UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
newsUCIPEM n. 619 – 16 ottobre 2016
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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ADOZIONI INTERNAZIONALI Haiti. Procedure più semplici per le coppie che adottano.
Perù. “Entro 30 giorni sarà riorganizzata l’Autorità Centrale”.
Romania. Entrate in vigore le nuove procedure: iter più veloce.
AFFIDO CONDIVISO Se la figlia non vuole più vedere il padre, la sua volontà va rispettata
No alla particolare tenuità se la madre non affida la figlia al padre.
Se la ex moglie si allontana con il figlio.
Alienazione parentale: il figlio stia più spesso col genitore alienato.
AMORIS LAETITIA Interpretare e attuare Amoris Laetitia. (Antonelli).
CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 19/2016, 12 ottobre 2016.
CHIESA CATTOLICA I cristiani LGBT in Italia. I numeri del Rapporto 2016.
CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Bologna. Iniziativa per genitori di adolescenti.
Jesi. Incontri di formazione per gli operatori su Amoris Laetitia.
CONTRACCEZIONE La pillola può aumentare il rischio di depressione nelle giovani.
DALLA NAVATA 29° Domenica del tempo ordinario – anno C – 16 ottobre 2016.
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
DIVORZIO Divorziati già alla prima udienza.
EUROPA Nuovo no dell’Europa all’utero in affitto.
Adozioni a riconoscimento automatico.
FECONDAZIONE ASSISTITA Proposte di revisione della legge 40/2004.
FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Bene il ministro Costa sul FattoreFamiglia
GENDER Papa e gender: quel difficile confine tra natura e cultura.
MEDIAZIONE FAMILIARE Come si arriva e a cosa si arriva nella mediazione familiare.
MINORI Il rebus dei minori allontanati dalle famiglie.
NULLITÀ MATRIMONIALE Cause di nullità: a che punto la riforma?
La lunga convivenza va eccepita nella costituzione in giudizio.
POLITICHE FAMILIARI Misure fiscali a sostegno della famiglia.
PSICOTERAPIA L’ansia da separazione
SCIENZA&VITA Consiglio d’Europa rigetta mito della maternità surrogata gratuita.
UNIONI CIVILI Sanzioni, aggravanti e attenuanti come per matrimonio.
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
Haiti. Procedure più semplici per le coppie che adottano.
Buone notizie dalla Repubblica Dominicana. Dal prossimo primo febbraio 2017 riaprirà i battenti l’ambasciata italiana chiusa due anni fa. A comunicarlo il Consiglio dei Ministri, “su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni – recita il comunicato ufficiale del Governo – è stato approvato l’istituzione di tre Ambasciate d’Italia: a Niamey (Niger), Santo Domingo (Repubblica Dominicana) e Conakry (Repubblica di Guinea)”. E così sono state mantenute le promesse fatte dal viceministro degli Esteri Mario Giro “il Governo ha sempre detto che l’ambasciata sarebbe stata riaperta dopo due anni. “E così è stato.
Gli italiani in Repubblica Dominicana chiedevano da tempo la riapertura dell’ambasciata. Per due anni, i nostri connazionali hanno dovuto fare riferimento all’ambasciata a Panama anche per le pratiche più semplici: perdere un passaporto dava vita ad un’odissea, ma soprattutto la chiusura dell’ambasciata aveva comportato ritardi nelle pratiche di adozioni internazionali anche per le coppie italiane in attesa di accogliere un bambino di Haiti. Ora, invece, con l’apertura dell’ambasciata a Santo Domingo, la procedura per l’ottenimento del visto dei minori per le coppie italiane che adottano (dall’inizio del prossimo anno) ad Haiti dovrebbe essere più veloce.
Ai.Bi, presente ad Haiti fin da gennaio 2013 accoglie con entusiasmo questa notizia che va a rincuorare le coppie in attesa di unirsi ai loro figli. Le coppie che intendono adottare ad Haiti devono essere sposate da almeno 5 anni. L’età minima di almeno uno dei coniugi è di 30 anni e il limite massimo per gli aspiranti genitori di 50 anni. Due i viaggi necessari nel Paese di origine del futuro figlio. Il primo, di circa 3 settimane, sarà finalizzato alla conoscenza del bambino e a trascorrere un periodo di convivenza di almeno 14 giorni. Il secondo viaggio, invece, servirà per andare ad accogliere il bambino che sarà affidato alla coppia mentre sarà predisposta la documentazione necessaria per il suo ingresso in Italia.
News Ai. Bi. 12 ottobre 2016
www.aibi.it/ita/riapre-lambasciata-italiana-a-santo-domingo-procedure-piu-semplici-per-le-coppie-che-adottano-ad-haiti
Perù. Risoluzione del Ministero (MIMP): “Entro 30 giorni sarà riorganizzata l’Autorità Centrale”
Ma le attività non sono sospese. Il ministro della Donna e delle Popolazioni vulnerabili (MIMP), Ana Maria Romero-Lozada, ha comunicato che nei prossimi giorni il Ministero rilascerà i risultati di un audit interno che si sta svolgendo all’interno della Direzione Generale di Adozioni (DGA).
La risoluzione ministeriale (256-2016) ha istituito una Commissione che si occuperà di riorganizzare la DGA, alla luce della preoccupazione del ministero per lo stato in cui si trovano i minori che sono stati adottati negli anni precedenti alla sua gestione. “Saranno necessari 30 giorni per riorganizzare la DGA del Ministero – dice il ministro nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito del MIMP – Questo il termine che ci siamo proposti grazie alla creazione di una Commissione che valuterà, farà raccomandazioni e gestirà la riforma interna (di questa istituzione). Riteniamo che non sia stato seguito un procedimento molto chiaro nei processi di adozione (svoltisi) in passato e ciò sarà oggetto dell’audit interno”.
Più nello specifico il ministro Romero-Lozada spiega che fino ad oggi non hanno ritrovato le rispettive relazioni rispetto ai minori che sono stati adottati negli ultimi anni ed è preoccupante: “non avere a disposizione le relazioni delle post adozioni – aggiunge – non sapere dove sono questi bambini “. “La questione è molto delicata trattandosi di minori che sono sotto la cura dello Stato – precisa – e non possiamo avere informazione sulla loro situazione e dove si trova ciascuno dei bambini che sono sotto la nostra tutela”.
L’obiettivo della riorganizzazione della DGA è garantire il diritto dei minori dichiarati legalmente in stato di abbandono, a vivere in una famiglia al fine di preservare la loro integrità e garantire il loro interesse superiore. Il comitato di riorganizzazione è composto da un rappresentante dell’ufficio ministeriale; la direttrice generale della sezione Bambini e adolescenti del MIMP o un suo rappresentante; la direttrice generale della sezione Famiglia e Comunità o il suo rappresentante; la direttrice esecutiva del programma nazionale globale per il benessere familiare o un suo rappresentante; e il direttore generale della Direzione Generale della Programmazione e Bilancio o il suo rappresentante.
Nella risoluzione non si evince alcuna decisione in merito alle attività per le adozioni internazionali a differenza delle voci che circolavano nelle scorse settimane secondo cui il Vice Ministro del MIMP, ministero della Donna e delle Popolazioni vulnerabili (a cui fa capo l’Autorità Centrale per le adozioni in Perù), avesse comunicato alla stampa locale la decisione di sospendere le procedure di adozione dei bambini peruviani da parte di cittadini stranieri. Alla base di questa presa di posizione ci sarebbero principalmente gravi violazioni nella gestione del monitoraggio post adottivo relativo a minori adottati da coppie degli Stati Uniti.
News Ai. Bi. 21 settembre 2016
www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-peru-risoluzione-del-ministero-mimp-entro-30-giorni-sara-riorganizzata-lautorita-centrale-ma-le-attivita-non-sono-sospese
Romania. Entrate in vigore le nuove procedure: iter più veloce.
Tempi più brevi per l’adozione di bambini rumeni da parte delle coppie che vivono all’estero. Lo ha stabilito il Parlamento di Bucarest che, a partire dal mese di agosto 2016, ha introdotto, delle novità alla legge in materia. La più importante delle modifiche riguarda la riduzione del periodo di tempo che può trascorrere dall’apertura della verifica di adottabilità dello status giuridico del minore alla dichiarazione di adottabilità. Si passa da 2 anni a 1. In sostanza un bambino rumeno potrà essere dichiarato adottabile all’estero se dopo 12 mesi, e non più dopo 24, non è stato ancora adottato da una coppia residente in Romania.
Si riducono anche i tempi dell’iter adottivo. La data della prima udienza dovrà essere fissata entro 15 giorni dal momento in cui il dossier della coppia verrà depositato al Tribunale rumeno. Alla seduta giudiziaria potrà partecipare anche solo uno degli aspiranti genitori adottivi, purché presenti una procura del coniuge assente con cui quest’ultimo autorizza il consorte a fare le sue veci in occasione dell’udienza.
Ridotti a un terzo anche i tempi per il ricorso in istanza giudiziaria: il termine di appellabilità della sentenza scende infatti da 30 a 10 giorni.
Cambia inoltre il termine ultimo per presentare i documenti integrativi al dossier della coppia, eventualmente richiesti dall’Autorità Centrale di Bucarest, ovvero l’Autorità nazionale per la Protezione dei diritti del minore e per l’adozione (Anpda). In questo caso c’è un leggero prolungamento, da 3 a 4 mesi.
Dopo l’emissione dell’abbinamento da parte dell’Anpda, ci sarà meno tempo a disposizione – 30 giorni e non più 45 – per l’invio alla stessa Autorità Centrale dell’Autorizzazione al Proseguimento dell’iter e della Lettera di Garanzia prodotta dalla Commissione adozioni internazionali. Quest’ultima, che non dovrà più essere inviata al Tribunale rumeno assieme al dossier amministrativo, è un documento con cui la Cai garantisce alla sua corrispondente rumena che il minore, una volta adottato in Italia, avrà gli stessi diritti di qualsiasi figlio biologico delle coppie italiane.
Qualche cambiamento anche nella modulistica da produrre. Nella richiesta di adozione non verrà più indicato quanti bambini, di che età e sesso la coppia vorrebbe adottare. Queste informazioni dovranno essere riportate nella parte finale della relazione psicologica redatta dall’Ente Autorizzato a cui gli aspiranti genitori si rivolgeranno. Viene inoltre richiesta la traduzione certificata, e non più legalizzata, dei documenti. Quelli emessi da un’Autorità o legalizzati da un agente pubblico non avranno più bisogno di sovra legalizzazioni.
Infine, cambia anche il format delle relazioni di post adozione, per le quali viene però confermato il numero: saranno sempre 4 all’anno per un biennio.
News Ai. Bi. 22 settembre 2016
www.aibi.it/ita/rromania-entrate-in-vigore-le-nuove-procedere
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AFFIDO CONDIVISO
Se la figlia non vuole più vedere il padre, la sua volontà va rispettata.
Corte di cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n. 20107, 7 ottobre 2016.
Nulla possono farci i tribunali o i servizi sociali, il ravvicinamento può avvenire solo su base spontanea. Se il figlio adolescente trascurato lo desidera, gli incontri con il genitore vanno interrotti. O meglio: non possono essere forzati. La Corte di cassazione ha infatti affermato che se un genitore ferisce il proprio figlio dandogli poche attenzioni, nulla possono farci né i tribunali né i servizi sociali: il ravvicinamento può avvenire solo su base spontanea.
Nel caso di specie si trattava di una figlia, una ragazzina di quindici anni, ferita dal fatto che il padre, dopo il divorzio dalla madre, si era limitato a mandarle alcuni sms e a farle sporadiche telefonate. Di conseguenza l’adolescente si era mostrata del tutto indisponibile a partecipare a un progetto di riavvicinamento con il padre.
Per la Cassazione, dinanzi a un tale quadro, non può essere contestata la decisione presa dal giudice del merito di non forzare la ragazza ma di limitarsi a dare incarico ai servizi sociali di monitorare la situazione anche offrendo al padre il supporto necessario per individuare la migliore strategia per recuperare la relazione con la figlia.
Tale decisione è infatti incentrata sulla valutazione dell’interesse del minore e sulla valorizzazione della sua capacità di autodeterminazione: correttamente è stato ritenuto che imporre percorsi terapeutici e incontri obbligati o addirittura mutare il regime di affidamento potrebbero pregiudicare ulteriormente la relazione padre-figlia. Se la ragazza non si sente pronta, forzarla sarebbe deleterio: il padre non può farci nulla, ma, semmai, deve impegnarsi a ricostruire il rapporto compromesso.
Valeria Zeppilli News StudioCataldi.it 13 ottobre 2016 Sentenza
www.studiocataldi.it/articoli/23665-cassazione-se-la-figlia-non-vuole-piu-vedere-il-padre-la-sua-volonta-va-rispettata.asp
No alla particolare tenuità se la madre non affida la figlia al padre
Corte di Cassazione, sesta Sezione penale, Sentenza n. 42012, 5 ottobre 2016
Per la Cassazione viola il codice penale la madre che non affida a figlia all’ex marito secondo quanto stabilito dal giudice. Non può invocare la particolar e tenuità del fatto la donna che non ottempera all’ordinanza del Tribunale privando il padre, suo ex marito, dell’affidamento della figlia come stabilito dall’autorità, integrando così il reato di cui all’art. 388, comma 2, del codice penale.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso da una donna che aveva impugnato la sentenza con cui la competente Corte territoriale, confermando quanto stabilito in primo grado, aveva confermato la condanna per il reato di cui all’art. all’art. 388, comma 2, c.p. (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). La ricorrente, omettendo di affidare la figlia all’ex marito negli orari e nei giorni prescritti dall’ordinanza emessa dal Presidente del Tribunale, aveva eluso ripetutamente l’esecuzione del predetto provvedimento giurisdizionale. A nulla serve per la difesa invocare la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis del codice penale: la Corte, evidenziano gli Ermellini, ha esaurientemente e convincentemente motivato in ordine alla non ricorrenza della particolare tenuità del fatto, richiamando i parametri indicati dalla norma stessa ai fini dell’applicazione della scriminante.
Infondata, infatti, appare la tesi difensiva secondo la quale il padre si sarebbe presentato del tutto saltuariamente per esercitare il suo diritto di visita. Come correttamente evidenziato dai giudici d’Appello, il vero motivo per cui la donna non aveva dolosamente consentito al padre di vedere la bambina, era riconnesso ad una sorta di ritorsione dell’imputata al mancato pagamento di quanto dovuto dall’ex marito.
Stante l’inammissibilità del ricorso, la ricorrente dovrà altresì pagare le spese processuali e la somma di 1.500 euro alla cassa delle ammende.
