Nascituro: quali diritti per chi non è ancora nato ma è già concepito?

 

Nascituro: quali diritti per chi non è ancora nato ma è già concepito?

 

 

            Dal riconoscimento al diritto alla vita di chi è ancora nella pancia della mamma: guida alle tutele che la legge riserva a chi non è ancora nato. L’attesa per la nascita di un bimbo è sempre accompagnata da mille progetti per i genitori. Ma, al di là delle ragionevoli premure dei familiari che possono precedere l’arrivo di un bebè, vi siete mai chiesti se, e in che misura, esistano anche tutele giuridiche nei confronti di chi non sia ancora nato, ma è già nella pancia della mamma (cosiddetto “nascituro”)? La legge si occupa di loro e, talvolta, anche del soggetto non ancora concepito.

 

Riconoscimento.

Il codice civile [Art. 254 co. 1 cod. civ.] prevede il diritto di riconoscere il figlio nato fuori dal matrimonio in un momento successivo al concepimento, ma comunque prima della sua nascita. Si tratta di una particolare forma di riconoscimento dettata dall’esigenza di tutelare il nascituro in previsione di possibili eventi sfavorevoli (si pensi, ad esempio, al sopraggiungere di un’incapacità del genitore anche solo temporanea a seguito di una malattia già nota).

Il riconoscimento va effettuato con un’apposita dichiarazione da rendersi: davanti ad un Ufficiale dello stato civile o al giudice tutelare o ancora in un atto pubblico o in un testamento, qualunque ne sia la forma.

            Tale diritto si considera attribuito sotto la condizione della nascita. La dichiarazione può essere effettuata dalla madre o da entrambi i genitori, ma per il riconoscimento da parte del solo padre occorre che vi sia stato il preventivo consenso della madre che ha già effettuato la dichiarazione.

 

Successione

La legge [art. 462 cod. civ.] inoltre riconosce:

– la capacità di ereditare anche nei confronti dei concepiti al momento in cui si è aperta la successione;

– il diritto a “ricevere per testamento” da parte dei figli di un determinato soggetto vivente al tempo della morte del testatore, anche se non ancora concepiti.

In altre parole, il diritto a ereditare, da parte del “non ancora concepito”, può sorgere solo a seguito di testamento, mentre il già concepito può succedere in base a successione legittima.

            Quando tra i chiamati alla successione (sia con che senza testamento) vi sia un concepito, la divisione dell’eredità non può aver luogo prima della sua nascita [Art. 715 cod. civ.], salvo autorizzazione del giudice che dovrà fissare le opportune cautele. Principio questo che si estende al caso in cui nel testamento siano chiamati alla successione nascituri non concepiti.

Donazione

La legge [art. 784 cod. civ.] ammette anche la possibilità di donare in favore di chi non sia ancora nato.

In tal caso vanno distinte due situazioni:

– quella in cui il beneficiario sia già stato concepito: in tale ipotesi, poiché si presumono concepiti coloro la cui nascita intervenga entro trecento giorni dalla morte del soggetto della cui successione si tratta, la donazione avrà valore se la nascita avvenga entro tale termine, oltre il quale essa si considera nulla;

– quella che il beneficiario, non sia ancora concepito: in tal caso, per la validità della donazione occorre che i genitori del beneficiario siano viventi al momento in cui la donazione viene effettuata.

            In entrambi i casi, la validità della donazione è subordinata alla nascita del bambino. Fino a quando questa non sia avvenuta, il donante rimane titolare dei beni oggetto della donazione ed è tenuto ad amministrarli e a non venderli, né cederli a terzi.

            Una volta che il bambino sia nato, è necessario che la donazione sia accettata dai genitori o da coloro che ne hanno la rappresentanza legale; tale accettazione non può essere revocata.

I genitori (o i rappresentanti legali) potranno compiere gli atti necessari a tutelare i beni donati (si pensi, ad esempio, agli atti volti ad evitare il deperimento di un immobile).

Risarcimento del danno

La Cassazione ha riconosciuto a chi sia già stato concepito al momento del compimento di un fatto illecito e nato successivamente a questo, il diritto al risarcimento danni che si siano verificati in contemporanea alla nascita o posteriormente a questa [Cass. sent. n. 11625/2000].

In altre parole, la Corte ha sancito il principio secondo cui sono risarcibili tutti i danni che hanno una diretta e concreta incidenza sul nato, anche se conseguenti a fatti illeciti commessi nel periodo in cui il nascituro era solo concepito. Ad esempio, la Cassazione ha riconosciuto al nascituro (già concepito) il diritto al risarcimento del danno per il comportamento doloso o colposo di chi abbia provocato la morte del genitore [Cass. sent. n. 9700/2011 e 5509/2014] (si pensi ad un sinistro stradale) quando sia stata accertata la correlazione tra la condotta del terzo (se pur anteriore alla nascita) ed il danno che sia derivato al nascituro a causa della perdita del relativo rapporto parentale e per ogni pregiudizio di natura non patrimoniale e patrimoniale derivato dal fatto.

