UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 701 – 13 maggio 2018
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984
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Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
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01 ADOLESCENZA L’adolescenza ne Convenzione Internazionale Diritti dell’Infanzia.
04 ADOZIONE E AFFIDO Sostegno della regione Veneto alle famiglie adottive.
04 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 17, 9 maggio 2018.
06 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA Patrocinio a Incontro su Donne e menopausa.
06 CHIESA CATTOLICA Se l’ateo fa il bene senza obbligo né sanzione.
07 COMM. ADOZ. INTERNAZIONALI I bambini e le coppie nell’adozione internazionale.
07 CONSULENTI COPPIA E FAMIGLIA Pescara, un centro comunale per i servizi alla famigli
08 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. Etica, Salute e Famiglia. Maggio 2018.
08Parma. Festa della famiglia 2018.
08Pescara. 40 anni: “Ora andremo noi incontro a chi vive la fragilità”.
10 DALLA NAVATA Ascensione del Signore – Anno B –13 maggio 2018.
10 L’annuncio del Vangelo a tutta la creazione. E. Bianchi.
12 FIGLI Litigi tra marito e moglie: è violenza sui figli.
13 FRANCESCO VESCOVO DI ROMANuovo Statuto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
14 NULLITÀ MATRIMONIALI Processi nullità matrimoni religiosi: non serve l’avvocato rotale.
14 POLITICHE PER LA FAMIGLIA Rossi: La famiglia è al centro dell’azione politica.
15 SERVIZI PER LA FAMIGLIA Bonus babysitter da 3600 euro.
16 UCIPEM La famiglia di ieri, la famiglia di oggi.
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ADOLESCENZA
L’adolescenza nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia
L’Autrice ritaglia nell’articolato dello strumento internazionale le disposizioni interessanti l’adolescenza e ne propone una lettura unificante per evidenziare il ruolo e i compiti dei genitori e degli altri adulti
Solitamente si parla di Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (il cui acronimo in inglese è CRC) ma, in realtà, nell’atto normativo internazionale si parla letteralmente solo dell’infanzia. È interessante, perciò, proporre una lettura di quelle disposizioni che più si addicono all’età adolescenziale per consentire un approccio più adeguato alle problematiche di questa fase, per valorizzarle e per tentare di dare risposte non preconfezionate, come si suole fare.
www.unicef.it/doc/599/convenzione-diritti-infanzia-adolescenza.htm
www.unicef.it/Allegati/Convenzione_diritti_infanzia_1.pdf
La più significativa disposizione a tale proposito è certamente quella contenuta in uno dei capoversi del Preambolo della Convenzione in cui si legge: “[…] occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società, ed allevarlo nello spirito degli ideali”. In questo capoverso non vi è alcun soggetto ma si usa la forma impersonale, perché è dovere di tutti preparare (“apparecchiare avanti”) e allevare (“alzare verso”) i minorenni, specificamente gli adolescenti (“coloro che crescono”), ai ruoli e alle responsabilità dell’essere adulti (“cresciuti”). È indicativa ogni singola parola: “preparare” (processo antecedente e itinerante), “appieno” (completamente), “avere” (fare propria), “una” (unica e unitaria), “vita” (fare e dare), “individuale” (da soli e con la propria impronta in maniera singola e singolare), “nella società” (con gli altri, per gli altri e verso gli altri).
Per educare alla vita bisogna educare alla morte, ad ogni morte (delusioni, frustrazioni, negazioni, fallimenti) e niente è più efficace dell’esempio (etimologicamente “che trae da”) e del dialogo (etimologicamente “parlare fra” e non parlare a o di, come si è soliti fare). Di questo parere è lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni: “Gli anni dell’adolescenza vedono spesso il nuovo sostituire il vecchio. Amicizie, interessi, progetti. Sembra che il passato muoia di fronte alle trascinanti novità. L’adolescente sente che il bambino che c’era in lui è definitivamente scomparso. Alcuni ragazzi avvertono con maggiore sensibilità che è necessario che muoia qualcosa dentro di noi perché si possa crescere. Da qui il pensiero della morte. Non dobbiamo spaventarci, ma possiamo cogliere l’occasione per porci degli interrogativi. Riconoscendo lo sgomento che il morire porta con sé. Ma anche riscoprendo il proposito di lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”.
Anche don Antonio Mazzi, esperto di problematiche giovanili, precisa: “La vita è vita se le relazioni tra di noi sono vere, amate, rispettate. Non siamo animali dalle passioni selvagge, o falsi innamorati stracotti e pronti a qualsiasi misfatto verso coloro che cercano di orientare le nostre passioni, privilegiando i doveri, i giusti divertimenti e le amicizie positive. Il problema degli adolescenti è sottovalutato perché nuovo, faticoso da interpretare e perché, non mi stancherò mai di dirlo, esige una presenza saggia, equilibrata e matura dei padri. Riflettere sull’emergenza educativa dei nostri figli normali, durante il delicato passaggio dai dieci ai venti anni, esige che famiglia, scuola e società creino insieme una rete protettiva per evitare le cadute traumatiche”.
Innanzitutto l’adolescente ha bisogno di ascolto, anche dei suoi silenzi, dei suoi sbalzi di umore, quell’ascolto di cui all’art. 12 della Convenzione. Fabrizio Fantoni spiega che “[…] è davvero difficile tessere una trama di parole e di pensieri con alcuni adolescenti, soprattutto maschi, che sembrano essere interiormente vuoti, di emozioni e di desideri, prima ancora che di riflessioni. Musica, sport, giochi, persone, amori sembrano realtà che li sfiorano appena. Come il fumo, che soddisfa per breve tempo ma presto svanisce nell’aria. Dagli affetti primari, i genitori, gli amici d’infanzia, questi ragazzi prendono le distanze perché non sono più bambini. Ma non riescono a investire nel presente, e men che meno nel futuro: una competenza professionale, un successo scolastico, una immagine di sé da coltivare. Noi adulti restiamo senza parole e senza pensieri, e non sappiamo che cosa fare. Si percepisce quanto gli adolescenti siano in grado di proiettare i propri stati d’animo profondi dentro a chi li ascolta davvero”.
Un altro articolo della CRC attribuibile ancor di più all’adolescenza è l’art. 13: “Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. […] L’esercizio di questo diritto può essere sottoposto a talune restrizioni”. Ed una delle forme di espressione più manifeste durante l’adolescenza è l’aggressività, come spiega Fantoni: “Per i ragazzi non è possibile crescere senza un’affermazione di sé attraverso comportamenti sostenuti anche dall’aggressività. L’importante è imparare a esprimerla senza esagerazioni distruttive e nel rispetto per gli altri. Questo richiede impegno da parte loro e un aiuto paziente e fermo degli adulti. Non si tratta di rifiutare la presenza di una tensione aggressiva che si esprime tra loro ma soprattutto nei confronti dei grandi. Se si fa finta di non vederla la si minimizza, come se fosse occasionale e trascurabile, c’è il rischio che i ragazzi alzino il tiro contro il muro di gomma degli adulti e aumentino la provocazione, alla ricerca di un freno che non sanno trovare in sé”.
L’esperto Fantoni aggiunge: “Il primo passo dell’adolescente per rendere utilizzabile l’aggressività come risorsa è quello di superare il passaggio all’atto istintivo, che tende a scaricarla, per poterla pensare. Quindi, tenere la calma e mai passare alle mani. Piuttosto, invitare il ragazzo ad andarsene di casa finché non è più tranquillo e si possa ragionare con lui. Poi bisogna tornare a parlarne, perché l’adolescente possa dire paura, protesta e frustrazione, e queste vengano ascoltate, riportando al centro del dialogo gli affetti e le emozioni provate sia dai ragazzi che dagli adulti”. L’aggressività adolescenziale è espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione (art. 14 CRC), necessaria affinché l’adolescente non sia più “crisalide” e spicchi il volo verso l’età adulta.
Ancora Fantoni: “Riconoscere l’aggressività significa anche che l’adulto è disponibile a fronteggiarla, accetta il conflitto, che per qualche adolescente sembra essere l’unica forma di dialogo accettabile con lui. Se si riconosce che c’è un conflitto, ma ci sono anche delle regole da rispettare e se ne può parlare senza farsi trascinare dalla rabbia, vuol dire che anche per l’adolescente è possibile contenere l’aggressività eliminando la distruttività”. I genitori sono responsabili dello sviluppo, da quello fisico a quello sociale, dei figli (art. 27 CRC) e non possono esimersi dal fronteggiare l’aggressività dei figli adolescenti, dando ad essa senso e direzione, anche perché è un’energia necessaria al salto verso l’età adulta. Meglio l’aggressività e non le forme di implosione, quei ragazzi accartocciati su se stessi, incistati in se stessi, di cui se mai i genitori si vantano pure perché non danno problemi ed, invece, potrebbero diventare patologici come quei giovani che non studiano né lavorano (nell’acronimo inglese NEET) e di cui l’Italia ha avuto il triste primato in Europa nel 2017. L’adolescenza è di per sé aggressività (aggredire dal latino “ad”, verso, e “gradi”, andare, camminare, avanzare), perché fisicamente è esplosione ormonale, crescita di peli, eruzioni cutanee, attivazione delle ghiandole sessuali, massa muscolare, e psicologicamente rappresenta (o dovrebbe significare) il secondo e definitivo taglio del cordone ombelicale.
Potrebbe essere d’aiuto per genitori e educatori la locuzione “in modo consono alle sue capacità evolutive” dell’art. 14 della Convenzione: l’adolescente è colui che cresce e, quindi, cambia, ognuno con i propri tempi, ritmi, manifestazioni. Chi sembra ancora bambino, chi improvvisamente adulto, chi in uno stato di limbo o altro: il primo a prendere consapevolezza di ciò deve essere l’adulto per poter, poi, trasmettere consapevolezza e sicurezza all’adolescente che ha di fronte.
