Caratteristiche della madre sufficientemente “buona”

Caratteristiche della madre sufficientemente “buona”

Per un neonato una madre è buona quando:

  • sa leggere nel suo animo e nel suo volto i suoi bisogni, le sue necessità, le sue speranze e i suoi desideri. Per Winnicott (1987, p. 93) ‹‹una buona madre sa quello di cui il bambino ha bisogno in quel determinato momento››;[1]
  • comprende e conosce tutto ciò che gli procura soddisfazione, gioia, serenità e sicurezza ma anche tutto ciò che gli dà ansia, angoscia, paura, tensione, insicurezza. Per Sullivan (1962, p.58) la tensione dovuta a dei bisogni del bambino, induce tensione nella madre. Questa tensione viene vissuta come tenerezza e come impulso ad attività che portino sollievo ai bisogni del bambino[2];
  • rapidamente si adatta e impara a offrire elementi positivi per il suo animo, nel mentre riesce ad allontanare le cause che procurano emozioni negative. ‹‹Questa capacità di adattamento è la cosa più importante per lo sviluppo emotivo del bambino e la madre si adatta alle sue necessità, soprattutto all’inizio, quando egli è in grado di afferrare soltanto le situazioni più semplici›› (Winnicott, 1973, p. 143).[3]Le capacità di adattamento sono indispensabili, in quanto i bambini sono notevolmente diversi gli uni dagli altri. Non solo, ma cambiano nel tempo i loro bisogni e le loro esigenze;
  • sa rendere calda e accogliente la sua casa, mediante l’amore. Sa illuminarla con il suo sorriso. Riesce a renderla viva e palpitante con la sua presenza;
  • è capace di accogliere il figlio tra le sue braccia con naturalezza e spontaneità, trovando facilmente per lui la posizione migliore per allattarlo e per farlo sentire a proprio agio: protetto e sicuro;
  • con il suo sorriso e con le sue parole, sa offrire al cuore del neonato numerosi segnali di presenza, distensione, comunione e condivisione;
  • riesce a proteggerlo da tutte le situazioni che potrebbero provocargli traumi o stress eccessivi, paure e ansie: i rumori forti e improvvisi, i bruschi urti e toccamenti, le eccessive variazioni di temperatura, i frequenti cambiamenti della routine quotidiana;
  • è lieta quando il figlio dorme, ma è altrettanto lieta quando è sveglio e vuole mangiare, giocare e farsi coccolare da lei;
  • riesce senza sforzo a trarre soddisfazione, gratificazione e gioia dai suoi compiti di cura ed educazione;
  • è felice quando il suo piccolo vuole stringere le sue mani, vuole toccare le sue braccia, il collo, i capelli ed il seno;
  • non teme di essere svegliata nel cuore della notte per placare la fame, la sete, le sofferenze e i fastidi del suo piccolo;
  • si attiva prontamente e con piacere a soddisfare non solo i suoi bisogni fisici ma anche quelli affettivi, come quando il piccolo, per allontanare le ansie e le paure, ha bisogno e desidera la sua presenza, cerca il suo contatto, aspetta le sue coccole, vuole inebriarsi del suo profumo;
  • non va in crisi per i suoi strilli che sembrano irrefrenabili, in quanto ha fiducia in sé stessa, nelle sue capacità di capire e rispondere adeguatamente ai bisogni del suo piccolo, ma ha anche fiducia e stima nelle capacità del bambino di superare, con il suo aiuto, i momenti di crisi e di sconforto;
  • non giudica il figlio un piccolo diavoletto pronto a piangere a più non posso pur di mettere in difficoltà lei e gli altri che lo accudiscono. Non lo vede come un crudele tiranno che le impedisce di riposare o dormire quando e come desidera. Non lo sente come un monello capriccioso, mai contento e pago; né come un piccolo essere insubordinato che vuole mangiare, dormire o rimanere sveglio fuori dagli orari canonici;
