Conoscersi e riconoscersi Da stranieri a fratelli

Conoscersi e riconoscersi

Da stranieri a fratelli

Autrice: Anna Orlandi Pincella 

 

 

Immigrazione: da problema a risorsa

 

Immigrazione, società multietnica, dialogo interculturale: espressioni che riassumono una moltitudine di problemi, ma anche una grande potenzialità di risorse, se solo fossimo capaci di affrontarli da un diverso punto di vista. Spesso infatti accade che anche chi è ben disposto verso gli immigrati li consideri dei poveracci a cui garantire semplicemente “vitto e alloggio”, con conseguente offerte alla Caritas. Oltre a ciò, la normale cortesia quando capita di incontrarli. Nient’altro.

In realtà il primo passo è cercare di immaginarsi in uno scambio di ruoli: se fossimo noi al loro posto, se avessimo perso ogni nostro bene – primi tra tutti i nostri cari – o li avessimo lasciati lontano mille miglia in balia di terribili eventi; se ci trovassimo bisognosi di tutto in un mondo del tutto diverso dal nostro per lingua, mentalità, stili di vita, un mondo a noi del tutto sconosciuto che nulla sa di noi, come ci sentiremmo? Come chiederemmo agli altri?

Subito dopo il bisogno di sopravvivere avvertiremmo il bisogno di orientarci: comprendere la nuova realtà e di farci conoscere. Perché gli immigrati non ci giungono dall’età della pietra, ma da civiltà spesso molto diverse dalla nostra, ma non per questo “primitive”. Non sanno parlare, leggere e scrivere nella nostra lingua, ma non per questo sono ignoranti e analfabeti. E dunque, dopo la carità del tetto e del pane, subito dopo viene la carità dell’insegnare la nostra lingua: è il linguaggio la chiave d’accesso ad ogni nuovo mondo. E poi la carità di conoscerli ad uno ad uno per scoprire e valorizzare le competenze già acquisite. Non di rado tra gli immigrati c’è chi nel suo paese ha conseguito un diploma o una laurea: non dovrebbe essere per noi impossibile verificare le loro reali competenze e mettere in atto eventuali corsi compensativi per equipararle a quelle richieste dal nostro mercato del lavoro. “Lavoro è dignità” hanno scritto sui loro manifesti i licenziati della Cartiera Burgo: uno slogan che vale anche per gli stranieri.

Per i giovani immigrati che sono ancora in età scolare la scuola gioca un ruolo determinante per il loro inserimento nella nostra realtà. Dalla tabella della loro presenza nelle diverse regioni italiane possiamo osservare che gli alunni stranieri sono più numerosi nelle regioni del Centro-Nord e sono pressoché assenti nel Sud e nelle Isole, dove peraltro non è ottimale nemmeno la scolarizzazione degli stessi ragazzi italiani.

La scolarizzazione a partire dai piccolissimi – italiani e stranieri – è il miglior antidoto al razzismo e il più efficace metodo per costruire una pace sociale duratura.

 

Alunni con cittadinanza non italiana nella scuola statale e non statale per tipo di scuola. Anno 2015


Unità di misura: % 100 alunni in totale. Periodo: Anno Scolastico 2014-2015.

 

Ordini di scuole

 

Dell’infanzia

Primaria

Secondaria

Secondaria

 

 

 

I grado

II grado

Piemonte

15,0

14,3

12,9

9,7

Valle d’Aosta

10,6

9,0

8,6

5,6

Liguria

12,7

12,1

12,1

10,8

Lombardia

14,3

16,0

16,0

14,7

Veneto

15,0

15,2

13,3

8,9

Trentino Alto Adige

14,5

13,4

11,9

7,9

Friuli Venezia Giulia

14,3

13,2

11,4

9,2

Emilia Romagna

17,0

17,0

15,6

12,9

Toscana

14,2

13,8

14,1

10,6

Umbria

15,3

15,2

15,0

11,8

Marche

13,4

12,9

12,7

9,8

Lazio

9,6

10,1

10,2

7,8

Abruzzo

8,1

7,7

8,0

5,5

Molise

3,4

3,7

4,6

2,9

Campania

2,0

2,5

2,4

1,8

Basilicata

3,4

3,4

3,5

2,2

Puglia

2,6

3,0

2,9

2,0

Calabria

3,8

4,4

4,8

4,1

Sicilia

3,0

3,4

3,6

2,3

Sardegna

2,1

2,5

2,8

1,8

Italia

10,2

10,3

9,6

7,0

Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione

Culture diverse per un arricchimento reciproco: il ruolo della scuola

Nella nostra visione del mondo c’è chi considera la nostra cultura come l’unica cultura “vera”; le altre culture sono apprezzate nella misura in cui assomigliano alla nostra. E dunque, prendere sul serio le culture altre proprio nello specifico della loro diversità è ritenuto una inutile perdita di tempo: sono gli altri che devono conoscere e fare proprio il nostro modo di vivere e di pensare perché solo così potranno integrarsi. Si fa fatica a comprendere che in una stessa società possano coesistere culture diverse e che dagli immigrati noi possiamo ricevere non solo utilissima forza-lavoro per le mansioni più umili e faticose, ma anche interessanti stimoli culturali. E così talora i genitori italiani non gradiscono che i propri figli frequentino classi con bambini stranieri, ritenendo che stranieri e portatori di handicap siano dei deleteri “rallentatori” per lo svolgimento del programma. E gli stranieri più degli altri, i quali almeno hanno l’insegnante di sostegno. Miopia e grettezza che – queste sì – sono veramente dannose per la crescita umana e culturale dei loro figli e per il futuro del nostro Paese.

In realtà, se ben gestite, le classi multi-etniche possono diventare un’ottima occasione per uscire da una visione europocentrica (quando non addirittura ancora più ristretta) ed aprire la mente e lo spirito ad altre realtà. So di scuole che hanno realizzato progetti quali i giochi del mondo e ancor più di frequente le fiabe del mondo, talora messe in scena per le recite di fine anno. (A tal proposito si segnala la vasta e interessante produzione dell’editrice EMI, Editrice Missionaria Italiana)

E nelle scuole superiori – soprattutto in quelle ad indirizzo linguistico e socio-umanistico – talora fanno la loro comparsa anche i cibi, gli abiti, le feste del mondo … con persone provenienti da altri Paesi (a volte genitori!) che parlano bene l’italiano e salgono in cattedra con i loro abiti tradizionali a raccontare le loro usanze e a rispondere alle domande dei ragazzi. Alcune assemblee di Istituto sono diventate occasione di vere feste con musiche, canti, danze e anche costumi tipici dei diversi Paesi di provenienza degli alunni. Sono convinta che queste siano iniziative ad alto impatto educativo. I pregiudizi son figli dell’ignoranza: il conoscersi senza complessi di superiorità è alla base di una corretta convivenza e di una accoglienza “giusta”, rispetto nel riconoscimento della dignità di ciascuno così com’è nella sua diversità. È un valorizzare l’altro come persona nella specificità della sua appartenenza culturale, con i suoi valori e le sue abilità. Solo così si potrà scoprire che, al di là delle differenze, non siamo poi così diversi come credevamo e che l’essere persone è una dimensione che ci affratella tutti.

Anna Orlandi Pincella

 

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