UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
newsUCIPEM n. 588 –13 marzo 2016
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ABORTO Mancata comparizione della minore avanti al Giudice Tutelare.
ADOZIONI Adozione, i veri nodi da sciogliere.
Caratteristiche, tipologie e riferimenti normativi dell’istituto.
Adozioni: in una nuova legge sempre il bambino al centro.
ADOZIONE INTERNAZIONALE Nel decalogo del Ciai la vera emergenza è la paralisi di Cai.
ADOZIONI INTERNAZIONALI Congo. A oggi 600 bambini autorizzati a lasciare il Paese.
Perù. Ogni ente può presentare 20 dossier di coppie adottive.
AFFIDAMENTO FAMILIARE Un istituto ancora poco conosciuto
ASSEGNO DI MANTENIMENTO Sì al mantenimento anche se lei convive con un altro.
CIS Rivista di Sessuologia
CISF Newsletter Cisf n. 4/2016, 9 marzo 2016
CHIESA CATTOLICA Laici e cattolici, trovate grammatica etica X dialogare su valori.
CONFERENZA internazionale Sostenere le relazioni familiari per generare bene comune.
CONSULTORI Familiari UCIPEM Puglia. Famiglie in difficoltà.
Toscana. Essere madre, essere padre di …Genitorialità e genere.
Cuneo. Apprendisti papà.
Taranto. Giornata di studio sulle dipendenze.
DALLA NAVATA 5° Domenica di Quaresima – anno C –13 marzo 2016.
Commento al Vangelo di Enzo Bianchi, priore a Bose.
FORUM Associazioni FAMILIARI L’indennità di accompagnamento ai disabili non è reddito.
FRANCESCO vescovo di ROMA Vicini a chi attende una rapida verifica situazione matrimoniale.
MATRIMONI MISTI L’Ambasciata d’Egitto vieta le nozze se l’italiano non si converte
NEGOZIAZIONE ASSISTITA Coppie di fatto con figli: sì, ma con il giudice.
OMOFILIA Nella Chiesa nessun omosessuale deve sentirsi escluso.
PARLAMENTO Camera 2°Giustizia Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili.
PATERNITÀ In aumento le procedure di riconoscimento e disconoscimento.
PRESIDENTE della REPUBBLICA Mattarella: conciliazione famiglia-lavoro essenziale per il Paese.
SESSUOLOGIA Sessualità incompresa.
SPESE STRAORDINARIE L’ex paga le cure dentistiche ai figli solo se urgenti.
UCIPEM Congresso UCIPEM di Oristano
UNIONI CIVILI Matrimonio, unione civile e convivenza di fatto: differenze
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ABORTO
Mancata comparizione della minore avanti al Giudice Tutelare.
Tribunale Mantova 29 febbraio 2016
Ove la minorenne, intenzionata a interrompere volontariamente la gravidanza, non sia comparsa avanti al Giudice Tutelare per essere sentita ai sensi dell’art. 12 della legge 194/1978, non è possibile verificare la effettiva consapevolezza in capo alla stessa della scelta di abortire, con la conseguenza che la relativa istanza deve essere rigettata.
Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14412
Il testo integrale www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fam.php?id_cont=14412.php
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ADOZIONI
Adozione, i veri nodi da sciogliere.
Fino a pochi giorni fa per la politica italiana non c’era nulla di più importante delle unioni civili. Urgente, urgente, urgente approvare la legge, stepchild adoption compresa. Poi, vista l’impossibilità dell’obiettivo massimalista, altrettanto urgente portare a casa comunque un risultato positivo, pur senza stepchild. Ora in testa agli obiettivi del governo è balzata la legge sulle adozioni. E, anche in questo caso, si punta a riproporre la controversa stepchild adoption o comunque una modifica della legge 184/1983 che consenta di aprire le maglie del discusso articolo 44, quello che riguarda i cosiddetti ‘casi speciali’, in cui si vorrebbero inserire garanzie più esplicite per le coppie omosessuali.
Il percorso sarà comunque lungo, perché sarà necessario attendere l’esito dell’indagine conoscitiva partita nei giorni scorsi in Commissione giustizia. E bisognerà comunque verificare le 28 proposte di riforma giacenti in Parlamento. Solo a quel punto dovrebbe spuntare il progetto definitivo della maggioranza. Impossibile fare previsioni. Ma, se davvero l’obiettivo è quello di rivoluzionare la legge del 1983, il lavoro che attende il legislatore si prospetta immane. Perché, parlando di adozioni, non si potrà fare a meno di addentrarsi nel ginepraio degli accordi internazionali, dei minori che vivono fuori dalle famiglie d’origine, degli affidi, dei tribunali per i minori, della legge sul riconoscimento delle origini (ferma al Senato dal giugno scorso).
E poi c’è il rebus della Cai (Commissione adozioni internazionali) che dovrebbe coordinare il lavoro dei 62 enti autorizzati, ma da un paio d’anni non si riunisce e non comunica i dati. Anche su questo punto le ipotesi si sprecano. Il governo vuole abolire gli enti per accentrare tutto a livello istituzionale? Si punta invece a ridurre drasticamente il numero degli enti autorizzati, lasciando solo una decina di sigle? Vedremo. Certo, l’Italia è il Paese che ha il maggior numero di enti, quasi il doppio rispetto agli Stati Uniti, dove però si fanno il doppio delle nostre adozioni.
Determinante sarà l’obiettivo di fondo della riforma. Comunque si deciderà di intervenire, associazioni, magistrati, giuristi, enti autorizzati – profondamente divisi su molti punti dell’eventuale riforma – sembrano invece concordare su un punto. Lo spirito della 184 – offrire ad ogni bambino che ne è privo la possibilità la possibilità di crescere in una famiglia composta da una madre e da un padre – rimane una piattaforma che non dovrà essere scalfita. Esattamente il contrario insomma dello slogan che si sente riecheggiare da qualche settimana: «Più adozioni per tutti». Perché, se davvero è questo che succederà, sarà difficile conciliare un proposito tanto ideologico con l’evidenza inesorabile dei numeri. In Italia tutta questa voglia di bambini rimane confinata nei propositi delle statistiche. Non lo dicono soltanto i tassi di natalità – i più bassi dal dopoguerra ad oggi – ma anche il rapporto tra il numero di coppie sposate senza figli e le richieste di adozioni, sia nazionali sia internazionali.
Quanti sono i bambini adottabili in Italia: ecco i numeri.Anche la tesi secondo cui le adozioni sono in calo perché cresce il numero di coppie che si rivolgono alla fecondazione assistita, tiene fino a un certo punto. Sul totale delle coppie senza figli, quelle che decidono di percorrere la strada – destinata al fallimento in quasi il 90% dei casi – della procreazione medicalmente assistita sono poco più di una su dieci. E non è vero neppure che esistano, almeno in Italia, tutti questi bambini da adottare. Il rapporto è in media un’adozione portata a termine per dieci coppie dichiarate idonee. Diverso il discorso sul piano internazionale, dove però l’Italia non potrà fare tutto da sola, perché qui occorre ritessere tutta la rete dei rapporti con gli Stati. Insomma, una serie di passaggi delicati e complessi, a cui dovranno essere dedicati tempo, competenza e riflessione. E in ogni caso non potrà essere compiuta sotto l’incubo stepchild.
Luciano Moia avvenire 5 marzo 2016
www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Adozioni-partita-la-corsa-Pesa-il-rischio-ideologia-.aspx
Caratteristiche, tipologie e riferimenti normativi dell’istituto dell’adozione.
L’istituto dell’adozione nasce nel diritto romano per offrire a chi non aveva discendenza propria, la possibilità di tramandare il cognome ed il patrimonio, costituendosi una discendenza in favore dell’adottante a seguito di un atto giuridico.
Con analoghe finalità si presentava l’istituto nel Codice del 1865, anche se per costituire il rapporto affiliativo non era più sufficiente, come nel diritto romano, un semplice atto di autonomia privata, richiedendosi un procedimento peculiare. Sostanzialmente identica è la funzione dell’istituto anche con l’avvento del Codice del 1942 (ma prima del ’67) che, pur estendendo l’ambito di applicazione ai minori di età, finiva col confermare la finalità dell’istituto. Difatti il legislatore non previde, a seguito dell’estensione dell’adozione ordinaria al minore, una diversa disciplina dell’istituto, sicché il minore conservava intatti i rapporti con la famiglia di origine, ostacolandosi, così, un suo effettivo inserimento nella nuova famiglia e creando una situazione assai instabile.
Si ritenne di ovviare a tali inconvenienti istituendo (con la L. 5 giugno 1967, n. 431), accanto all’adozione tradizionale (cd. ordinaria), un’adozione speciale a favore dei minori d’età, che perseguiva l’intento di recidere i legami del minore di otto anni con la sua famiglia di origine per ricomprenderlo, in qualità di figlio, in quella adottiva. L’istituto, nonostante la notevole spinta innovativa, presentava inconvenienti e difficoltà pratiche di applicazione, che ne hanno rese necessarie ulteriori modifiche.
Il provvedimento di disciplina dell’istituto è costituito dalla L. 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla L. 28 marzo 2001, n. 149), la quale ha adeguato l’istituto dell’adozione ai principi espressi dalla Convenzione di Strasburgo sull’adozione dei minori del 24 aprile 1967 (ratificata in Italia con L. 22 maggio 1974, n. 357) e dalla Legge di riforma del diritto di famiglia 151/1975.
Allo stato della vigente legislazione, è possibile distinguere quattro tipi di adozione:
- L’adozione piena o legittimante (L. 184/1983, artt. 6-28), che è la forma ordinaria di adozione e si rivolge ai minori di età, al fine di attribuire a pieno titolo una famiglia a chi ne è privo ovvero a chi non riceve una adeguata assistenza morale e materiale dalla propria (v. par. 3);
- L’adozione in casi particolari (L. 184/1983, artt. 44-57), sempre rivolta ai minori, che, tuttavia, non sostituisce ma aggiunge al rapporto originario di filiazione quello adottivo, per adempiere, in ogni caso, ad un interesse del minore;
- L’adozione di persone maggiori d’età (artt. 291 e ss. c.c.), che ricalca perfettamente l’istituto originario dell’adozione;
- L’adozione cd. internazionale (L. 184/1983, artt. 29-43), che regola l’adozione di un minore straniero da parte di coniugi italiani residenti in Italia o all’estero.
La L. 183/1984, successivamente novellata dalla L. 149/2001, afferma all’art. 1 «il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia». Nell’operare un richiamo ai principi costituzionali, la legge sull’adozione configura, dunque, non soltanto il diritto del minore ad una nuova famiglia capace di promuoverne la crescita e lo sviluppo della personalità (art. 2 Cost.) all’interno della famiglia cui viene riconosciuta una sua autonomia originaria (art. 29 Cost.), ma anche e soprattutto il diritto di vivere e crescere nel proprio ambiente di origine. Il bambino non è più considerato oggetto dei diritti degli adulti, ma come autonomo soggetto di diritti dandosi in tal modo attuazione al principio desumibile dall’art. 30, 2° comma, Cost. con cui, oltre ad essere sancito il diritto-dovere dei genitori di educare, mantenere ed istruire i figli, si impone al legislatore di dar vita ad un sistema di assistenza sociale che garantisca il diritto del minore a crescere nella propria famiglia. Ai detti principi si aggiunge, infine, la solenne enunciazione di cui all’art. 31 Cost. sulla tutela della maternità ed infanzia, da attuarsi per mezzo di sostegni e misure economiche a favore della famiglia: in base ad essa, il legislatore è vincolato a sostenere le famiglie che versano in condizioni economiche e sociali svantaggiate ed a contribuire all’assolvimento dei loro compiti.
Come già accennato, con la L. 149/2001 sono state introdotte alcune importanti innovazioni alla disciplina dell’adozione, attraverso modifiche apportate non solo alla legge dell’83, ma anche a taluni articoli del codice civile e processuale civile. Un ruolo centrale assumono, infatti, nell’ambito della disciplina delle adozioni, così come novellata dalla legge del 2001, le misure e gli interventi di sostegno a favore delle famiglie in difficoltà, di modo che solo nella ipotesi estrema in cui le famiglie suddette, pur aiutate e tempestivamente sostenute, non riescano ad assicurare al minore un corretto ed armonico sviluppo della sua personalità fisica, psichica ed intellettuale, questi debba essere dichiarato in stato di abbandono disponendone l’affidamento ad un’altra famiglia idonea ad assicurargli le necessarie cure morali e materiali.
