Don Sergio Rosso

VENTENNALE DI DON SERGIO  29/6/2013

 

            Questo incontro ha per titolo “un pomeriggio con Don Sergio Rosso”.

            Presentare Don Sergio in occasione del ventesimo anniversario del suo ritorno alla casa del Padre è un’occasione di incontro con un uomo che nella propria vita ha dato molto spazio alla formazione di se stesso come persona e come sacerdote. Attento alla coerenza fra le due identità, era capace di relazioni autentiche e profonde messe a servizio degli altri. Significa raccontare il passato con gli occhi di oggi per cogliere il senso dell’esperienza di una persona in qualche modo ancora presente nell’agire e nel costruire il futuro.

            Sono grato a Don Sergio per quanto mi ha offerto sia sul piano umano che su quello religioso. L’ho incontrato per la prima volta a San Filippo, avevo circa 20 anni, parlava a noi ragazzi. Mi è rimasta impressa una sua affermazione: “In ogni coppia ognuno dei due sia persona capace di costruire l’uomo prima della coppia”. Ho poi capito che questo era un suo pensiero forte, molto presente nella sua vita: costruire prima l’uomo e poi la coppia, prima l’uomo e poi il sacerdote. Uomo e sacerdote in lui profondamente in armonia.  

Con rispetto e affetto faccio riferimento ai suoi scritti e ai suoi pensieri raccolti nel libro “Un’idea in cammino: Don Sergio Rosso”. Parlo di lui, in modo sicuramente non esaustivo. Chi lo ha conosciuto ha altre riflessioni importanti da aggiungere, tratte dalla arricchente relazione con lui.

            La sua vita è sintetizzata in quattro date, ciascuna commentata con una sola parola, che lui stesso ha scritto:

20-6-1920 arrivato     19-7-1920 rinato     21-12-1942 consacrato     1-4-1993 ritornato.

Nascita a Pollone, battesimo, ordinazione sacerdotale, ritorno alla casa del Padre (l’ultima data, com’è  ovvio, è stata scritta da noi). Sono per don Sergio le tappe fondamentali della sua esistenza.

E’ stato vice parroco ad Andorno e parroco a Mottalciata, insegnante in seminario, al liceo scientifico e al liceo classico. Si è formato come psicoterapeuta al corso quadriennale frequentato presso l’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona. E’ entrato a far parte dello staff docenti di tale prestigioso Istituto, fondato in Italia da Carl Rogers, psicologo statunitense fondatore della terapia non direttiva. E’ stato insegnante del metodo Gordon per “Genitori Efficaci”.  Nell’Associazione Telefono Amico è stato formatore e supervisore. Nel 1968 ha fondato il Consultorio Familiare La Persona al Centro, di cui è stato direttore sino al 1993. Cultore e compositore di musica è stato maestro di canto e di teatro.

Queste esperienze lo hanno portato a vivere con i giovani, con le loro contraddizioni e la loro ricerca di senso; ha colto il disagio delle famiglie e la loro necessità di trovare un luogo riservato e persone preparate ad ascoltare e a cercare insieme delle risposte.

Ma il modo più efficace per parlare di Don Sergio è quello di dare la parola a lui. Perciò leggo e commento alcuni brani dei suoi scritti e dei suoi pensieri tratti dal libro che ho citato.

Nella prefazione al libro, Don Maculan, già parroco di Pollone, riferisce che Don Sergio, in occasione del 50° di ordinazione, racconta che a 10 anni è entrato in seminario, a 20 anni si è innamorato (di Dio) e dopo 50 anni di Messa dice: “Sia io che Lui abbiamo avuto buon gusto”. Don Sergio diceva cose serie anche con umorismo; augurava ai fidanzati la qualità dell’umorismo nella loro vita di coppia invitandoli a non prendersi troppo sul serio. E dava ai mariti il consiglio: “Non mettere in dubbio il criterio di tua moglie: pensa chi ha sposato”.  

Fra i suoi maestri di vita ricorda Don Fontanella che un giorno gli disse: “Il sacerdote deve imparare l’arte di perdere tempo. Intendeva: quando qualcuno ha bisogno di te, tu non hai altro da fare che essere per lui, passare un po’ di tempo con lui”. Essere per ed essere con. Don Sergio viveva in questo modo sia con gli utenti che con gli operatori del Consultorio. Scrive: “Il Consultorio può essere luogo di incontro e chiarificazione, per dare, attraverso a una conoscenza di sé, la possibilità alle giovani generazioni di avere la capacità di discernimento e di scelta, la chiara convinzione che l’uomo si costruisce giorno per giorno, che l’importante non è solo quello che appare, che l’appagamento delle aspirazioni più profonde esige capacità di sforzo, di coraggio e, a volte, di rinunzia. All’uomo bisogna parlare con il linguaggio che gli è proprio: quello della decisione, della responsabilità, della libertà che possiede di attuare il compito di essere umano, compito che, per me credente, è nello stesso tempo scelta e vocazione”.  Delinea così i tratti di una relazione costruttiva con l’utente, in particolare con i giovani, ai quali possono essere formulate proposte forti, ma sempre rispettose della loro libertà.

