News Ucipem 26/2/2023

Paolo Liggeri nacque ad Augusta (Siracusa) il 12 agosto 1911 in una Sicilia non ancora raggiunta da quella industrializzazione che stava proiettando l’Italia tra le maggiori potenze economiche del continente europeo. La vocazione di Don Liggeri si manifestò intorno ai ventuno anni; infatti, in concomitanza con la prima missione della Compagnia di San Paolo sull’isola rimase «contagiato» da quella «dinamica e originale comunità spirituale» tanto da decidere di esplicare il suo ministero presbiteriale all’interno della Compagnia, ereditaria di quella lunga e proficua tradizione di «cristianesimo sociale» propria del cardinal Andrea Carlo Ferrari, fondatore della stessa Compagnia.


Fu ordinato sacerdote nella compagnia di San Paolo a Milano nel gennaio 1935, nello stesso periodo nominato Assistente all’Opera Cardinal Ferrari a Milano e, infine, nel settembre ’43 fondatore e direttore del centro di ricovero «La Casa». Situato nel pensionato di Via Mercalli, attiguo alla Casa Madre della Compagnia di San Paolo, il ricovero offrì rifugio agli sfollati dei bombardamenti, ospitò giovani renitenti alla leva repubblichina, perseguitati politici e razziali, organizzò spedizioni di espatrio clandestino per ebrei e antifascisti e, con l’appoggio
di Radio Vaticana, si occupò della registrazione e dell’invio di più di 171.200 messaggi ai famigliari di militari civili internati o dispersi. In questo periodo Don Liggeri intrattenne stretti rapporti con i cardinali Ildefonso Schuster di Milano e Maurilio Fossati di Torino i quali gli raccomandarono numerose famiglie ebree da nascondere o aiutare nella fuga dall’Italia.
Il 24 marzo ’44 alcuni agenti dell’U.P.I. (Ufficio Politico Investigativo), accompagnati dal maresciallo delle SS Karl Koch, fecero irruzione nell’Istituto arrestando Don Liggeri e i 14 ebrei presenti in quel momento; dopo un breve interrogatorio, tutti assieme furono trasferiti nel braccio IV del carcere di San Vittore. Don Liggeri fu accusato di aver fornito aiuto a persone di fede ebraica e renitenti alla leva. Nel giugno ’44 venne trasferito nel campo di transito di Fossoli. Nel luglio ’44 invece a Bolzano per poi, a fine agosto, essere trasferito Mauthausen e poi nel sottocampo di Gusen. Infine, nel dicembre ’44 a Dachau dove erano presenti ventimila internati di cui ben 1.400 preti di differenti nazionalità (All’interno del campo erano rappresentate 142 diocesi, di cui 18 italiane,
e 48 Congregazioni Religiose). Don Liggeri, classificato come Priester (sacerdote), fu assegnato alla baracca n. 26 dove erano presenti tra gli altri don Carlo Manziana, futuro Vescovo di Crema, Don Mauro Bonzi e Padre Giannantonio Agosti. Don Liggeri e alcuni dei suoi compagni di prigionia furono liberati il 29 aprile 1945 dall’esercito americano

Al suo ritorno a Milano fu nominato Vicario generale della Compagnia di San Paolo e riprese la direzione dell’Istituto «La Casa» che, a partire dal 1948, divenne il primo Consultorio familiare d’Italia, con quasi trent’anni di anticipo rispetto alla legge istitutiva (In Italia i consultori familiari saranno istituti con la legge n. 405 del 29 luglio 1975). L’Istituto «La Casa» continua ancora oggi la missione originaria di aiuto alla persona e alla famiglia.
(Dal 1948 ad oggi l’Istituto La Casa è impegnato a rispondere ai bisogni relazionali emergenti della persona, della coppia e della famiglia, attraverso i propri servizi: Consultorio familiare accreditato Regione Lombardia, Adozione internazionale, DSA disturbi specifici dell’apprendimento. L’obiettivo permane quello di offrire una vera e propria “casa” simbolica per promuovere il valore della famiglia, accogliere il suo disagio e offrire servizi di supporto cfr. www.istitutolacasa.it).
Don Liggeri ebbe modo di parlare della propria vicenda nel maggio 1967, quando venne convocato
presso il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano che stava raccogliendo testimonianze riguardanti il processo all’ufficiale delle SS Friedrich Bosshammer, capo della sezione IV-B-4 della RSHA, responsabile della deportazione ebraica italiana di stanza a Verona, di cui si stava occupando il Tribunale di Dortmund (1964-1969) e del Tribunale di Berlino (1970-1973).
La più importante ed estesa testimonianza della sua prigionia nei campi nazisti fu raccolta in “Triangolo Rosso”, opera autobiografica che si trasforma in resoconto giornaliero della sua esperienza concentrazionaria. Morì a Milano il 2 settembre del 1996.