Lpt 6 marzo 2016 www.laleggepertutti.it/113722_ladozione
Adozioni: in una nuova legge sempre il bambino al centro.
La legge 184/1983 non è da buttare perché contiene tutta una serie di equilibri che salvaguardano il primato del minore. Certamente, ci sono dei miglioramenti da attuare, ma sempre nell’ottica che non esiste un diritto ad avere un figlio, da parte di chiunque (coppie eterosessuali coniugate, conviventi etero o omosessuali, singoli), ma solo il diritto del minore a essere adottato. I pareri di Donata Micucci (Anfaa), Marco Griffini (Aibi), Andrea Turatti (Famiglie nuove), Alberto Pezzi (Famiglie per l’accoglienza), Daniela Bertolusso (Amici di Don Bosco onlus)
Una riforma della legge sulle adozioni. In Italia è vigente la 184 del 1983, anche se già sono state apportate alcune modifiche con la legge 149 del 2001 e la 173 del 2015. Una forte accelerata verso una riforma è venuta dal dibattito sulla stepchild adoption. Si è parlato di un Ddl, da approvare in tempi brevi, che dovrebbe toccare sia l’adozione nazionale sia quella internazionale e anche aspetti più spinosi come l’apertura a single e coppie omosessuali, ma, intanto, è partita un’indagine conoscitiva della Commissione Giustizia della Camera sull’attuazione della legislazione in materia di adozioni e affido. Guardando all’interesse del bambino, cosa servirebbe in una nuova legge sulle adozioni?
I diritti dei bambini. “Crediamo che al momento non ci sia bisogno di un cambiamento della legge sull’adozione, mentre è importante una migliore applicazione di quella che c’è già. Purtroppo, le istanze che avanzano spostano l’attenzione non più sul diritto del bambino in situazione di abbandono ad avere una famiglia, ma sul diritto degli adulti ad avere un figlio. Noi ribadiamo che non esiste un diritto ad avere un figlio, da parte di chiunque (coppie eterosessuali coniugate, conviventi etero o omosessuali, singoli), ma solo il diritto del minore a essere adottato”, sostiene Donata Micucci, presidente dell’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie). Micucci ricorda alcuni dati: “Nel 2014 sono stati dichiarati adottabili 1.397 minorenni, mentre le coppie che hanno presentato domanda di adozione nazionale sono state 9.657”. Eppure, “il numero delle adozioni nazionali è costantemente inferiore ogni anno al numero dei bambini dichiarati adottabili in Italia”. Ad esempio, nel 2014 “circa 300 minorenni non sono stati adottati, probabilmente per la gravità delle loro condizioni psicofisiche e l’età preadolescenziale o adolescenziale”.
Purtroppo, “il loro numero è destinato ad aumentare se non si attivano progetti specifici di preparazione e di sostegno delle famiglie che potrebbero accoglierli se fossero loro offerti i necessari sostegni da parte delle istituzioni: adesso, questi supporti non sono garantiti con l’unica eccezione della Regione Piemonte”. Si tratta di una questione che riguarda anche le adozioni internazionali. “Sempre di più i Paesi stranieri ci chiedono di intervenire a favore di minori con necessità particolari, ma il problema è che le famiglie, una volta rientrate in Italia, si sentono rispondere a livello pubblico che non ci sono risorse per sostenere i bisogni di questi bambini”, denuncia Daniela Bertolusso, membro della segreteria tecnica di Amici di Don Bosco onlus che si occupa delle pratiche di adozioni internazionali.
Una legge equilibrata. Per Alberto Pezzi, referente per la rete adozione dell’associazione Famiglie per l’accoglienza, “modificare ora la legge 184/83 significa rischiare di fare passi indietro e non in avanti. La 184 va difesa perché contiene tutta una serie di equilibri che salvaguardano il primato del minore, con il suo vero bene”. Miglioramenti sono, comunque, possibili: “La disponibilità all’adozione nel nostro popolo va valorizzata al meglio con intelligenza e concretezza. Il sostegno economico alle famiglie potrebbe essere potenziato. Auspicabile anche il riconoscimento del ruolo dell’associazionismo familiare e la sua valorizzazione nell’accompagnamento alle famiglie nel percorso adottivo prima ma soprattutto dopo”.
Una “preoccupazione” riguarda l’art. 44 della vigente legge sulle adozioni in casi particolari: “Si devono evitare interpretazioni forzate e fantasiose”, perché “è il bene del bambino che ci deve guidare sempre”.
“La necessità di rivedere la legge solo per facilitare l’adottabilità da parte di una minoranza mi sembra sbagliato: prima bisogna risolvere i problemi delle famiglie italiane che vogliono accogliere i bambini abbandonati e dopo si pensa al resto”, rilancia Andrea Turatti, presidente di Famiglie nuove.
Un contributo alla riforma. Marco Griffini, presidente di Amici dei bambini (Aibi), ricorda come la sua associazione da diversi anni chieda una riforma della legge sulle adozioni, ma “solo ora che ci sono in ballo gli interessi delle coppie omosessuali, c’è stata un’accelerata. Come Aibi faremo obiezione di coscienza alle adozioni omosessuali”. Griffini avanza anche “il rischio che si voglia creare un’agenzia statale per evitare tutti i problemi di coscienza” e anticipa che “a breve dovrebbe essere preparato un manifesto di area cattolica per portare il nostro contributo in seno al dibattito sulla riforma”, che per Aibi è necessaria. Per l’adozione nazionale, “proponiamo di nominare un avvocato difensore del bambino all’atto di allontanamento dalla famiglia che si faccia carico del suo progetto di vita”. Un’altra novità da introdurre sarebbe “stabilire che l’affido non duri più di due anni”. Ancora più complessa è la situazione sul fronte delle adozioni internazionali: “Occorre passare da una cultura della selezione a quella dell’accompagnamento”, che dovrebbe “essere a carico dei servizi, delle associazioni familiari e degli enti autorizzati”.
Griffini propone “di trasferire la Commissione per le adozioni internazionali presso il ministero per gli Affari esteri e di attribuire a un funzionario presso ogni Ambasciata la competenza sulle adozioni internazionali”. Anche Turatti pensa che la legge abbia bisogno di un aggiornamento, soprattutto, per quanto riguarda le adozioni internazionali, facilitando “l’accreditamento degli enti autorizzati nei Paesi stranieri, le procedure di idoneità delle coppie e una semplificazione per scaricare le spese sostenute per l’adozione”. Problemi anche per il sistema delle adozioni nazionali, che “è molto burocratico e lungo: far rientrare l’attesa in un tempo certo sarebbe una cosa giusta per tutti, ma soprattutto dal punto di vista dei bambini”.
Gigliola Alfaro SIR 7 marzo 2016
http://agensir.it/italia/2016/03/07/adozioni-in-una-nuova-legge-sempre-il-bambino-al-centro
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ADOZIONE INTERNAZIONALE
Salvare l’adozione internazionale. Nel decalogo del Ciai la vera emergenza è la paralisi della Cai
Dieci obiettivi da realizzare e sei emergenze da risolvere per salvare l’adozione internazionale in Italia. Il Ciai (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia), uno dei principali enti autorizzati nel nostro Paese, propone un decalogo in vista della riforma della legge 184/1983 sulle adozioni affinché si arrivi a una legge veramente “dalla parte dei bambini”. Mentre in Parlamento si parla di possibile apertura ai single e alle coppie di fatto, le vere priorità dell’adozione sembrano essere altre. A cominciare, come rileva il Ciai, dall’attuale paralisi della nostra Autorità Centrale, quella Commissione Adozioni Internazionali di fatto bloccata da 2 anni.
Uno dei principali obiettivi auspicati nel “decalogo” è una procedura trasparente che tuteli i diritti dei bambini. A questo scopo, la Cai deve svolgere un ruolo determinante di controllo e coordinamento anche internazionale, fondamentale nella lotta alla compravendita di bambini. Oggi però, denuncia il Ciai, siamo in una situazione in cui la Cai non si riunisce dal giugno 2014. “Vanno attribuiti poteri di controllo dell’operato della Cai in capo al Governo e al Parlamento – spiega l’ente -. Attualmente chi controlla è lo stesso controllato: la vicepresidente della Cai ha anche le deleghe del presidente”.
Gli altri 9 “comandamenti” in vista della riforma iniziano con la necessità, ribadita dalla Convenzione Onu del 1989, si mettere l’interesse del bambino al primo posto. Da questo discende l’obbligo di ascoltare sempre il minore, nei modi adeguati rispetto all’età. Quindi permettere l’adozione a genitori “idonei, preparati e soprattutto ‘giusti’ per il bambino”, equiparando in questo la procedura dell’adozione nazionale a quella dell’internazionale. Una famiglia, infatti, prosegue il Ciai, deve essere “per sempre”, ponendo fine ai casi di affido “sine die”. Proseguendo nel decalogo, l’ente presieduto da Paola Crestani auspica un’adozione aperta alla continuità affettiva dei bambini, l’aiuto ai minori a restare nei rispettivi Paesi e famiglie di origine, un maggiore sostegno alla coppia adottiva attraverso un monitoraggio periodico e il supporto nel post-adozione, tempi delle procedure più brevi. Senza dimenticare maggiori controlli sugli enti autorizzati, per assicurare la “legalità di ogni procedura di adozione internazionale”.
Tra le emergenze denunciate dal Ciai la principale riguarda ancora l’attuale totale paralisi della Commissione. La mancata pubblicazione dei dati 2014 e 2015 sull’adozione internazionale “rende impossibile rilevare le criticità attuali del sistema – spiega l’ente – al fine di implementare strategie e politiche per migliorare la tutela dei bambini nell’adozione”. “Un’adeguata politica di rilancio e sostegno delle adozioni internazionali – prosegue il Ciai –necessita innanzitutto di una Cai che rafforzi il suo ruolo di interlocutore internazionale e di guida per tutti i 62 enti autorizzati italiani”. Ma la Commissione latita anche sul altri fronti. Il Ciai li elenca con completezza, come fatto recentemente anche da Amici dei Bambini. Nessun incontro periodico con gli enti, nessuna consultazione semestrale con le associazioni familiari, nessun rimborso agli enti per progetti di cooperazione per la prevenzione dell’abbandono nei Paesi esteri (già realizzati e rendicontanti da oltre un anno), quasi del tutto interrotte le comunicazioni con le famiglie.
Tra le altre emergenze evidenziate, quelle più volte denunciate anche da Ai.Bi.: tempi troppo lunghi, mancanza di sostegno economico alle famiglie (i rimborsi previsti dal Fondo Adozioni sono fermi al 2011), scarso supporto nel post adozione, mancanza di una banca dati nazionale dei minori adottabili e delle coppie disponibili. Vita 10 marzo 2016 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
Congo. A oggi 600 bambini autorizzati a lasciare il Paese.
Evariste Boshab (ministro dell’Interno di Kinshasa) fa il punto sullo sblocco delle adozioni.
Mercoledì 9 marzo 20016 una fonte ufficiale ha informato che 600 bambini congolesi adottati da coppie straniere, dopo due anni e mezzo di attesa, sono stati autorizzati a lasciare la Repubblica Democratica del Congo. “Da gennaio la commissione interministeriale (incaricata di pronunciarsi sui dossier di adozione conclusi prima dell’entrata in vigore della moratoria) ha esaminato circa 900 dossier” e “600 di questi in totale hanno ricevuto il via libera”, afferma il ministero dell’Interno di Kinshasa. Questo numero rappresenta circa la metà dei 1.200 bambini adottati ancora trattenuti nella Repubblica Democratica del Congo, da quando nel mese di novembre era stata accordata l’autorizzazione a 72 bambini congolesi per ricongiungersi con i genitori adottivi. Decine di bambini hanno già raggiunto le loro famiglie, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Francia e Belgio. Gli altri “sono pronti a partire o stanno partendo”, ha aggiunto il ministero dell’Interno.
