La fragilità nella famiglia

 

LA FRAGILITA’ NELLA FAMIGLIA

Autrice: Gabriela Moschioni

 

La famiglia (e noi diciamo la famiglia) perché condividiamo il valore della famiglia fondata sul matrimonio e sul matrimonio come sacramento, è veramente fragile.

 

Già perché per essere “politically correct”  non si dovrebbe parlare di famiglia, ma di famiglie, perché si “devono” considerare  con pari dignità tutte le unioni siamo esse di fatto omosessuali ecc.

Si parla tanto di “emergenza educativa”, ma dal mio osservatorio, emerge che la difficoltà educativa ha origine proprio dalla labilità e dalla inconsistenza etica ed umana dei componenti la coppia genitoriale.

E’ vero che la coppia oggi è fragile, povera, inconsistente, poco o per nulla aiutata

E’ fragile dal punto di vista

  • Fisico- sessuale
  • Psicologico – affettivo
  • Spirituale e di fede

La generazione delle coppie di cui vi occupate è figlia di genitori del 68 dove il motto era : “la famiglia come bersaglio, il sesso come arma”

Però nessuno di noi può “chiamarsi fuori” perché la filosofia del relativismo ci ha talmente circondati ed invasi che anche i cristiani convinti e praticanti ne sono influenzati.

Io lavoro in un consultorio di ispirazione cristiana e molti dei miei clienti – anche cristiani impegnati – nelle situazioni di difficoltà spesso si accomunano e si esprimono come nella mentalità corrente : “è meglio separarsi che farsi vedere litigare sempre dai figli, ecc.” accettando a priori la possibilità che il matrimonio possa essere a durata determinata.

la cultura odierna ha enfatizzato la fruizione del piacere, ma ci ha anche condizionato a canoni rigidi, quasi standardizzati di erotismo : modalità, durata, frequenza, quantità in una gamma di sfumature che va dall’autoerotismo (coadiuvato anche da strumentazione tecnica e sostenuto da fantasie indotte dalle chat) fino a qualsiasi tipo di rapporto “gender” (omosessuale, lesbico, trans) purchè dia piacere.

Anche il pubblico di prima serata è martellato da immagini di rapporti che puntualmente partono da baci sconvolgenti fino a terminare in orgasmi multipli magari fra due persone che si sono appena incontrate e di cui non conoscono  nemmeno il nome.

L’intimità oggi è diventata un problema sociale  perché tutto quello che riguarda il corpo è buttato fuori, proiettato anche sullo schermo, esternalizzato.

L’extimità cioè l’esibizione e l’enfatizzazione del corpo senza relazione e l’uso patologico sempre più frequente degli strumenti digitali per fare sesso sono fenomeni preoccupanti perché in ultima analisi significano usare il corpo in modo narcisistico

Invece l’amore tra un uomo ed una donna al di sopra di tutte le relazioni umane, che pure si esprimono con la corporeità, fa del corpo dei due sposi il mezzo e lo strumento per esprimere la sacralità dell’intimità più profonda ed esclusiva che è destinata a durare tutta la vita.

L’amore reciproco che si offrono i due partner deve contenere tutta la gamma delle sfumature che compongono le due persone:

  • l’affettività (che è bisogno di calore e di comunicazione),
  • la complicità che è sentirsi unici e anche “birichini” insieme,
  • l’allegria che significa sentirsi “bambini” insieme, 
  • Piacere che è sapersi liberare dalle preoccupazioni del lavoro , dai doveri, dalle incombenze pratiche della vita per concedersi e comunicarsi la gioia di essere insieme.

L’amore è

  • Complementarietà che è completamento fisico, psicologico e spirituale
  • Armonia confidenza e fiducia che danno spontaneità e naturalezza all’incontro dei due corpi e delle due persone
  • Comunicazione che è dialogo e linguaggio.

La coppia ha la sublime sacralità di poter comunicare anche attraverso il corpo – al di sopra di ogni altra pur significativa relazione umana – e comunicare attraverso il corpo significa accettare ed accogliere con gioia ed indulgenza la regressione, l’erotismo, la curiosità e anche la giocosità e l’infantilismo del partner.

