavillosamente le sentenze romane e la giurisprudenza il tribunale dei minori, va ricordato che la corte di Strasburgo “ha sempre negato l’esistenza di un diritto ad adottare” e ha ripetuto che “spetta allo Stato regolare l’adozione. “
Infine nella stessa legge Cirinnà, che si occupa delle unioni civili, è precisato che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti “. Le due mamme, A. e B., adesso, che faranno?
Sentenza www.centrostudilivatino.it/adozioni-due-sentenze-controtendenza
www.aibi.it/ita/milano-non-esiste-un-diritto-ad-adottare-da-parte-degli-adulti-no-alladozione-di-una-coppia-omosessuale
www.repubblica.it/cronaca/2016/11/24/news/_non_ne_avete_diritto_e_il_giudice_boccia_la_doppia_stepchild-152660615/?ref=HREC1-29
Adozioni: due sentenze in controtendenza.
Non sempre la giurisprudenza riserva sorprese negative. Pubblichiamo due importanti e recenti sentenze, entrambe del Tribunale per i Minorenni di Milano: con la prima, la n. 261 depositata il 17 ottobre 2016, il TM rigetta una domanda incrociata di adozione ex art. 44 lett. d) della L. 184/1983 proposta, in relazione alla figlia biologica di ciascuna di esse, da due conviventi dello stesso sesso. E’ una pronuncia – dalla motivazione articolata e approfondita – che, confrontandosi con decisioni della Corte EDU, oltre che della Cassazione, si pone in una prospettiva opposta al filone avviato dal Tribunale per i Minorenni di Roma, confermato dalla Corte di appello della Capitale, e quindi dal Giudice di legittimità: e lo fa dimostrando in modo chiaro e consequenziale che le conclusioni cui è pervenuto il TM Roma sono tutt’altro che obbligate.
La seconda sentenza, n. 268 depositata il 20 ottobre 2016, spiega perché l’art. 44 lett. B) della L. 184/1983 non è incostituzionale nella parte in cui non consente l’adozione anche al convivente del genitore (biologico o adottivo) del minore.
Centro studi Rosario Livatino 11 novembre 2016
www.centrostudilivatino.it/adozioni-due-sentenze-controtendenza
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ADOZIONE INTERNAZIONALE
Nessuna prescrizione sulle caratteristiche del minore da adottare.
Un vero esempio di apertura all’accoglienza e di incoraggiamento all’adozione arriva da Bari. Il Tribunale per i Minorenni del capoluogo pugliese si è posto infatti in controtendenza rispetto a una prassi sempre più diffusa in Italia, non limitando in alcun modo le caratteristiche del minore che una coppia potrebbe adottare. Una decisione dal doppio valore positivo. Innanzitutto, così facendo, si garantisce la possibilità di essere accolto anche a un bambino più grandicello o con qualche problema sanitario che, solitamente, ha più difficoltà a trovare una famiglia disposta ad adottarlo. In secondo luogo, lascia all’Autorità Centrale straniera un più ampio margine di scelta del minore da avviare all’adozione, rispettando quindi il lavoro delle istituzioni dei Paesi di origine dei bambini.
La vicenda è quella di una coppia di coniugi nati e residenti a Bari, già genitori biologici di un figlio, che hanno chiesto al Tribunale per i Minorenni della loro città di essere dichiarati idonei all’adozione internazionale. Constatati nei due coniugi “l’atteggiamento maturo e responsabile in ordine al progetto adottivo”, una “significativa apertura mentale nel dichiararsi disponibili all’adozione” e la presenza di “condizioni economiche che consentono di provvedere al mantenimento di uno o più figli”, il Tribunale del capoluogo pugliese decide quindi di concedere agli aspiranti genitori l’idoneità ad adottare, precisando nel decreto:
“Circa le caratteristiche che deve possedere il minore che i coniugi potrebbero adottare, questo Tribunale evita di imporre alcuna prescrizione in proposito allo scopo di consentire all’Autorità straniera di realizzare nel modo più ampio l’interesse del bambino che potrà essere adottato; così pure in relazione all’incontro dei coniugi con il minore, si rimanda alle modalità ed ai tempi che saranno concordati dall’ente autorizzato con l’Autorità straniera”.
Ecco quindi un esempio di buona prassi sui decreti di idoneità all’adozione internazionale che dovrebbe essere preso a modello da tutti i Tribunali per i Minorenni italiani.
Purtroppo, però, sempre più spesso, alle coppie che chiedono di poter adottare un minore straniero, l’idoneità viene concessa subordinata al rispetto di determinati vincoli. Tali decreti vincolati riguardano in generale l’età del minore: in questi casi, la limitazione impone che il futuro figlio della coppia non abbia oltre una certa età al momento dell’ingresso in Italia.
Le conseguenze di tali scelte sono evidenti. A molti minori in attesa di adozione viene di fatto negata la possibilità di trovare una famiglia. Fatto ancora più grave se si pensa che a restare esclusi sono bambini un po’ più grandi, per i quali trovare due coniugi disposti ad accoglierli è già molto difficile. Inoltre, si riduce il numero di Paesi di origine in cui andare ad adottare. In Sud America, per esempio, i bambini adottabili in tenerissima età sono pochissimi e quasi sempre si tratta di membri di gruppi di fratelli. Senza dimenticare che, ponendo dei limiti, di fatto non si rispettano le prerogative delle Autorità Centrali straniere, riducendo il loro margine di scelta dei minori da abbinare alle coppie adottive italiane. In sostanza, si fa il male dell’adozione internazionale: togliendo speranza ai minori, non rispettando il lavoro delle Autorità Centrali straniere e scoraggiando le coppie dall’intraprendere questo percorso.
Archivio News Ai. Bi. 23 novembre 2016
www.aibi.it/ita/bari-il-tribunale-dice-no-alla-moda-dei-decreti-vincolati
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AFFIDAMENTO DEI FIGLI
L’affidamento esclusivo dei figli: quando e perché.
I casi eccezionali in cui il giudice può derogare alla regola dell’affidamento condiviso dei figli. L’affidamento dei figli, nel caso di separazione dei coniugi, è un aspetto assai delicato. Il nostro legislatore predilige l’affidamento condiviso in ottemperanza al principio di bigenitorialità, ossia quel principio secondo il quale un bambino ha legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati, ogni qual volta non esistano motivi gravi che giustifichino l’allontanamento di un genitore dal proprio figlio.
In alcuni casi tale principio deve essere sacrificato a tutela dei figli minori e si deve, quindi, ricorrere all’affidamento esclusivo che si pone quale estremo rimedio per risolvere quelle specifiche situazioni nelle quali l’affidamento condiviso si rivelerebbe pregiudizievole per i figli minori.
In quali casi è possibile chiedere l’affidamento esclusivo? E’ possibile chiedere l’affidamento esclusivo ad un solo genitore nei casi gravi, ovvero quando ricorrono i presupposti per chiedere la decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. Più precisamente quando uno dei genitori viola o trascura i doveri inerenti la responsabilità genitoriale, ovvero abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio per i figli.
E, ancora, in tutti quei casi, in cui pur ricorrendo i presupposti della decadenza dalla responsabilità genitoriale, vi sia, ex art. 333 c.c., una condotta del genitore comunque pregiudizievole per i figli minori.
Vi sono altri casi in cui è possibile chiedere l’affidamento esclusivo: si pensi alla conflittualità tra i genitori. Non sempre, però, la conflittualità tra genitori giustifica la richiesta dell’affidamento esclusivo, purché non scaturisca in episodi di violenza tali da incidere negativamente sulla crescita serena ed equilibrata del minore.
E’ possibile richiedere l’affidamento esclusivo anche nell’ipotesi di precario stato di salute psico-fisica di uno dei genitori. Deve trattarsi, ovviamente, di patologie tali da compromettere seriamente la capacità dello stesso di prendersi cura dei figli.
E, ancora, anche la distanza geografica tra genitori, in fase di separazione o divorzio, giustifica l’affidamento esclusivo. La ratio di tale scelta è giustificata dal fatto che le distanze (quelle troppo lontane) non permettono al genitore non collocatario un esercizio effettivo dei compiti di cura, educazione ed istruzione dei figli.
Si tratta di ipotesi sempre più frequenti che inducono il giudice ad adottare un provvedimento di affidamento esclusivo.
Si noti bene: La richiesta di affidamento esclusivo deve essere motivata, vale a dire devono essere indicati i motivi che rendono incompatibile, con l’interesse del minore, l’affidamento a quel determinato genitore. Nell’ipotesi in cui il Giudice riterrà la richiesta manifestamente infondata potrà valutare se estromettere quel genitore dall’affidamento e se condannarlo – in caso di malafede o colpa grave – al risarcimento del danno.
La norma non indica in che modo deve essere regolato l’affidamento esclusivo quanto a: mantenimento, diritto di visita, assegnazione della casa coniugale, è il giudice che deve stabilirlo. Il giudice dovrà, a seconda del caso, indicare le modalità e la frequenza del diritto di visita del genitore non affidatario e, se necessario per l’interesse e la salute psicofisica del minore, potrà adoperare alcune cautele, quali ad esempio la presenza di un operatore dei Servizi Sociali durante gli incontri tra il genitore e il figlio minore.
Quanto, infine, alle decisioni di maggiore interesse per la vita del figlio, la legge non precisa se queste debbano essere assunte di comune accordo da entrambi i genitori anche nell’ipotesi di affido esclusivo.
Tuttavia, l’orientamento dei giudici sembra essere favorevole al principio secondo cui il genitore non affidatario non debba essere estromesso da tali decisioni. Difatti, il genitore non affidatario ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con i propri figli, sempre nel rispetto dell’interesse del minore.
Chi scrive ritiene precisare che tutte le condizioni della separazione e, quindi, anche quelle relative all’affidamento dei figli, se nel corso del tempo cambiano i presupposti per cui sono state adottate, possono sempre essere modificate da parte dei coniugi con ricorso al giudice; perché i provvedimenti di diritto di famiglia sono provvedimenti rebus sic stantibus.
Avv. Luisa Camboni Newsletter Giuridica studio Cataldi 21 novembre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/24053-l-affidamento-esclusivo-dei-figli-quando-e-perche.asp11/2016 – studiocataldi.it
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AFFIDO CONDIVISO
Va col padre il figlio che ha un rapporto troppo “stretto” con la madre.
Corte di Cassazione – sesta Sezione civile, ordinanza n. 23324, 16 novembre 2016.
Per la Cassazione, dato il legame simbiotico instaurato con la madre, va ripristinato l’equilibrio con l’altro genitore con collocamento prevalente presso lo stesso. – Se un minore, figlio di coniugi separati, ha un rapporto “simbiotico” con la madre, il giudice può legittimamente disporre il collocamento prevalente presso il padre, al fine di garantire il corretto ed equilibrato sviluppo del piccolo.
Con l’ordinanza la Corte di cassazione ha infatti sottolineato che in simili casi è fondamentale l’intensificazione dei rapporti con l’altro genitore al fine di tutelare il piccolo e la sua crescita. Ma non solo: la collocazione prevalente presso il padre non trova impedimento neanche se il minore, come è accaduto nel caso di specie, in sede di giudizio esprime il suo desiderio di rimanere con la madre: il rapporto di eccessiva dipendenza dalla donna, infatti, può compromettere il suo equilibrio e minare i suoi rapporti con il padre.
Ad essere ricorsa in Cassazione, nella vicenda decisa con la pronuncia in commento, era proprio la madre che non accettava il verdetto della Corte d’appello, specie considerando la volontà del figlio di restare con lei. Ma per i giudici di legittimità non c’è nulla da fare: la Corte del merito ha già argomentato adeguatamente la sua scelta di collocare il piccolo con il papà a causa del rapporto “simbiotico e di eccessiva dipendenza” con la mamma. Il minore, oltretutto, si trovava in un periodo in cui era fondamentale per lui rafforzare e identificare il rapporto con il padre.
La donna, quindi, non può far altro che accettare il verdetto e ristabilire un legame equilibrato con il piccolo.
Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica studio Cataldi 21 novembre 2016
Testo www.studiocataldi.it/articoli/24047-va-col-padre-il-figlio-che-ha-un-rapporto-troppo-quotstretto-quot-con-la-madre.asp
Chi non consegna i figli in tempo all’ex, paga per ogni ritardo.
L’art. 614-bis c.p.c. legittima l’emanazione di un provvedimento esecutivo che stabilisca una “multa” per gli inadempimenti diversi dal pagamento di denaro.
Da oltre un anno ormai, la gestione dei minori in caso di genitori separati ha una tutela in più: quella rappresentata dall’articolo 614-bis del codice di procedura civile, nella nuova veste assunta a seguito dell’entrata in vigore della legge 132/2015.
L’articolo 614-bis c.p.c. Tale norma, infatti, stabilisce che, su richiesta di parte e salvo che ciò risulti manifestamente iniquo, il giudice può stabilire il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva al provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro o per ogni ritardo nell’esecuzione dello stesso.
L’ammontare della “multa” viene stabilito all’interno di tale provvedimento (che costituisce titolo esecutivo dinanzi ad ogni violazione o inosservanza) ed è determinato tenendo conto sia del valore della controversia, che della natura della prestazione. Incidono sull’ammontare anche il danno quantificato o prevedibile e ogni altra circostanza utile a tal fine.
Obblighi inadempiuti. La norma, in sostanza, si riferisce ai casi di inadempimento di obblighi diversi da quelli relativi al mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, quindi a tutti quelli che riguardano la gestione dei minori. Dopo quelle economiche, del resto, le questioni più controverse sono senza dubbio quelle relative al tempo che i figli trascorrono con l’uno o con l’altro genitore. È quindi in questo ambito che l’articolo 614-bis del codice di rito trova la sua più diffusa applicazione.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il genitore non collocatario, dopo aver tenuto il minore con sé durante il week-end, non lo “restituisca” all’altro genitore la domenica, come concordato, senza un valido motivo. Se il giudice ha emesso il provvedimento di cui alla norma in commento, egli si potrà trovare costretto a pagare una “multa” per il ritardo, di ammontare anche consistente se le circostanze del caso concreto lo hanno giustificato.
