UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUcipem n. 543 –26 aprile 2015
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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Per i numeri precedenti
dal n. 1 (10 gennaio 2004) al n. 526 richiedere a newsucipem@gmail.com
dal n. 527 al n. 542 andare su
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ADDEBITO Nessuna giustificazione per il contesto rurale in cui vive.
ADOZIONE INTERNAZIONALE Come uscire dalla profonda crisi dell’adozione internazionale?
Incontro fra ass.ni di genitori adottivi, Enti e servizi sociali.
IRPEF: spese x l’adozione si possono dedurre solo se certificate.
ADOZIONI E AFFIDAMENTI Basilicata: Legge n. 13 Servizio regionale a sostegno.
AFFIDAMENTO No, se il recupero della madre è incerto ed ha tempi lunghi.
ASCENDENTI Tutela del minore. Diritto di visita dei nonni,
ASSEGNO DI MANTENIMENTO Matrimonio breve, anzi brevissimo: l’assegno spetta comunque?
ASSEGNO DIVORZILE No in favore della moglie se è in condizioni di essere autonoma.
CIS Centro Italiano di Sessuologia A e per Giorgio Rifelli
CHIESA CATTOLICA Perché la chiesa accetterà la “teoria del gender”.
CINQUE PER MILLE Elenco complessivo dei beneficiari 2011.
CONSULTORI familiari UCIPEM Cremona Simbologia del cibo
Pescara L’affido familiare diventa affiancamento.
DALLA NAVATA 4° Domenica di Pasqua – anno B –26 aprile 2015.
DELIBAZIONE Matrimonio meno di 3 anni? Valida sentenza ecclesiastica nullità
DIRITTI del minore a intrattenere rapporti con il genitore cd. sociale.
DIVORZIO Divorzio breve. E’ legge.
FORUM Associazioni Familiari “Lo Stato rinuncia alla famiglia come capitale sociale”.
FRANCESCO VESCOVO di Roma Ridare “onore” a matrimonio tra uomo e donna.
GENDER Consiglio d’Europa dice sì ad autodeterminazione.
NEGOZAZIONE ASSISTITA Il divorzio si separa dai tribunali.
NULLITÀ CANONICA Convivenza ultradecennale e limiti all’esecutività della sentenza.
OMOFILIA Diritto dei minori a relazione con l’ex compagna della madre
Rettifica del sesso della persona coniugata: il matrimonio resta.
PARLAMENTO Camera Assemblea Divorzio breve.
Mozione su politiche a favore della natalità.
C.Giustizia Adozioni dei minori
RESIDENZA DEI FIGLI Trasferimento madre: anche senza accordo con l’altro genitore?
RICONGIUNGIMENTO familiare Risarcito il danno per il ritardo nel rilascio del visto.
RICONOSCIMENTO Il riconoscimento dei figli naturali
SEPARAZIONE E DIVORZI Revocabile, inappellabile la separazione se si occulta il reddito.
Indagini tributarie del giudice alla luce della L. 162 del 2014.
SESSUOLOGIA Educazione sessuale per favorire le gravidanze.
Potremo davvero fare a meno dei maschi?
SINODO DEI VESCOVI Sinodo. Una lettera quasi dalla fine del mondo
Pensieri x il prossimo sinodo ordinario. Lettera aperta al Papa.
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ADDEBITO
Marito autoritario e dispotico. Nessuna giustificazione per il contesto rurale in cui vive la famiglia.
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n. 8094, 21 aprile 2015.
I valori costituzionali di uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi, del rispetto della loro pari dignità e della ricerca dell’accordo nella comune conduzione della vita familiare non possono essere derogati dal permanere, in certe aree sociali, di quel ruolo gerarchico ed autoritario del marito, tipico delle società patriarcali. Ne consegue che la violazione di tali principi deve essere presa in considerazione ai fini dell’addebito della separazione, non potendo la dipendenza psicologica della moglie, imputabile a mera tolleranza, rendere disponibili valori e diritti di rango costituzionale.
Studio Sugamele 23 aprile 2015
sentenza http://www.divorzista.org/sentenza.php?id=9977
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ADOZIONE INTERNAZIONALE
Come uscire dalla profonda crisi dell’adozione internazionale?
Un sistema tariffario calmierato per le famiglie accoglienti, più fondi pubblici per l’adozione internazionale e soprattutto un interlocutore politico che si relazioni con gli enti autorizzati. Queste alcune delle richieste al governo formulate dall’onorevole Gian Luigi Gigli, del gruppo “Per l’Italia – Centro Democratico”, nel corso della sua replica alla risposta fornita dal ministro Maria Elena Boschi all’interrogazione presentata dallo stesso Gigli durante il Question Time di mercoledì 22 aprile 2015 alla Camera dei Deputati.
Con il suo intervento a Montecitorio, il deputato centrista ha chiesto all’esecutivo se intendesse adottare iniziative normative per agevolare e sostenere l’iter delle adozioni internazionali e sollecitare accordi con i principali Paesi di provenienza dei minori accolti in Italia. Richieste motivate dalla situazione di profonda crisi che l’accoglienza adottiva sta vivendo nel nostro Paese da alcuni anni – si è passati, infatti, dai 4.130 minori adottati del 2010 ai 2.825 del 2013 – e dal fatto che la Commissione Adozioni Internazionali non ha ancora pubblicato i dati relativi al 2014 che sicuramente rivelerebbero un ulteriore pesante calo delle adozioni realizzate dalle coppie italiane. “Le famiglie adottanti – ha sottolineato Gigli – lamentano anche i costi eccessivi cui debbono sottoporsi. I costi, a nostro parere, sono verosimilmente elevati anche per la mancanza di un sistema calmierato di tariffe e di un efficace controllo sui contributi di spesa richiesti dagli enti autorizzati”.
Rispondendo all’interrogazione, il ministro per le Riforme Costituzionali e i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi non ha replicato con precisione alle singole istanze proposte da Gigli, preferendo piuttosto limitarsi a delle considerazioni generali. Il ministro ha dapprima individuato le ragioni della crisi dell’adozione internazionale in due cause fondamentali: gli scenari di conflitto e di instabilità politica in molti Paesi di provenienza dei bambini adottati e la crisi economica che ha disincentivato non solo le adozioni ma anche le nascite. A proposito di queste ultime, il ministro ha ricordato le misure adottare dal governo che, con la legge di Stabilità 2015, ha introdotto il bonus di 80 euro per le famiglie che mettono al mondo o adottano un figlio e l’estensione del “fondo adozioni” con uno stanziamento di 5 milioni di euro. Per il futuro, ha annunciato Boschi, l’esecutivo si impegna a rivedere le norme sui rimborsi delle spese sostenute dalle famiglie adottive. “Oggi il 50% è deducibile – ha ricordato Boschi – e il 50% viene rimborsato, con criteri che si basano sulle spese indicate dagli enti che si occupano di adozioni. È possibile un intervento, in modo trasparente che eviti sprechi e irregolarità”.
Alla risposta del ministro, Gigli ha replicato chiedendo la reintroduzione di un sistema tariffario calmierato per le adozioni internazionali e controlli sui contributi alle spese richiesti alle famiglie dagli enti autorizzati. Inoltre, il deputato centrista ha richiesto l’individuazione di un interlocutore politico, con delega del premier, che si relazioni con gli stessi enti. Alla Cai, Gigli ha chiesto la pubblicazione immediata dei dati sul 2014 e la convocazione urgente delle riunioni con le delegazioni dei Paesi di provenienza dei bambini adottati. Da segnalare anche la richiesta di un ulteriore incremento dei fondi destinati alle adozioni, affinché siano almeno pari a quelli stanziati per la procreazione medicalmente assistita. L’obiettivo, infatti, è quello di istituire “un valido sistema di agevolazioni alle famiglie” e di “esercitare la massima vigilanza per evitare ogni sospetto di speculazione”.
www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0413&tipo=stenografico#sed0413.stenografico.tit00120.sub00100
Fonti: RAI Aibi 23 aprile 2015 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
Primo incontro fra associazioni di genitori adottivi, enti autorizzati e servizi sociali territoriali
Una sorta di Stati generali dell’adozione internazionale. Si profila così il “Family Lab nazionale-Esperienze e confronto sull’adozione” l’incontro convocato, per il 9 maggio 2015 a Roma, dal Care, Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete, per discutere sui temi rilevanti e trasversali relativi alle adozioni internazionali.
L’evento si svolgerà a Roma e coinvolgerà Associazioni Familiari, Servizi Territoriali (referenti 476/98) ed Enti Autorizzati provenienti da varie regioni d’Italia. La giornata si articolerà in due fasi: al mattino verranno raccolte le informazioni con lo scopo di circoscrivere un comune denominatore sui temi dell’adozione che costituiranno poi lo spunto per il focus group del pomeriggio.
www.coordinamentocare.org/public/images/Programma%20FamilyLab%2009-05-2015.pdf
“Il lavoro costituirà la base di partenza per affrontare – dice Monya Ferritti, Presidente del coordinamento Care – successivamente, i temi caldi tra i quali costi, servizi e post adozione”.
Questi, infatti, sono gli argomenti caldi su cui si continuano a confrontarsi e interrogarsi gli “attori” che a vario titolo si occupano delle adozioni internazionali: dai servizi sociali, agli enti autorizzati, alle associazioni familiari “anche quelle non aderenti al coordinamento – precisa la presidente del Care – nell’ottica di avere un quadro e un confronto quanto più ampio e comprensivo possibile”.
E’ la prima volta che tante “voci” si ritroveranno riunite attorno allo stesso tavolo, faranno sinergia e delineeranno strategie comuni per la risoluzione dei bisogni più urgenti delle famiglie con lo scopo comune di promuovere e sostenere le adozioni internazionali.
“Quello che maggiormente sarà affrontato – conclude Ferritti – sono i tempi dell’iter adottivo. Quelli per ottenere e arrivare all’idoneità e quelli post idoneità: ancora troppo lunghi”.
Aibi 22 aprile 2015 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
Dichiarazione dei redditi: le spese per l’adozione si possono dedurre solo se sono certificate.
Aprile, tempo di dichiarazioni dei redditi per gli italiani. Naturalmente anche per le famiglie adottive, a cui le leggi tributarie danno la possibilità di dedurre dal reddito complessivo da riferire al fisco una parte delle spese sostenute per il proprio percorso adottivo, spesso molto alte.
Dalla dichiarazione dei redditi sono deducibili per il 50% del loro importo le spese affrontate per i soggiorni all’estero, la richiesta dei visti, la traduzione dei documenti, i trasferimenti, l’assistenza offerta da parte degli enti autorizzati che seguono le coppie nel corso del loro iter e presenti nei vari Paesi, le eventuali quote associative pagate agli stessi enti.
Per poter dedurre tali spese all’atto della dichiarazione dei redditi, però, è necessario che il loro ammontare sia stato accuratamente certificato dall’ente autorizzato a cui la coppia di genitori adottivi si è rivolta. Insomma, è nell’interesse della coppia richiedere, anzi esigere, che l’ente scelto si comporti in modo assolutamente trasparente in materia di costi.
Altro aspetto importante per poter usufruire della deducibilità di parte degli esborsi affrontati per l’adozione è la necessità di convertire in euro tutte le spese sostenute in valuta estera. Per farlo, è sufficiente seguire le regole indicate nel modello di dichiarazione dei redditi.
Fonte: Avvenire Aibi 22 aprile 2015 www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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ADOZIONI E AFFIDAMENTI
Basilicata: Servizio regionale a sostegno di adozioni e affidamenti
Legge Regionale 20 marzo 2015, n. 13 “istituzione del servizio regionale per garantire il sostegno alle adozioni e agli affidamenti familiari (SAAF)”.
È istituito il “Servizio regionale per garantire il sostegno alle adozioni e agli affidamenti familiari (SAAF)” presso il Dipartimento Politiche della Persona, con diversi compiti, tra cui quello di promuovere sul territorio regionale la semplificazione delle procedure di adozione, accelerare i tempi di svolgimento dei procedimenti di competenza della Regione e supportare le coppie nelle diverse fasi del delicato percorso genitoriale. BUR n. 13 – 23 marzo 2015, pag. 1749.
www.nonprofitonline.it/docs/normative/4758.pdf
http://buronline.regione.basilicata.it/Bur_2009/ricerca.aspx
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AFFIDAMENTO
No ad affidamento eterofamiliare se il recupero della madre è incerto ed ha tempi lunghi.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 8098, 21 aprile 2015.
L’art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149) attribuisce al diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine un carattere prioritario – considerandola l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico – e mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare.
Pertanto, è immune da vizi l’accertamento dello stato di abbandono, nel caso in cui non sia sopravvenuta l’autonomia genitoriale necessaria – pur dopo i necessari e reiterati interventi dei servizi sociali e nonostante la collaborazione e l’affetto dimostrati per il minore dal genitore – e risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di uno stabile contesto familiare, con conseguente legittimo rigetto della domanda di affidamento etero-familiare, il quale ha per legge carattere solo temporaneo.
