NewsUCIPEM n. 680 –17 dicembre 2017

NewsUCIPEM n. 680 –17 dicembre 2017

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02 ADDEBITO Relazione di un coniuge con estranei senza adulterio.

02 ADOZIONI INTERNAZIONALI Se i servizi sociali e i familiari vicini alla coppia remano contro.

02 AFFIDO Alunni in affido e in comunità: le linee guida per gli insegnanti.

04 AMORIS LÆTITIA Kasper su Amoris lætitia.

05 ASSEGNO DIVORZILE Niente assegno alla ex che da separata conduce una vita dignitosa.

06 Revoca dell’assegno di divorzio: quando si può chiedere?

07 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Addio mantenimento se il figlio non cerca lavoro.

08 Le linee guida del Cnf sulle spese ordinarie e straordinarie.

09 CENTRO GIOVANI COPPIE MILANO I pilastri del legame di coppia.

10 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 46, 13 dicembre 2017.

11 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA Erikson: Il diritto alla sessualità e la disabilità tra bisogni e desideri

11 CHIESA CATTOLICA Il processo: a Francesco o di Francesco?

12 CINQUE PER MILLE Online l’elenco 2015.

13 COM. ADOZIONI INTERNAZIONALI Rimborsi spese adottive.

13 CONSULENTI COPPIA E FAMIGLIAAssociazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari. Delibere.

14 Terapia di coppia decisa dal giudice: è obbligatoria?

15 CONSULTORI FAMILIARI Consultorio Familiare Socio Educativo in Veneto

17 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Abruzzo. Più fondi ai consultori familiari.

18 Mantova. La vita del Vescovo mons. Marco Busca.

18 Etica Salute e famiglia – dicembre 2017

18 Messina. Opuscolo del Convegno 50° del Consultorio UCIPEM

18 Pescara. Articolo sul consultorio.

19 Trento. L’8 per mille delle diocesi.

19 Il Direttore al Tavolo di confronto La scuola come comunità.

19 Venezia Mestre. News e accreditamento in Regione.

19 DALLA NAVATA III Domenica d’Avvento – Anno B – 17 dicembre 2017

19 Venne un uomo mandato da Dio. Commento di Enzo Bianchi.

21 DIRITTI Diritto allo studio degli alunni fuori dalla famiglia di origine.

21 DISCONOSCIMENTO Il disconoscimento di paternità – guida con fac-simile.

23 ETS (già onlus) NON PROFIT Cos’è il terzo settore?

24 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI È ora che la politica faccia qualcosa per le famiglie. (De Palo).

25 FRANCESCO VESCOVO DI ROMALa teologia fondamentale di Francesco: il libro della Gregoriana.

26 MATERNITÀ Bonus mamma, l’Inps non può negarlo alle straniere.

27 PARLAMENTO CD 2°Commiss. Assegno divorzile. C4605.

27 Senato 2° Commiss. Cognome dei figli S1628.

27 SEPARAZIONE Gli accordi di separazione consensuale.

28 SESSUALITÀ Perché avere fratelli maggiori aumenta le possibilità di essere gay.

29 STALKING Guida al reato di stalking.

30 VIOLENZA Come uomini, contro la violenza sulle donne.

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ADDEBITO

Relazione di un coniuge con estranei senza adulterio

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21657, 9 settembre 2017.

http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/giurisprudenza/archivio/18651.pdf

La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c. c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge.

Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18651 – 15 dicembre 2017

http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/18651/divorzio

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Se i servizi sociali e i familiari vicini alla coppia adottiva ‘remano contro’.

Eppure è e resta una scelta meravigliosa

Limiti ventilati o ‘suggeriti’ dagli operatori pubblici a genitori con figli biologici, stereotipi e pensieri negativi di parenti e amici. Le difficoltà evitabili per chi decide di entrare a far parte dell’officina dei miracoli’. (Segue)

News Ai. Bi. 11 dicembre 2017

www.aibi.it/ita/adozione-internazionale-servizi-sociali-familiari-vicini-alla-coppia-adottiva-remano-eppure-resta-scelta-meravigliosa

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AFFIDO

Alunni in affido e in comunità: ecco le linee guida per gli insegnanti

Una “cassetta degli attrezzi” frutto del lavoro congiunto del Miur e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. In Italia sono fra i 35 e i 45mila i ragazzi che vivono in affido o in comunità, compresi 18mila minori stranieri non accompagnati. Per la prima volta la scuola ha un’attenzione specifica per loro

La Ministra Valeria Fedeli e la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Filomena Albano, hanno siglato oggi al MIUR le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine, frutto di un protocollo sottoscritto a maggio. L’obiettivo? Garantire pari opportunità nell’istruzione a tutti gli alunni temporaneamente allontanati dalla loro famiglia di origine, comprendendone le specificità e i bisogni e riconfermando la necessità di progetti educativi che si fondino sull’unicità biografica e relazionale delle alunne e degli alunni.

Le Linee guida sono dedicate a tutte le alunne e gli alunni che si trovano, per ragioni diverse, in via definitiva o solo provvisoriamente, al di fuori dalla loro famiglia d’origine. Bambini e ragazzi in affidamento famigliare oppure accolti provvisoriamente nelle strutture dei sistemi di protezione (comunità familiari, case famiglia, comunità educative…) ma anche minori stranieri non accompagnati e ragazze e ragazzi sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile. Nel dicembre 2014 erano già state adottate le “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati”.

Fuori Famiglia. I bambini e gli adolescenti accolti a fine anno 2014 in affidamento familiare e nei servizi residenziali sono, in Italia, 26.420, è questo il dato che emerge dall’ultimo report del Centro nazionale Affidamenti familiari e collocamenti in comunità. I presenti al 31.12.2014 e i dimessi nel corso del 2014, pubblicato a novembre 2017. Ad essi vanno aggiunti i minori stranieri non accompagnati, che al 31 ottobre 2017 sono 18.479, per un totale di 44.899 minori.

Una fotografia da affiancare a quella del monitoraggio presentato a ottobre dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, secondo cui al 31 dicembre 2015 erano 21.035 in Italia i ragazzi fuori dalla propria famiglia di origine che vivono in comunità, di cui il 48% è di origine straniera (un dato in crescita rispetto al 42,8% del 31 dicembre 2014) e il 67% di essi è rappresentato da minorenni non accompagnati. Se a questi aggiungiamo i 14.020 minori che erano in affido secondo il report del ministero al 31 dicembre 2014, arriviamo a 35.055 minori.

Pur nella problematicità cronica italiana del non avere dati unitari, coerenti e aggiornati sull’infanzia, si tratta con tutta evidenza di numeri significativi («l’auspicio è una banca dati con un’alimentazione automatica», sottolinea Filomena Albano). Ma soprattutto di bambini e ragazzi in carne ed ossa a cui per la prima volta la Scuola nei suoi vertici istituzionali rivolge un’attenzione specifica.

Il dato di partenza. L’esperienza degli educatori e la ricerca sul tema evidenzia come i minori che crescono al di fuori della loro famiglia spesso hanno carriere scolastiche più brevi, rapidamente professionalizzanti, segnate da bocciature frequenti e da abbandono precoce, con alti livelli di assenze e in generale risultati inferiori nelle competenze di base. Nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado si assiste ad un calo generalizzato della motivazione allo studio e del rendimento che investe tutte le discipline e in particolare la lingua italiana e la matematica: in questo momento infatti si amplia il divario socioculturale tra gli alunni che provengono da contesti più deboli e quelli che vivono in ambienti culturalmente ed economicamente più avvantaggiati. Inoltre nella preadolescenza l’avere legami instabili, il turn over delle figure educative nelle strutture residenziali e il “pendolarismo” tra due famiglie (nonché tra due culture, per i minori migranti), rende difficile la formazione serena della propria identità.

A tutte queste alunne e a questi alunni viene per la prima volta dedicato uno strumento che punta alla loro migliore accoglienza all’interno della scuola: una cassetta degli attrezzi e insieme una bussola pedagogica per gli insegnanti. Le Linee guida sono state elaborate da un gruppo composto da rappresentanti del Miur e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, con l’apporto delle principali associazioni impegnate su queste tematiche. Contengono indicazioni e suggerimenti concreti, a tutti i livelli: dalla governance, con una chiara definizione di “chi fa che cosa”, alla gestione della classe e delle relazioni tra gli allievi, dagli aspetti pratici relativi all’iscrizione a scuola, all’inserimento in classe, dalla documentazione del percorso scolastico, spesso frammentato, all’avviamento al lavoro. Chi fa l’iscrizione a scuola? A chi va consegnata la pagella? Come scegliere la classe d’inserimento? È possibile inserire l’alunno in una classe inferiore di un anno a quella corrispondente all’età anagrafica? Qual è la didattica che più fa emergere le risorse relazionali di questi alunni? Sono queste alcune delle domande a cui le Linee Guida rispondono.

«Le Linee guida siglate oggi – sottolinea la Ministra Valeria Fedeli – sono il frutto di un impegno preso insieme all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Questa firma rappresenta un momento importante: stabiliamo interventi operativi per strutturare percorsi didattici ed educativi che mirino al pieno sviluppo di ogni giovane, al di là della sua storia personale, delle condizione economiche della sua famiglia, della sua provenienza geografica. Il nostro sistema di istruzione e formazione è un sistema che accoglie, include, non lascia indietro nessuno, ponendo le basi di società di eguali diritti e pari opportunità, in cui i valori fondanti della nostra Costituzione – e faccio riferimento in particolare all’articolo 3 – non rimangono enunciazioni di principio, ma trovano concreta attuazione nella vita delle cittadine e dei cittadini. Il modello inclusivo che la nostra scuola porta avanti con successo, contiene una sfida e una scommessa sul piano educativo: la presenza di giovani provenienti da contesti sociali complessi rappresenta certo un nodo educativo da trattare nella maniera più corretta possibile da parte della comunità educante, ma può essere – è – un’opportunità e un’occasione di cambiamento per tutta la scuola e per tutta la società, se queste sono ben attrezzate».

Per la Garante Filomena Albano si tratta di un altro passo nell’impegno per i minori fuori famiglia, dopo la Conferenza Nazionale dei Care Leavers Network dello scorso luglio e la pubblicazione “La tutela dei minorenni in comunità”. «Sono numerosi e diversificati gli ostacoli che rendono difficile alle ragazze e ai ragazzi allontanati dalla propria famiglia di origine il poter realizzare il proprio percorso di istruzione e formazione. Queste Linee guida possono contribuire a superarne alcuni, offrendo al personale scolastico elementi di conoscenza generali sul funzionamento del sistema di tutela dei minorenni e fornendo utili indicazioni per semplificare, rendere possibili e strettamente aderenti alle necessità individuali, le attività connesse alle varie fasi del percorso scolastico. La speranza è quella di ridurre il più possibile, se non proprio di eliminare, quegli elementi discriminatori che contribuiscono ad aggravare una situazione di per sé complessa e confidando nello spirito di resilienza e consapevolezza che i bambini e i ragazzi dimostrano di avere», ha spiegato la Garante Albano.

«È una giornata bella, sono molto contenta», confida la Garante: «queste linee guida hanno anche una genesi personale, perché anche io sono mamma di un’allieva “speciale”, nata in un’altra parte del mondo e prima del suo inserimento a scuola ho studiato per un anno, ho approfondito la letteratura scientifica, ho parlato a lungo con gli insegnanti e in quel momento – ormai lontano negli anni – ho pensato ai tanti ragazzi fragili che non avevano la fortuna di un accompagnamento da parte della loro famiglia». Il lavoro di rete ha coinvolto non solo associazioni ma anche ordini professionali, alcune amministrazioni e l’ascolto di tanti ragazzi per avere una panoramica degli ostacoli che incontrano: «ci hanno invitato ad esempio ad evitare ove possibile che l’allontanamento dalla famiglia sia anche uno sradicamento dai luoghi, in particolare dalla scuola di riferimento, aggiungendo trauma a trauma. Oppure ed evitare che l’allontanamenti avvenga nell’orario scolastico o all’uscita dalla scuola», racconta la Garante. La dettagliata parte sulla governance, apparentemente fredda, è in realtà importante perché «chi fa cosa non è mai semplice, questi ragazzi vivono spesso situazioni complesse, per i non addetti ai lavori non è scontato confrontarsi con tante figure differenti». E il classico tema sulla mamma o sulla tua famiglia, che tanto spesso rischia di mettere in imbarazzo questi ragazzi? Forse delle Linee guida non possono entrare così nella quotidianità di un’aula, però «questo lavoro è certamente un punto di partenza, non di arrivo. Il solo diffondere a tutte le scuole queste linee guida significa rappresentare agli insegnanti una realtà, fare accendere una lampadina che poi genererà altre cose».

