La mamma di Jonathan

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La mamma di Jonathan

          La mamma di Jonathan ha un profondo senso di fallimento dentro di sé. Ha dato alla luce un “prodotto“  tutt’altro che perfetto e si sente la mamma più inadeguata.

          L’ostetrica, se crede nella sua professione e nel suo ruolo, farà tutto il possibile per far sentire questa donna in grado di assolvere il suo compito perché il suo bambino si farà amare e darà tutte le gratificazioni che un figlio può offrire.

Il primo momento della relazione madre/figlio è fondamentale: il contatto pelle a pelle aiuta il neonato a superare il distacco della nascita e la madre svilupperà il bonding, quel sentimento che la unirà al suo bambino per la vita, l’istinto materno.

          Appoggiare il piccolo sul ventre materno, prima convesso, ora concavo, lo aiuta a riconoscere la mamma attraverso l’olfatto. Trovare il capezzolo è la prima fonte di sicurezza insieme al calore e al pulsare del suo cuore.

           E’ possibile che questa mamma, seppur col fardello dell’handicap, riesca a realizzare che quel bambino è il suo bambino per il quale vale la pena accompagnarlo nella vita.

           Altro fattore molto importante per il quale l’ostetrica può essere un valido aiuto è incoraggiare l’allattamento materno. Il valore nutrizionale unito all’intimità che si crea tra madre e figlio è una condizione indispensabile per lo stato di fragilità e il rischio di infezioni cui vanno incontro questi neonati.

          Il bambino Down è spesso sonnolento e il riflesso di suzione è debole, tuttavia la calma e il tempo necessario a lui dedicato ricompensa tutti i sacrifici della mamma a favore del suo piccolo.

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          Ho portato questa esperienza per sottolineare la forza di una madre che ha affrontato con coraggio e positività la nascita di questo bambino, nonostante le difficoltà oggettive e una società proiettata verso la perfezione. Oggi il concetto di “normalità” si identifica con “perfezione”. La medicina preventiva, le indagini prenatali, tendono a selezionare le nascite dei bambini portatori di handicap in quanto “non perfetti”.

          I genitori che fanno altre scelte potrebbero passare per incoscienti o trascurati.

Il ruolo dell’ostetrica, indipendentemente dalla scelta dei genitori di proseguire o meno la gravidanza, sarà comunque di supporto e vicinanza. Il nucleo familiare è la prima cellula sociale, all’interno della quale si sviluppa la dimensione psicologica e relazionale per ogni individuo. La stessa dimensione si amplierà un domani all’infuori della stessa. L’ingresso di un bambino disabile nella comunità sarà per lui tanto più facile quanto più la famiglia lo avrà accettato.

Cristina Danielis

Ostetrica del Consultorio

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