news UCIPEM n. 954 – 19 marzo 2023

UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALI E MATRIMONIALI

“Notiziario Ucipem” unica rivista – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984 Supplemento online.

Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le news sono strutturate: notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

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I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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Chi desidera connettersi invii a newsucipem@gmail.com la richiesta indicando nominativo e-comune d’esercizio d’attività, e-mail, ed eventuale consultorio di appartenenza. [Invio a 921 connessi].

Carta dell’U.C.I.P.E.M.

Approvata dall’Assemblea dei Soci il 20 ottobre 1979. Promulgata dal Consiglio direttivo il 14 dicembre 1979. Estratto

1. Fondamenti antropologici

1.1 L’UCIPEM assume come fondamento e fine del proprio servizio consultoriale la persona umana e la considera, in accordo con la visione evangelica, nella sua unità e nella dinamica delle sue relazioni sociali, familiari e di coppia

1.2 L’UCIPEM si riferisce alla persona nella sua capacità di amare, ne valorizza la sessualità come dimensione esistenziale di crescita individuale e relazionale, ne potenzia la socialità nelle sue diverse espressioni, ne rispetta le scelte, riconoscendo il primato della coscienza, e favorendone lo sviluppo nella libertà e nella responsabilità morale.

1.3 L’UCIPEM riconosce che la persona umana è tale fin dal concepimento.

Contributi anche per essere in sintonia con la visione evangelica

 01 ABUSI                                              Francia: annuale giornata di memoria e preghiera per vittime di abusi sessuali

02 AICCeF                                             Genitori confusi e figli smarriti: come orientare la bussola?

03 CELIBATO E SACERDOZIO            Del celibato nella chiesa cattolica non si smette mai di discutere                         

 05 CENTRO INT. studi famiglia        Newsletter CISF – n. 10, 15 marzo 2023

 07 CHIESA IN ITALIA                          Tutela dei minori: Palermo, il 30 marzo su “profili giuridici, prevenzione e strumenti”

 08 CHIESA NEL MONDO                   Germania, così si rientra nella Chiesa cattolica

09 CONSULTORI FAMIL. UCIPEM     Vittorio Veneto. Il nuovo corso per diventare consulenti familiari

10 CRISTIANESIMO                              Quale forma assumerà il cristianesimo del futuro?

13 DALLA NAVATA                              4° Domenica di Quaresima – Anno A

14.                                                          Commenti di un presbitero scrittore e di un parroco emerito

15 ECUMENISMO                                Essere chiesa insieme per parlare di Dio alla società

16 FRANCESCO VESCOVO di ROMA Francesco: 10 anni in 10 parole

18                                                          Francesco e il principio monarchico: Padre Vesco e la questione della autorità

20                                                          Un compendio sulla sinodalità

22 SCIENZA                                           Il punto sull’embriologia

ABUSI

Francia. annuale giornata di memoria e preghiera per vittime di abusi sessuali

Si celebra il venerdì 17 marzo, in tutte le diocesi francesi, l’annuale giornata di memoria e preghiera per vittime di abusi sessuali. Iniziativa – ricorda la Conferenza episcopale – voluta dai vescovi di Francia al termine della loro Assemblea plenaria del marzo 2021. La giornata cade in modo permanente nel calendario liturgico il terzo venerdì di Quaresima e risponde all’invito di Papa Francesco a vivere una giornata di preghiera per le vittime di violenze sessuali e abusi di potere e di coscienza all’interno della Chiesa. Le diocesi e le parrocchie – spiegano alla Cef – sono invitate ad organizzare uno o più momenti salienti intorno alla memoria e alla preghiera per tutte le vittime.

Questo tempo della Chiesa servirà anche per sensibilizzare tutti sulla necessità di prevenire e agire per evitare tutte le situazioni pastorali e umane che possono portare a ogni forma di abuso sui più fragili”. Sul piano pratico, diocesi, parrocchie, gruppi pastorali e movimenti ecclesiali potranno promuovere incontri, azioni e momenti di preghiera nel periodo compreso tra domenica 12 marzo 2023 e domenica 19 marzo 2023.  Sul sito della Chiesa cattolica di Francia è disponibile un “dossier” che riassume tutte le “proposte” suggerite dalla Chiesa per questi tempi di memoria e preghiera. È possibile scaricare un percorso di meditazione e preghiere della durata di 7 giorni con brani del Vangelo, testi di Papa Francesco e testimonianza di vittime. C’è anche il suggerimento di una Via Crucis adattata alla realtà degli abusi e alla sofferenza delle vittime ad opera della teologa cattolica Katherine Shirk Lucas.

 La scorsa settimana, l’Organismo nazionale indipendente per il riconoscimento e la riparazione (Inirr), dopo oltre un anno di lavoro, ha presentato alla stampa rapporto annuale. Dal Report emerge che al marzo 2023, 1.186 vittime hanno contattato l’organismo, 404 sono attualmente monitorate e 190 sono state risarcite per decisione di un collegio composto da 12 volontari. Il valore medio del risarcimento si aggira ai 37.000 euro di cui 40 per un importo massimo del compenso di 60.000 euro. Il 68% delle vittime sono uomini over 60, aggrediti sessualmente quando avevano tra i 6 ei 15 anni. Il collegio che prende in esame il caso, è composto da dodici membri volontari nominati dal presidente in base alle loro competenze o esperienze nei settori del sostegno alle vittime, dell’ascolto, della giustizia riparativa, della mediazione.

Valuta la gravità della situazione sulla base di 3 fattori: i fatti di violenza sessuale, le risposte o le mancate risposte della Chiesa, le conseguenze sulla vita della persona, sia per la sua salute fisica e psichica, sia per la dimensione relazionale e affettiva. Secondo il rapporto della Ciase (Commissione sugli abusi sessuali nella Chiesa) voluto dai vescovi francesi, sono 216.000 le vittime di violenze o aggressioni quando erano minorenni da parte di preti o religiosi cattolici in Francia fra il 1950 e il 2020.

(M.C.B.)               Agenzia SIR                        17 marzo 2023

www.agensir.it/quotidiano/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

AICCeF Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari.

In sintonia con il tema di approfondimento del 2023, “Il Consulente Familiare al servizio della genitorialità’: l’evoluzione delle competenze”, la prima Giornata di studio del 2023 avrà il titolo:

                Genitori confusi e figli smarriti:  come orientare la bussola?

Roma, domenica 30 aprile 2023              Hotel Casa Tra Noi, ROMA, Via Monte del Gallo 113

Diventare genitori è certamente uno di quegli eventi che “cambiano la vita” ed a cui ciascuno risponde a proprio modo, a seconda della storia personale  da cui proviene. Educare con competenza i propri figli significa costruire insieme un processo di crescita e gestire i passaggi cruciali della relazione genitori-figli.

                 Come aiutare i genitori a sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide di una società sempre più complessa e multidimensionale, disomogenea e contraddittoria? Come affrontare in modo consapevole il cambiamento delle relazioni sociali e familiari e la mancanza di punti di riferimento? In questa giornata, attraverso la nostra ottica socio-educativa, capiremo meglio come riconoscere e gestire le difficoltà dei genitori, sempre più confusi di fronte a figli smarriti tra reale e  virtuale.

                La Giornata sarà in presenza, con collegamento a distanza.

PROGRAMMMA (*)

•Ore 13:00    Pranzo

•Ore 14:30    Laboratori

•Ore 16:30    Restituzione dei gruppi in plenaria

•Ore 17:00    Conclusione e saluti

I LABORATORI IN PRESENZA:

LABORATORIO 1: Genitori inconsapevoli: quale futuro?                      con Stefania Sinigaglia e Francesco Citarda

•LABORATORIO 2: Genitori nell’era digitale                                                                 con Sarah Hawker e Cinzia Ascenzo

•LABORATORIO 3: GES: Genitori per sempre                                                con Stefano Sancandi e Patrizia Margiotta

•LABORATORIO  4: Genitori adottivi                                                                                 con Sabrina Marini e Licia Serino

•LABORATORIO 5: Genitori e diversabilità                                                    con Ivana De Leonardis e Angela Sgambati

                      Vai alla descrizione del contenuto dei Laboratori (clicca qui)

https://ilconsulente11.blogspot.com/2023/02/laboratori.html

LE ISCRIZIONI SONO APERTE SINO ALL’ 11 APRILE

L’evento è riservato a tutti i Soci Aiccef ed è aperto anche agli allievi delle Scuole di formazione, riconosciute dall’Aiccef, che frequentano il terzo anno o che si sono appena diplomati.

                La partecipazione all’evento in presenza vale  60 Crediti Formativi Professionali e per i Soci aggregati in tirocinio  8 ore di formazione.

                La partecipazione all’evento a distanza  vale  30 Crediti Formativi Professionali e per i Soci aggregati in tirocinio  4 ore di formazione.

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Seguono notizie organizzative

https://www.aiccef.it/it/news/la-giornata-di-studio-del-30-aprile-a-roma.html

CELIBATO E SACERDOZIO

Del celibato nella chiesa cattolica non si smette mai di discutere

Tra le affermazioni disseminate nella pioggia d’interviste, ormai inevitabilmente ripetitive, che il papa ha rilasciato per i dieci anni del suo pontificato, risonanza mediatica ha avuto la sua risposta – per la verità non nuova – sulla possibilità che il celibato sacerdotale possa essere dichiarato facoltativo. La sua formulazione più articolata e completa si ritrova però nell’ultimo libro di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubín, che Bergoglio conosce da oltre vent’anni. Nel libro El Pastor, pubblicato in Argentina per il decennale, Francesco ribadisce che il celibato «è una questione disciplinare, e questo significa che un papa potrebbe disporre che sia opzionale».

«Per quanto mi riguarda», ha però affermato, «rispetto la tradizione della chiesa di occidente». Un cambiamento potrebbe avvenire? «In ogni caso lo decida, se lo crede conveniente, il papa che mi succederà», e ha concluso: «È vero che se uno vive male il celibato, è una tortura, qualcosa d’impossibile. Ma non è meno vero che se uno lo vive con la fecondità del ministero che ha scelto, non solo è facile ma bello».

Il dibattito. Non è la prima volta che Bergoglio rivela il suo pensiero. Tornando nel 2014 dalla Terra santa – dove si concentrano minoranze, peraltro sempre più esigue, di cristiani e di cattolici appartenenti a diverse tradizioni rituali – il papa aveva ricordato che «nel rito orientale ci sono preti sposati. Perché il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita che io apprezzo tanto, e credo che sia un dono per la chiesa. Non essendo un dogma di fede, sempre c’è la porta aperta». Una porta che però Francesco in questi dieci anni ha ritenuto non conveniente aprire, in continuità con i suoi predecessori. La questione infatti non è semplice. Lo ha mostrato un breve ma concentrato contributo sul sacerdozio scritto nell’estate del 2019 da Benedetto XVI. Il testo era stato incluso alcuni mesi più tardi nel libro del cardinale Sarah, un’iniziativa che entrò, chiaramente strumentalizzata, nel dibattito sul celibato. La questione sembrava infatti in qualche modo riaperta dopo il sinodo sull’Amazzonia sull’opportunità di ordinare preti dei viri probati, cioè uomini sposati la cui fede sia sperimentata nelle comunità di appartenenza. Le polemiche furono però così forti che il papa emerito, amareggiato, decise da allora di non pubblicare più nulla.