Milano Archivio storico diocesano. 7 agosto 2019

Fondazione dei consultori familiari
Confesso che quando, nel 1948, annunciai alla stampa di Milano l’ideazione e la realizzazione di un
consultorio, destinato alla soluzione dei problemi del matrimonio e della famiglia, non immaginavo affatto che un giorno, in Italia, sarebbe sorta una vera e propria “questione” dei consultori. A distanza di trentadue anni dalla fondazione di quel primo consultorio italiano, frutto evidente di una particolare sensibilità di un gruppo privato di esperti, per la vitalità delle famiglie, è stata approvata, in Italia, una legge-quadro sui consultori familiari, seguita, faticosamente e oltre i termini previsti, da leggo regionali, intese a stabilirne localmente le norme applicative. Sembrerebbe uno sviluppo semplice e perfino ovvio di una legislazione e di una regolamentazione dei consultori. Il risultato, invece, come vedremo, è stato assurdamente confusionario e contraddittorio, probabilmente perché, già a livello di formulazione della legge-quadro, erano carenti le informazioni e le documentazioni e si è proceduto, piuttosto, alla insegna della improvvisazione, da una parte, e di un’ansia di predominanza ideologica, dall’altra, ad opera di vari partiti e movimenti politici.

Un po’ di storia Credo che Sia utile, a questo punto, per maggiore chiarezza, che io riferisca che cosa intendevo realizzare, quando organizzai il primo consultorio in Italia.
Dopo le incursioni aeree che avevano semidistrutto Milano, nell’agosto del 1943, nel generale
sfollamento di uomini e di iniziative avvertii come un dovere che qualcuno rimanesse nella città devastata, in soccorso di coloro che non avevano la possibilità di cercare riparo altrove. Così, con un gruppo ridottissimo di generosi collaboratori, e quasi per rivalsa alle innumerevoli case distrutte, fondai l’Istituto “La Casa”, un modestissimo centro di iniziative di emergenza a favore di colori che erano rimasti privi di risorse e, a volte, delle stesse suppellettili essenziali, i cosiddetti “sinistrati”. Soccorsi, sia pure inadeguati, vennero organizzati dall’amministrazione pubblica (un posto per dormire, piccole somme di denaro, ecc.); ma poi fummo ben presto in grado di organizzare, in locali rabberciati di uno stabile sconquassato dai bombardamenti, mense a presso ridottissimo e, perfino, un pasto caldo quotidiano e gratuito per cinquecento “sinistrati”. Come siamo riusciti, a distanza di decenni non saprei spiegarlo se non con il fatto Milano è “grande” soprattutto quando si scatenano le sciagure. Ben presto le iniziative di soccorso (anche spicciolo) si moltiplicarono e così finimmo con l’occuparci anche di profughi dalla zona di combattimenti, di prigionieri alleati, fuggiti dai campi di concentramento in seguito alla confusione che seguì all’armistizio dell’8 settembre, di perseguitati politici e razziali. Molti vennero accompagnati oltre il confine con la Svizzera.
Ma un giorno, nel marzo del 1944, venni arrestato e poi deportato nei campi nazisti di concentramento di Mauthausen, Gusen e infine Dachau. Quando, al temine della guerra, prodigiosamente sopravvissuto, tornai a Milano, ebbi la consolazione di riscontrare che nel frattempo i miei collaboratori avevano continuato generosamente e rischiosamente a prodigarsi. Ma avvertii ben presto che l’Istituto “La Casa”, pur non abbandonando del tutto l’attività assistenziale tradizionale, doveva inoltrarsi in un programma nuovo e più specifico di attività a sostegno della famiglia.
C’era, in quegli anni dell’immediato dopoguerra, un gran vociferare per la “ricostruzione” del Paese: “Ebbene – mi dissi – noi ci dedicheremo alla ricostruzione della famiglia”. Sorsero così varie iniziative, per quel tempo insolite: pubblicazioni specifiche, editoriali e periodiche, corsi di preparazione al matrimonio, corsi di riorientamento per sposi e genitori, un consultorio prematrimoniale e matrimoniale per le difficoltà critiche che possono insorgere nella preparazione al matrimonio e lungo il corso della vita coniugale.