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ASCENDENTI
Tutela del minore. Diritto di visita dei nonni,
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 8100, 21 aprile 2015
Se è in atto un conflitto tra nonni e genitori dal quale il minore devono restare fuori no al diritto di visita dei nonni.
Nel prevedere il diritto dei minori, figli di coniugi separati, di conservare rapporti con gli ascendenti, non si attribuisce ad essi un autonomo diritto di visita, ma si affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell’articolazione di provvedimenti da adottare in tema di affidamento, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto ad una crescita serena ed equilibrata del minore.
Studio Sugamele 25 aprile 2015 www.divorzista.org/sentenza.php?id=9995
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Matrimonio breve, anzi brevissimo: l’assegno spetta comunque?
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 6164, 26 marzo 2015.
Quando il matrimonio dura così poco tanto da non essersi formata una comunione di vita spirituale e materiale fra marito e moglie, il coniuge economicamente più debole non può vantare il diritto ad alcun assegno di mantenimento.
Non è un mistero che, rispetto al passato (pensiamo solo ai nostri nonni), le giovani coppie di sposi siano oggi sempre meno disposte ad accettare i compromessi e i sacrifici che la vita coniugale inevitabilmente richiede. Ciò è tanto vero che, se una volta si parlava di crisi del settimo anno, le attuali statistiche ne accorciano ulteriormente i tempi, fino a parlare di domande di separazione presentate dopo due o tre anni dalle nozze. Ma a tutto c’è un limite.
Ce lo ricorda una recente pronuncia della Cassazione riguardante il caso di una coppia di coniugi la cui vita matrimoniale era durata solo 10 giorni e, ciononostante, la moglie chiedeva – in sede di separazione – che le fosse riconosciuto assegno di mantenimento.
In tal caso, evidenzia la Corte, deve ritenersi totalmente precluso il riconoscimento di un tale diritto. Se di solito, infatti, per vedersi riconosciuto il mantenimento è sufficiente che la parte economicamente più debole provi la sussistenza di un forte divario tra le capacità economiche proprie e quelle del coniuge, nonché l’elevato tenore di vita goduto nel corso della vita matrimoniale, ciò non può dirsi quando il matrimonio sia durato il tempo di un viaggio di nozze.
È vero, infatti, che – di norma – il diritto all’assegno prescinde dal criterio della durata del matrimonio, nel senso che esso può incidere sulla sua misura ma non sul suo riconoscimento; tuttavia – sottolinea la Corte – appare insensato che tale diritto possa sorgere quando la convivenza sia durata un tempo così breve da non potersi essere neppure creata una comunione di vita spirituale e materiale tra i coniugi che rappresenta, al contrario, l’essenza stessa del matrimonio.
Solo in presenza di una comunione di vita tra i coniugi si può procedere, infatti, all’esame del tenore economico goduto dalla coppia di sposi e del contributo, anche personale, fornito da marito e moglie durante il matrimonio.
Già, in passato la Suprema Corte si era pronunciata [Cass. sent. n. 16663/2002] sul punto, affermando che “la brevissima durata della convivenza e la mancata costituzione di una comunione spirituale e materiale fra i coniugi legittimano l’esclusione dell’assegno di divorzio che, altrimenti, si tradurrebbe in una rendita priva di giustificazione”.
Attenzione perciò a pensare che da un “si” sull’altare possa sempre scattare il diritto ad un assegno di mantenimento: se l’unione sia stata, per così dire, “mordi e fuggi”, potrà non esserci proprio nulla da mordere.
Maria Elena Casarano la legge per tutti 20 aprile 2015
www.laleggepertutti.it/85860_matrimonio-breve-anzi-brevissimo-lassegno-spetta-comunque
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ASSEGNO DIVORZILE
No in favore della moglie se è stata messa in condizioni di essere autonoma e indipendente.
Tribunale di Milano, nona Sezione civile, ordinanza 2 aprile 2015
In sede di separazione consensuale, i coniugi possono includere nei patti anche schede negoziali aventi la finalità di mettere entrambi i partner nella posizione di poter provvedere, con adeguatezza e anche per il futuro, a loro stessi godendo di un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Questi accordi non incidono sulla situazione di diritto (limitando l’accesso all’assegno divorzile) bensì sulla situazione di fatto (potenziando la capacità patrimoniale del coniuge più debole). In un contesto del genere, se il giudice accerta che quegli accordi di separazione hanno ripristinato un equilibrio tra i coniugi, all’indomani del disgregarsi della famiglia, non può essere accordato, in sede di divorzio, alcun assegno divorzile. Ciò anche in ragione della necessità di difendere il principio del “venire contra factum proprium”: apparirebbe come scorretta la condotta di chi abbia firmato un accordo in sede di separazione, per non ritrovarsi bisognoso in fase di divorzio, ma poi quell’accordo stesso ignori o quanto meno contraddica con una richiesta rivolta all’altro contraente che disattende i patti.
L’assegno divorzile non si traduce in un’impropria misura finalizzata a colmare eventuali sperequazioni trai redditi degli ex coniugi e ma ha la finalità di garantire al coniuge meno abbiente di potere continuare a godere, ove possibile, di un tenore di vita simile a quello goduto in costanza di convivenza coniugale (Corte App. Milano, sez. famiglia, decreto 10 gennaio 2013). La valutazione giudiziale deve essere attenta per evitare che la funzione stessa dell’istituto venga frustrata (v., al riguardo, Corte Cost., sentenza 11 febbraio 2015 n. 11). La rinuncia all’assegno di mantenimento espressa dalla moglie in sede di separazione non è determinante, stante la funzione assistenziale dell’assegno divorzile e l’irrinunciabilità (in quella sede) del relativo diritto, ma è sintomatica di un’autosufficienza economica della parte, la quale con un’autonoma valutazione degli assetti patrimoniali, si era ritenuta in grado di provvedere con il proprio reddito alle personali esigenze.
Giuseppe Buffone Il Caso.it, n. 12453 – 22 aprile 2015
www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fam.php?id_cont=12453.php
Il testo integrale http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/12453.pdf
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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA
A e per Giorgio Rifelli
Rivista di Sessuologia – volume 38, numero 1-2, Gennaio/Agosto 2014.
a cura di: Rosanna Intini e Gabriele Prati,
Il Centro Italiano di Sessuologia ricorda il prof. Giorgio Rifelli, suo Presidente dal 2010, attraverso scritti suoi e di amici e collaboratori.
• Editoriale: Il Maestro e il Discepolo nei labirinti di Eros e Fides
• Parlarne non basta
• L’iniziazione sessuale
• Educazione e sessualità. Un processo storico ancora in corso
• Note in margine agli standard per l’educazione sessuale in Europa.
• La politica della sessualità
• Per una storia della sessuologia
• Non alle sole donne. Finalmente al medico il compito di “raccoglitore”
• Per una qualità della vita sessuale della persona stomizzata
• Atti del Congresso Nazionale congiunto FISS. Introduzione
• La svirilità
• Sessuologi sì, ma non tutti sessuologi
• La formazione in sessuologia: i corsi FAD ECM della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica
• Accoglienza e seduzione
• L’intervento psicoterapeutico nella problematica sessuale
• Per una teoria della Psicoterapia. Mansionale Integrata
• Il mistero che non può essere svelato
• A una certa età certe cose…
• Per una storia del Centro Italiano di Sessuologia: 1985-2009
• Doprame
• Preferiamo essere centomila…
• Il ricordo di un allievo
• Il ricordo del Past President del CIS
Gennaro Scione editore aprile 2015 editore@scione.it www.scione.it
www.cisonline.net/index.php?option=com_content&view=article&id=190&catid=9
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CHIESA CATTOLICA
Perché la chiesa accetterà la “teoria del gender”.
Nonostante le dure parole delle gerarchie cattoliche, Papa compreso, un giorno la Chiesa arriverà ad accettare la sostanza di ciò che essa definisce “teoria del gender” e che oggi tanto combatte. Qual è l’autentica posta in gioco di tale supposta teoria? E perché la Chiesa giungerà ad accettarne la sostanza?
Occorre anzitutto chiarire che la teoria del gender, nei termini in cui ne parla la Chiesa cattolica, è una costruzione polemica che nella realtà non esiste. Nell’udienza del 15 aprile 2015 papa Francesco ha dichiarato: «Io mi domando se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione».
Secondo queste parole, che riprendono quanto dichiarato da altri esponenti delle gerarchie cattoliche, vi sarebbe un’ideologia detta appunto teoria del gender che «mira a cancellare la differenza sessuale».
Ma esiste veramente qualcosa del genere? Chi mai intende proporre tale “rimozione della differenza”? Al di là di singoli episodi legati al mondo dello spettacolo dove si fa di tutto per emergere, in realtà nessuno nel mondo lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) intende abolire il dato del maschile e del femminile. Si sostiene piuttosto che un essere umano, per quanto attiene alla sua sessualità, non è definito unicamente dal corpo biologico. La sessualità, infatti, oltre a essere un dato biologico, è anche un costrutto sociale, e questo costrutto sociale detto “genere” può giungere, per alcuni, a essere diverso rispetto alla nativa identità sessuale e quindi a rappresentare una specie di gabbia. La sessualità (natura) e il genere (cultura) non sono sempre necessariamente la stessa cosa: se per la gran parte degli esseri umani vale “sesso = genere”, per altri sesso e genere sono diversi, e questo perché l’essere umano è un fenomeno complesso fatto di un corpo biologico, di una psiche e di una dimensione spirituale, le cui relazioni non sono sempre lineari. Vi sono uomini che hanno un corpo maschile e una psiche maschile e sono attratti dalle donne; ve ne sono altri che hanno un corpo maschile e una psiche maschile e sono attratti dagli uomini; ve ne sono altri ancora che hanno un corpo maschile e una psiche femminile così che interiormente non si sentono uomini ma donne; e gli esempi potrebbero continuare.
Ora la questione è: come definire le persone che rientrano nelle ultime due categorie? Malati? Peccatori? Criminali? Un tempo si pensava così e si agiva di conseguenza. Oggi però la coscienza sente che era un errore tale condanna, lo stesso Papa il 28 luglio 2013 dichiarò: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Occorre piuttosto comprendere come queste persone determinano la loro esistenza per vivere felici.
In questa prospettiva nessuno vuole cancellare il maschile e il femminile, ma solo affiancare nuovi modi di essere maschi e di essere femmine ai modelli tradizionali. Si tratta di allargare le identità, prefigurando nuovi costrutti sociali più rispettosi delle diverse peculiarità, facendo sì che tutti possano giungere a quella armonia tra sesso e genere che è alla base di una vita felice.
La Chiesa oggi avversa duramente questa posizione, ma giungerà ad accettarla. Su cosa fondo la mia tesi? Nel Seicento avvenne la rivoluzione astronomica alla quale la Chiesa si oppose costringendo l’anziano Galileo ad abiurare in ginocchio la teoria copernicana: poi la Chiesa cambiò idea, adattandosi alla realtà. In seguito la rivoluzione politica portò i popoli a determinare laicamente la propria forma di governo e la Chiesa si oppose condannando in particolare lo Stato unitario italiano: poi la Chiesa cambiò idea, adattandosi alla realtà. In seguito la rivoluzione sociale inaugurò diritti umani come il suffragio universale, la parità uomodonna, l’istruzione obbligatoria statale, la libertà religiosa, contro cui pure insorse l’opposizione ecclesiastica: che poi cambiò idea, adattandosi alla realtà. Contestualmente la rivoluzione biologica darwiniana mostrava che le specie risultano il frutto di una lunga evoluzione e non di una creazione puntuale: la Chiesa, prima acerrima nemica, poi cambiò idea, adattandosi alla realtà.
La Chiesa ha cambiato idea anche sul terreno propriamente religioso. La rivoluzione di Lutero prima era un’eresia, oggi è un’altra modalità di vivere il Vangelo. Gli ebrei sono passati da “perfidi giudei” a “fratelli maggiori”. Pio IX condannava l’idea che «gli uomini, nel culto di qualsiasi religione, possono trovare la via della salvezza eterna», oggi invece ampiamente accettata dalla Chiesa che non sostiene più la dannazione dei non cattolici. Analoghi cambiamenti riguardano l’interpretazione della Bibbia, la pena di morte e in genere l’uso della violenza, prima considerato del tutto legittimo, vedi le crociate e i roghi di uomini e di libri.
La constatazione di tali mutamenti infastidisce la mentalità ecclesiastica, portata a considerare le proprie idee come dottrina “immutabile e infallibile”, ma si tratta di innegabili verità storiche. La Chiesa è quindi un’abile trasformista? No, è la logica della vita che è così e che trasforma ogni cosa. Nella vita ciò che non muta muore. Se la Chiesa dopo duemila anni è ancora qui, è perché è ampiamente mutata. Per lo più in meglio, mettendosi in condizione di essere sempre più “ospedale da campo”, come la vuole papa Francesco, cioè china sulle ferite degli esseri umani per curarne amorevolmente le ferite.
Oggi viviamo all’incrocio tra due rivoluzioni: la rivoluzione sessuale e la rivoluzione biotecnologica.