Sara De Carli Vita.it 11 dicembre 2017

www.vita.it/attachment/71c49b85-7521-4077-84e8-715b85e8fcb5

www.vita.it/it/article/2017/12/11/alunni-in-affido-e-in-comunita-ecco-le-linee-guida-per-gli-insegnanti/145395

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AMORIS LÆTITIA

Kasper su Amoris lætitia

Una lettera di papa Francesco, in cui elogia le Direttive episcopali dei vescovi dell’Argentina che permetterebbero ai divorziati risposati cattolici di ricevere la comunione in alcuni casi, anche se vivono in uno stato di oggettivo peccato grave, è stata ora aggiunta agli atti ufficiali della Santa Sede, conferendo un valore ufficiale a ciò che prima era considerato solo una comunicazione privata.

vedi newsUCIPEM n. 679, 10 dicembre 2017, pag. 3

Il papa scrive che «il documento è molto buono e spiega pienamente il significato del cap. 8 di Amoris lætitia», e aggiunge che «non esistono altre interpretazioni». Ma sono sorte subito delle preoccupazioni perché, a ciò che prima era considerato solo una corrispondenza privata, e quindi del tutto fuori dall’ambito del magistero papale, era stato attribuito ora lo status di un documento ufficiale del papa.

La pubblicazione di questa lettera negli Acta è accompagnata da una breve nota del card. Segretario di Stato, Pietro Parolin, assieme a un rescritto ufficiale avuto in un’udienza del giugno 2017, in cui si dice che il papa aveva espresso il desiderio che i due documenti – le Direttive e la lettera – fossero pubblicate nella pagina web di Acta Apostolicæ Sedis.

Il papa osserva che Amoris lætitia è «frutto del lavoro e della preghiera di tutta la Chiesa, attraverso la mediazione di due sinodi e del papa stesso». E aggiunge che il documento postsinodale non è un prodotto arbitrario del papa.

Ma – come si ricorderà –, dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica, erano sorte delle controversie per la famosa nota 351 in cui si dice che i divorziati risposati possono in certe circostanze ricevere anche «l’aiuto dei sacramenti». Alcuni, tra cui quattro cardinali, avevano manifestato al papa i loro “dubia”, scrivendo che, secondo la dottrina della Chiesa, il matrimonio è indissolubile e che i divorziati vivono in uno stato permanente di peccato grave, chiedendogli perciò delle spiegazioni.

Su questa vicenda, il 7 dicembre 2017 scorso, il card. Walter Kasper ha rilasciato un commento a Radio Vaticana di lingua tedesca che qui riprendiamo.

 

«Con la pubblicazione ufficiale della lettera di papa Francesco ai vescovi della Regione di Buenos Aires, speriamo che la spiacevole discussione sul documento apostolico Amoris lætitia sia terminata. La grande maggioranza del popolo di Dio ha già accolto con gioia riconoscente questo scritto e può sentirsi ora confermata.

L’errore fondamentale della critica, a volte aspra, è stato di appigliarsi a una semplice nota e di averla isolata dal contesto generale.

L’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, in singoli casi, è fondata sulla dottrina della tradizione, in particolare di san Tommaso d’Aquino e del Concilio di Trento. Non rappresenta nessuna innovazione, quanto piuttosto un rinnovamento di un’antica tradizione rispetto alle restrizioni neoscolastiche. Come hanno dimostrato esperti di provata fama dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, non esiste alcuna contraddizione con la dottrina dei due predecessori di papa Francesco.

È ferma tradizione della Chiesa che l’oggettiva gravità di un comandamento, che evidentemente non ammette eccezioni, non corrisponde sempre alla gravità della colpevolezza soggettiva. Il peccato grave è un concetto complesso. Implica non solo la trasgressione di una comandamento oggettivo, ma anche la coscienza soggettiva della grave peccaminosità e l’intenzione deliberata di trasgredire un comandamento di Dio. Se questo si dà nel caso concreto, deve essere verificato nel foro interno, ossia nella coscienza “davanti a Dio” e nel dialogo personale con il sacerdote, normalmente nella confessione.

È espressa dottrina del Concilio di Trento, che si rifà in questo a san Tomaso d’Aquino, che ricevere l’eucaristia, in cui si rende presente il sacrificio di Gesù per la remissione dei peccati, cancella i peccati veniali di cui ogni cristiano è colpevole, se è pentito, e lo preserva dai peccati gravi (Decreto sull’eucaristia, cap. 2, e can 5; Tommaso d’Aquino, Summa Theologica III, quæstio 79, Art. 3, 4 e 6).

È pertanto difficile riconoscere che ci sia un contrasto con la dottrina della Chiesa quando la nota 351 di Amoris lætitia afferma che in determinati casi, ossia in casi in cui non esiste alcuna grave colpevolezza soggettiva, i sacramenti possono essere un aiuto.

L’errore della critica ad Amoris lætitia è dovuto ad un oggettivismo morale unilaterale, che sottovaluta il significato della coscienza personale nell’atto morale. Con ciò non si vuol dire che la coscienza non debba prestare attenzione ai comandamenti oggettivi di Dio. Ma i comandamenti oggettivi universalmente validi – di nuovo il riferimento è a san Tommaso d’Aquino – non possono essere applicati meccanicamente o in maniera puramente deduttiva alle situazioni concrete, spesso complesse e perplesse. È piuttosto oggetto della virtù cardinale della prudenza, derivante dall’amore di Dio, chiedersi qual’è nella situazione concreta l’applicazione giusta e conveniente del comandamento.

Ciò non ha niente a che vedere con una situazione etica che non riconosce alcun comandamento universalmente valido, e non si tratta nemmeno di eccezioni al comandamento, ma della domanda di come applicarlo in maniera giusta e conveniente nella situazione concreta, in una condizione di coscienza vista alla luce della virtù cardinale della prudenza (Josef Pieper).

Questa applicazione responsabile di una legge avviene anche nel diritto civile in cui si distingue tra omicidio e omicidio doloso. Anche nell’omicidio, per quanto riguarda la pena da infliggere, vengono valutate attentamente le circostanze e le ragioni (per es. l’intenzionalità). Ciò deve valere ancor più nella Chiesa. Essa infatti, nel suo giudizio non solo giuridico ma anche morale, guarda alla colpa soggettiva, non solo all’azione esteriore, ma anche alla coscienza interiore della persona.

Papa Francesco sottolineando l’importanza della coscienza si pone chiaramente sul piano del Vaticano II secondo cui la coscienza costituisce il centro più intimo e il santuario dell’uomo in cui egli è solo con Dio e dove la sua voce può essere ascoltata (costituzione pastorale Gaudium et spes, 16). Indubbiamente la Chiesa deve formare la coscienza della persona, ma non può mettersi al suo posto (Amoris lætitia, 37)».

 

Il card. Walter Kasper sta preparando uno scritto che uscirà in gennaio intitolato Die Botschaft von Amoris lætitia. Eine freundliche Disput (Il messaggio di Amoris lætitia. Una discussione amichevole).

Antonio Dall’Osto settimana news Versione originale in tedesco 13 dicembre 2017

www.settimananews.it/famiglia/kasper-amoris-laetitia

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ASSEGNO DIVORZILE

Niente assegno alla ex che da separata conduce una vita dignitosa

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 30257, 15 dicembre 2017.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28493_1.pdf

Per la Cassazione, non basta il mero divario tra i redditi degli ex se la signora ha continuato, dopo la separazione, a svolgere un’esistenza dignitosa. Non è tenuta a percepire l’assegno divorzile l’ex che, dopo aver abbandonato la casa coniugale, ha da sempre condotto una vita dignitosa, anche in costanza di separazione, senza aver mai percepito alcunché dal marito. Questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione.

In prime cure, pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio fra i coniugi, il Tribunale aveva posto a carico dell’uomo un assegno pari a euro 700 mensili da corrispondere alla ex.

Decisione ribaltata in sede di gravame: la Corte territoriale, infatti, riteneva insussistente il diritto in quanto, essendosi i coniugi separati di fatto nell’anno 1983, a seguito dell’allontanamento della moglie, la stessa aveva svolto un’esistenza libera e dignitosa, acquistando anche un appartamento, e nulla ottenendo dall’ex marito anche a seguito della separazione giudiziale.

Per i giudici, il mero divario esistente tra le posizione reddituali tra i due nell’attualità, eventualmente rilevate come criterio di quantificazione, non è sufficiente ai fini della prova del diritto all’assegno. L’ex moglie, infatti, non avrebbe fornito prove relative all’insussistenza di una situazione patrimoniale adeguata per un’esistenza dignitosa.

In Cassazione, la donna impugna la revoca dell’assegno contestando la mancata valutazione sulle risultanze attinenti allo squilibrio reddituale delle parti, nonché la mancata considerazione della prevalenza dei cespiti e dei redditi del marito che avrebbero potuto operare come criterio di attribuzione dell’assegno di divorzio. Ancora, la donna si duole della mancata valutazione delle risorse economiche del proprio ex coniuge e dell’omessa considerazione del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio.

Nel respingere il ricorso, gli Ermellini ribadiscono la natura assistenziale dell’assegno post divorzile, condividendo la decisione del giudice a quo sulla mancanza di prove adeguate da parte della donna sull’insussistenza di una condizione di vita dignitosa.

Anzi, era emerso che la stessa aveva mezzi adeguati per condurre un tenore di vita dignitoso: dopo aver abbandonato la casa coniugale, la signora aveva per ben quattordici anni, prima che fosse proposta la domanda di separazione giudiziale, continuato a svolgere la propria attività lavorativa e aveva addirittura acquistato un appartamento da destinare ad abitazione (dando in locazione un secondo immobile di sua proprietà). La ex moglie non aveva neppure chiesto alcunché per il proprio mantenimento e, difatti, nulla aveva ottenuto in sede di separazione, essendosi accertato che godeva di indipendenza economica idonea a garantirle il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Per il Collegio, in tale situazione, non può assumere rilievo il mero divario economico attualmente esistente tra le parti, trattandosi di criterio che viene utilizzato ai fini della quantificazione solo quando risultano soddisfatte le ragioni poste alla base del diritto all’attribuzione.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 17 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28493-divorzio-niente-assegno-alla-ex-che-da-separata-conduce-una-vita-dignitosa.asp

 

Revoca dell’assegno di divorzio: quando si può chiedere?

Divorzio: per non dover più versare l’assegno stabilito dal giudice non basta la prova che la moglie lavorava prima di dedicarsi alla famiglia: occorre il sopravvenire di un fatto nuovo.

Come ormai noto, la storica sentenza della Cassazione del maggio scorso [sent. n. 11504/2017.] ha portato ad una radicale rivisitazione dei criteri per il riconoscimento ed il calcolo dell’assegno di divorzio.

Assegno di mantenimento e di divorzio: differenze. Se infatti la situazione non è mutata rispetto al passato con riferimento all’ assegno di mantenimento dovuto dopo la separazione (e il cui scopo resta quello di consentire al coniuge più debole la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto durante la vita matrimoniale), stessa cosa non può dirsi riguardo all’assegno di divorzio. Il divorzio, infatti, recide ogni legame tra gli ex coniugi, sicché uno di loro potrà aver diritto all’assegno solo in mancanza di autonomia economica e sempre che questa non sia determinata da propria colpa (si pensi ad esempio alle dimissioni dal lavoro oppure alla mancata ricerca di un lavoro). Con la suddetta pronuncia, in particolare, la Suprema corte ha spiegato che scopo dell’assegno di divorzio è quello di garantire al coniuge più debole l’autosufficienza economica che è cosa ben diversa dall’agiatezza.

Donna casalinga: ha diritto all’assegno di divorzio? Sarebbe perciò possibile avere una situazione in cui, a fronte di un elevato reddito portato dal marito benestante, la donna casalinga riceva un assegno esiguo, come pure potrebbe aversi una situazione in cui, avendo la donna un proprio reddito (se pur minimo, anche dovuto a una piccola rendita) perda, con il divorzio, il diritto al mantenimento. Infatti, chi ha un reddito sufficiente per provvedere in autonomia ai propri bisogni (reddito che, secondo il Tribunale di Milano, va individuato nella misura di 1000 euro mensili) non potrebbe avanzare richieste di assegno divorzile.

Ciò implica -per quello che è l’attuale orientamento dei giudici (e non, è bene evidenziarlo, della legge) che potrebbero chiedere detto assegno soltanto quelle donne che non lavorano:

  1. Perché le precarie condizioni di salute non glielo consentono,

  2. Perché, non avendo lavorato durante la vita matrimoniale per dedicarsi alla famiglia, hanno ormai raggiunto i 50 anni; età questa considerata “limite” dalla Cassazione per potersi reinserire nel mercato del lavoro.