Lucia Izzo studio Cataldi 10 ottobre 2016 Sentenza
www.studiocataldi.it/articoli/23639-no-alla-particolare-tenuita-se-la-madre-non-affida-la-figlia-al-padre.asp
Se la ex moglie si allontana con il figlio
Ecco le conseguenze penali e civili che ne possono derivare. Quando una coppia entra in crisi, spesso prendono il via battaglie su più fronti durante le quali coloro che un tempo pensavano di non poter fare a meno l’uno dell’altra si sferrano reciprocamente colpi anche molto dolorosi. E non è raro che un genitore possa decide di allontanarsi dalla casa coniugale portando con sé i figli senza comunicare all’altro dove andranno ad abitare.
Conseguenze penali. Allontanarsi dalla casa coniugale con i figli è un comportamento che può avere conseguenze penale anche piuttosto serie. Il nostro ordinamento, all’articolo 574 del codice penale, punisce infatti con la reclusione da uno a tre anni “chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la potestà dei genitori, al tutore o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi”. Dato che per chiunque deve intendersi anche l’altro genitore, il conto è presto fatto. Di conseguenza, ogni qualvolta un genitore impedisca all’altro di vigilare sul figlio, di svolgere la sua funzione educativa e di avere un legame affettivo con la prole allontanandosi con questa in un posto sconosciuto, corre il rischio di porre in essere un’ipotesi di sottrazione di minore penalmente sanzionabile.
Anche la giurisprudenza è di questo avviso: basti pensare, ad esempio, che con la sentenza numero 42370 del 15 ottobre 2009 la Corte di cassazione ha ritenuto integrato il reato di cui all’articolo 574 c.p. dal comportamento di una donna, affidataria dei figli, che li aveva allontanati dal padre consentendo solo dei contatti telefonici.
Conseguenze civili. Andare via di casa portando con sé i figli, peraltro, può avere anche conseguenze di carattere civile. Innanzitutto, se mancano dei validi motivi, l’allontanamento dalla casa coniugale può essere considerato motivo di addebito della separazione (cfr., ad esempio, Cass. n.2059/2012).
Con la sentenza numero 10719/2013, poi, la Cassazione ha addirittura levato a una moglie il diritto di abitazione della casa coniugale e l’affidamento dei figli, per aver questa approfittato delle vacanze estive per allontanarsi dall’abitazione con la prole all’insaputa del marito.
Un simile comportamento, infine, può far entrare in gioco la PAS, ovverosia la sindrome dell’alienazione parentale, della quale i giudici hanno iniziato a parlare già da un po’. Si tratta del condizionamento psicologico sui figli fatto da un genitore per distruggere ai loro occhi la figura dell’altro e che rappresenta un motivo idoneo a derogare alla regola dell’affidamento condiviso.
Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Studio Cataldi 10 ottobre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/23553-se-la-ex-moglie-si-allontana-con-il-figlio.asp
Alienazione parentale: per ridurre i rischi basta che il figlio stia più spesso con il genitore “alienato”.
Tribunale di Potenza – Sezione civile Ordinanza n. 1816/2016
Per il Tribunale, infatti, la soluzione non è necessariamente quella di modificare la collocazione permanente del minore. L’estrema conflittualità genitoriale può esporre i minori a uno stress costante e disfunzionale e, a lungo andare, condizionare negativamente il loro corretto sviluppo psichico.
Il Tribunale di Potenza si è trovato a dover giudicare una situazione in cui, purtroppo, due erano i minori che stavano subendo delle ripercussioni psicologiche evidenti dai continui contrasti tra i genitori.
La figlia, ormai ragazza e collocata presso il padre, aveva già sviluppato una dinamica di alienazione parentale rispetto alla madre, con la quale aveva interrotto qualsiasi rapporto.
Per il figlio, collocato presso la madre, invece la situazione non era ancora del tutto compromessa. Tuttavia, l’estrema conflittualità genitoriale lo esponeva “a uno stress costante e disfunzionale”, tale da rendere elevato il rischio di “rimanere imbrigliato anch’egli in una situazione di Alienazione Parentale”.
Del resto il piccolo, nonostante i buoni rapporti con entrambi i genitori, aveva iniziato in alcune situazioni ad assumere atteggiamenti oppositivi, al limite del rifiuto.
Ma qual è il rimedio per evitare tale pericolo? Per il Tribunale non certo quello di modificare la sua collocazione prevalente. Piuttosto è opportuno procedere all’ampliamento dei periodi di permanenza presso il genitore non collocatario, strumento evidentemente utile a far mantenere almeno al piccolo dei rapporti sereni sia con la mamma che con il papà. E tanto è stato disposto dal giudice, che ha modificato in tal senso le condizioni di separazione, mantenendo comunque fermi l’affido condiviso e la collocazione originariamente stabilita.
Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Studio Cataldi 10 ottobre 2016 Ordinanza
www.studiocataldi.it/articoli/23605-alienazione-parentale-per-ridurre-i-rischi-basta-che-il-figlio-stia-piu-spesso-con-il-genitore-quotalienato-quot.asp
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AMORIS LAETITIA
Interpretare e attuare Amoris Laetitia.
Già presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il cardinale Ennio Antonelli, dopo le due pubblicazioni “Crisi del Matrimonio ed Eucarestia” e “Per vivere l’Amoris laetitia” (Ares ed.) offre un nuovo contributo di riflessione “per l’interpretazione e l’attuazione” dell’Esortazione apostolica post-sinodale.
Alcuni passaggi: Amoris Laetitia vede l’autentico amore umano e cristiano come l’unica forza capace di salvare il matrimonio e la famiglia. Esso va posto al centro della famiglia. Il rapporto di coppia è un cammino permanente, che conosce la bellezza e la gioia di essere amati e di amare, ma anche difetti e peccati, difficoltà e sofferenze. Va considerato, con realismo e fiducia, come un crescere e realizzarsi insieme progressivamente, a piccoli passi, con esercizio pratico, paziente e perseverante. “L’amore è artigianale”, come l’educazione dei figli. La novità di Amoris Laetitia, a parte il capitolo ottavo, mi sembra che stia specialmente nella grande attenzione rivolta alla comune esperienza umana, al vissuto esistenziale, religioso, spirituale, con analisi e osservazioni dettagliate, molti consigli pratici, indicazioni concrete per le persone e per la pastorale. L’intento prevalentemente pedagogico suggerisce un linguaggio discorsivo, vivace, coinvolgente, rivolto a tutti e per tutti facile da leggere e da intendere, senza eccessive preoccupazioni per la precisione teologica e scientifica. Il documento può essere utilizzato fruttuosamente dai laici per la loro formazione personale e dagli operatori pastorali per la catechesi. Costituisce, esso stesso, un valido esempio di accompagnamento ecclesiale.
I paragrafi del documento:
L’amore fondamento del matrimonio e della famiglia.
Coerente sviluppo dottrinale.
La dottrina morale.
La responsabilità personale soggettiva.
Accompagnamento pastorale.
Pontificium Consilium pro familia 6 ottobre 2016 link al documento di 6 pag. in pdf
www.familiam.org/famiglia_ita/chiesa/00013757_Interpretare_e_attuare_Amoris_Laetitia.html
www.familiam.org/pls/pcpf/v3_s2ew_consultazione.redir_allegati_doc?p_id_pagina=13757&p_id_allegato=27123&p_url_rimando=/pcpf/allegati/13757/Amoris_Laetitia_%20ITA.pdf
Amoris Laetitia: per l’interpretazione e l’attuazione ottobre 2016 estratto
4. La responsabilità personale soggettiva. Certamente “Amoris laetitia” non dimentica la legge morale oggettiva; tuttavia pone in primo piano ed esplicita ampiamente la prospettiva della coscienza e della responsabilità personale, raccomandando tra l’altro di tenerla in maggiore considerazione nella prassi pastorale (cf. AL 303). Il documento precisa correttamente che l’osservanza delle norme, se attuata senza amore, potrebbe essere insufficiente davanti a Dio (cf. AL 304) e viceversa la vita in grazia di Dio potrebbe realizzarsi anche in una situazione oggettiva di disordine morale, quando i condizionamenti attenuano o annullano la colpevolezza soggettiva (cf. AL 305).
Altro dunque è il grave disordine oggettivo e altro è il peccato mortale personale, che comporta la piena avvertenza e il deliberato consenso. Amoris laetitia conferma la cosiddetta legge della gradualità (cf. AL 295), già formulata da san Giovanni Paolo II: “[L’uomo] conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita” (“Familiaris consortio” 34). Tale legge implica che a volte la coscienza può essere erronea senza cessare di essere retta; può agire in contrasto con la norma morale senza essere colpevole o senza esserlo pienamente. La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad esempio, che il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio). Potrebbe non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio, potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco totale e del comune dono ai figli). Potrebbe infine ritenere erroneamente che l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile, diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, che la continenza sessuale, se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con grave danno per la cura e l’educazione dei figli).
Ho detto che l’osservanza della norma morale potrebbe dalla persona essere ritenuta impossibile erroneamente, perché in realtà, con l’aiuto della grazia di Dio, è sempre possibile osservare i comandamenti, anche quello di essere casti secondo la propria condizione di vita. Il magistero della Chiesa lo insegna impegnando la sua autorità al più alto grado: – “Dio non comanda ciò che è impossibile, ma nel comandare ti esorta a fare quello che puoi, e a chiedere ciò che non puoi, e ti aiuta perché tu possa” (Concilio di Trento, DH 1536). – “Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da osservare: sia anatema” (Concilio di Trento, DH 1568). “L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai, però, impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa” (San Giovanni Paolo II, “Veritatis splendor” 102).
Per chi prega, coltiva un intenso rapporto personale con il Signore Gesù Cristo e invoca, con umiltà e fiducia, l’aiuto della sua grazia, diventa possibile osservare i comandamenti e, se è un divorziato risposato, gli diventa possibile osservare la continenza sessuale. Secondo una celebre metafora, utilizzata più volte da san Giovanni Paolo II, la vita cristiana è difficile come la scalata di una montagna, ma il credente non deve rinunciare a salire, deve invece mettersi in cammino sollecitamente e cercare con coraggio di procedere verso la vetta. Infatti la legge della gradualità non significa che la legge obbligherà in un futuro più o meno lontano. “Non possono guardare alla legge solo come a un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. Perciò la cosiddetta legge della gradualità, o cammino graduale, non può identificarsi con la gradualità della legge, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse” (San Giovanni Paolo II, “Familiaris consortio” 34). Perciò non ci si deve stabilizzare nella situazione contrastante con la legge; non ci si deve adagiare ai piedi della montagna. D’altra parte i pastori nell’insegnare la dottrina non devono abbassare la montagna e nell’accompagnare personalmente il singolo fedele devono aiutarlo a salire con il proprio passo, secondo le sue forze, mettendosi da subito in cammino, pronto a rialzarsi dopo ogni eventuale caduta, deciso a proseguire con l’aiuto di Dio.
5. Accompagnamento pastorale. Amoris laetitia chiede che nella predicazione e nella catechesi i sacerdoti e gli altri operatori pastorali propongano la concezione cristiana del matrimonio nella sua integralità (cf. AL 303; 307). D’altra parte raccomanda di non aggravare ulteriormente la situazione delle persone già oppresse dalla sofferenza e dalla miseria, colpevolizzando la loro coscienza (cf. Al 49).
A riguardo si può ricordare che a volte bisogna tollerare un male minore per evitare un male maggiore e che il sacerdote, nella confessione e nell’accompagnamento personalizzato, può lecitamente, con il suo silenzio, lasciare il penitente nell’ignoranza, qualora lo ritenga, almeno per il momento, incapace di emendarsi di qualche grave disordine oggettivo (ad esempio, la contraccezione o la convivenza sessuale irregolare). Egli con il suo silenzio non approva il male; non coopera con esso; evita solo di aggravarlo, preoccupandosi che il peccato materiale non si trasformi in peccato formale. Il dialogo interpersonale non ha le stesse esigenze di completezza che ha l’insegnamento pubblico. Il sacerdote però non deve continuare a tacere neppure davanti al singolo cristiano, se questi, mentre vive in una situazione pubblicamente conosciuta di grave disordine morale, intende accedere alla comunione eucaristica, sacramento dell’unità ecclesiale, spirituale e visibile, che esige sintonia nella professione di fede e coerenza oggettiva nella forma di vita. “Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale per il buon ordine comunitario e per il rispetto del sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa” (San Giovanni Paolo II, “Ecclesia de eucaristia” 37).
La contraddizione oggettiva e palese crea scandalo e coinvolge la responsabilità della comunità ecclesiale e, specialmente, dei pastori. Il sacerdote, se è a conoscenza della situazione irregolare, deve ammonire la persona interessata, con rispetto e amore, perché non tenga conto solo del suo giudizio di coscienza. Deve rinviare l’ammissione di tale persona alla comunione eucaristica fino a quando non avrà fatto discernimento “col sacerdote in foro interno” (AL 298; cf. 300) e non avrà compiuto, sotto la guida di lui, un cammino ecclesiale appropriato (cf. AL 294; 300; 305; 308). Dato che le norme generali negative obbligano sempre, senza alcuna eccezione, il cristiano in situazione irregolare è tenuto davanti a Dio a fare il possibile per uscire dal disordine oggettivo e armonizzare il suo comportamento con la norma.
Può darsi che la sua coscienza, erronea in buona fede, non se ne renda conto; ma il sacerdote, che lo accompagna, deve guidarlo con carità e prudenza a discernere e a compiere la volontà di Dio nei suoi confronti, fino ad assumere una forma di vita coerente con il Vangelo. I passi, che in questo cammino potrebbero trovare spazio, sono i seguenti:
Verificare la validità del precedente matrimonio e ottenere eventualmente la sentenza di nullità, avvalendosi delle facilitazioni procedurali introdotte da papa Francesco in data 15 agosto 2015 nei due motu proprio “Mitis iudex Dominus Jesus” e “Mitis et misericors Jesus”;
Celebrare il matrimonio religioso o sanare in radice il matrimonio civile;
Interrompere la coabitazione, se non ci sono impedimenti;
Praticare la continenza sessuale, se altre soluzioni non sono possibili (cf. San Giovanni Paolo II, “Familiaris consortio” 84);
In caso di errore temporaneamente invincibile e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo (preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri confronti, come si manifesterà;
Infine si può concedere l’assoluzione sacramentale e la comunione eucaristica, avendo cura di mantenere la riservatezza e di evitare lo scandalo (cf. AL 299);
Il sacerdote ha bisogno di carità e sapienza, per testimoniare la misericordia di Dio che a tutti e sempre offre il perdono e nello stesso tempo per discernere se il perdono viene realmente accolto dal penitente con la necessaria conversione. (Non sembra però che il cristiano, finché rimane in una situazione oggettivamente disordinata, possa rivendicare il diritto ai sacramenti, appellandosi alle sue disposizioni interiori e al suo giudizio di coscienza. Nel capitolo ottavo, “Amoris laetitia” non sembra voler dare comandi, ma solo consigli).