La rivoluzione sessuale ha portato gli omosessuali a definirsi “gay”, cioè felici di essere così, assumendo la propria condizione non più come triste destino o malattia o colpa morale, ma come condizione naturale del loro essere al mondo. La rivoluzione bio-tecnologica consente ad alcuni esseri umani per i quali la sessualità è diversa dal genere di transitare in un genere più confacente alla loro vera identità sessuale dando vita al fenomeno detto transgender. Viviamo cioè l’ultima rivoluzione sociale sorta in Occidente, in prosecuzione del processo di legittimazione delle minoranze oppresse. Questa rivoluzione fa comprendere che la sessualità non è racchiusa solo dall’identità biologica, ma attiene anche alla psiche e allo spirito. Non è cioè un destino, ma una chiamata alla libertà e alla responsabilità che ogni essere umano deve forgiare da sé facendo i conti con l’irripetibile singolarità con cui è venuto al mondo (per i credenti, creato da Dio).
Un tempo, l’idea di stato laico non confessionale e di libertà di coscienza in materia religiosa appariva blasfema alla Chiesa cattolica: oggi essa comprende che la laicità dello Stato è un formidabile punto di forza della società e si dichiara a favore della libertà di coscienza in materia religiosa. Oggi alla Chiesa cattolica appare blasfema una famiglia diversa da quella tradizionale: in un tempo non lontano essa capirà che la pluralità degli amori umani è un altro punto di forza della nostra società, in quanto capace di accogliere tutti.
Vito Mancuso, teologo la repubblica, 20 aprile 2015
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CINQUE PER MILLE
Elenco complessivo dei beneficiari 2011.
L’Agenzia delle Entrate ha iniziato la pubblicazione degli elenchi complessivi generali degli enti beneficiari del contributo del 5 per mille, non più distinti per categorie.
Pubblicato l’elenco complessivo dei beneficiari 2011, aggiornato al 16 aprile 2015. L’elenco comprende tutti gli enti destinatari del contributo ammessi in una o più categorie di beneficiari:
www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/Archivio/ArchivioSchedeAdempimento/Schede+adempimento+2011/Richiedere+2011/Contributo+del+5+per+mille+2011/Elenchi+2011/Elenco+complessivo+beneficiari+2011/
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Cremona Simbologia del cibo
La fame d’emozioni: quando il cibo compensa bisogni emotivi. Giuliana Alquati, psicoterapeuta pubblica in suo intervento nel sito dell’UCIPEM 22 aprile 2015
Pescara L’affido familiare diventa affiancamento.
Niente più figli minori sottratti alla loro famiglia di origine per essere consegnati alla famiglia affidataria, ma sarà la famiglia disagiata nel suo complesso ad essere affiancata da un’altra famiglia guida: “Crediamo – spiega don Marco Pagniello, direttore della Caritas diocesana – nel valore della prevenzione intervenendo sulle famiglie, non solo mettendo cerotti su ferite già aperte”.
È questa l’essenza del progetto “Una famiglia per una famiglia”, divenuto realtà grazie al protocollo d’intesa siglato ieri dalla Fondazione Paideia, ideatrice del progetto, con il Comune di Pescara, la Regione Abruzzo, la Caritas diocesana di Pescara, l’Asl e i consultori familiari Cif e Ucipem.
«Ci sono famiglie – esordisce Marinella Sclocco, assessore regionale alle Politiche Sociali – imbrigliate nella difficoltà e per loro, può essere un’opportunità in più essere affiancate da un’altra famiglia che parla il loro stesso linguaggio.».
Davide De Amicis La porzione it 24 aprile 2015
www.laporzione.it/2015/04/23/laffido-familiare-a-pescara-diventa-affiancamento
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DALLA NAVATA
4° Domenica di Pasqua – anno B –26 aprile 2015
Atti 04.12 «In nessun altro c’è salvezza; non vi è, infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati.»
Salmo 118.26 «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»
1 Giovanni 03.01 «Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.»
Giovanni 10. 17 «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.»
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DELIBAZIONE
Matrimonio durato meno di 3 anni? Valida sentenza ecclesiastica di nullità
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 6611, 1 aprile 2015.
La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento della Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, che aveva respinto la domanda di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per incapacità del marito ad assumere gli oneri coniugali del matrimonio.
Secondo la Corte territoriale la sentenza non poteva essere riconosciuta nell’ordinamento italiano in forza del principio giurisprudenziale fondato sul favor per la validità del matrimonio, e quindi sulla necessità di privilegiare il matrimonio-rapporto rispetto al matrimonio-atto (invalido per vizi del consenso o incapacità), quando la convivenza ha avuto una certa durata.
La Cassazione boccia la sentenza e accoglie tutti i motivi di ricorso presentati. In primo luogo la sentenza richiama i precedenti giurisprudenziali secondo cui costituisce effettivamente un limite di ordine pubblico alla declaratoria di efficacia delle sentenze emesse dai tribunali ecclesiastici in merito alla nullità del matrimonio, l’esistenza di una “congrua” convivenza matrimoniale. Infatti, la convivenza come coniugi fa scaturire una serie di diritti, doveri e responsabilità, tutelati nella Costituzione, nelle Carte Europee e nella legislazione italiana (Cass. Civ. S.U. nn. 16379 e 16380 del 17 luglio 2014).
Dirimendo il conflitto interpretativo in seno alla stessa Corte, le Sezioni unite avevano specificato che la convivenza coniugale che abbia avuto una durata di almeno tre anni e che abbia i caratteri della riconoscibilità dall’esterno e della stabilità, costituisce un limite di ordine pubblico italiano. E’ a tal fine richiamata la legge n. 184 del 1983, art. 6 commi 1 e 4 sull’adozione, per richiamare i concetti di stabilità e continuità della convivenza. Qualunque sia il vizio accertato dal giudice ecclesiastico, la pronuncia non può essere delibata dal giudice civile se dopo le nozze i coniugi hanno instaurato una convivenza caratterizzata da una reciproca e profonda “affectio familiae” e da una reciproca e piena osservanza dei doveri e dei diritti coniugali e parentali.
Questo limite, derivante da una circostanza strettamente connessa all’esercizio di diritti, di adempimento di doveri e di assunzione di responsabilità di natura personalissima, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, né opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità. Pertanto il coniuge che intenda opporsi alla delibazione della sentenza deve eccepire tale fatto nel primo atto difensivo e deve successivamente provare l’esistenza e le caratteristiche della convivenza matrimoniale.
Nel caso di specie la donna era rimasta contumace nel giudizio di appello e la Corte territoriale, che non poteva d’ufficio rilevare l’eccezione, aveva comunque errato nel valorizzare la durata della convivenza che risultava essere di un anno, dalla celebrazione del matrimonio fino all’introduzione del libello nel processo canonico, cioè un arco temporale inferiore rispetto a quello individuato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione ai fini della tutela del matrimonio-rapporto.
Giuseppina Vassallo altalex 25 aprile 2015
sentenza www.altalex.com/index.php?idnot=70812com/index.php?idnot=70812
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DIRITTI
Diritto del minore a intrattenere rapporti con il genitore cd. sociale.
Tribunale di Palermo decreto 06 aprile 2015
In materia di famiglia, tutelata dall’art. 8 della CEDU, anche una relazione de facto può integrare un “rapporto familiare” e, conseguentemente, avere rilevanza giuridica, nell’interesse preminente del fanciullo, come accade nel caso in cui, oltre all’affetto generico, sussistano altri indici di stabilità, attuale o potenziale, quale potrebbe essere quello di una progettualità genitoriale comune (per i partner) e di una convivenza avutasi per un tempo significativo, anche se poi cessata.
Invero, in questa prospettiva, la determinazione del carattere familiare delle relazioni di fatto deve tener conto di un certo numero di elementi, quali il tempo vissuto insieme, la qualità delle relazioni, così come il ruolo assunto dall’adulto nei confronti del bambino e la percezione che quest’ultimo ha dell’adulto. Al cospetto di questi elementi, la relazione “di fatto”, nonostante l’assenza di un rapporto giuridico di parentela, può rientrare nella nozione di vita familiare ai sensi dell’articolo 8 CEDU. E, peraltro, valorizzando il criterio guida del superiore interesse del fanciullo, il profilo della discendenza genetica non va più considerato determinante ai fini dell’attribuzione al minore del diritto di mantenere stabili relazioni con chi ha comunque rivestito nel tempo il ruolo sostanziale di genitore, pur non essendo legato da rapporti di appartenenza genetica o di adozione con il minore stesso (cd. genitore sociale).
Quando il rapporto instauratosi tra il minore e il genitore sociale è tale da fondare l’identità personale e familiare del bambino stesso, questo rapporto deve essere salvaguardato, alla pari di quanto riconosce oggi l’art. 337 ter ai figli nei confronti dei genitori biologici. Questa interpretazione evolutiva si impone a maggior ragione nell’ipotesi della separazione personale della coppia omosessuale che abbia convissuto con i figli minori di uno dei due, instaurando un rapporto di genitorialità sociale con l’altro. Invero, in tali circostanze l’unico rapporto riconosciuto e tutelato dalla legge è quello con il genitore biologico, mentre il rapporto con il genitore sociale – sebbene avvertito e vissuto dal minore alla stregua dell’“altra figura genitoriale” – non riceve alcun riconoscimento o tutela, con conseguente privazione del minore della doppia figura genitoriale, in spregio al principio fondante in ambito di crisi coniugale o della coppia di fatto del mantenimento di rapporti costanti con ambedue le figure genitoriali.
Segnalazione del dr Giuseppe Buffone Il Caso.it, n. 2429, 20 aprile 2015
decreto www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fam.php?id_cont=12429.php
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DIVORZIO
Divorzio breve. E’ legge.
La riduzione del termine per divorziare. In primo luogo la legge interviene anticipando il momento della possibile proposizione della domanda di divorzio: se fino ad oggi occorreva attendere tre anni dall’avvenuta comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, dall’entrata in vigore della legge saranno sufficienti:
a) 12 mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale oppure
b) 6 mesi nel caso di separazione consensuale (anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale).
Peraltro, occorre mettere in evidenza che la norma si applica a tutte le separazioni a prescindere che la coppia abbia oppure no figli anche minori così superando (per fortuna) quella distinzione che pure era stata proposta e che avrebbe voluto consentire l’abbreviazione dei tempi soltanto per le coppie senza figli minori (che pure godono di un regime di maggior favore per effetto delle norme e introdotte dal D.L. 132/2014 e per effetto dell’interpretazione che di quelle norme ha dato il Ministero dell’Interno).
Ma la legge interviene anche anticipando il momento dell’effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi introducendo un nuovo comma all’art. 191 cod. civ. a tenore del quale «nel caso di separazione personale la comunione dei coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale».
Per questo «l’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione».
Quanto alla disciplina transitoria l’art. 3 della legge prevede che le nuove disposizioni si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data.
Naturalmente il nuovo termine per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio opererà anche laddove le parti si siano in precedenza avvalse delle nuove disposizioni in tema di negoziazione assistita o si siano rivolte all’ufficiale di stato civile come previsto dal D.L. 132/ 2014.
Studio Sugamele 23 aprile 2015 www.divorzista.org/sentenza.php?id=9978
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FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI
Il divorzio breve è legge. “Lo Stato rinuncia alla famiglia come capitale sociale”.
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari: “È come se il legislatore dicesse: fare famiglia è un affare privato’, quindi nel bene e nel male, cari cittadini dovete arrangiarvi. Non aspettatevi niente dall’intervento pubblico”. E ancora: “Lentamente ma inesorabilmente si vanno togliendo i sostegni a un’idea forte di matrimonio come valore costituzionale”.
La Camera dei Deputati ha approvato ieri in via definitiva la legge sul cosiddetto “divorzio breve”. I sì sono stati 398, i no 28, gli astenuti 6. Rispetto alle norme in vigore precedentemente, i tempi del divorzio vengono ristretti: 12 mesi per la separazione giudiziale, 6 mesi per quella consensuale, con l’estensione delle nuove norme anche ai procedimenti in corso. L’istituto giuridico della comunione dei beni viene sciolto quando il giudice dà il proprio consenso ai coniugi per vivere separati, oppure quando gli stessi decidono di sottoscrivere la separazione consensuale. Di fatto, con questa legge, cambia il diritto di famiglia che tutti conosciamo.
Ecco l’opinione di Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari.
Presidente, in molti oggi esultano, parlando di “conquista di civiltà”. È proprio così?
“Più che di una conquista, io parlerei di una conferma: siamo immersi in un clima culturale individualistico sempre più forte e diffuso, che investe le relazioni familiari per renderle sempre meno rilevanti. Davanti a una diminuzione così drastica dei tempi di attesa prima dell’addio definitivo, e senza aver previsto tempi e modalità di accompagnamento nei confronti dei coniugi in difficoltà, mi sembra emerga piuttosto una vera e propria sconfitta dello Stato nei confronti della famiglia. È come se il legislatore dicesse: fare famiglia è un ‘affare privato’, quindi nel bene e nel male, cari cittadini dovete arrangiarvi. Non aspettatevi niente dall’intervento pubblico. Sono solo affari vostri”.
