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Lorenzetti: etica per l’oggi
Autore: Giannino Piana
Con la morte di Luigi Lorenzetti la teologia morale italiana perde uno dei protagonisti più importanti della stagione postconciliare. E questo non solo per il contributo offerto attraverso il suo insegnamento e la sua produzione scientifica, ma anche per il prezioso lavoro di coordinamento e di stimolo che ha saputo fornire alla ricerca in qualità di direttore della Rivista di teologia morale e di presidente dell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM).
Precursore del rinnovamento della teologia morale
Non è questa la sede per ripercorrere, in maniera dettagliata, il lungo itinerario intellettuale, che ha lasciato segni preziosi e duraturi nei suoi scritti. Ci saranno in futuro – lo speriamo – altre occasioni per farlo.
Ma ci sembra importante evocare qui la sua figura di teologo sapiente, onesto, laborioso, che ha saputo accogliere con entusiasmo e con passione la lezione del rinnovamento teologico e pastorale del Vaticano II, traducendola con tenacia e con pazienza nel proprio impegno quotidiano, tanto nell’ambito della ricerca quanto in quello della divulgazione.
Sì, perché, al di là delle opere peraltro numerose che Lorenzetti ci ha lasciato, non si possono dimenticare le sue collaborazioni a giornali e riviste – prima fra queste Famiglia cristiana –, dove ha saputo affrontare con coraggio questioni delicate e di grande attualità.
Pur essendosi misurato con i nodi critici di tutti gli ambiti della teologia morale – ne sono testimonianza gli editoriali che puntualmente hanno chiuso per molti anni la rubrica Forum della Rivista di teologia morale –, Lorenzetti ha privilegiato nei suoi studi la morale sociale, con un particolare approfondimento dei temi economici e politici, nel solco della dottrina sociale della Chiesa.
La scelta di dare particolare rilevanza a questo ambito, peraltro in passato relegato ai margini, nasceva in lui da uno stimolo interiore, dalla tensione a stare dalla parte dei meno privilegiati, di cui andavano tutelati e promossi i diritti. Il lavoro intellettuale assumeva così anche il significato di una militanza, corroborata peraltro dalla scelta coerente di uno stile di vita, ispirato alla sobrietà fino a limiti dell’austerità.
Mite e di grande umanità
Ma oltre a svolgere egregiamente la funzione di teologo morale, Lorenzetti è stato anche un importante operatore culturale, che si è prodigato nell’opera di coinvolgimento di un numero sempre maggiore di colleghi sia nella redazione della rivista – ha sempre riservato a tale proposito un’attenzione privilegiata ai giovani – sia nella compilazione di opere collettive, quali il Trattato di etica cristiana e il Dizionario di teologia della pace, sia, infine, nella costruzione di numerose collane, che hanno fatto delle Edizioni dehoniane Bologna (EDB) il principale protagonista del rinnovamento della teologia morale in Italia.
Anche in questo caso le radici delle scelte affondavano nel vivo della personalità: egli ha infatti sempre creduto nel lavoro di gruppo, nel rispetto delle competenze e nella pratica della interdisciplinarità e ha saputo soprattutto intessere con semplicità una rete estesa di rapporti, grazie anche alla discrezione e all’amabilità del suo carattere.
Al di là dell’impegno profuso nei vari settori in cui ha operato con tenacia e con rigore professionale, non si può non ricordare la sua grande umanità, frutto della ricchezza del suo mondo interiore. L’asciuttezza del modo con cui si presentava, dovuta alle sue origini montanare, si stemperava immediatamente, quando si aveva la fortuna di accostarlo, e si rimaneva sorpresi dalla radicale disponibilità all’ascolto e alla partecipazione personale. La signorilità del tratto nasceva da una robusta formazione spirituale, che lo induceva a considerare ogni incontro personale come un’occasione di arricchimento e ogni attività come un servizio agli altri.