Ma sul tema Ratzinger è tornato ancora, rivedendo e ampliando il suo testo, di carattere più teologico che storico, e ora edito in Che cos’è il cristianesimo (Mondadori). Fondandosi con finezza sull’analisi dei testi biblici, Benedetto XVI ipotizza che per i sacerdoti cristiani, «sulla base della celebrazione giornaliera dell’Eucaristia, e sulla base del servizio per Dio che essa includeva, scaturì da sé l’impossibilità di un legame matrimoniale». E all’obiezione odierna «che si tratterebbe di un giudizio negativo sulla corporeità e sulla sessualità», critica avanzata già nel IV secolo, gli antichi autori cristiani replicarono «con decisione» perché consideravano il matrimonio «un dono dato da Dio nel paradiso».

Alle origini. In realtà la storia del celibato è più complicata e affascinante, ed è raccontata con rara capacità di sintesi e di chiarezza nel libro di un giornalista francese. Deve cambiare oggi questa disciplina della chiesa in occidente, che nel corso di un millennio è divenuta «un quasi-dogma»? A chiederselo – nel libro Il celibato dei preti, legge ecclesiastica che ha decisamente «una cattiva stampa» – è Jean Mercier, autore poi del romanzo “Il signor parroco ha dato di matto” (come il primo pubblicato in Italia dalle Edizioni San Paolo).

Il contesto attuale è quello della rarefazione delle vocazioni sacerdotali e della tragedia costituita dagli abusi clericali, che hanno acceso di nuovo i riflettori sull’opportunità di mantenere nella chiesa di rito romano questa disciplina. Ma la scelta del celibato per motivi religiosi, pur caratteristico del cattolicesimo occidentale, ha precedenti – sia pure molto rari – anche nel contesto filosofico ellenistico e nel giudaismo intorno all’inizio della nostra era. Gesù era certamente celibe, nonostante infondate ipotesi contrarie rese popolarissime dal “Codice da Vinci”, e celibe era Giovanni Battista, l’asceta che Luca all’inizio del suo vangelo presenta come parente dello stesso Gesù. Ma lo erano anche, secondo tradizioni antiche, l’apostolo Giovanni e certamente Paolo, come si desume dalle sue lettere. Scelta di continenza che viene illustrata da un detto riferito nel vangelo secondo Matteo al diciannovesimo capitolo, dopo la discussione sull’unione originaria tra uomo e donna e sul ripudio: «Vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e vi sono eunuchi che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi a causa del regno dei cieli. Chi può capire capisca». Il brano, misterioso ma storicamente attribuibile a Gesù, è spiegato bene nel commento della Tob, l’eccellente Traduction œcuménique de la Bible, pubblicata in Francia da cattolici, ortodossi e protestanti nel 1972 e in una nuova edizione aggiornata nel 2010. Questa affermazione «rivela una situazione nuova determinata dalla venuta del Regno dei cieli. Non si tratta di una critica del matrimonio, ma di un’eccezione escatologica non obbligatoria: certi uomini sono talmente presi dal Regno dei cieli che non si sposano».

Pietro, su cui si fonda la chiesa di Roma, era invece sposato. Cristo infatti guarisce da una febbre sua suocera, e il miracolo è riferito dal vangelo di Marco proprio all’inizio (e dai paralleli in quelli di Matteo e di Luca). Nulla si sa della moglie del primo degli apostoli, ma il dato appare sicuro – confermato, come per «gli altri apostoli», da una lettera autentica di Paolo, la prima ai Corinzi (9, 5) – ed è all’origine dei racconti apocrifi che al primo degli apostoli attribuiscono una figlia, Petronilla. Una donna, dunque, e non un maschio, che tra l’altro, ormai sul finire dell’antichità, esclude per questo motivo nelle successioni papali ogni pretesa dinastica.

Compresenza. Nel cristianesimo dei primi secoli si registra la compresenza delle scelte opposte per il celibato e per il matrimonio, con conseguenti teorizzazioni e provvedimenti. Presbiteri e vescovi possono insomma essere sia celibi che sposati, tanto in oriente che in occidente, almeno sino al VI secolo, con papi sposati – prima dell’ordinazione – come Felice III, bisnonno di Gregorio Magno che lo ricorda, e Ormisda, padre a sua volta di papa Silverio, anch’egli sposato: tutti venerati come santi dalla liturgia romana. Ma senza dubbio si tende sempre più a privilegiare il celibato, che tra l’altro permette e assicura l’accumulo e la conservazione di patrimoni ecclesiastici. In ogni caso si esclude dappertutto la possibilità che un prete o un vescovo ordinato possa sposarsi. Ondivaghe e appassionanti sono le vicende storiche, dalla riforma gregoriana che nell’XI secolo impone nella chiesa latina il celibato, alla rivoluzione protestante che all’inizio dell’età moderna lo abolisce. Sino alla bufera della Rivoluzione francese che lo impone al clero cattolico e, in anni recenti, alle ordinazioni clandestine di uomini sposati nella Cecoslovacchia occupata dai sovietici e alla vicenda boccaccesca del vescovo africano Emmanuel Milingo.

Vocazione e matrimonio. Teologia e diritto nelle diverse confessioni cristiane si affinano negli ultimi decenni e, anche nelle ricostruzioni storiche, risentono di un dibattito che s’infiamma per l’impatto della rivoluzione sessuale sulla tradizione cristiana ben ricostruito da Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia (Due in una carne, Laterza). Ma, a valorizzare fortemente il matrimonio rispetto ai predecessori, è lo stesso Giovanni Paolo II che, al tempo stesso, rilancia con forza il celibato sacerdotale. Come a facilitare l’entrata nella chiesa cattolica di molti preti anglicani sposati è stato proprio Benedetto XVI. In uno scenario completamente mutato che oggi farebbero fatica a riconoscere Sofia Loren e Marcello Mastroianni, protagonisti nel 1970 del film “La moglie del prete” di un amaro Dino Risi. Quella ipocrisia cattolica di allora certamente non è superata, ma la questione è oggi ancor più radicale, perché riguarda la difficoltà di mantenersi fedeli a ogni scelta di vita.

Giovanni Maria Vian                     “Domani”           19 marzo 2023

www.editorialedomani.it/politica/mondo/del-celibato-nella-chiesa-cattolica-non-si-smette-mai-di-discutere-skb4m4fg

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202303/230319vian.pdf

CISF – Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia

Newsletter CISF – n. 10, 15 marzo 2023

V.. La famiglia: le parole per raccontarla. Il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano ha pubblicato una serie di clip tematiche per raccontare il progetto da cui è nato, nel 1976, per volontà del rettore Giuseppe Lazzati  (su YouTube 5 min 44 sec) l’introduzione realizzata dalle

www.youtube.com/watch?v=g7GYn-hZyME&list=PLUO5hocGSm6lBuvCjbcPdL3Wt216oEllq&index=2

professoresse Eugenia Scabini, Giovanna Rossi e dall’attuale direttore Camillo Regalia. Le parole chiave attraverso cui viene illustrato l’approccio del Centro e la sua opera di ricerca al servizio della famiglia sono sviluppate in altrettanti video: #generatività (Rosa Rosnati e Lucia Boccacin), #legami (Raffaella Iafrate e Elisabetta Carrà), #intergenerazionalità (Donatella Bramanti e Silvia Donato), #conoscereperintervenire (Anna Bertoni e Sonia Ranieri).

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/marzo2023/6311/index.html

V.. Appuntamento online per parlare di disuguaglianze generazionali. Il 30 Marzo 2023 dalle ore 17 alle 18.30 sarà possibile seguire l’evento online “La questione demografica e le disuguaglianze generazionali“, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum nell’ambito del ciclo “Value@Work Open Talks“. A dialogare nel corso dell’incontro il direttore Cisf Francesco Belletti ed  Emma Ciccarelli, consulente familiare e già vice presidente nazionale Forum delle Associazioni Familiari.

V..Questa settimana segnaliamo anche l’interessante intervista a Pietro Boffi, collaboratore del Cisf, sulla Gazzetta d’Alba del 14 marzo [pag 12 link per la copia digitale, a pagamento] nel quale l’esperto sottolinea www.gazzettadalba.it/2023/03/le-notizie-principali-del-numero-in-edicola-da-martedi-14-marzo] l’importanza della conciliazione vita lavoro e del rafforzamento dei servizi alla famiglia per supportare le generazioni future, che avranno reti familiari sempre  meno numerose.

V La permacrisi impatta sui bambini dell’Europa e Asia centrale. Una pandemia globale, le calamità naturali e i conflitti in corso negli ultimi due anni hanno avuto un impatto sul benessere di un numero crescente di famiglie e bambini in Europa e Asia centrale, rendendoli più vulnerabili alle disparità. Lo ha denunciato Unicef nel Rapporto “Situation Analysis of Children Rights in Europe and Central Asia: Unequal progress, Children left behind” [Analisi della situazione dei diritti dei bambini in Europa e Asia centrale: Progressi diseguali, bambini lasciati indietro in cui evidenzia l’aggravarsi delle disuguaglianze e sollecita i paesi a mettere in atto sistemi efficaci per sostenere i bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale.

www.datocms-assets.com/30196/1678380851-situation_of_children-in-europa_central_asia_report.pdf

V  Francia: la pma per donne single e coppie lesbiche registra 23mila domande. L’Agence de la biomédecine (l’agenzia pubblica nazionale preposta in Francia dal 2004 al monitoraggio delle procedure sanitarie a sfondo bioetico), ha recentemente pubblicato i dati delle richieste di accesso alla procreazione medicalmente assistita da parte di donne single e coppie lesbiche, ammesse alla procedura da una legge del 2021 (in precedenza solo le coppie etero con problemi di fertilità potevano accedere alla PMA). In totale sono state censite 22.800 domande di “prima visita e consulto” da parte di donne, con 5.600 pazienti ora in attesa di ricevere il gamete maschile da un donatore. Oltre 11mila donne hanno invece richiesto una prima visita per l’autoconservazione dei propri ovociti [a questo link tutti i dati]

https://presse.agence-biomedecine.fr/journee-internationale-des-droits-des-femmes-lagence-de-la-biomedecine-presente-les-dernieres-evolutions-de-la-mise-en-place-de-la-loi-ouvrant-lacces-a-la-pma-pour-toutes

V  Alcol e gioco d’azzardo negli anziani: tre prospettive di approfondimento. Sulla rivista online “I luoghi della cura” sono stati pubblicati tre articoli di approfondimento e restituzione della ricerca su Alcol e Anziani realizzata dal Gruppo Anziani dell’Ordine lombardo degli Assistenti Sociali e del seminario, organizzato a Milano dall’Ordine Assistenti Sociali Lombardia in collaborazione con il CISF, dal titolo “Anziani, gioco d’azzardo e alcol: il ruolo possibile di servizi e operatori domiciliari e di prossimità”.