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CHIESA CATTOLICA
I cristiani LGBT in Italia. I numeri del Rapporto 2016
Uno studio dettagliato e illuminante il Rapporto sui cristiani Lgbt, giunto in questo 2016 alla sua terza edizione e diffuso lo scorso 30 settembre 2016 dal Forum del Cristiani Lgbt, la rete informale che dal 2009 promuove l’incontro, il confronto e il collegamento tra persone e gruppi di omosessuali credenti sparsi lungo tutto lo Stivale.
Inaugurato nel 2010 in occasione dell’incontro nazionale del Forum, il Rapporto 2016 indaga 21 dei 28 gruppi e associazioni che raccolgono credenti omosessuali in tutta Italia, fornendo le cifre (età, sesso, numero dei partecipanti) di una realtà spesso frammentata e poco nota, in un passato nemmeno troppo lontano costretta alle “catacombe” dall’indifferenza e dalle resistenze del mondo cristiano, e raccontando gli attuali percorsi di accoglienza e inclusione sperimentati dai gay credenti nel contesto religioso e nella società italiana.
«Il Rapporto 2016 – scrive la curatrice Giuliana Arnone (dottoranda della Scuola Superiore di Studi Storici Geografici e Antropologici dell’Università di Padova) nell’introduzione – è principalmente un tentativo di mettere in luce le continue negoziazioni, la riconciliazione con se stessi e con le Chiese, ed anche le reti che in questi trent’anni sono state pazientemente tessute dei cristiani Lgbt».
Dalla prima grande ricerca sui gay credenti in Italia – quella lanciata nel 1982 da Rocca, rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi – di acqua sotto i ponti ne è passata molta, soprattutto per la Chiesa cattolica, la quale, sebbene ancora oggi debba fare i conti con i molti tabù culturali e con i muri eretti dal magistero che sembrano invalicabili, comincia a mostrare qui e lì qualche incoraggiante spazio di azione per i fedeli Lgbt.
In ogni caso, negli ultimi anni, «qualcosa di fondamentale è cambiato: il modo in cui le persone Lgbt cristiane percepiscono se stesse», afferma la curatrice. «Ciò che intendo dire è che hanno fatto un lungo percorso di accettazione di sé, della propria fede e della propria identità. L’essersi riconosciuti, l’essersi ritrovati, l’essersi uniti, ha permesso, certo tra tante difficoltà e sofferenze, di poter contribuire oggi al cambiamento delle Chiese».
La ricerca è stata condotta, a partire da febbraio 2016, con l’invio telematico di questionari ai membri dei gruppi di credenti omosessuali italiani e i risultati sono stati divulgati in anteprima nel corso del IV Forum dei Cristiani Lgbt di Albano Laziale (15-17 aprile 2016). L’indagine curata da Arnone rappresenta l’esito di un confronto serrato con i promotori del Forum e con altre figure di rilievo dell’associazionismo. Una sorta di “opera collettiva”, se non altro nella fase iniziale di progettazione, di definizione delle aree tematiche più rilevanti e nella fase di revisione del testo, che ha visto la partecipazione di diversi credenti omosessuali impegnati nell’associazionismo Lgbt.
Dei gruppi che hanno risposto al questionario, 10 sono nel Nord, 6 nel Centro Italia e 4 nel Meridione. Una, infine, l’Associazione Fondo Samaria, ha sede a Milano ma ha vocazione nazionale, giacché è nata per sostenere progetti di crowdfunding e altre iniziative con l’obiettivo del superamento di ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.
Il Rapporto sostiene che nel 2015 hanno partecipato alle attività dei gruppi raggiunti 531 persone, di cui l’80% uomini, il 18% donne e il 2% transessuali. Metà di loro sono di età compresa tra i 35 e i 50 anni, il 30% ha un’età maggiore e il 20% ha tra i 18 e i 35 anni.
Il 62% delle realtà coinvolte nella ricerca ha preferito non costituirsi in associazione ma restare un gruppo aperto e libero, più votato alla flessibilità che alla strutturazione, per rispondere così alle esigenze di un’organizzazione più orizzontale e meno verticistica, spontanea, aperta all’accoglienza e al passaggio. Il 19% dei gruppi si è invece costituito in associazione e questo, motivano, per assicurare maggiore stabilità, garantirsi un futuro più lungo ed essere più visibili e incisivi a livello sociale ed ecclesiale.
Le ragioni della partecipazione. Perché le persone Lgbt credenti aderiscono alle iniziative in campo? Secondo il Rapporto il 75% dei gruppi consultati lo fa principalmente per «trovare un posto in cui sentirsi accettati e accolti», mentre il 55% ritiene importante «coltivare amicizie profonde e durature». Incidere in profondità nella vita della Chiesa e della società, e sentirsi parte di una comunità cristiana, interessa poco al 50% dei gruppi. Chiarisce, in sintesi, la curatrice che «le motivazioni personali sono ritenute più importanti di quelle che spingono le persone a prendere parte ai gruppi per contribuire all’inclusione delle persone gay, lesbiche e trans all’interno della Chiesa».
Alla luce del sole? Uno dei segnali più «confortanti» emersi in questo rapporto è il dato sull’ospitalità: sottolinea la curatrice che ben l’86% dei gruppi che ha risposto al questionario online è accolto in una comunità cattolica (67% in parrocchia, 19% in strutture di congregazioni religiose), a fronte di un 19% ospitato invece in luoghi di culto valdesi o metodisti. Un gruppo, il Bethel di Genova, si riunisce in una sala di un ente pubblico; il gruppo più “antico”, Il Guado di Milano, ha una propria sede; altri due gruppi si ritrovano in locali privati. Incoraggiante anche il dato sulla partecipazione alla vita delle comunità cattoliche: in 14 di queste le attività dei gruppi Lgbt sono note ai fedeli; gli omosessuali ospitati in parrocchia generalmente partecipano anche alle attività promosse a livello comunitario, come la liturgia, il coro domenicale, la Caritas, il volontariato per i poveri. In cinque parrocchie, poi, un membro dei gruppi Lgbt credenti rappresenta gli stessi in Consiglio pastorale parrocchiale.
Il canale privilegiato per l’accoglienza sembra essere quello della conoscenza diretta di parroci, vescovi, religiosi e pastori vicini alle persone omosessuali e sensibili alla loro condizione di “fedeli esclusi”. Ed è proprio, forse, questa condizione di marginalità nella comunità cattolica la ragione per cui, sebbene ospitati in una parrocchia o struttura religiosa cattolica, il 48% degli intervistati preferisce definirsi con il termine più inclusivo di “cristiano” o, in alcuni singoli casi, “credente”.
“Effetto Francesco” sì, ma dal basso. L’ascesa di papa Francesco al soglio pontificio, nonostante le aspettative di riforma auspicate dalla base, per il 38% dei fedeli gay intervistati non ha cambiato nulla nel rapporto con la Chiesa cattolica; e il 28% di loro ritiene che si possa tranquillamente affermare lo stesso riguardo al rapporto con i propri vescovi. Solo il 10% sostiene che ci sia stato qualche cambiamento a Roma e nelle diocesi, e un 14% che il processo di innovazione prescinda da Francesco. Insomma, ribadisce il Rapporto, le aperture della Chiesa alle realtà Lgbt credenti, quando ci sono, nascono dal basso, dalle singole realtà locali, e non dalle gerarchie, ancora arroccate su una dottrina rigida e raramente messa in discussione.
L’accresciuto interesse delle comunità locali alle realtà gay credenti è dimostrato anche dall’incontro e dal dialogo instaurato con esse: parrocchie e gruppi scout invitano rappresentanti dei gruppi Lgbt a confrontarsi con loro.
Scrive Arnone nella conclusione: «Il rapporto mette in evidenza una profonda interazione con il contesto d’appartenenza cittadina. Le diverse realtà di cristiani Lgbt cercano principalmente un dialogo che parte “dal basso”, dalle piccole realtà, dalle persone “in carne ed ossa” più che dall’istituzione ecclesiastica». È questa la ragione per cui l’incontro e l’accoglienza non hanno ancora un fondamento istituzionale organico ma, in maniera frammentata ed eterogenea nel Paese, rispecchiano le relazioni intercorse a livello locale, dove «l’inclusione delle persone Lgbt cristiane è sempre dunque costantemente negoziata e ridefinita».
Ogni gruppo ha una storia e un’esperienza a sé stante e questo è una «ricchezza», afferma ancora la curatrice. A livello nazionale, però, «dobbiamo rilevare che questo è un movimento in costante crescita che sta prendendo piede in seno alla comunità ecclesiale e rappresenta una realtà viva fonte di “contraddizione” nella Chiesa e nell’arena pubblica, cosa che spinge le comunità cristiane a doversi confrontare con loro».
Giampaolo Petrucci Adista Notizie n. 35, 15 ottobre 2016, pp.6-7
gionata.org/i-cristiani-lgbt-in-italia-i-numeri-del-rapporto-2016
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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF
Newsletter n. 19/2016, 12 ottobre 2016.
Sono on line tutte le newsletter dell’anno! Se volete recuperare una notizia, un commento o un documento che avete visto sulla Newsletter del Cisf e che non ritrovate più, potete andare alla pagina del sito del Cisf e ritrovare riferimenti, link e testi. http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_12_10_2016 =============================================================================
Una generazione senza Dio? (Franco Garelli, Piccoli atei crescono. Davvero una generazione senza Dio? Bologna, Il Mulino, 2016, pp. 231, € 16). Atei, non credenti, increduli: è la rappresentazione che sempre più spesso viene data delle nuove generazioni. In effetti, il volume Piccoli atei crescono, curato da un sociologo della religione da sempre attento anche all’universo giovanile come Franco Garelli, dimostra con ricchezza di dati come la negazione di Dio e l’indifferenza religiosa tra i giovani stiano crescendo sensibilmente, anche per il diffondersi di un «ateismo pratico» tra quanti mantengono un legame labile con il cattolicesimo.
Legame che spesso passa ancora per la famiglia, e in particolare attraverso le madri, ma in misura sempre più debole e residuale. Infatti, scrive Garelli, «la grande maggioranza dei giovani che oggi sono “senza Dio” o “senza religione” ha genitori che aderiscono a una fede religiosa», ma si tratta di un’adesione meramente culturale, per tradizione sociale. Nello stesso tempo, impressiona anche il dato che riguarda i percorsi seguiti fin dall’infanzia da questa “generazione senza Dio”: il 76,5% di coloro che si dichiarano non credenti ha seguito il catechismo, il 52,8% la parrocchia o l’oratorio.
Sono considerazioni che non possono non interessare gli operatori di pastorale, in primis della pastorale giovanile e familiare. Anche perché Garelli non si limita ad evidenziare quanto della tradizionale “trasmissione della fede” tra le generazioni non funziona più, ma molto opportunamente mette in luce il fatto che, malgrado tutto, la domanda di senso è vivace. Per molti il sentimento religioso si esprime nella propria interiorità personale, passando da una dimensione verticale, trascendente, ad una orizzontale, di ricerca di un’armonia personale. Tenendo presente questo profondo mutamento, il volume offre un profondo spaccato non solo sul “passato che se ne va”, ma anche sul “nuovo che avanza”. Pietro Boffi – CISF
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640 mila pensioni italiane pagate dai contributi dei migranti. Dal nuovo rapporto annuale della Fondazione Leone Moressa emerge il positivo apporto economico-fiscale dei “nuovi italiani”. Fosse un’azienda unica produrrebbe il Pil della Fiat e un fatturato superiore a quello della General Eletric.
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Fratelli sani di bambini disabili”. Un convegno sui siblings a Torino. Il Cisf ha partecipato al recente convegno internazionale “hey brother!”, organizzato da Fondazione Paideia a Torino a fine settembre. E’ stata una preziosa occasione per discutere del ruolo e delle specificità dei fratelli di persone disabili, condizione spesso trascurata. In particolare sono state presentate alcune innovative esperienze dagli Stati Uniti e dall’Australia (i cosiddetti “sibshop”), che anche in Italia sono ormai una realtà. Sono già disponibili i video delle principali relazioni. Ulteriori informazioni sulle esperienze straniere in Australia e negli Stati Uniti.
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Il nuovo Isee: bene i dati dal ministero, ma qualche dubbio di equità rimane. Sono finalmente disponibili i preziosi dati sul primo anno di applicazione del nuovo ISEE. Il report è ricco di informazioni, e costituisce un esempio virtuoso di trasparenza, nella rendicontazione documentata ai cittadini delle misure di politica sociale.
Manca però, nel report, il dato sull’equità familiare; in particolare non sono forniti i dati secondo il numero di figli (ma solo “presenza di figli minori”). Questo impedisce di capire se davvero la scala di equivalenza familiare sia equa, oppure se sia troppo avara, e penalizzi le famiglie con più figli, come sostenuto da molti nei lunghi mesi di discussione sulla riforma dell’ISEE [problema ricordato anche dal Forum delle associazioni familiari -leggi comunicato]
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Interventi contro la povertà: un documento della alleanza contro la povertà (settembre 2016) I finanziamenti per i sussidi alle persone in povertà stanno lentamente avviandosi. Attualmente i nuovi stanziamenti finanziano due misure transitorie, il Sostegno per l’Inclusione Attiva (Sia) e l’Assegno per la Disoccupazione (ASDI), che nel corso del 2017 saranno assorbite nel Rei (Reddito di Inclusione), la misura definitiva. Un segnale positivo, anche se si attende la concreta attuazione.
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Fertility day: è utile non dimenticare. In riferimento al breve commento Cisf sul Fertility Day (Newsletter n.18/2016), la Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità ci ha inviato la segnalazione di un loro breve documento, che volentieri facciamo circolare (leggi il testo)
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Dall’Estero. Regno Unito: diminuiscono le adozioni, crescono gli affidi. (The Guardian, 29 settembre 2016)
Il numero di bambini adottati in Gran Bretagna diminuisce, nel 2015 e nel 2016. Esse non sono più prioritarie, come aveva invece indicato Cameron qualche anno fa. Soprattutto a partire dal 2013, a livello di scelte operative dei tribunali e degli enti locali emerge una priorità per altre forme di accoglienza. Il tutto sempre con la prospettiva del “superiore interesse del minore”: Da questo breve ma documentato articolo emerge un dibattito interessante anche nelle sue risonanze con il contesto italiano, pur nella forte differenza tra i due sistemi; ad esempio l’affidamento eterofamiliare in Gran Bretagna è soprattutto di “famiglie professionali”, fino a diventare “quasi totalmente retribuito” per le famiglie.
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Save the date
Nord: “Un posto sicuro dove guarire la ferita dell’aborto volontario”, ritiro spirituale presso la Vigna di Rachele, Bologna, 4-5 novembre 2016.
Quando il gioco non è più gioco, Un ciclo di appuntamenti per sensibilizzare sul tema della ludopatia, una grave minaccia per l’ecosistema familiare, Centro della famiglia, Treviso, 28-29 ottobre 2016.