Non è facile riconoscere, percepire, portare a galla e dirsi a parole queste sensazioni profonde ed arcaiche, ma è proprio attraverso il linguaggio del corpo che possiamo esprimere la rassicurazione reciproca, l’accettazione piena, la curiosità, la scoperta attraverso la gestualità affettiva che comunica gioia e amicizia profonda.

L’unione maschio femmina è stata fatta ad immagine dell’amore divino ed esprime tutta la sacralità connessa al grande dono di “dare la vita” ad un altro essere umano unico ed irripetibile che deve essere accolto non per sé, ma per il mondo, per il futuro per un altro uomo o per un’altra donna, in fine per Dio.

 

Purtroppo però :

–                     le esperienze sessuali precoci e l’uso della sessualità e del corpo come                                         “esperienze”. moda, costume

–                     la non esclusività e personalizzazione del rapporto sessuale

–                     la fedeltà intesa come essere fedeli ad una persona per volta e “finchè sto bene                          con te ti sono fedele”

fanno sì che dopo un primo periodo di intensa attività sessuale ed affettiva sulla spinta dell’attrazione fisica, della novità, della curiosità a poco a poco la coppia si disaffeziona al rapporto interpersonale  ancora prima di andare a convivere.

–                     La scissione, ormai universalmente invalsa, tra procreazione e sessualità ha tolto molto o tutto della sacralità, del mistero e anche della paura del rapporto sessuale.

La paura oggi che pure è presente nella relazione è più riconducibile a problemi profondi delle due personalità, a problemi connessi al rapporto intimo con sé ed alla paura di concedere intimità ad un’altra persona nella quale si ha paura di perdersi o dalla quale si ha paura di essere sopraffatti

La mancanza di novità, la curiosità appagata, il piacere ripetitivo, gli stessi orari, gli stessi rituali, le stesse posizioni, la stanchezza, gli stimoli esternizzanti sia del lavoro che del divertimento portano la coppia a considerare il “fare l’amore” come una delle tante “cose da fare”.

Per non parlare delle responsabilità connesse col costituirsi della famiglia, la nascita dei figli, la gestione economica, le varie incombenze legate alla vita di tutti i giorni con la forte centralità che il “figlio” ha assunto oggi.

Una mia giovane cliente (quattro anni di matrimonio e tre figli) mi diceva che suo marito era totalmente cambiato non tanto dal momento dell’arrivo di tutti quei figli inaspettati, ma dall’arrivo della prima bolletta da pagare.

Non ho preso in considerazione le patologie connesse alla sessualità od ai disturbi della personalità, mi sono limitata a fotografare la realtà della coppia media “normale” che viene in consultorio per le più svariate problematiche relazionali, educative, conflittuali ecc. dalle quali escono, apparentemente in modo marginale, i vissuti della  sessualità.

Quando la sessualità non è vissuta in modo completo, coinvolgendo tutte le componenti della persona, non riesce a portare ricchezza nella relazione e facilità nel rapporto interpersonale.

 

Pur senza prendere in considerazione i disturbi psicologici più gravi la maggior parte delle coppie esprime disagi connessi alla

  • Fragilità
  • Insicurezza
  • Poco autostima
  • Incapacità a fare scelte irreversibili

delle personalità dei due singoli componenti la coppia.

Quando le persone non sono autonome sul piano psicologico chiedono al partner quello che il partner non può dare perché la sicurezza e l’autostima, che sono alla base di una buona relazione con se stessi,  non possono essere mutuati da un altro, ma devono essere patrimonio individuale da offrire e condividere.

La fase dell’innamoramento dà l’illusione di poter “salvare” l’altro e costituire per lui tutto l’universo, ma quando l’amore deve farsi più maturo e confrontarsi con la vera identità dell’altro, la persona deve con pazienza e costanza imparare ad amare l’altro per quello che è anche se, quasi sempre, è diverso dall’immagine che si era fatto di lui o di lei come proiezione dei propri sogni e delle proprie aspettative.

Quando la coppia entra in questa “crisi” che potrebbe essere un’ottima occasione di crescita, spesso si incaglia e i due partner si accusano a vicenda, si rinfacciano le delusioni, e, nei migliori dei casi si dicono “Ti voglio bene ti sono affezionato, ma non ti amo più”.