Obiettivi. Sono chiari gli obiettivi di arginare le controversie che riflettono l’effettivo disinteresse per i figli e di incentivare lo sviluppo della responsabilità genitoriale. Anche se non dovrebbe accadere mai, infatti, non sono rare le ipotesi in cui il genitore non collocatario preferisce trascorrere il fine settimana con il nuovo partner piuttosto che con i figli, né quelle in cui i piccoli sono utilizzati come strumento di dispetto nei confronti dell’ex. Anzi, secondo dati Istat relativi al 2014, ammonterebbe addirittura al 35% la percentuale di genitori che, già nei primi sei mesi successivi alla separazione, si rendono inadempienti nei confronti dei figli.
L’osservatorio dell’associazione Familylegal, poi, racconta che ben il 40% delle richieste che ogni anno hanno ad oggetto la modifica dei provvedimenti di separazione riguarda la gestione dei minori. Speriamo, quindi, che con il nuovo articolo 614-ter le cose inizino a cambiare.
Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica studio Cataldi 21 novembre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/24029-chi-non-consegna-i-figli-in-tempo-all-ex-paga-per-ogni-ritardo.asp
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AFFIDO MISNA
Posso accogliere un minore straniero a casa?
A chi posso rivolgermi? Tutte le risposte all’incontro di Ai.Bi. “L’affido familiare per i minori stranieri non accompagnati”. I migranti sbarcati sulle coste italiane dall’1 gennaio a oggi sono 144.527, il 5,98% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso quando a sbarcare furono 136.373; In proporzione e nota più dolente è anche l’aumento costante del numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati: al 7 ottobre erano 19.429, a fronte dei 12.360 dell’intero 2015 e ai 13.026 dell’intero 2014. Un dato che fa diventare il 2016, per l’Italia, l’anno con il numero più alto di sbarchi.
Sbarchi dunque da numeri record e che, purtroppo, fanno molte vittime anche tra i bambini che nel caso in cui riescano ad arrivare sulle nostre coste rischiano di cadere nelle mani di trafficanti di esseri umani ed essere vittime di violenze inaudite. Un’emergenza nell’emergenza che non può più essere ignorata: e che può essere risolta con la giusta accoglienza. Proprio quella che sostiene Ai.Bi, con la campagna “Bambini in Alto Mare”. Amici dei Bambini in collaborazione con prefetture, comuni, parrocchie e associazioni locali, garantisce una “giusta” accoglienza, basata su un modello di tipo familiare, ai minori non accompagnati, madri sole e famiglie di profughi con bambini piccoli.
Chi sono i minori stranieri non accompagnati? Chi sono le famiglie che possono accoglierli? Qual è il percorso da affrontare per diventare famiglia accogliente? E ancora cosa sia la giusta accoglienza, come approcciarsi a questa e come concretamente aiutare questi piccoli migranti sono i temi su cui sarà incentrato l’incontro “L’affido familiare per i minori stranieri non accompagnati”.
Nel corso dell’incontro, che si svolgerà martedì 6 dicembre alle 21 c/o “Fidarsi della Vita” via Affori 12 – Milano, saranno illustrati anche i nodi e i passaggi fondamentali del disegno di legge Zampa sulla priorità che un minore straniero non accompagnato venga accolto in famiglia.
Per partecipare alla serata è necessario segnalare la propria presenza inviando una email a diego.moretti@aibi.it o contattandoci allo 02988221.
Archivio News Ai. Bi. 21 novembre 2016
www.aibi.it/sostegnoadistanza/milano-posso-accogliere-un-minore-straniero-casa-posso-rivolgermi-tutte-le-risposte-allincontro-ai-bi-laffido-familiare-minori-stranieri-non-accompagnat
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AMORIS LÆTITIA
Il papa tace, ma i cardinali suoi amici parlano. E accusano
Non una parola è uscita dalla bocca di papa Francesco, dopo che quattro cardinali gli hanno pubblicamente chiesto di sciogliere cinque grossi “dubbi” sollevati dai passaggi più controversi di Amoris lætitia: “Fare chiarezza”. L’appello di quattro cardinali al papa.
O meglio, una non risposta il papa l’ha data, quando nell’intervista a Stefania Falasca per “Avvenire” del 18 novembre 2016 a un certo punto ha detto, dando del tu all’intervistatrice, sua amica di lunga data: “Alcuni – pensa a certe repliche ad Amoris lætitia – continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere”.
In compenso, si sono messi a parlare al posto del papa non pochi ecclesiastici della sua cerchia, i quali hanno fatto a gara nel dire che l’esortazione postsinodale “Amoris lætitia” è già in sé chiarissima e non può dar adito a dubbi, e quindi chi li solleva in realtà attacca il papa e disubbidisce al suo magistero. In queste loquaci sortite si è particolarmente distinto il cardinale Christoph Schönborn, già più volte pubblicamente indicato da papa Francesco come suo interprete autorizzato e primo custode della dottrina della Chiesa, con buona pace del cardinale Gerhard L. Müller, il cui ruolo di prefetto della congregazione per la dottrina della fede è ormai ridotto a un mero titolo onorifico.
Ma il più incontinente è stato un altro cardinale, freschissimo di porpora, lo statunitense Kevin J. Farrell, il quale ha detto in un’intervista al “National Catholic Reporter”: “In Amoris lætitia è lo Spirito Santo che parla. Deve essere presa così com’è. È il documento guida per gli anni a venire. Onestamente non vedo perché alcuni vescovi pensino di doverla interpretare”.
Quindi sbaglia chi pretende che Francesco intervenga ancora. “Io penso che il papa abbia parlato” a sufficienza – ha aggiunto Farrell – quando il 5 settembre 2016 ha dato la sua approvazione all’esegesi di Amoris lætitia fatta dai vescovi argentini della regione di Buenos Aires, secondo cui non è escluso che dei divorziati civilmente risposati possano fare la comunione anche continuando a vivere “more uxorio”.
https://mauroleonardi.it/2016/09/09/il-papa-avvalla-come-lunica-possibile-linterpretazione-che-i-vescovi-argentini-danno-di-amoris-laetitia/
Farrell è stato fatto cardinale da papa Jorge Mario Bergoglio nel concistoro dello scorso 19 novembre 2016. E dallo scorso agosto 2016 è prefetto del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita. È quindi uno dei volti nuovi della nuova curia di papa Francesco. Una curia che – viene ripetuto in continuazione – dovrebbe non più conculcare ma favorire la multiforme “creatività” di ciascun vescovo nella rispettiva diocesi. In realtà qui è avvenuto l’opposto. In un’altra intervista – questa volta al “Catholic News Service”, l’agenzia della conferenza episcopale degli Stati Uniti – Farrell ha pensato bene di aggredire “ad personam” un illustre vescovo suo connazionale, la cui “colpa” sarebbe stata proprio quella di aver offerto alla sua diocesi delle linee guida per l’attuazione di Amoris lætitia che evidentemente allo stesso Farrell non sono piaciute.
L’aggredito non è uno sconosciuto. È Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia, la città che nel 2015 ha ospitato l’incontro mondiale delle famiglie al quale papa Francesco fece visita). Chaput è francescano ed è il primo vescovo degli Stati Uniti nato in una tribù di nativi americani. La pastorale familiare è una delle sue competenze riconosciute. Ha partecipato al sinodo sulla famiglia e al termine della sua seconda e ultima sessione è stato eletto con una valanga di voti tra i dodici componenti del consiglio di cardinali e vescovi che fa da ponte tra un sinodo e l’altro. A giudizio di Farrell, egli ha però il difetto di aver dettato ai suoi sacerdoti e fedeli delle linee guida “chiuse” invece che “aperte” come papa Francesco vuole. “Io non condivido il senso di ciò che l’arcivescovo Chaput ha fatto”, ha detto il nuovo prefetto vaticano della pastorale della famiglia. “La Chiesa non può reagire chiudendo le porte ancor prima di ascoltare le circostanze e la gente. Non è così che si fa”.
Chaput ha reagito all’incredibile attacco con una lapidaria controintervista al “Catholic News Service”, riportata integralmente in italiano e in inglese in questo post di “Settimo Cielo”
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351419
Il papa tace, ma il neocardinale suo amico parla e accusa. Non c’è pace su Amoris lætitia.
Ma ciò che ora più interessa verificare da vicino è la materia del contendere, cioè le linee guida pastorali offerte da Chaput alla sua arcidiocesi di Philadelphia (1 luglio 20916). Sono riprodotte nel link.
È facile notare come le linee guida dell’arcidiocesi di Philadelphia siano simili a quelle dettate dal cardinale Ennio Antonelli ai sacerdoti dell’arcidiocesi di Firenze, riportate anch’esse lo scorso 14 ottobre
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351390
Sandro Magister 23 novembre 2016 http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351208
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ANONIMATO
Se la madre è deceduta.
Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 9 novembre 2016, n. 22838
Il diritto dell’adottato nato da donna che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ex articolo 30, comma 1, del Dpr 396/2000 ad accedere alle informazioni concernenti la propria origine e l’identità della madre biologica «sussiste e può essere concretamente esercitato anche se la stessa sia morta e non sia possibile procedere alla verifica della perdurante attualità della scelta di conservare il segreto»
News avv. Renato D’Isa 22 novembre 2016
Testo https://renatodisa.com/2016/11/22/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-9-novembre-2016-n-22838
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ASSEGNI FAMILIARI
A chi spettano in caso di separazione e divorzio.
Cosa dice la normativa e quali problematiche potrebbero sorgere tra gli ex coniugi. A chi spettano gli assegni familiari nel caso di separazione e divorzio? Prima di rispondere al quesito, partiamo col dare una definizione di assegno familiare. L’assegno al nucleo familiare costituisce un sostegno per le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da più persone e che abbiano redditi inferiori a quelli determinati annualmente dalla legge.
In caso di separazione e divorzio gli assegni familiari spettano al coniuge collocatario e cioè al genitore cui sono affidati i figli, anche se a percepirli sia l’altro coniuge. L’ art. 211, L. 19 maggio 1975 n. 151 prevede che “Il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l’altro coniuge”.
In altri termini, il genitore non affidatario titolare degli assegni familiari è tenuto a corrisponderli all’altro coniuge al quale di fatto spettano, in aggiunta all’assegno di mantenimento e a prescindere dall’ammontare di quest’ultimo.
Capita spesso, però, che il genitore non affidatario che percepisce gli assegni familiari dal proprio datore di lavoro non provveda a corrisponderli all’altro genitore, cui spettano, ritenendo che sia tenuto, solamente, a versare l’assegno di mantenimento per i figli economicamente non autosufficienti.
Chi scrive precisa che assegni familiari e assegno di mantenimento sono due tipi di proventi separati e distinti che hanno funzioni diverse. I primi costituiscono una sorta di “integrazione alimentare”, invece l’assegno di mantenimento è il contributo che il genitore non collocatario corrisponde per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, il cui quantum viene calcolato in proporzione alla capacità reddituale del genitore. I coniugi possono accordarsi per una diversa ripartizione degli assegni familiari sia in sede di separazione che in sede di divorzio: per esempio è possibile che il coniuge che li percepisce ne trattenga una parte. Attenzione! In questo caso la quota degli assegni familiari trattenuta dal coniuge che li percepisce costituisce reddito e, dunque, se ne potrà tenere conto nel determinare l’assegno di mantenimento in favore dell’altro.
Dall’assegno di mantenimento possono essere decurtati gli assegni familiari? La risposta all’interrogativo è negativa: il mantenimento è dovuto per intero e non può essere decurtato degli assegni percepiti per Legge dal coniuge affidatario. A sostegno di ciò riporto quanto affermato dai giudici di piazza Cavour: “Il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell’art. 211 della legge 19 maggio 1975 n. 151, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all’altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest’ultimo sia parte, indipendentemente dall’ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge, consensualmente o giudizialmente separato invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 cod. civ., con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti in sede di separazione consensuale (ovvero è stato stabilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersi che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata” (Sez. 1, Sentenza n. 5060 del 02/04/2003; Sez. U, Sentenza n. 5135 del 27/11/1989)”. (E, ancora, Corte di Cassazione, sez. VI Civile – ordinanza n. 12770/13).
E se il genitore titolare degli assegni familiari non li corrisponde al genitore collocatario che succede? In questa ipotesi il genitore che trattiene per sé gli assegni familiari commette il reato di “appropriazione indebita”, incassando del denaro non proprio, ma dell’altro genitore e che ha percepito per conto di quest’ultimo.
Se il genitore collocatario non ha mai percepito dall’altro gli assegni famigliari, che fare? In questo caso sarà necessario rivolgersi al Tribunale per chiedere ed ottenere il rimborso delle somme indebitamente trattenute dall’altro coniuge.
Avv. Luisa Camboni newsletter StudioCataldi.it 24 novembre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/24110-separazione-e-divorzio-a-chi-spettano-gli-assegni-familiari.asp
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ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI AVVOCATI PER LA FAMIGLIA E PER I MINORI
“Negoziazione assistita e Divorzio breve si confermano due norme di civiltà”
Report Istat su matrimoni separazione e divorzi.
Il Report su Matrimoni, Separazione e Divorzi diffuso oggi dall’Istat evidenzia un significativo aumento dei divorzi con 82.469 casi (+57% rispetto al 2014) a fronte di un aumento estremamente contenuto delle separazioni (91.706, +2,7% rispetto al 2014).
Gli effetti del combinato della L. 162\2014 e della L.55\2015 che hanno introdotto la procedura di negoziazione assistita e ridotto i tempi per richiedere il divorzio hanno accelerato i tempi di presentazione delle richieste di divorzio sia avanti le Procure sia avanti ai Tribunali, pertanto il dato del +57% non è da considerarsi segno di un preoccupante trend ma più semplicemente effetto delle nuove normative”. Nel 2015 sono stati, infatti, anticipati gran parte dei procedimenti che con la vecchia normativa si sarebbero conclusi non prima del 2016. “AIAF non può che plaudire ad ogni testo legislativo che semplifichi la risoluzione delle complesse relazioni familiari anche attraverso i nuovi strumenti di degiurisdizionalizzazione”.