Continuando la lettura della Convenzione colpisce l’art. 19: “Gli Stati parti adotteranno ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore o dei tutori o di chiunque altro se ne prenda cura”. Durante l’adolescenza dei figli si possono verificare varie forme di abbandono o negligenza da parte dei genitori (o altri adulti di riferimento) tanto da non accorgersi quando i ragazzi sono vittime o artefici di fenomeni devianti o deviati quali bullismo, prostituzione minorile, baby gang o altro.
A quest’articolo è strettamente correlato l’art. 24 CRC, relativo alla salute, ove si rimarca il binomio di salute fisica e mentale, che dovrebbero tenere a mente i genitori i quali si preoccupano di più di quella fisica ma non altrettanto di quella mentale, che è quella più a rischio durante il periodo adolescenziale. La salute fisica e mentale (che comprende e coinvolge la sfera sessuale) passa anche attraverso la consapevolezza e la maturità dei genitori, ruolo richiamato espressamente nelle lettere e e f del par. 2 dell’art. 24. La pianificazione familiare menzionata nella lettera f si può riferire anche alla necessità di educazione sessuale dei figli che non consiste nel fornire i preservativi e spiegarne l’uso ai figli e nell’accompagnare le figlie dal ginecologo. L’educazione sessuale non è un intervento educativo a sé ma è la vita familiare stessa. Da tener presente anche il par. 3 dell’art. 24 in cui si prescrive: “Gli Stati parti devono prendere tutte le misure efficaci ed appropriate per abolire le pratiche tradizionali che possono risultare pregiudizievoli alla salute dei fanciulli”. Non ci si deve preoccupare solo di alcune pratiche tradizionali del mondo non occidentale, come l’infibulazione o il fenomeno delle spose bambine o altro, ma anche degli effetti dell’apologia del corpo, della bellezza esteriore, del sesso, prassi diffuse nel mondo occidentale.
Lo psicologo Fantoni soggiunge: “In certi momenti, l’adolescenza è come la rincorsa dell’atleta che deve spiccare un salto: occorre tornare indietro e ridare un significato nuovo a quanto accaduto nel passato per poter diventare grandi. La soluzione non consiste nell’andare alla ricerca del responsabile”. L’adolescenza è un processo di responsabilizzazione che porta all’età adulta, che dovrebbe essere l’età delle responsabilità: “[…] preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera” (art. 29 lettera d CRC). In questo processo i genitori si devono comportare come i genitori degli atleti: accompagnare i figli, tifare per loro, incoraggiarli, ma gli allenamenti e le gare toccano solo ai figli. I problemi adolescenziali sono un’opportunità di crescita e di miglioramento per tutti, come si evince dall’etimo stesso di “problema”, “ciò che si getta o mette avanti, ciò che si presenta”, e come esplicato anche dagli esperti di psicologia dell’adolescenza, tra cui uno dei più grandi lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet.
Riguardante, invece, l’adolescente “giudicato reo” è l’art. 40 nella sua interezza e in particolare nella locuzione del primo paragrafo, ove si dispone di “fargli assumere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima [la società]”, indicazione che ha altresì una valenza sicuramente preventiva, come sperimentato e applicato in molti metodi pedagogici, in primo luogo quello salesiano (uno degli esempi positivi di recupero post-detentivo è quello di Davide Cerullo che, dopo l’esperienza giovanile carceraria, ha cambiato strada dedicandosi alla scrittura proprio perché qualcuno ha creduto in lui e gli ha mostrato una prospettiva diversa).
Dando la giusta considerazione all’adolescenza e agli adolescenti si mette in atto, inoltre, quanto previsto nell’art. 42 della Convenzione: “Gli Stati parti si impegnano a far conoscere diffusamente i principi e le norme della Convenzione, in modo attivo e adeguato, tanto agli adulti quanto ai fanciulli”.
Dr Margherita Marzario Newsletter Giuridica Studio Cataldi 7 maggio 2018
www.studiocataldi.it/articoli/30247-l-adolescenza-nella-convenzione-internazionale-sui-diritti-dell-infanzia.asp
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ADOZIONE E AFFIDO
Sostegno della regione Veneto alle famiglie adottive
La Regione Veneto da oltre trent’anni affianca e supporta le famiglie disponibili all’affido e all’adozione. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore al sociale, ha approvato anche per il biennio 2018-2019 la prosecuzione del Sistema Veneto Adozioni, progetto territoriale e multidisciplinare che coinvolge enti pubblici e associazioni private, la rete dei consultori delle Ulss e i Comuni nel lavoro di informazione, sensibilizzazione, formazione e accompagnamento delle famiglie adottive.
Per il biennio in corso la Regione stanzia 420 mila euro per dare continuità ai progetti territoriali coordinati dalle sette Ulss provinciali capofila delle 26 équipes consultoriali (290 mila euro), ai corsi di informazione e sensibilizzazione per le coppie aspiranti all’adozione (30 mila euro) e per lo sviluppo di interventi a sostegno della genitorialità adottiva di intesa con Anci (100 mila euro).
“Il Veneto ha una solida tradizione sociale di apertura all’affido e all’adozione”, sottolinea l’assessore regionale al sociale – In sintonia con questa generosa sensibilità personale e territoriale, la Regione ha sviluppato da tempo un sistema di sostegno e accompagnamento per le famiglie che aspirano all’adozione e per le famiglie adottive e i minori adottati, valorizzando l’esperienza e le reti degli enti e delle associazioni storiche dell’adozione.
Continueremo a investire nella formazione degli operatori delle équipe consultoriali e nel ruolo di supporto e monitoraggio delle associazioni e ora, grazie alla collaborazione con Anci, anche dei Comuni, perché la sensibilità verso l’adozione e la scelta di aprire le porte e i cuori della propria famiglia ad un nuovo figlio richiedono preparazione, una formazione continua e il sostegno dell’intero territorio”.
Redazione Vicenza today 05 maggio 2018
www.vicenzatoday.it/economia/adozioni-sostegno-della-regione-veneto-alle-famiglie.html
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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA
Newsletter CISF – n. 17, 9 maggio 2018
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Bologna, 22 maggio 2018. Famiglia e reti digitali: la possibile ibridazione delle relazioni. Un confronto a partire dal Rapporto Cisf 2017. L’evento, organizzato da Cisf e dalla Fondazione per l’Innovazione Urbana – Urban Center di Bologna, intende confrontare i contenuti del Rapporto Cisf (presentati dal Prof. Pierpaolo Donati, coordinatore scientifico del Rapporto Cisf) con gli attori sociali del territorio, attraverso una tavola rotonda che coinvolge istituzioni, soggetti di terzo settore e reti “social”.
newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1718_allegato1.pdf
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Il rapporto Cisf al 13° Festival della comunicazione – Oristano, 1-13 maggio 2018. Nel pomeriggio di martedì 8 maggio si è tenuta una presentazione del Rapporto Cisf 2017, all’interno della 13.a edizione del Festival della Comunicazione (promosso da Arcidiocesi di Oristano, Edizioni Paoline ed Edizioni San Paolo, con la collaborazione e il sostegno di numerosi altri enti), quest’anno dedicato a la verità vi fare liberi. Fake news e giornalismo di pace: La presentazione è stata tenuta dal Direttore Cisf (F. Belletti), con l’intervento di don Francesco Mariani, sacerdote della diocesi di Nuoro. Le due settimane di Festival, sviluppatesi tra eventi culturali, spettacoli, mostre e concerti, si concluderanno domenica sera, 13 maggio nella cattedrale di Oristano, con “Chida Santa: rappresentazione della Passione di Cristo”, musical che valorizza le locali tradizioni religiose, musicali e linguistiche.
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1718_allegato2.pdf
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Persi nella migrazione: collaborare per evitare che i minori scompaiano (Lost in Migration: working together in protecting children from disappearance). Ancora valide le indicazioni conclusive di un convegno internazionale tenutosi a Malta ad inizio 2017, in cui si metteva a tema la difficile protezione dei minori in migrazione. In particolare sono enunciate dieci “Raccomandazioni politiche ed operative per migliorare la protezione dei minori migranti e per rafforzare il rispetto dei loro diritti” e sette “Indicazioni trasversali sulla gestiione complessiva delle politiche, delle informazioni e dei finanziamenti”
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“Famiglia sei granda“. Quasi due mesi di eventi per festeggiare la bellezza della famiglia, in tutta la provincia di Cuneo (la provincia “granda”, per la sua superficie), “Dal 1° maggio al 23 giugno 2018 in 10 diversi centri della provincia di Cuneo (Boves, Bra, Busca, Castiglione Tinella, Cuneo, Fossano, Mondovì, Saluzzo, Sant’Albano Stura e Savigliano), andrà in scena l’ottava edizione di “Famiglia sei Granda”, la grande festa diffusa della famiglia promossa dal Forum delle Associazioni Familiari della Provincia di Cuneo insieme agli Uffici Famiglia delle Diocesi Cuneesi, alle Consulte della Famiglia presenti sul territorio e ad alcune Amministrazioni Comunali, che si celebra in diverse città della provincia di Cuneo, per dare rilevanza, con un unico titolo, a tante iniziative a favore della famiglia. Per quasi due mesi le piazze, i parchi, i teatri e i santuari della Granda si riempiranno di una miriade di iniziative dedicate alla famiglia, organizzate in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia, indetta il 15 maggio di ogni anno dall’Onu a partire dal 1994, quando fu proclamato il primo “Anno Internazionale della Famiglia”. www.famigliaseigranda.it
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Gruppi di parola. Un percorso a Milano con il sostegno del garante nazionale dell’infanzia. Un “Gruppo di Parola” è un luogo per lo scambio e il sostegno tra bambini dai 6/12 e i ragazzi dai 12/17 anni, i cui genitori sono separati o divorziati.[…] I bambini sono coinvolti nella separazione dei loro genitori: non sanno bene come esprimere la rabbia, la tristezza, i dubbi, le difficoltà che incontrano per la separazione di papà e mamma. A volte non sanno con chi parlarne…Quattro incontri per i bambini e per i loro genitori, secondo una metodologia consolidata. Presso l’Università Cattolica,Milano, 9-16-23-30 maggio 2018
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Dalle Case editrici
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FrancoAngeli, Storie di vita di migranti. Lo sguardo al passato, al presente, al futuro. Un percorso di empowerment, Acli-Bologna
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Rizzoli, Non è colpa dei bambini. Perché la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare. Subito, Novara D.