Leggendo queste affermazioni si pone un problema: le proposte e le indicazioni sono espressioni della direttività del consulente? Questo contrasta con la libertà dell’utente? Grazie al corso di psicoterapia centrata sulla persona, frequentato nel quadriennio 1980/83 alla scuola di Carl Rogers, don Sergio può affermare: “Ho  constatato che nel mio lavoro di terapeuta ci deve essere assenza di direttive non però assenza di direzione. Assenza di direzione sarebbe vacuità mia e improbabile neutralità. D’altra parte avere una direzione vuol dire avere chiaro quel che si vuole, dove si va, avere la piena consapevolezza di chi si è. Perciò pur essendo sempre più convinto che debbo rispettare l’altro e accettarlo così com’è, evitando di trasmettergli le mie soluzioni, valutazioni, o proiettargli i miei sentimenti, non posso essere neutrale se non in modo temporaneo e artificiale perché non posso e non voglio non essere me stesso. So che il cliente non è venuto per parlare a una copia di se stesso, ma a una persona che sia il più possibile se stessa, e quindi diversa, e che possa aiutarlo”.

Don Sergio ha avuto il coraggio di iniziare il corso di psicoterapia a 60 anni con questa consapevolezza: “L’esperienza psicoanalitica è certamente sconcertante, è una strada estremamente difficile, spesso dissacratoria di tutto quello che avevamo ritenuto valido e che vediamo cadere: valori, convinzioni, il nostro io… Dio. Ci vuole molto coraggio per affrontare la verità profonda di e su noi stessi”. La sua formazione non gli ha certamente fatto perdere i suoi valori né la sua fede, anzi li ha resi più forti alla luce della verità su di sé.

Durante il corso don Sergio ha conosciuto docenti di grande levatura umana. Con loro è nato  un dialogo autentico che esprime rispetto, stima, vicinanza.  Il libro “Un’idea in cammino” riporta colloqui e lettere con Chuck Devonshire, Carl Rogers e Alberto Zucconi. A Devonshire, allievo e collaboratore di Rogers, Don Sergio rivolge espressioni di profonda stima: “Ti ho sentito così ricco dentro come terapeuta, ma soprattutto come uomo e per questo sento che puoi darmi molto dal punto di vista umano anche se non nel contesto della fede”. Pur avendo diversità di vedute Don Sergio è chiaro ed esplicito nel dichiarare la propria fede: “Non mi sento alienato nel credere in Cristo perché Cristo è per me più veritiero a me di me stesso, è Colui che è la ragione e la causa di me ed è in Lui che ritrovo il mio vero essere. Vedi io credo nell’uomo perché credo in Dio; e credo che l’uomo totale e pieno sia Cristo”.

            Chi è stato vicino a Don Sergio si è reso conto che il corso di psicoterapia lo ha aiutato a crescere molto, come uomo, come sacerdote e come terapeuta. Ne sono un segno evidente gli appunti per omelie alle quali ha dato titoli di per sé significativi: avanza verso te stesso, scopri chi sei, vivere con gli altri, il dialogo. E’ descritto l’incontro con l’amico che sa creare atmosfera di sicurezza e di fiducia, che non giudica, che aiuta a guardarsi in faccia con simpatia, ad accettare il proprio volto e la propria storia. La descrizione di questo amico corrisponde alla figura di Cristo che ha questi sentimenti nei riguardi dell’uomo.

La sua concezione dell’uomo si manifestava in ogni relazione, in particolare nella consulenza fatta di accoglienza della persona, di ascolto, di facilitazione nell’attivare le risorse personali per la soluzione dei problemi, di rispetto dei suoi valori e delle scelte libere e responsabili.

Era ben consapevole dei propri limiti, ai quali guardava come possibili risorse: “Come sono felice di poter sbagliare, di non aver paura di imparare dai miei errori che, se ammessi e accettati come stimolo per procedere, sono parecchie volte più terapeutici delle mie performances migliori”.

            Don Sergio ha vissuto la sua vita come un cammino, convinto che il viaggio più lungo della persona umana è quello dentro di sé. Era la relazione con lui che aiutava a camminare. Scrive: “Quello che per me è importante è camminare, non vedere se gli altri camminano, anche questo, ma solo nella misura in cui facciamo due passi insieme. Così facendo acquisto la virtù di non essere ingombrante”.

            Il libro “Un’idea in cammino” si chiude con una lettera che Don Sergio ha indirizzato a genitori e figli, nella quale afferma “quanto sia splendido, importante, unico l’uomo, quanto sia ricco dentro, ricco di possibilità, di futuro, di apertura, di crescita”. La lettera è un inno alla vita che “vale la pena di essere vissuta” perché “sempre, in ogni circostanza, può sempre essere possibile amare, essere amati, dare e ricevere se solo… lo permettiamo a noi, agli altri, a Dio”. 

            Non so quale immagine di Don Sergio sono riuscito a trasmettervi. Spero di avervi comunicato la mia stima e il mio affetto per lui, la speranza e la fiducia che il suo messaggio possa essere presente in chi lo ha conosciuto.

Condividi, se ti va!