Centro: Percorsi di luce, ciclo di incontri spirituali per separati, divorziati e risposati, Diocesi di Livorno, Ufficio per la pastorale familiare, Livorno, da ottobre 2016 a giugno 2017.
Sud. Disabilità e siblings. Occuparsi del bambino sano, corso di formazione, I.A.C.P., Napoli, 25-26 novembre 2016.
Estero: Reforming the Common European Asylum System:Towards a Unified, Fair and Effective Policy, un incontro sull’Agenda UE sul diritto di asilo per i rifugiati, Public Policy Exchenge, Bruxelles, 16 novembre 2016.
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/ottobre2016/19/index.html
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CONTRACCEZIONE
La pillola può aumentare il rischio di depressione nelle donne giovani
A sostenerlo uno studio dell’Università di Copenaghen. Lo spettro del calo psicologico si presenta con l’80% di possibilità in più per le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni che prendono la pillola contraccettiva. Un problema che aumenta del 120% con la minipillola progestinica. A rivelarlo è uno studio dell’Università di Copenaghen, pubblicato sulla rivista Jama Psychiatry. Secondo la ricerca il pericolo depressivo aumenta del 23% per le donne di età compresa tra i 20 e i 34 anni che usano la pillola combinata di estrogeni e progesterone e del 34% per le coetanee che assumono la minipillola progestinica.
I ricercatori danesi sono arrivati a queste conclusioni dopo aver analizzato le cartelle cliniche di un milione di donne tra i 15 e 34 anni per tredici anni, scoprendo che a più di 133mila di loro erano stati prescritti farmaci antidepressivi e a circa 23mila era stata diagnosticata la depressione. Tutte le donne e ragazze coinvolte nello studio non avevano avuto episodi di depressione prima di prendere la pillola. “Serviranno degli approfondimenti – spiega Ojvind Lidegaard, coordinatore della ricerca – per etichettare la depressione come un potenziale effetto collaterale dei contraccettivi ormonali”.
Un tema delicato quello della contraccezione che ha spinto Società medica italiana per la contraccezione a promuovere il progetto Mettiche. Più di duecento domande e risposte per preparare i giovani. Dall’educazione sentimentale alla pillola del giorno dopo, dalle gravidanze indesiderate all’utilizzo del preservativo. “Abbiamo cercato di colmare un vuoto che percepiamo lavorando con i giovani – spiegano i promotori di Mettiche, il progetto della Società medica italiana per la contraccezione – dando vita a una guida che vada incontro ai loro dubbi, alle loro richieste, alle loro paure”. Da un anno è disponibile anche una app informativa sui problemi legati alla contraccezione e un gioco per smartphone, PrincessGame, che insegna a prendere le dovute precauzioni in modo corretto.
Claudio Cucciatti La repubblica 14 ottobre 2016
www.repubblica.it/salute/benessere-donna/contraccezione/2016/10/14/news/pillola_depressione_adolescenti_contraccezione-149216257/?ref=HRLV-25
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Bologna. Iniziativa per genitori di adolescenti.
E se gli adolescenti fossero un dono per i genitori? Laboratorio familiare sociale con operatori specializzati rivolto ai genitori e agli educatori. Gli incontri sono gratuiti.
22 ottobre: Adolescenti in famiglia: crisi o risorsa? Silvana Sandri, psicopedagogista
29 ottobre: una persona in crescita. Giuseppe Rubino psichiatra, psicoterapeuta
Anita De Meo consulente coniugale
5 novembre: Trasformazioni: adolescenti e genitori Gilda D’Elia consulente alla persona e alla famiglia, Costellazioni familiari
www.consultoriobologna.it
Jesi. Incontri di formazione per gli operatori su Amoris Laetitia.
Si stanno articolando proprio in questi giorni degli incontri di formazione per gli operatori sulla possibilità di applicazione dell’Esortazione nel Consultorio “La Famiglia”, consultorio di Ispirazione Cristiana, ma aperto a tutti. In un futuro prossimo saranno previsti anche dibattiti pubblici.
Il ponte giuridico-pastorale per la dichiarazione di nullità matrimoniale nella nostra Diocesi si è costruito nel seguente modo: il Vescovo ha istituito una commissione all’interno della quale partecipano anche 4 operatori del Consultorio in qualità di consulenti familiari, legali e morali .La sede di questa commissione sarà presso il Consultorio “La Famiglia” in giorni prefissati in cui i locali saranno riservati esclusivamente alla commissione, alla quale gli operatori del consultorio hanno offerto la massima collaborazione.
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DALLA NAVATA
29° Domenica tempo ordinario-anno C–16 ottobre 2016
Esodo 17, 11. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalpèk.
Salmo 121, 02. Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra.
2 Timoteo 03, 16. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Luca 18, 08. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
Nel vangelo secondo Luca Gesù aveva già dato un insegnamento sulla preghiera attraverso la consegna ai discepoli del Padre nostro (cf. Lc 11,1-4) e una parabola, poi commentata, sulla necessità di insistere nella preghiera, chiedendo e bussando presso Dio, che sempre concede lo Spirito santo, cioè la cosa buona tra le cose buone, quella più necessaria ai credenti (cf. Lc 11,5-13). Al capitolo 18 c’è una ripresa di questo insegnamento, attraverso la parabola parallela a quella dell’amico importuno: la parabola del giudice iniquo e della vedova insistente.
È necessario pregare sempre, dice Gesù. Ma cosa significa pregare sempre? E ancora, dobbiamo chiedercelo: com’è possibile? Evadere queste domande significa per il credente rimuovere una verità elementare: la preghiera è un’azione difficile, faticosa, per questo è molto comune, anche tra i credenti maturi e convinti, essere vinti dalla difficoltà del pregare, dallo scoraggiamento, dalla constatazione di non essere esauditi secondo i desideri, dalle vicissitudini della vita. Oggi poi la domanda non è solo: “come pregare?”, ma anche: “perché pregare?”. Viviamo in una cultura nella quale scienza e tecnica ci fanno credere che noi umani siamo capaci di tutto, che dobbiamo sempre cercare un’efficacia immediata, che l’autonomia dataci da Dio nel vivere nel mondo ci esime dal rivolgerci a lui. E va anche riconosciuto che a volte in molti credenti la preghiera sembra solo il frutto di un’indomabile angoscia, una chiacchiera con Dio, un verbalizzare sentimenti generati dalle nostre profondità, devozione e pietà in cerca di garanzia e di meriti per se stessi. C’è una preghiera diffusa che è brutta e falsa preghiera: non la preghiera cristiana, quella secondo la volontà di Dio, quella che Dio gradisce.
E allora, al di là delle difficoltà naturali che sovente denunciamo – mancanza di tempo, velocità della vita quotidiana, distrazioni, aridità spirituale –, cosa possiamo imparare dal Vangelo riguardo alla preghiera? Innanzitutto, va sempre ribadito che la preghiera cristiana si accende, nasce dall’ascolto della voce del Signore che ci parla. Come “la fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), così anche la preghiera, che è nient’altro che l’eloquenza della fede (cf. Gc 5,15). Per pregare in modo cristiano, e non come fanno i pagani (cf. Mt 6,7), cioè le altre vie religiose umane, occorre ascoltare, occorre lasciarsi aprire gli orecchi dal Signore che parla e accogliere la sua Parola: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,9). Non c’è preghiera più alta ed essenziale dell’ascolto del Signore, della sua volontà, del suo amore che mai deve essere meritato.
Una volta avvenuto l’ascolto, la preghiera può diventare un pensare davanti a Dio e con Dio, un’invocazione del suo amore, una manifestazione di lode, adorazione, confessione nei suoi confronti. La preghiera cambia in ciascuno di noi a seconda dell’età, del cammino spirituale percorso, delle situazioni nelle quali viviamo. Ci sono tanti modi di pregare quanti sono i soggetti oranti. E guai a chi pretende di giudicare la preghiera di un altro: il sacerdote Eli giudicava la preghiera di Anna nella dimora di Dio come il borbottio di un’ubriaca, mentre quella era preghiera gradita a Dio e da lui ascoltata (cf. 1Sam 1,9-18)! Dunque veramente la preghiera personale è “secretum meum mihi”, e la preghiera liturgica deve ispirarla, ordinarla, illuminarla e renderla sempre più evangelica, come Gesù Cristo l’ha normata.
Quando così avviene, la preghiera deve essere solo insistente, perseverante, non venire meno, perché sia che viva del pensare di fronte a Dio o con Gesù Cristo, sia che si manifesti come lode o ringraziamento, sia che assuma la forma dell’intercessione per gli umani, è sempre dialogo, comunicazione con Dio, apertura e accoglienza della sua presenza, tempo e spazio in cui lo Spirito di Dio che è vita ispira, consola e sostiene. Ecco perché pregare sempre! Non si tratta di ripetere costantemente formule o riti (sarebbe impossibile farlo continuamente), ma di pensare e compiere tutto alla presenza di Dio, ascoltando la sua voce e confessando la fede in lui. Per questo l’Apostolo Paolo nelle sue lettere più volte e con diverse espressioni ripete il comandamento: “Pregate ininterrottamente” (1Ts 5,17); “Siate perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12); “In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Ef 6,18); “Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie” (Col 4,2). Ciò significa restare sempre in comunione con il Signore, nel sentire la sua presenza, nell’invocarlo nel proprio cuore e accanto a sé, nell’offrirgli il corpo, cioè la concreta vita umana, come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (cf. Rm 12,1).
Ed ecco allora la parabola. C’è una vedova (categoria che, insieme all’orfano e al povero, esprime secondo la Bibbia la condizione di chi è senza difesa, oppresso) che chiede a un giudice di farle giustizia, di liberarla dalla sua ingiusta oppressione. Ma quel giudice, dice Gesù, “non teme Dio né ha rispetto per gli umani”. È dunque un cattivo giudice, che mai avrebbe esercitato la giustizia a favore di quella donna; eppure a un certo momento, vinto dalla sua insistenza e per non essere più tormentato da lei, decide di esaudirla. Lo fa nella sua logica egoistica, per non essere più disturbato. Al termine di questa breve parabola, Gesù se ne fa esegeta e con autorevolezza pone una domanda ai suoi ascoltatori: “Se accade così sulla terra da parte di un giudice al quale non importa né la giustizia umana né la Legge di Dio, Dio che è giudice giusto non ascolterà forse le suppliche e le grida dei chiamati da lui a essere suo popolo, sua comunità e assemblea in alleanza con lui? Tarderà forse a intervenire?”.
Con queste parole Gesù conferma la fede dei credenti in lui e tenta di placare la loro ansia e i loro dubbi sull’esercizio della giustizia da parte di Dio. La comunità di Luca, infatti, ma ancora oggi le nostre comunità, faticano a credere che Dio è il difensore dei poveri e degli oppressi. L’ingiustizia continua a regnare e nonostante le preghiere e le grida nulla sembra cambiare. Ma Gesù, con la sua forza profetica, assicura: “Dio farà loro giustizia in fretta!”. Il giudizio di Dio ci sarà, verrà su tutti come suo improvviso intervento e arriverà in fretta, nella fretta escatologica, anche se a noi umani sembra tardare. “Ai tuoi occhi, o Dio, mille anni sono come ieri”, canta il salmo (90,4), ed è vero che per noi umani non è come per Dio, ma attendiamo quel giorno che, sebbene sembri indugiare, verrà in fretta, senza tardare (cf. Ab 2,3; Eb 10,37; 2Pt 3,9). Dunque la perseveranza nel pregare ha i suoi effetti, non è inutile, e occorre sempre ricordare che Dio è un giudice giusto che esercita il giudizio in un modo che per ora non conosciamo. Siamo miopi e ciechi quando cerchiamo di vedere l’azione di Dio nel mondo, e soprattutto l’azione di Dio sugli altri.
Ma per Gesù la preghiera è l’altra faccia della medaglia della fede perché, come si è detto, nasce dalla fede ed è eloquenza della fede. Per questo segue un’ultima domanda, non retorica, che indica l’inquietudine di Gesù circa l’avventura della fede nel mondo: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Domanda che inquieta anche noi, che a volte abbiamo l’impressione di essere gli ultimi cristiani sulla terra e temiamo che la nostra fede venga meno. Nulla è garantito, nulla è assicurato, e purtroppo ci sono cristiani convinti che la chiesa resterà sempre presente nella storia. Ma chi lo assicura, se neanche la fede è assicurata? Dio non abbandona certo la sua chiesa, ma questa può diventare non-chiesa, fino a diminuire, scomparire e dissolversi nella mondanità, magari religiosa, senza più essere comunità di Gesù Cristo il Signore. La chiamata di Dio è sempre fedele, ma i cristiani possono diventare increduli, la chiesa può rinnegare il Signore.
Quando leggiamo il nostro oggi, possiamo forse non denunciare la morte della fede come fiducia, adesione, fede nell’umanità e nel futuro, prima ancora che nel Dio vivente? E se viene a mancare la fiducia negli altri che vediamo, come potremo coltivare una fiducia nell’Altro, nel Dio che non vediamo (cf. 1Gv 4,20)? La mancanza di fede è la ragione profonda di molte patologie dei credenti e la tentazione di abbandonare la fede è quotidiana e presente nei nostri cuori. Non ci resta dunque che rinnovare la fede, con la speranza nella venuta di Gesù, Figlio dell’uomo, Giudice giusto, e con l’amore fraterno vissuto attingendo all’amore di Gesù, amore fedele fino alla fine (cf. Gv 13,1), per tutti gli umani.
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/10914-il-figlio-dell-uomo-quando-verra-trovera-la-fede-sulla-terra
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DIVORZIO
Divorziati già alla prima udienza
I Tribunali di Roma e Milano creano una giurisprudenza comune nel decidere la sentenza sullo status di divorzio alla prima udienza, successiva alla presidenziale. Il principio di diritto uniforme e condiviso che i due più grandi Tribunali italiani hanno adottato consente di affermare che i coniugi che vogliano divorziare possono chiedere – non appena esaurita la sola udienza presidenziale – al giudice della prima udienza della fase istruttoria di rinviare al Collegio, per l’emissione della sentenza “non definitiva” sullo status di divorziati.
Il principio è stato enunciato a Milano con la sentenza del 27 settembre (giudice Buffone), che adotta la soluzione prospettata dal Tribunale di Roma, con la sentenza del 17 luglio 2016 (giudice Velletti)
Così le parti potranno proseguire il processo per regolare tutti gli aspetti economici e l’esercizio della responsabilità genitoriale, senza perdere altri anni, per raggiungere lo stato civile di divorziati, per questo necessario “approfondimento”. L’opera ermeneutica del Tribunale romano e la sua condivisione da parte del giudice milanese sono di valore e possono essere di indirizzo anche per gli altri Tribunali. Gli avvocati e i coniugi potranno così contare su un precedente di sicuro peso per pianificare i futuri impegni delle vite delle parti.