Non sono mancati nel suo lungo percorso di vita momenti di sofferenza, dettati da incomprensioni, qualche volta pesanti, provenienti anche dall’interno della Chiesa e sempre affrontati con grande nobiltà d’animo. Anche per questa esemplare mitezza, di cui ha dato fino all’ultimo testimonianza – basti ricordare con quale dignità ha affrontato la dolorosa questione della chiusura della Rivista di teologia morale – merita di essere ricordato con sincera gratitudine non solo dai moralisti dell’ATISM, ma più in generale dall’intera comunità ecclesiale e dalla stessa società italiana, alla quale ha offerto un importante contributo di riflessione per la costruzione di una convivenza civile libera e solidale.
Giannino Piana, 12/03/2018
Padre Luigi Lorenzetti
Domande su Dio, domande sugli uomini
Letture della messa: Is 65,17-21; Sal 29/30 (del giorno); Mc 10,17-21
Ho scelto questo brano del Vangelo di Marco, incentrato su una domanda: «Maestro buono, cosa devo fare per ottenere la vita eterna?», perché mi ha richiamato con molta forza il titolo di un libro di p. Luigi Lorenzetti, costruito sul rapporto domanda-risposta. Sono sempre colpito dalle domande che il testo sacro pone a chi lo legge. Secondo me si potrebbe spiegare la Bibbia e il cristianesimo prendendo in successione una a una le grandi domande che si trovano nel testo sacro. Tutti ricordiamo le due prime grandi domande che la Parola di Dio ci pone davanti. La prima: «Adamo, dove sei?» – la fuga dell’uomo da Dio. La seconda: «Dov’è Abele, tuo fratello?» – la fraternità negata. Le domande della Bibbia su Dio e sull’uomo, che p. Luigi metterà in dialogo con le domande provocatorie che l’uomo fa alla morale cristiana.
La domanda del Vangelo di Marco che abbiamo letto è una di quelle che nella vita di un credente non si possono aggirare. «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Davanti al «Maestro buono», p. Luigi si è posto questa domanda e per tutta la sua vita ha cercato di rispondervi. «Cosa dobbiamo fare per essere graditi a Dio e andare oltre la vita umana?».
Un suo volume ha un titolo rivelatore: La morale. Risposta alle domande più provocatorie (San Paolo, Cinisello Balsamo 1998), tradotto in diverse lingue. Certamente quel titolo fa riferimento alle domande che il lettore pone alla teologia morale. Ma sono convinto che quel titolo può essere usato anche per interpretare tutta l’attività di p. Luigi. Egli ha fatto proprie le domande che venivano e che vengono poste alla morale: «cosa debbo fare… per la vita eterna?». P. Luigi si è reso conto che per rispondere a quella domanda di Gesù occorre tutta la vita. È forse qui la spiegazione del suo instancabile dedicarsi al lavoro teologico, allo studio e alle conferenze. Perfino nell’ultimo colloquio in ospedale ha tentato di parlare con p. Bruno del libro che a tutti i costi voleva completare. E personalmente mi sono visto arrivare dei file per la stampa, spediti attorno alla mezzanotte. In questo suo spendersi totalmente nel lavoro p. Luigi è un figlio fedele della generazione antica che «muore lavorando».
Ma, soprattutto, in questo suo «accanimento» al lavoro, sempre accompagnato da grande austerità di vita, credo dobbiamo leggere il suo tentativo di scrivere la risposta alla volontà del «Maestro buono». Quante volte ciascuno di noi si è posto la domanda «e adesso cosa faccio?». Il più delle volte davanti a uno sbaglio, a un fraintendimento, a un guasto, in una situazione in cui occorre ricominciare. Per rispondere al «cosa debbo fare?» davanti al Maestro interiore, cioè Gesù che chiama e sollecita in senso morale, p. Luigi si è identificato con lo studio e l’insegnamento della morale.
