Decodifiche non corrette e risposte incoerenti

Decodifiche non corrette e risposte incoerenti

Le difficoltà nella corretta decodifica e nel dare risposte stabili, coerenti, complete e soddisfacenti possono essere causate da:

  1. Scarsa sensibilità nei confronti dei segnali in arrivo.
  2. Errata interpretazione dei segnali.
  3. Giudizi negativi sul figlio.
  4. Presupposti errati o eccessivi.
  5. Visione egocentrica della realtà.
  6. Difficoltà nell’adeguarsi ai bisogni del piccolo.
  1. Scarsa sensibilità nei confronti dei segnali in arrivo.

Vi sono dei genitori che avvertono un segnale solo se questo è molto intenso, vigoroso e costante. In caso contrario è come se non esistesse. Si può fare l’esempio dei sordastri i quali si attivano solo quando il segnale che raggiunge l’apparato uditivo è molto forte. Allo stesso modo in alcune persone, a causa di problematiche interiori, ansie, preoccupazioni e stress, la soglia percettiva è più alta della norma, per cui avvertono il messaggio solo se questo ha caratteri eclatanti e supera la barriera dei loro pensieri interiori. Ciò naturalmente irrita il lattante il quale vorrebbe, invece, essere rapidamente capito e soddisfatto nei suoi bisogni essenziali, senza la necessità di piangere a più non posso e disperarsi prima di ottenere quanto gli è dovuto.

  • Errata interpretazione dei segnali.

Il segnale o i segnali che il piccolo bambino emette possono arrivare alla nostra coscienza normalmente, ma essere male interpretati. Ad esempio: la madre può pensare erroneamente che il suo bimbo pianga in quanto ha bisogno di essere cullato, mentre in realtà egli vorrebbe soltanto essere cambiato di posizione. Per tale motivo l’esser cullato non solo non raggiunge lo scopo di calmarlo, ma al contrario può farlo innervosire maggiormente, in quanto egli si sente non capito o, peggio, teme di non essere in grado di farsi capire. La stessa cosa avviene quando la madre pensa che il suo strillare sia dovuto alla fame, per cui cerca di dargli da mangiare, mentre il suo pianto era causato da coliche addominali e pertanto il cibo aggiunto non fa che aumentare la indisposizione del figlio. E ancora. La madre pensa che l’agitarsi nel lettino significhi che non ha più sonno e quindi accende la luce e apre le imposte affinché si svegli completamente, mentre in realtà questi movimenti del bambino sono dovuti alla mancanza di un sonno ristoratore che lo rende inquieto.

Come abbiamo, visto a volte si attuano dei comportamenti che sono l’esatto opposto di quelli necessari e utili in quel momento. Bisogna però aggiungere che, pur sbagliando, alcune madri imparano rapidamente dagli errori e correggono il tiro, mentre altre, poco flessibili, continuano imperterrite a mantenere gli stessi comportamenti inidonei, per cui la sofferenza del piccolo, fatta anche di rabbia, sarà più intensa e prolungata nel tempo.

  • Giudizi negativi sul figlio.

Alcuni genitori, pur di non ammettere i propri errori di valutazione, mettono sotto accusa il figlio dandogli degli immeritati giudizi negativi: ‹‹Questo bambino è cattivo e capriccioso, non sa neppure lui cosa vuole e non fa altro che disturbarmi inutilmente. E allora si arrangi. Pianga e strilli quanto vuole. Io non intendo farmi coinvolgere dai suoi capricci››. Lo stesso comportamento attuano quei genitori che tendono a focalizzare l’attenzione sulla propria persona e pertanto non sono disponibili all’ascolto dei bisogni altrui se non sono in linea con i propri. Questi genitori, se trovano un neonato che si sintonizza rapidamente con i loro bisogni e abitudini così da accettare facilmente i loro orari, per cui dorme quando essi dormono, resta sveglio quando loro sono svegli, mangia quando loro mangiano e così via, riescono ad instaurare con lui un buon rapporto, ma se per caso il piccolino ha ritmi diversi di sonno – veglia o si alimenta in momenti diversi rispetto a quelli che essi avevano programmato, si impuntano e resistono ai suoi richiami. ‹‹Per non cedere ai suoi capricci e per ben educarlo!›› diranno, mentre in realtà stanno difendendo soltanto i loro bisogni e le loro abitudini.

  • Presupposti errati o eccessivi.