Dunque, la donna che ha dedicato la vita matrimoniale alla cura della casa e dei figli, in accordo col marito, mantiene il diritto all’assegno di divorzio. Grazie al lavoro domestico dell’ex moglie, infatti, il marito ha potuto pienamente dedicarsi al lavoro (e a far carriera) e si ritiene una scelta di equità il fatto che egli provveda, anche dopo il divorzio, a portare sostegno economico all’ex coniuge.

Assegno di divorzio: cosa deve valutare il giudice per riconoscerlo? In ogni caso, sul punto la Cassazione ha più di recente affermato [sesta Sezione civile, ordinanza n. 25697/27 ottobre 2017], con ciò discostandosi da un iniziale orientamento, che spetta all’ex, nel momento in cui avanza una domanda di assegno, dar prova che il mancato reperimento di un lavoro in grado di renderlo autonomo non è dovuto a sua colpa. Situazione questa nella quale andrà debitamente valutata dal giudice anche la condizione del mercato del lavoro (dipendente o autonomo) in relazione all’età e alle competenze specifiche del soggetto che richiede l’assegno.

Il giudice dovrà inoltre valutare il possesso di redditi di qualsiasi natura, di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri e del costo della vita nel luogo di residenza di chi domanda l’assegno, nonché la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Assegno di divorzio: quando si può chiedere la revoca? Al di là di questo, tuttavia, va considerato che l’assegno divorzile in questione è stato già riconosciuto alla ex moglie, sicché sarebbe da valutare la sussistenza di presupposti in grado di chiederne oggi la modifica (intesa nel senso di revoca o di riduzione) dell’importo stabilito in sede di divorzio.

Orbene, a riguardo, né la legge né la giurisprudenza hanno subito cambiamenti di rotta; presupposto per la richiesta di modifica delle condizioni di divorzio, infatti, resta il sopravvenire di circostanze nuove rispetto a quelle già valutate in giudizio; circostanze in grado di far rivisitare (anche, ma non solo, alla luce della nuova giurisprudenza sull’assegno) le condizioni economiche stabilite in sentenza (si pensi alla perdita o alla riduzione delle ore di lavoro, alla sopravvenienza di una malattia invalidante, alla nascita di un altro figlio di chi deve versare l’assegno). Deve cioè trattarsi di un fatto nuovo in grado di modificare l’equilibrio economico fra gli ex coniugi. Solo in tal caso sarà consentita la presentazione di un’istanza di modifica.

Revoca dell’assegno divorzile: il cambio di rotta della Cassazione non basta. Non può essere invece ritenuta sufficiente a legittimare la domanda di revisione la nuova chiave di lettura della legge fornita dalla Suprema Corte nella storica sentenza richiamata in premessa; essa infatti rappresenta una pronuncia che, non essendo stata formulata dalla Cassazione “a Sezioni Unite” può tranquillamente essere disattesa da qualsiasi tribunale, non rappresentando un orientamento vincolante, bensì riferibile in via esclusiva alla specifica fattispecie per la quale è stata pronunciata.

Dunque, stanti questi presupposti, basare oggi una richiesta di revoca dell’assegno divorzile sul fatto che la ex moglie ha lavorato in passato, difficilmente potrebbe sortire l’effetto sperato e, con tutta probabilità, non varrebbe neppure ad ottenere una semplice riduzione dell’importo che il lettore è attualmente tenuto a versare.

Domanda di revoca dell’assegno di divorzio: il consiglio pratico. Il consiglio pratico è, pertanto, quello di attendere che si verifichino dei mutamenti significativi e documentabili dei fatti sui quali ha deciso il giudice del divorzio. Si pensi, ad esempio, al fatto che la ex moglie è comunque ancora giovane ed è verosimile ritenere che anche lei voglia rifarsi una vita. Se anche non dovesse risposarsi (circostanza che le farebbe perdere in automatico il diritto all’assegno) ben potrebbe intraprendere, invece, una nuova convivenza, e ciò autorizzerebbe l’ex marito ad avanzare l’istanza di revoca dell’assegno con probabile successo.

In ogni caso, al di là di questa ipotesi, qualsiasi mutamento delle circostanze che sia in grado di mutare gli equilibri economici valutati con la sentenza di divorzio potrà legittimare il deposito di una istanza di revisione.

Maria Elena Casarano La legge per tutti 15 dicembre 2017

www.laleggepertutti.it/186921_revoca-dellassegno-di-divorzio-quando-si-puo-chiedere

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ASSEGNO MANTENIMENTO DEI FIGLI

Addio mantenimento se il figlio non cerca lavoro

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 22314, 25 settembre 2017.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28442_1.pdf

Gli Ermellini confermano la revoca dell’obbligo fissato a carico del padre nei confronti della figlia 35enne “allergica” al lavoro. Il mantenimento da parte dei genitori non è per sempre. Tanto più se la figlia, raggiunta la “venerabile” età di 35 anni non si dà da fare per trovare un lavoro. Questo quanto deciso dalla Cassazione che ha confermato la revoca dell’obbligo di mantenimento fissato a carico di un padre, nei confronti della figlia 35enne che non si era “neppure attivata per la ricerca di un lavoro successivamente al compimento del diciottesimo anno di età” e che non era affetta da alcuna patologia che ne riducesse la capacità lavorativa.

Per gli Ermellini, l’uomo ha ragione e a nulla valgono le doglianze circa le sue ottime condizioni economiche, giacché la ratio decidendi della sentenza d’appello impugnata è correttamente “costituita dall’insussistenza delle condizioni per la permanenza dell’obbligo di corrispondere il contributo di mantenimento per la figlia (trentacinquenne), all’esito di un esauriente accertamento di fatto circa la complessiva condotta personale tenuta dall’interessata dal momento del raggiungimento della maggiore età, visto il mancato impegno per la ricerca di un’occupazione lavorativa”.

Niente mantenimento figli che “scelgono” di non trovare un lavoro. La sentenza infatti ha fatto applicazione del principio secondo cui “l’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio (nella specie, di 35 anni) perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta (tra le tante, Cass. n. 1773/2012)”.

Marina Crisafi Newsletter Giuridica Studio Cataldi 14 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28442-cassazione-addio-mantenimento-se-il-figlio-non-cerca-lavoro.asp

 

Le linee guida del Cnf sulle spese ordinarie e straordinarie

Il Consiglio Nazionale Forense, nella scorsa seduta amministrativa del 14 luglio 2017, ha approvato le Linee Guida le “Linee Guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause di diritto familiare”, elaborate in unione con la Commissione “famiglia”, la Rete dei referenti per il Diritto di Famiglia e le Associazioni di settore

Le linee guida sono state diffuse presso tutti i Consigli dell’ordine degli avvocati sul territorio tramite un protocollo del 29 novembre 2017. www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28427_1.pdf

L’elaborazione è apparsa necessaria a seguito della riforma del titolo IX, capi I e II, del libro primo del codice civile, che ha drasticamente modificato la materia dei rapporti di filiazione. Con la riforma, infatti, è venuto meno il genitore affidatario in via esclusiva ed è stata introdotta la forma de mantenimento diretto, più idonea a realizzare il principio di bigenitorialità sotteso all’affidamento condiviso.

Una delle cause che più di frequente ha alimentato il conflitto tra i genitori, coniugati o meno, nella fase patologica della crisi del consorzio familiare, ha riguardato l’individuazione di quelle spese che rientrano nel mantenimento ordinario dei figli, nonché la determinazione delle spese extra assegno in ragione dell’entità e delle modalità del contributo di ciascun genitore al loro esposto.

Le linee guida giungono in soccorso proprio per facilitare e rendere più trasparente e previamente valutabile la concreta distinzione tra le due voci di credito, così da ridurre in via preventiva il contenzioso sul punto grazie all’ausilio di criteri di base atti a definire quando le spese per i figli possono essere considerate ordinarie o straordinarie, soggette o meno al preventivo consenso.

Mantenimento figli: le spese “ordinarie”. Le tipologie di spese che, secondo il protocollo, devono ritenersi comprese nell’assegno di mantenimento, sono quelle relative a: vitto, abbigliamento, contributo per spese dell’abitazione (utenze incluse), spese per tasse scolastiche (ad eccezione di quelle universitarie) e materiale scolastico di cancelleria, mensa, medicinali da banco (compresi antibiotici, antipiretici, medicinali per la cura di patologie ordinarie e stagionali), spese di trasporto urbano (tessera autobus e metro), carburante, ricarica cellulare, uscite didattiche, organizzate dalla scuola in ambito giornaliero; baby sitter, se già esistenti nell’organizzazione familiare); prescuola e doposcuola, se già presenti nell’organizzazione familiare prima della separazione o conseguenti al nuovo assetto determinato dalla cessazione della convivenza, a condizione che si tratti di spesa sostenibile; trattamenti estetici (parrucchiere ed estetista), attività ricreative abituali (cinema, feste, attività conviviali), spese per la cura degli animali domestici dei figli (salvo che questi siano stati donati successivamente alla separazione o al divorzio).

Mantenimento figli: le spese “straordinarie”. Invece quanto alle spese extra assegno obbligatorie, quelle per le quali non è richiesta la previa concertazione tra i genitori, sono quelle riguardanti: libri scolastici, spese sanitarie urgenti, acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, spese per interventi chirurgici indifferibili (sia presso strutture pubbliche che private), spese ortodontiche, oculistiche, e sanitarie effettuate presso il SSN in difetto di accordo sulla terapia con specialista privato; spese protesiche; spese di bollo e di assicurazione per il mezzo di trasporto quando acquistato con l’accordo di entrambi i genitori.

Le spese extra assegno subordinate al consenso di entrambi i genitori, invece, possono suddividersi in diverse categorie.

  • In quelle scolastiche rientrano: iscrizioni e rette di scuole private; iscrizioni, rette ed eventuali spese alloggiative per fuori sede di università pubbliche e private; ripetizioni; frequenza del conservatorio o di scuole formative; master e specializzazioni post universitari; frequentazione del conservatorio o di scuole formative; spese per la preparazione agli esami di abilitazione o alla preparazioni di concorsi (acquisto libri, dispense ed eventuali pernottamenti fuori sede); viaggi di istruzione organizzati dalla scuola, prescuola, doposcuola; servizio baby sitting laddove l’esigenza nasca con la separazione e debba coprire l’orario di lavoro del genitore che lo utilizza; viaggi studio e d’istruzione, soggiorni all’estero per motivo di studio; corsi per l’apprendimento delle lingue straniere.

  • Nelle spese di natura ludica o parascolastica rientrano: corsi di attività artistiche (musica, disegno, pittura), corsi di informatica, centri estivi, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di mezzi di trasporto (mini car, macchina, motorino, moto); conseguimento della patente presso autoscuola private.

  • Invece, nelle spese sportive rientrano le attività sportive comprensive dell’attrezzatura e di quanto necessario per lo svolgimento dell’eventuale attività agonistica.

Chiudono l’elenco le spese per l’organizzazione di ricevimenti, celebrazioni e festeggiamenti dedicati ai figli, nonché le spese medico sanitarie che comprendono: spese per interventi chirurgici, spese odontoiatriche, oculistiche e sanitarie non effettuate tramite SSN, spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate, esami diagnostici, analisi clinici, visite specialistiche, cicli di psicoterapia e logopedia.

Tutte le spese extra assegno, subordinate o meno al consenso dei genitori, dovranno esse debitamente documentate.

Spese straordinarie: il rimborso al genitore anticipatorio. Quanto alle spese straordinarie da concordare, il genitore, a fronte di una formale richiesta scritta avanzata dall’altro (tramite sms, email, fax, PEC, ecc.) dovrà manifestare un motivato dissenso per iscritto entro venti giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Altrimenti, in difetto di riscontro il silenzio si intenderà come consenso alla spesa.

Il rimborso pro quota al genitore che ha anticipato le predette spese e che ha esibito e consegnato idonea documentazione entro un mese dalle stesse, sarà dovuto entro il mese successivo a decorrere dalla richiesta.

Assegni familiari e deducibilità fiscale. Il protocollo precisa, infine, che i c.d. assegni familiari (ANF) saranno attribuiti, in aggiunta all’assegno di mantenimento, al genitore collocatario in via prevalente dei figli, anche se materialmente erogato dal datore di lavoro dell’altro genitore, salvo diverso accordo.

Invece, quanto alla detrazione delle spese straordinarie ai fini IRPEF, questa sarà operata da entrambi i genitori nella stessa proporzionale quota di riparto delle spese stesse: la deduzione per i figli a carico sarà effettuata, salvo diverso accordo, al 50% tra i genitori.