Quindi lei sta dicendo che per lo Stato il matrimonio è diventato un evento banale, quasi irrilevante?
“Questo è un argomento che come associazioni familiari avevamo introdotto nel dibattito pubblico, interpellando i parlamentari e coinvolgendo varie realtà sociali. Tutti sappiamo che sulla coesione di coppia e la tenuta della famiglia si fonda molto della stessa coesione sociale. Dicevamo di non costruire leggi che rendessero irrilevante la permanenza dei legami, per queste note ricadute pubbliche. Certamente sappiamo che il legame familiare può andare incontro a crisi. Però, che esso sia un fatto totalmente autonomo, privato, da affidare agli avvocati, ci sembra una sconfitta. Invece continuiamo a credere che la famiglia stabile rappresenti un elemento fondamentale del capitale sociale di un Paese. Essa è un valore che genera ‘bene comune’, soprattutto per i figli e per i progetti di vita delle persone. Siamo perciò dispiaciuti che lo Stato si vada allontanando da una responsabilità come questa”.
Tra l’altro col “divorzio breve” cambia anche l’assetto legislativo, anche rispetto ai valori costituzionali della famiglia. Siamo davanti a una regressione giuridica?
“Direi che siamo davanti al tentativo di introdurre una radicale modifica dei criteri fondativi di regole che prima funzionavano. Lentamente ma inesorabilmente si vanno togliendo i sostegni a un’idea forte di matrimonio come valore costituzionale. La tesi dei sostenitori è che più smantelliamo i legami di coppia più affermiamo il valore di libertà assoluta. In realtà, mi sembra che più che di libertà occorra parlare di abbandono alla solitudine, all’emarginazione, specie della parte più debole”.
In che senso?
“Nel senso che quando una coppia va in crisi, invece di poter trovare un referente, uno ‘sportello’ della comunità che possa con delicatezza prendersi in carico la situazione, viene abbandonata a se stessa. È il contrario di quanto dicevano gli africani che ‘per educare un fanciullo ci vuole un intero villaggio’. Qui il villaggio si disinteressa del tutto di quanto avviene a genitori e fanciulli. La famiglia viene considerata un fattore diverso e lontano dalla collettività. Una realtà a se”.
Quali ripercussioni psicologiche, specie sui figli, possono derivare dal “divorzio breve”?
“È oggettivamente riscontrabile che la separazione dei genitori scarica sui figli un compito difficile da governare. C’è l’obiezione che vivere in un contesto di estrema conflittualità espone i figli a rischi peggiori. Ma non si può negare che la separazione sia comunque un fatto complesso, non solo per i figli ma per gli stessi coniugi. Comunque vadano le cose, rimarrà la ‘ferita’ da gestire nel tempo. E ancora una volta lo Stato afferma che in questo evento non intende assumersi alcuna responsabilità pubblica”.
Quindi siamo davanti a un altro tassello verso una società sempre più frammentata e destrutturata. Dove arriveremo?
“Quello in atto è un percorso verso una società che privilegia legami sempre più leggeri. In pratica il messaggio è che è quasi impossibile la promessa di un’alleanza per sempre tra l’uomo e la donna. Tale valore del resto è pesantemente indebolito dai dati statistici, che parlano di diminuzione dei matrimoni, religiosi e civili, e aumento delle convivenze e unioni di fatto. La legge intercetta questi orientamenti e li esaspera, non prevedendo nessun aiuto per ‘stare’ nelle difficoltà e cercare di superarle. Come dicevo, è la vittoria di una cultura individualistica che afferma che quello tra uomo e donna è un legame che non interessa. C’è di che essere preoccupati per gli esiti che si possono immaginare sul lungo termine”.
Luigi Crimella SIR 23 aprile 20015
www.agensir.it/sir/documenti/2015/04/00310945_lo_stato_rinuncia_alla_famiglia_come_capi.html
{Nel 2010 l’UCIPEM aveva proposto un’azione preventiva e previa alla separazione:
Modifiche al codice di procedura civile L’articolo 706 c.p.c., è integrato dal seguente:
Art.706 (Forma della domanda) comma 5 aggiuntivo
La documentazione di un effettivo e concreto tentativo di riconciliazione e di una presa di coscienza relativa alla separazione e ai suoi effetti sulla famiglia e su ogni suo singolo membro, effettuato dai coniugi presso i consultori familiari, o presso Servizi pubblici o istituzioni O.N.L.U.S. qualificate del privato sociale a fini pubblici ovvero presso professionisti specializzati, iscritti nei rispettivi Albi professionali ovvero abilitati all’esercizio professionale, che certificheranno, al termine dell’intervento, l’avvenuta consulenza. ndr}
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
Francesco: ridare “onore” a matrimonio tra uomo e donna.
La Chiesa custodisca sempre l’alleanza tra uomo e donna, così come Dio l’ha pensata e creata, perché il “matrimonio e la famiglia” ritrovino oggi tutto il loro “onore”. È l’auspicio che ha attraversato la catechesi di Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, davanti a oltre 40 mila persone, dedicata ancora una volta al rapporto di “reciprocità” che lega l’uomo e la donna.
La scena dell’Eden narrata dalla Bibbia mostra in dettaglio quale progetto Dio abbia avuto sull’uomo e sulla donna fin dall’inizio di tutto: rendere entrambi vicini, complementari, uniti da un forte vincolo di “comunione”, e in nessun caso l’uno superiore all’altra.
La pienezza della reciprocità uomo-donna. Papa Francesco ripercorre i momenti culminanti della Genesi sottolineando l’aspetto della solitudine che l’uomo inizialmente prova davanti alla magnificenza del creato. La bellezza della natura, lo spettacolo degli animali… Per lui “manca” sempre qualcosa, finché Dio non gli presenta la donna. È solo in quel momento, nota Francesco, che il senso di solitudine svanisce: “Finalmente c’è un rispecchiamento, una reciprocità. E quando una persona – è un esempio per capire bene questo – vuole dare la mano a un’altra, deve avere un altro davanti: se uno dà la mano e non ha nessuno, la mano è lì, gli manca la reciprocità. Così era l’uomo, gli mancava qualcosa per arrivare alla sua pienezza, gli mancava reciprocità”.
Non subordinazione, ma complementarietà. Francesco entra qui nel terreno minato della divisione socioculturale che lungo la storia ha molto spesso posto uomo e donna su piani diversi. Un contrasto che alcuni fanno risalire al momento stesso della creazione. Al contrario, spiega il Papa, è proprio in quel frangente che si nota come la donna non sia “una ‘replica’ dell’uomo”, che sia venuta “direttamente dal gesto creatore di Dio”: “L’immagine della ‘costola’ non esprime affatto inferiorità o subordinazione, ma, al contrario, che uomo e donna sono della stessa sostanza e sono complementari, anche hanno questa reciprocità. E il fatto che – sempre nella parabola – Dio plasmi la donna mentre l’uomo dorme, sottolinea proprio che lei non è in alcun modo una creatura dell’uomo, ma di Dio. E anche suggerisce un’altra cosa: per trovare la donna e possiamo dire per trovare l’amore nella donna, ma per trovare la donna, l’uomo prima deve sognarla e poi la trova”.
La dignità della differenza: no a maschilismo e mercificazione. Diversi e complementari, dunque. E destinatari di una fiducia “generosa, diretta e piena”. Dio, afferma Francesco, “si fida” delle sue creature, che invece cedono al male, a un “delirio di onnipotenza che inquina tutto e distrugge l’armonia”. Da quel momento, soggiunge, il “loro rapporto verrà insidiato da mille forme di prevaricazione e di assoggettamento, di seduzione ingannevole e di prepotenza umiliante”, che arriva ai nostri giorni: “Pensiamo alle molteplici forme di maschilismo dove la donna era considerata di seconda classe. Pensiamo alla strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica. Ma pensiamo anche alla recente epidemia di sfiducia, di scetticismo, e persino di ostilità che si diffonde nella nostra cultura – in particolare a partire da una comprensibile diffidenza delle donne – riguardo ad un’alleanza fra uomo e donna che sia capace, al tempo stesso, di affinare l’intimità della comunione e di custodire la dignità della differenza”.
Soprassalto di simpatia per alleanza uomo-donna. Il Papa chiede allora di trovare “un soprassalto di simpatia” per questa alleanza tra uomo e donna. Viceversa, a rimetterci saranno i figli, “sempre più sradicati” da questa visione unitaria “fin dal grembo materno”: “Dobbiamo riportare in onore il matrimonio e la famiglia! E la Bibbia dice una cosa bella: l’uomo trova la donna, si incontrano, loro, e l’uomo deve lasciare qualcosa per trovarla pienamente. E per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre per andare da lei. E’ bello! Questo significa incominciare una strada. L’uomo è tutto per la donna e la donna è tutta per l’uomo”.
Al momento dei saluti ai gruppi di lingua portoghese, Papa Francesco ne ha rivolto uno a tutte le famiglie, specialmente a quelle “che sono in difficoltà”. Siano certe, ha detto, che “esse sono un dono di Dio e il fondamento della vita sociale”.
Alessandro De Carolis: Bollettino radiogiornale radio vaticana 22 aprile 2015
http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
testo ufficiale http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150422_udienza-generale.html
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GENDER
Consiglio d’Europa dice sì ad autodeterminazione.
Approvata ieri pomeriggio [22 aprile 2015] dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa la proposta di risoluzione sul tema “Discriminazioni contro le persone transgender in Europa”. Il testo sollecita gli Stati membri a favorire attraverso leggi il principio del diritto all’identità di genere sulla base della sola autodeterminazione affinché le persone transgender, anche minorenni, a prescindere dal dato biologico, possano modificare il nome e il sesso registrato nei documenti di identità. Ù
Il commento di Luca Volontè, già presidente del Partito Popolare Europeo e presidente della Fondazione “Novae Terrae”,
R. – Il primo commento che dobbiamo fare è che fortunatamente questo tipo di risoluzioni, in particolare questa, non avrà – speriamo – grande seguito nella considerazione degli Stati. Il secondo è certamente che si tratta di una risoluzione, non solo sbagliata perché va contro il dato naturale – oltre al fatto che il dato giuridico identifica nel dato naturale l’appartenenza di genere, maschile o femminile, al di là delle preferenze sessuali – ma la cosa grave è che mi sembra non si consideri assolutamente il problema di costi oltre a quello morale e culturale. E mi spiego meglio. Dare a tutti la possibilità di scegliere, a seconda del proprio desiderio momentaneo, il proprio sesso e definirlo, significa introdurre nel sistema delle pubbliche amministrazioni dei 47 Paesi una modalità tale che produrrebbe non so quanti milioni di euro di spesa nel solo cambio di identità, delle carte di identità, dei documenti, dei vantaggi del welfare per un sesso o per un altro, per un genere o per un altro. Penso debba porre un problema serio anche allo stesso Consiglio d’Europa, all’assemblea del Consiglio d’Europa, in merito all’accettabilità dei testi: cioè, se un testo come questo, al di là del proprio contenuto e a partire da esso, possa essere votato oppure no, perché chiede agli Stati cose impossibili sul piano giuridico e assolutamente inconcepibili sul piano amministrativo.
D. – C’è un dato in particolare che colpisce tra gli altri, ovvero il fatto che anche i minorenni siano inclusi in questa questione…
R. – Sì, è una questione di estrema gravità. Possiamo immaginare nella mente dei promotori di questa risoluzione che secondo loro questa possa essere una modalità attraverso la quale si possa favorire, dal loro punto di vista, una maggiore coincidenza tra i problemi psicologici che possono emergere durante l’età dell’adolescenza e le successive conseguenze. Invece, purtroppo, credo che la cosa più preoccupante sia che i genitori omosessuali possano in qualche modo forzare l’appartenenza di genere dei propri figli. Abbiamo esempi gravissimi che si stanno sperimentando in Olanda, nei Paesi scandinavi, dove cliniche specializzate, pagate dallo Stato, contribuiscono attraverso cure di blocco della crescita ormonale al cambio di sesso dei teenager e purtroppo ci sono già degli studi su come queste pratiche oltre a provocare danni fisici importanti nei confronti di questi ragazzi, favoriscono anche disagi psicologici.
D. – Infine c’è l’esortazione agli Stati membri a rimuovere ogni limitazione al diritto delle persone trans-gender di rimanere nel matrimonio contratto precedentemente al cambiamento di sesso.
R. – Questo era già presente anche nella risoluzione del 2013 e in parte è presente in alcuni testi recentemente approvati dal Parlamento europeo. Coloro che come Consiglio d’Europa promuovono convenzioni a tutela dei bambini poi si trovano ad approvare risoluzioni come queste che nella sostanza violano pesantemente il diritto dei figli ad avere dei genitori.
D.– Con lo scopo di andare nella direzione di un’approvazione, di un’equiparazione tra matrimonio gay ed eterosessuale.