I presupposti errati possono nascere da idee personali, influenzate da preconcetti o da parziali e limitate esperienze. I presupposti errati possono provenire, inoltre, dall’accettazione passiva di una delle tante teorie che circolano sulla rete Internet, nei libri, nei giornali, nelle riviste poco qualificate, alla Tv e alla radio. Questo fenomeno si è notevolmente ampliato oggi in quanto, a differenza che nel passato, siamo costantemente bombardati da una grande massa di informazioni poco attendibili e serie. La grande quantità di ore di trasmissioni e le numerose pagine dei giornali da riempire di contenuti, comportano, da parte dei direttori delle testate radiotelevisive o giornalistiche, la difficoltà di selezionare e verificare accuratamente le informazioni. Pertanto queste risultano spesso poco o per nulla aderenti ad un minimo di verità e serietà scientifica. Tra l’altro, molti strumenti d’informazione, pur di riportare qualcosa di diverso e di non usuale, ricercano e presentano non le notizie più consuete e affidabili, ma quelle che possono colpire maggiormente l’attenzione e la fantasia degli ascoltatori o dei lettori.

Tutto ciò condiziona negativamente i genitori, soprattutto le madri e i padri più fragili, immaturi e ansiosi. Da ciò una notevole varietà di atteggiamenti e comportamenti da un genitore all’altro, in quanto, alcuni accettano una certa teoria e la fanno propria, mentre altri mettono in pratica una teoria molto diversa, se non opposta. Spesso gli stessi genitori, nel tempo, cambiano comportamento e atteggiamento, a seconda della teoria prevalente e di moda in quel momento, o scelgono quella più congeniale ai loro bisogni personali e individuali. In questa babele di informazioni ritroviamo, nel rapporto con i minori, una grande varietà di atteggiamenti e comportamenti. Addirittura, il che è peggio, può avvenire che all’interno della stessa coppia il papà attui una certa linea educativa e la mamma metta in essere un progetto formativo completamente diverso e contrastante. Capita allora, per esempio, che il papà insista a che la mamma allatti il bambino quando egli, con il pianto richieda di mangiare (allattamento a richiesta), mentre la mamma si impunti a che il bambino mangi ad orari ben precisi, in modo da educarlo ad accettare dei tempi fisiologici tra una poppata e l’altra (allattamento ad orario). Allo stesso modo alcuni genitori non volendo che il bambino “si abitui male”, non prendono mai in braccio i propri figli, mentre altri, seguendo l’esempio dei Masai della Tanzania li tengono sempre addosso.

Questa molteplicità di comportamenti e atteggiamenti educativi e di cura, ci appare poco razionale in quanto sappiamo che i bisogni veri e profondi dei minori, non cambiano nel tempo e pertanto le modalità educative non dovrebbero essere eccessivamente diverse da una coppia all’altra o tra una persona e l’altra. L’aver smarrito, in quanto ritenuta erroneamente poco scientifica, la cultura tradizionale filtrata da milioni di esperienze dirette e trasmessa oralmente alle generazioni successive, comporta un danno notevole nella coerenza e nello stile educativo dei nuovi genitori.

  • Visione egocentrica della realtà.

La visione egocentrica della realtà si evidenzia ogni volta che pensiamo che il bambino debba amare, desiderare oppure rifiutare e odiare, ciò che noi amiamo, desideriamo, rifiutiamo o odiamo: ‹‹Siccome io sento caldo penso che anche mio figlio debba avvertire caldo››. ‹‹Siccome a me piace un certo cibo ritengo che anche al bambino debba necessariamente apprezzare lo stesso alimento››. La visione egocentrica inserisce, come fondamento dei propri comportamenti, le proprie sensazioni, i propri desideri, le proprie emozioni, la personale visione della realtà e non i gusti, i desideri ed i bisogni dell’altro. Questo vedere la realtà con i propri occhi e con il proprio sentire e non con i bisogni altrui, fa accettare con difficoltà altri modi di essere ed altri vissuti. Pertanto, i comportamenti conseguenti seguono questi non corretti parallelismi.

  1. Difficoltà nell’adeguarsi ai bisogni del lattante.

Alcune volte i genitori comprendono perfettamente la o le richieste del figlio, ma non hanno energie sufficienti o voglia di soddisfarle: ‹‹Capisco che mi chiede di fargli da mangiare ma, in questo momento, nonostante la mia buona volontà, non ho la forza sufficiente per accontentarlo››. ‹‹Capisco che vorrebbe essere abbracciato per sentirsi protetto ma, giacché in questo momento mi sento fragile e pertanto sono io che vorrei essere abbracciata, in modo tale da sentirmi sicura e confortata, non riesco ad esaudire il suo desiderio ed il suo bisogno››.