Tuttavia, la stessa fonte afferma che, “una cinquantina” di dossier” dei 900 esaminati sono stati “definitivamente rigettati” perché non rispettavano “i requisiti per l’adozione” previsti dalla legge, e “un altro centinaio” sono stati temporaneamente invalidati, in attesa di documenti integrativi.
A settembre 2013 le autorità di Kinshasa hanno bloccato le partenze dei bambini congolesi adottati da coppie straniere (nord americane ed europee). Da quel momento e fino al cambio di rotta di novembre 20015– dopo aver ricevuto pressioni diplomatiche – le autorità congolesi hanno autorizzato le partenze con il contagocce, essenzialmente per ragioni umanitarie (gravi problemi di salute che necessitavano una presa in carico fuori dal Paese). La moratoria sulle partenze dei bambini è stata motivata ufficialmente con la necessità di fare delle indagini sulle condizioni dei minori adottati all’estero a seguito di denunce di casi di maltrattamenti o di adozioni “trasferite” a coppie omosessuali vietate dalla legge congolese.
“Concretamente, tra due o tre settimane concluderemo la questione dei dossier di adozione” e secondo fonti ministeriali, “una volta terminata questa fase bisognerà attendere la nuova legge per rilanciare le adozioni di bambini congolesi da parte di coppie straniere”. Per dei motivi logistici la partenza effettiva di tutti i bambini adottati autorizzati a lasciare il Paese dovrebbe richiedere ancora qualche mese. Il consiglio dei Ministri ha adottato nel mese di gennaio un progetto di legge con l’obiettivo di rendere più stringente l’iter per adottare bambini congolesi da parte di coppie straniere. Il testo dovrebbe essere esaminato durante la sessione parlamentare che si aprirà il 15 marzo.
Traduzione integrale dell’articolo apparso sul sito congolese di Radio Okapi giovedì 10 marzo 2016.
AI. Bi. 10 marzo 2016 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
Perù. Ogni ente potrà presentare fino a 20 dossier di aspiranti coppie adottive.
Il Perù spalanca le porte dei suoi istituti all’accoglienza. Nel corso del mese di febbraio il ministero della Donna e delle Popolazioni Vulnerabili (Mimp) – a cui fa capo la Direzione Generale dell’Adozione (Dga), ovvero l’Autorità Centrale peruviana per l’adozione internazionale – ha comunicato un’importante novità. A decorrere dal 28 gennaio 2016 ogni ente autorizzato straniero accreditato a operare in Perù potrà depositare presso la Dga fino a un massimo di 20 dossier di aspiranti coppie adottive.
Fino a quella data il numero massimo di dossier presentabili da ogni ente era di 10. Possibilità di adozione internazionale in Perù che quindi raddoppiano. In concreto, questo vuol dire che, contemporaneamente, nella lista di attesa di ogni ente straniero presso la Dga potranno esserci fino a 20 coppie.
Nello stesso documento, le autorità di Lima precisano che nel Paese sudamericano è autorizzata la presenza di un numero massimo di 20 organizzazioni che si occupano di adozione internazionale e/o di cooperazione. Tra questi c’è Amici dei Bambini, impegnata su entrambi i fronti.
Ai.Bi. opera in Perù fin dal 1994. Negli ultimi anni le adozioni internazionali realizzate dal nostro ente nel Paese sudamericano hanno fatto segnare una crescita notevole, dal punto di vista sia delle coppie adottive che dei minori adottati. Per quanto riguarda le prime si è passati dalle 6 del 2010 alle 16 del 2015. In continuo aumento anche il numero dei bambini peruviani accolti in Italia: 6 nel 2010, 10 nel 2011, 14 nel 2012, 17 nel 2013, 21 nel 2014 e 23 nel 2015.
E il nuovo anno è iniziato sotto i migliori auspici. L’ultimo Consejo, la riunione mensile della Dga che valuta tutte le richieste e gli aspetti relativi alle adozioni in Perù, ha approvato gli abbinamenti di due coppie adottive di Ai. Bi. che presto potranno quindi partire alla volta del Sud America per andare a prendere i loro figli: due fratrie di rispettivamente 3 e 4 bambini. A questi 7 vanno aggiunti altri 4 minori: 3 i cui genitori adottivi in questo periodo sono già in Perù e un altro già arrivato in Italia. In questo inizio di 2016, quindi, saranno già 11 i bambini peruviani che, grazie ad Ai. Bi., avranno trovato una nuova famiglia nel nostro Paese. Questo anche grazie alla promozione, da parte di Amici dei Bambini, delle adozioni dei gruppi di fratelli, anche quelli piuttosto numerosi, come dimostrano queste prime positive esperienze del nuovo anno.
Chiunque fosse interessato ad adottare in Perù, anche alla luce delle nuove possibilità che si sono aperte con la recente decisione della Dga, può contattare la dottoressa Valentina Colombo all’indirizzo e-mail valentina.colombo@aibi.it oppure chiamando al numero 02.988221.
AI. Bi. 8 marzo 2016 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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AFFIDAMENTO FAMILIARE
Un istituto ancora poco conosciuto.
L’affidamento familiare o affidamento del minore trova la sua disciplina normativa nella legge n. 184 del 1983 e nelle successive modificazioni, in particolare quelle apportate dalla legge n. 149 del 2001 e quelle recentemente introdotte dalla legge numero 173 del 19 ottobre 2015. Significativamente la legge reca il titolo “diritto del minore ad una famiglia” e l’articolo 1 di essa al primo comma con chiarezza afferma che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” aggiungendo al quarto comma che “quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore si applicano gli istituti di cui alla presente legge” con riferimento cioè all’affidamento familiare e all’adozione.
L’articolo 2 della legge dispone che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. La legge consente l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare solo nel caso che non sia possibile l’affidamento ad una famiglia.
L’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale se vi è il consenso degli esercenti la potestà dei genitori o del tutore e in tal caso il provvedimento è reso esecutivo dal Giudice Tutelare del luogo in cui si trova il minore. Nel caso in cui manchi il consenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore provvede il Tribunale dei Minorenni. Il provvedimento di affidamento deve indicare le motivazioni per le quali esso è assunto, i tempi ed i modi di esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario nonché le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare di provenienza possono mantenere rapporti con il minore. L’affidatario è tenuto, quindi, ad accogliere presso di sé il minore ed a provvedere al suo mantenimento, alla sua educazione ed istruzione tenendo conto delle indicazioni dei genitori esercenti la potestà o del tutore ed osservando le prescrizioni stabilite dall’Autorità affidante. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con l’istituzione scolastica e con le autorità sanitarie per ciò che non è dura l’ordinario. A tal proposito va ricordato che i minori hanno diritto al rispetto della propria identità culturale e, quindi, ad esempio relativamente alla propria confessione religiosa gli affidatari devono accettare la scelta fatta dalla famiglia d’origine del bambino. Il servizio sociale a sua volta, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro del minore nella stessa secondo le modalità più idonee.
Gli attori dell’affidamento familiare possono essere così individuati: le famiglie d’origine, le famiglie affidatarie, i servizi sociali e sanitari del territorio, la magistratura minorile ed i minori.
Le famiglie d’origine – sono famiglie conosciute seguite dai servizi sociali e sanitari del territorio con bisogni e difficoltà di tipo diverso che non riescono da sole ad occuparsi dei propri figli in modo adeguato e ad offrire loro tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere.
Le famiglie affidatarie – l’affidamento è una scelta impegnativa ed emotivamente coinvolgente. Possono offrire la propria disponibilità famiglie, coppie, singoli e non sono previsti dalla legge limiti di età. Requisiti essenziali sono l’offrire un tempo nella propria vita e uno spazio nella propria casa per accogliere un’altra persona, una persona in difficoltà. La famiglia affidataria avrà, quindi, il compito di assicurare il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive del minore ma non dovrà considerarsi quale suo genitore diretto. L’affidamento, infatti, non è una sostituzione legale della famiglia d’origine ma un aiuto che supplisce, per il tempo necessario, alla famiglia disfunzionale.
Con la recente riforma del 2015, tuttavia, è stata garantita la continuità affettiva dei minori con gli affidatari: si pensi al diritto di visita che permane dopo il ritorno nella famiglia di origine (aspetto sul quale il minore deve essere sentito), ma anche dopo un nuovo affidamento o dopo l’adozione.
Con riferimento all’adozione, peraltro, oggi gli affidatari in possesso di determinati requisiti possono percorrere una corsia preferenziale a tal fine, in quanto il Tribunale non può omettere di valutare, nel disporla, i legami affettivi significativi instaurati dal minore e il rapporto stabile e duraturo costruito con la famiglia di affido. Sempre a seguito della riforma del 2015, inoltre, gli affidatari hanno ora il diritto, come i parenti più stretti, di chiedere l’adozione di un orfano, anche se coppie di fatto o single, e anche il diritto ad intervenire, a pena di nullità, in tutti i provvedimenti relativi alla responsabilità genitoriale, all’affidamento e all’adottabilità del minore.
I Servizi sociali e sanitari del territorio – spetta ad essi promuovere iniziative di ricerca e sensibilizzazione dei cittadini, svolgono inoltre attività di formazione ed informazione e sostegno nei confronti di famiglie, coppie e singoli che si rendono disponibili all’affidamento. Quando l’affidamento familiare risulta essere l’intervento più appropriato nell’interesse e per la tutela del minore, i Servizi sociali, in collaborazione con quelli sanitari, preparano il progetto che, redatto in modo partecipato dov’è possibile con la famiglia di origine ed il minore, deve contenere obiettivi da raggiungere, durata prevedibile del programma, gli impegni dei servizi sociali e sanitari, della famiglia affidataria nonché le modalità degli incontri tra il minore e la sua famiglia di origine. Il progetto deve essere flessibile per poter essere modificato quando necessario nel corso dell’esperienza in relazione all’effettivo evolversi della situazione.
La Magistratura minorile – nell’eventualità in cui manchi il consenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore il provvedimento di affidamento è disposto dal Tribunale dei Minori. Correlativamente il Servizio sociale territoriale cui è attribuita la responsabilità del progetto e la vigilanza deve riferire alla Magistratura minorile ogni evento di particolare rilevanza che si verifichi durante il periodo di affidamento nonché sull’evoluzione delle condizioni della famiglia d’origine, sull’eventuale necessità di proseguire l’affidamento e sull’andamento del progetto stesso.
Protagonisti assoluti dell’affidamento sono però i minori. Nell’istituto dell’affidamento familiare la figura centrale è quella del minore come persona. L’affidamento familiare si rivolge a tutti i minori che ne hanno bisogno e può quindi trattarsi di bambini piccoli ma anche più grandi, ciononostante ancora comunque bisognosi di quelle relazioni affettive e stabili che solo in famiglia possono essere garantite.
Nella pratica l’affidamento familiare ha assunto modalità diverse in relazione alle diversificate difficoltà delle famiglie di provenienza dei minori ed alle esigenze di questi ultimi. Vi è l’affidamento a tempo determinato in coincidenza con eventi la cui durata può essere in qualche modo predefinita, l’affidamento diurno o part-time quando il minore trascorre con la famiglia affidataria parte della giornata ma la sera torna a casa dai suoi genitori ed infine l’affidamento a tempo indeterminato quando il minore trascorre con gli affidatari giorno e notte pur mantenendo rapporti periodici con la famiglia d’origine quando non è prevedibile temporalmente il periodo necessario per quest’ultima per recuperare le proprie funzioni genitoriali.
Avv. Chiara Muratori newsletter giuridica Studio Cataldi 7 marzo 2016
www.studiocataldi.it/articoli/20203-l-affidamento-familiare-o-affidamento-del-minore–un-istituto-ancora-poco-conosciuto.asp
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Sì al mantenimento anche se lei convive con un altro.