R. – Esattamente. Favorire questo o un’altra situazione che nei fatti possa in qualche modo rendere assolutamente sterile o senza ragioni una prosecuzione del dibattito contro i matrimoni omosessuali. Nei fatti favoriscono o si vorrebbero favorire quelle situazioni che potrebbero, a lungo andare, rendere assolutamente inutile il dibattito a favore o contro il matrimonio omosessuale perché sarebbero già nella realtà.
Quanto deciso dal Consiglio Europeo non è vincolante per gli Stati dell’Unione. Lo conferma Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare e Vicepresidente della Commissione Affari Sociali.
R. – Questa è una tendenza che prosegue da parecchi anni, nelle istituzioni internazionali in particolare, quindi dalle Nazioni Unite in poi. Le risoluzioni del Consiglio d’Europa non hanno un valore vincolante per i Parlamenti nazionali. E’ evidente, quindi, che si tratti sostanzialmente di inviti, di raccomandazioni, ma il Parlamento e il Governo italiano possono tranquillamente disattenderla senza incorrere in multe o sanzioni.
D– Quindi non è una risoluzione vincolante per l’Italia, ma è alto il valore simbolico potremmo dire.
R. – Diciamo che ha un valore simbolico e continua su una strada che è stata intrapresa e che è estremamente invasiva, perché in tutti i documenti, anche europei e così via, ormai c’è il gender. Quindi il problema è che anche in Italia, a parte quello che abbiamo visto entrare nelle scuole italiane, per esempio nella prima versione della legge contro l’omofobia, della proposta di legge contro l’omofobia attualmente ferma al Senato, c’era proprio l’idea dell’autodeterminazione come unico elemento di decisione sulla propria identità sessuale. Io, cioè, sono donna se decido di essere donna; se sono biologicamente donna, ma decido di essere un uomo, sono un uomo e lo Stato mi deve riconoscere. Le proposte, quindi, sono arrivate già, ma per adesso sono state arginate.
Bollettino radiogiornale radio vaticana 23 aprile 2015 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
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NEGOZAZIONE ASSISTITA
Il divorzio si separa dai tribunali.
Lasciarsi senza far volare gli stracci e senza dover passare per un tribunale. Un’opportunità che le coppie in crisi possono percorrere già dallo scorso settembre e che sembra inizi a fare proseliti. Nel 2014, infatti, le cause di separazione consensuale finite sui tavoli dei giudici sono diminuite, rispetto all’anno prima, del 4%, contro un aumento del 2% delle separazioni giudiziali.
Imputare il calo solo alle nuove regole sarebbe, però, eccessivo. La diminuzione del contenzioso non riguarda, infatti, solo le crisi familiari, ma investe tutta la giustizia civile, che nel 2014 ha “perso” più di 170mila ricorsi, il 2% in meno rispetto al 2103, quando i tribunali avevano incamerato oltre 174mila nuovi fascicoli.
«Questo significa – spiega Fabio Bartolomeo, responsabile dell’ufficio statistica del ministero della Giustizia – che ci sono, in generale, una serie di motivi che hanno contribuito alla diminuzione della litigiosità: la crisi, l’aumento del contributo unificato, la mediazione. Però, per quanto riguarda le cause familiari, si può presumere che anche le nuove norme sulle separazioni stragiudiziali abbiano contribuito al calo».
Valutazione sostenuta da altri dati, seppure meno strutturati. Il ministero dell’Interno, su input di quello della Giustizia, ha, infatti, monitorato l’attività degli uffici di stato civile di 15 Comuni, che rappresentano il 30% dell’intero flusso di lavoro di quelle amministrazioni, e ha rilevato che lo scorso gennaio sono state presentate 80 richieste di separazione stragiudiziale, diventate 180 a febbraio. Proiettando questi dati – comunque destinati, se ci si attiene all’andamento dei due mesi, a crescere – si ottiene che circa 6mila coppie sono intenzionate a separarsi senza andare in tribunale.
Insomma, qualcosa si sta muovendo, anche se questi primi dati devono essere accompagnati da cautela. Anche perché le nuove regole per lasciarsi senza finire davanti a un giudice – previste dalla riforma della giustizia varata lo scorso autunno 2014 (decreto legge 132, convertito dalla legge 162) – sono diventate operative il 13 settembre. Prevedono che le coppie in crisi possano ricorrere alla negoziazione assistita, ovvero farsi seguire da almeno una coppia di avvocati (uno per parte) che le guidi verso una separazione soft (per quanto lo possa essere la fine di un matrimonio).
L’accordo tra i coniugi raggiunto davanti agli avvocati e facendo a meno dei giudici va, comunque, sottoposto al procuratore della Repubblica, che deve rilasciare il nullaosta. La separazione extragiudiziale va poi registrata dall’ufficiale di stato civile del Comune in cui era stato iscritto il matrimonio. Una procedura studiata anche per deflazionare il carico di lavoro dei tribunali civili, afflitti da oltre cinque milioni di cause pendenti.
Misura a cui si affianca l’altra – sempre prevista dalla riforma dello scorso settembre, anche se la norma in questione è entrata in vigore a metà novembre – che consente ai coniugi che si stanno lasciando di formalizzare tutto davanti al sindaco quale ufficiale di stato civile. In questo caso l’assistenza dell’avvocato è facoltativa, ma la procedura non si può applicare se la coppia ha figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o se sono economicamente non autosufficienti.
Tutto questo mentre il Parlamento si prepara a licenziare – molto probabilmente già questa settimana – nuove norme per rendere ancora più veloce la fine di una coppia. Da domani, infatti, l’Aula della Camera ha all’esame in seconda lettura il disegno di legge che riduce i tempi delle separazioni e dei divorzi nonché quelli dello scioglimento della comunione dei beni.
Nel caso delle separazioni giudiziali viene, infatti, ridotta da tre anni a dodici mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dopo la quale è possibile presentare la domanda di divorzio. Se la separazione è, invece, consensuale, il termine scende a sei mesi, durata quest’ultima che si applica anche ai procedimenti che nascono come separazione giudiziale e poi si trasformano in abbandono consensuale. In entrambi i casi il termine decorre dal momento della comparsa della coppia davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione.
La nuova norma, unita all’effetto deflazione innescato dalla novità della negoziazione assistita, dovrebbe produrre un taglio dei tempi delle cause di scioglimento del matrimonio, procedimenti che nel 2013 hanno fatto registrare una durata media di 627 giorni per quanto riguarda le separazioni e i divorzi giudiziali, contro i 119 giorni richiesti dalle separazioni consensuali.
La novità che il Parlamento si appresta ad approvare interviene anche sui tempi di scioglimento della comunione di beni, che al momento avviene con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione. Oggi può, pertanto, accadere che anche in presenza di cessazione della convivenza – autorizzata dai provvedimenti provvisori del presidente del tribunale ai sensi dell’articolo 708, terzo comma, del Codice di procedura civile – gli acquisti effettuati successivamente da uno dei coniugi ricadano nella comunione legale. Per ovviare a simili inconvenienti, la nuova norma ne anticipa lo scioglimento. Nel caso di separazione giudiziale, lo fa decorrere dal momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati. Se invece la separazione è consensuale, dal momento della sottoscrizione del verbale di separazione.
Antonello Cherchi il sole 24ore 20 Aprile 2015
www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-04-20/il-divorzio-si-separa-tribunali-080647.shtml?uuid=ABwsqGSD
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NULLITÀ CANONICA
Convivenza ultradecennale e limiti all’esecutività della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 7917, 17 aprile 2015
Quali sono i limiti e i criteri con i quali il giudice del merito deve verificare, ai sensi di legge, la conformità delle sentenze ecclesiastiche ai principi del nostro ordinamento nel caso in cui ne venga richiesta l’esecutività? Nel caso di specie la moglie impugna la sentenza della Corte d’appello dichiarante l’efficacia di sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario per rifiuto della stessa a filiare, sulla base della convivenza ultradecennale con la controparte.
La giurisprudenza delle Sezioni unite, riprendendo l’orientamento costituitosi su base comunitaria, ha qualificato la convivenza tra coniugi come “elemento essenziale del matrimonio-rapporto, che si manifesta come consuetudine di vita coniugale comune, stabile e continua nel tempo, ed esteriormente riconoscibile attraverso corrispondenti, specifici fatti e comportamenti dei coniugi, e quale fonte di una pluralità di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità anche genitoriali in presenza di figli, di aspettative legittime e di legittimi affidamenti degli stessi coniugi e dei figli, sia come singoli sia nelle reciproche relazioni familiari”. In questo senso, il protrarsi della convivenza per oltre tre anni dopo il matrimonio concordatario crea quella situazione giuridica regolata e tutelata dall’ordinamento italiano, costituendo questione di ordine pubblico ostativa alla trascrizione della sentenza attestante la nullità del matrimonio ecclesiastico. Nel caso di specie, risulta una convivenza, provata nel merito, ultradecennale, regolarmente eccepita dalla parte ricorrente.
“Ne consegue che, una volta prospettata tempestivamente la predetta eccezione, il giudice della delibazione deve verificare l’allegazione di fatti specifici e rilevanti riguardanti l’effettività della convivenza coniugale ed, in caso di contestazione, deve essere condotto sulla base delle deduzioni probatorie di parte, un puntuale accertamento istruttorio”. Per tali motivi, il ricorso è accolto, limitatamente al profilo sopra prospettato, e rinviato alla Corte di merito che dovrà giudicare la vicenda alla luce del predetto principio di diritto.
Licia Albertazzi studio Cataldi 26 aprile 2015
sentenza www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?id_notizia=18136
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OMOFILIA
Il diritto dei minori a mantenere una relazione affettiva con l’ex compagna della madre biologica.
Tribunale di Palermo – prima Sezione civile, decreto 13 aprile 2015.
Pronunciamento storico, per le coppie gay, quello del Tribunale di Palermo che attesta il diritto dei minori a mantenere una relazione affettiva anche con l’ex compagna della madre biologica. Il Tribunale ha, infatti, riconosciuto all’ex convivente della madre biologica la facoltà di incontrare e tenere con sé i figli, secondo un calendario di incontri stabilito.
La separazione di una coppia omosessuale che insieme ha deciso di avere dei figli e che insieme li ha cresciuti, non può determinare la fine dei rapporti, di fatto ancora senza tutele nel nostro Paese, fra il genitore ancora senza diritti ed i suoi figli”. Il collegio ha accolto, pertanto, la richiesta fatta propria anche dal pm nell’interesse dei minori. I giudici si sono espressi anche sulla base di una consulenza psicologica che ha accertato il legame familiare tra i figli e l’ex convivente della madre.
Giuseppina La Delfa, presidente dell’associazione nazionale dei genitori omosessuali e transessuali, commentando il provvedimento afferma che si tratta di una decisione “molto importante per tutte le famiglie arcobaleno poiché può capitare purtroppo che uno dei due genitori approfitti del vantaggio derivante dall’assurda discriminazione giuridica verso le coppie same sex, per estromettere l’altro dalla vita dei bambini. Pensiamo che la relazione GENITORI-FIGLI vada sempre salvaguardata e non crediamo che la biologia possa predominare su un progetto maturato, scelto ed attuato insieme. La separazione di una coppia di fatto – conclude – non può insomma comportare la distruzione dei rapporti affettivi maturati e cresciuti in quel contesto”.
Maria De Filippis newsletter Giuridica studio Cataldi, 20 aprile 2015
http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_18133.asp
Rettifica del sesso della persona coniugata: finché il legislatore non interviene, il matrimonio resta.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 8097, 21 aprile 2015.
La sentenza n. 170 del 2014 della Corte costituzionale – con la quale è stata dichiarato l’illegittimità delle norme in tema di rettifica del sesso nella parte in cui non prevedono la possibilità di mantenere in vita il rapporto di coppia con altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta, con modalità da statuire dal legislatore – non è di mero monito ma autoapplicativa, con la conseguenza che è costituzionalmente necessario conservare alla coppia il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al matrimonio fino a quando il legislatore non intervenga.
Redazione Il Caso.it doc. 421 23 aprile 2015 http://news.ilcaso.it/news_421
sentenza news.ilcaso.it/libreriaFile/Cass%20Civ%2015%20n.%208097%20-%20Rettifica%20divorzio%20Imposto.pdf
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PARLAMENTO
Camera Assemblea. Divorzio breve
21 aprile 2015. La Camera dei Deputati ha svolto la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge: Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato). (C.831-892-1053-1288-1938-2200-B).