Anche gli eventuali rimborsi e/o sussidi disposti dallo Stato e/o da qualsiasi altro Ente pubblico o privato relativamente a spese scolastiche e/o sanitarie alla prole, andranno a beneficio di entrambi i genitori nella medesima proporzionale quota di riparto delle spese straordinarie.

CNF – Linee Guida Mantenimento Figli 29 novembre 2017

Lucia Izzo Newsletter giuridica studio Cataldi 12 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28427-mantenimento-figli-le-linee-guida-del-cnf-sulle-spese-ordinarie-e-straordinarie.asp

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CENTRO GIOVANI COPPIE – MILANO

I pilastri del legame di coppia

Il percorso è rivolto a coppie che desiderino riflettere al loro interno e con altri sulla natura del legame di coppia e su come garantire in esso autenticità e libertà. Per coloro che

  • Intendono coniugare libertà e appartenenza,

  • Vogliono riflettere in coppia e con altri sul loro rapporto, da più punti di vista …hanno voglia di crescere e costruire un legame in cui sentirsi più liberi ed autentici

Si comunica in coppia, nel gruppo e con i trainer a partire dalle esperienze personali su:

  • Io, tu e noi

  • Come fidarsi di sé e dell’altro •

Il percorso sarà facilitato e guidato da Roberta Fumagalli (counselor) ed Elisabetta Orioli (psicologa psicoterapeuta) e si svolgerà in tre domeniche dalle 9.15 alle 12.30, nei giorni 21/1, 11/2 e 4/3/2018.

Per informazioni e iscrizioni: mail a: mail@centrogiovanicoppiesanfedele.it

http://mailchi.mp/4951fba7a020/da-gennaio-un-nuovo-percorso-per-le-coppie?e=dc6e7d7dc1

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 46, 13 dicembre 2017

www.famigliacristiana.it/video/gigi-de-palo-a-nemo-o-si-riparte-dalla-famiglia-o-e-game-over.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_13_12_2017

  • La famiglia che cura: basterà una legge per sostenerla? Un commento su Famiglia Cristiana on line sul dibattito parlamentare sul riconoscimento della figura del caregiver familiare (F. Belletti)

www.famigliacristiana.it/articolo/la-famiglia-che-cura-bastera-una-legge-per-sostenerla.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_13_12_2017

  • Rapporto Unicef 2017. I bambini in un mondo digitale. Il più recente Rapporto dell’Unicef si concentra sul rapporto tra infanzia e mondo digitale, tra rischi e opportunità. Evidenziando che circa un terzo dei bambini nel mondo tuttora non ha accesso a Internet. E offrendo molti altri dati e riflessioni a livello internazionale.

https://www.unicef.org/sowc2017/?utm_campaign=SOWC+English+&utm_medium=bitly&utm_source=Email

Il Rapporto Unicef 2017 affronta un tema in diretta connessione con il nuovo Rapporto CISF 2017. Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali (Edizioni San Paolo). E’già disponibile nelle principali librerie. newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4317_indice_rapporto_cisf_2017.pdf

  • Borse di studio per famiglie a basso reddito per le scuole paritarie. Interessante iniziativa a favore della libertà di educazione, nella Diocesi di Brescia. Perché non riproporla in altri territori? “La Fondazione Comunità e Scuola, anche grazie al contributo della Diocesi di Brescia, apre per l’anno scolastico 2017/18 il Quinto Bando per l’assegnazione di borse di studio come forma di sostegno alle famiglie a basso reddito, riservato agli studenti iscritti alle scuole paritarie cattoliche primarie e secondarie della Diocesi di Brescia”. Scadenza del Bando: 31 gennaio 2018.

http://hst-center.comunitaescuola.it/index.php/2017/12/11/borse-di-studio-per-studenti-iscritti-alle-scuole-paritarie-cattoliche-della-diocesi-di-brescia

  • L’emergenza demografica è una priorità europea. Ma l’Italia non lo sa. In occasione del Sesto Festival della Famiglia (Trento, 27 novembre – 2 dicembre 2017) è stato di particolare interesse l’intervento di Raul Sanchez,Segretario Generale della Confederazione Europea Famiglie Numerose (ELFAC). www.famiglienumerose.org/la-sfida-demografica

  • Dalle case editrici.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4617_allegatolibri.pdf

  • Edizioni dell’Altana, Ucciderò la terza età. È un inganno, gli anni non cambiano mai, Aphel D.

  • EDB, Dalla parte dei bambini. Viaggio nelle ferite della separazione tra sfide educative e pastorali, Baffetti B.

  • Feltrinelli, Come uccidere il padre. Genitori e figli da Roma a oggi, Cantarella E.

  • Fabbri Editori, L’educazione emotiva. Come educare al meglio i nostri bambini grazie alle neuroscienze, Pellai A

  • Gentili Claudio, Viscardi Laura, Complici nel bene. I percorsi di Betania, San Paolo, Cinisello B. (MI), 2017, pp. 172, € 15,00. Questo libro intende essere sia una guida, uno spunto di lavoro, sia un piccolo manuale di self help per valutare lo “stato di salute” della vita di coppia alla luce dell’antropologia cristiana. […] L’obiettivo è infatti quello di offrire un accompagnamento di vita a persone e coppie ferite, mettendo a frutto i tesori della Chiesa nel campo della vita matrimoniale e familiare. Come risanare una storia ferita, come riallacciare i fili di tanti matrimoni in crisi? Affrontando, prima di tutto, il tema della comunicazione nella coppia, con l’obiettivo di innescare un profondo cambiamento, umano e spirituale

  • Save the date

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4617_allegato2.pdf

www.iss.it/binary/esps/cong/Programma_ID002D18.pdf

Venti anni dalla convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina: l’articolo 21: il divieto di profitto e la cultura del dono, convegno promosso dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – Sezione Bioetica, Roma, 18 dicembre 2017.

www.academyforlife.va/content/dam/pav/documenti%20pdf/Programmaaggiornato%202017-12-18.pdf

  • Sud Legge n. 112/2016: dopo di noi,evento formativo (con crediti formativi per avvocati) promosso da AMI (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani), Palermo, 18 dicembre 2017.

www.ami-avvocati.it/wp-content/uploads/2017/12/locandina-legge-dopodinoi.pdf

http://crean-network.org/application/files/9215/1143/1552/Programme_CREAN_Conference_Preliminary.pdf

Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.apx

Con tutti i linkhttp://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/dicembre2017/5059/index.html

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CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA

Erikson edita “Il diritto alla sessualità e la disabilità tra bisogni e desideri”

La Socia CIS Daria Dolfini ha raccolto i risultati della ricerca “Sessualità e disabilità” realizzata nell’ambito del progetto “Reggio Emilia Città senza barriere” promosso dal Comune di Reggio Emilia e li ha pubblicati nel libro: “Il diritto alla sessualità e la disabilità tra bisogni e desideri”edito dalla Erikson.

www.erickson.it/Ricerca/Pagine/results.aspx?k=Daria%20Dolfini

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CHIESA CATTOLICA

Il processo: a Francesco o di Francesco?

Due accezioni di processo si fronteggiano nel dibattito ecclesiale contemporaneo. Mi sembra utile riflettere brevemente su questa distinzione, che ruota intorno al significato della medesima parola.

  1. Da un lato vi sono minoranze riluttanti, ma spesso ben finanziate, che pensano di dover mettere “sotto processo” il papa, sollevando obiezioni sulle sue posizioni dottrinali e disciplinari. In questo caso “processo” assume il significato tecnico di “messa in stato di accusa”.

  2. Dall’altro vi sono le ripetute parole con cui Francesco stesso, insieme alla gran parte dell’episcopato e del popolo di Dio, invita ad assumere in modo nuovo la identità ecclesiale come “processo”. L’invito alla uscita dalla autoreferenzialità e al riconoscimento del primato del tempo sullo spazio è precisamente la riscoperta del “processo” come logica della fede.

Potremmo osservare, in modo molto generale, che il senso “giudiziario” del “processo a Francesco” e quello “ontologico”, del “processo di Francesco”, non sono necessariamente alternativi. Anzi, non è affatto detto che non si possano e non si debbano trovare accurate correlazioni tra il primo e il secondo. Ma sta di fatto che, nel dibattito attuale, le due accezioni finiscono con l’escludersi radicalmente. In particolare la prima, quella giudiziaria, non riesce a comprendere le ragioni della seconda, quella ontologica. Può “fare processi” solo perché non “riconosce processi”.

Vorrei soffermarmi qualche momento su questa difficoltà. La reazione viscerale al pontificato di Francesco, evidentemente, si fonda su qualcosa di molto più antico di lui, ossia sulla resistenza a oltranza della identità cattolica al mondo moderno. In questione non è Francesco, ma la apertura della Chiesa alla modernità, che ha trovato una svolta decisiva nel “processo” inaugurato dal Concilio Vaticano II. Poiché tale apertura non è affatto compresa, anzi è ritenuta la causa di ogni male, allora la mancata recezione del “processo conciliare” determina la “messa in stato di accusa” del Vaticano II e, ovviamente, del primo papa che appare, non solo biograficamente, come figlio legittimo di quel Concilio.

La novità del Concilio è, precisamente, di aver assunto un rapporto non statico, ma processuale e creativo con la tradizione. In proposito è utile leggere quanto scrive Ch. Theobald sull’ultimo numero di “Vita e Pensiero” (5/2017, 77-84) con il titolo Una nuova grammatica per rileggere il Concilio. Se il “depositum fidei” è essenzialmente un “processo”, che non si risolve mai in una semplice evidenza proposizionale o intellettuale, il discernimento della tradizione deve fare necessariamente i conti con la storia comune, con la storia civile, con la cultura ambiente. Per il discernimento della tradizione non solo la Parola di Dio, ma anche la “esperienza degli uomini” diventa così decisiva (cfr. GS 46).

La pretesa di “mettere in stato di accusa” questa lettura è una antica tentazione delle reazioni anticonciliari. Inizia subito, già durante il Concilio e costella tutti i decenni successivi.

La pretesa di un “processo inquisitorio” contro Francesco dipende dalla incapacità di cogliere la verità e la urgenza del processo con cui il Concilio ha profondamente ricompreso la tradizione.

Fare il processo non ha come obiettivo Francesco o il Concilio, ma l’idea stessa di “processo”, come forma della tradizione. La resistenza a Francesco diventa così tanto più viscerale quanto più si lega ad una concezione statica e monumentale della tradizione, su cui nessuno ha il diritto di mettere mano.

Sotto questo punto di vista, non si dovrebbe parlare di processo a Francesco, ma di processo alla tradizione intesa come processo, come “grammatica generativa”, come “razionalità storica e procedurale” (Theobald). Una cultura cattolica bloccata e traumatizzata dal mondo tardo-moderno si esprime “mettendo in stato di accusa” tutto ciò che non coincide con la propria visione chiusa e asfittica non solo della esperienza degli uomini, ma ancor più della Parola di Dio. Massimalismo morale e fondamentalismo biblico sono gli orizzonti inaggirabili di questa cultura. E non a caso si tratta di posizioni visceralmente statiche, prive di processo alcuno.

Vogliono fare il processo solo coloro che non riconoscono la fede e la Chiesa come processo.

Andrea Grillo blog: Come se non 11 dicembre 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/il-processo-a-francesco-o-di-francesco

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CINQUE PER MILLE

5×1000, online l’elenco 2015 Passim

L’Agenzia delle Entrate, sulla base delle scelte operate dai contribuenti per ciascun anno finanziario, trasmette al Ministero dell’Economia e delle Finanze, i dati occorrenti a stabilire gli importi delle somme che spettano a ciascuno dei soggetti a favore dei quali i contribuenti hanno effettuato una valida destinazione della quota del cinque‰ della loro imposta sui redditi delle persone fisiche. Le somme da stanziare per la corresponsione del cinque‰ sono iscritte in bilancio sull’apposito Fondo dello Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La corresponsione a ciascun soggetto delle somme spettanti, sulla base degli elenchi predisposti dall’Agenzia delle Entrate, è effettuata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per i soggetti del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

L’ente beneficiario non ha diritto alla corresponsione del contributo qualora, prima dell’erogazione delle somme allo stesso destinate, abbia cessato l’attività o non svolga più l’attività che ha dato diritto al beneficio.

Ai sensi del D.P.C.M. 23 aprile 2010 art. 11 comma 7 non sono erogate le somme d’importo complessivo inferiore a 12 euro.

  1. Pagamento degli enti con contributo superiore a euro500mila (…)

  2. Pagamenti telematici degli enti con contributo inferiore a euro 500mila (…)

L’Agenzia delle Entrate trasmette al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vari elenchi- di norma tre- con le coordinate bancarie dei soggetti con contributo inferiore a euro 500mila.

