La coppia: ” due stranieri in cammino”

La coppia: ” due stranieri  in cammino”

 

AUTORE : mons. Floriano Danini

 

 

Premesse

        Il problema delle differenze è attualissimo; è recente l’intervento della chiesa in questo campo: il documento della Congregazione della fede afferma che la distinzione tra i sessi non è semplicemente un dato biologico-fisico, non è un prodotto del condizionamento storico-culturale, ma è iscritto nell’essere stesso di tutta la persona.

 

        Alcuni movimenti tendono a cancellare le differenze per legittimare le più svariate trasgressioni: omosessualità, famiglia mono-parentale, esercizio pluriforme del sesso.                    Il tema di questa breve conversazione intende mettere in luce la verità dell’essere persona nella sua unicità, chiamata a realizzare la propria originalità nell’intreccio della relazione di coppia. E questo è un aspetto della vita di coppia ancora in parte sottaciuto  e in parte inesplorato; si integra con il discorso delle differenze, le conferma e in certo senso ne coglie le radici più profonde.

        La riflessione si riferisce alla coppia genericamente intesa, mentre vive la propria relazione d’amore e si colloca a livello antropologico, etico e di fede; non ha la pretesa di esaurire il discorso, si snoda dentro l’umanità dell’uomo e della donna, in cammino verso una mèta più alta di loro stessi.

       Premetto che la riflessione potrà sembrare difficile, astratta, esigente e forse qualcuno la potrà ritenere impraticabile. Può anche risentire dei limiti propri di chi, come me, avendo fatto una scelta di celibato, non ha esperienza diretta di vita di coppia: ma il taglio selezionato del discorso può essere trattato anche dal prete, può anzi arricchire la riflessione di alcune note che stimolano il confronto tra due esperienze diverse che non sono in opposizione tra loro.

LA RIFLESSIONE

        Mi faccio strada attraverso un aneddoto: quando ero bambino e arrivava nella mia casa di campagna un forestiero oppure un mendicante diventavo curioso: portava novità nel vestito, nel tratto, nella filosofia di vita. Aveva, in un certo senso, fascino su di me. Il forestiero, il viandante, non è ingombrante, è libero da vincoli territoriali, non è proprietario di nulla, porta con sé solo il necessario, è sempre in cammino.

L’immagine del forestiero o dello straniero, indica la persona che ancora non si conosce e incuriosisce; nella coppia i due partners, nonostante si frequentino, nel nucleo più profondo del loro essere, rimangono forestieri, sono “altri” l’uno per l’altro cioè forestieri. Ogni persona, è “altra” rispetto a se stessa e rispetto agli altri e questo crea novità e fantasia del rapporto.

L’alterità è di più della differenza: è la connotazione essenziale della persona; in questo senso, la persona ha dignità di fine e non di mezzo; ha una quota di sovranità spirituale non negoziabile, che mai si potrà fondere o sovrapporre con l’altro sotto pena di impoverire la relazione e il patrimonio di risorse comuni.

        Le basi perché due persone nella relazione di coppia, pur nel dono reciproco di sé, rimangano radicalmente se stesse e anzi potenzino le loro ricchezze umane e le loro differenze sono due:

 

        A) FAR CRESCERE LA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE

La Bibbia dice: ” Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò”. Dio si rispecchia nel maschile e nel femminile dell’uomo e della donna. Ciascuna persona assomiglia a Dio non solo come essere intelligente, ma come essere in relazione.
Acquisire la consapevolezza della propria identità, è impegno che apre orizzonti di libertà e di crescita. In questo percorso formativo occorre evitare di cadere nell’individualismo: cioè di lasciarsi prendere dal ritornello martellante della cultura odierna che invita all’autorealizzazione, all’autoreferenzialità, fino al punto che la coppia rischia di credersi “referente ultimo” di ogni verità e di ogni valore. La coppia autoreferenziale  non può che ‘scoppiare’ o tirare avanti nella noia.

Una ragazza scrive: ” Mi fa tremare di emozione la coscienza che Dio fa tutti “pezzi unici” e ci chiama ad esserlo al nostro meglio: siamo creati a sua immagine e somiglianza, ma la Sua identità è così ricca e varia che non ha limiti nella creazione di miliardi di persone – uomini e donne;  ciascuna contiene un Suo capolavoro. Diventare questo capolavoro: questo è il nostro cammino. Ecco perchè tentare di precisare i contorni della mia identità continua ad affascinarmi, a intricarmi.”