La mancanza di disponibilità, di forze e di energie necessarie a dare al bambino le cure necessarie può essere dovuta:

  • a numerose condizioni organiche come le malattie debilitanti, i deficit ormonali, l’abuso di alcool, l’uso di droghe o psicofarmaci,;
  • a disturbi psicologici di una certa gravità, come le psicosi (depressione, schizofrenia), i postumi da stress, l’ansia o le gravi e persistenti nevrosi;
  • ad impegni e attività lavorative eccessive, psicologicamente o fisicamente debilitanti. È una situazione questa oggi molto frequente. La società dei consumi stimola e riesce a convincere molti genitori ad attivarsi in modo eccessivo negli impegni lavorativi, per avere il denaro necessario a soddisfare richieste ed esigenze sempre maggiori ed il più delle volte assolutamente superflue, proposte da parte della pubblicità come essenziali. Pertanto la consapevolezza delle necessità affettive e di cura dei figli, si scontra con la necessità di rimpinguare il più possibile il conto in banca.
  • alla presenza nei genitori di un Io pigro, o egoisticamente immaturo;
  • alla mancanza di un profondo legame affettivo nei confronti del figlio. In questi casi di disaffezione è spesso presente una scarsa disponibilità a soddisfare delle richieste, avvertite come occupazioni noiose o eccessive. In questo caso i genitori, pur capendo i bisogno del bambino, preferiscono occuparsi di altre cose ritenute più piacevoli, interessanti e gratificanti;
  • alla solitudine nell’affrontare le cure ed i compiti educativi. Solitudine dovuta all’assenza fisica o alla scarsa collaborazione dell’altro coniuge e della rete familiare. Anche in questo caso ai figli sono date delle risposte instabili, poco coerenti o non soddisfacenti. Ciò avviene sia quando a guidare la famiglia è solo la madre (famiglia madre – centrica), sia al contrario, quando a guidare la famiglia è solo il padre ( famiglia padre – centrica). È ampiamente dimostrato che le cure più attente ed efficaci si attuano quando sono presenti entrambi i genitori che si relazionano in maniera armonica con aiuto, sostegno e rispetto reciproco.

Le conseguenze

Quando i genitori hanno problemi nella comunicazione o non danno risposte coerenti e stabili, complete e soddisfacenti, le conseguenze sono notevolmente gravi:

  • il bambino avverte che è inutile comunicare se non si è ascoltati o se le proprie richieste non sono esaudite; (Lidz, 1977, p. 115).[1]
  • il bambino può immaginare qualcosa di ancora più grave: che è dannoso comunicare se le sue richieste hanno sugli altri dei risvolti negativi. Ad esempio, se fa aumentare la loro ansia, se li porta a scontrarsi, se accentua i loro comportamenti aggressivi e rifiutanti;
  • il bambino può apprendere a non fidarsi nelle possibilità insite nella comunicazione;
  • il bambino può ritenere che non bisogna fare assegnamento sui genitori, sugli adulti e sugli esseri umani in generale. Quando persistono gravi difetti nella comunicazione tra genitori e figlio, la sfiducia verso gli altri può ampliarsi a tutta la realtà esterna e, conseguentemente, si può instaurare una chiusura (autismo) verso il mondo reale. Il bambino in questi casi rimane solo e prigioniero delle sue ansie, delle sue paure, delle fantasie ed elaborazioni mentali (Winnicott,1987, p.7). [2]

Queste difficoltà o questo analfabetismo comunicativo e affettivo appare in costante, continuo aumento nel mondo occidentale per vari motivi:

  • la formazione delle coppie genitoriali avviene, nel migliore dei casi, in base al sentimento amoroso, mentre, nei casi peggiori, per iniziare un cammino di coppia a volte è sufficiente il fuoco dell’innamoramento, della passione o dell’attrazione sessuale del momento. Non sono, quindi, opportunamente valutate, in queste scelte e decisioni, le capacità proprie e dell’altro indispensabili per essere buone madri o buoni padri;
  • l’impegno nei confronti delle acquisizioni culturali è rivolto soprattutto alle nozioni utili per superare dapprima interrogazioni ed esami di tipo scolastico, mentre, successivamente, tale formazione ha spesso come scopo ottenere una buona capacità professionale o peggio solo un ricco curriculum da presentare nei vari concorsi. Nel contempo è sottovalutata la preparazione attinente la comunicazione efficace, necessaria nella relazione con un bambino piccolo;
  • il tirocinio nella cura e nell’ascolto di un lattante è assente o scarsamente presente nella vita sia degli uomini che delle donne;
  • l’aumento di giovani con disturbi psicologici più o meno gravi, incrementa il numero dei casi di genitori che presentano gravi difficoltà nella comunicazione, insieme a scarse possibilità e disponibilità nel dare risposte coerenti, stabili, complete e soddisfacenti.

[1] T. LIDZ, Famiglia e problemi di adattamento, Op. cit., p.115.

[2] Cfr D. W. WINNICOTT, I bambini e le loro madri, Op. cit., p.7.

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