Nella sostanza, il percorso interpretativo parte dall’articolo 4 della legge sul divorzio (la n. 898/1970) e riconosce che all’esito della udienza presidenziale, si assegnano alle parti due diversi “termini” per completare l’attività difensiva – sul presupposto che quella svolta nella fase presidenziale sia soprattutto orientata all’emissione dei provvedimenti provvisori ed urgenti. Questi termini per il completamento dell’attività processuale, del ricorrente e del resistente, secondo il Tribunale di Roma non sono «adempimento obbligato, ma mera facoltà qualora si vogliano proporre domande originariamente non presenti» con i primi scritti difensivi, quelli della fase presidenziale.
A ciò è logicamente collegato l’affermato principio secondo cui «per quanto esposto, in caso di espressa rinuncia delle parti alla concessione dei termini di cui all’art. 4 della legge nr. 898 del 1970, con l’emissione della ordinanza presidenziale priva (in questo caso ndr) dei termini e dell’avvertimento richiesti, e svolgimento nell’immediatezza della prima udienza di comparizione delle parti, senza che sia sollevata alcuna eccezione, deve ritenersi che il procedimento non presenti alcun vizio e che possa essere emessa dal Collegio, sentenza non definitiva sullo status».
Ovviamente tale decisione conterrà l’ulteriore richiamo all’udienza di rinvio necessaria per la successiva istruttoria. La sentenza di Roma precisa: «Poiché la causa non risulta adeguatamente istruita, con riguardo alle ulteriori domande, deve essere disposta la rimessione della causa in istruttoria come da separata ordinanza». Il Tribunale di Roma osserva che «la riferita interpretazione delle norme appare in linea con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, cristallizzato nell’articolo 11 della Costituzione che impone di scegliere opzioni ermeneutiche che, nel rispetto dei pari principi di rango costituzionale di imparzialità, garanzia del contraddittorio, piena tutela del diritto di difesa, consentano di fornire risposte giudiziarie più rapide».
Nel far proprio tale principio, il Tribunale di Milano osserva che tutto ciò può valere «anche per il caso di sentenza totalmente definitiva del giudizio ove le parti abbiano formulato conclusioni congiunte».
Giorgio Vaccaro Il sole 24 ore 13 ottobre 20016
www.oua.it/sentenze-divorziati-gia-alla-prima-udienza-il-sole-24-ore
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EUROPA
Nuovo no dell’Europa all’utero in affitto.
Nuovo rifiuto dall’Europa alla maternità surrogata, respinta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – cui aderiscono 47 Paesi – dopo essere stata già bocciata per due volte nell’aprile e nel settembre scorso dalla Commissione Affari sociali ed ancor prima bandita dal Parlamento dell’Unione Europea, nel dicembre 2015, come “pratica lesiva della dignità della donna”.
Intervista a Strasburgo di Nicola Speranza, portavoce della Federazione europea delle Associazioni familiari cattoliche.
R. – Certo è un passo significativo che manda un segnale all’Europa intera. Sappiamo che in molti Paesi questo tema è in discussione e qui a Strasburgo usciamo da un dibattito molto intenso, a volte carico anche di inclinazioni dell’ideologia che divide l’Assemblea parlamentare, divide le persone, i cittadini e gli Stati. Ci sono Stati in Europa che ancora permettono alcune forme di maternità surrogata e ne tollerano la realtà dicendo che non è per motivi commerciali. Ma sappiamo benissimo che è una finzione: la maternità surrogata “altruista” – come è chiamata – non esiste. È semplicemente una finzione. Quindi il vero progresso adesso, il passo in avanti da compiere è indirizzare una vera lotta e una prevenzione alla maternità surrogata e il ricorso a questa pratica.
D. – La discussione come è proceduta?
R. – È stata molto, molto intensa da parte dei sostenitori di Petra De Sutter, il relatore del gruppo socialista. C’era una grande organizzazione soprattutto da parte di Paesi che hanno alcuni interessi economici, finanziari, legati alla pratica della maternità surrogata. D’altro canto è apparso che la divisione non era tanto politica ma trasversale, geografica, in tutti i gruppi politici che potevano trovare voci contro la maternità surrogata. E questo è stato palese nel gruppo del relatore stesso, Petra De Sutter. Nel gruppo socialista i membri sono stati molto chiari nel non voler appoggiare questa risoluzione che si presentava come molto ambigua.
D. – Qual era l’ambiguità di questa risoluzione?
R. – L’ambiguità era che non si esprimeva un parere. Si chiedeva al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa di fare delle vaghe linee guida per proteggere i diritti dei bambini senza però condannare categoricamente la maternità surrogata, quando sappiamo che il primo diritto di ogni bambino è quello di non essere trattato come merce. La maternità surrogata può essere realmente combattuta, i diritti dei bambini possono essere realmente preservati se la maternità surrogata viene impedita.
Roberta Gisotti Notiziario Radio vaticana -12 ottobre 2016 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
Adozioni a riconoscimento automatico.
Accelerare verso il riconoscimento europeo automatico delle adozioni internazionali. Questo l’obiettivo della Commissione Giustizia del Consiglio dell’Unione europea, che ieri ha approvato il regolamento che stabilisce che “un provvedimento di adozione emanato in uno Stato membro è riconosciuto negli altri Stati membri, senza che sia necessario ricorrere a una procedura speciale”. Non solo. Se l’esito di un procedimento pendente davanti ad un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro dipende “dalla soluzione di una richiesta di diniego di riconoscimento sollevata in via incidentale, tale autorità giurisdizionale è competente al riguardo”.
Sempre riguardo alla competenza in materia, il regolamento prevede che “le autorità di uno Stato membro possono emanare un provvedimento di adozione solo se il genitore o i genitori adottivi o il bambino dato in adozione sono abitualmente residenti in tale Stato membro”.
Perciò se un’adozione è emanata da autorità di un Paese terzo, le autorità di uno Stato membro “possono anch’esse emanare un tale provvedimento, o decidere il riconoscimento del provvedimento del paese terzo in conformità con le procedure stabilite dalla legge nazionale se il genitore o i genitori adottivi o il bambino adottato non hanno la residenza abituale in tale Stato membro, ma sono cittadini dello stesso”.
Ben circostanziati i casi in cui il riconoscimento può essere rifiutato: quando “manifestamente contrario all’ordine pubblico nello Stato membro richiesto o quando lo Stato originario non era competente”.
Paolo Bozzacchi Italia oggi
www.oua.it/adozioni-adozioni-a-riconoscimento-automatico-italia-oggi
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FECONDAZIONE ASSISTITA
Proposte di revisione della legge 40/2004.
Alla Commissione Sanità del Senato è iniziato l’esame delle proposte di revisione della legge 40/2004 sulla fecondazione assistita. Sui giornali e nel paese il confronto è caldo sul SI e il NO al Referendum Costituzionale, non c’è alcun ricordo di quando le spade, dentro e fuori il Parlamento, si sono incrociate sulla fecondazione assistita, su chi può ricorrere alla scienza per poter avere un figlio naturale e sulla natura dell’embrione (già vita oppure no). Questo momento ritornerà. Alla Commissione Sanità del Senato è infatti iniziato l’esame delle proposte di revisione della legge 40/2004, la legge sulla fecondazione assistita che fu nel 2005 oggetto di ben 4 Referendum che non raggiunsero il quorum anche per piccolo suggerimento a disertare le urne venuto da eminenti rappresentanti della Chiesa. A presentare il progetto di revisione della legge 40 è stata la Presidente della Commissione Sanità, la Senatrice Emilia Grazia De Biasi, convinta che malgrado le modifiche apportate alla normativa sulla fecondazione assistita, per effetto di sentenze di Tribunali e della Corte Costituzionale, sia opportuno dare più forza, attraverso una nuova legge, ai passi in avanti fatti in questi anni. DDL
In pratica con la revisione della legge 40 si vuole garantire in Italia il diritto alla procreazione medicalmente assistita anche quando l’impianto avviene con donazione di un gamete maschile o femminile da parte di una terza persona (fecondazione eterologa) e la Senatrice sostiene che si tratta di “una revisione in senso umano” anche perché si porrà così fine al fenomeno del “turismo sessuale”, e cioè del viaggio all’estero, in paesi dalle leggi più permissive in tema di fecondazione, delle coppie più abbienti. Secondo la Senatrice De Biasi, quando la nuova legge entrerà nel vivo del confronto, la discussione si farà accesa in particolare sulla ricerca e la sperimentazione sugli embrioni e sui gameti che sono e saranno custoditi in appositi Centri Trapianti. E a proposito di embrioni e gameti soprannumerari, affinché la nuova legge possa funzionare, dice la senatrice, occorrerà anche una crescita “culturale del Paese in modo che la donazione di gameti diventi pratica accettata e normale come oggi lo è quella del sangue e degli organi. La nuova legge permetterà poi il ricorso alla Fecondazione assistita non solo da parte di coppie sterili, ma anche da parte di coppie portatrici di malattie genetiche e trasmettibili, coppie i cui embrioni saranno sottoposti ad una diagnosi prenatale per poter escludere o modificare quelli portatori della malattia.
L’esame di questa legge sarà quindi “caldo” perché riproporrà divisioni mai sopite e anche perché inevitabilmente introdurrà un tema che la legge non tratta direttamente, quello dell’utero in affitto, un tema che farà riemergere le divisioni che si sono vissute anche recentemente a proposito della legge Cirinnà e delle unioni omosessuali.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/815027/index.html
Paola Avetta noi donne 14 ottobre 2016
www.noidonne.org/blog.php?ID=07574
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
Bene il ministro Costa sul FattoreFamiglia
«Bene l’impegno del ministro Costa di proporre il FattoreFamiglia nel 2018: finalmente si inizia a parlare seriamente di famiglia tenendo conto dei carichi familiari». Queste le parole di Gianluigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle Famiglie, commentando le dichiarazioni del ministro Enrico Costa che ha spiegato nel dettaglio le misure previste per le famiglie nella nuova Legge di Stabilità.
«I 600 milioni stanziati quest’anno hanno un senso in funzione del progetto più ampio della riforma dell’Irpef prevista nel prossimo futuro. Vanno bene i bonus bebè per i primi tre anni di età e i voucher per gli asili nido, anche alla luce della difficoltà delle famiglie italiane a pagare la retta ogni mese, ma siamo convinti che senza una reale e strutturale riforma fiscale non riescono, da soli, a riavviare il motore delle nascite in Italia e a dare un segnale di fiducia alle famiglie italiane che mettono al mondo un figlio, rischiando di diventare povere.
«Il Forum rappresentando le istanze di milioni di famiglie italiane ricorderà ogni giorno al governo gli impegni presi» conclude De Palo. «Questo è il momento del coraggio
Comunicato stampa 16 ottobre 2016
www.forumfamiglie.org/comunicati.php?filtro=ultimi_30_giorni&comunicato=828
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GENDER
Papa e gender: quel difficile confine tra natura e cultura
È arduo esprimere in poche righe un commento alle dichiarazioni del papa nel viaggio di ritorno dalle terre caucasiche. Ha trattato vari argomenti; tra questi, matrimonio e “gender” hanno avuto un’eco rilevante. Come scrive Lucia Vantini (del Coordinamento teologhe italiane) nel prezioso libretto Genere, il tema in questione è complicato, per i molteplici approcci con cui deve essere analizzato e per le variegate impostazioni teoriche e posizioni politiche in cui si articola. Quando si aggiunge lo scontro ideologico, alimentato da correnti integraliste, si cade in banalizzazioni e distorsioni dettate dal pregiudizio. Il genere diventa “ideologia del gender”, una produzione demoniaca che va estirpata e basta.
Per valutare l’intervista del papa, meglio basarsi sulla trascrizione completa, riportata dal sito del Vaticano, piuttosto che dalle recensioni dei giornali. Solo così si può cogliere il quadro sfaccettato, in cui la figura del papa spicca per gli insistenti toni pastorali che adotta.
w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/october/documents/papa-francesco_20161002_georgia-azerbaijan-conferenza-stampa.html
Francesco si rivela quel pastore di anime cui per vocazione è stato chiamato. Diffusamente risuona il compito dell’attenzione caritatevole, della misericordia, dell’accoglienza: «L’ultima parola non l’ha il peccato: l’ultima parola l’ha la misericordia!». Non manca la preoccupazione del dialogo, e in particolare quello tra religioni, perché «l’ecumenismo si deve fare camminando insieme, pregando gli uni per gli altri». Riguardo la frase sul matrimonio – «L’immagine di Dio non è l’uomo [maschio]: è l’uomo con la donna» – non si può non rilevare che essa va nella direzione di un cambiamento profondo rispetto al millenario androcentrismo clericale. Dire che Dio è uomo e donna indica un processo di trasformazione teologica epocale in corso, cui il papa, pur nelle ombre-luci di cui diremo, non si sottrae. Fino a non molto tempo fa, la donna era infatti esclusa dall’essere considerata “immagine di Dio”.
Le zone d’ombra si sono invece addensate nel passaggio in cui Francesco, riferendosi all’insegnamento della “teoria del gender” adottato nelle scuole, ha sostenuto che «questo è contro le cose naturali». Come può il papa non nutrire dubbi sui confini tra natura e cultura? La “natura” di cui egli parla riconosce alla donna il diritto di parola nelle assemblee pubbliche, liturgiche o meno? O le assegna piuttosto il silenzio? E perché mai Gesù di Nazareth ha affermato che madre e fratelli suoi sono coloro che fanno la volontà del Signore, e non i consanguinei naturali? L’allarme in difesa del matrimonio è pronunciato da chi è istituzionalmente celibe. Per secoli il matrimonio è stato considerato dalla dottrina come remedium concupiscentiae e la sessualità guardata con sospetto, se non ripulsa. Il matrimonio era accettato solo per fini procreativi.
A ciò si aggiungano le tenebre, anch’esse sessuofobe, che avvolgono il dogma del peccato originale. In ultimo: per secoli il culto mariano ha enfatizzato, nell’universo dell’immaginario ecclesiale cattolico, il rapporto Madre-Figlio (maschio), sorvolando sulla ricchezza erotica di quello donna-uomo. L’amore coniugale adulto, consapevole, maturo, attento alla reciprocità, non ha trovato alleati nelle stanze del clero. L’Amoris Laetitia ha sì tracce di positivo cambiamento; ma l’enciclica non accenna né alla misoginia – che tuttora pervade la dottrina, la prassi pastorale ecc. – né alla colpevolizzazione esercitata nei confronti di chi ha orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità.
Un mea culpa aiuterebbe la presa di coscienza riguardo la supremazia coloniale sulle donne, dalla Chiesa stessa compiuta (insieme ad altri) incamminandosi insieme, senza gerarchie tra uomini e donne, verso una Chiesa profetica!