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Far-Famiglia, I nonni giovani, Otero Oliveros F., Altarejos J.
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Piemme, Generazione H. Comprendere e riconnettersi con gli adolescenti sperduti nel web tra Blue whale, Hikikomori e sexting, Parsi M.R.,
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Dondi Andrea, Siblings. Crescere fratelli e sorelle di bambini con disabilità, San Paolo, Cinisello B., 2018, pp. 207, € 18,00.
Che cosa significa essere un fratello o una sorella di un bambino con disabilità? Quali sono le “sfide aggiuntive” che i siblings sono chiamati ad affrontare nel loro percorso di crescita? Quante volte i genitori, assorbiti da una quotidianità impegnativa, sentono di non comprendere a fondo il loro vissuto? Questo libro esplora la questione educativa che si pone ai genitori quando in famiglia ci sono figli sani e figli disabili, stimolando le mamme e i papà perché mettano particolare attenzione ai fratelli e alle sorelle delle persone con disabilità […] «Si tratta – racconta l’autore – di un libro pensato soprattutto per i genitori. Vuole essere un testo accessibile, con indicazioni precise e concrete. Si basa sulla mia esperienza ormai decennale di incontri con famiglie e siblings: mi piacerebbe che fosse un punto di arrivo di questo percorso, ma anche un punto di partenza per molto altro. C’è bisogno di diffondere e ampliare la discussione sul tema, avviare molti progetti di sostegno in giro per l’Italia».
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1718_allegatolibri.pdf
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Save the date.
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NORD: XI Convegno Nazionale di Psicologia dell’Invecchiamento, promosso dalla Società Italiana di Psicologia dell’Invecchiamento, Milano, 25-26 maggio 2018.
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NORD: I Consultori familiari di fronte alla Riforma del Terzo Settore. Giornata di studio nazionale promossa da CFC (Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana), Felceaf (Federazione Lombarda Centri di Assistenza alla Famiglia), Fondazione Lombarda “Servire la Famiglia”, 3SformER (Associazione Terzo Settore · Formazione Enti Religiosi), Milano, 17 maggio 2018.
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CENTRO: Annunciare ai giovani la gloria della croce: un vangelo ancora possibile? seminario promosso dalla Cattedra “Gloria Crucis”, Pontificia Università Lateranense, Roma, 17 maggio 2018.
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SUD: La Festa della Famiglia. Responsabilità educative nelle generazioni in famiglia, ciclo di eventi in varie città pugliesi, promosso dal Form delle associazioni familiari della Puglia, 10-30 maggio 2018.
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SUD: Migranti: raccontare il mondo che verrà, incontri con il giornalista Paolo Lambruschi, promossi dalla Fondazione di Comunità Val di Noto, Modica-Siracusa, 11 maggio 2018.
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ESTERO: Population, diversity and inequality, Conferenza europea 2018 sulla popolazione, promossa da European Association for Population Studies, Bruxelles, 1-6 giugno 2018.
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ESTERO: Between face-to-face and digital comunicatino: Challenges and opportunities for contemporary family relationships (comunicazioni reali e digitali: sfide e opportunità per le relazioni familiari), presentazione del Rapporto Cisf 2017 promossa dalla President’s Foundation for the Wellbeing of Society in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia, Malta, 15 maggio 2018.
per i linkhttp://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/maggio2018/5078/index.html
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Iscrizione alle newsletterhttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
Archivio http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx
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CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA
Patrocinio a Incontro su Donne e menopausa.
Modena 16 maggio 2018 ore 20 Sala Pucci, Largo Pucci 40
Vivere serenamente con se stesse, in coppia e nel contesto sociale.
Intervengono
dr Fabio Businco, ginecologa delegata CIS Emilia e Romagna
dr Naria Cristina Fiorini, psicologa, dirigente AUSL Modena, presidente CIS
dr Claudia Galli, psicoterapeuta e psicologa
www.cisonline.net/centro-di-sessuologia-italiano
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CHIESA CATTOLICA
Se l’ateo fa il bene senza obbligo né sanzione
Egregio dottor Augias, apprezzo il suo lavoro ma confesso che talora m’imbarazza la sua dichiarazione di essere ateo. Certamente può essere a-teo per il Dio delle religioni, troppo spesso onorato come copertura dei nostri individualismi e dei nostri egoismi. Ma se v’è un Assoluto più grande di noi e che orienta la nostra vita, credo che per ogni persona che cerca di seguirlo il titolo di “ateo” non sia appropriato. È il trionfo dello spirito sulla ragione (così direbbe credo anche il prof Mancuso), ed è questo spirito che ritengo non muoia.
Poiché ho molti più anni di lei [94 ½], la aspetto di là anche se ora lei pensa che un “di là” non esista. Questi pensieri, che ogni tanto mi ritornano, mi hanno assediato così a lungo la scorsa notte che non ho resistito al desiderio di comunicarglieli. Mi scusi per il disturbo, e mi perdoni!
Continuo a essere un suo ascoltatore e lettore.
Luigi Bettazzi — bettazziluigi@ alice. it
Avrei risposto in privato a una lettera così affettuosa se il mittente non fosse stato monsignor Bettazzi, un vescovo cattolico che si rivolge a un signore come il sottoscritto che si professa tranquillamente ateo. La verità è che fin dai tempi del Concilio Vaticano II, Luigi Bettazzi si è messo in luce per le sue posizioni avanzate che solo oggi, con papa Francesco, hanno un certo spazio nella Chiesa. Uno spazio piccolo, al quale si tenta di opporsi, che tuttavia c’è e che Bettazzi annunciò in pieno Concilio citando il filosofo Antonio Rosmini (autore del saggio Cinque piaghe della Santa Chiesa) che al tempo figurava nell’Indice dei libri proibiti.
Piccola aggiunta cronistica: l’intervento di monsignor Bettazzi è dell’ottobre 1965. Nel novembre 1966, l’Indice veniva finalmente abolito – regnando papa Paolo VI – dopo quattro secoli di vita segnata ora dalla crudeltà ora dal ridicolo. Nel merito della lettera sono d’accordo con monsignore. La parola ateo ha un suono sgradevole. L’ateismo però, come l’aderire a una religione, non è né un dovere né una necessità; è solo una scelta. Essere atei non vuol dire non riconoscersi in una storia, una comunità nazionale, una serie di tradizioni. Non vuol dire ignorare i valori giudaico-cristiani – tanto meno quelli della laicità – che hanno contribuito alla nostra civilizzazione; tanto più lo hanno fatto quanto meno erano dettati dal comportamento spesso di dominio della chiesa cattolica. L’ateo in buona fede che cerca di seguire il vecchio dettato neminem lædere è tanto più meritevole poiché fa quello che fa non nell’attesa di una ricompensa in un ipotetico aldilà; come è stato autorevolmente detto lo fa solo perché crede che sia bene farlo «senza obbligo né sanzione».
Per quanto mi riguarda ho cercato di assorbire dall’insegnamento di Baruch Spinoza questo principio: tutta la Legge (che per un ebreo è racchiusa nella Torà) sono la giustizia e la carità. Si può anche dire in un altro modo, come fece un giorno il famoso rabbino Hillel (I secolo a. C.). A un giovane che gli chiedeva come fare a imparare tutta la Legge rispose: «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Questa è tutta la Torà. Il resto è commento».
Luigi Bettazzi e Corrado Augias la Repubblica 11 maggio 2018
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201805/180511bettazziaugias.pdf
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
I bambini e le coppie nell’adozione internazionale
E’ stato pubblicato il seguente Rapporto della Commissione:
Report: I bambini e le coppie nell’adozione internazionale “Report sui fascicoli del mese di Marzo 2018“
Notizie CAI 9 maggio 2018
www.commissioneadozioni.it/media/156831/reportcaimarzo2018.pdf
www.commissioneadozioni.it/IT.aspx?DefaultLanguage=IT
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CONSULENTI DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA
Pescara, un centro comunale per i servizi alla famiglia.
Verrà inaugurato domani al piano terra del palazzo comunale (ex Inps) di piazza Italia, il nuovo Centro Servizi Famiglie, istituito dall’Amministrazione comunale con un finanziamento del Dipartimento per la Salute e il Welfare della Regione
“Compito del Centro Servizi Famiglie sarà di promuovere interventi volti a sostenere la “Risorsa Famiglia”, attraverso servizi realizzati sia dal pubblico sia dal privato – spiega il sindaco Marco Alessandrini– lo abbiamo voluto perché le istituzioni devono sostenere il cardine della società moderna e devono farlo attivando tutti i canali e le risorse possibili. Ringraziamo la Regione per la grande attenzione con cui ha guardato il progetto, conoscendo la complessità della realtà della nostra città e del territorio e per il passo che possiamo fare insieme verso la collettività e verso il benessere di quanti, grandi e piccoli, ne fanno parte”.
“Con la nuova struttura avviamo un’ulteriore attività a sostegno dei nuclei familiari della nostra comunità, che hanno esigenze sempre più complesse a cui siamo chiamati a dare risposte articolate e funzionali – spiega l’assessore Antonella Allegrino “Non è solo un luogo fisico, dove ottenere informazioni sui servizi che il Comune mette a disposizione della famiglia, ma un punto dedicato all’ascolto e all’accoglienza, in cui operatori di comprovata professionalità ed esperienza sono a disposizione per recepire ogni richiesta e orientare i genitori che hanno problemi e difficoltà di carattere economico, nelle relazioni con i figli minori o con il coniuge o che vivono una condizione di solitudine ed emarginazione. Ma è anche una struttura a cui rivolgersi se si vogliono compiere gesti d’amore e solidarietà, come l’adozione, l’affido o l’affiancamento familiare, istituti che consentono di aiutare bimbi, ragazzi e famiglie che affrontano, anche temporaneamente, una condizione di disagio”.