Intervengono Alessia Morani, relatrice, Fabrizia Giuliani, Vittorio Ferraresi, Alessandro Pagano. I relatori ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Alessia Morani, relatrice. (…) Il provvedimento in esame interviene sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio con la finalità di ridurre i tempi necessari ad ottenere il divorzio. Si tratta di una terza lettura, che ha per oggetto le modifiche apportate dal Senato al testo approvato dalla Camera il 29 maggio dello scorso anno. Il testo trasmesso dal Senato non è stato modificato dalla Commissione giustizia, per cui, qualora l’Assemblea confermasse questa scelta, il testo, già da questa settimana, potrebbe diventare legge dello Stato. Sono oramai decenni che il Paese aspetta norme più moderne che accorcino i tempi del divorzio, riducendo quelle conflittualità delle quali sono vittime, in primo luogo, i figli delle coppie che scelgono di separarsi. (…)
Si ricorda che di recente sono state adottate alcune misure acceleratorie proprio con riguardo al procedimento in materia di divorzio e di separazione – quali la negoziazione assistita e gli accordi di separazione e divorzio davanti al sindaco –, introdotte dal decreto-legge n. 162 del 2014, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione (…)
Il testo in esame interviene sulla Legge 898 del 1970, in modo da anticipare il momento della possibile proposizione della domanda di divorzio, anticipare anche il momento dell’effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi e stabilire una disciplina transitoria. (…)
www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0412&tipo=stenografico#sed0412.stenografico.tit00020
22 aprile 2015 L’Assemblea passa all’esame degli articoli e alla votazione
Presenti 432 – Votanti 426 – Astenuti 6 –
Hanno votato sì 398. Hanno votato no 28.
www.camera.it/leg17/410?idseduta=0413&tipo=stenografico#sed0413.stenografico.tit00150.sub00010
“Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”
(Testo approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 22 aprile 2015, non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale)
Art. 1. 1. Al secondo capoverso della lettera b) del numero 2) dell’articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: «tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».
Art. 2. 1. All’articolo 191 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione».
Art. 3. 1. Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data.
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/messaggi/c0831a.htm
Camera Assemblea.
16 aprile 20015 Mozione 1/00804 politiche a favore della natalità
La Camera ha approvato una mozione a firma Gigli, Sberna, Capelli, Dellai sulla natalità che recepisce la preoccupazione per il crollo delle nascite giunte al livello minimo dall’Unità d’Italia.
La mozione impegna il governo ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a favorire un’effettiva equità fiscale per le famiglie con figli a carico, soprattutto quelle monoreddito; a favorire i nuclei familiari con più di tre figli e quelli di nuova costituzione nelle politiche abitative; a valutare la possibilità di inserire in una prossima iniziativa normativa la valutazione di impatto familiare; a valutare tutte le misure idonee a prevenire il conflitto esistente tra lavoro e maternità, agevolando il lavoro di cura dei genitori, soprattutto nei primi anni di vita dei figli; a sostenere la genitorialità con una moderna rete di servizi tesi ad incrementare la natalità responsabile; a monitorare che gli strumenti previsti dalla legge n. 194 siano garantiti promuovendo, inoltre, campagne di informazione sul parto in anonimato e sulle culle termiche, al fine di ridurre il rischio di infanticidio; ad assumere iniziative per trasformare i consultori familiari in efficaci strumenti di aiuto alle gestanti in difficoltà; a promuovere una revisione e semplificazione delle procedure di adottabilità e ad assumere iniziative a favore delle famiglie disponibili ad accogliere e adottare bambini senza famiglia; a promuovere una campagna di informazione per prevenire le cause della diffusione di malattie che possano determinare interruzioni di gravidanza e infertilità.
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=1/00804&ramo=CAMERA&leg=17
Camera Comm. Giustizia Adozioni dei minori
Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare. C. 2957 approvata dal Senato, C. 2040 Santerini, C. 350 Pes e C. 3019 Marzano.
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 15 aprile 2015.
Donatella Ferranti, presidente, ricorda come il relatore Verini avesse proposto ai gruppi di valutare l’opportunità di trasferire l’esame del provvedimento alla sede legislativa. Osserva, quindi, come i gruppi non si siano ancora espressi a tale proposito e come ciò non pregiudichi nel frattempo la possibilità di proseguire fruttuosamente l’esame in sede referente.
Avverte che si è provveduto ad acquisire la documentazione relativa alle audizioni informali svolte dalla Commissione giustizia del Senato. Ritiene pertanto che, per ragioni di economia procedurale, le audizioni di questa Commissione potrebbero riguardare le questioni e gli aspetti della materia non trattati dal Senato e che potrebbero essere sentiti i soggetti non auditi dal Senato. In particolare, osserva come l’abbinata proposta di legge C. 3019 Marzano estenda l’oggetto dell’esame alla tematica dell’adozione da parte dei «single». Rileva, infine, come una legge sulla materia in esame sia molto attesa e oggetto di molti solleciti e che i lavori della Commissione dovranno essere organizzati tenendo conto di questa esigenza (…) pag. 27
www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2015&mese=04&giorno=22&view=&commissione=02&pagina=data.20150422.com02.bollettino.sede00030.tit00020#data.20150422.com02.bollettino.sede00030.tit00020
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RESIDENZA DEI FIGLI
Trasferimento della madre anche senza accordo con l’altro genitore?
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 6132, 26 marzo 2015.
Le decisioni che riguardano i figli minori, compresa la scelta della loro residenza, devono tenere in considerazione esclusivamente gli interessi dei minori, anche quando ciò contrasti con l’obbligo dei genitori di accordarsi in tema di indirizzo della vita familiare previsto dalla legge e violi le prescrizioni del Tribunale.
I genitori, secondo quanto previsto dal codice civile [Art. 144 cod. civ.] hanno il dovere – soprattutto a seguito della loro separazione – di concordare l’indirizzo della vita familiare. Ciò significa che tutte le decisioni riguardanti la salute, l’istruzione, l’educazione, le scelte di vita di vario tipo dei figli minori, dovranno essere assunte dai genitori assieme, di comune accordo.
Tali decisioni dovranno però in ogni caso essere prese nell’esclusivo interesse del minore, anche a costo di sacrificare l’interesse del singolo genitore. La scelta della residenza del figlio in un luogo piuttosto che in un altro è una delle scelte che i genitori dovrebbero concordare e che, se stabilita dal Tribunale in sede di separazione, dovrebbero diligentemente rispettare.
Quando però uno di essi decida unilateralmente di cambiare la residenza propria e del minore per particolari oggettive esigenze del figlio stesso potrà farlo anche senza l’assenso dell’altro genitore. Si pensi alla madre che decida di trasferirsi in altra provincia per garantire al figlio disabile o con una rara malattia particolari cure, più costose e/o meno efficaci o inesistenti nella provincia di originaria residenza.
Analogamente il trasferimento attuato già da tempo senza consenso di uno dei genitori, potrà non essere passibile di revoca se il minore si è nel frattempo ben inserito nel nuovo luogo di abitazione. Si pensi al genitore che abbia cambiato la residenza propria e del figlio senza accordarsi con l’altro e dopo parecchi mesi – una volta che il minore si è ben integrato a scuola, ha trovato nuovi amici, ha iniziato a praticare regolarmente uno sport – gli venga richiesto di tornare nel luogo di residenza originaria.
In tutti questi casi, sebbene il genitore “disobbediente” possa ragionevolmente essere ammonito dal Giudice per non aver rispettato gli obblighi che la legge gli impone, non sarà tuttavia costretto a ritornare nel luogo di residenza originaria, se ciò risponde all’interesse superiore del minore. Le decisioni riguardanti i figli minori, compresa la scelta della sua residenza, non devono infatti tenere conto degli interessi dei genitori, ma esclusivamente dell’interesse del minore stesso, anche nei casi in cui questo possa eventualmente coincidere, con quello di uno solo dei genitori affidatari, che non abbia rispettato il metodo dell’accordo in tema di indirizzo della vita familiare.
Soprattutto quindi in casi analoghi al secondo esempio sopra citato, si consiglia al genitore interessato al ritorno del minore di attivarsi immediatamente per ottenere dal Giudice un provvedimento che ordini il ritorno nell’originario luogo di residenza. Ciò sopratutto se il minore viene trasferito all’estero, prospettandosi tempi e iter più lunghi per ottenerne il rientro in Italia.
Più tempo, infatti, il minore rimane nel nuovo luogo di residenza, più difficile sarà dimostrare che il suo ritorno risponde ad un suo superiore interesse.
Valentina Azzini La legge per tutti 22 aprile 2015
www.laleggepertutti.it/86083_trasferimento-della-madre-anche-senza-accordo-con-laltro-genitore
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RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
Risarcito il danno per il ritardo nel rilascio del visto per il ricongiungimento familiare.
Tribunale Torino, prima Sezione civile, ordinanza 3 marzo 2015.
Il diritto soggettivo al ricongiungimento familiare, infatti, non è oggetto di contestazione, mentre la questione meramente formale della traslitterazione del cognome dei figli dal somalo deve in questa sede ritenersi irrilevante, non essendovi dubbi sostanziali sull’esatta identificazione dei figli del ricorrente (essendo anche stato effettuato l’esame del Dna).
Trattasi, dunque, di un problema meramente formale che ad avviso del Tribunale non può tuttavia procrastinare sine die il rilascio del visto. Il diritto al ricongiungimento famigliare, infatti, costituisce un diritto fondamentale della persona umana che, come tale, non può essere sacrificato a tempo indeterminato da un comportamento omissivo della Pubblica Amministrazione la quale deve ritenersi di conseguenza onerata – pur nel bilanciamento degli interessi pubblicistici in gioco – di fornire una risposta al richiedente entro termini ragionevoli, cosa non avvenuta nella fattispecie in esame.
Ordina al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale di concedere il visto per il ricongiungimento famigliare a (…) (nato lo 08.07.2004), tutti nati a Mogadiscio.
Condanna il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale a pagare la somma di Euro 9.000,00 a titolo di risarcimento del danno a favore di (…); alla rifusione delle spese di lite a favore di (…), spese che si liquidano in Euro 3.200,00 per compenso, oltre rimborso forfetario ex art. 2 DM n. 55/2014.
Il sole 24 ore 16 aprile 2015
www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2015-04-15/risarcito-danno-il-ritardo-rilascio-visto-il-ricongiungimento-familiare-160237.php?uuid=ABNdVoPD
ordinanza www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/pa24.php?idDoc=16818039&idDocType=3
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RICONOSCIMENTO
Il riconoscimento dei figli naturali
Figli naturali: lo status giuridico. La Legge numero 219 del 10 dicembre 2012 ha introdotto modifiche alle disposizioni del Codice civile in materia di riconoscimento di figli naturali nell’ottica del superamento di ogni diseguaglianza normativa tra figli legittimi e figli naturali ed in virtù del principio dell’unicità dello status di “figlio”. Con il Decreto Legislativo numero 154 del 2013, attuativo della legge 219, si è concretizzata l’equiparazione: non vi sono più figli naturali e figli legittimi ma figli nati in costanza di matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio.
Il procedimento per il riconoscimento. Il riconoscimento è l’atto solenne e irrevocabile attraverso il quale i figli nati fuori del matrimonio vengono riconosciuti dalla madre o dal padre o da entrambi, separatamente o congiuntamente, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona. Il riconoscimento può essere contenuto e formalizzato, alternativamente, nell’atto di nascita, in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile, in un atto pubblico, in un testamento o nella domanda presentata al Giudice Tutelare. Per poter effettuare il riconoscimento è necessario aver compiuto il quattordicesimo anno di età. Possono essere riconosciuti anche i figli nati da genitori tra i quali esiste un rapporto di parentela o di affinità, previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
L’impugnazione del riconoscimento. Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità o se l’autore del riconoscimento è stato costretto con violenza al riconoscimento o per incapacità derivante da interdizione giudiziale. L’azione di impugnazione può essere promossa anche dal figlio minore che abbia compiuto quattordici anni e mezzo di un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni. L’azione di impugnazione del riconoscimento è imprescrittibile solo per il figlio mentre è soggetta ad un termine di decadenza da parte degli altri legittimati.
Gli effetti del riconoscimento. Il riconoscimento comporta l’assunzione da parte del genitore di tutti i doveri e i diritti che ha nei confronti dei figli concepiti durante il matrimonio. In primis, comporta l’assunzione della responsabilità genitoriale. Quindi, il riconoscimento del figlio implica, ai sensi dell’articolo 261 c.c., l’assunzione di tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex articolo 148 c.c.
Se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori assume il cognome del padre; in caso contrario, assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per primo. Se il riconoscimento paterno è successivo rispetto a quello materno, il figlio decide se assumere il cognome paterno aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Se il figlio è minore tale decisione compete al giudice, previo ascolto del minore che abbia compiuto dodici anni oppure anche di età inferiore se capace di discernimento.
Il riconoscimento produce effetti anche nei confronti degli affini, tanto è vero che l’articolo 317 bis c.c. legittima anche gli ascendenti a ricorrere al Tribunale dei Minorenni nel caso in cui sia impedito il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
Giovanna Molteni studio Cataldi 15 aprile 2015
www.studiocataldi.it/articoli/18073-il-riconoscimento-dei-figli-naturali.asp
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SEPARAZIONE E DIVORZI
Revocabile e non appellabile la separazione se lui occulta il reddito.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 8096, 21 aprile 2015.