Ho avuto p. Luigi come professore di teologia morale dal 1963 al 1967. Dal ’62 al ’65 si è celebrato il Vaticano II. Significa che la mia classe ha cominciato a studiare teologia prima del concilio e ha sperimentato «in vivo» la trasformazione del sapere teologico rappresentata dai documenti conciliari. Abbiamo incominciato a studiare la morale su un testo latino, che esprimeva l’impianto di un tempo nel quale in molti seminari la teologia veniva insegnata dai professori di diritto: la morale del precetto, del peccato misurabile a centimetri, dell’obbedienza cieca o priva di motivazioni. Il «maestro esteriore» da portarsi dentro più con timore che con amore. P. Luigi segnò lo stacco tra la teologia morale del precetto e la teologia morale del «maestro interiore»: la coscienza educata dal Vangelo, la teologia morale come educazione a decidere da adulti in ascolto di fede. Nei nostri corsi il manuale in latino del Noldin fu sostituito da quello in italiano di p. Haering. Per l’intera teologia è stato un cambiamento epocale: in quegli anni la Chiesa cattolica ha voltato la pagina del Concilio di Trento.
In quel clima di rinnovamento, p. Luigi fondò nel 1969 la Rivista di teologia morale. È stata la creatura della sua vita. La Rivista e il Dizionariodi teologia della pace (1997) costituiscono le due testimonianze più significative della sua volontà di affermare l’agire morale cristiano anche nei contesti e nei luoghi più difficili e problematici.
I profili che sulla stampa hanno ricordato padre Luigi in questi giorni sottolineano la sua competenza di docente (Studio teologico S. Antonio di Bologna, Istituto di scienze religiose di Trento), i suoi volumi su vari temi della teologia morale, i manuali che ha coordinato, le collaborazioni stabili a periodici come Famiglia Cristiana, che lo hanno impegnato a livello divulgativo, l’insegnamento itinerante delle conferenze a gruppi e parrocchie, con le quali ha aiutato il cristiano feriale a vivere la morale con maturità e libertà interiore. All’interno dell’«Associazione teologica italiana per lo studio della morale» (ATISM) è stato segretario dal 1984 al 1992, presidente dal 1992 al 1996, animatore sempre.
Proprio per questa molteplicità di interlocuzioni – l’istituzione ecclesiastica, il mondo universitario ed editoriale, la divulgazione seria e la pastorale – egli ha interpretato e trasmesso una visione della morale capace di interloquire anche su temi discussi e problematici.
Nel suo lavoro si era dato dei punti di riferimento chiari: la teologia morale deve proporre anzitutto un quadro biblico-teologico, poi deve prendere in seria considerazione il contesto storico e culturale sempre in movimento. Da qui la sua partecipazione al Comitato nazionale di bioetica, da qui la sua attenzione ai temi del movimento animalista ed ecologico, che possono un poco stupire.
Il Dizionario di teologia della pace è nato dall’ansia di p. Luigi di affermare il principio morale nel vissuto sociale contemporaneo. Era convinto che il tema della pace fosse uno dei grandi problemi umani e teologici sui quali misurare la pertinenza del Vangelo oggi. «Il Vangelo della pace è destinato a incarnarsi, a fare cultura e prassi di pace nella Chiesa e nella comunità dei popoli. La teologia morale, prima che un’etica della guerra, mira a delineare un’etica della pace, e a considerarla non come un valore tra i tanti ma il valore sul quale poggiare l’intera trattazione morale».
Giuseppe Ricciotti, in apertura della sua ormai lontana Vita di Cristo, nata come primo abbozzo in un ospedale da campo durante la prima guerra mondiale e completata a inizio della seconda, scrive: «La guerra è la negazione più integrale del Vangelo». Trascritta in positivo, l’affermazione diventa: «La pace è la realizzazione più integrale del Vangelo». È certamente un parallelo eloquente con il sentire di p. Luigi.
Ed è, quello della pace, un rimando diretto alla prima lettura che abbiamo letto e che, per singolare coincidenza, la liturgia di oggi ci propone. «Dice il Signore: “Ecco io creo nuovi cieli e nuova terra… creo Gerusalemme per la gioia e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme e godrò del mio popolo”». Un Dio che gode delle sue creature, che gode della loro gioia. Desideriamo una Chiesa che offre serenità e consolazione. È questo l’orizzonte della morale che p. Luigi ci ha proposto. È l’orizzonte della beatitudine che egli ora vive e nella quale crediamo sia diventato nostro intercessore.