È ancora disponibile sul canale YouTube del CISF il webinar tematico che ha anticipato l’evento al seguente link

www.luoghicura.it/servizi/reti-informali/2023/02/gioco-dazzardo-e-alcol-in-eta-anziana-lesperienza-dei-gruppi-di-auto-mutuo-aiuto

www.luoghicura.it/operatori/strumenti-e-approcci/2023/03/gioco-dazzardo-e-alcol-in-eta-anziana-lesperienza-dei-servizi-dipendenze

V  Patapum, un link per genitori e figli. L’isolamento forzato, causato dalla pandemia, ha reso il lavoro dei genitori un impegno full-time, comprendendo anche la sfera delle abilità delegate normalmente ad educatori ed insegnanti. Per questo la Fondazione Mission Bambini                                                            https://missionbambini.org

ha lanciato il progetto “Patapum! Genitori catapultati in casa”, una piattaforma che ha avuto l’obiettivo di supportare i genitori con spunti, idee e guide ma anche di garantire ai bambini un tempo di gioco e stimoli continui. Una miniera di consigli tarati per età, video e supporto formativo che rimane a disposizione delle famiglie, e resta utilissima anche a crisi superata.                                     https://bambinipatapum.missionbambini.org

V  Percorsi di formazione. Coppie in crisi, gli appuntamenti di “Retrouvaille” per guarire la relazione. L’Associazione Retrouvaille, nata per dare un concreto aiuto alle coppie in seria difficoltà di relazione, propone un percorso che offre una nuova possibilità di rinascita al proprio matrimonio, recuperando un rapporto che sembrava perduto. Il percorso inizierà con un fine settimana ad Albino (Bg) dal 14 al 16 aprile 2023, al quale seguiranno successivi incontri (in assoluta privacy) che si terranno a Milano, presso la parrocchia di Sant’Antonio Maria Zaccaria.                                                                                                                            https://www.retrouvaille.it

www.retrouvaille.it/programmi-per-coppie-in-crisi

www.retrouvaille.it/ https://www.retrouvaille.it/eventi/weekend-ad-albino-bg

V    dalle case editrici

  • , Monitoraggio e ricognizione nazionale delle esperienze di amministratore di sostegno, numero monografico della rivista «Studi Zancan. Politiche e servizi alle persone» (settembre-dicembre, n. 5/6, 2022, 172 pagine[volume liberamente scaricabile a questo link]

www.fondazionezancan.it/product/studi-zancan-5-6-2022

  • Nascere in mascherina. Infanzia, famiglie e futuro dei bambini 0-6 nel post pandemia, San Paolo, Cinisello B., 2022 pp. 174.
  • , Ama ciò che fai. Lavorare nel mondo pazzo di oggi… senza impazzire, Effatà, Torino, 2022 pp. 124.

“Live your dreams”, vivi i tuoi sogni, è il mantra che si ripete alle giovani generazioni, quasi bastasse “credere abbastanza” in qualcosa, qualsiasi cosa, per poterla realizzare. (…) Dunque, sottolinea Diego Goso in questo eccellente manuale dedicato alla vita lavorativa, un cambiamento di prospettiva è necessario: non si tratta semplicemente di fare quello che si ama, ma di amare quello che si fa. (…) (B. Verrini)

  Save the date

  • (IT) – 27 marzo 2023 (inizio ore 21). “Io avrò cura di te. Dalla bambina alla donna”, evento condotto dalla psicoterapeuta Maria Pia Colella e organizzato dal Centro Kum [qui per info e iscrizioni]

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/marzo2023/6311/index.html

Iscrizione               http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

Archivio   http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

CHIESA IN ITALIA

Tutela dei minori: Palermo, il 30 marzo un convegno su “profili giuridici, prevenzione e strumenti”

Si svolgerà il 30 marzo, dalle 9 alle 17, alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista”, il convegno “La tutela dei minori e delle persone vulnerabili: un impegno comune”. Il convegno si propone di approfondire alcuni aspetti fondamentali della loro protezione nella Chiesa, partendo da una riflessione sull’azione della Chiesa universale, di quella italiana, sino a giungere alle esperienze della Chiesa locale. L’analisi prevede anche i profili giuridici e le azioni di prevenzione e gli strumenti di tutela offerti dall’ordinamento canonico e da quello statuale sino all’ascolto, l’accompagnamento ed il sostegno alle vittime. Il convegno è aperto a chiunque sia desideroso di approfondire questa tematica in particolare: operatori pastorali, sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi, insegnanti di religione cattolica, catechisti, giuristi, docenti, medici e psicoterapeuti e laici impegnati. L’iniziativa è organizzata dalle diocesi di Palermo, Monreale, Cefalù, Trapani e Mazara del Vallo.

Ad aprire l’incontro, Francesco Lombardo, avvocato, referente diocesano per la Tutela dei minori dell’arcidiocesi di Palermo, p. Salvatore Franco, coordinatore del Servizio regionale di Tutela dei minori della Conferenza episcopale siciliana, fra Rosario Pistone, preside della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia.

 L’introduzione al convegno sarà pronunciata da mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, e Gran Cancelliere della Facoltà Teologica. Quindi, seguiranno gli interventi di p. Andrew Small, segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, su “L’impegno della Chiesa Universale nella promozione della Tutela dei Minori e delle Persone vulnerabili”, e di mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna e presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili della Cei, che proporrà “riflessioni sull’impegno della Chiesa italiana, con riferimento al primo report sulle attività di tutela dei minori nelle diocesi italiane”.

La CHIESA NEL MONDO sessione avrà come tema “La tutela dei minori nell’ordinamento canonico e statuale”. Ne parleranno Antonio Balsamo, presidente del Tribunale di Palermo, e mons. Domenico Mogavero, canonista e vescovo emerito di Mazara del Vallo.

Infine, la terza sessione su “L’ascolto, l’accompagnamento e il sostegno alle vittime”. Don Fortunato Di Noto, direttore del Centro di ascolto regionale della Conferenza episcopale siciliana e presidente dell’associazione Meter, parlerà dell’ascolto delle vittime. “Psicoterapia e trauma complesso in psicoterapia” sarà il tema affrontato da Rosanna Militello, psicoterapeuta e consulente della Procura della Repubblica di Palermo. L’avvocato Lombardo si soffermerà sull’incontro con le vittime e la ricezione delle segnalazioni. Le conclusioni con “prospettive ed impegni comuni” sono affidate a mons. Pietro Fragnelli, vescovo di Trapani.

(F.P.)      Agenzia Sir         17 marzo 2022

www.agensir.it/quotidiano/2023/3/17/tutela-dei-minori-palermo-il-30-marzo-un-convegno-su-profili-giuridici-prevenzione-e-strumenti

www.chiesadipalermo.it/wp-content/uploads/sites/19/2023/03/brochure.pdf

CHIESA NEL MONDO

Germania, così si rientra nella Chiesa cattolica

Le norme per il Wiedereintritt. Nel 2021, 359.338 cattolici tedeschi sono usciti dalla Chiesa in Germania, ma 4.116 ne sono rientrati. Dei primi si parla sempre. Riempiono le pagine dei giornali ogni estate, quando la Chiesa tedesca pubblica i numeri drammatici dell’emorragia di cattolici. Dei secondi invece non si parla mai. Il motivo è ovvio. Sono pochissimi, numeri talmente risicati da non profilare nemmeno lontanamente una “controtendenza”. Sono “mosche bianche”, insomma, ma ci sono.

                Ma come si rientra nella Chiesa in Germania dopo esserne usciti? A chi ci si rivolge e in quanto tempo viene lavorata la richiesta? Due donne cattoliche tedesche, entrambe impiegate di 41 anni, raccontano ad Acistampa la loro esperienza con il Wiedereintritt, ossia con il ritorno nella Chiesa dopo esserne uscite.

«Sono battezzata – racconta Sabine (il nome è di fantasia, per proteggerne la privacy) – ho fatto la prima comunione e sono confermata. I miei nonni erano molto cattolici. I miei genitori sono credenti, ma non praticanti. Da ragazza non ho avuto molto a che fare con la Chiesa. Non andavo a Messa regolarmente. Nel 2008, dopo un periodo di lavoro e studio all’estero, ho trovato il mio primo impiego nel mio paese, in Germania, a Francoforte. Lo stipendio non era molto alto, di conseguenza, nemmeno le tasse per la Chiesa. Ma dal momento che non avevo nulla a che fare con essa, decisi di uscirne. Dunque ne sono “uscita” non solo per non pagare le tasse».

                La procedura di “uscita” (Austritt) è avvenuta così. «Nel luglio del 2008 mi sono recata alla Pretura di Francoforte, la città dove lavoravo, ho dichiarato di voler uscire dalla Chiesa cattolica, ho pagato 25 Euro di tasse amministrative e ho ricevuto una certificazione. Dopodiché per 15 anni non ho pagato più le tasse alla Chiesa».

                Dopo dodici anni qualche ripensamento. «Nel maggio 2020 ho conosciuto un uomo credente, di religione cattolica. Lui andava ogni domenica a messa e qualche volta sono andata anche io. Era durante il periodo della pandemia di Covid-19. Il mio compagno mi diceva che andava a Messa per ricevere la forza di affrontare la settimana successiva e trovavo che questa motivazione mi attirava. Inoltre, sentivo che per me era bello essere di nuovo parte di una comunità. Così, nel gennaio 2023, mi sono decisa e ho contattato la mia parrocchia a Offenbach am Main. Devo confessare che mi sentivo un po’ agitata. Avevo paura di essere giudicata come una “pecora nera”. Avevo timore di un atteggiamento severo da parte del parroco, che invece è stato estremamente gentile e accogliente».