Comunicato Stampa AIAF 15 novembre 2016
Donna condannata a 30.000 euro per continua denigrazione del padre dei figli
Il Tribunale di Roma ha condannato una madre a risarcire con 30.000 euro il padre da lei denigrato agli occhi di uno dei tre figli. “La decisione – commenta AIAF – Associazione Italiana per la Famiglia e per i Minori – non è la prima di questo genere, poiché si basa su una legge di 10 anni fa. Il clamore derivante dalla cifra concessa va in realtà ridimensionato; si trattava infatti di un divorzio molto conflittuale, con uno dei figli che rifiutava da tempo di vedere il padre anche per colpa della continua denigrazione fatta dalla mamma, donna assai benestante”.
“La cifra di 30.000 euro, sicuramente importante, è motivata dalla gravità dei fatti ed è commisurata alla situazione patrimoniale della donna; una somma inferiore, probabilmente, non l’avrebbe dissuasa dal proseguire nel suo comportamento non corretto”.
AIAF evidenzia l’importanza della decisione in quanto conferma, indirettamente, che il risarcimento del danno può essere un valido strumento di cui, però, non si deve mai abusare, per evitare di “mercificare” gli affetti.
Comunicato Stampa AIAF 21 ottobre 2016 www.aiaf-avvocati.it/comunicato-stampa
“Dal conflitto al rispetto: verso una cultura della mediazione”.
Camera dei Deputati, Sala della Lupa, martedì 15 novembre 2016
Convegno organizzato dall’Autorità Garante per l’Infanzia e Adolescenza L’incontro si è aperto con le “Voci Bianche” della Scuola di canto corale del Teatro dell’Opera di Roma che, alla presenza della Presidente della Camera, Laura Boldrini, hanno intonato l’inno di Mameli.
La dott. Filomena Albano, Garante per l’infanzia, in apertura, ha richiamato l’attenzione dei presenti sui MISNA, sottolineando il loro diritto ad una accoglienza adeguata. Ha poi rivolto un pensiero anche ai ragazzi che vivono in comunità o in affido, lontani dalla famiglia di origine, ai bambini e ragazzi figli di genitori detenuti, o a quelli che sono vittime di bullismo, ai figli delle nuove famiglie, allargate, ricomposte, che richiedono un approccio diverso rispetto a quello delle famiglie tradizionali. Ha ricordato che il 18 novembre si celebra la giornata europea contro gli abusi nei confronti dei minori ed ha elencato attività sono ad oggi svolte e programma di quelle future, quali gli interventi a favore dei MISNA, il contrasto alla pedopornografia infantile, alla violenza nei confronti dei minori e il riferimento all’incontro del 21 novembre a Ferrara, dove si discuterà dell’applicazione della Convenzione di Lanzarote. Dopo aver fatto cenno al quadro internazionale e ricordato l’importante ruolo che il garante svolge all’interno dell’ENOC (la rete europea dei garanti per l’infanzia), ha sottolineato che l’autorità garante ha tra i suoi compiti lo sviluppo della cultura della mediazione, del rispetto degli altri. Per questo è necessario diffondere la cultura della mediazione tra i bambini, tra i ragazzi, nelle scuole.
Mediazione familiare, perché si smette di essere coppia ma si continua ad essere genitori.
Mediazione scolastica perché’ sempre più spesso si verificano episodi di aggressività all’interno della scuola, tra gli studenti
Mediazione penale: la gestione conflitto tra autore del reato e sua vittima, che così può superare la spersonalizzazione delle aule giudiziarie.
Dopo l’intervento dell’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, ha preso la parola la dott. Monica Velletti, Giudice presso il Tribunale di Roma, che ha spiegato agli studenti presenti la mediazione familiare, il suo ingresso in Italia alla fine degli anni ’80, inizi ’90, la timida introduzione da parte del legislatore con la legge sull’affido condiviso. Ha auspicato che anche tra i magistrati ci sia una diffusione della cultura della mediazione perché è necessario avere precisa conoscenza della mediazione per spiegarla alle parti. Il messaggio chiaro è stato quello di uscire dalle aule giudiziarie, di abbandonare la logica vincente/perdente ed adottare l’approccio della collaborazione per la composizione del conflitto.
Il Prof. Daniela Novara, pedagogista, ha illustrato il “manifesto del buon conflitto”, rinviando al sito www.cppp.it per ogni approfondimento.
L’attore Alessio Boni ha letto lettere di ragazzi minorenni autori di reato che hanno affrontato percorsi di mediazione penale.
Il dott. Elio Lo Cascio, mediatore di Palermo, ha sottolineato l’importanza della mediazione penale e della giustizia riparativi. Sottolinea l’importanza della mediazione penale e descrive altri casi di ragazze e ragazzi che hanno compiuto reati e che hanno effettuato il percorso di mediazione e dà conto dell’attività svolta dal centro di mediazione di Palermo, non senza ricordare che sia ancora poco diffusa.
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ASSISTENZA
Ignorare la moglie … può essere reato
Se tale condotta comporta una violazione degli obblighi di assistenza si rientra nel campo di applicazione dell’art. 570 c.p. Nel nostro ordinamento, anche ignorare la propria moglie può essere reato. Certo quest’affermazione, detta così, potrebbe sembrare un po’ semplicistica, ma neanche troppo se si guarda all’articolo 570 del codice penale.
La violazione degli obblighi di assistenza familiare. Tale norma, infatti, punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 a 1032 euro chiunque si sottrae dagli obblighi di assistenza che gli derivano non solo dalla sua qualità di genitore ma anche da quella di coniuge, abbandonando il domicilio domestico o serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie.
Il disinteresse. Come emerge leggendo tra le righe di alcune pronunce (vedi, ad esempio, la numero 21364/2011), tale norma non vuole soltanto tutelare delle violazioni specifiche inerenti il contesto familiare, ma più in generale è tesa a punire le situazioni di disinteresse verso le vicende che riguardano la famiglia e la sottrazione agli obblighi che derivano ad ognuno di noi dalla posizione assunta all’interno del nucleo familiare.
Basti pensare che neanche troppi anni fa, con la sentenza numero 9440/2000, la Cassazione ha considerato penalmente rilevante e ingiustificato il comportamento di un uomo che aveva abbandonato il tetto coniugale per coltivare una diversa relazione sentimentale senza “fastidi”, affermando che l’abbandono del domicilio coniugale in assenza di una giusta causa che renda intollerabile la convivenza integra senza dubbio gli estremi del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Sottrazione dagli obblighi di assistenza. In ogni caso, chiaramente, occorre guardare al contesto e non dimenticare che la lettura della norma del codice penale legata al dato testuale rende chiaro che la condotta tipica del reato va individuata nella sottrazione dagli obblighi di assistenza e in collegamento con tale dato, ignorare la moglie può diventare reato!
Valeria Zeppilli Newsletter giuridica studiocataldi.it 21 novembre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/24008-ignorare-la-moglie-8230-puo-essere-reato.asp
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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF
Newsletter n. 24/201 6, 23 novembre 2016.
Il 20 novembre, giornata dell’infanzia, è passato: per i bambini non basta una giornata di memoria.
Anche i dati dell’Atlante dell’infanzia a Rischio 2016 di Save The Children confermano che esiste una oggettiva fatica per troppi bambini, anche nel nostro Paese: “un minore su tre a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno per la mancanza di riscaldamento”.
www.savethechildren.it/sites/default/files/files/Atlante%20Save%2017X24%20-2016-estratto%20low.pdf
Per Francesco Belletti, sociologo e direttore del Cisf, «per difendere l’infanzia la prima medicina è sostenere la famiglia».
www.famigliacristiana.it/articolo/quasi-1-minore-su-3-a-rischio-poverta-in-italia.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_23_11_2016
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Notizie dall’Italia. 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Cagliari, 26 – 29 ottobre 2017). La Chiesa sceglie come tema della prossima Settimana Sociale “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Il cammino di preparazione – curato dal Comitato Organizzatore – vede, in particolare, la partecipazione al Festival della Dottrina Sociale a Verona (24-27 novembre 2016) e al Convegno promosso dai Presidenti delle cinque Regioni ecclesiastiche del Sud a Napoli (gennaio/febbraio 2017); un Seminario nazionale della Pastorale Sociale del Lavoro a Firenze (23 – 25 febbraio 2017) e alcune iniziative messe in campo da Retinopera a Roma (aprile – maggio 2017).
www.settimanesociali.it/pls/siti/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=13195&rifi=guest&rifp=guest
Notizie dall’estero. L’Associazione delle organizzazioni familiari tedesche (Arbeitsgemeinschaft der deutschen Familienorganisationen – AGF) www.ag-familie.de/home/index.html
organizza ogni anno un “expert meeting”, un incontro ristretto di esperti, anche a livello internazionale, su vari temi di attualità di politica familiare, al termine dei quali pubblica un breve resoconto (anche in inglese) dei lavori. Si rimanda al sito per i vari materiali. Segnaliamo in particolare l’incontro del 2016 (27 giugno), dedicato a “gli interventi per assicurare ai bambini il livello di sussistenza (il minimo vitale). Cosa si può imparare dall’esperienza degli altri paesi europei?”. Sono stati presentati, nel confronto con la situazione tedesca, i sistemi di sostegno economico di Austria, Belgio, Gran Bretagna E Spagna. La “conclusione principale della discussione” riportata nel testo è che “la riduzione della povertà infantile dovrebbe essere un obiettivo prioritario dei sistemi di sostegno economico alle famiglie. In particolare deve essere ridotta la povertà minorile, e deve essere garantita la partecipazione sociale di tutti i minori”.
www.ag-familie.de/media/docs16/agf-doku_eng_kexmin.pdf
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Un tema da non dimenticare. Ne hanno parlato a Bologna, il 28 ottobre 2016: si è tenuto presso il Tribunale Civile un seminario di studio su “Affido condiviso: nuove acquisizioni. Minori e famiglia post separativa, il Consiglio d’Europa ci chiede uno sforzo evolutivo”. Vedi il breve video di presentazione, da Aracne-TV.
http://www.aracne.tv/video/affido-condiviso-nuove-acquisizioni-br-minori-e-famiglia-post-separativa-il-consiglio-d-europa-ci-chiede-uno-sforzo-
Save the date
Nord: 20 febbraio al 23 maggio 2017, organizzato da Jekpot Srl, Milano, 1 dicembre 2016.
Insieme per la vit Velfare world. Welfare aziendale e lavoro, 8. Expoforum sul welfare aziendale, in preparazione al ercorso formativo 2017, dal a. Serata di sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare, promossa dall’Associazione “Alitadivita”, Selvazzano Dentro (PD), 2 dicembre 2016.
“Denatalità, giovani e famiglia. Le politiche di transizione all’età adulta”, pubblicato il programma definitivo della quinta edizione del Festival della famiglia, Provincia Autonoma di Trento, Trento, dal 1 al 3 dicembre 2016.
Centro: Wojtya lectures, IX edizione, due incontri di rilevanza internazionale presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Conferenza pubblica. La difesa della dignità della persona nei Paesi post-comunisti, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk,Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Haly, Roma, Mercoledì, 14 dicembre 2016 – ore 17:00.B. Seminario di studio: La famiglia nell’Unione Sovietica, Prof. Bogdan Prach, rettore dell’Università Cattolica Ucraina di Leopoli, Roma, 5 – 7 dicembre 2016, ore 15:00–17:00.
Dov’è tuo fratello…(Gen 4,1-16) La famiglia lievito di comunione per la società, Corso di formazione per animatori con il metodo Animatema di famiglia, Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia della Conferenza Episcopale Italiana, Assisi, 5-8 dicembre 2016.
Estero International Family Therapy: 30 Years of Change, 25.o Congresso Mondiale di Terapia Familiare, 30.o Anniversario della International Family Therapy Association, Malaga, 15-18 marzo 201
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CHIESA CATTOLICA
Amoris lætitia, modello di sinodalità
All’annuale congresso della Canon Law Society of America (Houston, Texas, 10-13.10.2016) il card. Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, dedicato a «Collegiality and Synodality» tenuto una relazione dal titolo: «Pope Francis: Fresh Perspectives on Synodality» («Papa Francesco: nuove prospettive sulla sinodalità»). Riprendiamo da L’Osservatore romano (18-19 novembre 2016) le ampie parti tradotte in italiano.
Dal punto di vista ecclesiologico papa Francesco è riuscito a rimettere nuovamente a fuoco il ministero del collegio dei vescovi così come era stato definito nella Lumen gentium del concilio Vaticano II. Possiamo avere un’immagine della prospettiva del papa sulla sinodalità considerando l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris lætitia. Tale documento è stato il risultato di due sinodi dei vescovi, nel 2014 e nel 2015, in cui si sono discusse le sfide del matrimonio e della famiglia oggi, e che riflette il consenso di quegli incontri e di molte voci. Possiamo chiaramente vedere nel lavoro del Sinodo, nella preparazione dei suoi documenti, e nell’esortazione finale l’apprezzamento e l’impegno alla sinodalità di papa Francesco.
Il santo padre ha sottolineato, ancora una volta, il ruolo dei vescovi in collaborazione con lui nelle responsabilità generali per la guida, l’insegnamento e il ministero pastorale della Chiesa. Nel febbraio 2014, il papa, durante il concistoro dei cardinali, ci ha chiesto di cominciare a riflettere sulle sfide del matrimonio oggi. Poi ha convocato un sinodo nel 2014 che studiasse le difficoltà che il matrimonio deve affrontare. Ci ha fatto presente la greve cultura secolare in cui viviamo, il materialismo che è parte della mentalità di tanta gente e l’individualismo che domina la nostra società, in modo speciale nel mondo occidentale e negli Stati Uniti.
Era chiaro che la maggioranza dei vescovi avevano la stessa visione del santo padre e cioè che ci fosse un modo di presentare gli insegnamenti della Chiesa con un nuovo ardore, metodo e espressione piuttosto che semplicemente ritrovarsi a ripetere e ridefinire le cose che erano già conosciute. Come poi è stato riportato, un vescovo ha detto che se lo scopo del sinodo del 2014 era semplicemente di ripetere con la dottrina e con la pastorale l’insegnamento della Chiesa, si sarebbe potuto chiuderlo già il secondo giorno e non sarebbe stato necessario il Sinodo del 2015.