            Inoltre, in tema di responsabilità medica, sempre la Suprema Corte ha affermato l’esistenza di un vero e proprio diritto del nascituro alla salute [Cass., sent n. 16754/2012 e 10741/2009]. Essa, in particolare, ha fatto conseguire alla violazione dell’obbligo di informazione da parte del medico, il diritto al risarcimento del danno in favore, oltre che della madre, anche del concepito, una volta che quest’ultimo sia venuto al mondo con malattie o malformazioni, in relazione all’inosservanza del principio del cosiddetto “consenso informato”.

Il nascituro o concepito viene, infatti, riconosciuto come un soggetto dotato di autonoma personalità giuridica (se pur attenuata o parziale) in quanto anch’egli titolare, in via diretta, di alcuni interessi personali quali il diritto alla vita e all’integrità psico-fisica.

 

Diritto alla vita e aborto

Prima ancora che di diritto alla salute, può parlarsi anche di un diritto del bambino a venire al mondo? A riguardo è inevitabile il richiamo alla legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (cosiddetta IVG) [L. 194/1978], che si riferisce alla necessaria ipotesi in cui il concepimento sia già avvenuto.

            In base a tale legge, il diritto alla vita del nascituro riceve una tutela piena e autonoma (cioè indipendente dalle condizioni riguardanti la gestante) solo dopo il quinto mese di gravidanza della madre. A quest’ultima, infatti, è consentito l’aborto per ragioni differenti, a seconda di quale sia il periodo di gestazione.

In particolare, nei primi tre mesi, l’IVG è consentita quando la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità metterebbero in serio pericolo la salute fisica o psichica della donna (anche in ragione delle sue condizioni sociali o economiche).

            Tra il quarto e il quinto mese, invece, l’IVG è ammessa solo per ragioni di tipo terapeutico, quando cioè la gravidanza o il parto possano mettere in grave pericolo la vita della gestante o quando siano state accertate gravi anomalie o malformazioni del feto. {l’art. 6 della Legge recita però: che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. ndr},

www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf

          Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per i medici di rifiutare l’intervento, sollevando obiezione di coscienza.

Procreazione medicalmente assistita (fivet) [disciplinata dalla L.40/1994.]

La vita del nascituro è, invece, presa in considerazione sin da prima del concepimento dalla legge in tema di fecondazione medicalmente assistita, che consente alle coppie di diverso sesso, coniugate o conviventi (e viventi) l’utilizzo di tecniche finalizzate al “favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana […] in mancanza di altri metodi efficaci” a rimuoverle; essa è, ad oggi, preclusa ai single, alle coppie omosessuali, così come è vietata la fecondazione post-mortem (del padre).

            Questa tecnica, fino a poco tempo ammessa attraverso l’esclusivo utilizzo di gameti prelevati dalla coppia, ha trovato da poco un generale ampliamento attraverso la previsione dell’utilizzo, per le coppie infertili, di spermatozoi e ovuli da parte di donatori esterni (cosiddetta fecondazione eterologa) [Corte. Costituzionale, sentenza n. 162/2014]; in tal caso, il nascituro non potrà ereditare alcun patrimonio genetico dai genitori.

            Ai nati grazie all’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita è riconosciuto lo stato di figli legittimi della coppia, alla quale non è data la possibilità di disconoscere la paternità del figlio o alla madre di far ricorso al parto in anonimato. La legge pone una particolare attenzione al divieto di un uso indiscriminato di embrioni, che non possono essere prodotti in numero superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto.

            Solo quando il trasferimento degli embrioni nell’utero non sia possibile per una grave causa di forza maggiore e relativa allo stato di salute della donna, è consentito il loro congelamento (cosiddetta crioconservazione) fino alla data del trasferimento.

            In ogni caso, è vietata la sperimentazione su ciascun embrione umano e, per la necessità di prevenzione delle malattie genetiche, esiste il generale divieto di analisi pre impianto, se pur fortemente ridimensionato a seguito dalle recenti pronunce in materia.

Con particolare riferimento alla fecondazione eterologa, in attesa di una specifica legge in materia, sono state elaborate (col contributo delle società scientifiche italiane di medicina della riproduzione, biologia e ginecologia), delle linee guida necessarie per eseguire il processo garantendo la massima sicurezza per tutti i soggetti coinvolti (genitori e nascituro): in particolare, il documento [Le linee guida sono state approvate il 4 settembre 2014 all’unanimità dalla Conferenza delle Regioni.] prevede una precisa valutazione dell’idoneità del donatore, che comprende l’età, lo stato di salute e la storia clinica, lo screening completo delle malattie infettive e genetiche.

            Non esiste, tuttavia, una specifica indicazione in merito alla possibilità o meno per i figli di ottenere informazioni sulle proprie origini (e quindi conoscere il donatore e la rete parentale più prossima) al pari di quanto avviene oggi per l’adottato. Appare, pertanto, quanto mai evidente la necessità che il Parlamento legiferi al più presto sull’intera materia.

 

Maria Elena Casarano          la legge per tutti        18 gennaio 2015

 

www.laleggepertutti.it/69149_nascituro-quali-diritti-per-chi-non-e-ancora-nato-ma-e-gia-concepito

 

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