Ecco come è andata. «Durante il mio primo colloquio con il parroco, mi ha chiesto perché ero uscita dalla Chiesa e perché volevo rientrarvi. Poi ho compilato un modulo per il rientro nella Chiesa cattolica, che il parroco ha inoltrato alla Diocesi competente, che nel caso di Offenbach è quella di Magonza. Dopo una settimana, la parrocchia ha ricevuto il benestare della Diocesi. La parrocchia mi ha contattata e con il parroco abbiamo fissato un appuntamento per un sabato alle ore 17, prima della Messa serale. Ho dovuto portare con me un testimone, che nel mio caso, era il mio compagno. In chiesa, davanti all’altare ho recitato il Credo insieme al parroco che poi, nel suo ufficio, mi ha consegnato un certificato che attestava la mia appartenenza a quella parrocchia e, nuovamente, alla Chiesa cattolica. Successivamente ho seguito la Santa Messa e, dopo molti anni, ho potuto di nuovo ricevere la Comunione». Chi esce dalla Chiesa in Germania, infatti, è tecnicamente scomunicato, quindi non può più ricevere l’Eucaristia.

                Ecco invece le motivazioni e l’esperienza di Claudia (il nome è di fantasia, per proteggerne la privacy). «Sono uscita dalla Chiesa nel 2013. Era il periodo in cui sempre più spesso uscivano notizie su abusi sessuali compiuti dal clero e la reazione della Chiesa era piuttosto debole. Anche lo scandalo nella Diocesi di Limburgo, dove il vescovo di allora, Franz-Peter Tebartz-van Elst, usò i fondi delle tasse alla Chiesa per rinnovare la sua residenza e dotarla addirittura di una vasca da bagno d’oro (poi risultata essere una vasca sì lussuosa, ma non d’oro, ndr). Ho parlato con altre persone di questi scandali e alla fine mi sono decisa: con i soldi delle mie tasse non volevo finanziare più questa Chiesa. Ciò non significa che avessi smesso di credere in Dio, ma non volevo più che i miei soldi andassero ad una Chiesa con questo comportamento».

                Poi il ripensamento. «Mi capitò di candidarmi per una posizione di lavoro in una organizzazione ecclesiale. Durante il mio colloquio di lavoro ho fatto presente che ero uscita dalla Chiesa e ho chiesto se questo poteva essere ostativo all’assunzione. Mi è stato risposto che se la scelta per ricoprire il posto di lavoro fosse ricaduta su di me e se io avessi accettato l’offerta, era ovviamente chiaro che sarei dovuta rientrare nella Chiesa. Era insomma obbligatorio. Risposi che ci dovevo pensare su perché quando ne ero uscita non lo avevo fatto così, senza motivo. Così ho chiesto un paio di giorni per rifletterci. Un sabato scrissi un’email al parroco della mia parrocchia a Olfen per chiedergli un colloquio. Lui mi ha chiamato subito, quello stesso sabato. Sono andata nel suo ufficio, abbiamo parlato e bevuto molte tazze di caffè e mangiato molti biscotti. Abbiamo analizzato i motivi per cui ero uscita dalla Chiesa. Ho trovato questo colloquio molto produttivo. Lui mi ha dato ragione in diversi punti, ha mostrato comprensione sul fatto che può essere a volte difficile accettare alcune posizioni della Chiesa cattolica. Che è giusto discuterne e persino contrastarle. È importante promuovere processi di riforma nella Chiesa. Certo, è difficile cambiare le cose. Forse sono necessari secoli, ma mi ha incoraggiato, anche con le mie idee, a tornare nella Chiesa cattolica. Alla fine ha compilato un modulo diretto alla Diocesi competente (di Münster, ndr) per chiedere che io venissi riaccolta nella comunità della Chiesa cattolica. Mi ha prestato due libri e un articolo sulla Chiesa. I libri li ho letti entrambi: Grenzgänger di Mechtild Borrmann e Hunger nach Freiheit di Heiner Wilmer. Anche l’articolo era di Wilmer e sottolineava che è giusto anche criticare atteggiamenti della Chiesa che si ritengono sbagliati e che questo non ha nulla a che fare con il proprio rapporto con Dio. Questo incontro con il parroco mi ha molto rafforzato. La Diocesi ha accolto la mia domanda. Il parroco ha fissato una data per una Messa cui avrei dovuto partecipare. Era un giovedì sera, una normale Messa. Prima della Messa siamo andati all’altare, abbiamo pregato insieme il Padre nostro, mi ha segnato la fronte con il segno della Croce e poi mi ha riaccolto nella Chiesa. Mi sono seduta in prima fila e ho seguito la liturgia. Dovevo essere infatti la prima a ricevere la Comunione. Ricevuta l’ostia sono tornata al mio banco e ho provato una sensazione molto bella, il cuore mi si è riscaldato. Sull’altare ho accesso una candela che poi ho portato a casa. Il parroco mi ha invitato a tornare da lui a parlare e raccontare la mia esperienza e sicuramente lo farò»

Giacomo König Francoforte                       ACI Stampa        16 marzo 2023

www.acistampa.com/story/germania-cosi-si-rientra-nella-chiesa-cattolica-22041

CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Vittorio Veneto. Il nuovo corso per diventare consulenti familiari

Prende il via a ottobre la nuova edizione della Scuola di Formazione per Consulenti Familiari Scio. In tre anni di percorso si apprende, attraverso la teoria e soprattutto la pratica, come diventare un professionista esperto dell’ascolto e della relazione.

                Da segnare in agenda, fin da ora, il primo open day che si terrà presso il Centro di Consulenza Familiare UCIPEM di Vittorio Veneto il 9 giugno 2023.

Al percorso formativo possono accedervi coloro che hanno compiuto 18 anni, sono in possesso di diploma quinquennale o laurea e che siano disposti a mettersi in gioco per imparare a:

Come si svolge il percorso formativo. Il corso dura tre anni, con un calendario da ottobre a settembre che prevede 23 appuntamenti a Vittorio Veneto (training group e lezioni teoriche) e 2 seminari residenziali a Roma. Tutti gli incontri si svolgeranno di norma il venerdì pomeriggio o il sabato, con cadenza definita all’inizio dell’anno formativo.

Al termine del percorso formativo si riceve l’Attestato di frequenza al corso, mentre il Diploma di qualificazione di Consulente Familiare viene rilasciato dopo la discussione della tesi. Dopo il triennio, si può accedere a ulteriori corsi di formazione e al Tirocinio professionale dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari (A.I.C.C. e F) per operare attivamente come consulente familiare. Si ricorda che quello del Consulente Familiare è un ruolo tenuto al segreto professionale e riconosciuto dalla legge n.4 del 14 gennaio 2013 sulle professioni non organizzate in ordini e collegi, che necessita di impegnarsi anche in una opera di formazione permanente.

Iscrizioni presso la Segreteria del Centro di Consulenza Familiare UCIPEM a Vittorio Veneto: il numero di telefono è 0438 – 552993, nei giorni di lunedì dalle 09:00 alle 12:00, mentre di martedì, mercoledì e giovedì dalle 17:00 alle 19:30. L’e-mail di riferimento è scuola@ucipem.info

La Scuola Italiana Consulenti Familiari del Centro «La Famiglia» di Roma forma alla professione di Consulente Familiare dal 1976, è una delle Scuole di formazione riconosciuta dall’AICCeF (Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari). Forma, tra gli altri, anche gli operatori del Centro di Consulenza Familiare UCIPEM di Vittorio Veneto. I Docenti sono tutti professionisti di lunga esperienza: consulenti familiari, psichiatri, psicoterapeuti, Psicologi, Sociologi e Psicopedagogisti.

                La prossima edizione della Scuola di Formazione per Consulente Familiare vede un nuovo direttore: di recente ha preso l’incarico Giovanni Sollima

L’intervento del Consultorio Familiare Ucipem si può articolare nelle seguenti attività: informazione, orientamento al problema, consulenza, psicoterapia breve individuale, terapia familiare o di coppia. I percorsi non possono superare in genere i dieci incontri.

www.ucipem.info/2023/03/07/in-partenza-il-nuovo-corso-per-diventare-consulenti-familiari

 

CRISTIANESIMO

Quale forma assumerà il cristianesimo del futuro?

Ne “Il segno delle chiese vuote”, una riflessione scritta mentre si approssimava la fine del grande confinamento a cui la pandemia di Covid-19 ha costretto il mondo intero, il pensatore cattolico ceco Tomáš Halík ha individuato nelle chiese chiuse e deserte un segnale di allarme profetico riguardo a ciò che la Chiesa potrebbe diventare: per l’appunto, chiusa e vuota. Si tratta di un segnale d’allarme, perché preconizza quale sarà la condizione permanente della Chiesa in un futuro prossimo – in alcuni luoghi d’Europa è già una realtà –, se non verranno prese sul serio le sfide della nuova era emergente, quel cambiamento dei tempi che è in corso e a cui papa Francesco ha fatto riferimento come a qualcosa di più che un tempo ordinario di cambiamento. Anche se ritmi e modalità potrebbero variare tra un luogo e l’altro del mondo, sembrerebbe che sia questa tendenza di fondo, verso una condizione chiusa e vuota, ad attendere la Chiesa, se essa non saprà confrontarsi con tali sfide da un punto di vista sia intellettuale sia operativo; se, in altri termini, non riuscirà a imprimere una profonda trasformazione non solo alle strutture ecclesiali, ma anche alla dimensione esistenziale e spirituale della fede. Ed è un segnale di allarme profetico, perché il dramma costituito dalla perdita di persone, di rilevanza e di credibilità, così come la crisi generata dal vuoto degli spazi e dei riti, delle pratiche e dei concetti, oggi si presenta come un tempo opportuno per instaurare importanti processi di vera conversione spirituale e di profonda riforma ecclesiale.

La crisi attuale come un’opportunità di trasformazione per la Chiesa. Nell’opera “Pomeriggio del cristianesimo”, Halík riprende quel segnale di allarme e ne esplora la portata profetica. In quanto soglia di una nuova era per il cristianesimo, la crisi attuale si presenta come un’opportunità di trasformazione per la Chiesa. Questo è l’interrogativo che egli pone: quale sarà il futuro del cristianesimo e quale forma assumerà la Chiesa del futuro? Per chiarezza terminologica, possiamo intendere per «forma» «un insieme, il più possibile unificato, di convinzioni, di azioni, di sensibilità, di leggi, attraverso le quali sia possibile vivere autenticamente il Vangelo», secondo la definizione del benedettino francese Ghislain Lafont. Seguendo l’analisi di questo teologo, dal Concilio Vaticano II in poi «non abbiamo ancora trovato la “forma” che ci possa permettere di avanzare più liberamente e speditamente». La forma all’interno della quale oggi comprendiamo noi stessi e interagiamo con la realtà – la si chiami forma «gregoriana», «tridentina» o «romana» – è «certamente venerabile e […] ha portato i suoi frutti», ma non è più «adatta alla congiuntura presente». Quindi, più che di aggiornarla, forse ora è il momento di «“dare alla luce del giorno” una nuova forma».