.La sentenza di separazione o divorzio revocata se il coniuge nasconde dolosamente all’altro il proprio reale volume d’affari, inducendo anche in errore il giudice. Che succede se il giudice riconosce a lei un mantenimento ridotto perché lui, nel corso del giudizio di separazione o divorzio, riesce a far credere che il suo reddito è basso? Si fa appello [Cass. sent. n. 11697/2013, n. 6322/1993] (peraltro, in tal caso, non valgono i normali termini e non si potrà limitare l’impugnazione a trenta giorni dalla scoperta del dolo.
Ma ciò non sempre è possibile. Se la sentenza proviene già da un giudice di appello, dalla Cassazione o, addirittura è divenuta definitiva, potrebbe sembrare che non ci sia nulla più da fare. E invece non è così. Il rimedio giusto, in questi casi, c’è ed è quello della revocazione [Art. 395 cod. proc. civ.]. È questo l’importante chiarimento della sentenza della Cassazione.
Come noto, il codice di procedura civile dispone che le sentenze possono essere revocato se sono (tra le altre ipotesi) l’effetto del dolo di una delle parti ai danni dell’altra, ossia, nel caso tra moglie e marito, se uno dei due ha nascosto astutamente le proprie disponibilità economiche per far credere di essere più povero e ottenere una condanna al mantenimento ridotta (si pensi alla simulazione della chiusura di un’attività commerciale). In questo caso la sentenza è revocabile. In particolare, l’avvocato, nel proprio atto di ricorso, non può chiedere la nullità o l’annullamento dell’accordo di separazione – istanza che va presentata in un ordinario giudizio di cognizione – quanto piuttosto la revocabilità per dolo della pronuncia di separazione o divorzio.
In sentenza si legge, infatti, che nella separazione consensuale, così come nel divorzio congiunto, si stipula un accordo, di natura negoziale, che, frequentemente, per i profili patrimoniali, si configura come un vero e proprio contratto. Non rileva che, in sede di divorzio, esso sia recepito, fatto proprio dalla sentenza: tale pronuncia è necessaria solo per lo scioglimento del vincolo matrimoniale, ma, quanto all’accordo, si tratta di un controllo esterno del giudice, analogo a quello di separazione consensuale.
Pertanto – prosegue la Cassazione – qualora l’accordo sia nullo, tale nullità potrebbe essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, e dunque anche da chi ha dato causa a tale nullità. E tale accordo potrebbe essere oggetto di annullamento da parte del soggetto incapace o la cui volontà risulti viziata (ad es. da un errore, magari sulla sussistenza dell’interesse del minore, ovvero dal dolo di una delle parti ). Ma nullità o annullamento non potrebbero costituire motivo di impugnazione da parte dei soggetti dell’accordo da cui essi sono vincolati, ma dovrebbero essere fatti valere in un autonomo giudizio di cognizione [4]. Ma se l’obbligato all’assegno ha dolosamente nascosto le sue reali condizioni economiche sussistono invece i presupposti per chiedere la revocatoria della sentenza.
Come noto, le sentenze possono essere impugnate per revocazione se pronunciate in grado di appello o nel giudizio di cassazione o, ancora, se emesse in primo grado, a talune condizioni, quando siano passate in giudicato [Art. 395, 396 cod. proc. civ.].
La Cassazione ha avuto modo di precisare che il vizio revocatorio come il dolo di una parte ai danni dell’altra può proporsi coi motivi di appello, coi quali può censurarsi ogni profilo di ingiustizia della sentenza di primo grado. Trattandosi, peraltro, nella specie, di appello, con cui si fa valere un vizio revocatorio, dovrà operare la disciplina di tale mezzo di impugnazione, né si potrà limitare l’impugnazione a trenta giorni dalla scoperta del dolo.
Redazione la legge per tutti 21 aprile 2015
www.laleggepertutti.it/85955_revocabile-e-non-appellabile-la-separazione-se-lui-occulta-il-reddito
Sentenza www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_18168_1.pdf
Nuove indagini tributarie del giudice della famiglia alla luce della L. 162 del 2014.
Tribunale di Milano, nona Sezione civile, ordinanza 2 aprile 2015
Ai sensi dell’art. 5 comma IX, legge 1 dicembre 1970 n. 898, il Tribunale può disporre indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita dei coniugi/genitori, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria. Gli accertamenti di polizia tributaria sono giustificati anche dall’art. 337-ter, comma VI, c.c., che ammette indagini nell’interesse dei figli. Pertanto, il giudice della famiglia può disporre indagini di Polizia Tributaria al fine di raccogliere le informazioni necessarie per i provvedimenti di cui all’art. 5 l. div. (moglie) e di cui all’art. 337-ter c.c. (figli).
In tempi recenti, i poteri di accertamento del giudice dei conflitti coniugali/familiari sono stati ampliati dal Legislatore. Il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014 n. 162, infatti, ha introdotto le seguenti modifiche: a) ha previsto che nei procedimenti in materia di famiglia il giudice possa accedere alle banche dati tramite i gestori ai sensi dell’art. 155-quinquies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile; b) ha esteso le disposizioni speciali in materia di ricerca dei beni con modalità telematiche ai procedimenti in materia di famiglia (art. 155-sexies disp. att. c.p.c.); c) ha previsto, all’art. 7 comma IX del D.P.R. 605 del 1973, che le informazioni comunicate all’Agenzia Tributaria sono altresì utilizzabili dall’autorità giudiziaria nei procedimenti in materia di famiglia. Tenuto conto delle citate novità normative, il giudice della famiglia, per gli accertamenti tramite indagini di Polizia Tributaria, può delegare alla detta Autorità anche le verifiche portate dalle norme di nuovo conio.
Giuseppe Buffone Il Caso.it,n. 12454 – 22 aprile 2015
ordinanza www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fam.php?id_cont=12454.php
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SESSUOLOGIA
Educazione sessuale per favorire le gravidanze.
Non concentrarsi solo su come evitare le gravidanze, ma iniziare a parlare della gravidanza in modo più positivo, promuovendo la natalità in incontri organizzati nelle scuole. A cambiare rotta è stata la Sex and Society, un’associazione non-profit che fornisce gran parte dell’educazione sessuale in Danimarca che negli ultimi decenni, così come in tutto il mondo occidentale, è stata basata esclusivamente su come evitare le gravidanze indesiderate. A parlarne è il New York Times che analizza come la situazione in Danimarca, così come in molti altri Paesi europei, stia diventando sempre più allarmante per i bassi tassi di nascite, e come queste preoccupazioni non abbiano fatto altro che intensificarsi per via della crisi economica e finanziaria che attraversa, con alti tassi di disoccupazione tra i giovani ritenuti una fonte di scoraggiamento per i potenziali genitori.
Non a caso il ministro italiano per la sanità, Beatrice Lorenzin, ha descritto l’Italia come un “paese morente” a febbraio. La Germania ha investito pesantemente sui sussidi alle famiglie anche se i risultati ancora non si vedono. La crisi in Grecia ha bloccato il tasso di natalità. In Danimarca il tasso di nascite è al di sotto della cosiddetta soglia di ricambio necessaria per evitare che una popolazione declini – poco più di due figli per donna – già dal 1970.
“Per molti, molti anni abbiamo parlato solo di sesso sicuro, di come evitare le gravidanze”, ha affermato Marianne Lomholt, direttore per la Danimarca di Sex and Society. “All’improvviso abbiamo pensato che forse dovremmo anche dire come rimanere incinta”.
In Europa il cambiamento demografico è più evidente che in quasi qualsiasi altra regione del mondo, tranne il Giappone. Secondo le Nazioni Unite, si stima che su 100 residenti tra i 20 e i 64 anni ci siano circa 28 europei di 65 anni o più, quasi il doppio della media mondiale. Negli Stati Uniti sono 24,7.
Questi trend trasformeranno le società, riducendo potenzialmente la crescita economica (come abbiamo analizzato qui) e aumentando lo stress del sistema pensionistico, oltre a richiedere più assistenza agli anziani. Il Giappone sta già affrontando questioni esistenziali in un Paese in cui la vendita di pannolini per adulti sta iniziando a superare quella di pannolini per bambini.
Il problema della denatalità ha portato la società danese a usare la creatività. Per esempio un sacerdote si è guadagnato i titoli dei giornali per i suoi scritti entusiasti su sesso ed erotismo, mentre un imprenditore ha creato un sito di appuntamenti per chi ha intenzione di crearsi una famiglia. Lo stato danese aveva anche lanciato la campagna “Fallo per la Danimarca” in cui invitava le coppie a viaggiare per le capitali europee dopo aver notato che moltissime gravidanze iniziavano durante un viaggio all’insegna del turismo. Il Ministro dell’Istruzione danese, Christine Antorini, ha osservato in una dichiarazione che attualmente il Governo sta puntando a “concentrarsi maggiormente su un approccio ampio e positivo alla salute e alla sessualità, dove la salute sessuale copre sia gli aspetti positivi che i rischi associati al comportamento sessuale”.
Raffaele Buscemi, documentazione.info 15 aprile 2015
http://www.documentazione.info/educazione-sessuale-per-favorire-le-gravidanze-0
Potremo davvero fare a meno dei maschi?
Esistono ancora le differenze di genere? Colloquio con lo psicoterapeuta Claudio Risé
Il futuro è delle donne, più intelligenti, più sensibili, multitasking [multi processualità contemporanee)]. Quante volte avete sentito questi refrain? Lo psicoterapeuta Claudio Risé parla di «character assassination del genere maschile». E di «una vasta campagna di denigrazione tesa a distruggere credibilità e reputazione di un intero gruppo sociale ». Come è potuto accadere? E come se ne esce? Lo specialista lo spiega in «Il maschio selvatico 2» (Edizioni San Paolo), un saggio rieditato e aggiornato che da 23 anni è un cult book e che, ora che il delitto è sotto gli occhi di tutti, pone nuove domande e offre nuove risposte. Di seguito, cinque spunti.
- Perché rimpiangere il maschio selvatico? L’uomo ha cominciato a star male, fisicamente e psicologicamente, dice Risé, quando si è allontanato dalla natura, sposando uno stile di vita robotico. Il “selvatico” teorizzato da Risé è invece capace di un appassionato rapporto con l’ambiente incontaminato, «non per ragioni estetiche o di performance sportiva» ma perché vi trova «pienezza e benessere fisico, spirituale e creativo». L’allontanamento dalla [luogo selvaggio]. avrebbe minato anche i rapporti fra i sessi: «Nelle antiche saghe, il selvatico vede la fanciulla in una radura, se ne innamora e la prende sul suo carro: questa immediatezza oggi è aborrita dentro relazioni costruite dalla A alla Z, intellettualizzate, mentre l’amore è la scoperta dell’altro dentro di te, è il bosco dove scopri la bambina a cui vuoi bene».
- Perché parlare del maschile è diventato “politicamente scorretto”? Quando nel 1992 Risé pensò il suo primo Maschio Selvatico, molti provarono a dissuaderlo. «Un editore mi suggerì di scrivere piuttosto un libro sul pene, poiché le performance sessuali potevano ancora interessare il sistema mediatico» ricorda. Ma qual è lo specifico maschile che disturba? La risposta fa riflettere: «I moderni sistemi economici e politici hanno spinto le donne nel mondo del lavoro per poterle sfruttare e pagare poco. Per indurle all’affermazione, era necessario costruire l’immagine di un uomo predatore e distruttivo, da demolire. In quest’ottica, il maschio selvatico imbarazza perché non è aggressivo e cade innamorato delle donne».
- Perché il maschio contemporaneo è insicuro e debole? Oggi l’uomo è “il colpevole”, deve chiedere scusa, è un mostro o un cretino, a prescindere. I ragazzi non scrivono più sui muri “Jessica ti amo” ma “Jessica ti chiedo perdono”. «La cultura della colpa» spiega Risé «è comoda anche per i maschi, i quali, chiedendo scusa, possono dirsi che è tutto a posto e accantonare la responsabilità di mettere a fuoco il loro progetto di vita e di relazione».
- Le pratiche sessuali definiscono davvero l’identità di una persona? Mentre avanzano nuove teorie di genere e lo scienziato Umberto Veronesi ha sostenuto che saremo tutti bisessuali, in molte scuole italiane si è eliminata dai moduli la dicitura “madre e padre” a favore di identità neutre come “genitore 1 e genitore 2”. «Si fa confusione tra identità e orientamento sessuale », accusa Risé, «il genere è fondativo dell’identità della persona, le pratiche sessuali sono una cosa diversa». Nell’azzerare le differenze, a partire dal linguaggio, stiamo forse ingabbiando le identità in schemi che escludono la ricchezza espressiva, affettiva e spirituale, dei maschi in particolare?
- Potremo davvero fare a meno dei maschi? Qualcuna aspetta questo momento con trepidazione: presto, la donna gestirà totalmente la maternità con la fecondazione artificiale e sarà la disfatta totale del maschio, relegato a facchino, giardiniere, uomo di fatica. Ma siamo sicuri che il mondo funzionerà meglio? «Il maschile e il femminile sono aspetti presenti dentro di noi, non possiamo distruggerli senza creare un disastro nella psiche. E non è vero che i figli senza padre stanno benissimo, gli studi in proposito affrontano archi temporali brevi, sono organizzati su base volontaristica e non sono attendibili» assicura Risé. «Buona parte della propaganda sulla maternità senza padri è spinta dagli interessi delle società di ingegneria genetica e biotecnologica».