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 4175, 2 marzo 2016
La mancanza di condivisione delle spese col nuovo compagno e l’instabilità della convivenza non fanno cadere il contributo a carico dell’ex marito. Se la ex si rifà una nuova vita con un altro uomo, il marito è tenuto comunque a mantenerla. Lo ha disposto la Cassazione, con l’ordinanza allegata rigettando il ricorso di un uomo che chiedeva la revoca dell’assegno di divorzio disposto dalla Corte d’appello in favore dell’ex moglie che ormai notoriamente aveva intrapreso una convivenza con un altro. Per gli Ermellini, infatti, la sentenza dei giudici di secondo grado non fa una piega.
Gli stessi hanno evidenziato che, a fronte del reddito percepito dal marito (pari a oltre 18mila euro annui) per il lavoro di operatore ecologico comunale, la donna non dispone di redditi adeguati, svolgendo attività lavorativa saltuaria e “in nero”, avendo visto revocata anche l’assegnazione della casa familiare, poiché l’unico figlio 35enne era ormai autonomo economicamente e non più convivente e, infine, non risultando che la relazione con il nuovo compagno fosse caratterizzata da stabilità della convivenza o da condivisione delle spese.
Per di più, “il ricorrente non ha dedotto di subire ripercussioni negative sul reddito, derivante dall’attività di dipendente (operatore ecologico) del Comune, per effetto delle sue condizioni di salute”. Per cui, la donna conserva il diritto all’assegno di divorzio e l’uomo si dovrà rassegnare a pagare 250 euro mensili oltre alle spese di giudizio.
Marina Crisafi newsletter giuridica Studio Cataldi 7 marzo 2016
www.studiocataldi.it/articoli/21244-cassazione-si-al-mantenimento-anche-se-lei-convive-con-un-altro.asp
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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA – CIS
Rivista di Sessuologia
Nel n. 2-3 della Rivista di Sessuologia (maggio-dicembre 2015), tra altro
- Cinquant’anni di storia del CIS Francesco Masellis. Roma
recentemente scomparso, con riferimenti all’UCIPEM
- Aspetti storici ed evolutivi della sessualità umana Carlo Conti. Firenze
- Sessualità tra benessere, diritti umani ed etica religiosa Ines Testoni, Marta Prandelli, David Primo
- Credenze e pregiudizi della cultura attuale sulla sessualità Antonio Imbasciati. Brescia
- Tra crisi del genere e ricerca d’identità:il significato attribuito alla rivoluzione queer. Gessica Iannone
- Saggio sul transessualismo Federico Sandri. Trieste
www.cisonline.net
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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA – CISF
Newsletter Cisf n. 4/2016, 9 marzo 2016
- Adozioni: nell’esclusivo interesse dei minori. Pietro Boffi
- Telecamere per proteggere bambini e anziani nei nidi e nelle residenze?
- Qualche magagna il nuovo ISEE ce l’ha… Francesco Belletti
- Fafce: comunicato stampa – 7 marzo 2016: maternità surrogata e consiglio d’Europa
www.stpauls.it/newsletter/cisf/2016/marzo/04/index.html
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CHIESA CATTOLICA
“Laici e cattolici, trovate una grammatica etica per dialogare sui valori”
Intervista con Padre Sorge, già direttore della Civiltà Cattolica ed esperto di dottrina sociale della Chiesa: “Intollerabile non tutelare le coppie gay”
Chiesa e politica, una antica questione riproposta dal dibattito sulle unioni civili. A chi rivolgersi per avere lumi se non a padre Sorge? A suggerirlo è Francesco, che, in un recente incontro, ha elogiato il confratello: «Lui è un gesuita che ha aperto la strada nel campo della politica». Padre Sorge, 87 anni, già direttore di «La Civiltà Cattolica», il maggiore esperto di dottrina sociale della Chiesa. Nell’oasi ambrosiana di San Fedele, scruta e interpreta i segni dei tempi. Non dimenticando l’avvertenza di sant’Ignazio: «Si chiama comunemente scrupolo ciò che procede dal nostro proprio giudizio e libertà, allorquando istintivamente immagino che sia peccato ciò che peccato non è». Distinguere sempre.
La vicenda unioni civili è in genere raccontata con le categorie «laici» e «cattolici».
«La divisione risale a una fase storica che non esiste più. L’epoca delle ideologie, ciascuna ideologia una visione totale della storia, dell’uomo, della società. Si impose allora, comprensibilmente, l’ideologia cristiana».
Una stagione conclusa?
«Ad archiviarla è stato il Concilio. Ma nella mentalità di molti non è tramontata. Ridurre la religione a ideologia è una stortura non ancora debellata».
Chiesa e Stato in Italia secondo gli ultimi pontefici.
«Da Paolo VI, la scelta religiosa, l’addio al collateralismo (se ne riapra l’Octogesima adveniens (1971): spetta ai laici, “senza attendere passivamente consegne o direttive”, agire nella città terrena). A Wojtyła: la Chiesa abbia una funzione sociale. Pensava alla sua Polonia e all’Italia, a ciò che la Chiesa aveva dato ai due Paesi. Riteneva che la Chiesa avesse diritto a un risarcimento. Trainando culturalmente le due nazioni. A Francesco: mai come ora il Tevere è stato così largo».
E ora?
«E’ un periodo di ricerca. Non c’è chi spicchi, scomparso Martini. Martini nel solco di Montini, la scelta religiosa».
Ossia?
«La missione religiosa della Chiesa, madre di tutti (Martini in ogni uomo scorgeva un credente e un non credente). Cancellando le sovrastrutture che da Costantino in poi hanno bacato la Chiesa, trasformandola in uno Stato. Il Papa non successore di un pescatore, ma di un imperatore. Francesco è il ritorno al Vangelo».
Le unioni civili banco di prova.
«Lo Stato è laico. La Costituzione è laica. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Era intollerabile che i diritti personali degli omosessuali che vivono in coppia non fossero tutelati giuridicamente».
Unioni civili e famiglia.
Altra è l’equiparazione tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali. L’articolo 29 della Costituzione “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”».
Jemolo osservava: uno Stato non può vivere «senza certe convinzioni universalmente accettate».
«Vivere uniti rispettandosi diversi. È la sfida del ventunesimo secolo. Una società non sta in piedi se non ha un fondamento etico. Che non può prescindere, come affermava il non credente Croce, da una dimensione trascendente, la religione essenza di qualsiasi umanesimo».
Un nuovo umanesimo: quali i suoi valori universali?
«La risposta la diede Giovanni Paolo II all’Onu. Una “grammatica etica” con tre architravi: la dignità della persona umana, la solidarietà (la democrazia ne è l’espressione più alta), la sussidiarietà (valorizzando l’apporto che ciascuno può dare senza che il superiore si sostituisca all’inferiore)».
Lei ha diretto l’Istituto di formazione politica «Pedro Arrupe» di Palermo.
«Il politico, figura tanto necessaria quanto rara. Sintesi tra idealità e professionalità. Non è sufficiente essere santi (allora si preghi), non è sufficiente essere professionisti (allora si coltivi la professione)».
Tra i politici, lei ha prediletto il cattolico democratico Moro.
«Di lui ammirando la rettitudine politica e il coraggio di intraprendere strade nuove. Avendo capito la crisi della democrazia rappresentativa, avanzando la democrazia partecipativa. La sua corrente non superava nella Dc il 6-7 per cento, ma dava l’idea all’intero partito. Una certa Italia è scomparsa, tra via Fani e via Caetani».
Bruno Quaranta Vatican Insider 6 marzo 2016
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CONFERENZA INTERNAZIONALE
Famiglie forti, comunità forti. Sostenere le relazioni familiari per generare bene comune.
63.a Conferenza internazionale dell’ICCFR (International Commission on Couple and Family Relations con il Patrocinio e la collaborazione della Provincia Autonoma di Trento www.iccfr.net
Trento, 17-18-19 giugno 2016.
Partner e organizzatori del convegno sono:
- Cisf, Centro Internazionale Studi Famiglia (www.cisf.it)
- AICCEF, Associazione Italiana Consulenti di Coppia e Relazioni Familiari (www.aiccef.it)
- FORUM delle associazioni familiari (www.forumfamiglie.org).
Nella società contemporanea cresce l’importanza dell’individuo, mentre diminuisce la rilevanza del benessere comunitario. Viene così oscurata anche l’idea stessa di dover proteggere la famiglia come “cellula sociale basilare”. Si generano così individui impegnati in una lotta solitaria, una soggettività isolata che tenta di affrontare i propri compiti senza adeguata strumentazione. Anche gli interventi delle istituzioni si organizzano su politiche circoscritte e limitate, indirizzate soprattutto agli individui, senza prestare adeguata attenzione alle relazioni familiari che li possono sostenere. Il Convegno intende fare luce su una concezione di famiglia come soggetto sociale, che genera capitale umano, relazionale e sociale. Una famiglia considerata come il principale luogo di solidarietà e di umanizzazione della persona e della società, vera risorsa generatrice di bene comune. In particolare, in sintonia con il modello consolidato utilizzato dall’ICCFR, le tematiche proposte verranno affrontate da una prospettiva multidisciplinare, approfondendo gli aspetti di politica sociale, di terapia e del diritto di famiglia.
Dal punto di vista metodologico, il convegno si articolerà su tre distinte modalità:
- Sessioni in plenaria, dove un relatore di riferimento proporrà un intervento di inquadramento generale. È previsto uno spazio di dialogo con i partecipanti;
- Gruppi di discussione, dove i partecipanti potranno confrontarsi sulle relazioni in plenaria, valorizzando la forte eterogeneità di competenze, storie professionali, nazioni e culture di provenienza;
- Seminari di approfondimento, dove verranno presentate e discusse varie esperienze innovative dall’Italia e dall’estero.
Programma allegato in pdf
Vedi anche www.aiccef.it/News/68-TRENTO_2016.html
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Puglia. Famiglie in difficoltà
La Federazione Consultori familiari di ispirazione cristiana – Puglia – ONLUS
UCIPEM – Delegazione Regionale Puglia
in collaborazione con
Tribunale ecclesiastico Regionale Puglia
CEP – Commissione regionale per la pastorale della famiglia
organizzano un percorso di formazione-aggiornamento
Famiglie in difficoltà: uno sguardo misericordioso
Seminario di studio: Bari 16 aprile 2016
Incontri di zona: Bari – Foggia – Lecce maggio-giugno 2016
Programma completo e scheda di iscrizione allegati in pdf
www.cfc-italia.it/cfc/index.php/2-non-categorizzato/389-percorso-di-formazione-aggiornamento?jjj=1458310329797
Toscana. Essere madre, essere padre di …… Genitorialità e genere.
Ciclo di Seminari formativi “Intorno al genere” Firenze, 9 aprile 2016
Residenza Il Bobolino Via Dante da Castiglione, 13 50125 Firenze
Intorno al genere è il titolo che la Rete informale dei consultori familiari della Toscana, il Consultorio familiare “Il Campuccio” della Misericordia di Firenze Onlus, in collaborazione con il Centro Italiano di Sessuologia, hanno voluto dare a questo nuovo ciclo di seminari di formazione e aggiornamento.
Il ‘genere’ è un tema che, negli ultimi anni, è spesso stato oggetto di discussioni in ambiti quali sociale, pedagogico, politico, etico-religioso, filosofico, ecc. Con questo ciclo d’incontri si intende offrire ad ogni operatore l’opportunità di approfondire, in base alle attuali conoscenze, queste tematiche dando anche l’occasione di confrontarsi con altri professionisti, in modo da accrescere le proprie competenze professionali in un ambito multidisciplinare.
Gli eventi sono rivolti agli operatori dei Consultori Familiari pubblici e privati, ai soci del Centro Italiano di Sessuologia, alle associazioni laiche e religiose interessate ai problemi correlati al genere e alla sessualità, ad operatori socio-sanitari pubblici e privati, medici, psicologi, avvocati, associazioni del volontariato e del privato sociale impegnate nella promozione e sostegno dell’individuo e della famiglia.
L’A.I.C.C.eF rilascia ai consulenti familiari iscritti 15 Crediti Formativi Professionali (CFP).