Halík avverte senza mezzi termini che «un rinnovamento reale della Chiesa non può venire dalle scrivanie dei vescovi né da riunioni e conferenze di esperti, ma presuppone forti impulsi spirituali, approfondite

riflessioni teologiche e il coraggio di sperimentare» (pp. 83 s). Tuttavia, il fatto che la Chiesa cattolica oggi sia impegnata, a livello mondiale, nel Sinodo su «Comunione, partecipazione, missione» – che il Papa ha deciso di prorogare di un altro anno, fino al 2024 –, manifesta in qualche modo questa stessa ansia per una futura forma di Chiesa, il desiderio di essere all’altezza della forza spirituale del Vangelo e dell’esigenza connessa con la missione di annunciarlo nel tempo presente. Ebbene, il libro di Halík offre, a nostro avviso, un contributo importante a questa causa.

Perché il «pomeriggio del cristianesimo» è un tempo propizio per «il coraggio di cambiare»? L’espressione è ripresa da Carl Gustav Jung (1875-1961), psicoterapeuta svizzero, che paragona le dinamiche della vita umana individuale al corso di una giornata: il «mattino» corrisponde alla giovinezza e all’inizio dell’età adulta; il «mezzogiorno» richiama quel periodo di crisi in cui ciò che prima era sicuro viene messo in discussione, e ciò che prima dava soddisfazione poi non basta più; il «pomeriggio» indica la maturità e la vecchiaia. Applicando queste tre tappe alla storia del cristianesimo, Halík fa corrispondere il «mattino» al periodo che va dai primordi alle soglie della modernità, «un lungo periodo in cui la Chiesa ha edificato in primo luogo le sue strutture istituzionali e dottrinarie» (p. 48). Poi è sopraggiunta la crisi del «mezzogiorno», «che ha scosso quelle strutture» (ivi). È stato un lungo periodo, che è durato «dal tardo Medioevo fino a tutta l’età moderna, dal Rinascimento e dalla Riforma, dalla divisione interna al cristianesimo occidentale e dalle guerre conseguenti, che hanno messo in dubbio la credibilità delle singole confessioni, fino all’Illuminismo, l’epoca della critica delle religioni e della diffusione dell’ateismo, e sino alla fase seguente, che ha portato a un lento superamento dell’ateismo in favore dell’apateismo, dell’indifferenza religiosa» (ivi).

Il «pomeriggio» è la fase in cui stiamo entrando, nella quale l’impatto della crisi del «mezzogiorno» è stato superato e «il cristianesimo cerca nella società plurale postmoderna e post secolare una nuova casa, nuove forme di espressione» (p. 124). È pur vero, come si riconosce nelle ultime righe del libro, che il «pomeriggio» può suggerire «la prossimità della sera, della fine e della morte» (p. 260), una tappa che annuncia la fine. Tuttavia, spiega Halík, «nell’interpretazione biblica del tempo il nuovo giorno comincia con la sera» (ivi). È così che, al termine di questo lungo periodo di crisi, come «il momento in cui nel cielo della sera apparirà la prima stella» (ivi), già si intravedono tratti capaci di dare al cristianesimo una forma nuova e promettente.

Questi tratti si scorgono, per esempio, quando la fede, più matura e più umile, si mostra capace di prendere sul serio, di accogliere e di integrare l’esperienza del buio e del vuoto dovuti alla perdita di centralità, di controllo e di sicurezza, causata dalle crisi del «mezzogiorno», riconoscendo che proprio questa stessa esperienza di morte è caratteristica del Vangelo e testimonia la verità di un’avventura spirituale. I tratti si scorgono anche quando si riconosce che la secolarizzazione non è la fine della religione o della fede cristiana, ma piuttosto la trasformazione del significato divenuto più comune – eminentemente sociale, politico e culturale – nel sistema delle narrazioni, riti e simboli che esprimono e consolidano l’identità di una società, e che ciò che si perde, in fondo, schiude la possibilità di una rinnovata autenticità evangelica e di altri modi di intendere il ruolo della religione e la portata della fede cristiana. I tratti si scorgono ancora quando il cristianesimo rifiuta di lasciarsi confondere con qualsiasi ideologia identitaria o con un vago esoterismo; quando intraprende l’esercizio di una continua lettura dei segni dei tempi, scrutando la portata spirituale della fisionomia umana, le sue espressioni culturali e artistiche e i grandi interrogativi e ricerche degli uomini e delle donne di oggi. E i tratti si scorgono anche quando il cristianesimo diventa consapevole del fatto che il quadro delle democrazie liberali non è meno favorevole alla sua identità e missione di altri sistemi politici entro i quali si suppone si sia trovato meglio in passato; quando impara a confrontarsi in modo sano con l’alterità, la differenza e la pluralità di coloro a cui si rivolge, superando il malsano sospetto verso tutto ciò che è nuovo, senza che ciò equivalga a cedere all’attrazione superficiale e acritica delle mode del momento.

La forma nuova del cristianesimo come opzione di fede Halík avverte che «la forma pomeridiana del cristianesimo – come tutte le sue forme precedenti – non è stata generata da una logica impersonale e irreversibile dello sviluppo storico» (p. 49). Non siamo, quindi, di fronte a una necessità che, ci piaccia o meno, dovrà comunque realizzarsi. Al contrario, questa forma ci si presenta come un kairos, «un’opportunità che si apre e si offre in un certo momento, ma che si realizza soltanto quando le persone la comprendono e la accettano liberamente» (ivi). Essa implica un’assunzione di consapevolezza e di libera determinazione. In linguaggio ignaziano, si tratta di un’elezione, di una scelta che rende necessarie azioni conseguenti. In questo «pomeriggio» in cui ci troviamo c’è dunque il rischio di «invecchiare male», cioè di non riconoscere e non cogliere il carattere favorevole del nostro tempo e dei suoi movimenti più vitali. Sarà così se, in modo imprudente e superficiale, verrà negata o soffocata la vita così come si presenta esistenzialmente e culturalmente, e se si pretenderà di risolvere la crisi attraverso semplici cambiamenti esteriori di «alcune strutture istituzionali» o di «qualche paragrafo del catechismo, del codice di diritto canonico e dei testi di morale» (p. 9), senza coinvolgere il retroterra spirituale, teologico e religioso dell’atto di fede e delle prassi cristiane. In tal caso, i risultati sarebbero superficiali e confusi.

Ancor più gravoso sarebbe trincerarsi dietro atteggiamenti difensivi, ostili, nella convinzione che essere fedeli equivalga a riprodurre il passato «esemplare» che ha preceduto la crisi del «mezzogiorno». Di tale atteggiamento è un esempio paradigmatico la lotta antimodernista, scatenatasi dalla metà dell’Ottocento fino alla metà del Novecento. Se la Chiesa allora si arroccava e perdeva incisività e capacità di dialogo con la cultura filosofica, scientifica e artistica del tempo, oggi correrebbe il rischio di «generare una forma avvelenata e ripugnante di cristianesimo » (p. 49). Se ciò che la Chiesa vive e ha da offrire non viene riconosciuto come un bene esistenziale sensato e significativo per la vita delle persone e delle comunità reali, e se non è capace di inserirsi creativamente nel tessuto culturale in cui oggi le persone si ritrovano, si comprendono e si esprimono, finirà per essere identificato, e nella maggior parte dei casi respinto, come una pratica devozionale irrilevante, un rito religioso o un ideale morale di parte, un’ideologia identitaria, finalizzata all’affermazione o alla strumentalizzazione politica. In questo senso, il clericalismo, il fondamentalismo, l’integrismo e il trionfalismo, che tendono a esibire un’autoreferenzialità esteriore e superficiale, saranno forme incapaci di sostenere un’autentica opzione di fede.

Il tempo di cambiamenti storici che stiamo vivendo offre delle opportunità al cristianesimo. La Chiesa accetti con serenità, senza negarne il costo, che sta per concludersi una lunga epoca della sua storia e che, per essere all’altezza della sua identità più intima e della sua missione di annunciare il Vangelo di Gesù, dovrà passare inevitabilmente attraverso un parto faticoso. Per dirla con il benedettino tedesco Elmar Salmann, nel momento della nascita, come in tanti altri inizi significativi, c’è sempre molto che muore, come pure nei processi di morte c’è molto che nasce. Dopotutto, è questa la storia del cristianesimo, fin dai suoi inizi. Ricevere un’eredità comporta sempre l’onere di darle un aspetto specifico, secondo la particolarità dei tempi e dei luoghi. Gratitudine e fedeltà richiedono appropriazione, differenziazione, traduzione e rischio. Se è così, è necessario continuare a compiere, sulla scia del Vaticano II, il cammino sereno, paziente e coraggioso di individuare ciò che deve essere conservato e ciò che va abbandonato, ciò a cui la Chiesa deve dedicarsi in quanto essenziale e ciò che, in quanto superfluo, può e deve sacrificare. L’esercizio richiede tempo e cura, nella misura in cui, come avverte il teologo Pierangelo Sequeri, sbagliare in materia di consacrazione e di sacrificio ha conseguenze tragiche, perché il cuore si perde o si salva in ciò che riconosce come il suo tesoro. Al dolore della morte corrisponderà la nascita di un’altra forma e stile di Chiesa. Non si tratta di un’altra Chiesa, ma di un’altra forma di Chiesa. La Chiesa non è stata sempre «gregoriana», «tridentina» o «romana». Si tratta di un’altra forma che, per molti aspetti, in questo momento possiamo solo presagire e intravedere. Sappiamo che certe forme del passato – Chiesa di Stato e di potere, Chiesa giuridica, Chiesa sacrale, Chiesa borghese – stanno morendo, e ancora non vediamo chiaramente quale altra forma la Chiesa dovrebbe e potrebbe assumere nel presente affinché abbia un futuro.

Quattro caratteristiche della nuova forma di Chiesa. In ogni caso, Halík si spinge a proporre quattro tratti di una nuova forma di Chiesa e di cristianesimo dotati di futuro.

 José Frazão Correia S.I.        La Civiltà Cattolica 2023 n 4146, pp. 593-599    18 marzo/1° aprile 2023

DALLA NAVATA

4° Domenica di Quaresima – Anno A

1Samuele                          16,07. Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore»

Salmo                                   22, 06. Sì bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.

Paolo a Efesini                  05, 08. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.

Giovanni                             09, 19. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi»

Commenti

Diventa estremamente più affine alla nostra esperienza umana questa contraddizione, così vivacemente narrata, in una pagina che vorrei chiamare socratica, del Vangelo di Giovanni. Da una parte abbiamo il punto di vista di un uomo semplice, un mendicante cieco — più semplice di così, si muore — dalla nascita e quindi senza nessuna forma di cultura letteraria, anzi gravato dal pregiudizio sociale, che anche gli Apostoli condividevano, che se era cieco era perché figlio di peccatori oppure peccatore lui stesso.