La discussione aperta nel sinodo è chiaramente un tratto distintivo della visione di papa Francesco sulla sinodalità. In nessun momento c’era disaccordo sulla dottrina della Chiesa. C’era invece un vivace dialogo su come l’insegnamento viene ricevuto, capito, assorbito e vissuto nella nostra cultura moderna, e come dobbiamo rispondere in modo efficace e pastorale alle circostanze del nostro tempo.
La decisione di papa Francesco di aprire una libera discussione, rispettare le divergenze di opinione, mantenere trasparenza nel processo con la pubblicazione dei risultati delle votazioni dei vescovi a ogni fase di ambedue i sinodi ha creato un’apertura nuova il cui risultato è stato un rinnovato apprezzamento del sinodo. Ho partecipato in varie forme a undici sinodi e come vescovo membro a sette. Gli ultimi due, gli incontri del 2014 e del 2015, sono stati, a mio parere, i più aperti, coinvolgenti e indicativi di collaborazione e consultazione episcopale.
Alla fine di tutte le discussioni e di tutte le riflessioni svolte nei due anni, è nata nel 2016 l’esortazione apostolica Amoris lætitia, che vorrei chiamare “un’esortazione di consenso”. Questa esortazione apostolica ci conferma la validità della chiamata del concilio Vaticano II alla riflessione collegiale, e cioè i vescovi si incontrano e lavorano insieme sempre con e mai senza Pietro. In Amoris lætitia, attinge profondamente e nella maniera più ricca agli insegnamenti dei suoi predecessori e al cuore della tradizione teologica cattolica. Questo impegno è evidente nella riaffermazione della dottrina della Chiesa riguardo il matrimonio e la vita morale — un punto che il Papa sottolinea ripetutamente. L’insegnamento sul matrimonio e sull’amore umano del beato Paolo VI, di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI è posto in massimo rilievo nel documento. Particolarmente degno di nota è il ricco uso della catechesi di Giovanni Paolo II sul corpo e sull’amore umano.
Papa Francesco segue la lunga tradizione del magistero della Chiesa nel sollecitare passi concreti per sostenere coppie sposate e famiglie, e per portare speranza e guarigione a chi è in situazioni difficili. La continuità è resa evidente dal numero sbalorditivo di citazioni dei pontificati precedenti e dalla tradizione della Chiesa in generale. Per esempio, ci sono 41 citazioni degli insegnamenti di san Giovanni Paolo II, 25 del Vaticano II, 14 di san Tommaso d’Aquino, 13 del Catechismo della Chiesa cattolica, 8 citazioni del magistero di Benedetto XVI, 6 del beato Paolo VI. Dato che ci riferiamo ad Amoris lætitia come a un documento di “consenso”, noi potremmo anche dargli il nome di “esortazione di continuità”.
Ora papa Francesco raccoglie i punti fondamentali della nuova visione piena di energia del concilio poggiandosi sul lavoro fondamentale dei suoi predecessori. Ma questo è molto di più di una semplice ripetizione di alcuni punti dottrinali. Si può quindi vedere in questa esortazione un rinnovato invito a riconoscere la nostra identità cattolica, il nostro legame alla Chiesa e come il nostro ministero sia convalidato proprio nella nostra partecipazione e adesione al magistero articolato della Chiesa.
Questa articolazione include quella di tutti i papi, non solo di quelli che alcuni ritengono essere più cattolici di altri. In Amoris lætitia troviamo un insegnamento di lunga data, ben fondato teologicamente e che mostra la realtà di una guida pastorale che viene offerta a chi, come tutti noi, sta lottando per vivere in fedeltà alle norme ma è immerso in quelle circostanze e situazioni particolari in cui si trova. In molti modi l’insegnamento del documento è un’ulteriore risposta alla chiamata del concilio per un rinnovamento dell’insegnamento della morale cattolica e del suo modo di viverlo e la risposta a questa chiamata da parte del successivo magistero pontificio.
L’affermazione del primato dell’amore non vuole in alcun modo sminuire il ruolo della legge. Quello che l’esortazione ci chiama a fare è un riconoscimento del fatto che il punto di partenza o il principio dal quale fluiscono le nostre azioni pastorali deve essere la rivelazione dell’amore e della misericordia di Dio. La legge della Chiesa ha certamente una grande importanza, ma non è l’unico punto di riferimento nel ministero pastorale.
Il documento di per sé contiene chiare e importanti note, e contribuisce significativamente all’applicazione di questi tratti distintivi di rinnovamento post-conciliare. L’attenzione per la persona e la sua dignità viene portata avanti nella critica del Papa a quella che lui chiama «una cultura del provvisorio» — cultura che vede e tratta gli altri come fonti di piacere affettivo o sessuale per essere poi scartati quando questo piacere si esaurisce.
Questa ricerca di una felicità superficiale non ha niente a che fare con la gioia di cui parla l’esortazione. Come era vero per il concilio, la dignità della persona umana è pienamente rivelata in Cristo, ma in questo caso soprattutto nell’abbraccio di Cristo alle famiglie con le loro difficoltà, ai bambini e alle altre persone vulnerabili, e ai peccatori.
Si può dire che Amoris lætitia è di per sé il frutto di un intensissimo “ascolto” da parte di Papa Francesco. I due sinodi sulla famiglia sono stati preceduti dalla consultazione delle Chiese locali in tutto il mondo sulla situazione vissuta dalle famiglie con le loro sfide ed esperienze. Papa Francesco capisce che il processo di ascolto del fedele e dei suoi fratelli vescovi è una parte fondamentale del suo ministero pastorale. È parte della “sinodalità” o “camminare insieme” che vede come essenziale per la Chiesa a ogni livello.
Un aspetto su cui il documento si concentra è l’accompagnamento, l’accompagnamento pastorale a tutti quelli che cercano di avvicinarsi a Dio. Il cammino insieme di tutti i membri della Chiesa implica questo accompagnamento. Ma richiede anche un cambiamento di stile e di intensità pastorale. Papa Francesco chiama i pastori a fare molto di più che solo insegnare la dottrina della Chiesa — anche se devono chiaramente farlo. I pastori devono assumere «l’odore delle pecore» che servono in modo che «le pecore riconoscano e ascoltino la loro voce». Questo richiede una formazione più accurata e intensa dei ministri, di tutti quelli che invitano il popolo a rinnovare la loro fede.
Il ministero pastorale della Chiesa è inteso ad aiutare i fedeli a crescere nell’arte del “discernimento”. E un elemento chiave del discernimento è la formazione delle coscienze. Il Papa insiste che i pastori della Chiesa devono «dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (Amoris lætitia, 37).
Parte di questa formazione richiede di presentare l’insegnamento della Chiesa nella sua pienezza e senza compromessi anche se con un linguaggio aperto piuttosto che difensivo o unilaterale. Ma le famiglie stesse devono essere invitate a capire come applicare e cominciare a concretizzare questo insegnamento nella particolarità delle loro situazioni. Quelle che si trovano in situazioni molto serie, come i divorziati risposati civilmente, dovrebbero essere invitate a una più profonda inclusione nella vita della Chiesa.
Ma è chiaro che il santo padre non intende affatto cambiare la dottrina della Chiesa e neppure è sua intenzione operare delle modifiche generali alla pratica dei sacramenti o al diritto canonico. Amoris laetitia non è un elenco di risposte ad ogni problema. Piuttosto, è una chiamata all’accompagnamento compassionevole per aiutare tutti a vivere l’amore e la misericordia di Cristo. Nella misura in cui il nostro ministero fa questo, diventa anche un’azione evangelizzatrice.
Mentre ricordiamo la sfida di uscire, di incontrare, e di accompagnare, riconosciamo anche che questo è nel suo fulcro un atto del discepolo evangelizzatore.
Donald Wuerl L’Osservatore Romano, 18-19 novembre 2016
Blog del Regno sul Sinodo dei Vescovi 25 novembre 2016
http://www.lindicedelsinodo.it/2016/11/amoris-laetitia-modello-di-sinodalita.html#more
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CONSULTORI FAMILIARI
I dati di criticità accolti nei consultori toscani.
Nel sito web sono pubblicate 8 relazioni.
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=40&catid=3&m=0&Itemid=162
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova. In rete alcune pubblicazioni
Gabrio Zacchè La storia del parto in slide.
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/slide/92-la-gioia-del-nascere
Gabrio Zacchè L’attività sanitaria nei consultori familiari
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/slide/69-l-attivita-sanitaria-nei-consultori-familiari
Ugo D’Ambrogio Ruoli-dinamiche-organizzative-di-un-consultorio
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/slide/70-ruoli-dinamiche-organizzative-di-un-consultorio
Silvia Cecchi Cosa dice la legge quando i genitori si separano
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=41&catid=3&m=0&Itemid=162
Elisabetta Pelo Sviluppo ed evoluzione dell’identità: genere e sessualità
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=42&catid=3&m=0&Itemid=162
Rosanna Intini Sviluppo ed evoluzione dell’identità: genere e sessualità
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=45&catid=3&m=0&Itemid=162
Ulrika Widen Incontro al nostro avanzare degli anni.
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/slide/68-incontro-al-nostro-avanzare-degli-anni
Pubblicazioni inserite il 19 novembre 2016
http://www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni
http://www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php
Pescara. Formazione per Consulenti familiari.
Percorso Formativo per Consulenti Familiari, Proposto dal Consultorio Familiare Ucipem di Pescara in collaborazione con la Scuola Italiana di Formazione per Consulenti Familiari SICOF di Roma
www.ucipempescara.org/percorsi/percorso-crescita-interiore-e-maturazione-umana
Trento Percorsi di Formazione per la Coppia
Sappiamo che spesso è difficile trovare un po’ di tempo per pensare a come “siamo” genitori e dedicarci alla nostra formazione di educatori, sappiamo però anche quanto sia importante ritagliarsi uno spazio per riflettere sulle nostre scelte, sui nostri comportamenti: trovare questo tempo vuol dire migliorare la nostra capacità di fare quello che da tutti è chiamato il “difficile mestiere di genitore”, vuol dire investire per i nostri figli e per la nostra famiglia.
Di seguito troverete varie proposte di condivisione e confronto sulle scelte educative. Al di là delle differenze etniche, culturali, ideologiche, l’obiettivo generale è quello di aiutare ogni genitore a “leggere” la sua esperienza familiare e capire le sue trasformazioni.
Ci sono diverse sessioni di percorso, alcune più generali, alcune più definite rispetto all’età dei figli od alla situazione particolare dei genitori e/o della famiglia:
Formazione genitori
Formazione genitori figli adolescenti e preadolescenti
Formazione genitori figli speciali
Formazione genitori separati/divorziati
Il Centro Formazione Genitori Ucipem è disponibile anche a progettare percorsi personalizzati a seconda delle esigenze dei partecipanti del l’ente di riferimento.
www.ucipem-tn.it/formazione-e-prevenzione/percorsi-di-formazione-per-la-coppia
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DALLA NAVATA
1° Domenica tempo dell’Avvento-anno C–27 novembre 2016
Isaia 02, 05. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.
Salmo 122, 01. Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore.
Romani ..13, 11. … è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
Matteo 24, 42. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
Inizia un nuovo anno liturgico nel quale, domenica dopo domenica, ascolteremo il vangelo secondo Matteo. Ma inizio e fine di un anno liturgico possono solo mettere davanti a noi ciò che sta sempre nel nostro futuro: la venuta del Figlio dell’uomo, il nostro incontro con lui. Il nostro Dio è il Signore “che è e che viene” (Ap 4,8), perché è già venuto nella carne fragile e mortale di Gesù, il figlio di Maria morto e risorto, viene in ogni ora nella vita del discepolo per attirarlo a sé, verrà nell’ora dell’esodo di ciascuno di noi da questo mondo, alla fine dei tempi, per introdurci tutti e definitivamente nel suo Regno di pace e di vita piena. Gesù è “il Veniente” (ho erchómenos: Ap 1, 4.8; 4,8), e il suo giorno, “il giorno del Signore” (jom ’Adonaj, kyriakè heméra), sarà la parousía, la manifestazione ultima e definitiva.
Nel brano evangelico odierno ascoltiamo parole di Gesù dette non alle folle ma in disparte, solo ai discepoli (cf. Mt 24,3), al “piccolo gregge” (Lc 12,32), nelle ore che precedono la sua fine, attraverso l’arresto, la condanna e la morte. Sul monte degli Ulivi, a est di Gerusalemme, dove si contempla la città santa e il tempio nel suo splendore, Gesù avverte: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo conosce, è un termine fissato alla storia che solo Dio conosce” (cf. Mt 24,36). Per questa ignoranza da parte degli umani, quando ci sarà la parousía, la venuta del Figlio dell’uomo, regneranno l’indifferenza, la distrazione, il non sapere. Gesù dice queste parole con tristezza, ma sa che per l’umanità è sempre come ai tempi di Noè, quando venne la grande inondazione e colse l’umanità impreparata.
Nel libro della Genesi (cf. Gen 6,5-9,17), il diluvio universale è presentato come castigo di Dio su un’umanità da lui creata ma diventata malvagia, violenta. Decodificando quel testo, possiamo comprendere che, allora come oggi, a volte sembra prevalere su tutto la violenza, l’immoralità, la perdita della dignità umana e della fraternità. In questo caso emerge con evidenza che le scelte di uomini e donne sono mortifere, che il comportamento umano sfigura la terra in un modo devastante, ben rappresentato dalle acque del diluvio o dal deserto che avanza. E di fronte a eventi che fanno prendere coscienza della nostra responsabilità, si manifesta come gli umani siano stati fino all’ultimo distratti, incapaci di capire ciò che stavano preparando con il loro comportamento.
Gesù non dice che la generazione nella quale avverrà “il giorno del Signore” sarà immorale o particolarmente perversa, ma ne denuncia solo l’indifferenza. Sono uomini e donne che vivono: nascono, crescono, si innamorano, si sposano, mangiano e bevono… Sì, vivono, e su questo loro vivere Gesù non pronuncia condanne, proponendo loro un programma ascetico. Denuncia solo la “non conoscenza” (ouk égnosan), il non essere pronti, l’essere indifferenti a ciò che invece va cercato prima di tutto ed è essenziale a una vita veramente umana, che risponda alla volontà e alla vocazione del Creatore.