Programma 9 aprile 2016 ore 9,30-16,30
Carlo Conti. Introduzione
Rita Roberto. Genitorialità ed educazione di genere
Raffaello Rossi. L’impatto emotivo della coppia genitoriale di fronte alla sessualità dei figli
Lavori di gruppo e Laboratorio. Confronto e discussione plenaria
La partecipazione è gratuita.
Per l’iscrizione contattare Consultorio Il Campuccio della Misericordia di Firenze Onlus,
Via Villani 21/A 50125 Firenze ilcampuccio@gmail.com
http://www.misericordia.firenze.it/News/Dettaglio/1716/Seminario-del-Campuccio
Cuneo. Apprendisti papà
L’associazione consultorio UCIPEM organizza 4 incontri per scoprire il papà che c’è in te!
04 aprile Sono un papà…e adesso? Gioie e paure, risorse e difficoltà dei neo-papà.
dr Egidio Ciola e dr Alessandro Mascherpa, psicologi psicoterapeuti
11 aprile Incantesimi e pozioni per apprendisti papà. Alimentazione, la nanna, la gestione delle malattie.
dr Alessandro Mascherpa, psicologo psicoterapeuta, Corrado Basso, infermiere
18 aprile Quando nasce un bambino nasce anche un papà. Gioie e paure, risorse e difficoltà dei neo-papà.
dr Egidio Ciola, dr Alessandro Mascherpa e dr Claudia Venturino, psicologi psicoterapeuti
02 maggio Un letto per due e un lettone per tre. Coppia, sessualità e neo-genitorialità.
dr Alessandro Mascherpa e dr Maria Chiara Gozellino, psicologi psicoterapeuti
www.forumfamigliecuneo.org/ucipem-apprendisti-papa
Taranto. Giornata di studio sulle dipendenze.
La Scuola Pugliese di Formazione alla Consulenza Familiare organizza per il 17 aprile 2016 la 9ª Giornata di Studio con laboratori esperienziali su “Le Dipendenze: dalle sostanze ai comportamenti – l’aiuto del Consulente Familiare. Relatrice dott.ssa Margherita Taddeo, psicologa e psicoterapeuta
www.ilfocolare.it/p/home.html
http://ilfocolare.blog.tiscali.it/2016/03
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DALLA NAVATA
5° Domenica di Quaresima – anno C –13 marzo 2016.
Isaia 43, 18 «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!»
Salmo 126, 05 «Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.»
Filippesi 03, 14 «Corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.»
Giovanni 08, 10 «Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più.»
Commento al Vangelo di Enzo Bianchi, priore a Bose.
Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza contraddire la Legge.
L’itinerario quaresimale all’insegna dell’annuncio della misericordia di Dio narrata da Gesù conosce un vero e proprio vertice nel brano evangelico di questa domenica: il testo dell’incontro tra Gesù e la donna sorpresa in adulterio. Questa pagina ha conosciuto una sorte particolarissima, che attesta il suo carattere “scandaloso”: è assente nei manoscritti più antichi, è ignorato dai padri latini fino al IV secolo e non è commentato dai padri greci del primo millennio. Al termine di un lungo e travagliato migrare questo testo è stato inserito nel vangelo secondo Giovanni, prima del v. 15 del capitolo 8, in cui è riportata una parola di Gesù che sembra giustificare tale collocazione: “Voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno”. Va detto che il nostro brano presenta somiglianze con il vangelo secondo Luca, quello più attento all’insegnamento di Gesù sulla misericordia, e potrebbe essere agevolmente collocato dopo Lc 21,37-38: “Durante il giorno Gesù insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo, al mattino, andava da lui nel tempio per ascoltarlo”. Noi però, in obbedienza al canone delle Scritture, lo leggiamo dove la redazione finale lo ha posto, nel contesto di una discussione sul rapporto tra Legge e peccato.
Mentre Gesù, seduto nel tempio, annuncia la Parola, “scribi e farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio”, per “metterlo alla prova”. Spesso i vangeli annotano che gli avversari di Gesù tentano di metterlo in contraddizione con la Legge, per poterlo accusare di bestemmia. Ma questa volta il tranello non riguarda interpretazioni della Legge, bensì una donna – o meglio, quella che è “usata” come un caso giuridico – sorpresa in adulterio e trascinata con la forza davanti a lui da quanti vigilano sull’altrui compimento della Torah invece che sul proprio. Fatta irruzione nell’uditorio di Gesù, questi uomini religiosi collocano la donna in mezzo a tutti e si affrettano a dichiarare: “Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa”. La loro dichiarazione sembra ineccepibile, ma in realtà è parziale: la Legge, infatti, prevede la pena di morte per entrambi gli adulteri (cf. Lv 20,10 e Dt 22,22) e attesta la stessa pena, mediante lapidazione, per un uomo e una donna fidanzata caduti in adulterio (cf. Dt 22,23-24). Ma dov’è qui l’uomo?
La durezza della pena prevista si spiega con il fatto che l’adulterio è una smentita della promessa creazionale di Dio e una grave ferita all’alleanza stipulata dalla coppia umana (cf. Ml 2,14-16). Ecco dunque che i gelosi custodi della Legge, irreprensibili in apparenza e ritenuti dalla gente “uomini religiosi” per la loro visibilità ostentata (cf. Mt 23,5), chiedono a Gesù: “Tu che ne dici?”. Tale domanda mira a coglierlo in contraddizione: se Gesù non conferma la condanna e non approva l’esecuzione, può essere accusato di trasgredire la Legge di Dio; se, al contrario, decide a favore della Legge, perché accoglie i peccatori e mangia con loro (cf. Mc 2,15-16 e par.; Lc 15,1-2)? Perché annuncia la misericordia? Quel “Che ne dici?” significa: “Tu che predichi il perdono di Dio, che dici di essere venuto a chiamare i peccatori e non i giusti (cf. Mc 2,17 e par.), che rispetto hai della Legge?”. (…)
Le persone religiose vorrebbero che a questo punto Gesù avesse detto alla donna: “Ti sei esaminata? Sai cosa hai fatto? Ne comprendi la gravità? Sei pentita della tua colpa? La detesti? Prometti di non farlo più? Sei disposta a subire la giusta pena?”. Queste omissioni nelle parole di Gesù scandalizzano ancora, oggi come ieri! Ma Gesù non condanna né giudica – come dirà poco dopo: “Io non giudico nessuno” (Gv 8,15) – e annuncia la misericordia, fa misericordia eseguendo fedelmente e puntualmente la giustizia di Dio, perché la conosce come giustizia giustificante (cf. Rm 3,21-26).
Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza contraddire la Legge. Quest’ultima è essenziale quale rivelazione della vocazione umana che Dio ci rivolge; ma una volta che il peccato ha infranto la Legge, a Dio resta solo la misericordia, ci insegna Gesù. Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l’unicità di Gesù. Infatti, ogni volta che egli ha incontrato un peccatore lo ha assolto dai suoi peccati e non ha mai praticato una giustizia punitiva. Ha anche pronunciato i “Guai!” in vista del giudizio, ma non ha mai castigato nessuno, perché sapeva ben distinguere tra la condanna del peccato e la misericordia verso il peccatore.
Testo completo
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/10296-nessuna-condanna-solo-misericordia
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
Consiglio di Stato. L’indennità di accompagnamento ai disabili non è reddito
Il Forum l’aveva detto più volte. Ora anche il TAR del Lazio, prima, e adesso il Consiglio di Stato lo confermano: il nuovo ISEE è incostituzionale e penalizza fortemente i disabili.
Anche i dati consuntivati a fine 2015 dal ministero del Lavoro, dopo un anno di applicazione dell’ISEE, hanno evidenziato che fra il nuovo e il vecchio non cambiava praticamente niente, con l’aggravante, però, della scandalosa penalizzazione delle famiglie con figlio disabile minorenne.
Ora l’intervento della magistratura amministrativa richiama l’attenzione su questa pecca particolarmente odiosa perché va a colpire una fascia debole, ma le critiche vanno anche oltre: la riforma dell’Isee non riconosce il vero carico familiare perpetuando una ingiustizia che denunciamo da anni e applica scale di equivalenza antiquate e superate.
Di chi la colpa? Sicuramento di tutti gli esecutivi che si sono succeduti, dal governo Monti in poi, con la colpevole disattenzione di senatori e deputati di maggioranza e opposizione. Ora che anche il Consiglio di Stato ha riconosciuto l’ingiustizia, ci auguriamo che si possa rimettere mano alla struttura stessa dell’ISEE introducendo serie modifiche “pro family” che riportino l’Indicatore al suo scopo originario.
Il Forum, forte delle esperienze avviate con successo in diversi comuni d’Italia, è pronto a dare il suo contributo.
Comunicato stampa 07 marzo 2016 www.forumfamiglie.org/news.php?news=955
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
Papa: vicini a chi attende una rapida verifica della situazione matrimoniale
Papa Francesco ha incontrato stamane nell’Aula Paolo VI in Vaticano i partecipanti a un corso di formazione della Rota Romana sul nuovo processo matrimoniale e sulla procedura super rato. I nuovi provvedimenti in materia – ha detto – mostranola sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale.
Durante il Sinodo sulla famiglia – ha detto il Papa – sono emerse “forti aspettative per rendere più agili ed efficaci le procedure per la dichiarazione di nullità matrimoniale. Tanti fedeli, infatti, soffrono per la fine del proprio matrimonio e spesso sono oppressi dal dubbio” se sia valido o meno: “Ma questi fedeli in molti casi – ha osservato – trovavano difficoltà ad accedere alle strutture giuridiche ecclesiali ed avvertivano l’esigenza che le procedure fossero semplificate”. “La carità e la misericordia, oltre che la riflessione sull’esperienza – ha proseguito il Pontefice – hanno spinto la Chiesa a rendersi ancora più vicina a questi suoi figli, venendo incontro ad un loro legittimo desiderio di giustizia”. Così il 15 agosto scorso 2015 sono stati promulgati i documenti Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus,”che hanno raccolto i frutti del lavoro della commissione speciale istituita il 27 agosto 2014″ con “un obiettivo eminentemente pastorale”:
“Mostrare la sollecitudine della Chiesa verso quei fedeli che attendono una rapida verifica sulla loro situazione matrimoniale. In particolare, è stata abolita la doppia sentenza conforme e si è dato vita al cosiddetto processo breve, rimettendo al centro la figura e il ruolo del Vescovo diocesano, o dell’Eparca nel caso delle Chiese orientali, come giudice delle cause. Si è così ulteriormente valorizzato il ruolo del Vescovo o dell’Eparca nella materia matrimoniale; infatti, oltre all’accertamento per via amministrativa – rato e non consumato –, a lui è ora rimessa la responsabilità della via giudiziaria in ordine all’accertamento della validità del vincolo”.
È importante – ha detto ancora il Papa – “che la nuova normativa sia recepita e approfondita, nel merito e nello spirito, specialmente dagli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per rendere un servizio di giustizia e di carità alle famiglie”:
“Per tanta gente, che ha vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità; e queste persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada (…) La Chiesa è madre e vuole mostrare a tutti il volto di Dio fedele al suo amore, misericordioso e sempre capace di ridonare forza e speranza. Ciò che più ci sta a cuore riguardo ai separati che vivono una nuova unione è la loro partecipazione alla comunità ecclesiale”.
Ma mentre “ci prendiamo cura delle ferite di quanti richiedono l’accertamento della verità sul loro matrimonio fallito – ha concluso Papa Francesco – guardiamo con ammirazione a coloro che, anche in condizioni difficili, rimangono fedeli al vincolo sacramentale”:
“Questi testimoni della fedeltà matrimoniale vanno incoraggiati e additati come esempi da imitare. Tante donne e uomini sopportano cose pesanti, grosse per non distruggere la famiglia, per essere fedeli nella salute e nella malattia, nelle difficoltà e nella vita tranquilla: la fedeltà. E sono bravi, eh?”.
Sergio Centofanti. Notiziario Radio vaticana -12 marzo 2016
http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
Testo integrale http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/march/documents/papa-francesco_20160312_corso-rota-romana.html
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MATRIMONI MISTI
L’Ambasciata d’Egitto vieta le nozze se l’italiano non si converte all’Islam.