  1. È disponibile il rendiconto con l’esito del buon fine dell’accredito.

  2. L’elenco rappresenta i beneficiari per i quali l’Agenzia delle Entrate ha nella propria banca dati le coordinate IBAN. Per i pagamenti che non sono andati a buon fine (NBF) consultare la sezione relativa ai Pagamenti non andati a buon fine di elenchi forniti dall’Agenzia delle Entrate (storni in Contabilità Speciale della Banca d’Italia).

  3. Pagamenti di enti che non possiedono il conto bancario/postale e che hanno richiesto il pagamento in contanti e altri tipi di pagamento diretto del Ministero. Per i pagamenti che non sono andati a buon fine (NBF) consultare la sezione relativa ai pagamenti del Ministero del Lavoro non andati a buon fine (storni in IGEPA).

  • D) Pagamenti di enti che non avevano comunicato le coordinate bancarie e/o postali all’Agenzia delle Entrate. (…) solo dopo la pubblicazione del loro elenco in questa sezione hanno chiesto il pagamento del contributo direttamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

  • Pagamenti non andati a buon fine di elenchi forniti dall’Agenzia delle Entrate (storni in Contabilità Speciale della Banca d’Italia). Il Ministero del Lavoro pubblicherà in questa sezione l’elenco degli enti il cui contributo è stato stornato e che non hanno comunicato le nuove coordinate per il pagamento.

  • Pagamenti del Ministero del Lavoro non andati a buon fine (storni in IGEPA). Gli enti potranno chiedere il pagamento del contributo direttamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, secondo le modalità indicate nella sezioneindicando nell’oggetto la dicitura “liquidazione da IGEPA”.

  • Precisazioni per gli enti non presenti in elenco. Gli enti che sono nell’elenco dei beneficiari, pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, ma non sono presenti negli elenchi dei pagamenti effettuati, possono rivolgersi alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio per avere chiarimenti in merito alla loro posizione.

  • Inoltre, è stato pubblicato l’elenco degli enti che non possiedono il conto bancario/postale e che hanno richiesto il pagamento in contanti e altri tipi di pagamento diretto del Ministero.

  • La comunicazione delle coordinate IBAN. Prestare attenzione quando una banca comunica di essersi unita con un’altra perché talvolta quest’operazione, modificando il codice ABI che identifica la banca, potrebbe cambiare automaticamente l’IBAN, non consentendo il buon fine del bonifico.

Si ricorda che:

  1. Le somme percepite vanno rendicontate entro un anno dalla data di erogazione (D.P.C.M. 23 aprile 2010 art. 12);

  2. Il rendiconto, dovrà essere trasmesso alla Direzione Generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese, Divisione I, Via Fornovo 8, 00192 Roma, dai soli enti che hanno percepito contributi d’importo superiore o uguale a 20.000 euro, entro i 30 giorni successivi alla scadenza per la compilazione. Dovrà essere utilizzato il modello di rendiconto e seguite le istruzioni contenute nelle linee guida del Ministero del Lavoro pubblicate nella pagina principale del cinque per mille.

www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/Terzo-settore-e-responsabilita-sociale-imprese/focus-on/Cinque-per-mille/Pagine/Anno-2015-elenco-dei-pagamenti-effettuati.aspx

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Rimborsi spese adottive

La Segreteria Tecnica della Commissione Adozioni Internazionali ha completato l’attività di liquidazione dei rimborsi spese per le adozioni che si sono concluse tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011. Sono stati disposti nr. 1560 decreti di liquidazione.

Ad oggi risultano pagati rimborsi per nr. 1.050 richiedenti. I rimanenti 510 decreti saranno pagati entro la fine del mese in corso.

Si coglie l’occasione per ricordare che la Segreteria Tecnica della CAI ha avviato le procedure di verifica sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive allegate alle istanze di rimborso secondo i criteri resi pubblici sul sito web della Cai il 20 settembre scorso; qualora in sede di accertamento emerga la non veridicità del contenuto delle dichiarazioni, verrà dichiarata la decadenza dal beneficio, con il conseguente obbligo di restituzione del rimborso, in applicazione di quanto previsto dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n.445.

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/avviso-controlli-sulle-autocertificazioni-istanze-di-rimborso.aspx

Da ultimo si fa presente che la Commissione si sta impegnando per garantire rimborsi delle spese anche per chi ha adottato dopo il 2011, nella misura in corso di definizione.

Comunicato 11 dicembre 2017

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/rimborsi-spese-adottive.aspx

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CONSULENTI DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA

Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari. Delibere del Consiglio direttivo

Il Consiglio Direttivo nella riunione dello scorso 3 dicembre 2017 a Bologna ha assunto le seguenti deliberazioni.

  • Quote sociali. Le quote sociali del 2018 sono rimaste invariate nell’importo, rispetto agli anni passati.

  • Soci Aggregati € 60,00

  • Soci Effettivi € 70,00

  • Soci Effettivi Supervisori € 90,00

  • Tirocinio. Considerato che ai fini dell’inizio del tirocinio professionale AICCeF dei diplomati Consulenti della Coppia e della Famiglia, è necessario essere iscritti all’Associazione come Soci Aggregati, per aderire alla metodologia e godere dell’assicurazione professionale stipulata dall’Aiccef per tutti i soci, e che ai fini dell’iscrizione come Socio Aggregato conta la data della riunione del Consiglio Direttivo in cui si ammette il candidato; il Consiglio ha ritenuto opportuno agevolare i nuovi diplomati riducendo i tempi della procedura di iscrizione, deliberando che le riunioni del Consiglio Direttivo che trattano esclusivamente l’analisi delle domande di iscrizione come Socio Aggregato possono essere effettuate anche in via telematica, mediante una piattaforma informatica sicura, con rapidità di convocazione e di svolgimento.

  • Bilancio 2018. Il Consiglio, preso atto dell’andamento delle poste di entrata e di spesa nell’anno che sta per concludersi e della necessità di contrarre leggermente le uscite, formula una prima ipotesi di bilancio preventivo 2018, con un avanzo 2017 stimato in € 15.000,00 e un totale di entrate e uscite pari all’importo di € 98.000,00. La presidente, in relazione alla necessità di potenziare la segreteria, causa la crescente mole di lavoro, con personale dipendente part-time per qualche mese in primavera, rimanda tale determinazione di spesa ad una valutazione successiva, in rapporto all’assestamento del Bilancio del 2017.

  • Piano editoriale 2018. Il redattore, ritenendo valida l’esperienza, degli ultimi due anni di pubblicazioni, di inserire i Dossier monotematici nei numeri della Rivista, continuandone la pubblicazione, e considerato che con l’istituzione del Comitato Scientifico abbiamo a disposizione autori di grande competenza e valore scientifico, ha proposto di coinvolgere nella stesura dei Dossier del prossimo anno proprio questi componenti esterni del Comitato, ognuno per le sue specifiche competenze e per argomenti correlati alla loro specialità. A costoro potrebbero essere affiancato, come coautore, un collega del Consiglio Direttivo, in modo che si conservi la modalità di scrivere il dossier a quattro mani.

I contenuti dei Dossier saranno in ogni numero visitati con l’ottica del tema dell’anno, scelto dal Comitato Scientifico nella riunione istitutiva del 21 ottobre a Milano: L’accoglienza della diversità in consulenza, modulata sul tema delle coppie: coniugate, conviventi, miste (interculturali, interreligiose), omosessuali, disabili.

Gli argomenti che sono stati proposti per la prossima annata sono i seguenti:

  1. La diversità sotto l’aspetto socio educativo

  2. La diversità sotto l’aspetto pedagogico relazionale.

  3. La diversità sotto l’aspetto sessuale

  4. La diversità sotto l’aspetto giuridico e legale

Notizie AICCeF 12 dicembre 2017

www.aiccef.it/it/news/delibere-del-consiglio-2.html

 

Terapia di coppia decisa dal giudice: è obbligatoria?

I genitori che litigano possono essere costretti dal giudice ad andare dallo psicologo per tentare di riconciliarsi nell’interesse del figlio? Si può essere obbligati ad andare d’accordo?

Anche il diritto a litigare è tutelato dalla Costituzione che, nella libertà di espressione, comprende anche quella di dissentire dalle altrui posizioni anche quando l’altra persona è il proprio coniuge. Tanto è vero che il divorzio è una conseguenza “legalizzata” della mancanza di sintonia tra moglie e marito. Ma che succede se i continui litigi pregiudicano la crescita dei figli e la sua psiche?

Immaginiamo una coppia separata che non riesce a trovare l’intesa su nessun punto e, anche per le sciocchezze, ricorre alla lettera dell’avvocato o al giudice. In questi casi, il figlio si trova in balia della guerra tra i genitori a cui è affidato. In uno dei tanti giudizi, il tribunale prende una decisione drastica: impone alla coppia di ricorrere allo psicologo per risolvere da soli i propri conflitti e tentare di sanare gli antichi contrasti.

È obbligatoria la terapia di coppia decisa dal giudice? Sul punto si confrontano diversi ed opposti orientamenti espressi dalla giurisprudenza: uno più rigoroso, secondo cui il genitore che si rifiuta di seguire il mediatore perde l’affidamento dei figli; un altro più elastico secondo cui la prescrizione del giudice non può mai ritenersi vincolante, ma assume solo la funzione di suggerimento. Vediamo, più nel dettaglio, cosa bisogna fare se il giudice prescrive una terapia di coppia ai genitori.

La terapia di coppia è obbligatoria? La Cassazione [sent. n. 13506/2015.] ha detto che solo la legge può imporre trattamenti sanitari, mentre il giudice non può costringere i genitori – benché immaturi – a recarsi dallo psicologo per imparare a gestire i figli. E ciò anche se il loro comportamento conflittuale finisce per ledere i minori. Questo non toglie che il magistrato possa suggerire l’opportunità di un percorso guidato congiunto e/o individuale, ma nessuna sanzione può derivare dalla mancata ottemperanza all’indicazione del tribunale. La prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme – dice la Suprema Corte – è lesiva del diritto alla libertà personale garantito dalla Costituzione [art. 32] che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Nessuna norma, del resto, attribuisce al giudice il potere di vincolare gli ex coniugi a un tale trattamento, anche in presenza di una finalità nobile come quella di tutelare i figli dall’immaturità dei genitori.

La maturazione personale dei genitori non può che restare affidata ai genitori e al loro diritto di autodeterminazione. In definitiva il giudice non può obbligare i genitori immaturi, che litigano in continuazione, ad andare dallo psicologo per imparare a gestire i figli.

I giudici secondo cui la terapia di coppia è obbligatoria. La tesi sposata dal tribunale di Roma – il più grande in Europa – ritiene possibile, per il giudice, prescrivere ai genitori divorziati la psicoterapia e un percorso di sostegno per fare il papà e la mamma [sent. n. 2083/2017, n. 25777/2017, n. 13506/2015]. Ciò proprio nell’ottica di tutelare un interesse superiore rispetto a quello della libertà personale degli ex coniugi: la crescita del figlio minore. Secondo tale orientamento, quindi, il genitore che non si presenta alle sedute dallo psicologo può perdere l’affidamento del figlio: una sanzione particolarmente grave. Secondo il tribunale della Capitale – la cui tesi sempre essere condivisa anche da altri fori – la prescrizione del percorso presso lo specialista non costituisce una limitazione personale ma è funzionale allo stesso interesse del genitore quando la conflittualità della coppia nuoce ai figli.

Vediamo ora, secondo tale interpretazione, che succede se non si frequenta la terapia di coppia. Il tribunale di Roma precisa che non è possibile imporre fisicamente la presenza del genitore dallo psicologo (magari mediante una «coazione fisica» ossia un accompagnamento forzoso). La prescrizione del giudice è piuttosto un onere, una condizione per continuare ad avere l’affidamento condiviso del figlio. Sta al genitore affidatario scegliere il percorso più idoneo e i professionisti da consultare: è un’«opportunità di buona vita» e non una «limitazione della libertà.» Il tribunale può delegare i servizi sociali a vigilare sull’osservanza dell’indicazione fornita dal magistrato e, in caso di disobbedienza, nei casi più gravi, se la coppia continua a litigare tanto da pregiudicare la crescita del bambino, è possibile disporre la decadenza dalla responsabilità genitoriale.

La prescrizione è finalizzata a favorire «le condizioni per una crescita per quanto possibile serena dei figli, scopo cui deve tendere una gestione matura e consapevole della responsabilità genitoriale, e deve essere letta dunque come uno strumento volto a offrire ai figli maggiori opportunità di “buona vita” nonostante la disgregazione del nucleo familiare di origine e della presidente conflittualità dei genitori».