Il Centro Servizi Famiglie è articolato in 3 aree di attività.
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Quella informativa, in cui sono presenti uno sportello informativo sui diversi servizi cittadini, pubblici e privati, rivolti alle famiglie, e l’orientamento sulle risorse e le opportunità istituzionali, come l’assegno al nucleo familiare, l’assegno di maternità, il Rei, il Centro diurno minori, la ludoteca, il centro antiviolenza, il centro di educazione alla legalità attraverso lo sport, i servizi bambini ospedalizzati, adozione nazionale ed internazionale, affido familiare, affiancamento familiare e consulenza psicologica.
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C’è, poi, l’Area di servizi di sostegno alla genitorialità che offre supporto in alcune fasi di cambiamento del nucleo familiare o in situazioni potenzialmente critiche, come la nascita di un bambino, i percorsi evolutivi dei figli e l’eventuale insorgere di problematiche relative alla fase dell’adolescenza, la crisi delle coppia e la disabilità. Affiancheranno le famiglie, psicologi esperti dell’età evolutiva per colloqui di supporto psico-terapeutico; saranno valutate le coppie disponibili all’adozione nazionale e internazionale, verrà promossa un cultura dell’accoglienza attraverso incontri di sensibilizzazione a cura dell’équipe affido e affiancamento familiare, sarà attivo un servizio di mediazione legale e familiare per le coppie (con figli minori) in fase di separazione o di divorzio e per conflitti in ambito familiare.
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Infine nell’Area sviluppo delle risorse e di comunità, saranno organizzati laboratori ricreativi ed esperienziali per bambini e genitori, incontri sulla genitorialità, gruppi di auto-mutuo-aiuto e attività di animazione territoriale
Con il CSF collaborano i consultori privati Cif e Ucipem e la Fondazione Caritas.
Il centro sarà aperto dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12, il martedì e il giovedì anche dalle 15 alle 18.
Redazione Cityrumors 11 maggio 2018
www.cityrumors.it/notizie-pescara/cronaca-pescara/pescara-un-centro-comunale-servizi-alla-famiglia.html
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova. Etica, Salute e Famiglia. Maggio 2018
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Il primo ovocita umano cresciuto in laboratorio. Gravi interrogativi etici. Armando Savignano
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Lavorare sul tema del perdono nei gruppi per separati. Esperienze e proposte Paolo Breviglieri
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La dignità degli ultimi giorni. La diocesi e gli operatori sociosanitari ne discutono. Gabrio Zacchè
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L’arte di portare i piccoli. ostetrica Alessandra Venegoni
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La famiglia di ieri, la famiglia di oggi. psicologo Giuseppe Cesa
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/
Parma. Festa della famiglia 2018
Tra favola e mito. Narrazione e lettura a cura di Maddalena Chiara Morini e Cristina Delmonte. Giovedì 17 maggio ore 18,30 www.famigliapiu.it
Pescara. 40 anni di Ucipem: “Ora andremo noi incontro a chi vive la fragilità”
“Credo che il compito del consultorio – sottolinea l’arcivescovo Tommaso Valentinetti – sia quello di far prendere contatto alle persone con la propria umanità. Se ognuno riscopre la sua umanità più profonda, riscopre cosa significa abitare con se stesso, allora certamente ci saranno persone mature che sapranno affrontare le relazioni a 360 gradi, non ultima quella matrimoniale”
Due giorni di eventi, venerdì e sabato, per celebrare i 40 anni dell’Ucipem: il Consultorio familiare dell’arcidiocesi di Pescara-Penne, fondato nel 1972 dall’allora vescovo monsignor Antonio Iannucci e presieduto prima da don Albino Dazzi e poi da don Sergio Triozzi. Scomparso quest’ultimo, con l’avvento dell’attuale arcivescovo monsignor Valentinetti, è stato don Cristiano Marcucci a diventarne il terzo presidente nel 2006: «Le nostre parole chiave – premette il presbitero – sono accoglienza incondizionata, perché ognuno di noi ha il diritto di essere accolto, ascolto e relazione. E poi c’è il nostro approccio legato ad una metodologia laica cioè, pur avendo valori cristiani alla base, accogliendo tutti a prescindere dal proprio credo, situazione o pensiero politico».
Il consultorio Ucipem, riconosciuto effettivamente consultorio con legge regionale nel 1978 diventando il quinto in Italia, è nato con l’intento di fornire supporto alle persone con difficoltà personali e relazionali, in particolare in ambito coniugale, genitoriale e familiare: «La parola d’ordine – racconta don Cristiano – è fragilità per difficoltà personali nel rapporto con se stessi, molte problematiche di coppia – a livello relazionale – e in ambito genitoriale. Questi sono i tre ambiti complessi su cui operiamo, non dando soluzioni perché non ce ne sono, non dando ricette perché non esistono, ma provando ad accogliere le persone per permettere loro di riattivare le proprie risorse e trovare, con le proprie gambe, una strada per ripartire».
Tutto questo il Consultorio familiare Ucipem lo fa operando nelle sue quattro sedi pescaresi, due in via Campobasso, una in via Genova e una in via Luigi Polacchi a San Silvestro spiaggia, dove operano in tutto 70 operatori a cui si aggiungono 30 collaboratori esterni: «Nelle nostre sedi – sottolinea il presidente del Consultorio Ucipem di Pescara – le persone vengono e chiedono aiuto, venendo ascoltati e intraprendendo di supporto socio-educativo, medico, legale e psicologico. In ambito socio-educativo intervengono i consulenti familiari, con la prevenzione e l’accompagnamento delle persone nella relazione con se stesi. In ambito medico intervengono un po’ tutte le specialità del settore, con un’attenzione privilegiata verso l’ambito ginecologico e ostetrico per l’accompagnamento delle donne al parto. In campo legale agiscono avvocati e mediatori familiari, mentre nel supporto psicologico operano diversi psicoterapeuti».
Insomma, una macchina organizzativa complessa per agire su problemi altrettanto complessi non più restando all’interno delle proprie sedi, aspettando che qualcuno chieda aiuto: «Ormai – precisa don Cristiano Marcucci – siamo noi ad andare nei luoghi dove le persone vivono. Stiamo lavorando con le scuole, le parrocchie e le aziende per andare noi verso e non solo dire agli altri “Venite”. La prospettiva futura è sempre più di andare noi verso, dato che molte persone faticano a chiedere aiuto. La sfida è crescere e supportare la complessità “bellissima” che oggi la famiglia vive».
Una sfida lanciata venerdì pomeriggio nell’ambito della tavola rotonda, per operatori del settore e interlocutori internazionali, ospitata nella sala consiliare del Comune di Pescara dal tema “Quale senso per il consultorio oggi?”. Dopo i saluti del presidente del Consiglio Comunale e del sindaco di Pescara Francesco Pagnanelli e Marco Alessandrini, sono quindi intervenute la coordinatrice nazionale del progetto Spazio mamma di Save the children Annamaria Cosatti, la responsabile Asl per i consultori Maria Carmela Minna e la presidente provinciale del Centro italiano femminile Gabriella Federico, oltre all’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti: «Quello dell’Ucipem Pescara è un quarantennale da festeggiare bene – osserva il presule -, poiché l’opera del consultorio è più che mai attuale. Del resto, io credo che oggi la fragilità familiare oggi appaia più evidente in quanto maggiormente manifesta, per quanto sia sempre esistita perché la relazione di coppia non è un cammino facile. Molte volte erano cammini in cui non si prendeva coscienza del fatto di poter trovare soluzioni alle difficoltà che all’interno delle famiglie si venivano a creare. Ma credo che il compito del consultorio sia quello di far prendere contatto alle persone con la propria umanità. Se ognuno riscopre la sua umanità più profonda, riscopre cosa significa abitare con se stesso, allora certamente ci saranno persone mature che sapranno affrontare le relazioni a 360 gradi, non ultima quella matrimoniale».
Un consultorio familiare, l’Ucipem, che si ispira ai valori cristiani rappresentando un valore aggiunto: «Con un grande rispetto della vita nascente – puntualizza l’arcivescovo di Pescara-Penne – e poi con un accompagnamento di tutte le persone che si pongono di fronte alle problematiche familiari con l’atteggiamento più positivo della ricostruzione della propria vita, della mediazione di quelle che sono le situazioni difficili all’interno della famiglia, più che la scappatoia facile che molte volte si trova quando alla prima difficoltà si spezzano le realtà matrimoniali. Questo perché viviamo in una società liquida, dove i rapporti profondi e duraturi che si basano su una capacità d’amore per sempre, rischiano di diventare molto faticosi e di sciogliersi al primo vento di burrasca. Ci vuole, dunque, una capacità di umanità profonda e di saper attingere alle risorse di fede nonché a quelle del sacramento del matrimonio, per chi vi si è accostato».
Sabato mattina, invece, è stato il Cinema-teatro Circus ad ospitare l’incontro formativo sul tema “Stop al cyberbullismo”, organizzato da Ucipem e Lions club Pescara host con il patrocinio del Comune di Pescara, con la partecipazione delle scuole medie e superiori del capoluogo adriatico, condotto dal giornalista Luca Guazzati. In apertura il saluto del direttore Ucipem di Pescara: «Sento con grande responsabilità – afferma Loris Di Vittorio – la responsabilità di rappresentare 40 anni di lavoro di operatori volontari professionisti, che hanno regalato il loro tempo per sostenere le fragilità, le relazioni difficili ed essere a disposizione della cittadinanza».
Ad introdurre la tematica del cyberbullismo, ovvero gli atti violenti commessi dai bulli – spesso a scuola – attraverso l’ausilio degli strumenti multimediali e dei social, un intervento telefonico dello psicologo Paolo Crepet il quale ha commentato gli ultimi casi di cui sono state vittime anche gli insegnanti: «Un’istituzione scolastica – ammonisce – non può aspettare che il fatto avvenga prima di comunicare. Bisogna farlo fin dall’inizio dell’anno quando, al momento dell’iscrizione del figlio, la scuola deve comunicare le regole alle famiglie».