Tribunale di Castrovillari – Sezione civile, 16 febbraio 2016.
“Se il cittadino italiano non si converte all’Islam l’Ufficio Consolare non può rilasciare alcun certificato di nulla osta al matrimonio”. Questa è stata la risposta che ha ricevuto una coppia (un cittadino italiano ed una cittadina egiziana) dall’Ambasciata d’Egitto in Italia all’ esplicita richiesta di rilascio del sopraccitato documento, indispensabile, in tal caso, per procedere alla pubblicazione quale formalità preliminare al matrimonio. La coppia non si è arresa ed è ricorsa alle vie legali affinché venisse loro riconosciuto il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia senza alcuna discriminazione religiosa.
Avv. Scavelli, cosa prevede la legge italiana?
Il codice civile è molto chiaro in tal senso, ai sensi dell’art. 116 c.c. lo straniero che intende contrarre matrimonio in Italia deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’Autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. Il cittadino straniero, quindi, che intenda contrarre matrimonio nel nostro Paese deve rispettare sia la legge del suo Stato di appartenenza sia la legge italiana, ciò è sancito chiaramente dal secondo e terzo comma dello stesso articolo.
Nel caso di specie dove nasce il problema?
Nel nostro caso il problema è sorto in riferimento alla legge egiziana. E’ d’uopo, in primis, precisare che, sul punto, la normativa vigente in Egitto (il c.d. “Statuto Personale”) in caso di matrimonio misto, regolamentato da un codice di leggi (denominato Qanun) che si rifà alla legge islamica della Shari’a, fonte di diritto positivo, prevede, precipuamente, che “una donna egiziana può contrarre matrimonio con un cittadino straniero a condizione che egli sia di religione musulmana”. Mentre non è vero il contrario. L’uomo egiziano può sposare anche una donna non musulmana. A complicare oltremodo la situazione si aggiunga che tale norma non è codificata in alcun testo legislativo in quanto si rifà esclusivamente alla legge sharaitica che, come ben sappiamo rappresenta la “Legge di Dio” per i musulmani.
Dunque, tornando in Italia, in questi casi l’Ambasciata d’ Egitto, per rilasciare il “nulla osta” al proprio cittadino, chiede, oltre ai soliti certificati di nascita, residenza, stato libero ecc. anche quello di conversione all’Islam da parte del nubendo italiano, certificato di conversione che, tra l’altro, deve obbligatoriamente esser rilasciato da un Centro islamico riconosciuto dallo stesso Ufficio Consolare. E’ bene, inoltre, tener presente che risulta prassi consolidata e conosciuta il fatto che il predetto Ufficio, in caso di diniego del nulla osta, non rilascia alcuna certificazione attestante le motivazioni del rifiuto, comunicando solo verbalmente tale determinazione alla cittadina egiziana richiedente, violando, così facendo, il diritto di informare ed essere informati e l’obbligo di motivare un atto amministrativo.
Questa norma, dunque, rappresenta una vera e propria “camicia di Nesso” per le donne musulmane che intendono sposarsi nel nostro Paese con un cittadino italiano?
Sono le conseguenze della Shari’a che, indiscutibilmente, nega l’uguaglianza tra uomo e donna e, ancor di più la libertà religiosa nei matrimoni c.d. misti o “binazionali”. Ma un rimedio, nel nostro Paese, per ovviare a tale ingiustizia esiste.
Come si può procedere in questi casi?
E’ fondamentale rimarcare, anzitutto, che il rifiuto del nulla osta dovuto a motivi prettamente religiosi da parte dell’autorità competente straniera (nel nostro caso quella egiziana) risulta dichiaratamente lesivo del diritto di costituire una famiglia, del rispetto della pari dignità sociale, del diritto di libertà religiosa e del principio di libertà matrimoniale, diritti sanciti agli artt. 2, 3, 8 e 29 della nostra Carta Costituzionale. D’altronde, le stesse convenzioni internazionali a cui il nostro Paese aderisce sanciscono con estremo vigore tale principio. Basti pensare all’ art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, al combinato disposto rappresentato dagli artt. 12 e 14 della CEDU, e non ultimo l’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Sulla scorta di ciò si eleva a paradigma quanto dispone l’art. 16 della Legge 218 del 1995, legge che regola il nostro diritto internazionale privato, che rappresenta una sorta di “porta d’ingresso” delle norme degli altri Stati, dove si prescrive che “La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico” e che “in mancanza si applica la legge italiana”. Quindi come si può vedere “una porta” che può anche rimanere ben chiusa per le norme che sono contrarie all’ordine pubblico italiano.
Il Tribunale di Castrovillari vi ha dato ragione?
Certo. Il Tribunale di Castrovillari con il Decreto emesso in tempi relativamente brevi, si è allineato alla precedente pronuncia del 2011 del Tribunale di Piacenza riconoscendo che “una simile situazione di fatto si pone in violazione del diritto di libertà religiosa garantito dall’art. 8 della Costituzione e del diritto fondamentale della persona di costituire una famiglia attraverso il matrimonio liberamente contratto, garantito dall’art. 29 della Costituzione” ed ha ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune dove le nozze si dovevano celebrare di procedere alla pubblicazione del matrimonio anche in assenza del nulla osta.
Dunque i suoi clienti potranno finalmente sposarsi?
Si, e devo ammettere che per un avvocato matrimonialista rimuovere un ostacolo che impedisce l’accesso ad un diritto fondamentale come quello del matrimonio rappresenta una grande soddisfazione così come è stato, parimenti, emozionante poter essere il primo a fare le felicitazioni alla coppia per le prossime nozze.
Redazione logo_ami3 6 marzo 2016 decreto allegato
www.ami-avvocati.it/matrimoni-misti-in-italia-lambasciata-degitto-vieta-le-nozze-se-litaliano-non-si-converte-allislam-il-tribunale-di-castrovillari-si-al-matrimonio/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+ami-avvocati+%28AMI-avvocati.it+RSS%29
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NEGOZIAZIONE ASSISTITA
Coppie di fatto con figli: sì alla negoziazione assistita ma con il giudice
L’istituto infatti può essere esteso anche ai genitori non sposati ma va ratificato dal Tribunale. Spetta al giudice l’omologazione dell’accordo quando sono due genitori non sposati a sottoscrivere una convenzione di negoziazione assistita, alla fine della loro relazione, per regolamentare i rapporti con i figli minori.
Lo ha disposto un decreto del Tribunale di Como che ha rammentato che la risoluzione stragiudiziale, ai sensi del D.l. 132/2014, è prevista solo per la separazione e il divorzio di coppie coniugate e non in caso siano due persone che vivono una relazione di fatto. In tal caso è necessario che intervenga il giudice per dotare l’accordo dei due di efficacia anche nei confronti dei figli minorenni.
Nel caso di specie, la coppia ha disposto la collocazione presso la madre, indicando gli orari di visita del padre, nonché altre condizioni relative all’affidamento e al mantenimento del bambino.
Il giudice convoca la coppia dinnanzi a sé dopo che il P.M. non ha concesso il provvedimento di autorizzazione alla negoziazione assistita: infatti, l’accordo sul figlio dovrà essere esaminato in Camera di Consiglio, previa audizione degli interessati. Nonostante l’ulteriore step autorizzatorio, va comunque ritenuta applicabile la procedura di negoziazione assistita ai sensi del D.l. 132/2014: l’art. 2 dispone che la convenzione di negoziazione assistita sia un accordo con cui le parti, tramite l’assistenza dei rispettivi procuratori, cooperano in buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole la controversia. In tal modo le parti, senza intervento del giudice e in piena autonomia negoziale, stipulano un accordo avente efficacia di titolo esecutivo, la cui correttezza garantita dall’assistenza dei rispettivi procuratori.
Anche in caso di coppie sposate, rammenta il Tribunale si rende comunque necessaria l’autorizzazione del P.M. e, nel caso di specie, il giudice sceglie di applicare il suo protocollo adottato per i ricorsi proposti congiuntamente dai genitori naturali ex art. 337 bis c.c.
Lucia Izzo newsletter giuridica Studio Cataldi 7 marzo 2016
www.studiocataldi.it/articoli/21256-coppie-di-fatto-con-figli-si-alla-negoziazione-assistita-ma-con-il-giudice.asp
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OMOFILIA
Nella Chiesa nessun omosessuale deve sentirsi escluso.
Chiesa, omosessualità, amore, castità, diritti, indissolubilità. Temi impegnativi che, nell’anno della misericordia, il vescovo di Orano, in Algeria, Jean-Paul Vesco, affronta in modo franco, con la consapevolezza di quanto prescrive la dottrina, ma anche del nuovo atteggiamento di accoglienza e di apertura sollecitato da papa Francesco. Domenicano per vocazione, avvocato per formazione, monsignor Vesco ha pubblicato nei mesi scorso un libro, Ogni amore vero è indissolubile (Queriniana, pagine 109, euro 119) che ha suscitato non poche sorprese, per il suo approccio originale al problema dell’amore indissolubile in rapporto ai divorziati risposati. Ora allarga la riflessione alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Chiesa e omosessualità. Quale dovrebbe essere l’atteggiamento corretto?
“Per la Chiesa non si pone il problema di “concedere diritti”. La Chiesa deve aprire le sue braccia e accogliere le persone senza condizioni. Quando un ragazzo, in una famiglia, rivela la sua omosessualità, la domanda per i genitori, per i nonni, non è di sapere se questa scelta è buona o sbagliata, se bisogna essere a favore o sono contro. La questione rimane quella di amare comunque, così com’è, il proprio figlio o nipote, di non giudicare. E offrire così tesori di intelligenza e di comprensione. Sogno che possa essere così nella Chiesa, che è una famiglia da cui nessuno deve sentirsi escluso”.
Per la morale cattolica l’esercizio della sessualità tra omosessuali rimane, come recita il Catechismo, un «disordine oggettivo». Pensa che questa posizione dovrebbe essere riformulata?
“Oggettivamente i rapporti sessuali sono guidati dalla complementarietà dei corpi e dei cuori, quello maschile e quello femminile. E` in questa complementarietà che nasce e si sviluppa un bambino. La formulazione del Catechismo, certamente difficile da accettare, non dice nient’altro. Ma questo, dal punto di vista soggettivo, può rappresentare un ostacolo per una vita affettiva esigente e fedele in cui si può cogliere quell’amore bello e autentico che tutti sognano? Il confronto con la realtà mostra che questo esiste, e che è possibile”.
Pensa che sia giusto aprire all’adozione per le coppie omosessuali?
“Questo è il punto critico. Naturalmente, una relazione omosessuale non può prevedere la procreazione. E` un dato di fatto. E` anche chiaro che una coppia omosessuale possa offrire abbastanza amore per dare sollievo a un bambino adottato, gli esempi sono lì a mostrarlo, tutti certamente conosciamo dei casi. Ma, di fronte a un bambino voluto e progettato in vista dell’adozione da parte di coppie omosessuali, bisogna dire no. In questo passo si concentrano tutte la confusioni e tutte le manipolazioni che riguardano la procreazione. E questo mette in discussione il futuro dell’umanità”.
Come comprendere l’amore omosessuale? Qualcuno ha prospettato anche per questi legami un significato di indissolubilità. E` possibile ipotizzarlo?
“Vediamo di capire bene il rapporto tra indissolubilità e matrimonio. L’indissolubilità è stata così caricata di peso teologico che ci si dimentica del significato originario. Il suo primo significato è che un amore umano, in cui davvero una persona impegna tutta se stessa, tutto il proprio essere, crea un legame definitivo che non si dissolve nella separazione. Un amore così segna tutta la nostra vita. Questo è il motivo per cui l’amore è una cosa “pericolosa”, e che una persona deve prestare attenzione a ciò che fa con il suo corpo e il suo cuore. Nella teologia cattolica non è il sacramento che rende matrimonio indissolubile, ma l’amore che si promettono gli sposi. Il sacramento dà particolare forza all’indissolubilità, che è già è presente, e la consacra. Sacramento del matrimonio e indissolubilità hanno dunque un legame di causalità reciproca, ma sono realtà di ordine differente”.
Quindi non si può parlare di amore omosessuale indissolubile?