Redazione La legge per tutti 12 dicembre 2017

www.laleggepertutti.it/186776_terapia-di-coppia-decisa-dal-giudice-e-obbligatoria

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CONSULTORI FAMILIARI

Consultorio Familiare Socio Educativo in Veneto

Regione Veneto BUR n. 88 del 12 settembre 2017

Deliberazione della Giunta Regionale n. 1349, 22 agosto 2017. Approvazione dei requisiti per l’unità di offerta Consultorio Familiare Socio Educativo: integrazione all’all. B della DGR n. 84 del 6 marzo 2007 (L.R. 16 agosto 2002, n. 22).

Con Deliberazione della Giunta Regionale è stato approvato il documento dei requisiti per una nuova unità di offerta denominata Consultorio Familiare Socio Educativo (CFSE), elaborato dal Gruppo di Lavoro rappresentativo dei già Consultori Familiari Privati autorizzati/accreditati ex L.R. n. 22 del 2002, classificati in prima istanza quali strutture sanitarie ex DGR 2501/2004 e successivamente quali strutture socio-sanitarie (SS) ex DGR 2067/2007 contenente le procedure per l’applicazione della DGR n. 84/2007 “Approvazione dei requisiti e degli standard, degli indicatori di attività e di risultato, degli oneri per l’accreditamento e della tempistica di applicazione, per le strutture sociosanitarie e sociali”.

La necessità di definire la nuova unità di offerta CFSE nasce dalla verifica effettuata rispetto alle attività rese dai Consultori suddetti all’utenza, che ha evidenziato come le stesse hanno riguardato soprattutto l’area socio-educativa più che quella sanitaria, ragion per cui la già Agenzia Regionale Socio- Sanitaria, aveva disposto una deroga rispetto ad un set di requisiti relativi all’area sanitaria, per l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento.

Deliberazione della Giunta Regionale n. 1349 del 22 agosto 2017

L’Assessore Gianpaolo E. Bottacin riferisce quanto segue.

La verifica delle attività svolte dai già Consultori Familiari Privati Riconosciuti presenti nella Regione con 28 sedi, di cui 25 autorizzate all’esercizio e 3 accreditate, ex Legge n. 22/02, ha evidenziato come i servizi resi all’utenza riguardano soprattutto l’ambito socio-educativo più che quello sanitario, ragion per cui la già Agenzia Regionale Socio- Sanitaria, aveva disposto una deroga rispetto ad un set di requisiti relativi all’area sanitaria, per l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento.

Stante quanto su specificato si è reso, pertanto, necessario avviare un lavoro di approfondimento, al fine di regolamentare la materia specifica in ottemperanza alle norme vigenti e quindi la Direzione Servizi Sociali, competente in materia di Consultori Familiari, ha avviato un Gruppo di Lavoro rappresentativo delle strutture in argomento che, a seguito di consultazioni con i referenti di tutti i Consultori Familiari Privati già autorizzati/accreditati, ha prodotto un documento di requisiti per una nuova unità di offerta denominata Consultorio Familiare Socio Educativo di seguito indicata con la sigla CFSE, di cui all’Allegato A parte integrante e sostanziale del presente provvedimento che si propone all’approvazione della Giunta Regionale.

https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=352404

La nuova unità di offerta CFSE andrà ad integrare le unità di offerta inserite nell’Allegato B della DGR n. 84/2007, non soggette ad autorizzazione all’esercizio ma che fanno parte del sistema dei servizi previsti dal Piano socio-sanitario regionale, per i quali l’erogazione del servizio è soggetta all’obbligo di comunicazione di avvio dell’attività, da presentare al Comune dove hanno sede, dando evidenza al momento della comunicazione d’avvio del possesso dei requisiti di cui all’Allegato A del provvedimento in oggetto.

La comunicazione al Comune dove il CFSE ha sede andrà inviata per conoscenza anche alla Regione del Veneto – Direzione Servizi Sociali (pec area.sanitasociale@pec.regione.veneto.it)utilizzando lo Schema tipo di Comunicazione di cui all’Allegato B del provvedimento suddetto.

La Regione del Veneto – Direzione Servizi Sociali istituirà e aggiornerà l’Elenco dei Consultori Familiari Socio Educativi operanti nella Regione del Veneto.

L’avvio di un CFSE e l’inserimento dello stesso nell’Elenco dei Consultori Familiari Socio Educativi operanti nella Regione del Veneto non preclude la possibilità per gli Enti interessati di richiedere e ottenere l’autorizzazione all’esercizio ed eventualmente l’accreditamento istituzionale in qualità di Consultorio Familiare socio-sanitario, qualora in possesso dei requisiti così come previsti dalla normativa regionale vigente.

www.regione.veneto.it/web/sociale/consultorio-familiare-socio-educativo

Allegato A) alla Deliberazione della Giunta Regionale n. 1349 del 22 agosto 2017. Passim

https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/Download.aspx?name=1349_AllegatoA_352404.pdf&type=9&storico=False

Consultorio Familiare Socio-Educativo” CFSE

Requisiti per far parte del sistema dei servizi previsti dal Piano socio-sanitario regionale, di cui deve essere data evidenza al momento della comunicazione d’avvio da presentare al Comune dove hanno sede e per conoscenza alla Regione del Veneto – Direzione Servizi Sociali, che va rinnovata a cadenza triennale.

Definizione: è un servizio di interesse pubblico a favore della persona, della coppia e della famiglia.

Finalità: sociale, educativa ed assistenziale.

Utenza: il servizio può essere utilizzato, per le funzioni previste, dalla famiglia, dalle coppie, dalle singole persone, da gruppi, da servizi pubblici o privati, da Istituzioni.

  • Requisiti Generali. L’Ente gestore dichiara la Mission, ovvero l’impegno che, attraverso lo svolgimento dell’attività, si vuole dedicare al raggiungimento di un obiettivo generale di carattere socio-educativo e assistenziale. L’Ente gestore deve definire il risultato generale da raggiungere, individuare il target di utenza e di servizi di riferimento, nonché le attività congruenti agli obiettivi, le modalità di monitoraggio, i momenti di verifica.

L’Ente gestore deve assicurare e documentare la presenza di un progetto che espliciti gli interventi anche dal punto di vista organizzativo/gestionale del servizio.

Nella Carta dei Servizi sono definiti i criteri per l’accesso al servizio e le modalità di funzionamento dello stesso. Si deve provvedere alla divulgazione della Carta dei Servizi presso gli utenti diretti, indiretti e potenziali.

L’orario di apertura e chiusura del servizio è fissato in modo da garantire la fruizione da parte della popolazione, con particolare riferimento alle caratteristiche della località e alla tipologia prevalente di insediamenti residenziali e produttivi e ad altre specifiche esigenze sociali.

Sono disponibili procedure per l’acquisizione del consenso informato.

Sono individuate le condizioni per facilitare le valutazioni del Servizio da parte degli utenti e dei soggetti che rappresentano i loro diritti e le procedure per assicurare la tutela degli utenti finali.

Fra le figure professionali deve essere individuato un responsabile.

Il responsabile programma le attività di formazione e aggiornamento.

Il responsabile è referente del sistema informativo ed oltre alle responsabilità specifiche previste dalla normativa nazionale, ha la responsabilità delle procedure di raccolta, verifica della qualità e diffusione dei dati.

La pulizia degli ambienti interni deve essere rispettata; quella degli impianti ad aria deve essere effettuata almeno ogni anno.

  • Requisiti minimi strutturali e impiantistico – tecnologici generali (:::)

  • Manutenzione della struttura e degli impianti tecnologici (:::)

  • Procedure per l’organizzazione e la realizzazione del servizio (:::)

  • Requisiti Minimi Specifici. Per lo svolgimento delle attività il Consultorio Familiare Socio-Educativo deve essere dotato di una sede fornita di locali e delle attrezzature indispensabili e ubicata in modo da rispondere ai criteri di accessibilità per la popolazione servita.

L’organizzazione del Consultorio Familiare Socio-Educativo deve garantire un servizio che consenta all’utente condizioni non discriminatorie, di parità e di piena libertà.

Il Consultorio Familiare Socio-Educativo deve essere dotato di un gruppo di lavoro operante in equipe e composto da almeno tre operatori, di cui uno psicologo (e/o psicoterapeuta), un assistente sociale e da una figura professionale tra le seguenti sottoelencate, sulla base dei bisogni dell’utenza:

educatore professionale – mediatore familiare – consulente legale – mediatore linguistico-culturale – ostetrica o infermiere o assistente sanitaria o ginecologo per le attività di educazione socio sanitaria.

{Non è indicato il consulente familiare (Consulente della Coppia e della Famiglia) ndr}

La stessa equipe può essere integrata dalle medesime figure sopra elencate. Le figure professionali devono essere in possesso dei titoli di studio previsti dalla normativa vigente.

Le funzioni svolte dal Consultorio Familiare Socio-Educativo si collocano all’interno di due macro aree:

1. Prevenzione e promozione.

2. Sostegno ed assistenza.

La singola prestazione socio-educativa è gratuita.

Le prestazioni vengono rese da professionisti che operano in equipe ed in relazione con gli altri servizi pubblici e privati del territorio.

  • Requisiti organizzativi: politiche, obiettivi ed attività. (:::)

  • La direzione, le politiche, l’organizzazione e il piano di lavoro. (:::)

  • La Direzione della Struttura organizzativa, le politiche e l’organizzazione. (:::)

  • Requisiti organizzativi: valutazione del raggiungimento degli obiettivi programmati interni alla struttura. (:::)

  • Requisiti organizzativi: informazione, comunicazione e gestione della conoscenza. (:::)

  • Requisiti organizzativi: gestione delle risorse umane. (:::)

  • Requisiti organizzativi: sistema informativo. (:::)

  • Requisiti organizzativi: linee guida, procedure e regolamenti interni. (:::)

  • Requisiti organizzativi: gestione, valutazione e miglioramento della qualità. (:::)

 

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Abruzzo. Più fondi ai consultori familiari e formazione agli ordini

“Rivolgiamo un ringraziamento al consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci per l’impegno e la tenacia con la quale ha promosso la legge, approvata martedì scorso in Consiglio regionale, che modifica la numero 21 del 1978″. Lo scrivono in una nota, che curiosamente viene diffusa dallo stesso ufficio stampa dell’esponente del Partito democratico, i Consultori familiari (Cif) di L’Aquila, Avezzano e Pescara, A.ge di Ortona (Chieti), cooperativa sociale Onlus Alpha di Chieti e Ucipem di Pescara.

“Si tratta di un significativo passo in avanti nella disciplina e nella gestione del servizio dei consultori – spiegano – un passo in avanti e un provvedimento giustamente e meticolosamente concordato con tutti gli attori coinvolti, a cominciare dai consultori stessi, sia pubblici che privati, dagli ordini professionali, dai sindacati”. “Lungi dal costituire una penalizzazione per i consultori pubblici, la legge Pietrucci al contrario continua a garantire le stesse risorse per queste strutture, che continueranno a beneficiare della maggioranza dei fondi (pari al settanta%, come nella disciplina precedente), con la novità che le risorse per i privati saranno aumentate dal 20 al 30% e che la formazione, a cui prima spettava il 10% dei fondi, ora passa in capo agli Ordini professionali”. “Nessun depauperamento, al contrario, semplicemente un sistema più equilibrato che continua a essere caratterizzato dalla corretta e netta prevalenza del pubblico, a cui ora il privato può aggiungersi costituendo un utile alleato”, continua la nota. “Inoltre esiste un secondo aspetto concordato nell’ambito dei numerosi tavoli a cui abbiamo partecipato assieme al consigliere Pietrucci, ovvero l’impegno e la battaglia da condurre all’interno delle Asl, e nei piani sanitari, per un turnover che, al momento dei pensionamenti, permetta la necessaria riduzione dell’età media del personale che attualmente opera nei consultori, oggi molto alta, attraverso l’inserimento di giovani professionalità e di figure chiave oggi assenti, con nuovi tavoli di concertazione con il mondo femminile, sindacale e con tutti gli attori sensibili”.

Abruzzo web 14 dicembre 2017

www.abruzzoweb.it/contenuti/piu-fondi-e-formazione-agli-ordini-consultori-plaudono-a-legge-pietrucci/644665-4

&Itemid=162

Mantova. La visita del vescovo mons. Marco Busca

Giovedì 16 novembre, il neovescovo di Mantova mons. Marco Busca ci ha fatto visita nel nostro consultorio. Ha visitato la struttura, ha ascoltato la nostra storia, l’attività, i progetti, quindi ha parlato a tutta l’equipe. Il testo registrato del suo intervento in Etica Salute e famiglia dicembre 2017, pag.6(GZ). Estratto

 

La prima parola che sento di comunicare è stupore; stupore per la quantità di aiuto, la quantità di sostegno che offrite. Perché voi lavorate, con diverse competenze, a sostegno di una realtà che è nel disegno di Dio, quando ha pensato di inventare qualcuno oltre a sé, di diverso da sé: l’umanità e la famiglia. E perciò lo stupore per la quantità di persone a cui offrite servizi, perché sono le persone che si tratta di far emergere, nella priorità di tutte le attenzioni.