Dunque nessun castigo da parte di Dio, ma semplicemente la manifestazione della situazione in cui si trova l’umanità di fronte alla presenza e alla venuta del Figlio dell’uomo. Purtroppo noi oscilliamo tra febbre apocalittica con predizioni catastrofiche e indifferenza verso questo evento che, tardando così tanto, pensiamo non ci debba tormentare. Ma questo evento non può essere da noi rimandato alla fine della storia, quasi pensando che non ci riguardi, perché in realtà nell’esodo di ciascuno di noi, nel passaggio da questo mondo all’al di là della morte, saremo messi di fronte alla presenza del Figlio dell’uomo veniente nella gloria. Accadrà dunque che tutto si consumerà quando impareremo dagli eventi che la morte arriva per gli uni prima che per gli altri, sicché chi è con noi al lavoro può essere preso e noi lasciati in vita, o viceversa. Non c’è la stessa ora per tutti, non c’è la stessa occasione per tutti, ma per tutti c’è una fine! Anche questo dovrebbe essere di insegnamento, quasi profezia del giudizio di Dio, quando avverrà una separazione tra quelli che entreranno nel Regno, perché esercitati nella comunione con gli altri, e quelli che non potranno entrare, perché non hanno voluto conoscere la comunione con gli altri ma si sono nutriti di philautía, di amore egoistico di sé. Come nelle sette lettere alle chiese dell’Apocalisse (cf. Ap 2-3), il Signore viene e la sua venuta è giudizio in ogni istante!
Occorre dunque essere a conoscenza del piano di salvezza di Dio, occorre vegliare e tenersi pronti. Come un padrone di casa che sa che il ladro verrà nella notte: che cosa farà? Veglierà, starà sveglio e in attesa, in modo da non lasciare che la sua casa venga scassinata. Ecco la postura del discepolo: sa che il Figlio dell’uomo viene, anche se non conosce l’ora della sua venuta, e forte di questa consapevolezza vive nella vigilanza, nell’attesa. Non si lascia andare, non si distrae, ma pur vivendo umanamente bene, continua a vigilare per aprire prontamente al Signore quando arriverà; verrà sorprendendoci, ma, proprio perché atteso, sarà anche accolto prontamente e con grande gioia.
In ogni caso, di fronte a questo vangelo – dobbiamo confessarlo – la comunità cristiana prova sentimenti di imbarazzo: esita a essere convinta che il Signore viene nella gloria, non pensa che ci sia veramente una fine del tempo e non ha più nel cuore il desiderio bruciante di vedere il Signore. Come diceva Ignazio Silone: “I cristiani dicono di attendere il Signore, e lo aspettano come si aspetta il tram!”. Eppure basterebbe essere più attenti nel leggere la vita che trascorre, la propria e quella degli altri accanto a noi, per renderci conto come ogni giorno, se non siamo distratti, inesorabilmente siamo ricondotti all’evento che ci attende: l’incontro con il Signore. Siamo ricondotti a comprendere che noi, pur vagabondi e mendicanti sulla terra per un pugno di anni – “settanta, ottanta se ci sono le forze” (Sal 90,10) –, in quel giorno avremo bisogno solo della misericordia del Signore.
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11016-vegliate-perche-non-sapete-in-quale-giorno-il-signore-vostro-verra
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DIACONATO
Vaticano, al via i lavori della Commissione sul diaconato femminile
I membri della Commissione, istituita dal Papa il 2 agosto 2016, si riuniscono per due giorni, in sessioni mattutine e serali, presso la Congregazione per la Dottrina della fede.
Zenit 25 novembre 2016
https://it.zenit.org/articles/vaticano-al-via-i-lavori-della-commissione-sul-diaconato-femminile
Tutte le donne sulla strada di Gesù
L’ultimo libro di Enzo Bianchi (Gesù e le donne, Einaudi, pagine 126, euro 17,00) presenta quello che tra le donne di Gesù non ci sia la Madre, quell’archetipo della tradizione cristiana in cui la donna è “femmina un giorno e poi madre per sempre”, come attesta persino Fabrizio De Andrè.
Questo libro parla delle donne di Gesù: donne con cui non scorre parentela di sangue, né legami di diritto, ma frutto di incontri, ospiti generose, pubbliche peccatrici, madri in lutto, bambine ammalate e adulte innamorate. Sciolte da convenzioni, queste donne di Gesù, stanno “di fronte” a lui e interagiscono con lui sul piano di una pari e libera dignità.
Una scrittura dai modi delicati si affaccia su tale intimità. C’è un pudore quasi devoto verso quelle donne, un ascolto impressionista dei loro gesti silenziosi, delle loro grida o dei loro baci. Una teoria di quadri contemplati, più che commentati, colti nei più discreti dettagli che destano nell’autore – e quindi nel lettore – stupore e piacere. Uno sguardo maschile casto davvero, privo di retorica, così come di pregiudizio, felice di illuminare la bellezza e il senso di quanto accadesse tra le donne e Gesù. Un testimone che non si appropria della materia, ma si pone in essa con mite disinvoltura, facendola, ancora una volta, risplendere.
La pacatezza dell’approccio ha l’intelligenza di mostrare, tuttavia, autentiche rivoluzioni di pensiero, denunce forti intorno alla condizione delle donne di Gesù. Ad esempio, il riscatto di fronte alla Legge – che era rivolta solo ai maschi: “La legge è stata fatta per la donna e non la donna per la legge” (28). Analizzando il racconto lucano della donna curva (Lc 13,10-17), l’autore nota che Gesù la chiamasse: “figlia di Abramo, espressione mai presente né nell’Antico testamento, né negli scritti rabbinici” (53). “Sì, anche lei è figlia di Abramo, realtà evidente eppure mai riconosciuta attraverso l’uso di tale appellativo. Ogni donna è, dunque, erede della Promessa (cf Eb 6,17) in alleanza con il Signore senza bisogno della mediazione degli uomini circoncisi” (54). Una lettura che spazza via qualsiasi possibilità di affermare la dipendenza della femmina dal maschio, in relazione alla Salvezza. Verità che – ahimè! – ancor oggi dei teologi, credenti e non, vanno negando.
Per questo Bianchi cita esegeti di lustro – John Meier o Giuseppe Barbaglio – per affermare che anche “la partecipazione delle donne alla vita comune del gruppo di Gesù (…) è reale e chiaramente riconosciuta”. L’autore si introduce, insomma, in una folla di donne che è sì, all’interno dei Vangeli, ma anche all’esterno, fatta di bibliste, di teologhe femministe – alcune di loro come Marinella Perroni, citate in bibliografia – ma anche di tutte le donne cristiane che aspettano ancora di essere riconosciute nei loro carismi e ministeri. Ed anche nell’immenso coro di dolore delle donne di tutto il mondo, che – come quella di Luca 13 – “sono incurvate dalla durezza della loro vita, dal lavoro loro imposto, dalle umiliazioni e prepotenze subite da parte degli uomini” (51).
Con consapevole onestà, l’autore osserva che le donne scrivono con Gesù pagine di Vangelo e di fede, di sovvertimento e profezia, di Sapienza e teologia. Imprescindibili per il passato e il futuro della Chiesa. Recentemente è stata istituita una Commissione di studio sul diaconato alle donne. Un tema su cui, puntuale, ancorché in maniera mediata, arriva il messaggio del libro. Il ruolo del servizio dei fratelli era forse l’unico accessibile alle donne, ma anche “essenziale a ogni forma di sequela di Cristo” (50); cui si deve aggiungere che la diaconia è quella forma di governo “rovesciata”, che Gesù stesso indica come tipica della Comunità cristiana, secondo la sua testimonianza: “Io sono tra voi come un diacono” (Lc 22,27).
Un testo prezioso per gioire dei Vangeli e per dare vele allo Spirito. Anche a motivo dell’ethos dell’autore. Un monaco laico, che ben cinquant’anni fa “generò” un’icona di monachesimo radicato sì, sull’albero antico della Tradizione, ma con vivi germogli di Profezia. Si può capire andando a Bose e assecondando la melodia che viene dalla Chiesa durante la preghiera: un canto a due cori l’uno maschile, l’altro femminile. Un giubilo di perfezione! Del resto “rivestiti di Gesù ” non v’è muro che tenga tra uomini e donne. Tutti in piedi, con la fronte in alto, a celebrare la vita che Qualcuno, per Amore di ognuno, ha fatto rialzare.
Rosanna Virgili Avvenire 26 novembre 2016
www.avvenire.it/agora/pagine/enzo-bianchi-e-le-donne-sulla-strada-di-gesu
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DIVORZIO
La famiglia di fatto, anche se cessata, esclude definitivamente il diritto dell’ex coniuge all’assegno
Tribunale di Foggia – ordinanza 19 settembre 2016
Il Tribunale di Foggia si pronuncia in merito alle conseguenze sul diritto dell’ex all’assegno di divorzio in caso di convivenza di fatto, anche se cessata.
Una donna proponeva domanda di “soppressione/estinzione” dell’assegno divorzile, posto a carico della stessa e in favore del marito, contestando la decisione della Corte di Appello, che in sede di reclamo e modificando l’ordinanza presidenziale, aveva rigettato l’impugnazione inerente l’assegno divorzile posto a suo carico, in relazione alla deduzione relativa alla convivenza del marito con altra donna, pur ravvisando la necessità di un adeguato approfondimento istruttorio, proprio in ordine alle caratteristiche della convivenza.
L’ex marito si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, contestando tra l’altro di avere mai avuto una stabile convivenza, continua e regolare, tale da giustificare l’invocata revisione con altra donna, non essendo sufficiente la semplice convivenza: non negava il legame avuto, pur se ormai cessato, sostenendo però che esso non fosse qualificabile come una duratura convivenza, essendo stato solo temporaneo e di pochi mesi, come risultante dal certificato di residenza.
Il Tribunale, nel ritenere fondata la richiesta, evidenzia gli elementi che ne supportano l’accoglimento:
a) le affermazioni rese dal resistente all’udienza presidenziale, ove ha dichiarato di convivere con la compagna e il di lei figlio di 14 anni;
b) i documenti prodotti dalla difesa della ricorrente, relativi all’anagrafe del Comune, e alla pratica della residenza del resistente con l’altra donna: il documento reca la sottoscrizione dello stesso resistente, e come tale è dotato di un rilevante valore probatorio;
c) le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, rilasciate da varie persone, tutte convergenti nell’affermare che il resistente avesse coabitato con la compagna e con il figlio di questa, dai primi mesi del 2011 a maggio 2015.
Per il Tribunale, le richiamate circostanze nel loro complesso evidenziano che la relazione del resistente con la compagna sia stata connotata dalla stabilità ed abbia assunto le caratteristiche di una vera e propria famiglia di fatto: gli elementi emergenti dagli atti non sono significativi di una mera convivenza, ma inducono a ritenere sussistente una vera e propria comunione familiare, contraddistinta da obiettivi comuni e condivisi, e portatrice di valori di stretta solidarietà, anche in relazione al rapporto con i figli.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte, aderisce al seguente principio per cui
L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso”.
“Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo”.
Peraltro, conclude il Tribunale, è irrilevante la interruzione della relazione posto che in ogni caso è sufficiente prendere atto che una relazione stabile, nel senso indicato, vi sia stata in precedenza.
Esito: revoca dell’assegno di divorzio a carico della ex moglie.
Testo dell’ordinanza Anna Andreani. 20 ottobre 2016
http://news.avvocatoandreani.it/articoli/divorzio-la-famiglia-di-fatto-anche-se-cessata-esclude-definitivamente-il-diritto-dell-ex-coniuge-all-assegno-103280.html
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
La scelta del Papa. Aborto e perdono: sei punti per capire
Aborto, Chiesa, magistero e diritto canonico. Una breve scheda per approfondire la scelta di Francesco nella Lettera apostolica “Misericordia et misera”
Aborto e perdono: sei punti per capire
1 – Aborto e perdono, cosa dice papa Francesco. Nella Lettera apostolica, al n.12, afferma: «Concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto… Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre».
2 – Cos’è l’aborto volontario. Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae lo definisce: «L’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita… una smisurata minaccia contro la vita, non solo di singoli individui ma dell’intera civiltà». Si tratta in ogni caso di un intervento che pone fine alla gravidanza sopprimendo il feto.
3 – Cosa dice la legge della Chiesa.
Il Codice di Diritto canonico (§ 1398) recita: “Chi procura l’aborto incorre nella scomunica latae sententiae”. Si tratta cioè di una pena estrema che scatta in modo automatico senza che ci sia la necessità di una sentenza specifica. La Chiesa ha sempre ammesso la possibilità del perdono a chi è sinceramente pentito. Ma era necessaria l’autorizzazione del vescovo (canone 969) o di un sacerdote da lui delegato. Papa Francesco all’inizio dell’Anno giubilare aveva concesso a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal peccato di aborto. Con la lettera “Misericordia et misera” estende questa possibilità in modo permanente.
4 – Cosa dice il magistero. Tantissime le pronunce di condanna. Fin dal primo secolo la Chiesa si è espressa contro l’aborto provocato. L’aborto diretto rimane gravemente contrario alla legge morale: “Non uccidere il bimbo con l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita” (Didaché, 2, 2). «Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell’uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come pure l’infanticidio sono abominevoli delitti». (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51).
5 – Scomunica e gravità del peccato. Non c’è alcun rapporto tra la scomunica, che riguarda la vita spirituale della persona, e la gravità del peccato. L’aborto resta un peccato mortale come altri, ma il fatto che venga commesso dalla madre stessa contro un figlio innocente, ha indotto la Chiesa a porre l’aggravante della scomunica (che riguarda la persona e non il peccato). Un richiamo quindi perché la donna, e coloro che con lei hanno concorso all’aborto (medici e familiari), decidano di avviarsi su un cammino di penitenza e di conversione.