  • si diverte insieme a lui in molti momenti della giornata: quando bisogna cambiarlo e il suo pancino, le sue manine, sono là pronti per essere baciati e accarezzati; o quando è l’ora del bagnetto e il piccolo è felice di far sprizzare l’acqua della vaschetta tutt’intorno alla stanza!
  • la madre sufficientemente buona gioisce, insieme al figlio, delle sue prime “bravate”, come quando finalmente riesce a togliersi le fastidiose scarpette di lana e può agitare i piedini nudi in aria o, ancor meglio, quando questi piedini li può golosamente leccare e succhiare!
  • anche lei commette degli errori ma, dalle reazioni del figlio, impara presto in che cosa e dove e perché ha sbagliato e si corregge rapidamente;
  • coerentemente cerca di mantenere nelle cure e negli orari una buona stabilità e continuità in modo tale da evitare gli eventi imprevisti, così odiosi per i bambini piccoli, in quanto fonte di allarme e insicurezza. Per Bowlby, (1982, p. 109), ‹‹Abbiamo ampie prove del fatto che gli esseri umani di ogni età sono più sereni e in grado di affinare il proprio ingegno per trarne un maggior profitto, se possono fidare del fatto che al loro fianco ci siano delle persone fidate che verranno loro in aiuto in caso di difficoltà››. La persona fidata, nota anche come figura di attaccamento, può essere considerata come quella che fornisce la sua compagnia assieme a una base sicura da cui operare››;[4]
  • non prova schifo per i “regali” liquidi e solidi maleodoranti che il suo bambino le elargisce nei momenti meno opportuni e non si arrabbia nel dover pulire il suo sederino mentre, pronta per uscire, ha appena indossato l’abito più elegante e ha messo il profumo più seducente, per fare e far fare bella figura a lui e a lei;
  • Non ha fretta. Non ha fretta quando deve cambiarlo. Non ha fretta quando lui si attacca al seno o al biberon, non ha fretta di farlo addormentare, non ha fretta quando deve pulirlo o fargli il bagnetto. Una buona mamma non ha mai fretta, insomma.
  • non vede la tv e non si fa distrarre dai vari strumenti elettronici quando lo allatta o con lei vuole giocare, perché giudica spettacoli belli e interessanti il faccino del suo bambino quando, con i suoi splendidi sorrisi la guarda, quando, con le sue smorfiette e i suoi grandi sbadigli, vuole addormentarsi;
  • non parla al telefonino quando lui mangia o vuole giocare e comunicare con lei. Sa che se è bello parlare con le amiche o con i propri genitori e parenti, è ancora più bello giocare e parlare con il proprio bambino;
  • non alza mai la voce, né tanto meno grida. La madre buona parla dolcemente, non si arrabbia ma comprende e dimentica;
  • non lo trascura o lascia continuamente suo figlio in mani estranee. Né tanto meno mette suo figlio in quei luoghi istituzionali chiamati nidi, ma che nulla hanno del vero nido familiare. Sa che per suo figlio la sicurezza e la serenità sono il suo viso caldo e luminoso, la sua voce tranquillizzante, il suo corpo che odora di latte e di madre.

In definitiva una madre è “sufficientemente buona” quando riesce a soddisfare i bisogni fisici e psicoaffettivi del proprio bambino.

Le caratteristiche innate presenti nei bambini sono capaci di supplire, almeno in parte, alle deficienze materne, per cui non è assolutamente necessario che una madre sia perfetta. Una madre sufficientemente buona, è già adatta a dare al figlio quanto è necessario per il suo sano sviluppo.


[1] D. W. WINNICOTT, I bambini e le loro madri, Op. cit., p.93.

[2] H. S. SULLIVAN, Teoria interpersonale della psichiatria, Op. cit., p. 58.

[3] D. W. WINNICOTT, Il bambino e il mondo esterno, Firenze, Giunti e Barbera, 1973, p. 143.

[4] J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Op. cit., p. 109.

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