E a proposito dei comportamenti adottati dalle scuole, in 17 scuole medie e superiori pescaresi l’Ucipem ha condotto un sondaggio, somministrando un questionario agli studenti dai 13 ai 15 anni per sapere quanto ne sapessero del cyberbullismo e se ne fossero stati coinvolti in prima persona o i loro compagni. Il responso è stato tutto sommato rassicurante: «La maggior parte dei ragazzi – rivela Luca Guazzati – possiede un cellulare ed un pc e dichiara di connettersi al mattino presto e al pomeriggio, ma è rilevante anche il numero di ragazzi sempre connesso. Inoltre, la maggioranza degli studenti delle scuole medie e dei licei ha dichiarato di sentirsi sicuro e la quasi totalità di loro ha dichiarato di conoscere il fenomeno senza averlo mai subito almeno negli ultimi tre mesi, ma il 50% di loro dichiara di conoscere amici che ne sono stati vittime subendo offese, insulti, calunnie familiari e scherzi pesanti. Alta la percentuale di coloro che hanno avuto problemi relazioni con qualcuno a livello individuale via computer, cellulare o social».
Significative anche le reazioni: «La risposta più gettonata – aggiunge Guazzati – è “Ho consolato la persone presa di mira”, seguita da “Ho affrontato il bullo”. Ma il dato più preoccupante è la percentuale abbastanza bassa di persone, concentrata nei licei, che parlano di queste cose a casa o con i docenti». In pochissimi, infine, hanno risposto alla domanda su come vedono in futuro il bullismo: «Quelli che hanno risposto – riferisce il giornalista – hanno affermato “Sarebbe bello se diventassi io il più forte”. Invece, bisognerebbe semplicemente parlarne con chi è in grado di aiutare».
Quindi l’intervento centrale, con la psicologa e psicoterapeuta Maura Manca che si è indirizzata dapprima agli insegnanti chiedendo coerenza e scagionando la tecnologia dalle responsabilità: «È inutile fare come tanti insegnanti – ammonisce la presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza – che dicono di non usare il cellulare in classe e poi chattano tranquillamente, bisogna essere credibili. E il telefono oggi viene usato per fare tutto ed era un disastro prima che non c’era, anche solo per prendere i compiti».
Ha poi lanciato un monito sul vero rischio della vita sui social network: «Non ci rendiamo conto – osserva l’esperta – che quando pubblichiamo una foto, la rendiamo pubblica e può arrivare a chiunque attraverso Whatsapp. Ma anche pubblicandole su di un profilo chiuso Instagram con gli hashtag, attraverso questi la foto può essere pescata da qualsiasi motore di ricerca. Non c’è niente che svanisce o si cancella».
Un concetto da fissare in mente, non solo per evitare il cyberbullismo, ma soprattutto per salvaguardare la cosiddetta web reputation: «Una ragazza ventenne – racconta la dottoressa Manca – una volta ha perso un lavoro, perché cinque anni prima aveva pubblicato una foto in intimo che era stata trovata attraverso i motori di ricerca. Sul posto di lavoro ti fanno le pulci e trovano tutto, utilizzando anche motori di ricerca diversi dai soliti».
Sul fronte della repressione del cyberbullismo, agiscono le Forze dell’ordine e in questo caso la Polizia postale: «Il nostro lavoro è nullo rispetto a quello che si può fare con la prevenzione – riflette il commissario Gianluca Di Donato -. Sono più contento di quelle denunce che non arriveranno, perché sarete arrivati prima voi ragazzi. Il tema centrale è il bullismo, dove ci sono sempre tre figure ovvero chi picchia, chi le prende e chi guarda. Noi vi chiediamo di fare un salto avanti e se non siete chi picchia o chi le prende, ma chi guarda, la smetta di guardare e faccia qualcosa
Davide De Amicis La Porzione 7 maggio 2018
www.laporzione.it/2018/05/07/40-anni-di-ucipem-ora-andremo-noi-incontro-a-chi-vive-la-fragilita
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DALLA NAVATA
Ascensione del Signore – Anno B –13 maggio 2018
Atti 01, Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Salmo 46, 07 Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni.
Efesini 04, 01 Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Marco 16, 15 Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.
L’annuncio del Vangelo a tutta la creazione
Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)
Il brano evangelico che la chiesa ci propone per la solennità dell’Ascensione del Signore è tratto dalla conclusione aggiunta più tardi al vangelo secondo Marco da parte di “scribi cristiani”, che lo hanno completato con una chiusura meno brusca di quella del racconto originale (cf. Mc 16,1-8). Sono versetti che non si trovano nei manoscritti più antichi e sono sconosciuti a molti padri della chiesa. Tuttavia la chiesa li ha accolti come ispirati, cioè contenenti la parola di Dio, tanto quanto il resto del vangelo, e infatti sono conformi alle Scritture (secundum Scripturas: 1Cor 15,3.4); sono addirittura una sintesi dei finali degli altri vangeli (soprattutto dei sinottici), che raccontano gli eventi riguardanti Gesù risorto, asceso al cielo e glorificato dal Padre.
Secondo questa conclusione, Gesù appare al gruppo dei Dodici privi di Giuda, agli Undici dunque, mentre stanno a tavola. Costoro che, chiamati da Gesù alla sua sequela, erano stati coinvolti nella sua vita e avevano appreso da lui un insegnamento autorevole per almeno tre anni, ma che nell’ora della passione erano fuggiti tutti e lo avevano abbandonato (cf. Mc 14,50), nell’alba pasquale avevano ascoltato da Maria di Magdala l’annuncio della resurrezione di Gesù (cf. Mc 16,9-10), ma a lei “non credettero” (epístesan: Mc 16,11); anche i due discepoli di Emmaus avevano raccontato come il Risorto si era manifestato sulla strada “sotto un altro aspetto” (cf. Mc 16,12-13), “ma non credettero (epísteusan) neppure a loro” (v. 13). Per questo, quando Gesù “alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, li rimproverò per la loro incredulità (apistía) e durezza di cuore (sklerokardía), perché non avevano creduto (epísteusan) a quelli che lo avevano visto risorto” (Mc 16,14).
Questa è la verità che va detta, ed è stata detta nella chiesa (prova ne sia questo testo) quando non erano ancora dominanti il trionfalismo e l’adulazione delle autorità. Gli Undici sono stati preda del dubbio profondo, sono stati increduli dopo la morte di Gesù come lo erano stati durante la sua sequela, quando egli era stato costretto a rivolgersi alla sua comunità dicendo: “Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non ascoltate?” (Mc 8,17-18). Gli Undici in verità sono ancora nella situazione di incredulità che Gesù aveva rimproverato ai suoi oppositori, scribi e farisei (cf. Mc 10,5), e agli abitanti del suo villaggio di Nazaret (cf. Mc 6,6). Situazione dunque disperante quella dei futuri testimoni, assaliti dall’incredulità! Come potranno annunciare la buona notizia, se neppure loro credono?
In questa chiusura – si faccia attenzione – dopo i rimproveri Gesù non mostra segni per portare i suoi discepoli a credere, come la trafittura delle mani e dei piedi (cf. Lc 24,39-40) o quella del costato (cf. Gv 20,20.27), ma nonostante il persistere di questa poca fede invia proprio loro in una missione senza confini, veramente universale. Una missione cosmica, si potrebbe anche dire: “Andate in tutto il mondo e annunciate la buona notizia a tutta la creazione”. Dovunque andranno, in tutte le terre e in tutte le culture, i discepoli di Gesù devono annunciare la buona notizia, proclamare il Vangelo a tutta la creazione. In tal modo Gesù indica certamente l’orientamento universale della predicazione ma chiarisce anche che la buona notizia riguarda ogni creatura, animata e inanimata, quindi anche gli animali, gli angeli e i demoni. Non ci sono più le barriere del popolo eletto di Israele, non ci sono più i confini della terra santa: davanti a quei poveri discepoli titubanti c’è tutta la creazione e ogni creatura! Il Vangelo non può essere contenuto né in un popolo, né in una cultura, e neppure in un modo religioso di vivere la fede nel Dio unico e vero: gli inviati devono lasciarsi alle loro spalle terra, famiglia, legami e cultura, per guardare a nuove terre, a nuove culture, nelle quali il semplice Vangelo potrà essere seminato e dare frutti abbondanti.
Quella che viene richiesta è un’opera di spogliazione ben più faticosa di quella dai semplici mezzi economici: si tratta, infatti, di abbandonare le certezze, gli appoggi intellettuali e culturali, gli assetti religiosi praticati fino a quel momento, e di immergersi tra le genti. Certo, per fare questo ci vuole fede nel Vangelo, nella sua “potenza divina” (dýnamis theoû: Rm 1,16), mentre occorre smettere di porre fede nella propria elaborazione o nei propri progetti culturali. Più spogli si va, più il Vangelo è annunciato con franchezza e, come seme non rivestito caduto a terra, germoglia subito e più facilmente. Quanti errori abbiamo commesso nell’evangelizzazione, confidando nei nostri mezzi, nelle nostre “ideologie”, e, in parallelo, disprezzando le culture degli altri, che sovente abbiamo mortificato per imporre la nostra! E la sterilità del seme del Vangelo, soprattutto in Asia, dove esistevano culture che potevano concorrere con la nostra occidentale, è un segno evidente dell’errore fatto. Il Vangelo è caduto a terra come un seme ma, essendo un seme troppo rivestito, per causa nostra, non ha potuto marcire né, di conseguenza, germogliare.