Paola Cavallari Adista Notizie n. 35, 15 ottobre 2016. www.adista.it/articolo/56672
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MEDIAZIONE FAMILIARE
Come si arriva alla mediazione familiare e a cosa si arriva nella mediazione familiare
“La famiglia agisce inoltre anche come agente di controllo sociale nel senso di produrre il rispetto e l’osservanza delle norme socialmente ritenute valide. In genere, il rischio di perdere la stima, l’affetto, l’assistenza dei propri familiari è una molla più potente delle sanzioni previste dal sistema giuridico, nel produrre la conformità a certe forme di comportamento; in questo senso la famiglia opera anche come gruppo di riferimento non nel senso di un gruppo al quale gli individui si adeguano per potere entrare a farne parte, ma di un gruppo al quale si conforma per non perdere l’appartenenza”: scriveva così negli anni ’70 il sociologo Alessandro Cavalli. Oggi la famiglia ha perso anche il controllo di sé e ha sempre più bisogno di sostegno, tra cui quello della mediazione familiare.
La mediazione familiare è la “summa” della mediazione, è la “summa” mediazione.
Jacqueline Morineau, una delle più grandi fautrici della mediazione: “Se partiamo da uno degli elementi essenziali della mediazione, l’apprendimento del non-giudizio, siamo necessariamente confrontati con il suo contrario, il giudizio. Esso ci conduce a falsificare in permanenza la parola dell’altro ed è fonte di disfunzioni nei nostri rapporti. Abbiamo la pretesa di veder chiaramente negli altri, quando siamo incapaci di veder chiaramente in noi stessi. Inoltre, ci proponiamo di cambiarli, perché abbiamo paura di cambiare noi stessi. Giudicare l’altro testimonia questa incapacità. La forza del nostro amor proprio ci impedisce di accettare tutta la responsabilità nella situazione e soprattutto di riconoscere che noi abbiamo potuto sbagliare. Abbiamo troppa paura di perdere la faccia, di incrinare l’immagine, la più lusinghiera possibile, che noi ci siamo così accuratamente costruita”. La mediazione familiare serve a far superare l’atteggiamento del giudizio e a ripristinare quello della comprensione. Comprensione dal latino “cum” e “prehendere”, prendere insieme, contenere in sé, abbracciare con la mente le idee, è una “presa in carico” comune delle sofferenze, delle rimostranze, delle esigenze dell’altro. È soprattutto filtrare e salvaguardare quell’atmosfera di felicità, amore e comprensione necessaria per la crescita del fanciullo (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
La mediazione familiare contribuisce anche al ripristino della necessaria “misericordia” familiare o, comunque, necessaria nella vita delle persone confliggenti. Il filosofo gesuita Guilhem Causse scrive: “Il rispetto, tra lode e servizio, è il momento centrale della misericordia. Non è innanzitutto quello di una legge o di un limite posto, secondo un principio di azione o un ideale di umanità. Il rispetto è consenso all’amore nella diversità e nella temporalità delle sue manifestazioni. Questo consenso si inscrive in una vita, di decisione in decisione, in un processo di approfondimento e di allargamento del cuore che, aprendosi all’amore, accoglie sempre più ogni altro e ogni cosa nella sua luce. Il rispetto è saggezza. In posizione mediatrice, la saggezza misericordiosa è discernimento del tempo in cui agire e del luogo in cui fermarsi; del tempo in cui ripartire e del cammino da intraprendere. Essa è, da una parte, ascolto di ciò che è pace di una presenza che agisce e, dall’altra, gioia di un appello a camminare. Viene formata dai rituali e dai racconti. La si apprende secondo l’immaginazione e la memoria: memoria delle promesse sepolte del passato, risvegliate al contatto con le opere storiche e con i racconti dei vicini; immaginazione delle possibilità fino a quel momento sconosciute, scoperte a contatto con le opere di fantasia e della poesia. Grazie alla vitalità dell’immaginazione e della memoria, l’intelligenza non smette di lasciarsi sorprendere. I rituali personali […] nutrono un atteggiamento che, malgrado le emozioni ancora presenti e le abitudini troppo radicate, presta attenzione a ciò che si manifesta nel profondo”.
La coppia deve avere la consapevolezza che tutto avviene nella reciprocità, seppure con apporti e responsabilità differenti, che si manifesta nello stare insieme, nella vita coniugale (art. 143 cod. civ.) sino al confliggere. La mediazione familiare fa prendere coscienza alle parti della cosiddetta “cattiva reciprocità”, di cui parla il filosofo e antropologo francese René Girard: “Ciò che definisce il conflitto umano non è la perdita della reciprocità, ma lo scivolamento (glissement), impercettibile in un primo momento, ma poi sempre più rapido, dalla buona alla cattiva reciprocità. Questo scivolamento lo si nota appena, ma la minima negligenza, la minima dimenticanza possono alterare irreversibilmente i nostri rapporti”.
La mediazione familiare tende a canalizzare l’ira affinché non diventi odio perché, col confronto diretto con l’altro confliggente (e configgente), si ha modo di metabolizzare il dolore e di avere una risposta di giustizia immediata. Così il teologo gesuita Giovanni Cucci: “L’ira, come l’odio, nasce da una tristezza presente nell’animo per un danno subìto o per la perdita di un bene ritenuto importante per la propria stima, da cui emerge la volontà di intervenire sulla situazione per cambiarla a proprio favore. Essendo animata da una richiesta di giustizia, l’ira si differenzia tuttavia dall’odio, perché è concreta e individuale, legata a una persona o ad un avvenimento preciso; l’odio invece è generalizzato, rivolto a un’intera classe sociale o categoria di persone. Inoltre, l’ira esprime un dolore occasionale, che con il tempo tende a scomparire, cosa che invece non accade nell’odio, che è sommario, globale; manca in esso la capacità di valutazione e ponderazione propria della ragione; chi ne è succube tende ad essere unilaterale, incapace di differenziare, mentre l’ira «si rivolge sempre al singolare concreto»”. Da uno stato irragionevolmente unilaterale la mediazione familiare fornisce le indicazioni, come pietre miliari in un nuovo percorso di vita, per riappropriarsi delle capacità di valutazione, ponderazione, differenziazione (tutto ciò che nel gergo si chiama “self empowerment”). Nella “stanza (etimologicamente dal participio presente del verbo “stare”) della mediazione” si cerca di chiudersi alle spalle tutto il resto, ci si siede, ci si guarda, si fa il punto della situazione; nel setting mediativo si torna alla bilateralità, alla ragionevolezza, ad esporre le proprie ragioni e a non a stabilire chi ha ragione. Dal coacervo delle emozioni e dei sentimenti opposti e contrapposti, la mediazione cerca di riportare alla dimensione delle relazioni e delle spiegazioni (etimologicamente “sciogliere, svolgere”): acquisire la consapevolezza del “diritto di chiedere la separazione” (art. 150 comma 3 cod. civ.), dei “fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole” (art. 151 comma 1 cod. civ.), che “la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita” (art. 1 legge 898/1970).
La coppia riconosce che non è più tale, che non s’ama più, però senza odiarsi e distruggersi. “Un’altra differenza tra ira e odio è data dalle loro rispettive modalità di espressione e soprattutto dal loro termine finale. L’ira è impetuosa e appariscente, tuttavia si arresta una volta che ha ottenuto giustizia e la riparazione del danno subìto. L’odio invece non conosce la pietà e, anche una volta annientato il suo oggetto, non sembra affatto trovare pace; esso piuttosto cresce con il tempo fino a diventare l’unica modalità di valutazione e azione, e termina soltanto con la distruzione di colui che lo coltiva. L’ira può comunque essere alla base dell’odio, nel momento in cui degenera e perde la misura e il controllo («l’odio non è altro se non ira invecchiata», notava Brunetto Latini), per cui diventa più difficile riconoscerne la gravità e pentirsene” (G. Cucci). Il consenso matrimoniale (i cui vizi sono disciplinati sia nel diritto civile sia nel diritto canonico) presuppone anche la consapevolezza di quello cui si va incontro nella vita matrimoniale, preventivando vicissitudini e mutevolezza di manifestazioni sentimentali e dinamiche relazionali. Quando nella coppia, soprattutto genitoriale, la comunicazione s’interrompe e s’innesta un meccanismo perverso di inestricabile conflittualità e non si riesce ad attingere dalle proprie risorse bisogna avere l’umiltà di rivolgersi agli altri che abbiano buonsenso, lucidità e professionalità.
L’amore coniugale porta a concordare l’indirizzo della vita familiare “secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa” (art. 144 comma 1 cod. civ.). In caso di conflittualità esasperata, la mediazione familiare fa uscire la coppia “scoppiata” dal circolo vizioso per presentare nuove prospettive in modo tale che i confliggenti formulino un progetto – in particolare educativo, quando sono presenti figli -, secondo le divergenze e sofferenze di entrambi e le esigenze preminenti della famiglia stessa, che comunque continuerà ad essere una famiglia seppur “ferita”, dando un senso alla previsione di mediazione nell’art. 155 sexies cod. civ. (tra lacune e contraddizioni). Si passa così da una mediazione endogena ad una esogena per bloccare il processo di distruzione e favorire quello di ricostruzione. “Un’altra menzogna ricorrente è di ritenere che, diversamente dall’amore, l’odio consenta di prendere le distanze dalla sofferenza. In realtà esso, distruggendo il bene, corrode interiormente chi lo coltiva, rendendolo prigioniero di ricordi esasperati che si ingigantiscono con il tempo, fino a diventare una ossessione che non dà pace. La frustrazione provocata da questo vuoto genera ulteriore sofferenza, che a sua volta incrementa l’amarezza e la voglia di rivalsa. Da qui il circolo vizioso che caratterizza l’odio, e l’attrazione che esso suscita” (G. Cucci).
Perché non c’è peggior inferno del proprio incendio interiore o peggior inverno del proprio gelo interiore: ancora peggio quando non lo si vuol riconoscere e farsi aiutare da chi sfida l’incendio o il gelo e tende entrambe le mani con tutto se stesso, quali le figure professionali che si occupano delle cosiddette relazioni di aiuto, dal counseling alla mediazione familiare. “Ma la buona notizia è che se non esiste un paradiso terrestre, un luogo magico dove ogni cosa è perfetta, non c’è neppure il suo opposto. Nessun luogo è un inferno. La verità è che l’inferno, quando c’è, alberga in noi e si irradia come un faro nero su qualunque cosa facciamo, in qualunque posto andiamo, qualunque televisore al plasma possediamo” (lo scrittore Simone Perotti).
Tenendo conto dell’«interesse superiore del fanciullo”, principio ispiratore e filo conduttore di ogni procedimento (art. 3 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), Fulvio Scaparro, padre della mediazione familiare in Italia, afferma: “Non dobbiamo, però, perderci di coraggio né lasciarci intimorire dai violenti e dai prepotenti, così da non fare il loro gioco che è proprio quello di spaventarci per assoggettarci”. Ai bambini non si devono trasmettere ansie, paure, disfattismo o pessimismo. I bambini hanno bisogno di sicurezza personale e familiare, aspetto non adeguatamente sottolineato nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia in cui si parla di sicurezza, ma senza riferirsi specificatamente al piccolo-grande mondo dei bambini.
Fulvio Scaparro aggiunge: “Per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Onu, i bambini dovrebbero godere in tutto il mondo di una sorta di immunità diplomatica. Dovrebbero essere protetti sempre e dovunque”. I bambini dovrebbero godere di “immunità diplomatica” innanzitutto nella famiglia stessa, ma sempre più spesso non è così. Si interviene perciò in vario modo, dalla mediazione familiare all’affidamento etero familiare: “Considero la mediazione uno strumento di pace essenziale per mantenere viva ed efficiente una democrazia, soprattutto perché fa appello alle componenti adulte e responsabili delle parti coinvolte. Per quanto riguarda la mediazione in ambito familiare, occorre premettere alcune considerazioni. La sopravvalutazione della famiglia come patria comune, la “voce del sangue”, i doveri di lealtà familiare, finiscono con il trasformare la famiglia nel luogo del “dovere”, delle relazioni imposte e burocratizzate, dei ruoli fissi e immutabili come maschere nel tempo” (Fulvio Scaparro). Attraverso la mediazione familiare i genitori sono portati anche a rendersi conto del cosiddetto “conflitto di lealtà” che provano i figli (in semplici parole, per quale genitore parteggiare) e a rispettare quanto previsto nell’art. 315 bis cod. civ. (inserito dalla legge 219/2012), in particolare l’assistenza morale ai figli e il mantenimento dei loro rapporti significativi con i parenti.
La mediazione familiare è un processo in cui si elaborano e rielaborano le attuali relazioni sfilacciate, anche con l’uso di brani di film e fotografie familiari (esiste anche la fototerapia relazionale), per giungere ad un unico filo conduttore cui riallacciarsi per un progetto condiviso, anche per ridare storia e memoria familiare ai figli. “Poiché – come spiega la psicologa Marcella Ravenna – ogni partner elabora una storia in base alla sua prospettiva, le storie che risultano spesso non coincidono e si modificano continuamente in rapporto allo svolgersi degli avvenimenti. Va poi considerato che, proprio perché tali storie costituiscono la “realtà” di una relazione (sia essa di amore o di odio), non vi può essere al riguardo alcuna “verità obiettiva”: ciò significa, in altre parole, che possiamo conoscere la relazione che abbiamo con il nostro partner solo tramite la storia che elaboriamo a proposito di essa”. Come dal big bang è nato l’universo, così dal big bang con l’altro nasce un universo di emozioni, anche contrastanti ma tutte importanti. In simil modo la conflittualità purché non divenga violenza e odio: questo anche il senso dell’intervento della mediazione familiare.
L’attività mediativa fornisce la “grammatica dei conflitti” per una nuova lettura: “A volte, a fare la differenza può essere un incontro, l’istante in cui gli orizzonti di due persone molto diverse tra loro entrano in collisione” (la scrittrice Michela Murgia). In qualsiasi relazione interpersonale non è mai troppo tardi per un “noi”, finché si è in due a volerlo e a farlo: la mediazione familiare opera per passare da un “noi”, coppia di vita, ad un “noi”, genitori per sempre. In due si comincia, in due si finisce.
Credere fermamente nella mediazione familiare non tanto (o non solo) come professione, ma come processo di cui ognuno può essere autore e fautore, soprattutto se si crede nella tutela dell’infanzia e in altri valori. Alcune figure professionali, tra cui quella del mediatore familiare, non possono essere considerate un modo qualsiasi per risolvere la disoccupazione o la panacea di alcuni mali annosi, ma devono essere considerati ed esercitati solo per vocazione, missione, passione e nel massimo rispetto della vita, perché fonti di nuova vita familiare, relazionale e sociale.
Dal conflitto (“urtare insieme”) al confine (“limite insieme”), dall’invadersi al lambirsi, dallo scontrarsi all’accomunarsi: questo è il traghettamento operato dalla mediazione, ancor di più dalla mediazione familiare.