L’altra parola è la gratitudine, che non è mai scontata, e vuol dire che qualcuno sa riconoscere. Riconoscenza deriva da riconoscere, e spesso non si riconosce il bene; più facile che si venga catturati dalle notizie che ci spaventano, dalla cronaca nera. Gratitudine è ciò che desidero esprimere anche a nome della Chiesa mantovana, visto l’intreccio che c’è molto stretto tra chi ha fondato, tanti anni fa, questo Consultorio e che ha riconosciuto l’importanza di avere un’ispirazione cristiana.

https://ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=89&catid=2&m=0&Itemid=162

Etica Salute e famiglia – Consultorio UCIPEM di Mantova e Associazione Virgiliana di Bioetica

  • Per un’ecologia integrale. E’ in gioco il futuro del pianeta. Armando Savignano.

  • La visita del Vescovo al consultorio. Mons. Marco Busca.

  • Il problema della comunicazione nell’ambito del rapporto terapeutico. Massimo Foglia.

  • La sanità degli altri. Testimonianza. Alessandra e Maurizio Tedoli.

  • Aldo Basso.Vita del consultorio. Come consolare? Riflessioni per operatori. Zacchè

  • Chiara Mullich. L’equipe cuore del consultorio UCIPEM. Gabrio Zacchè.

  • Nascere nella povertà. Gabrio Zacchè.

  • Essere donna. Un’iniziativa dei Rotary presso il Liceo Scientifico “Belfiore”. Alessandra Venegoni.

  • Psicologo mi dica. Sulla funzione materna. Giuseppe Cesa.

  • Il post del mese. Giovanni Volta.

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/121-etica-salute-famiglia

 

Messina. Opuscolo del Convegno 50° del Consultorio UCIPEM Download

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_jdownloads&task=download.send&id=88&catid=2&m=0

 

Pescara. Articolo sul consultorio.

Don Cristiano Marcucci, con l’aiuto di un pool di esperti, offre un “approccio laico” per aiutare le coppie a riappacificarsi, a «stare insieme per essere felici». E lo fa attraverso il suo operato di presidente del consultorio familiare Ucipem, nella sede di via Campobasso 11. Settanta operatori e 10mila ore l’anno di consulenze aiutano tante coppie, ma anche persone singole e in difficoltà a svolgere «percorsi e attività sulla conoscenza di se stessi, sulla genitorialità, sulla crescita umana e interiore».

Don Cristiano è anche fondatore dell’associazione di promozione sociale Koilos (termine greco che descrive la qualità di un corpo di essere cavo e dunque capace di accogliere) che ha lo scopo «di prendersi cura della persona e delle sue relazioni», senza preconcetti.

Il Centro 10 dicembre 2017

www.ilcentro.it/pescara/e-il-fondatore-dell-associazione-sociale-koilos-1.1778858

 

Trento. L’8 per mille delle diocesi.

In occasione della Giornata della Carità sono state rese note le destinazioni, nel corso del 2017, della quota dell’8‰ riservata dalla Diocesi a iniziative caritative a sostegno di singole iniziative o di realtà del privato sociale, per un totale di 979.489 euro: omissis. Consultorio Familiare UCIPEM 20.000 euro per assistenza e consulenza a persone in difficoltà,

www.ildolomiti.it/societa/2017/dall8-per-mille-quasi-un-milione-di-euro-alla-diocesi-di-trento

Il Direttore Luca Bonini al Tavolo di confronto La scuola come comunità

La Coop. Sociale Samuele promuove il tavolo di confronto sul tema La Scuola come Comunità: una rete integrata fra lavoro, sociale, formazione. Costruire ecosistemi strutturati in cui più realtà cooperano e interagiscono rappresenta l’unica possibilità per integrare armonicamente apprendimento, sviluppo, innovazione e sostenibilità sociale. Un evento di riflessione sui nuovi paradigmi educativi che coinvolgono il complesso mondo della scuola.

La Coop. Sociale Samuele promuove il tavolo di confronto sul tema La Scuola come Comunità: una rete integrata fra lavoro, sociale, formazione. Tra i relatori Luca Bonini, direttore consultorio familiare UCIPEM con il tema: Esperienze di sistema tra scuola, consultorio e sistema delle cooperative sociali.

https://it.eventbu.com/trento/incontrarsi-calendario-2018/8451779

 

Venezia Mestre. News e accreditamento in Regione

  • Bilancio 2017

  • Gennaio 2018 Giornata di formazione per gli operatori del consultorio: l’Accoglienza. Relatrice dott. Tarcisia Delrio.

  • Avviato percorso di Accreditamento presso la Regione Veneto

www.ucipem-mestre.it/news/accreditamento-regione

E’ possibile consultare la normativa relativa alle caratteristiche previste per il Consultorio Familiare e la normativa relativa all’autorizzazione.

www.regione.veneto.it/web/sociale/autorizzazione-e-accreditamento

www.ucipem-mestre.it/news

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DALLA NAVATA

III Domenica d’Avvento – Anno B – 17 dicembre 2017

Isaia 61, 11 Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Luca 01 50 di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono.

1Tessalonicesi 05, 19 Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.

Giovanni 01, 26 Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.

 

Venne un uomo mandato da Dio. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)

L’evangelista Marco aveva fatto coincidere l’inizio del vangelo con l’apparizione di Giovanni il Battista, presentandolo in modo breve e sintetico (cf. Mc 1,1-8), senza insistere sui suoi insegnamenti, a differenza di Matteo e Luca (cf. Mt 3, 7-12; Lc 3,7-18). Per questo, nella terza domenica di Avvento, tradizionalmente dedicata al Battista, in questa annata B il lezionario ricorre al quarto vangelo, che ci offre una presentazione “altra” del Battista. Il brano liturgico unisce tre versetti tratti dal prologo e una pericope riguardante la confessione del Battista circa la propria identità.

Giovanni sta alla cerniera tra Antico e Nuovo Testamento, è l’ultimo dei profeti dell’antica alleanza e il primo a proclamare il Vangelo (cf. Lc 3,18): è lui il sigillo della continuità della fede, è lui il testimone della Legge e dei Profeti, e nel contempo l’annunciatore e il testimone di Gesù Cristo. Tutto il Nuovo Testamento è concorde sulla sua identità e sulla sua missione di precursore, ma il vangelo “altro” ce lo presenta con tonalità particolari, peculiari.

Giovanni entra in scena nel prologo del quarto vangelo. Dopo aver rivelato colui che era fin dal principio rivolto a Dio e messo in evidenza la contrapposizione tra la luce e le tenebre (cf. Gv 1,1-5), in modo brusco e inatteso il testo annota: “Venne un uomo mandato da Dio. Il suo nome, Giovanni”. Un uomo: Giovanni è un uomo, senza alcuna qualifica di appartenenza sociale o religiosa. Si tace il suo essere venuto al mondo da una famiglia sacerdotale, si tace la sua provenienza. Egli è un uomo presentato in modo spoglio, del quale importa solo dire che è “inviato da Dio” e, subito dopo, “testimone “. Ecco la sua vera qualifica: un inviato, un profeta e un testimone, dunque servo solo di Dio. A lui spetta di testimoniare riguardo alla luce venuta nel mondo, questa è la sua missione: chiamare tutti a credere alla luce e a uscire dal dominio delle tenebre.

Nel quarto vangelo, inoltre, Giovanni si definisce ed è definito soprattutto in modo negativo, ossia in riferimento a ciò che non è: è inviato da Dio, ma non è la luce, bensì soltanto il testimone della luce. Perché questa insistenza? Perché ancora nell’epoca in cui questo vangelo è messo per iscritto vi sono alcuni che si rifanno al Battista, contrapponendolo a Gesù. D’altronde egli fu una figura profetica carismatica, con molto seguito e risonanza. Non si dimentichi che di lui abbiamo notizie da numerose fonti giudaiche, cosa che non si può dire di Gesù. Qui dunque l’evangelista sottolinea la differenza radicale tra il profeta, un uomo, e il Figlio di Dio venuto nel mondo.

E cosa dice di sé Giovanni, quando le autorità giudaiche gli inviano da Gerusalemme sacerdoti e leviti per interrogarlo? Si tratta di una vera e propria delegazione inviata a causa del suo successo e dei discepoli suscitati dalla sua attività, il che ha destato preoccupazione e diffidenza nei suoi confronti. L’interrogatorio che gli viene rivolto è un vero processo. Non appena lo vedono, gli inviati gli chiedono in modo diretto e autoritario: “Tu, chi sei?”. La sua risposta svela i loro desideri e le loro intenzioni. Essi temono che Giovanni possa vantare pretese messianiche, ma egli puntualmente confessa: “Io non sono il Messia”. Nessun sogno da parte sua di essere un capo, tantomeno di essere l’Unto del Signore promesso al popolo di Dio attraverso i profeti. Egli risponde con parrhesía [franchezza], liberamente, senza tergiversare. Se nel prologo l’evangelista aveva scritto: “Non era lui la luce”, qui Giovanni afferma di sé la medesima verità: “Io non sono il Messia”, colui che la tradizione giudaica definiva anche “luce” (Gv 8,12).

Giovanni non pronuncia mai una frase affermativa che contenga l’espressione “Egó eimi”, “Io sono”, perché questa spetta a Gesù come autorivelazione. Sarà Gesù, a cominciare dal suo dialogo con la donna samaritana (cf. Gv 4,26), ad affermare a più riprese: “Io sono”, fino a rivelare con questa espressione la sua qualità divina, l’autorivelazione di Dio. Giovanni invece dice: “Ouk eimì”, “Io non sono”. Egli ha il compito di indicare non se stesso ma solo Gesù. Per questo dirà: “È lui del quale ho detto… ” (Gv 1,30); “ho contemplato lo Spirito discendere … e rimanere su di lui” (Gv 1,32); “è lui che immerge nello Spirito santo” (Gv 1,33), “è lui il Figlio di Dio” (Gv 1,34). Insomma, Giovanni non è il Messia, non è l’adempimento delle promesse sull’Unto figlio di David.

Vista questa sua modalità di rispondere, i suoi interlocutori lo incalzano con altre domande: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. Ed egli, di nuovo: “Non (lo) sono”. Elia era il profeta rapito in cielo (cf. 2Re 2,1-18), di cui Malachia aveva preannunciato la venuta alla fine dei tempi, quale inviato di Dio: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore” (Ml 3,23). D’altra parte Giovanni vestiva come il profeta Elia: era dunque lui l’Elia redivivo? Ma egli nega quello che molti gli riconoscevano e che gli riconoscerà lo stesso Gesù: “Io vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui” (Mc 9,13; cf. Mt 17,12).

Segue una terza domanda: “Sei tu il Profeta?”. Ed egli, ancora: “No”. Non è neanche il Profeta, cioè quel profeta uguale a Mosè che Dio aveva promesso (cf. Dt 18,15) e che gli ebrei attendevano per gli ultimi tempi. Per la venuta del Messia, per il giorno del Signore erano attese queste figure profetiche, ma Giovanni non vuole essere identificato con nessuna di loro. In tal modo mostra chiaramente di essere un uomo decentrato, perché sa che al centro c’è il Cristo. Evita persino di dire: “Sono”, perché non vuole che l’attenzione sia rivolta a lui. Dice semplicemente: “Io, voce di uno che grida nel deserto” (Is 40,3). In questo atteggiamento c’è la vera grandezza di Giovanni, che indica, rivela, invita, ma mai chiede di guardare alla sua persona. Come dirà più avanti, in riferimento a Gesù, lo Sposo: “Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3,30).

L’interrogatorio prosegue ad opera di alcuni farisei, i quali intervengono per chiedergli: “Perché dunque battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?”. Battezzare, immergere, è infatti un segno, non una semplice abluzione. Mediante questo atto Giovanni chiede la conversione, il ritorno alle Signore, un comportamento etico e religioso “altro”, perciò insospettisce i farisei. Inoltre, andare a Giovanni, ascoltare la sua predicazione, ricevere da lui l’immersione, significava riconoscerlo come inviato da Dio: ma poteva esserci inviato da Dio senza l’autorizzazione dei sacerdoti e senza che i farisei, conoscitori della Legge, ne fossero al corrente? Ecco la pretesa, sempre presente nei capi religiosi, nelle autorità sacerdotali e negli esperti delle Scritture: controllare, autorizzare o impedire, essere sempre e solo loro a manifestare la volontà di Dio e a riconoscere i suoi interventi nella storia.