Ecco il compito dei cristiani: senza febbre “proselitista”, senza cercare di guadagnare a ogni costo dei credenti, percorrendo i mari e le terre come i farisei (cf. Mt 23,15) e dovunque si trovino, i cristiani annuncino il Vangelo innanzitutto con la vita; poi, se Dio lo concede, con le parole. Sono parole di Francesco di Assisi, riprese da papa Francesco… Gesù non chiede di convincere né di imporre, ma di vivere il Vangelo con gioia, perché questa è la testimonianza. Oggi ci sono molti cristiani che passano di palco in palco “per dare testimonianza”, finendo per raccontare la propria storia o il successo della loro comunità. C’è solo da arrossire nel chiamare questo comportamento “testimonianza”! Meglio quei cristiani quotidiani a volte dubbiosi, come gli Undici, che tentano semplicemente e umilmente ogni giorno di essere cristiani dove si trovano, vivendo il Vangelo e amando Gesù Cristo al di sopra di tutto e di tutti. È di questi cristiani e cristiane che abbiamo bisogno, di discepoli e discepole, non di militanti!
Certo, di fronte all’annuncio del Vangelo, si può “credere” o “non credere”, aderire al Signore Gesù o rifiutarlo: per noi il mistero è grande e non siamo in grado di leggerlo compiutamente… Gesù afferma: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, chi non crederà sarà condannato”, ma solo lui, il Signore, può vedere e giudicare chi crede e chi non crede; noi, invece, non possiamo né appropriarci del suo giudizio né partecipare ad esso. Infatti, credere in Gesù aderire a lui è una risposta che può essere data soltanto dall’imperscrutabile cuore di ogni persona. Noi dobbiamo accettare di restare sulla soglia dell’incontro tra il Signore e l’altro, sapendo che l’annuncio del Vangelo opera un giudizio e chiede conversione e fede in Gesù. Resta vero che l’impegno della fede, sancito nell’immersione della morte di Cristo per risorgere con lui (cf. Rm 6,1-6), rende i cristiani partecipi delle energie della resurrezione, abilitandoli a compiere quei segni che Gesù stesso operava nella sua vita: “segni” (semeîa) che, nel nome di Gesù, significheranno l’arretramento del demonio e delle potenze del male, significheranno possibilità di comunicazione tra genti e lingue differenti, significheranno salute e vita piena per i malati.
Dopo questo mandato agli Undici, “il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. Questa la conclusione del vangelo secondo Marco: come Elia, il profeta escatologico (cf. 2Re 2,9-18), e come gli uomini giusti e santi che hanno camminato con Dio (cf. Gen 5,24), Gesù fu elevato dalla potenza di Dio in cielo, accanto a lui, e si assise alla sua destra quale Messia e Signore profetizzato da David nel salmo 110. Gesù risorto è vivente per sempre in Dio; è il Figlio che regna con Dio, partecipe della sua potenza e della sua gloria, perché vincitore della morte; è il Signore del cosmo, proclamato tale da ogni creatura alla quale è stato annunciato; è il Giudice che verrà alla fine dei tempi. I discepoli, non più increduli ma sempre uomini e donne fragili e tentati dall’incredulità, da allora vanno per il mondo a predicare in ogni luogo, consapevoli che ogni terra può accogliere il Vangelo e può essere per loro terra di missione: essi non sono soli ma il Signore risorto è con loro, opera con loro e conferma la parola del Vangelo con segni capaci di indicarne l’autorevolezza e la verità.
Tra l’ascensione e la parusia finale il Signore Gesù non è però assente ma è presente più che mai, quale soggetto della missione della chiesa tra le genti. Alla chiesa spetta credere ed essere sempre evangelizzata: allora sarà capace di evangelizzare efficacemente, mostrando con segni e parole che Gesù opera in lei e con lei, offrendo a tutta l’umanità la salvezza.
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/12274-annuncio-vangelo
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FIGLI
Litigi tra marito e moglie: è violenza sui figli.
Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 18833, 2 maggio 2018.
Maltrattamenti in famiglia quando i genitori dei bambini litigano in continuazione sino a creare un danno psicologico. Se un bambino assiste a un litigio tra genitori ne resta profondamente sconvolto, anche se si tratta di un caso episodico. Spesso si mette a piangere e coltiva, dentro di sé, paure e insicurezze che si ripercuotono nell’arco di tutta la sua adolescenza. La violenza non fa parte del mondo dei bambini e il contatto con essa è sempre shoccante. Lo sa bene la Cassazione che, di recente, ha emesso una sentenza particolarmente interessante. La pronuncia riconosce l’esistenza di un vero e proprio reato a carico dei genitori che litigano in modo veemente davanti ai propri figli, costringendoli di fatto ad assistere ad aggressioni e a scene eccessivamente “forti” per i loro ingenui occhi. I minori devono essere protetti da ogni forma di brutalità e maltrattamenti, siano essi attivi o passivi. Pertanto, secondo i giudici, i litigi tra marito e moglie sono una violenza sui figli. Vediamo meglio quali sono i fondamenti di tale decisione.
Il codice penale [art. 572] prevede il reato di maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli. «Chiunque – recita la norma – maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Il concetto di maltrattamento è molto ampio: può consistere in una lesione fisica o psichica, diretta o mediata. In altre parole, non è necessario che il bersaglio dell’aggressione sia il bambino, ben potendolo essere l’altro coniuge o il convivente quando il fanciullo però è nei paraggi ed è in grado di assistere alla scena violenta. L’aggressione del genitore non deve infine necessariamente essere unilaterale (il marito, ad esempio, che maltratta la moglie) ma può anche essere reciproca come nel caso dei litigi. In tal caso a rispondere del reato saranno sia il padre che la madre, a prescindere poi dalle ragioni in merito al diverbio che, in questo caso, non interessano. I problemi si risolvono in assenza dei minori, eventualmente per strada o in un altro luogo. È pertanto possibile – dice la giurisprudenza – parlare sia di una «violenza attiva» contro i figli che di una «violenza passiva».
Ciò posto, precisa la Corte, quando la conflittualità tra i genitori coinvolga indirettamente anche i figli «quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri che si svolgano all’interno delle mura domestiche», è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia.
Lo Stato tutela la famiglia preservando questo luogo da ogni forma di aggressione, violenza e comportamenti vessatori a carico delle persone che ne fanno parte. L’ordinamento scende in difesa della incolumità fisica e psichica soprattutto di coloro che sono più deboli e non possono difendersi come i minori di età. In forza di ciò, la norma del codice penale appena riportata va interpretata fino al punto di ricomprendere ogni forma di «maltrattamento», non solo quello tipico del marito nei confronti della moglie o dei genitori nei confronti dei figli ma anche quello tra genitori che, indirettamente, si ripercuote sui figli. In tale concetto di maltrattamento rientrano non solo le classiche percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni ed umiliazioni ma anche gli atti di disprezzo e di offesa della dignità che sfociano in vere e proprie sofferenze morali per la vittima. Il reato di maltrattamenti si configura anche di fronte ad un’omissione o all’instaurazione di un certo clima di sopraffazione indistinta che si protragga nel tempo creando una sofferenza fisica o morale continuativa per la parte offesa. Quando le vessazioni sono però episodiche si può parlare del reato di violenza, ma per aversi i maltrattamenti è necessario che vi sia una condotta abituale.
Passiamo ora ad esaminare il caso dei litigi tra genitori e della conseguenza violenza passiva che essi generano – coscientemente o meno – sui figli, inermi spettatori. In questo caso i comportamenti vessatori, pur non essendo direttamente volti a danno dei minori, li coinvolgono allo stesso modo, rendendoli vittime delle feroci liti e dei brutali scontri fra i genitori che si svolgono all’interno delle mura domestiche. Ecco perché, anche in questi casi, si può parlare di maltrattamenti in famiglia. Ma perché scatti questo reato è necessario che le litigate siano continue e abituali, che il clima in famiglia sia ormai contrassegnato da questa costante ferocia.
Per verificare ciò sarà necessaria un’indagine sui bambini, per accertarsi che questi abbiano subìto un disagio familiare. Quindi, non tutti i litigi tra madre e padre – per quanto deprecabili se fatti davanti ai figli – integrano il reato di maltrattamenti, ma solo quando diventano assidui, perseveranti e ininterrotti, sino a determinare un danno nei bambini.
Redazione La Legge per tutti 6 maggio 2018
www.laleggepertutti.it/203972_litigi-tra-marito-e-moglie-e-violenza-sui-figli
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Nuovo Statuto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2018/05/08/0329/00712.html
E’ stato pubblicato oggi il nuovo Statuto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Nel Dicastero, istituito da Papa Francesco con il Motu Proprio “Sedula Mater” del 15 agosto 2016, sono confluite competenze e funzioni appartenute al Pontificio Consiglio per i Laici e al Pontificio Consiglio per la Famiglia, che hanno cessato di esistere. A tale Dicastero è “connessa” la Pontificia Accademia per la Vita e con esso ha un “diretto legame” il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia.
Dicastero non più diviso in tre sezioni. Prima novità dello Statuto – che significativamente entra in vigore il 13 maggio, memoria della Madonna di Fatima – è che il Dicastero non è suddiviso in tre sezioni, pur avendo più competenze. Inoltre, si ricorda che, “secondo i principi della collegialità, sinodalità e sussidiarietà”, “intrattiene relazioni con le Conferenze Episcopali, le Chiese locali e altri organismi ecclesiali, promovendo lo scambio tra di essi e offrendo la sua collaborazione affinché siano promossi i valori e le iniziative connesse” alla materie trattate.
Promozione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo. Si ribadisce che il Dicastero anima e incoraggia “la promozione della vocazione e della missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo, come singoli, coniugati o no, e altresì come membri appartenenti ad associazioni, movimenti, comunità”, e che “favorisce nei fedeli laici la coscienza della corresponsabilità, in forza del Battesimo, per la vita e la missione della Chiesa, secondo i diversi carismi ricevuti per l’edificazione comune, con una particolare attenzione alla peculiare missione dei fedeli laici di animare e perfezionare l’ordine delle realtà temporali”, così come indica la Costituzione conciliare sulla Chiesa “Lumen gentium” del 1964.
Protagonismo dei giovani. Il nuovo Statuto specifica meglio l’attenzione del Dicastero ai giovani, “promuovendo il loro protagonismo in mezzo alle sfide del mondo odierno … Momento forte della sua attività è la preparazione delle Giornate Mondiali della Gioventù”.