“E` possibile prendere sul serio una relazione omosessuale stabile e fedele, affermando però allo stesso tempo che è di natura diversa rispetto al matrimonio sacramentale tra un uomo e una donna, naturalmente orientato verso la procreazione. Ma questo non significa escludere che una relazione omosessuale possa avere caratteristiche di indissolubilità”.
Non si tratta di una conclusione teologicamente rischiosa?
“Rifiutando di ammettere che due persone omosessuali possono unire la loro vita in modo indissolubile, significa offrire a queste persone solo la possibilità di scegliere tra relazioni senza futuro o una castità intesa come l’astinenza dalle relazioni sessuali. Questa astinenza, per alcuni, può certamente essere intesa come vocazione. Ma se la Chiesa non ha che l’astinenza sessuale da proporre come modello virtuoso agli omosessuali, c’è il forte rischio che la dottrina sia salva ma che le 99 pecorelle del gregge siano abbandonate a se stesse, senza che nessun pastore abbia preso su di se´ il loro odore”.
E quindi cosa propone?
“Quindi mi chiedo: gli omosessuali non hanno il diritto alla sfida della castità coniugale intesa come dono di sé all’altro nella fedeltà? Questa è una domanda seria”.
Crede che la pastorale sia pronta a raccogliere questa sfida?
“L’accoglienza delle persone omosessuali è una sfida che bussa alla porta di tutte le chiese del mondo, in ogni continente. Ed è un peccato che non sia stato possibile affrontare il problema con calma all’interno del Sinodo sulla famiglia. Non era forse ancora il momento giusto, ma lo è indubbiamente, e in modo davvero urgente, per le società civili”.
Luciano Moia Avvenire 9 marzo 2016
www.lindicedelsinodo.it/2016/03/nella-chiesa-nessun-omosessuale-deve.html#more
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PARLAMENTO
Camera 2° Commissione Giustizia Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili.
Proposta di legge: C. 3634. “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (approvata dal Senato), in sede referente, relatrice Micaela Campana, PD.
8 marzo 2016. La Commissione approva la proposta della presidente di svolgere un’attività conoscitiva, procedendo alle audizioni di rappresentanti della magistratura e dell’avvocatura, di docenti universitari esperti della materia, nonché di rappresentanti di associazioni che operano in settori connessi alle tematiche della famiglia.
www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2016&mese=03&giorno=08&view=&commissione=02&pagina=data.20160308.com02.bollettino.sede00010.tit00010#data.20160308.com02.bollettino.sede00010.tit00010
9 e 10 marzo 2016 e ha deliberato, in tale ambito, una indagine conoscitiva per la quale ha svolto le audizioni di Stefano Ceccanti, professore di diritto pubblico comparato presso l’Università degli studi “La Sapienza” di Roma, di Lorenza Violini, professoressa di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Milano, di rappresentanti dell’Associazione Pro Vita Onlus, di rappresentanti dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, di Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale e di rappresentanti dell’Associazione “Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford”.
www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2016&mese=03&giorno=09&view=&commissione=02&pagina=data.20160309.com02.bollettino.sede00020.tit00010#data.20160309.com02.bollettino.sede00020.tit00010
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PATERNITÀ
Sono in aumento le procedure di riconoscimento e disconoscimento di paternità in Italia.
Secondo stime del centro studi Ami, negli ultimi 3 anni sono state iscritte al ruolo circa 8.000 cause aventi come oggetto l’accertamento della paternità. Nel 2010 erano state 5.700. Secondo i dati statistici emerge che il 15% dei secondi figli sono di un padre diverso da quello ufficiale, la percentuale arriva a 25% nel caso dei terzi figli. In aumento vertiginoso le perizie ematogenetiche che i tribunali dispongono per accertare la paternità.
Inoltre è aumentato di circa il 30% della vendita online di kit per l’accertamento, “fai da te”, della paternità. Tali stime dimostrano che le infedeltà coniugali sono in netto aumento nel nostro Paese o almeno il livello del sospetto degli uomini di non essere padri dei propri figli oggi è particolarmente elevato e preoccupante. Nel 60% dei casi tali sospetti risultano essere fondati dal punto di vista processuale, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano motivo e relazionale. Con la legge 219/2012, infatti, è venuto meno il principio del figlio “legittimo”, nel senso di attribuzione automatica di paternità del figlio, ma è possibile ricorrere con maggiore facilità alle procedure di disconoscimento di paternità in nome del “principio di verità”. Così in una nota Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani. Redazione AMI 8 marzo 2016
http://www.ami-avvocati.it/in-3-anni-8-000-cause-accertamento-paternita/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+ami-avvocati+%28AMI-avvocati.it+RSS%29
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Mattarella: conciliazione famiglia-lavoro essenziale per il Paese.
Il Presidente Mattarella ha incontrato la politica e la società civile in occasione della Giornata della donna. Nel suo discorso ha detto, tra l’altro: l’8 marzo è una giornata di impegno prima ancora che di festa. O meglio, la festa nasce dal sentirsi partecipi di un percorso comune.
Anche nel mondo del lavoro, la presenza femminile è molto aumentata dal dopoguerra. Tuttavia, ancora registriamo uno scarto, tra l’occupazione maschile e quella femminile, di oltre venti punti percentuali. E proprio l’insufficiente lavoro delle donne è il dato che pesa maggiormente sul tasso di occupazione nazionale, costringendolo a livelli molto bassi sul piano europeo. Senza un aumento del lavoro femminile, il Paese non avrà la crescita che tutti noi speriamo e non potremo parlare davvero di uscita piena dalla crisi.
Inoltre vi è un legame negativo tra il lavoro che manca e il calo demografico. Non è vero che il lavoro allontana la donna dalla maternità. E’ vero il contrario: proprio l’aumento del lavoro femminile può diventare un fattore favorevole alle nascite. E’ in tutti gli studi più seri al riguardo che questo risulta. Le politiche per la famiglia, comprese quelle di conciliazione dei tempi di sua cura con quelli di lavoro, sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del Paese.
08 marzo 2016
www.forumfamiglie.org/news.php?news=959
http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=289
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SESSUOLOGIA
Sessualità incompresa
L’Osservatore romano riprende nell’edizione del 12 marzo 2016 ampi stralci della quarta predica tenuta da p. Raniero Cantalamessa l’11 marzo durante gli esercizi spirituali per la quaresima a cui ha partecipato ad Ariccia anche papa Francesco. In particolare il noto predicatore cappuccino si è soffermato sul tema della sessualità come “prima scuola di religione”. Tema generale degli esercizi era “Il Concilio Vaticano II, 50 anni dopo. Una rivisitazione dal punto di vista spirituale”.
Dobbiamo recuperare «l’originario progetto di Dio» sul rapporto tra uomo e donna. «Uno dei torti più grandi che facciamo a Dio», infatti, è di aver reso tutto ciò che riguarda l’amore e la sessualità «un ambito saturo di malizia» dove «Dio non deve entrare», quasi fosse «di troppo». Secondo questa visione, è come se fosse «Satana, e non Dio» il creatore dei sessi e «lo specialista dell’amore». Nella quarta predica di quaresima, tenuta venerdì 11 marzo nella cappella Redemptoris Mater, padre Raniero Cantalamessa, prendendo in esame la costituzione pastorale Gaudium et spes, ha centrato la riflessione su matrimonio, sessualità e famiglia.
Analizzando i testi biblici della creazione, il religioso ha innanzitutto sottolineato come i due racconti che si ritrovano nella Genesi concorrano a una visione complessiva del progetto divino in quanto evidenziano l’uno «il fine procreativo», e l’altro il «fattore unitivo» tra uomo e donna. Riguardo alla «distinzione dei sessi», il cappuccino ha anche attinto a una affascinante spiegazione letteraria, quella di Paul Claudel: «L’uomo è un essere orgoglioso, e non c’era altro modo di fargli comprendere il prossimo che quello di farglielo entrare nella carne».
Cioè, ha chiosato il predicatore della Casa pontificia, «aprirsi all’altro sesso è il primo passo per aprirsi all’altro che è il prossimo, fino all’altro che è Dio». Il matrimonio, quindi, «nasce nel segno dell’umiltà; è riconoscimento di dipendenza e quindi della propria condizione di creatura». E «innamorarsi di una donna o di un uomo è fare il più radicale atto di umiltà». Perciò se, come pensava Schleiermacher, l’essenza della religione consiste nel sentimento di dipendenza di fronte a Dio, possiamo concludere che «la sessualità umana è la prima scuola di religione».
Un tale progetto, caratterizzato dalla pari dignità di uomo e donna, è stato ferito dal peccato e, come si legge sempre nella Bibbia, stravolto dalle scelte del popolo di Dio: così, ha illustrato il cappuccino, «il matrimonio da fine diventa mezzo», ovvero «struttura d’autorità di tipo patriarcale, destinata principalmente alla perpetuazione del clan», e la donna, da «compagna», appare sempre più «subordinata all’uomo».
Richiami alla bellezza originaria del progetto, ha sottolineato padre Cantalamessa, si ritrovano chiari nei profeti e nel Cantico dei Cantici: «Assumendo l’unione dell’uomo e della donna come simbolo dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, di riflesso, essi rimettevano in primo piano i valori dell’amore mutuo, della fedeltà e dell’indissolubilità che caratterizzano l’atteggiamento di Dio verso Israele». Finché è lo stesso Gesù ad affermare «che c’è un intervento diretto di Dio in ogni unione matrimoniale»: a elevare, cioè, il «matrimonio a “sacramento”, cioè a segno di un’azione di Dio».
Riportando il tutto a «cosa l’insegnamento biblico dice a noi oggi», il predicatore ha invitato a considerare la moderna contestazione del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia con l’atteggiamento caratterizzato da un dialogo «che non esclude neppure l’autocritica». Così, ad esempio, le critiche portate sin dall’illuminismo e dal romanticismo al matrimonio tradizionale visto «esclusivamente nei suoi “fini” oggettivi: la prole, la società, la Chiesa, e troppo poco in se stesso, nel suo valore soggettivo e interpersonale», vanno considerate come qualcosa che va proprio «nel senso originario della Bibbia».
Tanto che, ha sottolineato padre Cantalamessa, «il Vaticano II ha recepito questa istanza quando ha riconosciuto come bene ugualmente primario del matrimonio il mutuo amore tra i coniugi». E, ha aggiunto, nell’enciclica Deus caritas est Benedetto XVI «è andato oltre, scrivendo cose profonde e nuove a proposito dell’eros nel matrimonio e negli stessi rapporti tra Dio e l’uomo».
Un’altra istanza, purtroppo «disattesa lungo i secoli», è quella relativa alla «pari dignità della donna nel matrimonio». Il recupero del progetto originario divino, ha detto il cappuccino, ci consente anche di fronteggiare nel migliore dei modi le «proposte folli» della cosiddetta gender revolution.
Non meno importante, ha aggiunto, è il compito di riscoprire l’ideale biblico del matrimonio e della famiglia, proponendolo al mondo «con i fatti, più che con le parole». Si potrà così testimoniare concretamente cosa significa essere creati maschio e femmina «a immagine di Dio». Dio, infatti, «è amore e l’amore esige comunione». Perciò «due persone che si amano riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità».
L’inappagamento e le deviazioni di certi comportamenti sessuali derivano proprio dal discostamento da questa realtà e dalla trasformazione dell’atto sessuale in «gesto fine a se stesso» e non più vissuto come «dono reciproco».
L’ultimo consiglio dato da padre Cantalamessa ha riguardato il fatto che «consacrati e sposati» possono aiutarsi, «edificarsi a vicenda». Gli sposati, infatti, sono richiamati dai consacrati «al primato di Dio e di ciò che non passa», ma anche questi ultimi hanno qualcosa da imparare dagli sposati: «la generosità, la dimenticanza di sé, il servizio alla vita e, spesso, una certa “umanità” che viene dal duro contatto con le realtà dell’esistenza».
Blog de Il Regno sui Sinodi della famiglia 12 marzo 2016
www.lindicedelsinodo.it/2016/03/sessualita-incompresa.html#more
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SPESE STRAORDINARIE
L’ex paga le cure dentistiche ai figli solo se urgenti.