6 – Cosa cambierà con la decisione di papa Francesco. Sarà agevolato il cammino di conversione di quanti si sono macchiati di questa gravissima colpa. Il fatto che tutti i sacerdoti abbiano ora in modo permanente la possibilità di accogliere e di assolvere queste persone, favorirà anche una presa di coscienza più viva del problema e non potrà che indurre una preparazione e una formazione più accurata da parte dei confessori, come auspicato dal Papa stesso («perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa»).
Luciano Moia Avvenire 22 novembre 2016
www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/il-papa-e-l-aborto-sei-punti-per-capire
“Tutti i preti potranno continuare ad assolvere l’aborto”.
Nella lettera apostolica «Misericordia et misera» Francesco rende definitive le facoltà concesse per il tempo del Giubileo. Prolungata anche la validità delle assoluzioni impartite dai sacerdoti lefebvriani. Viene istituita la Giornata mondiale dei poveri.
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20161120_misericordia-et-misera.html
«Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina» e «anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina». Lo scrive Papa Francesco nella lettera apostolica «Misericordia et misera» con la quale chiude il Giubileo straordinario mantenendo però aperte molte «porte»: tra le decisioni concrete quella di mantenere in servizio i «missionari della misericordia», quella di continuare a concedere a tutti i preti la facoltà di assolvere il peccato di aborto anche dopo l’Anno Santo, quella di continuare a riconoscere come valide e lecite le assoluzioni impartite dai preti lefebvriani, e infine quella di istituire una Giornata mondiale dei poveri.
L’adultera. Il nuovo documento papale prende l’avvio dalle due parole «misericordia et misera», che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera passibile di lapidazione secondo la legge mosaica che viene invece perdonata, una pagina del Vangelo che «può a buon diritto essere assunta come icona di quanto abbiamo celebrato nell’Anno Santo». Francesco ricorda che al centro di quell’episodio evangelico «non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto». Non si incontrano «il peccato e il giudizio in astratto», ma «una peccatrice e il Salvatore» che «ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore». «Una volta che si è rivestiti della misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato – commenta il Papa – essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente».
La misericordia suscita gioia. «Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio – scrive Bergoglio – può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato. Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona». Il Papa ricorda che la misericordia suscita gioia, e dunque in un mondo in cui «sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine», anche per i giovani, con il futuro «ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità», c’è bisogno di «testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali».
Diffondere e conoscere la Scrittura. L’intento del Papa sembra quello di voler chiudere la Porta Santa ma non il tempo della misericordia, continuando a celebrarla, innanzitutto nella messa e nella preghiera: «prima di quella del peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli esseri umani. L’amore è il primo atto con il quale Dio si fa conoscere e ci viene incontro». Francesco propone di intensificare l’ascolto della Parola di Dio. Raccomanda ai preti di curare la predicazione, che «sarà tanto più fruttuosa, quanto più il sacerdote avrà sperimentato su di sé la bontà misericordiosa del Signore». «Sarebbe opportuno – aggiunge – che ogni comunità, in una domenica dell’anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura».
I «missionari della misericordia» non si fermano. Il Papa rilancia quindi il sacramento della riconciliazione. Ringrazia i «missionari della misericordia» che hanno raggiunto le diocesi del mondo, e annuncia che il loro servizio «non si conclude con la chiusura della Porta Santa. Desidero, infatti, che permanga ancora, fino a nuova disposizione, come segno concreto che la grazia del Giubileo continua ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace».
«Sacerdoti, siate generosi in confessionale». Ai preti confessori chiede di «essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio». Il sacerdote nel confessionale «sia magnanimo di cuore». Francesco ricorda che «non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di riabbracciare il figlio che torna da Lui riconoscendo di avere sbagliato, ma deciso a ricominciare da capo. Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina». E «anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina». Il Papa chiede ai preti di evitare «comportamenti che possano contraddire l’esperienza della misericordia» cercata dalle persone. La confessione «ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana» e ciò «richiede sacerdoti che mettano la loro vita a servizio del ministero della riconciliazione».
Tutti i preti continueranno ad assolvere l’aborto. Il Papa per questo scopo, concede «d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto» estendendo dunque nel tempo «nonostante qualsiasi cosa in contrario» quanto concesso per il tempo giubilare. «Vorrei ribadire con tutte le mie forze – aggiunge – che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre». Un’estensione viene stabilita anche per le assoluzioni impartite dai preti della Fraternità San Pio X fondata da Lefebvre: «confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito».
Vicinanza e consolazione. Nella lettera il Papa parla quindi del volto della consolazione. La «misericordia si esprime anche nella vicinanza, nell’affetto e nel sostegno che tanti fratelli e sorelle possono offrire quando sopraggiungono i giorni della tristezza e dell’afflizione». «Asciugare le lacrime – spiega – è un’azione concreta che spezza il cerchio di solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi». E se non ci sono parole adeguate, «anche il silenzio potrà essere di grande aiuto; perché a volte non ci sono parole per dare risposta agli interrogativi di chi soffre».
Famiglie da accogliere. In un paragrafo dedicato alla famiglia, Francesco riprende l’importanza del discernimento suggerito nell’esortazione «Amoris lætitia». «Non possiamo dimenticare che ognuno porta con sé la ricchezza e il peso della propria storia, che lo contraddistingue da ogni altra persona. La nostra vita, con le sue gioie e i suoi dolori, è qualcosa di unico e irripetibile, che scorre sotto lo sguardo misericordioso di Dio. Ciò richiede, soprattutto da parte del sacerdote, un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio».
Opere concrete per chi soffre. Infine, il Papa parla dei segni concreti: «È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia». Ricorda che «intere popolazioni soffrono la fame e la sete» e «masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace». Parla delle carceri «luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane». Anche «la cultura dell’individualismo esasperato, soprattutto in Occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana».
Misericordia come valore sociale. Insomma «le opere di misericordia corporale e spirituale costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale. Essa infatti spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle». Non avere il lavoro «e non ricevere il giusto salario; non poter avere una casa o una terra dove abitare; essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale» sono «condizioni che attentano alla dignità della persona». Quante sono oggi le situazioni «in cui possiamo restituire dignità alle persone e consentire una vita umana! Pensiamo solo a tanti bambini e bambine che subiscono violenze di vario genere, che rubano loro la gioia della vita. I loro volti tristi e disorientati sono impressi nella mia mente». Dopo aver dunque ricordato il «carattere sociale» della misericordia, il Papa chiede di far crescere una cultura della misericordia, «in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli».
La Giornata mondiale dei poveri. È tempo di misericordia «perché i poveri sentano su di sé lo sguardo rispettoso ma attento di quanti, vinta l’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita»; perché «ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono». Alla luce del «Giubileo delle persone socialmente escluse», conclude Francesco, «ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri. Sarà una Giornata che aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo».
Andrea Tornielli vatican insider 21 novembre 2016
www.lastampa.it/2016/11/21/vaticaninsider/ita/vaticano/tutti-i-preti-potranno-continuare-ad-assolvere-laborto-IVK0k8hJUzBKedgizEo7mL/pagina.html
Aborto, Fisichella: cambierà il diritto canonico.
Parla il presidente del pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. Le critiche al Papa? «Non vedo che paura debba esserci nel dare la facoltà di assoluzione ai sacerdoti, che sono ministri della riconciliazione». A Roma per il Giubileo oltre 21 milioni. L’arcivescovo ringrazia le istituzioni, ma non il Campidoglio
Con la decisione del Papa di estendere definitivamente la facoltà di tutti i sacerdoti – eccezionalmente introdotta nell’anno giubilare – di assolvere quanti hanno compiuto il «peccato grave» dell’aborto, si aggiornerà anche il diritto canonico. Lo ha spiegato il responsabile dell’anno santo della misericordia, monsignor Rino Fisichella, nel corso della presentazione della lettera pastorale «Misericordia et misera» con la quale Francesco ha concluso il Giubileo (otto dicembre 2015 – 20 novembre 2016).
«Ad oggi il diritto canonico prevede che l’assoluzione del peccato di aborto sia una facoltà del vescovo della diocesi, e in alcuni momenti il vescovo delega alcuni o anche tutti i sacerdoti della sua diocesi ad assolvere da questo peccato», ha spiegato l’arcivescovo presidente del pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione. «Durante il Giubileo Papa Francesco aveva dato invece facoltà a tutti i sacerdoti di poter assolvere da questo peccato come segno concreto che la misericordia di Dio non conosce limiti, non conosce ostacoli, e quindi anche le persone che sono incorse in questo peccato, che il Papa ribadisce essere estremamente grave, se sono pentite non possono trovare nessun ostacolo per ottenere il perdono di Dio». Il diritto canonico «è un insieme di leggi, e nel momento in cui c’è una disposizione del Papa che modifica il dettato della legge si deve necessariamente cambiare l’articolo che riguarda quella specifica disposizione». In particolare, con l’assoluzione, ha spiegato l’arcivescovo, «viene meno la scomunica latae sententiae». Il provvedimento, ha spiegato ancora Fisichella in risposta alle domande dei giornalisti, riguarda, oltre la donna, anche «medici, infermieri, chi sostiene l’aborto», che si pentano: «Il peccato riguarda tutti, e dunque anche il perdono è onnicomprensivo, riguarda tutti gli attori».
Con queste decisione il Papa non ha paura delle critiche? «Non vedo che paura debba esserci nel dare a tutti i sacerdoti, che proprio perché sono sacerdoti sono ministri della riconciliazione e del perdono, il dover estendere a un peccato come questo», ha risposto Fisichella. «E’ una forma attraverso la quale si indica il percorso della Chiesa come Papa Francesco la immagina, sulla scia dei predecessori, cioè andare incontro a tutti: l’importante è che le persone siano pentite. Ricordiamo che il Papa ribadisce con tutta la forza che l’aborto è peccato grave (per il quale resta la scomunica fino all’assoluzione, ndr) ma con altrettanta forza ribadisce che non c’è peccato che non può essere perdonato da Dio».
Proprio nella lettera a monsignor Fisichella che, il primo settembre 2015, concedeva l’indulgenza in vista del Giubileo iniziato il successivo otto dicembre, Papa Francesco motivava così la sua decisione, ora estesa: «Uno dei gravi problemi del nostro tempo è certamente il modificato rapporto con la vita. Una mentalità molto diffusa ha ormai fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita. Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male che un simile atto comporta. Molti altri, invece, pur vivendo questo momento come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere. Penso, in modo particolare, a tutte le donne che hanno fatto ricorso all’aborto. Conosco bene i condizionamenti che le hanno portate a questa decisione. So che è un dramma esistenziale e morale. Ho incontrato tante donne che portavano nel loro cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa. Ciò che è avvenuto è profondamente ingiusto; eppure, solo il comprenderlo nella sua verità può consentire di non perdere la speranza. Il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al Sacramento della Confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre».
Nel corso della conferenza stampa, monsignor Fisichella ha fornito alcuni dati del Giubileo appena concluso. «Oggi, possiamo affermare con dati sicuri che hanno partecipato al Giubileo qui in Roma 21.292.926 pellegrini», ha detto il presule in merito a «tutti gli eventi giubilari» di Roma. In particolare per quanto riguarda San Pietro i turisti, ha detto il presule, «avevano un altro accesso rispetto ai fedeli», e non sono stati dunque calcolati, sebbene non si possa escludere che tra i fedeli computati vi siano stati «curiosi, persone dalla fede germinale». Come si sa, poi, «per la prima volta nella storia dei Giubilei, questo Anno Santo aveva una caratterizzazione universale. In tutto il mondo si sono aperte le Porte della Misericordia come testimonianza che l’amore di Dio non poteva conoscere nessun confine» e «nei Paesi in cui il cattolicesimo è più profondamente radicato, la percentuale di fedeli che hanno attraversato la porta santa ha superato l’80% del numero di cattolici totali». A livello globale, «è stato possibile stimare una partecipazione media tra il 56% ed il 62% della popolazione cattolica complessiva», con «una forchetta tra i 700 e gli 850 milioni di fedeli che hanno varcato» una porta santa, dato a cui «è necessario aggiungere i fedeli che hanno attraversato le Porte della Misericordia aperte nei santuari e nei luoghi di pellegrinaggio di tutto il mondo»: «La somma di questi dati, pertanto, porta a un risultato complessivo di oltre 900-950 milioni di fedeli che in tutto il mondo hanno attraversato la Porta Santa».
Monsignor Fisichella ha ricordato che il Giubileo della misericordia era iniziato l’otto dicembre 2015 «sotto un attacco di violenza inaudita in Europa», quello di Parigi del precedente 13 novembre, e «la paura aveva fin dall’inizio scoraggiato molti a mettersi in cammino per raggiungere Roma. Con il passare delle settimane, invece – ha proseguito l’arcivescovo leggendo un testo – grazie a una fattiva opera di messa in sicurezza della città, i pellegrini hanno potuto vivere con tranquillità ed entusiasmo la loro esperienza giubilare». Monsignor Fisichella ha ringraziato, al proposito, il Ministro dell’Interno, ha sottolineato la «collaborazione vincente tra l’Italia e la Santa Sede che attraverso la Segreteria Tecnica, presieduta dal Prefetto di Roma, ha potuto garantire un corretto svolgimento di tutte le iniziative giubilari, soprattutto per i grandi eventi che hanno visto un notevole flusso di pellegrini» ed ha speso infine parole di ringraziamento per la Regione Lazio, «per avere approntato un servizio di sanità e pronto soccorso all’altezza dell’evento non solo negli Ospedali ma anche durante ogni evento giubilare». Una lunga lista di ringraziamenti, dunque, ma non il Campidoglio di Virginia Raggi. Ai giornalisti che gli domandano ragione di questo silenzio, in conferenza stampa, Fisichella si è limitato a rispondere: «Il mio testo parla chiaro».
Iacopo Scaramuzzi vatican insider 21 novembre 2016
www.lastampa.it/2016/11/21/vaticaninsider/ita/vaticano/aborto-fisichella-cambier-il-diritto-canonico-87cQVxcV698A6L1bEEHNpN/pagina.html
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GESTAZIONE PER ALTRI
Minore nato a seguito di maternità surrogata all’estero.
Corte Appello di Milano, sezione Persone, Minori, Famiglia, ordinanza 25 luglio 2016.