Uomo-donna: specificità, complementarità, pari dignità. Nel nuovo Statuto viene specificato che “il Dicastero si adopera per approfondire la riflessione sul rapporto uomo-donna nella rispettiva specificità, reciprocità, complementarità e pari dignità. Valorizzando il ‘genio’ femminile, dà il suo contributo alla riflessione ecclesiale sull’identità e la missione della donna nella Chiesa e nella società, promovendone la partecipazione”.
Cura pastorale e diritti della famiglia. Ribadisce poi che il Dicastero “alla luce del Magistero pontificio, promuove la cura pastorale della famiglia, ne tutela la dignità e il bene basati sul sacramento del matrimonio, ne favorisce i diritti e la responsabilità nella Chiesa e nella società civile, affinché l’istituzione familiare possa sempre meglio assolvere le proprie funzioni sia nell’ambito ecclesiale che in quello sociale”. Ricorda che il Dicastero “promuove convegni ed eventi internazionali, in particolare l’Incontro Mondiale delle Famiglie”.
Attenzione alle situazioni “irregolari”. Con un riferimento al capitolo ottavo dell’Esortazione apostolica Amoris lætitia, lo Statuto sottolinea la sollecitudine pastorale della Chiesa anche nei confronti delle situazioni dette “irregolari” (cfr AL, 296-306).
Difesa della vita dal concepimento al termine naturale. Il nuovo Statuto ribadisce, quindi, che il Dicastero “sostiene e coordina iniziative in favore della procreazione responsabile, come pure per la tutela della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, tenendo presenti i bisogni della persona nelle diverse fasi evolutive”. Inoltre, “promuove e incoraggia le organizzazioni e associazioni che aiutano la donna e la famiglia ad accogliere e custodire il dono della vita, specialmente nel caso di gravidanze difficili, e a prevenire il ricorso all’aborto. Sostiene altresì programmi e iniziative volti ad aiutare le donne che avessero abortito”.
Le nuove ideologie. Ribadisce anche che il Dicastero “sulla base della dottrina morale cattolica e del Magistero della Chiesa studia e promuove la formazione circa i principali problemi di biomedicina e di diritto relativi alla vita umana e circa le ideologie che vanno sviluppandosi inerenti la stessa vita umana e la realtà del genere umano”.
Lo Statuto, come il precedente, è approvato ad experimentum.
Sergio Centofanti Vatican news 08 maggio 2018
www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2018-05/nuovo-statuto-dicastero-laici-famiglia-vita.html
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NULLITÀ MATRIMONIALI
Processi nullità matrimoni religiosi: non serve l’avvocato rotale
www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccatheduc/documents/rc_con_ccatheduc_doc_20180428_istruzione-diritto-canonico_it.html
Non saranno più necessari avvocati rotali per i processi di nullità dei matrimoni, basteranno anche legali o studiosi dotati di diploma equivalente. Questi ultimi potranno essere conseguiti anche grazie ad appositi corsi online della durata di un anno organizzati da facoltà, istituti e università cattoliche riconosciuti dalla Santa Sede. A questa conclusione arriva la “Congregazione per l’educazione cattolica (degli Istituti di Studi)” a fronte della riforma del processo matrimoniale, datata 29 aprile 2018, messa a fuoco da Papa Francesco, dopo la riforma di Jorge Mario Bergoglio che aveva introdotto cause “veloci” (solo in teoria) di nullità matrimoniale che continuano ad essere troppo lente.
Processi di nullità matrimoniale, anche legali preparati online A proposito dei consulenti di terzo livello, l’articolo 28 chiarisce: «Per formare gli avvocati che, a causa delle situazioni locali, eccezionalmente non hanno un grado accademico in Diritto Canonico, ma devono acquisire una autentica perizia forense la Facoltà di Diritto Canonico e le Istituzioni equiparate possono offrire un Diploma in Diritto Matrimoniale e Processuale».
Si tratta, in questo caso, di un titolo che non «abilita all’iscrizione all’albo degli avvocati che la normativa canonica riserva generalmente a coloro che hanno conseguito il grado accademico di Dottorato in Diritto Canonico- ma – costituisce titolo perché il Vescovo Moderatore del Tribunale possa valutare adeguatamente se il candidato è vere peritus affinché possa essere iscritto all’albo degli avvocati».
In ultimo «L’Ordinamento degli studi deve prevedere un corso dedicato allo studio di diritto matrimoniale e di diritto processuale del Codice di diritto canonico o del Codice dei canoni delle chiese orientali attraverso la trattazione completa delle sue fonti sia magisteriali che disciplinari, a cui si aggiunge lo studio di materie affini». Abilità che, in certi casi, possono essere acquisite online, con la formazione a distanza.
La Costituzione apostolica Veritatis Gaudium datata, 29 gennaio 2018, di Papa Francesco, all’articolo 33, secondo paragrafo chiarisce che «Una parte dei corsi può essere svolta nella forma di insegnamento a distanza se l’ordinamento degli studi, approvato dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, lo prevede e ne determina le condizioni, in modo particolare circa gli esami».
Gabriella Lax Newsletter Giuridica Studio Cataldi 7 maggio 2018
www.studiocataldi.it/articoli/30308-processi-nullita-matrimoni-religiosi-non-serve-l-avvocato-rotale.asp
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POLITICHE PER LA FAMIGLIA
Rossi: La famiglia è al centro dell’azione politica
Il Trentino investe da oltre 10 anni con continuità nelle politiche di benessere familiare. “La famiglia è al centro della nostra azione politica perché la consideriamo il baricentro della società e della cultura della nostra terra. La specificità del Trentino è anche fatta di valori sociali e attenzione verso l’individuo. Non è un caso che il Trentino abbia sviluppato un sistema integrato di interventi diretti a dare sostegno concreto alle famiglie trentine attraverso una rete variegata di attori diffusa su tutto il territorio quali, ad esempio, i Distretti famiglia, le organizzazioni private e gli enti pubblici certificati ‘Family in Trentino’, le associazioni familiari, i Piani giovani”.
Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, ha aperto la 9° Convention dei Comuni Family Friendly, organizzata dall’Agenzia per la famiglia a Fiera di Primiero, ribadendo la fiducia della comunità trentina in un modello sociale preso a riferimento da altre Regioni italiane e Paesi della Comunità europea. Tra gli interventi realizzati nell’ultimo decennio, Rossi ha ricordato l’assegno unico provinciale, la revisione delle tariffe per i servizi della prima infanzia, le tariffe agevolate nel trasporto pubblico, le misure di conciliazione vita-lavoro grazie alla certificazione Family Audit, l’esenzione del ticket sanitario a partire dal terzo figlio, i contributi alle famiglie numerose, l’Euregio Family Pass che consente di avere accesso ai trasporti o al mondo della cultura a prezzi agevolati.
“Il Trentino – ha esordito il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi – è soddisfatto dei risultati ottenuti e delle azioni che hanno generato quel messaggio di fiducia fondamentale per estendere il nostro modello di politiche del benessere della famiglia al resto d’Italia. Il Family Audit ha portato alla certificazione di 213 organizzazioni nazionali e nella nostra provincia contiamo 19 Distretti famiglia. Abbiamo lavorato intensamente ma dobbiamo continuare ad investire nella famiglia per garantire un futuro migliore ai nostri figli e alla nostra società”.
Tre i temi, collegati alla famiglia, su cui si è soffermato il presidente: politiche giovanili, lavoro femminile e famiglie numerose. “Le politiche per la famiglia – ha spiegato il presidente Rossi – devono collegarsi alle politiche giovanili. La transizione all’età della maturità da parte dei nostri ragazzi è oggi più complessa. Le ragioni non sono solo generazionali ma anche economiche e sociali. Investire sulla famiglia e sui giovani riduce i costi sociali che dovremmo affrontare se non ci si muove in tempo”.
Nel 2017 l’occupazione femminile è cresciuta del 16% in Trentino. “Il risultato è positivo – ha commentato il presidente Rossi – però ora vogliamo incidere sulla qualità di questa crescita, intervenendo sui servizi di conciliazione, per favorire la natalità e tutelare il rientro sul mercato del lavoro delle madri. Una società in cui le donne lavorano è una società che cresce. E’ questa la frontiera che dovremo esplorare nelle prossime stagioni. Più qualità dei servizi di conciliazioni, quali i servizi all’infanzia e le tariffe sugli asili nido, perché solo con misure mirate garantiremo un futuro alle donne e alle madri”.
Sulle famiglie numerose, il presidente Rossi ha ipotizzato l’introduzione di aiuti diretti legati ad una previdenza complementare fin dalla nascita dei figli: “E’ questa l’idea positiva della famiglia che il Trentino vuole esportare nel resto del Paese”.
A margine del convengo, Rossi ha anche accennato alla legge sul benessere familiare che ha portato In Trentino all’introduzione di interventi di sostegno economico dedicati alle famiglie, come l’eliminazione dell’Imis sulla prima casa e dell’addizionale Irpef per soggetti con reddito fino a 20.000 euro, l’agevolazione sull’addizionale per chi ha figli a carico e reddito tra i 20.000 e i 55.000, nonché le agevolazioni tariffarie per i servizi della prima infanzia, gli asili nido pubblici, le tagesmutter e i buoni di servizio.
Un’altra misura riguarda l’assegno unico. “Non è un semplice strumento di contrasto alla povertà – ha detto Rossi -, ma costituisce una risposta innovativa e agile ai bisogni espressi dalle persone e dalle famiglie residenti sul nostro territorio. Si tratta di una misura “universalistica”, che consente a tutti i nuclei familiari di raggiungere una condizione economica sufficiente a soddisfare l’insieme dei propri bisogni”. L’assegno unico assorbe all’incirca 75 milioni di euro, risultato della convergenza di tutte le risorse ad oggi dedicate al reddito di garanzia, all’assegno regionale, al nucleo familiare, all’abbattimento delle tariffe degli asili nido e tagesmutter, all’assegno integrativo invalidi.