Tribunale di Roma, prima Sezione civile, Sentenza 585/2016
Niente rimborso se gli interventi sono programmabili e manca l’accordo tra i coniugi. Va revocato il decreto ingiuntivo relativo alle spese dentistiche nei confronti dei figli, se gli interventi non sono urgenti e manca l’accordo preventivo tra i genitori e il servizio affidatario dei minori.
Lo ha disposto il Tribunale di Roma, pronunciata a seguito del ricorso di un padre, al quale la moglie aveva ingiunto il pagamento di oltre 6 mila euro. Tale somma sarebbe stata dovuta quale rimborso delle spese dentistiche effettuate in favore dei figli, ma il ricorrente evidenzia di non essere mai stato coinvolto nella decisione, presa in maniera unilaterale e autonoma dall’ex moglie.
La sentenza di separazione, infatti, aveva previsto che il padre avrebbe dovuto contribuire alle spese straordinarie dei figli, in misura pari all’80%, ma solo a condizione che vi fosse stato un accordo preventivo tra i genitori e il servizio sociale, affidatario dei minori, a cui spettava ogni decisione riguardante la salute dei piccoli.
Il ricorrente non contesta alcuni interventi urgenti, ad esempio quelli relativi alle numerose carie della figlia, ma evidenzia che alcune terapie fossero, a contrario, meno “indefettibili”: tra queste, rientrano le terapie ortodontiche per il figlio che si sarebbero potute programmare in anticipo, consentendo all’opposta di rivolgersi al servizio sociale affidatario per ottenere un previo accordo.
Il Tribunale non considera spesa medica straordinaria nemmeno l’acquisto del paradenti in quanto spesa sportiva, altro esborso per cui sarebbe stato indispensabile un intesa preventiva tra genitori e servizio affidatario.
Per tali ragioni, il giudice capitolino, revoca il decreto ingiuntivo, ordinando al ricorrente di versare solo una parte della somma indicata, relativa a interventi urgenti, quantificata in 2500 euro.
Lucia Izzo newsletter giuridica Studio Cataldi 7 marzo 2016
www.studiocataldi.it/articoli/21255-spese-straordinarie-l-ex-paga-le-cure-dentistiche-ai-figli-solo-se-urgenti.asp
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TRIBUNALI ECCLESIASTICI
I nuovi processi matrimoniali sbarcano in Sicilia. Ma la Cina è un caso ancor più speciale
Nel dare udienza sabato 12 marzo agli allievi di un corso di formazione promosso dalla Rota romana, papa Francesco ha spezzato una lancia in difesa della riforma dei processi matrimoniali da lui promulgata. La finalità dichiarata della riforma, entrata in vigore o scorso 8 dicembre 2015, è di facilitare il rilascio delle sentenze di nullità. Ma Francesco ha anche tenuto a ribadire – parlando a braccio in coda al testo scritto del discorso – la sua ammirazione per quelle coppie che “anche in condizioni difficili rimangono fedeli al vincolo sacramentale”.
Intanto, la messa in opera della riforma procede, sia pure tra mille difficoltà. In Italia è la Sicilia – quella del film “Divorzio all’italiana” – la regione ecclesiastica in cui si è messa in moto la più evidente scomposizione e ricomposizione dei tribunali. Al posto del precedente tribunale regionale unico, saranno costituiti nuovi tribunali diocesani e interdiocesani.
Un’unica sede giudiziaria riunirà le diocesi di Palermo, Monreale, Cefalù, Mazara del Vallo, Trapani e Piana degli Albanesi.
Un altro tribunale interdiocesano sorgerà per le diocesi di Catania, Acireale e Caltagirone.
Mentre avranno un tribunale ciascuna le diocesi di Siracusa, Agrigento, Piazza Armerina e Nicosia.
Le restanti diocesi di Caltanissetta, Messina, Noto, Patti e Ragusa non hanno ancora deciso che fare. Ma in ogni caso tutte le diciotto diocesi siciliane si doteranno di “un servizio di informazione, legato alla pastorale familiare, composto di chierici e laici preparati allo scopo, che possa accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale”.
In procinto di scomporre e ricomporre i propri tribunali è anche la regione ecclesiastica della Campania, anche per impulso del principale artefice della riforma, il decano della Rota romana Pio Vito Pinto, che vive e opera a Roma ma è incardinato nella diocesi campana di Avellino.
Allargando lo sguardo al mondo, sarà curioso vedere l’impatto della riforma dei processi matrimoniali in un paese molto speciale, la Cina. Ai cattolici cinesi la Santa Sede aveva accordato nel 1978, in piena persecuzione, delle facoltà speciali. I nubendi non erano tenuti alla forma canonica del matrimonio e nemmeno alla presenza di due testimoni. Nel 2007 la lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi ha abrogato tali facoltà speciali. Resta però il fatto che in Cina i tribunali ecclesiastici non esistono, anche per mancanza di personale preparato, e i fedeli che intendono verificare la validità del loro matrimonio inoltrano la loro richiesta a Roma, dove Benedetto XVI ha concesso alla congregazione per l’evangelizzazione dei popoli di compiere essa stessa la verifica, con un procedimento extragiudiziale. In Cina le cause di nullità nascono anche a motivo della particolare modalità con cui lì ci si sposa. Il matrimonio avviene in tre fasi: la registrazione presso il competente tribunale civile, la celebrazione religiosa in chiesa e infine la festa tradizionale.
Dal punto di vista canonico le parti sono considerate marito e moglie a partire dal momento della celebrazione religiosa, ma normalmente non iniziano a vivere insieme, perché devono prima celebrare il matrimonio tradizionale, che può avvenire a distanza anche di mesi. Fino a tale momento la mentalità popolare non ritiene il matrimonio come un vero vincolo e i due continuano ad abitare presso le rispettive famiglie. Ebbene, non di rado accade che durante questo periodo intermedio, prima della celebrazione tradizionale, i due rompano il vincolo matrimoniale e non vogliano più vivere insieme. Su questo influisce il fatto che spesso sono le famiglie a combinare i matrimoni, senza nemmeno chiedere il parere dei futuri sposi, specialmente delle ragazze.
Sotto il profilo canonico, tale situazione si risolve in un caso di matrimonio “ratum et non consummatum” e per essere liberi di contrarre nuove nozze le parti chiedono la dispensa pontificia, appellandosi a Roma.
Sandro Magister settimo cielo 5 marzo 2016
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALI E MATRIMONIALI
Congresso UCIPEM di Oristano. 2-4 settembre 2016.
La famiglia crocevia di relazioni e di fecondità
Venerdì 02 settembre
Ore 17.00 apertura del Congresso: Saluti delle autorità
Francesco Lanatà – Presidente U.C.I.P.E.M. La famiglia crocevia di differenze e opportunità.
Giuseppe Anzani. I cambiamenti in atto nella società e nella famiglia. Dall’aumento di separazioni e divorzi alle nuove forme di famiglia e alle relazioni difficili tra generazioni.
Ore 21.00 Assemblea U.C.I.P.E.M.
Sabato 03 settembre
Ore 9.00
Beppe Sivelli. Vivere in coppia: tra risorse, criticità e conflittualità. Cercarsi, perdersi, ritrovarsi. Il cammino della coppia fra lontananza e vicinanza.
Emidio Tribulato. Figli in difficoltà: tra legami familiari fragili e pressione sociale e mediatica.
Tavola rotonda condotta e coordinata da Luca Proli
Blanca Gomez. Le nuove famiglie immigrate: tra identità e integrazione.
Luisa Solero. Il Diritto di famiglia oggi: dalla potestà alla responsabilità genitoriale, dall’affido congiunto nelle separazioni all’accesso alle origini nelle adozioni
Domenico Simeone. Educare alla generatività le coppie e le famiglie
Ore 13, 45 Pranzo fuori sede – Gita (Tarros, Giganti, Cabras)
Ore 21,30 Concerto corale folcloristico
Domenica 04 settembre
Ore 9.00
Alfredo Feretti. “Dal Sinodo della Famiglia”: genitori e figli in cammino
Lavori di gruppo presentati e coordinati da Maria Grazia Antonioli
La domanda delle famiglie e la risposta del Consultorio
Conclusioni dei lavori di gruppo: Mariagrazia Antonioli e Luca Proli
Ore 12.00
Francesco Lanatà – Presidente U.C.I.P.E.M Conclusioni e chiusura Congresso
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UNIONI CIVILI
Matrimonio, unione civile e convivenza di fatto: analogie e differenze
Una volta approvata definitivamente la legge Cirinnà, coesisteranno, per il nostro ordinamento, tre diversi tipi di convivenza: matrimonio, unione civile, convivenza di fatto.
Vediamo, in sintesi, le principali differenze in materia di diritti e regime patrimoniale e successorio della coppia.
Chi sono i soggetti della coppia? Il matrimonio resta possibile solo tra persone di sesso diverso. Le persone dello stesso sesso possono formalizzare la propria convivenza come unione civile. Tanto le persone dello stesso sesso quanto quelle di sesso diverso possono scegliere di restare conviventi di fatto.
Come vengono riconosciuti dalla legge i vari tipi di convivenza? Per il matrimonio, con la celebrazione dinanzi all’ufficiale di stato civile o al ministro di culto in chiesa. Per le unioni civili, con dichiarazione resa all’ufficiale di stato civile. Per i conviventi di fatto, a seguito di stabile convivenza dichiarata all’anagrafe.
Come si dà pubblicità alla convivenza? Il matrimonio e l’unione civile risultano negli atti dello stato civile. La convivenza di fatto risulta invece dallo stato di famiglia anagrafico.
È possibile aggiungere al proprio cognome quello del partner? Nel matrimonio è certamente possibile per la moglie aggiungere il cognome del marito, mentre è escluso per i conviventi di fatto che mantengono il cognome originario. Nell’unione civile, invece, è possibile adottare un cognome comune scegliendolo tra i cognomi originari, cui anteporre o posporre il proprio cognome originario.
Qual è il regime patrimoniale della coppia? Nel matrimonio e nell’unione civile opera il regime di comunione legale dei beni per cui i coniugi, a meno che non optino espressamente con atto scritto (nel caso delle unioni civili con atto pubblico) per la separazione dei beni, diventano comproprietari di tutto ciò che viene acquistato in costanza di matrimonio/unione civile. Invece, per i conviventi di fatto non si instaura automaticamente un regime patrimoniale; i conviventi possono per stipulare un patto di convivenza (da registrare all’anagrafe) attraverso il quale disciplinano il regime di comunione o separazione dei beni.
È possibile partecipare all’impresa familiare del partner? In tutte le ipotesi (matrimonio, unione civile e convivenza di fatto), il coniuge/convivente partecipa agli utili e agli incrementi dell’impresa individuale dell’altro coniuge/convivente.
Quali diritti in caso di morte del partner? Nel matrimonio e nell’unione civile il coniuge superstite:
- è erede legittimo necessario, quindi succede al partner anche in assenza di testamento e, per legge, ha diritto ad una quota dell’eredità di quest’ultimo;
- ha diritto al TFR del coniuge lavoratore defunto;
- subentra nel contratto di locazione del defunto;
- ha il diritto vitalizio di abitare la casa familiare;
- gli spetta il danno da perdita parentale derivante dalla morte del coniuge.
Nella convivenza di fatto, invece, il convivente non è considerato erede legittimo necessario, per cui, salvo il caso di successione testamentaria, non ha alcun diritto sull’eredità del partner né sul TFR. Egli, però, subentra nella locazione del partner defunto e ha il diritto di abitazione della casa familiare per 2 anni o, se la convivenza dura da più di 2 anni, per un periodo pari alla durata della convivenza, ma non superiore a 5 anni. Se il superstite ha figli minori o disabili, il diritto di abitazione dura almeno 3 anni.
Anche al convivente di fatto spetta il risarcimento del danno da morte del partner.
Maria Monteleone Lpt 7 marzo 2016
www.laleggepertutti.it/113905_matrimonio-unione-civile-e-convivenza-di-fatto-analogie-e-differenze
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