       
B) ACCOGLIERE L’ALTERITA’ DELL’ALTRO

Di un altro abbiamo bisogno per maturare l’identità personale; da un altro noi abbiamo origine. Sempre una relazione ci precede; in assoluto, per chi crede, la prima relazione è  quella di Dio che ci ha creati. La coppia è composta da due persone irriducibilmente straniere, l’uno per l’altra; ogni persona è un infinito di possibilità non ancora rivelate. L’incontro è gioia e fatica: è fatica perché la coppia non nasce finchè tutti e due i partners non accettano di morire a qualcosa di sé; è gioia perché regala la comunione tra due esseri.
Una coppia scrive: “il vero problema sarà quello di uscire dal periodo fusionale dell’innamoramento per  riconoscere due identità di due diversi: proprio guadagnando il senso della diversità irriducibile dell’altro, ho acquistato il senso di essere io stessa un’altra, una diversa; ho imparato a volermi e ad amarmi “altra”; e pormi di fronte all’altro come identità”.

IL DRAMMA DELLA COPPIA CHE SFUNZIONA.

Una delle crisi più paurose della coppia nasce dal fatto che nella fusione reciproca e nel tentativo di ridurre le distanze tra le due persone, ci si accontenti di incontrare l’altro attraverso la scorciatoia dell’esteriorità, del solo sesso, del solo sentimento. In questo modo  alcune coppie, erroneamente, dopo qualche tempo pensano di essersi già conosciute ed entrano in una situazione nella quale non c’è più nessuna attesa. Cosa è capitato? Si è raggirato con scorciatoie lo spessore di per sé inesauribile della diversità. Ed è un dramma perché viene a mancare la ragione del fascino e dell’attrazione vicendevole.
        La persona è bella e sempre ricca di novità se viene accolta nella sua interezza e nella sua sovranità; è in certo senso mistero. 

        Purtroppo ci sono coppie che già in partenza si trovano, quasi fatalmente, a vivere una relazione senza aver acquisito la consapevolezza della propria identità e sono in condizioni di grande fragilità psichica, affettiva, emotiva, spirituale.

La spinta che li unisce è quella del bisogno. Questo cadersi addosso l’un l’altro paralizza il confronto e la crescita, pianifica le attese,  non esprime la maturità del dono.
K. Gibran dice “… e state insieme tutta la vita, ma non troppo vicini, perché le colonne del tempio stanno separate e la quercia e il cipresso non crescono mai l’uno all’ombra dell’altro”

ALLORA COS’E’ L’AMORE?   – E’ reciprocità, è scambio, ascolto tra due persone che rimangono in piedi, l’una di fronte all’altro, in attesa di svelamento reciproco.
– è accettare la distanza che sempre esiste tra due stranieri e quindi saper vivere positivamente una quota di solitudine, propria della natura della relazione tra due esseri sovrani;
– è confronto tra due persone che, nella libertà e nell’amore, diventano sempre più differenti accentuando il fascino della novità;

– è arrendersi con sofferenza anche all’insuccesso perchè l’amore è fragile, può essere impotente. In questo caso la continuità del rapporto si esprime nell’accettazione della croce, sapendo che ogni croce non solo non è dannosa, ma ha una grossa forza di rinascita alla speranza.
        Visti i limiti umani e il peccato di ciascuno, diciamo che non si può pretendere  un rapporto di coppia senza imperfezioni, senza amarezze e senza delusioni. E’ irraggiungibile una relazione di puro scambio interpersonale; ma con un cammino di purificazione dagli egoismi è possibile eliminare dal rapporto aspetti strumentali che devastano l’integrità e la bellezza vera della persona; la prendono solo materialmente; ne prendono solo una parte.

DUE  STRANIERI IN CAMMINO
 

        Dio è lo straniero per eccellenza: è “radicalmente altro” da noi e da come lo immaginiamo; è di per sé irraggiungibile; lo possiamo contemplare e allora Lui stesso si rivelerà a noi e ci farà capaci di credere che Lui è  ad un tempo la più generosa misericordia e la giustizia più rigorosa, la lontananza più infinita e l’amicizia più intima con ciascuno di noi, l’onnipotenza più grande e la debolezza crocifissa.

        Questo Dio  “così straniero”   rispetto a noi, è il fascino più grande dell’uomo e ne rispetta, come nessun altro, la libertà.  E’ stato cercato per millenni, bestemmiato, negato, pregato: ha avuto gente che ha dato la vita per Lui. Il Suo fascino non passa mai perché è novità assoluta,  è amore che non si lascia catturare, è sovrano.

        Accogliere nella preghiera il Suo mistero costa lungo esercizio di fede, ma rende disponibili  ad accettare quel raggio di mistero che è in loro. E’ lo sposo vero che compie i nostri desideri e dona completa comunione.

        La vita di coppia può essere interpretata con la metafora del viaggio: due pellegrini, sostenuti dalla speranza dell’assoluto, camminano leggeri senza equipaggiamento superfluo, verso una meta più grande di ogni loro passo. In comune hanno tante insufficienze e vulnerabilità,  ma credono nella promessa; quella di Dio e quella che si sono scambiati tra di loro, in attesa di una comunione piena e senza fine. Là dove Dio e l’uomo e l’uomo e la donna  non saranno più stranieri tra loro; l’essere coppia non avrà più alcun senso perché Dio sarà “tutto in tutti”.

Condividi, se ti va!