E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 cod. civ., nella parte in cui non prevede che l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità del figlio minorenne possa essere accolta solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all’interesse del minore stesso, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, e in riferimento all’articolo 117, comma 1, della Costituzione in relazione all’art. 8 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, firmata a Roma il 04.11.1950 e resa esecutiva con legge 04.08.1955, n.848.
dr Giuseppe Buffone Il caso. It, n. 16213, 18 novembre 2016
Sentenza www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16213.pdf
www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fmi.php?id_cont=16213.php
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INFERTILITÀ
In Italia 3 milioni di coppie sterili: procreazione assistita sì, adozione internazionale no.
In Italia 3 milioni di coppie sterili: procreazione assistita sì, adozione internazionale no. Per lo Stato la prima è gratuita, anche se ha successo solo nel 18% dei casi. Dimenticata l’accoglienza dei bambini abbandonati. Quando si tratta di genitorialità, la legge non è uguale per tutti. Lo dimostra la decisione del nostro governo di inserire le tecniche di procreazione medicalmente assistita tra le forme di maternità che possono contare sul sostegno economico previsto dai Lea – Livelli Essenziali di Assistenza -, mentre l’adozione internazionale è rimasta ormai orfana di qualunque misura di supporto. Nonostante le Pma comportino un’enorme dispersione di risorse, mentre milioni di bambini abbandonati nel mondo attendono di trovare una famiglia.
Secondo le informazioni fornite dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2014 – anno a cui fanno riferimento i dati più recenti -, oltre 70mila coppie con problemi di fertilità hanno chiesto l’aiuto di uno specialista per avere un figlio. Di queste, però, solo 12.720 hanno raggiunto il proprio obiettivo. In termini percentuali, questo vuol dire che solo il 18% dei tentativi di mettere al mondo un bambino con la procreazione assistita ha successo. Di solito, infatti, quasi la metà delle coppie che tentano la strada della Pma abbandona il percorso prima del termine dei cicli previsti. Senza contare che i tempi di attesa per queste prestazioni sono ancora lunghissimi: si può arrivare anche a un anno e mezzo solo per la prima visita.
Eppure lo Stato ha deciso di inserire tali tecniche nei Lea, la serie di servizi e prestazioni che il nostro Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a offrire in via gratuita o a costi ridotti, dietro pagamento di un semplice ticket. Il Ssn garantisce per esempio la selezione dei donatori di cellule riproduttive. E coloro che si rivolgono all’eterologa devono solo contribuire ai costi nella misura fissata dalle regioni e dalle pubbliche amministrazioni.
Insomma, la procreazione medicalmente assistita, pur facendo registrare risultati molto scarsi, è evidentemente considerata un importante diritto da parte dello Stato. Tanto che quest’ultimo decide di garantirlo gratuitamente o quasi e quindi di sobbarcarsene i costi.
Non così per l’adozione internazionale. La proposta di legge di Bilancio per il 2017, attualmente all’esame delle Commissioni e delle Aule del Parlamento, non prevede neanche un euro di intervento specifico a favore di questa forma di genitorialità. Le misure di sostegno economico per chi adotta un bambino straniero sono quelle di base per ogni forma di natalità. Dimenticando, però, che i genitori adottivi sostengono dei costi e che l’unica forma di aiuto in tal senso sarebbe quel Fondo per le adozioni internazionali, le cui procedure di rimborso alle coppie adottive sono ferme da anni.
Le coppie sterili in Italia sono stimate essere circa 3 milioni. Le cause dell’infertilità sono diverse, da stili di vita sbagliati a particolari patologie, al tentativo di avere figli sempre più posticipato nel tempo. Le soluzioni sarebbero anch’esse molteplici. Ma non tutte sembrano essere considerate degne di uguale attenzione e sostegno. A giudicare dal supporto economico offerto dallo Stato, sembra che il nostro Paese abbia fatto una scelta chiara: procreazione assistita sì, adozione internazionale no. Un ulteriore passo verso la rottamazione di quest’ultima?
Fonti: L’Inkiesta, Il Sole 24 Ore News Ai. Bi. 21 novembre 2016
www.aibi.it/ita/procreazione-assistita-si-adozione-internazionale-no
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OBIEZIONE DI COSCIENZA
Il diritto di obiezione
Analisi del diritto di obiezione come previsto nella Legge 194 del 1978 alla luce degli ultimi fatti di cronaca. In seguito agli ultimi fatti di cronaca è scaturito un grande dibattito nell’opinione pubblica in merito al diritto di obiezione di coscienza a partire da un caso in cui tale diritto non trovava nessuna applicazione, come confermato anche dagli ispettori ministeriali. Con questo articolo si vuole quindi informare il lettore, giurista e no, in merito alla disciplina di questo diritto alla luce delle leggi vigenti e delle pronunce della Corte Costituzionale.
Innanzitutto è bene inquadrare il generale diritto di obiezione di coscienza che prevede il diritto al rifiuto individuale, pubblicamente espresso, a tenere il comportamento, imposto da un obbligo giuridico, di fare, ritenuto ingiusto dalla coscienza in forza di una norma etica, religiosa, filosofica, sentita più vincolante della norma giuridica.
Tale diritto è previsto in quattro situazioni espressamente codificate:
1. obiezione al servizio militare [Leggi 1972, 1974, 1988, modificate da diverse sentenze della Corte Costituzionale, ma oggi inoperanti per la soppressione del servizio di leva obbligatorio]
2. obiezione alla sperimentazione animale [Legge 413 del 1993]
3. obiezione alla procreazione medicalmente assistita [Legge 40 del 2004, articolo 16]
4. obiezione all’interruzione di gravidanza [Legge 194 del 1978, articolo 9]
Il fondamento di questo diritto è, senza dubbio, una conquista della civiltà moderna, ed è infatti riconosciuto dalla Corte Costituzionale per l’implicita inclusione entro gli articoli 2, 19 e 21 della nostra Costituzione [Corte Costituzionale, Sentenza n. 43/1997].
È espressione del principio di laicità che assicura la neutralità dello stato in merito a questioni etiche e, soprattutto, di un principio pluralista nel quale la libertà di coscienza del singolo individuo rappresenta un valore per tutta la società democratica. In particolare, secondo la norma prevista all’Articolo 9 della Legge 194 del 1978: “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.
Limiti all’esercizio del diritto. In ogni regime liberal-democratico vige la regola per cui: “la libertà incontra il limite delle libertà altrui” [V. Crisafulli, Di libertà si può anche morire, Stato, popolo, Governo, Milano, 1985, p. 319]. A tale monito non si sottrae certo il diritto di obiezione di coscienza che trova diversi limiti nel suo legittimo esercizio.
Sono individuabili tre requisiti fondamentali della previsione generale di questo diritto:
La necessità della esistenza di un conflitto tra due interessi costituzionalizzati;
La reperibilità dell’obiezione, non ad una generica libertà di coscienza, sottomessa a soggettivismi, eccentricità, stravaganze e tornaconti personali, ma a specifici interessi e valori di natura costituzionale;
La necessaria convivenza e soddisfacimento reciproco di entrambi gli interessi collidenti, in modo da giungere ad una risoluzione del conflitto senza avere il sacrificio totale di una parte o lo svuotamento irreparabile del diritto dell’altra.
Nell’ambito dell’interruzione di gravidanza tali limiti sono previsti specificamente dalla legge sopracitata nel modo seguente:
1. il limite della dichiarazione preventiva “entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni”, al fine di consentire alla struttura sanitaria la sostituzione del soggetto obiettore con altri medici non obiettori, in modo da garantire il servizio previsto per legge a tutela del diritto alla prestazione richiesta;
2. il limite che incontra l’obiezione nel pregiudizio irreparabile dell’interesse in conflitto quale la vita e la salute altrui, in particolare l’articolo 9 recita: “L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo” [Tale principio è ribadito anche dagli articoli 22, 3.16, 8, 3 rispettivamente dai Codici deontologici del medico, dell’ostetrica/o, dell’infermiere e del farmacista].
Sono inoltre desumibili dalle ipotesi di obiezioni codificate i limiti oggettivi di validità generale:
1. limite oggettivo dell’essere gli atti specificamente e necessariamente diretti alla realizzazione del fatto oggetto dell’obiezione;
2. limite oggettivo dell’esclusione dell’obiezione rispetto alle attività di assistenza antecedenti e conseguenti all’intervento.
Limiti soggettivi discriminatori. Rappresentano limiti soggettivi discriminatori quei limiti che sono previsti in modo arbitrario rispetto a certe categorie di soggetti, integrando in tal modo una violazione dei principi costituzionali di libertà di coscienza, di pluralismo e, in particolare, di eguaglianza. In particolare sarebbe tale l’alternativa tra il compimento dell’atto contro coscienza e la rinuncia alla pubblica funzione posta in capo agli operatori sanitari preposti al compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza. Ad essi, inoltre, non possono essere applicate sanzioni civili, penali, amministrative, disciplinari, né trattamenti discriminatori sotto il profilo professionale a conseguenza dell’esercizio del diritto di obiezione.
Diversa sarebbe la previsione di particolari indennità per i medici non obiettori stante il carico di lavoro aggiuntivo che questi subiscono proprio per consentire alla coscienza dei colleghi di esprimersi liberamente.
Conclusione e problemi applicativi. Il diritto di obiezione di coscienza è ormai riconosciuto da tutte le Carte che tutelano i diritti fondamentali, sia a livello nazionale sia a livello europeo ed internazionale [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea Art 10, par. 2]. Questo non significa che non ci siano problemi di applicazione, soprattutto in Italia, dove il numero di medici obiettori è molto elevato e, purtroppo, concentrato in alcune regioni. Per ovviare a questo problema da alcuni definito come “boicottaggio sub specie di obiezione”, poiché spesso dettato da ragioni per nulla ascrivibili a genuine scelte di coscienza, non mancherebbero certo gli strumenti, a partire dal concepire prestazioni alternative che confermino, anche in modo indiretto, la “buona fede” del soggetto obiettante e compensino la portata della sua scelta [Corte EDU, Grande Camera, Sentenza 7 luglio 2011, Ricorso n. 37334/08, Bayatyan c. Armenia, parr. 124 e 125], proseguendo con la previsione, già citata, di indennità particolari per medici non obiettori ed, infine, la legittimità dell’assunzione a tempo determinato di ginecologi che rinuncino a sollevare obiezione o il ricorso a personale non obiettore esterno alla struttura in virtù della c.d. “mobilità del personale”.
Ad avviso di chi scrive è invece troppo rigida, nonché in contrasto con l’articolo 4 della Carta Costituzionale la posizione di coloro che sostengono l’eliminazione del diritto di obiezione di coscienza per coloro che, oggi, scelgono di intraprendere il settore di specializzazione medica ginecologica ben sapendo cosa li attende. A maggior ragione perché sarebbe difficile, a quel punto, tutelare la maturazione di diverse convinzioni nel corso del tempo costringendo, di fatto, il soggetto ad abbandonare la professione e trovare una diversa occupazione.
Jacopo Bennardi FiLo diritto 07 novembre 2016
www.filodiritto.com/articoli/2016/11/lobiezione-di-coscienza.html
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ONLUS – NON PROFIT
ISTAT: Al via la Rilevazione campionaria sulle istituzioni non profit
Coinvolge un campione di circa 40 mila enti non profit, che devono rispondere entro il 10 marzo 2017. L’obiettivo è quello di integrare le informazioni presenti nel Registro statistico
Non profit on line 24 novembre 2016
Dettagli www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7067
Referendum. Cambiare è necessario, il non profit spinge per il Sì
Dall’endorsement delle Acli alle campagne informative delle coop e di Cittadinanzattiva. Così il Terzo settore guarda al referendum del 4 dicembre 2016. «Sappiamo che il mondo cambia e anche le istituzioni possono e devono cambiare. Perché sappiamo che senza un’adeguata manutenzione istituzionale la politica si trasforma in antipolitica. Per questo riteniamo opportuno che si riformi l’assetto istituzionale. Una eventuale vittoria del “no” metterebbe seriamente in crisi il lavoro dell’attuale esecutivo, che sta cercando con forza di intervenire sulla condizione di inerzia di questo nostro Paese». È questo il cuore dell’endorsement a favore del sì al referendum costituzionale del 4 dicembre espresso dalle Acli in un documento pubblico reso noto a fine ottobre. Un “sì” convinto, dunque, frutto di centinaia di incontri di approfondimento. Incontri che molte organizzazioni hanno messo in campo, per capire di più, per discutere, anche animatamente.
Lo stesso filo logico seguito da Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, organizzazione che sta promuovendo in queste settimane una serie di iniziative di informazione per divulgare i contenuti del quesito e sostenere il diritto al voto dei cittadini (con un apposito sito web, referendum.cittadinanzattiva.it). «L’informazione è partecipazione», chiarisce Gaudioso, «soprattutto in un settore, il diritto alla salute, che un eventuale nuovo scenario impatterebbe direttamente». Come è noto, infatti, uno degli snodi centrali della riforma riguarda la competenza regionale in termini di politiche sanitarie: ai territori rimarrebbe la competenza su programmazione e organizzazione dei servizi sanitari, mentre le disposizioni generali sulla tutela della salute passerebbero allo Stato. È un passo da compiere? «Cambiare è non solo necessario, ma urgente», risponde Gaudioso, «visto che in questi anni si è creato un fossato tra realtà diverse del Paese: l’accessibilità universale ai servizi essenziali è rimasta sulla carta, e chi vive in certe regioni è un cittadino di serie B».
«La regionalizzazione in sanità ha determinato grosse differenziazioni ingiustificate che ledono il diritto alla salute dei cittadini», conferma Fabrizio Pregliasco, presidente dell’Anpas. «Basti pensare all’organizzazione dei servizi di emergenza e urgenza, che soffrono di profonde disomogeneità territoriali pagate dai malati. O anche alle campagne vaccinali: non è possibile che la prevenzione sia meno efficace da regione a regione. Anche qui, a pagarne le conseguenze sono i cittadini, oltre allo Stato che vede aumentare i costi sanitari». La regionalizzazione in sanità ha creato cittadini di serie A e cittadini di serie B. Non è possibile che la prevenzione sia meno efficace da regione a regione Fabrizio Pregliasco (Anpas).