Questo è un sigillo che non è scomparso. Noi sappiamo con quale sguardo spesso si guardano gli handicappati. Anche quando siamo impietositi c’è in noi una specie di giudizio per cui molte famiglie si vergognano d’avere un handicappato. La loro vergogna è il distillato di questo sguardo pubblico di cui la gente, così colpita, ha paura. Siamo tenebre! Questo mendicante ha la verità dalla sua parte, una verità da tribunale: racconta i fatti. I fatti sono spaventosi quando si raccontano come sono, perché l’importante, per la nostra verità — ecco qual è l’altro punto di vista rappresentato in questo brano dai Farisei — che chiamerò istituzionale, è che non vengano i fatti a disturbarla.

Come quando sul piano della scienza Galileo osò dire che il sole aveva delle macchie e che si vedevano, fu terribile. L’istinto primo dei tutori della verità fu di rompere il cannocchiale, di condannarlo perché se c’erano le macchie cadeva tutta la costruzione…Dobbiamo quindi assumerci come compito quello di ascoltare la verità del mendicante per aprirci alla verità assoluta che è quella di Dio e che non conosciamo.

                               p. Ernesto Balducci, scolopio, scrittore                 “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

Don Renzo G. , parroco emerito-

ECUMENISMO

Essere chiesa insieme per parlare di Dio alla società

Dal 9 all’11 marzo a Debrecen (città culla della presenza riformata in Ungheria) si è tenuto un simposio in occasione dei 50 anni della «Concordia di Leuenberg»: l’atto di “reciproco riconoscimento” e superamento delle storiche divisioni tra luterani e riformati, fu infatti siglato il 16 marzo 1973 nella cittadina omonima vicino a Basilea. L’incontro ha riunito teologi di molte chiese delle facenti capo alla Comunione di Chiese protestanti in Europa (Ccpe). Il tema era quello della comunione ecclesiale, affrontato da molti punti di vista, dall’ermeneutica biblica alla teologia sistematica all’etica.

Ne parliamo con il pastore valdese Pawel A. Gajewski, membro del Consiglio della Ccpe.

                «La perfetta sintesi dei lavori è già contenuta nel titolo del simposio “Essere chiesa insieme” (Beeing Church together), cioè: valorizzare le diversità. In più di un intervento è stato citato l’articolo VII della Confessione di Augusta del 1530: “Per la vera unità della Chiesa è sufficiente l’accordo sull’insegnamento dell’Evangelo e sull’amministrazione dei sacramenti. Non è invece necessario che siano ovunque uniformi le tradizioni istituite dagli uomini, cioè i riti o le cerimonie”. Infatti, nella prospettiva teologica creata dalla Concordia di Leuenberg si passa da una dimensione divisiva della diversità a quella della diversità riconciliata. La base fondamentale di queste riflessioni è stata la relazione di Michael Weinrich intitolata “Prendere sul serio la comunione ecclesiale. Progetto e processo di realizzazione”. Il prof. Weinrich ha orientato gli sguardi dell’uditorio al futuro, ricordando che nel corso degli ultimi trent’anni la Ccpe ha prodotto una notevole quantità di documenti teologici, conservati con cura in una specie “mausoleo”, ma poco sfruttati dalle chiese protestanti in Europa».

In che modo ne sono coinvolte le nostre chiese di minoranza in Italia?

«Per certi versi il protestantesimo in Italia è molto più avanti rispetto ad alcuni paesi “storici” della Riforma. La piena comunione ecclesiale tra battisti, metodisti e valdesi è una realtà ben consolidata, come si è visto durante l’Assemblea-Sinodo 2022. La collaborazione con la Chiesa evangelica luterana in Italia porta buoni frutti non solo al livello locale, ma anche a quello nazionale, se pensiamo all’Editrice Claudiana. L’attuale struttura della Fcei e le sue molteplici iniziative ci permettono di essere abbastanza visibili nella società civile. Credo che l’unico problema veramente importante – ma qui siamo in buona compagnia, come ci ricorda Weinrich riguarda il “mausoleo” dei documenti prodotti dalla Comunione. Non credo che sia necessario tradurli tutti – alcuni, pochi sono già tradotti in italiano –: si tratta piuttosto di usarli di più e meglio nei nostri dibattiti sinodali e assembleari».

La Concordia di Leuenberg risale al 1973 quando l’Unione (allora Cee) contava solo 9 Stati, e ha in un certo senso anticipato la “grande UE”, protendendosi anche al di là di essa, essendovi rappresentate anche le chiese di Russia, Bielorussia e Ucraina: può essere un luogo ideale di discussione per impostare una visione del futuro dell’Europa al di là delle contingenze politiche?

«Indubbiamente la Ccpe è molto più ampia dell’Unione Europea. Questa sua caratteristica ci permette di liberarci da un certo eurocentrismo ridotto talvolta ai 9 Stati “storici” dell’UE. Le contingenze politiche non sono assenti nei lavori della Comunione.

 L’intervento “Sulla via di Emmaus – verso l’ecumenismo della solidarietà” di Tamàs Fabiny, vescovo generale della Chiesa evangelica luterana in Ungheria, ha dimostrato l’importanza di affrontare, prima di tutto, le contingenze sociali. Tale intervento non si riduce mai alla “diaconia della solidarietà”, ma può e deve diventare anche una “diaconia politica”. Politica non partitica – questa distinzione è stata messa in evidenza dal vescovo Fabiny (classe 1959): egli ha vissuto personalmente e consapevolmente i grandi cambiamenti politici che hanno portato l’Ungheria dalla dittatura comunista a un modello politico incarnato da Viktor Orbàn che rappresenta esattamente la stessa generazione di Tamàs Fabiny».

– Quali altre tappe segnano l’agenda delle celebrazioni per i 50 anni della Concordia di Leuenberg, prima dell’Assemblea generale del 2024?: quali temi e quale coinvolgimento delle chiese caratterizzerà questi momenti?

«I prossimi eventi celebrativi della Concordia saranno l’incontro dei responsabili delle chiese membro, in luglio a Vienna, al quale parteciperà la moderatora della Tavola valdese e l’incontro dei membri dei Sinodi, in Germania a settembre. Tuttavia, nei lavori del Consiglio della Comunione – riunitosi nei due giorni precedenti il simposio – ho percepito una grande attenzione ai grandi temi della prossima Assemblea che si terrà a Sibiu. Il primo argomento può essere riassunto in una domanda: come parlare di Dio oggi, in una società scolarizzata che – in gran parte – ha dimenticato completamente il linguaggio cristiano? Credo che il documento teologico dedicato a questi temi diventerà un manifesto programmatico della prossima Assemblea. Altrettanto importante sarà il documento etico dedicato alle questioni della sessualità e del genere. Mi piace ricordare che Paola Schellenbaum, membro della chiesa valdese di Pinerolo, già coinvolta nei nostri dibattiti sinodali, ha dato un significativo contributo di idee alla stesura di questo documento».

Alberto Corsani                                Riforma.it                          16 marzo 2023

https://riforma.it/it/articolo/2023/03/16/essere-chiesa-insieme-parlare-di-dio-alla-societa?utm_source=newsletter&utm_medium=email

.PAPA FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Francesco: 10 anni in 10 parole

10 anni che «sembra ieri». Così ha definito papa Francesco nel suo «pope cast» su Vatican News i suoi dieci anni di pontificato, vissuti nella «continua tensione di un oggi che è già ieri», perché il tempo è premuroso, ha fretta. L’elezione di Francesco ha espresso un passaggio storico per la cattolicità, a capo della quale per la prima volta c’è un figlio della Chiesa «del sud del Sud». Guardando al cammino della Chiesa latinoamericana si capisce la novità di Francesco: opzione per i poveri (Conferenze generali dell’episcopato latinoamericano di Medellín, Puebla e Santo Domingo), spiritualità popolare e mariana, ecclesiologia pastorale, centralità dell’evangelizzazione (conferenza di Aparecida). Francesco è un papa che ha impresso alla Chiesa cattolica un nuovo orientamento simbolico e una cesura storica dal punto di vista teologico.

                Delle tante linee che si potrebbero seguire nel raccontare questi 10 anni, abbiamo scelto 10 parole.

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                Uno dei tratti caratteristici di papa Bergoglio è l’accento sull’evangelizzazione come primo compito della Chiesa, ed è un tratto che è apparso subito dai primi gesti e parole dopo l’elezione, avvenuta il 13 marzo 2013. Francesco è, non nel senso confessionale ma in quello etimologico della parola, un papa evangelico. L’evangelizzazione (o ri-evangelizzazione) è al cuore della riforma della curia romana messa in campo da papa Bergoglio nel suo pontificato (vedi sotto).

Concilio

                Il concilio Vaticano II è il faro del pontificato bergogliano, a cui s’ispirano molte delle sue indicazioni portanti, dal percorso della sinodalità (vedi sotto) al riordino della questione liturgica con la restituzione della responsabilità delle traduzioni liturgiche agli episcopati e il freno alla messa nel rito preconciliare latino, al rilancio dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso all’insegna della fratellanza (vedi sotto).

Ecologia e cultura dello scarto

Uscita nel 2015, l’enciclica Laudato si’ di Francesco sulla «cura della casa comune» rappresenta la «discesa in campo» di più alto livello magisteriale che la Chiesa cattolica abbia sinora compiuto in quella grande corrente prodotta dalle Chiese di varie tradizioni e dalle altre religioni a favore della salvaguardia della creazione e della conversione ecologica dell’umanità. Laudato si’ arruola con decisione la Chiesa cattolica nella schiera di quanti sostengono l’urgenza della lotta contro il cambiamento climatico, e sulla scia del predecessore Benedetto XVI collega strettamente l’ecologia ambientale all’«ecologia umana», intesa sia nei suoi fondamenti antropologici sia nei suoi risvolti sociali.

Fraternità

La fratellanza umana è un’idea molto presente nei discorsi e nei documenti di Francesco, ed è al centro della sua terza enciclica Fratelli tutti del 2020, che s’inscrive nella visione «messianica» del mondo e della Chiesa, delineata dal concilio Vaticano II. L’idea di fratellanza universale era già stata proclamata dal Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato nel 2019 insieme al grande imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, al termine della Conferenza globale sulla fraternità umana che negli stessi giorni riuniva 700 capi religiosi di tutto il mondo. Ma le idee di fratellanza e fraternità ricorrono frequentemente anche negli incontri con i capi delle Chiese cristiane come il patriarca ecumenico Bartolomeo o il patriarca di Mosca Cirillo (prima che l’invasione russa dell’Ucraina raffreddasse i rapporti).

Gioia

Papa Francesco ha messo molta «gioia» nei suoi documenti: sono tre i titoli che la contengono, a partire dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013, il testo programmatico del pontificato, per continuare poi con Amoris lætitia a conclusione del Sinodo 2014-2015 sulla famiglia, fino a Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo.