Margherita Marzario Newsletter Studio Cataldi 10 ottobre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/23623-come-si-arriva-alla-mediazione-familiare-e-a-cosa-si-arriva-nella-mediazione-familiare.asp
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MINORI
Il rebus dei minori allontanati dalle famiglie.
Oltre 19mila minori vivono in comunità. Mancano dati, progetti e politiche.
Qual è il primo pensiero quando si leggono titoli del genere: ‘Strappato alla famiglia per decisione del giudice, scappa nel tentativo di rientrare a casa’. Oppure: ‘Minore conteso prelevato a scuola dalla polizia’? Sconcerto, disorientamento. Anche un po’ di fastidio, ammettiamolo. Perché rassegnarsi al fatto che una società civile, con leggi democratiche, rispettosa dei trattati internazionali, non trovi altra strada per “tutelare” i minori finiti in situazioni di conflitto, se non quella di progettare blitz con forze dell’ordine e assistenti sociali, vuol dire aver perso di vista l’interesse autentico di bambini e ragazzi. Eppure la prassi è largamente diffusa. Quando un giudice minorile decide di sottrarre un bambino alla potestà genitoriale per inviarlo in affido o presso un istituto, non si ferma davanti a nulla. Tanto meno al fatto che il bambino sia all’oscuro di tutto. Che non sia stato adeguatamente preparato. Che ignori la sua destinazione.
La replica sembrerebbe molto semplice: il giudice agisce per cause di forza maggiore. Si tratta di salvare un minore da situazioni potenzialmente a rischio, oppure di tutelare il diritto di un genitore sancito da sentenze passate in giudicato. Spesso però – molto spesso – la situazione è ben diversa. E invece di assicurare un maggior benessere al minore, si finisce non solo per farlo soffrire, ma anche procurargli un danno. Le conseguenze sulla salute per esempio risultano immediate. Lo dimostra la storia che raccontiamo qui sotto, ma anche l’esperienza condivisa di tanti genitori separati che si sono visti sottrarre il figlio dall’oggi al domani, con decisioni la cui ratio appare largamente discutibile.
Ma quali sono i criteri con cui bambini e ragazzi vengono tolti alle famiglie? Se n’è parlato in occasione dell’Indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia condotta tra 2015 e 2016 dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. Il lavoro è chiuso, ma manca il documento conclusivo. È già possibile comunque, sulla scorta dei numerosi interventi presentati, mettere in evidenza alcuni punti chiave. In Italia mancano linee guida chiare e univoche per quanto riguarda l’allontanamento dei minori. Tempi e modalità degli interventi sono affidati alla sensibilità – o meno – di giudici e assistenti sociali. E questo, inevitabilmente, comporta il rischio di gravi abusi. Senza contare che ogni regione sembra seguire parametri molto diversi (con percentuali di minori inviati in comunità che variano di conseguenza) e che manca un registro nazionale per bambini e ragazzi che vivono fuori dalla famiglia di origine.
Incertezza dei dati. L’ultima statistica ufficiale sui minori che vivono fuori famiglia risale al 2012. Parlava di 28.459 bambini e ragazzi, di cui 14.255 in comunità residenziali e 14.194 in affido familiare. Questo dato – circa 30mila minori fuori dalle famiglie di origine – è diventato quasi un luogo comune. E, come tutti i luoghi comuni, potrebbe essere molto inesatto. In mancanza di un’anagrafe centrale aggiornata – bisognerebbe farlo almeno semestralmente, viste le fluttuazioni soprattutto per quanto riguarda i minori stranieri – non resta quindi che affidarsi alle ricerche parziali. La più esaustiva è stata realizzata nel 2014 dal Garante per l’infanzia che ha raccolto sperimentalmente i dati delle 29 procure dei minori. Bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni che vivono nelle 3.192 strutture residenziali sono 19.245 (pari a 6,7 presenze in ciascuna struttura). Il 43% è di origine straniera. Il 57% ha tra i 14 e i 17 anni, il 15% meno di 6 anni. Nel frattempo sono passati altri due anni. Come si saranno modificati questi dati? Se in due anni i minori in comunità residenziali sono passati da 14mila a oltre 19mila, per i minori in affido che risultati potremmo trovare? Nessuno è in grado di dirlo.
Nessuna progettualità. Rimane il problema dei criteri che dovrebbero guidare la decisione di lasciare o togliere un minore dalla famiglia. Non esistono linee guida uniformi. Lo prova la diversità dei tassi di allontanamento da regione a regione. È del 5,2 in Liguria, del 3,9 del Trentino, del 2 in Veneto. E sarebbe il caso di tenere conto anche di differenze ancora più evidenti da provincia a provincia, sulla base delle diverse sensibilità dei servizi sociali. «Più che di sensibilità parlerei di risorse – ha dichiarato durante l’Indagine conoscitiva il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi –, ci sono Comuni dove opera un solo assistente sociale, si fanno bandi per soli 3 mesi, addirittura a titolo gratuito. Spesso siamo additati come i “nemici della famiglia” ma anche per noi l’allontanamento di un bambino dalla famiglia è un evento doloroso, a cui si ricorre solo dopo aver tentato ogni altra via».
Luciano Moia Avvenire 9 ottobre 2016
www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Il-rebus-dei-minori-allontanati-1.aspx
Emergenza migranti. Quasi 20 mila i Misna: è allarme baby schiave.
I migranti sbarcati sulle coste italiane dall’1 gennaio a oggi sono 144.527, il 5,98% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso quando a sbarcare furono 136.373; il dato del 2016 è di poco inferiore a quello del periodo corrispondente del 2014 (145.962), quando poi a fine anno i migranti sbarcati raggiunsero quota 170.100.
Questo è l’ultimo aggiornamento reso noto dal Viminale, secondo cui attualmente i migranti accolti sono 161.265 a fronte dei 103.792 del 2015 e ai 66.066 del 2014.
In dettaglio, 123.832 sono presenti nelle strutture temporanee, 13.881 nei centri di prima accoglienza e 1.369 negli hotspot; 22.192 occupano posti Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati). La regione che ne ospita di più resta la Lombardia (13%) davanti a Sicilia (9%), Piemonte (8%), Veneto (8%), Lazio (8%), Campania (8%), Emilia Romagna (7%), Toscana (7%) e Puglia (7%).
I Paesi di origine dichiarati al momento dello sbarco sono: Nigeria (26%), Eritrea (16%), Guinea (8%), Costa d’Avorio (8%), Gambia (8%), Sudan (85), Mali (7%), Senegal (7%), Somalia (6%) e Bangladesh (6%).
In proporzione e nota più dolente è anche l’aumento costante del numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati: al 7 ottobre erano 19.429, a fronte dei 12.360 dell’intero 2015 e ai 13.026 dell’intero 2014.
Dati allarmanti resi tragici dal contestuale dilagare del triste fenomeno della baby prostituzione e di schiavitù che subiscono le bambine e le ragazze che ogni anno si mettono in viaggio per sfuggire a guerre e dittature (molte le giovanissime eritree). La maggior parte assieme alle proprie famiglie altre da sole: nel 2015 sono stati 7805 le Misna che hanno raggiunto l’Europa attraverso la Rotta balcanica o attraversando il Mediterraneo su un gommone. Nei lunghi viaggi per raggiungere l’Europa poche sono le donne e le ragazze che non abbiano subito abusi sessuali. Molte, allettate da false promesse finiscono nel giro della prostituzione. Tutte hanno subito traumi da privazioni e violenze e necessitano di un’assistenza psicologica specifica.
Proprio a loro, il Papa si rivolgerà nel corso 10ma giornata mondiale del migrante e del rifugiato (che si celebrerà il 15 gennaio 2019 incentrato sul tema “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”.
www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/giornata-migranti-discorso-Papa.aspx
Fonte: Avvenire news Ai. Bi. 11 ottobre 2016
www.aibi.it/ita/emergenza-migranti-viminale-superata-quota-di-arrivi-del-2015-sono-145-mila-quasi-20-mila-i-misna-e-allarme-baby-schiave
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NULLITÀ MATRIMONIALE
Cause di nullità: a che punto la riforma?
Un mutamento necessario, voluto da AL, è quello della “procedura” per rendere più efficace e meno macchinoso il processo di accertamento della nullità del vincolo. Come è noto, la riforma del processo ha anticipato il Sinodo ordinario del 2015. Ma la sua attuazione, anche dopo AL, è ancora parziale e largamente disattesa. Il punto della situazione in una buona sintesi di Vinicio Albanesi.
Il Sinodo straordinario sulla famiglia (5-19 ottobre 2014) aveva auspicato un iter più breve per le cause di nullità. L’8 agosto del 2015 papa Francesco, con lettere apostoliche motu proprio, (uno per la Chiesa latina, dal titolo Mitis Iudex) l’altro per le Chiese orientali, dal titolo Mitis et misericors) ha modificato in parte le regole presenti nel Codice per i processi di nullità; le nuove regole sono entrate in vigore l’8 dicembre del 2015. Alle due lettere apostoliche sono state annesse le Regole procedurali e un Sussidio applicativo, a nome del Tribunale apostolico della Rota romana.
Non è il caso di entrare nel dettaglio delle disposizioni, in quanto la materia esige una conoscenza tecnico-giuridica di elevata competenza. In questa sede è opportuno indicare la sostanza della riforma.
Il fine della riforma era rendere più breve l’iter per le cause di nullità come aveva chiesto il Sinodo straordinario della famiglia e come ha riconosciuto il Sinodo ordinario che, nella dichiarazione finale n. 82 del 24 ottobre 2015, ha approvato con 244 voti favorevoli e solo 16 contrari la riforma: «L’attuazione dei due motu propri costituisce una grande responsabilità per gli ordinari diocesani, chiamati loro stessi a giudicare alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale».
Sono quattro i capisaldi della riforma:
Papa Francesco ha molto insistito sulla centralità del vescovo. Nel proemio del motu proprio Mitis Iudex è scritto: «Lo stesso vescovo è giudice –. Affinché sia finalmente tradotto in pratica l’insegnamento del concilio Vaticano II in un ambito di grande importanza, si è stabilito di rendere evidente che il vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica, pertanto, che nelle grandi come nelle piccole diocesi lo stesso vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Ciò valga specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidente».
La sinodalità si esprime nell’unità con gli altri vescovi. La riforma ha ripreso l’antica funzione della metropolìa alla quale ci si rivolge per un eventuale appello della causa. Inoltre, le conferenze episcopali sono chiamate a dare aiuto ai singoli vescovi nell’applicazione della riforma.
La semplificazione delle procedure si esplica prima di tutto nell’abolizione della doppia sentenza conforme. Nella procedura precedente era fatto obbligo, in caso di sentenza positiva per la nullità, di appellare al Tribunale competente, stabilito con il motu proprio Qua cura (8 dicembre 1938) che aveva eretto i Tribunali regionali di prima e di seconda istanza per le nullità matrimoniali. È istituito un nuovo processo chiamato, brevior, che può essere richiesto nei casi manifesti di nullità, con l’intervento personale del vescovo al momento della decisione. Questa forma di processo esige che la domanda sia inoltrata da ambedue i coniugi e con argomenti evidenti, essendo le prove della nullità matrimoniale di rapida dimostrazione. Con la domanda fatta al vescovo, il processo è istituito dal vicario giudiziale o da un istruttore. La decisione finale di dichiarazione della nullità o di rinvio della causa al processo ordinario appartiene al vescovo stesso, il quale – in forza del suo ufficio pastorale – è garante dell’unità cattolica nella fede e nella disciplina. Sia il processo ordinario che quello brevior non perdono la natura giudiziale, che significa rispetto delle regole, con il giudice che ha raggiunto la certezza morale sulla base degli atti e delle prove.
Infine, è fatta esplicita indicazione della gratuità dei processi. Le conferenze episcopali sono chiamate ad aiutare i vari tribunali a far sì che comunque la giustizia sia garantita: alle parti si può chiedere un obolo per il sostegno delle spese.
La riforma è iniziata. Sono trascorsi pochi mesi da quando la legge è entrata in vigore. Molte le discussioni tra gli esperti per le interpretazioni sui singoli canoni e disposizioni. La discussione si è accentrata, prima di tutto, in Italia, per sapere se i Tribunali regionali per le nullità matrimoniali, fossero stati soppressi. Autoritativamente è stato dichiarato che possono continuare a operare, in attesa di una definitiva chiarificazione da parte della CEI. Sono stati attivati alcuni Tribunali diocesani per permettere al vescovo competente per la causa brevior che gli sarà sottoposta. Sono state presentate e accolte cause con la richiesta del processo breve: la procedura avrà bisogno di una prassi consolidata per fugare ogni dubbio giuridico e di fatto.
La gratuità delle cause è garantita dalle disposizioni vigenti della CEI che a tutt’oggi sostiene la stragrande parte degli oneri, dovute soprattutto ai costi del personale addetto ai Tribunali in carico alle Conferenze episcopali regionali.
Non abbiamo notizia del servizio giuridico-pastorale per i problemi dei fallimenti dei matrimoni. Vi insistono molto gli artt. 1-5 delle Norme procedurali che accompagnano il motu proprio Mitis Iudex. Esse dichiarano:
«Art. 1. Il vescovo, in forza del can. 383 § i, è tenuto a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa. Egli quindi condivide con i parroci (cf. Can. 529 § i) la sollecitudine pastorale verso questi fedeli in difficoltà.
Art. 2. L’indagine pregiudiziale o pastorale, che accoglie nelle strutture parrocchiali o diocesane i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo, è orientata a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve. Tale indagine si svolgerà nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria.
Art. 3. La stessa indagine sarà affidata a persone ritenute idonee dall’ordinario del luogo, dotate di competenze anche se non esclusivamente giuridico-canoniche. Tra di esse vi sono in primo luogo il parroco proprio o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze. Questo compito di consulenza può essere affidato anche ad altri chierici, consacrati o laici approvati dall’ordinario del luogo. La diocesi, o più diocesi insieme, secondo gli attuali raggruppamenti, possono costituire una struttura stabile attraverso cui fornire questo servizio e redigere, se del caso, un Vademecum che riporti gli elementi essenziali per il più adeguato svolgimento dell’indagine.
Art. 4. L’indagine pastorale raccoglie gli elementi utili per l’eventuale introduzione della causa da parte dei coniugi o del loro patrono davanti al tribunale competente. Si indaghi se le parti sono d’accordo nel chiedere la nullità.
Art. 5. Raccolti tutti gli elementi, l’indagine si chiude con il libello, da presentare, se del caso, al competente tribunale».