Motivazioni concrete, dunque, ma non di poco conto: la scelta per il sì o il no al referendum, pur senza toccare i principi fondamentali della “Costituzione più bella del mondo” avrà conseguenze dirette su diritti, uguaglianze, opportunità che la stessa Carta garantisce a tutti gli italiani. «Noi abbiamo sottolineato la necessità di informarsi e partecipare al voto», esordisce il numero uno di Federsolidarietà e portavoce dell’Alleanza delle cooperative sociali, Giuseppe Guerini. «Aborriamo le posizioni manichee, ma siamo favorevoli a un processo riformatore di ampio respiro che liberi il sistema legislativo da eccessive ampollosità e riordini i vari livelli di governo». Una considerazione che ha portato l’Alleanza a organizzare momenti di approfondimento e formazione per i dirigenti delle coop, ma anche Guerini ad andare più in là, esprimendosi personalmente: «La riforma è migliorabile, ma non esistono minacce per la democrazia né derive autoritarie», premette. «Credo che la chiarezza che verrebbe introdotta sulle competenze tra Stato e regioni sia molto positiva, anche perché alcuni territori hanno fatto scempio dell’autonomia loro concessa. Quanto al superamento del bicameralismo perfetto, lo considero necessario per superare lungaggini determinate da motivi estranei al bene comune. Infine, credo che la creazione di un Senato delle autonomie potrebbe dare più potere alle formazioni sociali».
Considerazioni che hanno spinto la rappresentanza dell’intero mondo cooperativo ad esprimersi per il sì. Così la nota dell’Alleanza: «Riteniamo le riforme istituzionali indispensabili per dare più forza e competitività alle imprese, più coesione alla società italiana, più stabilità ed efficacia alle istituzioni». «I processi legislativi attuali sono inadeguati rispetto a un panorama, profondamente mutato negli ultimi vent’anni», conclude Stefano Granata, presidente del Consorzio Cgm, «Bisogna superare la frammentazione che attanaglia l’Italia da più punti di vista, anche economici. Abbiamo bisogno di un cambiamento: se questa riforma è in grado di innescarlo come promette, io sono favorevole».
Sono favorevole a una riforma che inneschi un vero cambiamento. Bisogna superare la frammentazione che attanaglia l’Italia da più punti di vista, anche economici Stefano Granata (Cgm)
Molte anche le prese di posizione personali che pur non impegnando le organizzazioni rendono esplicito l’orientamento al sì. Significative quelle al Comitato per il sì “Libertà è partecipazione” promosso da Riccardo Bonacina, a cui aderiscono Granata, Riccarda Zezza, co-founder di Maam e presidente di Piano C, don Antonio Mazzi, presidente di Fondazione Exodus e Mariagrazia Zanaboni dell’Amico Charly.
Gabriella Meroni Vita.it 23 novembre 2016
www.vita.it/it/article/2016/11/23/cambiare-e-necessario-il-non-profit-spinge-per-il-si/141703
{Le dittature nascono proprio dalla debolezza dei governi che non governano. Il Governo Renzi lo si giudicherà alle votazioni politiche. Ndr}
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PARLAMENTO
Senato. 1°Commissione Affari Costituzionali Protezione dei minori stranieri non accompagnati.
22 novembre 2016. Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 15 novembre, del Dl n. 2583, già approvato dalla Camera dei Deputati C1658 il 26 ottobre 2016, in materia Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Fissato al 14 dicembre il termine per la presentazione di emendamenti al Dl assunto come testo base per il seguito dell’esame.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=996539
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PASTORALE FAMILIARE
Le vere parole del Papa. «Aborto e scomunica, basta con gli equivoci».
La canonista Grazioli spiega da dove hanno origine le incomprensioni dopo la decisione di Francesco che ha esteso a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal peccato di aborto.
Un grande abbraccio di misericordia nel solco della tradizione della Chiesa trasformato in perdonismo a buon mercato, in gesto che azzera ogni profilo etico per l’ansia di voler scoprire la «svolta» a tutti i costi. Cioè esattamente il contrario di quanto scritto del Papa. A tre giorni dalla pubblicazione della Lettera apostolica Misericordia e misera, sulla decisione di Francesco che – come più volte ribadito – ha esteso a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal peccato di aborto prima riservata solo ai vescovi o ai confessori con specifica autorizzazione, continuano ad addensarsi valutazioni strampalate e giudizi approssimativi.
Tanto che l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, in un’intervista a Tv2000, ha definito ‘idiozie’ alcuni titoli e contenuti comparsi su non pochi media. «Voglio dire una cosa nei confronti dei giornalisti –ha aggiunto Fisichella-, in Sala Stampa ne ho sentite di tutti i colori. C’è da parte di qualcuno la tentazione di leggere in fretta e quando si legge in fretta non si capisce. C’è la tentazione di trovare subito qualche cosa. E di tanti contenuti l’occhio è caduto solo sull’aborto. C’è poi la volontà di qualcuno di voler denigrare e trovare quello che non c’è».
Il punto che ha alimentato i maggiori equivoci è risultato quello della cosiddetta scomunica latæ sententiæ (canone 1398) per «chi procura l’aborto ottenendone l’effetto». Scomunica che, non avendo il Papa specificato nulla a riguardo, rimane in vigore fino a decisione contraria.
E allora, perché questa incomprensione? «La confusione – spiega Orietta Rachele Grazioli, canonista, docente di diritto della famiglia alla Lateranense – nasce dal fatto di confondere il piano del delitto da quello del peccato. Nel diritto canonico non tutti i peccati sono delitti, mentre è vero il contrario. Nel caso dell’aborto siamo in presenza di un delitto particolarmente efferato che, come ribadito dal Papa, è anche un peccato gravissimo, cioè l’omicidio di un innocente». La scomunica latæ sententiæ, che cioè scatta in maniera automatica e che rappresenta la pena più grave prevista dalla legge della Chiesa, va a sanzionare proprio questa doppia valenza, cioè delitto grave più peccato altrettanto pesante. Identica pena, per esempio, è prevista (canone 1370) «per chi usa violenza contro il Romano Pontefice».
Ma, a rendere ancora più assurde tante valutazioni espresse in questi giorni sulla decisione del Papa, c’è anche il fatto che il Codice di diritto canonico già prevedeva la possibilità di cancellare la scomunica per i peccati più gravi – aborto compreso – anche da parte di un sacerdote ‘non autorizzato’. «Ma certo, si tratta del canone 1357 che – riprende la canonista – concede al confessore la possibilità di rimettere ‘in foro interno sacramentale’ la censura latæ sententiæ ‘per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda’».
In altre parole, se una donna che ha abortito si rivolge al confessore e mostra di aver compreso la gravità di quanto commesso, manifestando sincero pentimento e fermo proposito di non cadere più nella stessa colpa, il sacerdote può cancellare la scomunica e permetterle di riaccostarsi ai sacramenti. «Una scelta che – riprende Grazioli – si spiega con il senso profondo delle norme previste dal Diritto canonico che è sempre la salvezza delle anime.
Prima della Misericordia et misera, se il sacerdote verificava che per il penitente era troppo gravoso, dal punto di vista spirituale, rimanere lontano dai sacramenti, poteva rimettere la censura e, nell’attesa dell’intervento del vescovo a cui spettava l’assoluzione, concedeva la possibilità di accedere ai sacramenti». Alla luce della decisione del Papa, la facoltà concessa dal canone 1357 – almeno per quanto riguarda l’aborto – dovrà essere riaccordata con le nuove facoltà allargate a tutti i sacerdoti. «Vedremo – conclude la docente – se sarà rivisto il canone o se il Papa interverrà con un Motu proprio».
Luciano Moia Avvenire 24 novembre 2016
www.avvenire.it/chiesa/pagine/aborto-e-scomunica-basta-con-gli-equivoci
La “Misericordia et misera”? Un richiamo a fidarsi della grazia
A conclusione del Giubileo della Misericordia, Papa Francesco invia la lettera apostolica “Misericordia et misera” che parte dal richiamo e dalla riflessione del passo evangelico di Giovanni 8, 1-11: l’incontro di Gesù con l’adultera.
La lettera apostolica è composta da ventidue punti nei quali Papa Francesco mette a cuore a Pastori e fedeli l’opportunità e la necessità che nella Comunità cristiana non si smarrisca quello stile evangelico di essere ospedale da campo, quale luogo dove l’attenzione per chi è ferito sia rivestita di comprensione e tenerezza.
Papa Francesco nel primo punto commenta l’incontro di Gesù con l’adultera dove il Rabbì galileo stigmatizza il legalismo radicale e provoca gli accusatori, che chiedono la morte della donna, a “guardarsi dentro” e potersi dire immuni da peccato. Rimasto solo con la donna le chiede: “Donna dove sono [i tuoi accusatori]? Nessuno ti ha condannata: neanch’io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 10-11). Cristo non giustifica il peccato, ne sottolinea la gravità, però chiede il pentimento e la volontà di orientarsi verso una vita lontana dal peccato. “In questo modo – dice Papa Francesco – aiuta la donna a guardare al futuro con speranza e ad essere pronta a rimettere in moto la sua vita” (n.1). “Una volta che si è rivestiti dalla misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato, essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente” (n.1).
Dopo aver richiamato l’episodio dell’invito a pranzo da un Fariseo dove “una donna peccatrice” si avvicina a Gesù e con le lacrime gli lava i piedi nella disapprovazione dei presenti e Cristo Gesù senza mezzi termini sottolinea “sono perdonati i suoi molti peccati, perché molto ha amato” (Lc 7,47), il Papa ricorda che “il perdono è il segno più visibile dell’amore del Padre…”. Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia… Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona”(n. 2). Questo se vale per i singoli fedeli è un “habitus” che non può mai mancare a chi è stato chiamato al Ministero ordinato.
Ai presbiteri, infatti, Papa Francesco “rinnova l’invito a prepararsi con grande cura al ministero della confessione [e chiede] di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio”(n.10).
A conferma di questo stile, che Papa Francesco desidera essere quello del presbitero che ascolta i peccati e si fa suo buon Samaritano di chi pentito intende tornare a Gerusalemme, dice: “non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di riabbracciare il Figlio che torna da lui riconoscendo di aver sbagliato, ma deciso a ricominciare d’accapo. Fermarsi soltanto alla legge, equivale a vanificare la fede e la misericordia divina. Anche nei casi più complessi dove si è tentati di fare prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina” (n.11). Qui Papa Francesco si richiama alla dottrina dell’efficacia della grazia che dona qualità concreta alla libera decisione del penitente che desidera risalire la china. Il richiamo alla grazia legata ai sacramenti è una necessaria sottolineatura che dà alla confessione una significatività tutta particolare che deve “ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana” (n.11). Questo richiamo ad affidarsi e fidarsi dell’azione della grazia divina lasciata spesso, in questi decenni, nell’ombra per dare forse eccessiva valenza alla consapevolezza umana dei soggetti, giustamente qui viene sottolineata.
La vita cristiana non dona frutti di consolazione e testimonianza senza un lavoro interiore dove libertà e grazia debbono essere sinergiche. Su questo aspetto è importante che si soffermino i Pastori. È la pastorale della pedagogia della santità di cui parlava Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte. Non una santità-stoica ma quell’affidarsi a Dio nel pentimento e nella speranza di sperimentare la Sua misericordia nella fragilità umana. Questo passo è di estrema importanza anche per un rinnovamento della vita cristiana oltre alla mera ritualità e all’efficienza pseudo-aziendale.
Questo accompagnamento interiore, libertà e grazia, fa sperimentare il desiderio di una rinascita umana e spirituale portando con se la gioia della consolazione interiore di cui “tutti abbiamo bisogno perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione” (n.13). Passando poi alle cose pratiche questa lettera apostolica esorta e dona: Esorta a:
Diffondere tra le comunità cristiane la Lectio Divina (n.7)
Dedicare una domenica interamente alla parola di Dio (n.7)
Istituire una Giornata mondiale dei poveri ogni anno nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (n.21)
Curare il momento della morte dei nostri fedeli (n.15)
Dare forma concreta alla carità e al tempo stesso intelligenza alle opere di misericordia (n.19)
Dona
A tutti i presbiteri dà la facoltà di assolvere dal peccato di aborto in ogni tempo liturgico (n.12)
La liceità dell’assoluzione che i presbiteri della fraternità di San Pio X hanno dato ai penitenti che si sono accostati alla confessione con le dovute disposizioni (n.12)
Conclusione: La lettera apostolica Misericordia et Misera che chiude l’Anno santo, apre però, alla Chiesa tutta, una pastorale ed una cultura della misericordia che possa essere piattaforma per la nuova evangelizzazione dove le porte della casa del Padre risultano spalancate soprattutto per chi cerca quella tenerezza interiore che è consolazione dello spirito affranto e provato.
Ettore Malnati, Vicario episcopale per il laicato e la cultura Diocesi di Trieste 21 novembre 2016
www.lastampa.it/2016/11/21/vaticaninsider/ita/commenti/la-misericordia-et-misera-un-richiamo-a-fidarsi-della-grazia-WA2tg1PhFJc2LAvheowxSM/pagina.html
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
La famiglia crocevia di relazioni e di fecondità
XXIV Congresso Nazionale U.C.I.P.E.M. Oristano, 2-4 Settembre 2016
Nel sito web sono pubblicate 8 relazioni del Congresso.
dr Francesco Lanatà La famiglia crocevia di differenze e opportunità
prof. Giuseppe Anzani La famiglia che cambia in una società che cambia
prof. Beppe Sivelli Cercarsi, perdersi, ritrovarsi: il cammino della coppia fra lontananza e vicinanza
p. Alfredo Feretti OMI Amoris laetitia: una road map per le relazioni familiari
prof. Emilio Tribolato Figli in difficoltà tra legami familiari fragili e pressione sociale e mediatica
dr Alice Calori Le nuove famiglie immigrate tra identità e integrazione
avv. Rosalisa Sartorel Il diritto di famiglia oggi: dalla potestà alla responsabilità genitoriale, dall’affido congiunto nelle separazioni all’accesso all’origine nelle adozioni
prof. Domenico Simeone Educare alla generatività le coppie e le famiglie
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=101
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