MISERICORDIA

Francesco è un pastore che vuole aprire per la Chiesa il tempo della misericordia. Per questo nel secondo anno di pontificato ha annunciato a sorpresa l’indizione di un anno santo straordinario dedicato alla misericordia di Dio, che si è celebrato nel 2016. Misericordiæ vultus e Misericordia et misera sono rispettivamente i documenti d’indizione e conclusione che richiamano l’importanza di questo tratto del volto di Dio nel magistero di Francesco.

Popolo di Dio

            Soggetto molto spesso evocato da Francesco, quello di «popolo di Dio» o «santo popolo fedele di Dio» è valso al papa l’accusa di «populismo». Ma la teologia della Chiesa come popolo di Dio nel popolo e nei popoli è un aspetto del suo pensiero e del suo magistero, legato a una linea di riflessione teologica e pastorale sviluppata in Argentina, e ha un suo percorso che si distingue chiaramente dal populismo.

Riforma

                La povertà e in generale ogni forma d’esclusione; il pluralismo religioso e culturale; il potere e il clericalismo; la lettura dei segni dei tempi; la misericordia come «forma della testimonianza cristiana»: sono tutte sfide raccolte dal pontificato di Francesco, e che hanno imposto la necessità di una riforma della Chiesa. Nell’Evangelii gaudium papa Francesco ha annunciato l’intenzione di procedere a una riforma del papato e delle strutture centrali della Chiesa universale, nonché delle conferenze episcopali, per correggere gli effetti di un’eccessiva centralizzazione che, «anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria» (n. 32), oltre che il cammino ecumenico. Francesco ha avviato l’impresa principalmente attraverso la riforma sinodale (vedi sotto) e la riforma della curia romana per metterla a servizio della Chiesa e del mondo, attuata con la costituzione apostolica Prædicate Evangelium. Sulla scia di Benedetto XVI ha messo mano, a volte con ripensamenti, alle strutture finanziarie della Santa Sede per una maggiore efficienza e trasparenza. È inoltre intervenuto sulle procedure della gestione dei casi di violenza sessuale su minori con il motu proprio Vos estis lux mundi, che impone sia obblighi giuridici, in termini nei quali finora non erano così chiaramente formulati, sia obblighi nuovi, e ha modificato il Codice di diritto canonico in diversi punti, per esempio sulla pena di morte.

Sinodo

Francesco vuole che la sinodalità sia l’eredità del suo pontificato: quella trasformazione dello stile ecclesiale da una forma clericale ed esclusiva a una inclusiva e aggregante di tutte le componenti del «popolo di Dio». I Sinodi che hanno avuto luogo in questi 10 anni sono stati quelli sulla famiglia (2014-2015), quello sui giovani (2018), quello sull’Amazzonia e quello in corso sulla sinodalità (2021-2024). A tal fine ha attuato una vera e propria rifondazione dell’organismo sinodale.

Uscire

                Ben pochi, specie tra gli osservatori italiani, avevano preso in considerazione, il 7 marzo 2013, a cinque giorni dall’inizio del Conclave, l’intervento alla Congregazione generale dell’allora card. Bergoglio, che invece destò grande impressione nel Collegio cardinalizio. In esso era già presente uno dei temi portanti del pontificato: la «Chiesa in uscita».

Daniela Sala, Caporedattrice Documenti per “Il Regno

Francesco e il principio monarchico: Padre Vesco e la questione della autorità

In una intervista ispirata, l’Arcivescovo di Algeri, Jean-Paul Vesco ha offerto una intelligente lettura del papato di Francesco, giunto al suo anniversario decennale. Già nel titolo individua subito il centro della propria attenzione: «François remet la sacralité de la fonction à sa juste place». Una ricollocazione della “sacralità della funzione” appare ai suoi occhi come il cuore di questo decennio.

 ( α1962)

Va ricordato che Vesco non è solo Arcivescovo di Algeri, ma è anche un Padre domenicano e un ex-avvocato civilista del foro di Parigi. Queste tre caratteristiche lo rendono particolarmente acuto e sensibile nella lettura del pontificato di Francesco. Proviamo a seguire meglio il ragionamento offerto da Vesco lungo il corso della intervista, offrendone un piccolo riassunto commentato in lingua italiana.

a) La prima caratteristica del papato di Francesco è un cambiamento del rapporto tra Chiesa e mondo. Questo passa per una serie di piccoli gesti simbolici che hanno costellato fin dall’inizio il suo pontificato, ma attraverso i quali egli rivoluziona i codici monarchici con cui l’autorità papale ed episcopale è stata interpretata nel corso della storia. Conservare anello e croce da Arcivescovo di Buenos Aires, non occupare gli appartamenti del palazzo apostolico, portare lui stesso la sua borsa salendo sull’aereo, chiamare in prima persona al telefono i suoi interlocutori, spostarsi con automobili utilitarie…sono tutti simboli di un altro modo di pensare la autorità ecclesiale rispetto al mondo. Si tratta di una tendenza che era iniziata con Giovanni XXIII e che trova ora una accelerazione in termini di “fraternità”, parola-chiave del pontificato.

                b) Questa distanza più corta tra chiesa e mondo implica anche un cambiamento di linguaggio. Esemplari sono, da questo punto di vista, le interviste “in quota”, dove la parola sciolta, diretta, pronunciata anche con stanchezza o con esitazione, senza i crismi della ufficialità, crea spesso un imbarazzo legato alle attese di una espressione più fredda e meno umana.

c) Su questo punto si alzano le proteste di coloro che imputano a questa tendenza una “desacralizzazione” della funzione e del ministero papale. Secondo Vesco, invece, questo è “ricollocare al suo giusto posto la sacralità della funzione”. In che cosa consiste, in ultima analisi, la autorità da salvaguardare? Nel dar voce al Vangelo. E questo non si può fare nella distanza e nel sollevare muri. “Nel desacralizzare ciò che è stato troppo sacralizzato sul piano umano nella funzione del papa, Francesco rinforza la propria autorità“.

d) Un “principio monarchico” nella Chiesa merita un ripensamento radicale. “La Chiesa cattolica ha improntato il suo modello di organizzazione su quello di una monarchia assoluta di diritto divino. Come per la investitura di un re, il vescovo, detentore dei tre poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, riceve al momento della ordinazione un anello, una mitria come una corona, una croce come uno scettro, una cattedra come un trono, uno stemma e un titolo. Tutto ciò è chiaramente giustificato da un senso spirituale che sublima questi gesti e dona loro una consistenza, ma bisogna essere coscienti del loro substrato umano ispirato dal modello politico monarchico. Non si tratta di contestare ciò che è costitutivo del corpo istituzionale della nostra Chiesa, ma è conveniente averne coscienza, di tenerlo al suo giusto posto, evitando di sacralizzarlo all’eccesso. È anche utile lavorare per equilibrare i poteri, come sanno fare le monarchie moderne“.

e) Questo tema dell’esercizio monarchico del potere, nella forma storica di un potere assoluto, si collega strettamente al tema degli abusi, che sono, nella loro radice, “abusi di potere”. Per combattere gli abusi bisogna superare figure, rappresentazioni e forme di potere senza limiti e senza controllo.

                f) Un paradosso sembra apparire in Francesco: il superamento del potere monarchico si mostra, non di rado, in atti di assunzione netta e decisa della autorità papale. Spesso sono Lettere “Motu Proprio date” ad aprire nuove fasi di confronto curiale ed ecclesiale. Diremmo che per superare la autorità assoluta si usa della autorità assoluta. Qui forse occorre precisare che Jorge Mario Bergoglio è un religioso, è un gesuita, abituato ad una gestione della autorità molto decisa. E che per mettere in moto processi di cambiamento occorre un investimento di forza e di decisione che può scioccare ed anche ferire. La domanda di “preghiera per sé”, che papa Francesco ripete continuamente, si lega anche e forse soprattutto a questo travaglio.

                g) Il disegno di “riforma della Chiesa” dall’interno in Francesco ha la forma di una ricollocazione della persona al centro della Chiesa. Questo non implica una contestazione della dottrina, ma un profondo ripensamento della dottrina. “Egli ha ricollocato la persona al centro del magistero, e questo ne modifica la prospettiva e introduce un rapporto più complesso con la verità. Scegliendo deliberatamente di andare verso il mondo e quindi anche verso le periferie, credo che Francesco abbia veramente contribuito a rimettere il Vangelo al cuore della Chiesa e la Chiesa al cuore del mondo”.

Andrea Grillo                    blog: Come se non           17 marzo 2023

www.cittadellaeditrice.com/munera/francesco-e-il-principio-monarchico-padre-vesco-e-la-questione-della-autorita

Un compendio sulla sinodalità.

Oggi ricorre il decimo anniversario dell’elezione al pontificato, con il nome di Francesco, dell’arcivescovo di Buenos Aires card. Jorge Mario Bergoglio. Poiché il titolo del Sinodo sulla sinodalità 2021-2024 «Per una Chiesa sinodale» potrebbe certamente rappresentare una delle sintesi di questo suo decennio alla guida della Chiesa di Roma, abbiamo pensato di sottolinearlo, in questo nostro settimanale «Indice del Sinodo», riprendendo integralmente dal sito synod.va le parole che suor Nathalie Becquart, sottosegretaria della Segreteria generale del Sinodo, ha pronunciato il 30 novembre 2022 alla presentazione, a Roma, del libro Camminare insieme. Parole e riflessioni sulla sinodalità che, curato dalla Segreteria generale del Sinodo e pubblicato dalla Libreria editrice vaticana, contiene tutti gli interventi tenuti da papa Francesco durante il suo pontificato sul tema della sinodalità. (M.E.G. – G. Mc.)

                Innanzitutto vorrei ringraziare la LEV, il suo responsabile editoriale Lorenzo Fazzini, Hélène Destombes e tutto il team per la pubblicazione di questo libro di papa Francesco sulla sinodalità e per l’organizzazione di questa presentazione. Questo libro si presenta davvero come una risorsa utile e necessaria per continuare a vivere questo Sinodo sulla sinodalità 2021- 2024 «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione», ma più in generale per andare avanti nel cammino della sinodalità, una vocazione per la Chiesa del terzo millennio.