Infine, una postilla sulle donne. Oltre al “maschio selvatico” si sono perdute anche «Le donne selvatiche», titolo di un libro scritto dal professore con la moglie Moidi Paregger, sempre per le Edizioni San Paolo. «Le donne che seguo in analisi non sono gratificate, né rinfrancate dal sistematico assassinio del maschile» osserva Risé. «Da millenni, l’evoluzione si basa sulle buone relazioni fra i due generi».
Candida Morvillo io donna 13 aprile 2015
www.iodonna.it/attualita/in-primo-piano/2015/04/13/potremo-davvero-fare-meno-dei-maschi
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SINODO DEI VESCOVI
Sinodo. Una lettera quasi dalla fine del mondo
Questa volta dall’Australia e da Papua Nuova Guinea: “Padre Santo, non si limiti ad ascoltare ma dica anche lei cosa pensa, in aula e fuori. E poi decida” (…)
“Un sinodo senza libertà non è un sinodo. È una conferenza. Invece il sinodo è uno spazio protetto nel quale possa operare lo Spirito Santo. E per questo le persone devono essere libere. Per questo mi oppongo a che siano pubblicate le cose che ognuno dice con nome e cognome. No, non si sappia chi lo ha detto. Non ho problemi che si sappia quello che si è detto, ma non chi lo ha detto, in maniera che si senta libero di dire ciò che vuole”.
Ciò non toglie che la macchina del sinodo non è intoccabile e da qui a ottobre può essere ancora modificata. Lo stesso Francesco ne ha auspicato una migliore funzionalità, alla luce del principio della collegialità episcopale “cum Petro e sub Petro”.
Ed è ciò che suggerisce il teologo australiano Paul A. McGavin, in trasferta in Papua Nuova Guinea, nella lettera aperta al papa pubblicata qui di seguito.
Sandro Magister chiesaespresso on line http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351036
Pensieri per il prossimo sinodo ordinario. Lettera aperta a papa Francesco.
Caro Santo Padre,
sono stato turbato dalla modalità e dalla mentalità della resistenza che lei ha dovuto affrontare nel suo desiderio di dialogare sul cammino della Chiesa nella nostra epoca presente. Quali che siano le riserve su aspetti della sua maniera di governare, capisco che nella divina Provvidenza è lei il papa in questo frangente della storia sacra di cui Dio è l’autore. Questo mi induce a scriverle con franchezza riguardo al prossimo sinodo ordinario.
Reattività psicologica. A mio avviso, un problema cruciale delle reazioni al sinodo straordinario è stata la psicologia di quelle persone che non accettano di leggere o ascoltare pacificamente ciò che è effettivamente detto o scritto. Quando vedo reazioni vendicative nella blogosfera e la veemenza dei pronunciamenti di alcune conferenze, mi rendo conto che abbiamo a che fare con una reattività psicologica che fa temere. Il solo parlare di “comunione ai divorziati risposati” diventa aprire le porte alle unioni omosessuali, aprire le porte alle ordinazioni femminili, aprire le porte a tutti i tipi di confusione e relativismo che pervadono la nostra epoca. Troppo spesso si nota un’incapacità psicologica di impegnarsi in discussioni serene su tali questioni difficili, dimostrata in espressioni come “bisogna togliere questo dal tavolo di discussione”.
Nel dispiegarsi delle questioni controverse, nel corso degli ultimi due anni, la sua tendenza è stata quella di asserire più che di spiegare, e tanto meno di dialogare. In modo particolare questo problema si è espresso nel sinodo straordinario. Le parole d’ordine di dialogo e sinodalità sono state utilizzate, ma lei, Santo Padre, ha più ascoltato che dialogato, e nel tirare le somme lei ha asserito e basta.
Per quanto riguarda la questione intricata del divorzio, del nuovo matrimonio e della comunione sacramentale, per me è sensato dire che “non è sufficiente considerare il problema solo dal punto di vista e dalla prospettiva della Chiesa come istituzione sacramentale”. A mio avviso, abbiamo bisogno di un pensiero e di un ragionamento globali, entro l’eredità complessiva e l’autorità della Chiesa. Evidentemente altri non pensano così, e vogliono chiudere ogni discussione. Ci sono molti – tra cui molti vescovi – che non capiscono il senso di questa sua conclusione: “Nessun intervento [sinodale] ha messo in discussione le verità fondamentali del sacramento del matrimonio.”
Forse lei, in maniera gesuitica e in forma magisteriale, pensa di dover soprattutto ascoltare, e poi decidere, e anche decidere in un modo ponderato ciò che altri potrebbero vedere come un “compromesso”. Ma così andrebbe perduto ciò che lei, e forse lei solo, potrebbe contribuire a dare. La esorto, quindi, a dialogare e a ragionare di più con i suoi interlocutori, per tentare di spiegare come la Chiesa può rimanere fedele all’istituzione fondamentale del matrimonio e insieme rimanere fedele al ministero della riconciliazione ricevuto da Cristo.
Un cambiamento nel processo sinodale. Per ottenere questo occorre ragionare e conversare, e ciò richiede un cambiamento radicale nei processi sinodali. In breve, discutere con i responsabili dell’organizzazione del prossimo sinodo ordinario su come il processo può essere sostanzialmente cambiato ai fini di un processo di dialogo e di apprendimento.
Suggerisco che un cambiamento cruciale sarebbe quello di eliminare gli “interventi di 10 minuti” che inducono a fare dichiarazioni secche e combattive. Invece, i vescovi dovrebbero prima riunirsi in gruppi – e non in gruppi nazionali o linguistici. Si reclutino bravi interpreti, in modo che i vescovi possano sedersi in varie sale del Palazzo Apostolico e dialogare, in modo da effettivamente ascoltarsi l’un l’altro e cercare di trovare punti di incontro tra le diverse percezioni e i modi diversi di fedeltà a ciò che la Chiesa ha ricevuto e alle sfide del mondo a cui e in cui la Chiesa annuncia il Vangelo e serve con l’amore e la misericordia di Dio. Poi ogni gruppo elegga un vescovo che abbia il compito di rappresentare correttamente davanti a una sessione plenaria il consenso o la mancanza di consenso all’interno del suo gruppo, con forse una mezz’ora di tempo per parlare.
All’interno di questo processo, lei dovrebbe aggirarsi senza preavviso tra i diversi gruppi, non solo ascoltando, ma anche contribuendo al dialogo. E anche nella seduta plenaria, nei momenti di dialogo, dovrebbe esplicitare quelle che lei pensa siano risposte motivate alle posizioni espresse – anche con la possibilità che si interloquisca direttamente con ciò che lei ritiene di dire. Naturalmente questo ha i suoi rischi, tra cui interessate “fughe” di stampa.
Se non a un parlamento, questo può sembrare pericolosamente simile a un comitato di comando, piuttosto che all’autorità magisteriale. Ma ciò che può “sembrare” e ciò che “è” sono due cose diverse. Non mi piace “il voto a maggioranza” in materia di dottrina. Credo che nella Chiesa dovrebbe valere il “sembrava buono allo Spirito Santo e a noi” di Atti 15, 28 e il papa nel guidare e nel confermare i fratelli dovrebbe immettere questi criteri nella sua esortazione post-sinodale.
Ciò non garantisce che tutti saranno d’accordo con quella esortazione. Ma fa crescere notevolmente la probabilità che ciò che scriverà il papa troverà risonanza in più vescovi e fedeli, e offrirà uno strumento grazie al quale la Chiesa nel suo insieme potrà rimanere fedele all’affidamento ricevuto dal Signore e comunicare meglio la sua missione in un mondo disperato e confuso. Non credo che questo accada quando i vescovi parlano in “estratti di 10 minuti” e decidono con voto numerico. A me questo sembra non ecclesiale.
Conversazioni teologiche. Mi sembra che il suo indirizzare a un modello più ecclesiale potrebbe essere agevolato da conversazioni – preferibilmente nel Palazzo Apostolico, e lontano dagli occhi di Casa Santa Marta – nelle quali lei potrebbe sedersi e anche pranzare con gruppi di teologi provenienti da ambienti adeguati e diversi.
Intendo con ciò che tali conversazioni dovrebbero avere una modalità differente rispetto a quelle che si hanno con il prefetto della congregazione per la dottrina della fede. Vostra Santità è abbastanza a suo agio con un discorso “compatto”, ma potrebbe anche beneficiare di affinamenti e potature impegnandosi in un discorso teologico più specificamente intellettuale.
Dicendo così, non sto proponendo una “teologia da scrivania”, poiché sono pienamente d’accordo con il suo istinto per una ben fondata teologia pratica. Io propongo che tali conversazioni consentano di affinare quello che lei dice in forma più nitida e precisa, nel quadro di una più ampia comunicazione come papa e dei suoi contatti con i padri sinodali.
Conversazioni psicologiche. Ho una proposta di conversazioni ancora più sorprendenti per aiutare il suo impegno nelle conversazioni sinodali. Penso che si potrebbero anche invitare psicologi di ambienti adeguati e diversi alle conversazioni riservate e ai pranzi nel Palazzo Apostolico.
Perché? Perché, come noto la resistenza al dialogo da lei proposto, noto anche delle prese di posizione che sono psicologiche e/o epistemologiche prima che teologiche. Noto questo nel modo di reagire che procede da un’epistemologia ristretta, che comprende soltanto delle letture lineari e a senso unico delle parole del Signore e della loro accoglienza nella Chiesa. Le convinzioni che si esprimono in questo modo spesso ci dicono di più sulle preferenze psicologiche dei loro autori che su quello che la Chiesa ha ricevuto dal Signore.
Non c’è dubbio che tali inquadramenti psicologici e umanistici suonerebbero offensivi per alcuni. Eppure c’è una tendenza umana costante a far sì che la religione si pieghi ai nostri bisogni. Sulla base di osservazioni che lei fa di tanto in tanto, penso di aver compreso che la religione dei farisei, come raffigurata nel Nuovo Testamento, non procede innanzitutto dal loro patrimonio religioso. I farisei sono una tipologia che si registra in tutte le religioni, e questa tipologia definisce la religione in base alle osservanze, e strettamente delimita tali osservanze, e legittima le osservanze come “giustizia”.
È difficile rinvenire la religione farisaica nella presentazione che i Vangeli fanno di Nostro Signore. Al contrario, Gesù si trova in conflitto e in contrasto con questo tipo di osservanza religiosa. E dalle Scritture è chiaro che la Chiesa primitiva si trovò in difficoltà e in conflitto nel lottare con questa tendenza umana. Approfondimenti psicologici in un contesto sinodale possono aiutare a parlare in un modo che permetta di essere “ascoltati” con apertura e a portare avanti conversazioni che altrimenti si chiuderebbero.
Ricerca di un consenso teologico condiviso. Scrivendo così, semplifico notevolmente, perché le configurazioni psicologiche e teologiche nella presente discordia sono complesse. Per dirla senza mezzi termini, le personalità intuitive come la sua hanno difficoltà a comprendere le personalità non intuitive, e viceversa. Guardare i problemi in termini di: “Come pensa questa persona, o come pensano queste persone?” aiuta la comprensione delle epistemologie che vengono selezionate per sostenere le preferenze personali. Queste diverse preferenze nel modo di comprendere (epistemologie) portano anche a diversi modi di fare teologia (teologie).
Lei, Santo Padre, non riuscirà ad attrarre i neo-neo-scolastici al suo modo di pensare. Né riuscirà ad attrarre i modernisti e relativisti agguerriti. Ma capire meglio i diversi modi altrui di pensare le permetterebbe di spiegare il modo di pensare che è suo, come è espresso nei suoi discorsi teologici e nei suoi impegni sinodali. In breve, l’osservazione psicologica profonda può contribuire a generare un dialogo che può portare a un consenso teologico condiviso durante il processo sinodale.
Ho detto “può portare”, non “porterà”. Nostro Signore era molto acuto psicologicamente, ma i Vangeli non indicano sempre esiti non-conflittuali. I Vangeli mostrano anche che Gesù non riusciva a capire perché i suoi interlocutori non lo capissero: “Sei un maestro di Israele, e non capisci queste cose?” (Gv 3, 10); “Filippo, sono stato con te tutto questo tempo, e tu non mi hai conosciuto?” (Gv 14, 9).
Io però credo che Vostra Santità acquisterebbe nuove conoscenze di ampio respiro grazie a degli incontri periodici, colloquiali e confidenziali, con un gruppo variegato di teologi e con un gruppo variegato di psicologi per esplorare i loro punti di vista sulle configurazioni teologiche e psicologiche già incontrate nel processo sinodale.
Paul A. McGavin, è sacerdote dell’arcidiocesi australiana di Canberra e Goulburn, già capo della School of Business dell’University of New South Wales e preside del consiglio accademico della facoltà, poi sacerdote e parroco, e oggi cappellano dell’University of Canberra, autore di apprezzati saggi.
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