E non sanno che per fare una buona separazione ci vuole ancora più impegno che fare un buon matrimonio.

L’educazione che hanno ricevuto, troppo permissiva, poco esigente basata su valori effimeri o su non valori, non ha forgiato delle personalità, ma degli eterni ragazzi che non sono capaci di aspettare, di prendersi carico degli altri, di fare fatica,  ma persone solo tese al soddisfacimento del proprio benessere personale  immediato.

Infatti se chiedete ad una coppia perché si sposa vi risponderà “perchè stiamo bene insieme” e se le chiedete perché si separa risponderà “perché non stiamo più bene insieme”.

Neanche la presenza dei figli li trattiene dal cercare fuori dalla famiglia quelle che sicuramente si riveleranno delle ulteriori delusioni, perché sono loro stessi dei “bambini” e non si rendono conto della sofferenza che infliggono ai loro figli che dicono di amare.

Non sono neanche capaci di rendersi conto delle ferite profonde che infliggono ai loro familiari : partner, figli, genitori, ed anzi utilizzano i bambini, nelle lunghe lotte giudiziarie, per soddisfare i loro bisogni di non sentirsi in colpa  e di avere una buona immagine di sé.

Non sapendo che solo attraverso una buona presa in carico di sé, dei propri limiti, delle proprie potenzialità potrebbero trovare la serenità che apre all’altro ed alle responsabilità.

Neppure la fede e la pratica cristiana riescono a dare motivazioni sufficienti a ricordare le promesse del matrimonio, probabilmente perché anche la fede non è stata coltivata in modo adulto, ma piuttosto come buona cosa finchè non interferisce coi loro più immediati desideri.

In un recente seminario che ho seguito una statistica americana riportava un grafico delle gratificazioni delle “famiglie ricongiunte” – come in modo sbagliato chiamano i sociologi italiani o step-family quelli americani. Dopo un primo anno di euforica soddisfazione le “nuove” coppie ricadono nelle problematicità irrisolte della prima coppia che avevano costituito.

E questo con buona pace di tutte le fiction che ci mostrano famiglie allargate felici. appagate, aperte senza problemi facendoci credere quanto siano noiose le cosiddette “famiglie normali”

Come è possibile aiutare queste coppie e queste famiglie?

Non è facile in una cultura mediatica ed educativa come la nostra far superare alle persone questa mentalità infantile ed edonistica.

La coppia oggi è veramente fragile e ha bisogno di molta attenzione, studio e simpatia.

Accostarsi alle giovani coppie significa per prima cosa curare la propria coppia, prendersi grande cura di sé e dell’altro, dare priorità e tempo per godersi a vicenda : in una parola essere felici nonostante le grandi difficoltà della vita.

Molte coppie non possono per essere curate se non attraverso un intervento specifico e consigliate di rivolgersi ad un consultorio di ispirazione cristiana , ma il tessuto connettivo della comunità cristiana può e deve preparare il terreno perché i ragazzi ed i giovani trovino nella realtà familiari a loro vicine degli esempi viventi di felicità e di realizzazione umana e cristiana.

Voi coppie cristiane felici e generose nonostante le inevitabili difficoltà e dolori della vita dovete essere così affascinanti e convincenti da far capire alle gente che quello che il “mondo” vuole farci credere non è verità, ma fiction, grande fratello, isola dei famosi, falsi idoli che portano fatalmente alla insoddisfazione, alla tristezza ed anche alla depressione.

L’approccio comunque alle giovani generazione deve essere accogliente, non giudicante, aperto.

Deve usare il linguaggio e la gestualità affettiva perché è solo attraverso il cuore che possiamo arrivare all’altro.

E’ solo la comprensione e l’empatia che siamo capaci di esprimere che farà incuriosire e farà si che i giovani si pongano delle domande.

Se ce l’hanno fatta dodici ignoranti pescatori a rivoluzionare i costumi dell’impero romano – che erano certamente ancora più decadenti dei nostri – ce la faremo anche noi.

Certo loro avevano lo spirito santo, ma ce l’abbiamo anche noi, soprattutto noi coppie che siamo chiamate a rappresentare proprio l’amore di Dio nella sua concretezza e nella sua ineffabile tenerezza. 

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