Questo libro è una sorta di compendio delle riflessioni di papa Francesco sulla sinodalità. In una parola, fa vedere che papa Francesco è veramente il papa della sinodalità! Questo libro contiene tutti i suoi principali testi e dichiarazioni sulla sinodalità dall’inizio del suo pontificato. Questi documenti, di stile diverso, comprendono lettere o discorsi indirizzati a tutti o più specificamente a Chiese locali (Germania, Cile…) o a gruppi particolari (vescovi, teologi…), nonché estratti di documenti del magistero (encicliche, costituzioni…). Il volume raccoglie anche i discorsi pronunciati durante i vari Sinodi dei vescovi (Sinodo sulla famiglia del 2014 e del 2015, Sinodo sui giovani del 2018, Sinodo sull’Amazzonia del 2019, attuale Sinodo sulla sinodalità) con estratti di esortazioni post-sinodali (Christus Vivit, Querida Amazonia), omelie o parole pronunciate durante vari incontri, udienze generali o private, interviste… Tutto questo corpus permette di addentrarci nel ricco pensiero di papa Francesco sulla sinodalità, di cui ha fatto un asse portante del suo pontificato, a partire dalla sua elezione e dalla sua apparizione dal balcone, con il suo modo di relazionarsi immediatamente con le persone che erano lì in piazza San Pietro. La scelta di organizzare questi testi in ordine cronologico, piuttosto che per tema, ci permette di cogliere come le armonie della sinodalità si dispieghino nel tempo e nelle circostanze attraverso gli eventi – in particolare i Sinodi dei vescovi – e i numerosi incontri, udienze e viaggi, che costellano la vita del sommo pontefice.

                Il papa della sinodalità. La ricorrenza del tema della sinodalità nei discorsi e negli scritti ufficiali di papa Francesco riflette l’importanza di questa dinamica sinodale per il pontefice argentino, che potrebbe essere descritto come il papa della sinodalità, tanto da evidenziare questa dimensione costitutiva. Per papa Francesco la sinodalità è prima di tutto una chiamata di Dio, è la vocazione della Chiesa del terzo millennio perché è stata individuata come la via per trasmettere la fede nel mondo di oggi.

Così lo esplicita in quello che può essere considerato uno dei testi chiave del suo pontificato, il Discorso per il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi del 17 ottobre 2015: «Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». La sinodalità può quindi essere vista come un’importante chiave di lettura del suo pontificato che porta la Chiesa a una nuova tappa nella ricezione del concilio Vaticano II. La sua convinzione è che la Chiesa sia fondamentalmente un popolo in movimento, il popolo di Dio che si lascia guidare dallo Spirito Santo e deve perseguire un cammino che deve portare alla «sinodalizzazione» di tutte le realtà ecclesiali. In breve, papa Francesco ci invita a capire che non si tratta solo di fare un sinodo come lo stiamo vivendo in questo momento, ma di diventare un sinodo: «Essere Chiesa è essere comunità che cammina insieme. Non basta avere un sinodo, bisogna essere sinodo. La Chiesa ha bisogno di una intensa condivisione interna: dialogo vivo tra i pastori e tra i pastori e i fedeli» (Discorso di papa Francesco ai responsabili della Chiesa greco-ortodossa ucraina, 5.7.2019)

Una scuola di sinodalità. Papa Francesco non si accontenta di scrivere o parlare di sinodalità, ma cerca in primis di metterla in pratica, di viverla attraverso il suo modo di esercitare il suo ministero, il suo primato, nell’ascolto, nel dialogo, nell’incontro e nella vicinanza al popolo di Dio. Perché la vera sfida della sinodalità è innanzitutto quella di metterla in pratica, come ci ricorda papa Francesco sempre nel Discorso per il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi: «Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”. Camminare insieme – laici, pastori, vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica». Così, mentre ci prepariamo a celebrare i 10 anni del pontificato di papa Francesco, possiamo dire non solo che egli è il papa della sinodalità ma anche, mi sembra, che il suo intero pontificato può essere descritto come una scuola di sinodalità. Attraverso i sinodi che si sono succeduti, e in particolare questo attuale, che è entrato nella sua fase continentale dopo un’ampia esperienza sinodale vissuta nelle diocesi e nelle conferenze episcopali, papa Francesco ha messo tutta la Chiesa in esercizio di sinodalità, da vivere come esercizi spirituali (…).

                Appello alla conversione sinodale.E il primo frutto di questo cammino sinodale è che l’appello alla conversione sinodale, discernito dalla Chiesa e affermato in modo forte da papa Francesco, viene integrato ed espresso sempre più da tutto il popolo di Dio, che ha sete di sinodalità. Vorrei citare qui il Documento di lavoro per la tappa continentale (n. 3): «Lungo il cammino hanno sperimentato la gioia di incontrarsi come fratelli e sorelle in Cristo, condividendo quanto l’ascolto della Parola faceva risuonare dentro di loro e interrogandosi sul futuro della Chiesa sulla base degli stimoli del Documento preparatorio (DP). Questo ha nutrito in loro il desiderio di una Chiesa sempre più sinodale: la sinodalità ha smesso per loro di essere un concetto astratto e ha preso il volto di una esperienza concreta; ne hanno assaporato il gusto e vogliono continuare a farlo: “Attraverso questo processo abbiamo scoperto che la sinodalità è un modo di essere Chiesa; anzi, il modo”. “Lo Spirito Santo ci sta chiedendo di essere più sinodali” (CE Inghilterra e Galles)».

                Una chiamata di Dio, un percorso aperto, un pensiero in movimento. Una lettura attenta di tutti questi passaggi sulla sinodalità, che questo libro ha il merito di riunire, ci fa percepire che il pensiero di papa Francesco è un pensiero in movimento che si dispiega e si approfondisce nel tempo attraverso successive esperienze sinodali. Nell’immagine della sinodalità, che è una visione dinamica della Chiesa come popolo di Dio in cammino nella storia, il pensiero del papa è un pensiero aperto, ancorato alla realtà e all’esperienza, un pensiero dinamico che non è mai chiuso perché è un pensiero di discernimento, un pensiero incarnato che tiene conto della realtà. I quattro principi fondamentali che stanno alla base dell’approccio alla sinodalità, come affermato da papa Francesco nella Evangelii gaudium, sono:

                La lettura di questo libro ci fa così percepire quanto il pensiero di papa Francesco sulla sinodalità sia un pensiero dinamico, in movimento, un pensiero che si dispiega nel tempo. Essa integra pratiche e riflessioni. Si affina e si approfondisce man mano che l’esperienza sinodale si sviluppa in questo pontificato. Essa «allarga lo spazio della sua tenda» integrando anche l’esperienza e la riflessione della sinodalità di altre Chiese cristiane.

La sfida ecumenica della sinodalità. Papa Francesco sottolinea in modo particolare la sfida ecumenica della sinodalità, come ha fatto ancora recentemente durante l’udienza con sua santità Mar Awa III, catholicos e patriarca della Chiesa assira d’Oriente. Sabato scorso, accennando a questo convegno ecumenico, papa Francesco ha affermato: «Il cammino di sinodalità intrapreso dalla Chiesa cattolica è e deve essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale. È mio auspicio che possiamo perseguire, sempre più fraternamente e concretamente, il nostro syn-odos, il nostro “cammino comune”». Questo pensiero è un pensiero in movimento, un pensiero pellegrino si potrebbe dire, il pensiero di un papa che non soltanto convoca dei sinodi, ma invita ciascuno a «diventare sinodo» per vivere la sinodalità come Gesù ha fatto con i pellegrini di Emmaus. Mi riferisco qui al testo La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa», n. 49. La sinodalità manifesta il carattere «pellegrino» della Chiesa. […] Gesù è la via di Dio verso l’uomo e di questi verso Dio. L’evento di grazia con cui egli s’è fatto pellegrino, piantando la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14), si prolunga nel cammino sinodale della Chiesa. L’immagine paradigmatica della sinodalità emersa dal Sinodo dei giovani è quella della strada di Emmaus.

La tenda e il pellegrino. «Sinodalità è la dimensione dinamica, la dimensione storica della comunione ecclesiale fondata dalla comunione trinitaria, che apprezzando simultaneamente il sensus fidei di tutto il santo popolo fedele di Dio, la collegialità apostolica e l’unità con il successore di Pietro, deve animare la conversione e la riforma della Chiesa a ogni livello» (Francesco, Videomessaggio in occasione della plenaria della Pontificia commissione per l’America Latina, 26.5.2022). Come ben espresso in questa citazione, la sinodalità – realizzazione della Chiesa nella storia come comunione-in-missione – è un cammino di conversione, personale e comunitaria. Stiamo reimparando la sinodalità, quindi il pensiero che nasce e modella la sinodalità non può che essere un pensiero in movimento, segno di un’identità cristiana intesa come identità dinamica. È, in un certo senso, un pensiero pellegrino che non cessa di essere interpellato e reinterrogato, un pensiero in apprendimento che progredisce attraverso l’esperienza della sinodalità.

                Siamo dunque invitati a leggere questo libro con queste due immagini che sono come due chiavi di lettura per comprendere la visione sinodale dinamica portata da papa Francesco: l’immagine della tenda e il personaggio del pellegrino. Che questi testi ci aiutino a vivere la Chiesa sempre più come un popolo di pellegrini missionari che non smettono di allargare lo spazio della loro tenda alle dimensioni della fraternità umana con tutti

 Nathalie Becquart, sottosegretaria della Segreteria del Sinodo

SCIENZA

                Il punto sull’embriologia

La vita inizia al momento in cui l’informazione genetica contenuta nello spermatozoo e nell’oocita si combinano a formare una unica cellula, lo zigote umano.

I gameti cessano di esistere come entità separate e iniziano ad interagire attivamente nella nuova entità biologica, lo zigote: essere vivente in quanto esso possiede principi organizzativi interni che ne determinano lo sviluppo e ne supportano la crescita nel suo ambiente naturale, al fine di individuare i mezzi necessari all’approvvigionamento di nutrienti per crescere e a sviluppare i mezzi per avere sensazioni e pensieri.

Un mutuo dialogo tra madre e embrione è effettuato tramite microvescicole dai primi stadi preimpianto e condiziona il riconoscimento materno della gravidanza: l’impianto in utero avviene solo attraverso un efficace dialogo tra l’embrione e l’endometrio materno.

Le nuove conoscenze scientifiche confermano la presenza di un definito progetto evolutivo già presente nello zigote: l’embrione è autodirettivo, non eterodiretto e l’essenza della vita non risiede nell’autonomia, ma nella competenza di sviluppo nel proprio ambiente e autodirettività.

L’unicità dello zigote inizia nel momento stesso in cui i due gameti stabiliscono il contatto. In caso di gemellarità omozigote, lo zigote è costituito da due (o più) potenziali zigoti, all’interno della stessa membrana pellucida che circonda l’oocita, come dimostrato recentemente in PMA (Procreazione Medicalmente Assistita).

Le conoscenze recenti smentiscono ampiamente sia il concetto di potenzialità solo passiva dell’embrione sia quello della non-individualità prima dei 14 giorni di sviluppo, quindi le conseguenze a livello filosofico, etico, sociale, politico e teologico potrebbero essere rilevanti: tanto più una vita è piccola e fragile tanto più dovrebbero essere perseguite soluzioni umane.

Clementina Peris, già Responsabile “Ginecologia endocrinologica, Terapia della sterilitàOspedale S. Anna Torino

Relatrice al XVIII Congresso dell’UCIPEM maggio 2003

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