Nel suo intervento, il presidente ha ringraziato l’impegno di tutte le realtà che operano in Trentino a favore della famiglia, a partire dall’Agenzia provinciale. Oltre alle associazioni l’impegno per le famiglie investe anche i Comuni. “Grazie all’impegno e alla dedizione con cui le amministrazioni comunali si sono applicate nel progetto di certificazione ‘Family in Trentino’ – ha aggiunto a questo proposito Rossi –, possiamo oggi affermare con orgoglio che il 90% della popolazione trentina vive in un Comune attento alle necessità e al benessere delle famiglie. In Trentino sono 83 i Comuni certificati ‘Family in Trentino’. Visti i risultati raggiunti, sarà indispensabile ora mantenere questo status d’eccellenza fidelizzando gli enti partner, sostenendo la relazione di reciprocità tra la Provincia e le amministrazioni comunali, consci che, senza un efficace e aggiornato lavoro di “rete” non nascono valide iniziative a favore del benessere dei nuclei familiari. La comunità tutta è chiamata ad assumersi le proprie responsabilità e a tenere vivo questo fertile humus che tanto ha arricchito il nostro territorio, in primis da un punto di vista culturale, attribuendo alle politiche familiari un carattere di trasversalità, visto che in ogni azione governativa si annovera una ricaduta diretta o indiretta nella dimensione familiare”.
Family Agenzia per la famiglia 27 aprile 2018
www.trentinofamiglia.it/News-eventi/News/Rossi-La-famiglia-e-al-centro-dell-azione-politica
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SERVIZI PER LA FAMIGLIA
Bonus babysitter da 3600 euro
Un bonus pari a 3600 euro per pagare la babysitter, al posto del congedo parentale: nonostante l’abolizione dei voucher, i vecchi buoni lavoro, è ancora operativo, per tutto il 2018, il bonus babysitter, che consente di ottenere il pagamento da parte dell’Inps dei servizi di baby-sitting sino a un valore pari a 600 euro mensili. Il bonus è corrisposto per un massimo di 6 mesi, quindi per 3600 euro totali, come incentivo alla rinuncia al congedo parentale, cioè alla maternità facoltativa; si può ottenere in misura parziale se si rinuncia soltanto a una parte del congedo parentale.
Il bonus babysitter non è più erogato, però, sotto forma di voucher, ma per pagare la babysitter si deve utilizzare il nuovo libretto famiglia, l’unica modalità ora consentita per retribuire le prestazioni occasionali da parte dei datori di lavoro che non sono imprese o professionisti. Ad ogni modo, come dichiarato dall’Inps in un recente messaggio [1428/2018], non ci sono problemi per chi ha già richiesto il pagamento da parte dell’Inps dei servizi di baby sitting con i vecchi voucher, cioè con i buoni lavoro: questi infatti potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre 2018.
Resta in piedi, inoltre, la possibilità di scegliere, al posto del bonus babysitter, il bonus per il pagamento dell’asilo nido da 3600 euro: in questo caso, tuttavia, l’Inps non riconosce dei buoni all’interessato che fruisce del servizio, ma paga la retta della struttura prescelta.
Indice
1 Bonus babysitter e bonus nido da 3600 euro
2 Chi può richiedere il bonus babysitter
3 A quanto ammonta il bonus babysitter
4 Come si compila la domanda per il bonus babysitter
5 Come si presenta la domanda per il bonus babysitter
6 Come si utilizza il libretto famiglia per il bonus babysitter
7 Quanto costa un’ora di lavoro della babysitter col libretto famiglia
8 Come pagare la babysitter col libretto famiglia Segue
Noemi Secci La legge per tutti 7 maggio 2018
www.laleggepertutti.it/204231_bonus-babysitter-da-3600-euro
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
La famiglia di ieri, la famiglia di oggi
Quando parliamo di famiglia a tutti sembra di sapere immediatamente a che cosa ci si riferisce e ricorriamo immediatamente all’immagine della nostra famiglia d’origine ed all’immagine della nostra famiglia attuale. Già facendo questa operazione, però, possiamo renderci conto di come siano diverse le due immagini, della famiglia d’origine e della famiglia attuale.
La famiglia, infatti, è molto cambiata col mutare dei tempi, sotto la pressione di mutamenti economici, culturali e tecnologici.
Fino verso l’inizio del secolo scorso la famiglia tipica era estesa, cioè in un unico caseggiato, la corte, vivevano i nonni, i genitori, i figli, gli zii, i cugini ecc. Spesso con il matrimonio la donna entrava a far parte della famiglia d’origine dell’uomo e conviveva con i suoceri e le cognate. Il capofamiglia era il nonno.
Grandissima parte della vita di una persona, la crescita, il lavoro e lo svago si svolgevano all’interno dello spazio domestico, di solito sufficientemente ampio. Le uscite erano rare.
Questa situazione aveva dei pregi e dei difetti; tra i pregi annoveriamo il forte senso di appartenenza e di identità familiare, la solidarietà reciproca nell’educazione e cura dei figli, degli adulti malati, degli anziani, ecc. Tra i difetti annoveriamo la scarsa libertà individuale e la forte sottomissione alle rigide regole e gerarchie del gruppo familiare.
La vita fuori dalla famiglia era quasi inconcepibile, si pensi ad esempio che in alcune tribù primitive la condanna più dura e temuta per una persona era quella di venir espulsi dal clan e abbandonati a se stessi. La figura del single non esisteva e chi non si sposava, comunque, rimaneva all’interno della propria famiglia d’origine.
In questo contesto, per tanto, l’atto del matrimonio solo in parte sanciva l’unione di due innamorati, in realtà era principalmente un “contratto” tra persone per cui una persona entrava a far parte del mondo dell’altra, una specie di azienda familiare, con tutto ciò che comportava in termini di diritti e doveri. In parole povere col matrimonio ci si sistemava.
Oggi la situazione è rovesciata e le famiglie estese sono quasi scomparse. La famiglia attuale è una famiglia nucleare composta dai due genitori e uno o due figli, mentre con le famiglie d’origine il legame è meno stretto, spesso ridotto al pranzo domenicale o alla disponibilità dei nonni a fare da baby-sitter e, quando possibile, dare un sostegno economico. Inoltre, il matrimonio è diventato principalmente la formalizzazione di un amore, che può anche scemare, più che un contratto indissolubile.
In effetti dal momento che l’attuale organizzazione sociale consente anche l’esistenza della figura del single, è diventato possibile eliminare dal contratto matrimoniale gran parte della dimensione solidaristica reciproca; oggi ci si può anche separare. Oggi, invece che una sistemazione viene ricercata la felicità.
La famiglia nucleare certamente dà molta più libertà ai suoi componenti, ma lascia la famiglia in una condizione di vuoto esistenziale.
Questo viene compensato da un maggiore ricorso ai servizi quali ad esempio il doposcuola o l’oratorio, e da una più intensa attività nel tempo libero come ad esempio uscire a cena con amici, al cinema, a ballare, in vacanza, ecc.
Lo spazio domestico si è notevolmente ristretto e pure il tempo in cui è vissuto; il lavoro, l’educazione-formazione, lo svago sono sempre più esterni allo spazio domestico, ridotto, a volte, a mero dormitorio.
Questa evoluzione ha notevolmente ridotto anche il senso di appartenenza familiare e il passaggio trans generazionale della cultura familiare.
A volte la presenza di situazioni di separazione o divorzio e l’intreccio di nuove unioni manda letteralmente in frantumi il senso di identità e appartenenza familiare.
Pochi anni fa, alla luce di queste situazioni alcuni pensavano alla scomparsa progressiva della famiglia, ad una società senza famiglia. In alcune realtà, infatti, esistevano anche tentativi di fare senza la famiglia; mi riferisco all’esperienza delle Comuni, soprattutto negli USA, e dei Kibbutz in Israele.
Oggi, però, ci rendiamo conto che la suddetta estrapolazione non è realistica e non si è verificata. Scopriamo, anzi, un relativo ridimensionamento del welfare-state, spesso compensato da strutture di volontariato, e più che mai un profondo senso di solitudine nelle persone e l’importanza basilare di uno stretto riferimento affettivo, esclusivo e profondo, oltre che dell’importanza di un luogo di identità capace di gestire, invece che realizzare come in passato, la rete di relazioni e servizi.
In un convegno il professor Giorgio Campanini, sociologo dell’università di Parma, accennava al fatto che nella nostra fase sociale anche il venir meno del cosiddetto posto fisso, oltre che del welfare-state, aumenta il grado di instabilità e stimola la ricerca della stabilità nella famiglia.
Le nuove coppie che si avviano all’unione matrimoniale, per tanto, si trovano a dover inventare nuovi modi di stare assieme e di fare famiglia, più flessibili e adatti alle nuove condizioni socio-culturali ed economiche, condizioni mai statiche. La coppia di oggi può raggiungere livelli di intimità, confidenza e profondità del rapporto nettamente superiori che in passato, però è più fragile, più vincolata ai sentimenti, che possono mutare. Il matrimonio, secondo il sociologo Campanini, sembra essere diventato un luogo in cui cercare felicità più che stabilità, e se la felicità non c’è ci si separa.
Proprio l’esigenza di inventare nuovi modi di stare insieme, di rivedere, anche, i rispettivi ruoli, richiede alla coppia una maggiore capacità di confronto, dialogo e comunicazione che in passato, quando tutto era predefinito e fuori discussione. Non va dimenticato che il passaggio dall’essere fidanzati all’essere coniugi è uno dei momenti più delicati del ciclo di vita familiare, assieme al passaggio da coppia coniugale a coppia genitoriale e al passaggio alla fase del nido vuoto, cioè quando i figli cresciuti lasciano i genitori relativamente soli; sono cioè i momenti in cui, al di là e sulla base del sentimento, la coppia deve riorganizzarsi consistentemente per le mutate condizioni esistenziali.
Giuseppe Cesa, psicologo psicoterapeuta 10 maggio 2018
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