“Accompagnare”. In conclusione, si può affermare che quanto richiesto dai Sinodi sulla famiglia sulle situazioni matrimoniali difficili è in attuazione. L’accompagnare, di cui parla spesso papa Francesco, significa anche esaminare le situazioni di nullità nei matrimoni falliti. La dottrina sull’indissolubilità del matrimonio non è stata scalfita; né è stata concessa la prassi ammnistrativa, ma è stata confermata quella giudiziale, per non alimentare rischi di lassismo. La riforma dei processi è una riforma utile, anche se la condizione del consenso delle due parti per il processo brevior a noi sembra eccessivamente restrittiva. Infatti, se una parte è assente e irraggiungibile, perché dev’essere penalizzata la parte che chiede la nullità del proprio matrimonio?
[1] Due pubblicazioni utili sono: L. Sabbarese (presentazione di), Nuove Norme per la dichiarazione di nullità del matrimoni, EDB, Bologna 2016;
Aa.Vv., La riforma dei processi matrimoniali di Papa Francesco – Una guida per tutti, Àncora Ed., Milano 2016.
Vinicio Albanesi, vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico regionale Piceno 10 ottobre 2016
www.settimananews.it/famiglia/cause-nullita-punto-la-riforma
Matrimonio nullo: la lunga convivenza va eccepita nella costituzione in giudizio.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 19811, 4 ottobre 2016.
Per la Cassazione trattasi di eccezione in senso stretto, come tale non rilevabile d’ufficio, né opponibile per la prima volta nel giudizio di legittimità. L’eccezione proposta dalla parte che si oppone alla sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio evidenziando la lunga durata della convivenza con il partner, è tardiva se non proposta nella costituzione in giudizio del convenuto, ma in udienza successiva.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione. Il marito aveva chiesto alla Corte d’Appello di riconoscere l’efficacia nella Repubblica italiana della sentenza ecclesiastica che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario celebrato tra lui e la moglie. La sua domanda veniva, tuttavia, rigettata poiché la Corte territoriale riteneva che la moglie avesse tempestivamente eccepito nella comparsa di risposta la prolungata convivenza con il marito, successiva alla celebrazione delle nozze.
Da qui il ricorso in Cassazione con cui l’uomo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 167, comma secondo, e 343, comma primo, cod. proc. civ., rilevando che la convenuta si era costituita solo all’udienza del 18 dicembre 2014, depositando la comparsa di risposta contenente l’eccezione che era stata accolta dalla Corte territoriale. Per gli Ermellini la doglianza è fondata. Secondo il condiviso orientamento inaugurato da Cass., Sez. Un., 17 luglio 2014, n. 16379, la convivenza triennale “come coniugi”, quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, né opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità.
Appare evidente, concludono i giudici, che l’eccezione, proposta con comparsa di risposta depositata alla prima udienza e non nei termini previsti dall’art. 166 cod. proc. civ., deve ritenersi tardiva. Questo il dato che dovrà valutare la Corte d’Appello a cui la Cassazione rinvia.
Lucia Izzo Newsletter Studio Cataldi 10 ottobre 2016 Sentenza
www.studiocataldi.it/articoli/23594-matrimonio-nullo-la-lunga-convivenza-va-eccepita-nella-costituzione-in-giudizio.asp
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POLITICHE FAMILIARI
Misure fiscali a sostegno della famiglia
Audizione informale sul DDL n. 1473 12 ottobre 2016
Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/772205/index.html
Alberto Zanardi, componente del Consiglio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), è stato ascoltato oggi dalla Commissione Finanze del Senato in audizione informale sul disegno di legge (DDL 1473) che attribuisce al Governo una delega per riordinare e potenziare l’attuale sistema dei trasferimenti alle famiglie per i figli a carico.
Il DDL prevede l’introduzione di un nuovo trasferimento monetario in misura fissa per ciascun figlio a carico, condizionato alla situazione economica dei nuclei familiari di appartenenza ma indipendente dalla condizione occupazionale dei genitori. Contestualmente, si prevede la soppressione delle principali misure di sostegno alle responsabilità familiari oggi in vigore: l’assegno al nucleo familiare (che va ai soli lavoratori dipendenti) e la detrazione Irpef per figli a carico (di cui non beneficiano i contribuenti fiscalmente incapienti).
L’UPB ha innanzitutto stimato, mediante il proprio modello di simulazione tax-benefit, l’importo del nuovo sussidio, non specificato nel DDL ma previsto in misura tale da non comportare una spesa complessiva superiore a quella degli attuali interventi di sostegno alle responsabilità familiari incrementata di 2 miliardi nel primo anno di applicazione e 4 miliardi a regime (19,1 miliardi in totale). Questo importo risulterebbe pari, per la platea dei potenziali beneficiari, a 160 euro mensili per ogni figlio a carico.
Gli effetti del nuovo assegno così quantificato, ha evidenziato Zanardi, si discostano significativamente da quelli risultanti dal sistema degli interventi di sostegno ai carichi familiari oggi applicato, generando variazioni di reddito disponibile per tutte le tipologie di famiglia prese in esame. Il nuovo assegno, infatti, garantisce un trattamento uniforme a circa due terzi delle famiglie ma finisce per premiare i nuclei con redditi medi e medio alti, mentre i nuclei con redditi più bassi, oggi titolari di trattamenti più cospicui, beneficiano di incrementi minori, o in qualche caso nulli o negativi. Considerando ad esempio le famiglie monoreddito e con un figlio a carico (27% del totale nazionale), il nuovo regime avvantaggerebbe le famiglie con redditi familiari molto bassi, fino a 12.000 euro, e l’ampia fascia dei nuclei con redditi tra 19.000 e 64.000 euro. Penalizzati sarebbero invece le famiglie con redditi nell’intervallo tra i 12.000 e i 19.000 euro (con perdite fino ad oltre 500 euro annui in corrispondenza di 14.000 euro) e i nuclei più ricchi, che oggi beneficiano delle detrazioni Irpef e per i quali il nuovo assegno sarebbe invece vicino a zero. Il beneficio derivante dall’applicazione del nuovo assegno risulterà ovviamente molto elevato per quei soggetti che oggi non godono di assegni familiari, quali ad esempio i lavoratori autonomi o i disoccupati non titolari di trattamenti assistenziali, oltreché i soggetti attualmente incapienti dal punto di vista fiscale che come tali non possono godere della detrazione per figli.
A conclusione del suo intervento, Zanardi ha sottolineato che l’adozione del nuovo istituto, oltre a richiedere un necessario coordinamento con altre misure in gestazione (il DDL delega in materia di povertà approvato dalla Camera), comporterebbe vantaggi ma anche potenziali criticità. Tra i primi rientrano il superamento di una logica categoriale degli strumenti attuali e la soluzione del problema dei soggetti privi di capienza fiscale, in aggiunta a un‘evidente semplificazione. Il cambiamento del profilo dei beneficiari e il passaggio da un sistema improntato a una logica redistributiva a una maggiormente universalistica, rischia però di comportare un costo che potrebbe colpire fasce di reddito più a rischio.
Redazione Il caso.it 14 ottobre 2016 http://news.ilcaso.it/news_1815
Documenti acquisiti in Commissione
tra cui quelli del Forum Associazioni Familiari
www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/documenti/44377_documenti.htm
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PSICOTERAPIA
L’ansia da separazione
Durante l’arco di vita, il bambino attraversa alcune fasi di crescita che lo portano a sperimentare numerose emozioni, come la felicità, la rabbia, la paura. In particolare, verso gli otto mesi, è normale che il neonato cominci a manifestare una certa paura nei confronti degli estranei. Quando la mamma si allontana, ad esempio, spesso manifesta ansia da separazione, perché ancora non ha una matura comprensione e consapevolezza della dimensione spazio-tempo, per cui pensa che se non fisicamente presente, la madre possa essere sparita per sempre. Questa fase dello sviluppo testimonia il fatto che il neonato ha imparato a riconoscere chi si occupa di lui (caregiver =colui che dà cure) e di conseguenza protesta con il pianto nel momento della separazione.
Ciò fa parte del normale sviluppo del bambino fin verso i 6 anni, dopodiché, se i sintomi dell’ansia da separazione perdurano e causano una compromissione significativa del funzionamento sociale, scolastico, familiare, è possibile che si tratti di un vero e proprio Disturbo d’ansia da separazione. In questo caso, il bambino potrebbe chiedere di non essere lasciato solo, potrebbe rifiutarsi di andare a scuola, oppure manifestare sintomi fisici come mal di pancia o mal di testa nel momento del distacco dalla sua figura significativa (generalmente la madre). I genitori vengono messi a dura prova, perché spesso si trovano a dover combattere con il “senso di colpa”, la preoccupazione, la stanchezza.
Risulta perciò importante riconoscere per tempo i segnali di malessere del bambino, per sostenerlo e contemporaneamente aiutare i genitori a comprendere i propri stati d’animo ed il significato che il disagio del figlio assume nella vita quotidiana.
dr Arianna Gamberini psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Consultorio familiare UCIPEM di Rimini 9 ottobre 2016
www.psicologarimini.com/mamma-dove-vaiche-cose-lansia-da-separazione
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SCIENZA&VITA
Utero in affitto. Il Consiglio d’Europa ha rigettato il mito della maternità surrogata gratuita.
“Il Consiglio d’Europa con la decisione di ieri ha rigettato la falsa prospettiva che esista una maternità surrogata altruistica e gratuita”, commenta Alberto Gambino, presidente nazionale dell’associazione Scienza & Vita e prorettore dell’Università europea di Roma. “La famosa ‘gestazione per altri’ è una teoria molto suggestiva utilizzata da quanti vogliono rendere legale quello che nei fatti è uno sfruttamento di donne e un commercio di bambini – continua Gambino – .L’idea di una gestazione portata a termine per altri in maniera del tutto disinteressata e senza alcun corrispettivo economico, è smentita dai dati reali della pratica della maternità surrogata, nonché lontanissima dal comune sentire di qualsiasi donna che non ritiene né normale, né ovvio, né possibile consegnare ad un’altra coppia un figlio dopo averlo portato in grembo per nove mesi e fatto nascere”.
Per il giurista, “saggiamente il Consiglio d’Europa ha sbarrato il passo al vero obiettivo della maternità surrogata, ovvero la compravendita di bambini per il tramite dello sfruttamento del corpo femminile”. “E non regge nemmeno l’ipotesi che il fenomeno vada regolamentato perché già esiste e prospera nell’illegalità – conclude Alberto Gambino -. In primo luogo, seguendo questo falso sillogismo, si dovrebbero allo stesso modo legalizzare tutta una serie di atti contro la legge che vengono compiuti ogni giorno ma la cui pratica non li rende più leciti. Inoltre, non si può pensare di rendere legale qualcosa che va contro i diritti inviolabili e la dignità della donna e dei bambini, che vengono prima di qualsiasi legge; se così fosse, ciò sarebbe profondamente contrario ai principi e ai fondamenti della democrazia che per essere tale deve porre al centro la protezione e la tutela dei soggetti più fragili e indifesi”.
AgenSir 12 ottobre 2016
http://agensir.it/quotidiano/2016/10/12/utero-in-affitto-gambino-scienza-vita-il-consiglio-deuropa-ha-rigettato-il-mito-della-maternita-surrogata-gratuita-tutelando-le-donne-e-i-bambini-dallo-sfruttamento/.
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UNIONI CIVILI
Reati in arrivo. Sanzioni, aggravanti e attenuanti come per matrimonio
Il D Lgs per attuare legge Cirinnà nel codice penale depositato in Parlamento per i pareri. Anche il codice penale si deve adeguare al riconoscimento delle unioni civili nell’ordinamento nazionale, operato con la legge 76/2016, in modo che il compagno unito civilmente abbia una disciplina omologa a quella del «coniuge» e del «prossimo congiunto» sia sotto il profilo delle tutele (come attenuanti o scriminanti del reato) sia sotto il profilo incriminatorio.
A questo adeguamento è dedicato uno dei tre schemi di Decreto legislativo approvati dal consiglio dei ministri del 4 ottobre 2016 per l’attuazione della nuova disciplina, che come gli altri è già stato presentato in parlamento in vista dei prescritti pareri. Il testo è molto scarno (appena 4 articoli) e per comprendere tutta la portata dell’intervento occorre rifarsi alla relazione illustrativa, che spiega innanzitutto che un intervento ad hoc in campo penale, affidato con delega al governo, è necessitato dalla tassatività/determinatezza della legge penale. Lo schema di decreto non modifica ogni fattispecie previste dal codice penale ma opera da una parte ricomprendendo «la parte di una unione civile tra persone dello stesso sesso» nella categoria del «prossimo congiunto agli effetti della legge penale» definita nell’articolo 307 Cp; e dall’altra introducendo nel codice penale un nuovo articolo (574-ter) che equipara «agli effetti della legge penale» il termine matrimonio all’ unione civile tra persone dello stesso sesso e la qualità di coniuge (prevista a volte come elemento costitutivo o come circostanza aggravante del reato) a quella di parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso. Infine lo schema estende a quest’ultima, qualora convivente, la non punibilità per fatti contro il patrimonio commessi a danno di congiunti (articolo 649). Da questo intervento di portata generale ne consegue l’applicabilità alla persona unita civilmente con compagno dello stesso sesso a) del Titolo XI del codice penale – Delitti contro la famiglia – e di ogni altra norma incriminatrice che consideri la qualità di coniuge come elemento costitutivo o circostanza aggravante; b) delle norme che hanno riguardo al prossimo congiunto; c) delle norme di tutela del sistema penale della «prossimità parentale», sotto forma di non punibilità o attenuante della pena. A titolo esemplificativo, per la prima categoria, possiamo citare i reati di bigamia (articolo 556), violazione dell’obbligo di assistenza familiare (articolo 570), maltrattamenti (articolo 572). O la circostanza aggravante che opera nei delitti di omicidio, di lesioni personali, di abbandono di persone minori o incapaci, di tratta di persone ecc. Per la seconda, per esempio, può farsi riferimento l’articolo 323 (abuso d’ufficio); e per la terzo l’articolo 384 (casi di non punibilità per i reati contro l’amministrazione della giustizia), la circostanza attenuante nella procurata evasione (articolo 386) etc.
Sotto il profilo processuale, eccezion fatta per la modifica dell’articolo 199 del codice di procedura penale in punto di facoltà del testimone che abbia appreso fatti in occasione della coabitazione scaturente da una unione civile, la delega non impone modifiche in relazione alle cause di incompatibilità o di astensione del giudice. Ma sul punto la relazione avvisa che, non operando nel campo processuale, il limite della tassatività una interpretazione estensiva è possibile.
Di conseguenza le disposizioni contenute negli articoli 35 e 36 del cpp devono essere «ragionevolmente» lette nel senso che la incompatibilità o il dovere di astensione si intendono estesi al giudice che sia partner di una unione civile tra persone dello stesso sesso.
Claudia Morelli Italia oggi 11 ottobre 2016
www.oua.it/unioni-civili-unioni-civili-reati-in-arrivo-italia-oggi
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