Ecco, l’idea del consultorio scaturiva da una serie di iniziative, specificatamente orientate all’aiuto della famiglia, le quali ci avevano fatto approfondire l’osservazione di situazioni problematiche, e istanze, più o meno esplicite, che richiedevano un organismo particolarmente qualificato, che le accogliesse e le esaminasse, in modo da chiarire ed evidenziare la soluzione migliore, caso per caso. La lunga guerra, con tutti gli imprevisti sfaldamenti fisici e psichici, gli sfollamenti, i viaggi pendolari in carri-bestiame, le interminabili prigionie di molti militari, gli internamenti nei campi nazisti di concentramento, la logorante assenza di notizie dei propri familiari, il bisogno di aiuto di ogni genere, e soprattutto, il senso incombente di precarietà della vita, che induceva a una considerazione di precarietà di altri valori, anche affettivi, anche morali, in realtà aveva seminato bombe rompenti e incendiarie, non meno disastrose di quelle materiali, nel vivo del tessuto familiare. I bollettini militari le ignoravano, la stampa ancora non se n’era resa conto, tranne a livello di cronaca nera, ma le famiglie sconquassate o pericolanti, a un osservatore attento, si manifestavano numerose come gli edifici sinistrati, sui quali si concentrava e si esauriva l’impegno nazionale della ricostruzione. Il 15 febbraio del 1948, quando annunciai al pubblico milanese che l’Istituto “La Casa” istitutiva un consultorio di quel genere, la stampa (a cominciare da quella quotidiana) mostrò subito vivo interesse, come se si fosse squarciato un velo che nascondeva una problematica sociale, diffusa e dolente. Ricordo che le prime persone che giunsero al consultorio si riferivano a un giornale o venivano addirittura con il giornale sul quale avevano letto la notizia, quasi per scusarsi di chiedere un aiuto così insolito di cui da tempo sentivano il bisogno. L’intuizione, quindi, si era rivelata immediatamente corrispondente a una richiesta mia e reale, anche se secondo un tradizionale costume italiano (oggi molto attenuato), tacita e dissimulata. Ma un conforto inaspettato e, potrei dire, lusinghiero, mi venne attraverso un congresso dell’Unione internazionale degli Organismi Familiari (con sede a Parigi), che si svolse a Roma nel settembre del 1949. In quella occasione, in cui ebbi modo di presentare le iniziative dell’Istituto “La Casa” di Milano, a contatto con illustri esperti della problematica familiare, poteri constatare che in America e in parecchie altre nazioni europee ci si era già avviati o ci si avviava a realizzazioni analoghe. Tipico l’esempio dell’Inghilterra, dove, per iniziativa privata, erano già sorti molti consultori per arginare l’ondata crescente dei divorzi, che allarmava lo Stato, come una minaccia di disfacimento sociale.
Nel giro di pochi anni, sorsero altri consultori in Italia, con i medesimi intendimenti e sempre per
iniziativa di persone sensibili e volenterose, senza riconoscimenti, né aiuti di nessuna sorta. Sono questi consultori, i quali nel 1968 si raggrupparono sotto la sigla UCIPEM (Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali), che, a mio parere, hanno focalizzato un bisogno sociale di primaria e fondamentale importanza per la solidità e la vitalità della famiglia, dedicandosi con mezzi idonei ad affrontare soprattutto i problemi critici della coppia in formazione o già formata. Altri esperimenti, già effettuati, o che saranno effettuati, come i consultori destinati alla distribuzione degli anticoncezionali, all’assistenza all’aborto, a una presunta educazione (che sarebbe più esatta denominare “istruzione” o “informazione”) sessuale, ma che in definitiva si riducono a una piatta e irrazionale anticoncezionalità, ritengo – come dirò ancora in seguito – che siano da considerare “periferici” ed eludenti la problematica centrale e basilare della crisi della famiglia.

Don Paolo Liggeri riconosciuto tra i Giusti
Don Paolo Liggeri, fondatore dell’Istituto La Casa, verrà riconosciuto tra i nuovi Giusti nella cerimonia in occasione della Giornata europea dei Giusti che quest’anno ha come tema: “Salvare l’umano nell’uomo. I Giusti e la responsabilità personale”. A Milano la posa delle nuove targhe si svolgerà il 3 marzo 2023 alle ore 10 presso il Giardino dei Giusti sito al Monte Stella (via Cimabue, MM1 QT8).
Durante la cerimonia è prevista la consegna delle pergamene in onore dei Giusti segnalati dalla società civile tra i quali don Paolo Liggeri “che dopo i bombardamenti su Milano del 1943 creò il centro di assistenza La Casa organizzando la fuga di ebrei e antifascisti”.
Oltre alle istituzioni e associazioni milanesi, sarà presente una delegazione della giunta comunale e un gruppo di studenti di Augusta, città natale di don Paolo.

Istituto la casa, Milano 20 febbraio 2023

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