Il Battista risponde, sempre con franchezza: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dietro di me. A lui non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. Innanzitutto egli spiega il significato del suo battesimo: è un’immersione nell’acqua, un segno, un gesto che prepara un altro battesimo, definitivo, che sarà dato da colui che egli annuncia e precede. Per rivelazione, Giovanni sa che quest’ultimo ormai è presente, è tra i suoi discepoli, uno che lo segue e che presto sarà manifestato. Nessuno lo conosce ma Giovanni lo annuncia: la sua rivelazione è prossima, sta per avvenire, e il Battista si definisce servo di questo veniente. Nel quarto vangelo va sottolineata la particolarità dell’annuncio del precursore: secondo le sue parole, il veniente è già presente, è sconosciuto ma sta alla sua sequela ed è più grande di Giovanni stesso, che per ora è suo maestro. Egli è dunque il testimone: ha una chiara e precisa conoscenza della propria missione, per questo non dà testimonianza su di sé, negandosi ogni funzione che possa entrare in concorrenza con Gesù, con la sua centralità e il suo primato. Per questo suscita domande con la sua sola presenza, con la sua vita, e chiede a tutti di fare discernimento sul Cristo che è già presente e va riconosciuto come il veniente che era alla sua sequela ma gli è passato davanti, perché era Figlio dall’eternità (cf. Gv 1,30).

Scrive Origene: Il mistero di Giovanni continua a compiersi nella storia fino a oggi. In chi sta per accogliere la fede in Gesù Cristo è necessario che vengano lo spirito e la forza di Giovanni, per preparare un uomo ben disposto, per appianare e raddrizzare le asperità del suo cuore.

Sì, Giovanni ha preceduto il Cristo, ha indicato il Cristo, ma ancora oggi ci prepara alla sua venuta: per questo, insieme a Maria, è la grande figura che ci accompagna nel tempo dell’Avvento, delle venute del Signore.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11988-giovanni-uomo-mandato-da-dio

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DIRITTI

Diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine

Oggi, 11 dicembre 2017, la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, e la garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Filomena Albano, hanno siglato le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine. Il progetto è dedicato agli alunni che si trovano, per ragioni diverse, fuori dalla loro famiglia d’origine e prevede di offrire strumenti adeguati e percorsi personalizzati per superare gli ostacoli che rendono difficile realizzare il percorso di istruzione e che spesso portano all’interruzione del cammino scolastico.

Le Linee guida sono il frutto di un lungo lavoro coordinato da un tavolo paritetico composto da membri e collaboratori del MIUR e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (tra questi Monya Ferritti, presidente CARE – Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete). Sono state audite 21 associazioni interessate, ministeri ed università oltre che numerosi dirigenti scolastici.

Il Coordinamento CARE, parte attiva nel progetto, esprime grande soddisfazione per questo importante passo.

www.coordinamentocare.org/images/LINEE%20GUIDA%20DIRITTO%20ALLO%20STUDIO%20ALUNNI%20FUORI%20FAMIGLIA.pdf

Care 11 dicembre 2017 www.coordinamentocare.org

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DISCONOSCIMENTO

Il disconoscimento di paternità – guida con fac-simile

Cos’è l’azione di disconoscimento della paternità. Il disconoscimento di paternità è un’azione mediante la quale far accertare e dichiarare dal giudice che tra un presunto padre e un presunto figlio nato durante il matrimonio del primo con la madre manca, in realtà, qualsiasi rapporto biologico.

Se, infatti, in generale si presume che il concepito in costanza di matrimonio sia figlio del marito della madre, tale presunzione può nei fatti risultare non vera.

A seguito dell’emanazione del decreto legislativo numero 154/2013, che ha in parte riformato la disciplina previgente sul punto, l’azione di disconoscimento è oggi disciplinata dagli articoli 243-bis e seguenti del codice civile.

La disciplina previgente. Prima di analizzare nel dettaglio l’azione di disconoscimento della paternità, è interessante ricordare che l’abrogato articolo 235 del codice civile individuava alcune specifiche ipotesi al ricorrere delle quali era ammessa l’azione di disconoscimento della paternità del figlio concepito durante il matrimonio. Nel dettaglio si trattava del caso in cui i coniugi non avessero coabitato nel periodo compreso tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno antecedente il parto e del caso del marito che, nel predetto periodo, risultava affetto da impotenza anche soltanto di generare. L’azione poteva, inoltre, essere promossa qualora fosse dimostrato che la moglie avesse commesso adulterio nell’anzidetto arco temporale ovvero avesse tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio.

Con la riforma del 2013 si è escluso che l’azione di disconoscimento della paternità possa essere esperita solo al ricorrere delle ipotesi sopra viste e si è previsto che -al fine di vedere accolta la propria domanda di disconoscimento- l’attore debba dimostrare, con qualunque mezzo, unicamente che non sussiste alcun rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.

Chi può proporre l’azione di disconoscimento della paternità

La legittimazione a proporre l’azione per il disconoscimento della paternità compete esclusivamente ai seguenti soggetti:

  • Il marito

  • La madre

  • Il figlio divenuto maggiorenne

  • Un curatore nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni o, se si tratta di figlio di età inferiore, del pubblico ministero o dell’altro genitore

  • I discendenti o gli ascendenti del presunto padre o della madre se questi sono morti e non è decorso il termine per esercitare l’azione

  • Il coniuge o i discendenti del figlio morto senza aver promosso l’azione.

Legittimazione passiva. In ogni caso, nel giudizio di disconoscimento il presunto padre, la madre e il figlio sono litisconsorti necessari. Ciò comporta che se una parte è minore o interdetta o minore emancipato o maggiorenne inabilitato, l’azione va proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice.

Se, invece, il presunto padre o la madre o il figlio sono morti, l’azione va proposta nei confronti dei soggetti legittimati ad agire in loro vece o, in mancanza, da un curatore nominato dal giudice.

I termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità. L’azione di disconoscimento di paternità può essere esercitata solo entro termini ben precisi, che variano a seconda di quale sia il soggetto che la propone.

In particolare, la madre deve esercitare l’azione nel termine massimo di sei mesi decorrenti o dalla nascita del figlio o dal giorno in cui è eventualmente venuta a conoscenza del fatto che il marito, al momento del concepimento, era affetto da impotenza di generare. In ogni caso l’azione non può più essere esercitata una volta che siano decorsi cinque anni dalla nascita.

Il marito, invece, può disconoscere il figlio entro massimo un anno, decorrente o dal giorno della nascita (quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è avvenuta) o dal giorno in cui ha avuto conoscenza della propria impotenza di generare o dell’adulterio della moglie al tempo del concepimento (se prova di averli ignorati prima) o dal giorno di ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o nella residenza familiare (se il giorno della nascita si trovava lontano da tali luoghi) o, infine, dal giorno in cui ha avuto notizia della nascita del figlio. In ogni caso l’azione non può più essere esercitata una volta che siano decorsi cinque anni dalla nascita.

Per i discendenti o gli ascendenti della madre o del marito, il termine per l’esercizio dell’azione inizia a decorrere dalla morte del presunto padre o della madre o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.

L’azione di disconoscimento della paternità è invece imprescrittibile per il figlio.

Sospensione del termine. In alcuni casi, il termine per promuovere l’azione di disconoscimento di paternità resta sospeso. In particolare si tratta delle ipotesi in cui chi intende agire:

  • Si trova in stato di interdizione per infermità di mente,

  • Versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi.

Il termine riprende a decorrere quando cessano lo stato di interdizione o le condizioni di abituale grave infermità di mente. In alternativa l’azione può essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.

Se è il figlio a trovarsi nelle predette condizioni, con incapacità a provvedere ai propri interessi, l’azione può essere promossa in sua vece da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell’altro genitore.

La prova del difetto di paternità. Chi esercita l’azione per il disconoscimento della paternità è ammesso a provare che, tra il figlio e il presunto padre, non sussiste rapporto di filiazione.

A tal proposito va innanzitutto detto che la paternità non può essere esclusa dalla sola dichiarazione della madre.

In generale, se è vero che la prova può essere data anche attraverso testimoni, il mezzo più sicuro è rappresentato dall’esame del DNA, che è in grado di stabilire, senza dubbi, se la paternità del figlio è accertata o disconosciuta.

Effetti del disconoscimento. Con l’accoglimento dell’azione di disconoscimento della paternità si elimina lo stato di figlio, con conseguente esonero da parte del marito dei doveri di assistenza, istruzione ed educazione nei suoi confronti. Inoltre il figlio, per effetto della sentenza, perde il cognome del padre.

La giurisprudenza sul disconoscimento di paternità. Si riporta qui di seguito quanto statuito dalla Corte di cassazione sul disconoscimento di paternità in alcune recenti sentenze.

In tema di disconoscimento di paternità “pur a fronte di un accentuato favore per una conformità dello status alla realtà della procreazione – chiaramente espresso nel progressivo ampliamento in sede legislativa delle ipotesi di accertamento della verità biologica – il favor veritatis non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque, atteso che l’art. 30 Cost., non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma, nel disporre al comma 4, che “la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”, ha demandato al legislatore ordinario il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella naturale, nonché di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest’ultima, così affidandogli anche la valutazione in via generale della soluzione più idonea per la realizzazione dell’interesse del figlio” (Cass. n. 8617/2017).

“La proposizione da parte del minore infrasedicenne (o, a seguito della riforma, infraquattordicenne) di azione di disconoscimento di paternità postula l’apprezzamento in sede giudiziaria dell’interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l’ufficio del pubblico ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all’esercizio dell’azione stessa” (Cass. n. 4020/2017).

“L’imprescrittibilità riguardo al figlio delle azioni di stato (art. 270 c.c., comma 1; art. 263 c.c., comma 2; art. 244 c.c., comma 5) dimostra l’importanza della discendenza biologica e della connessa identità personale, la cui tutela rientra a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona riconosciuti dalla nostra Costituzione” (Cass. n. 4020/2017).

“In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine previsto dall’art. 244 cod. civ., di natura decadenziale, afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, così che il giudice, a norma dell’art. 2969 cod. civ., deve accertarne “ex officio” il rispetto, dovendo correlativamente l’attore fornire la prova che l’azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza neppure che possa spiegare rilievo, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l’eventuale decorso del termine stesso” (Cass. n. 785/2017).

Fac-simile di citazione per il disconoscimento di paternità

Giovanna Molteni Newsletter Giuridica Studio Cataldi 16 dicembre 2017

https://www.studiocataldi.it/articoli/18045-il-disconoscimento-di-paternita—guida-con-fac-simile.asp

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ETS (già ONLUS) NON PROFIT

Cos’è il terzo settore?

Il terzo settore denota una serie di Enti attivi all’interno del no profit. La riforma recente ha fornito un definizione chiara su cos’è l’ambito, oltre a determinare un codice (D.Lgs. 117/2017) per le circa 300 mila associazioni operanti.

Il significato del terzo settore viene così a ricomprendere una realtà molto vasta, a cui afferiscono, per esempio, associazioni di volontariato e servizio civile, imprese sociali, ex Onlus. Vi rientrano, in generale, quegli enti che perseguono finalità solidaristiche o sociali senza scopo di lucro.

Definizione e significato. Il terzo settore viene a costituire un altro ordine o classe rispetto alla sfera dello Stato e della pubblica amministrazione (primo settore) e a quella del mercato e delle imprese (secondo settore). Ecco che il significato del terzo settore è lo stesso di ciò che viene indicato come no profit.

Cos’è il terzo settore viene ulteriormente specificato dal fatto che gli enti che lo compongono non perseguono scopo di lucro, al contrario delle imprese tradizionali operanti nel mercato. Il fine ricercato è costituito dal esercizio di attività con finalità civiche o utilità sociale.

La definizione di terzo settore può essere rintracciata nella legge delega 106/2016 (art 1, c. 1): “Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.

Per il terzo settore significato e definizione fanno risalire il termine fino ai principi sanciti dalla Costituzione. Il mondo no profit descritto dalla recente riforma viene così a riconnettersi con il principio di sussidiarietà (art. 118 Costituzione, c. 4), secondo il quale: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”.

Enti del terzo settore: quali sono? Possono essere considerati enti del terzo settore, secondo l’ultima riforma (art. 5, c. 1, D.Lgs. 177/2017), le seguenti realtà no profit:

  • Organizzazioni di volontariato,

  • Associazioni di promozione sociale,

  • Enti filantropici,

  • Imprese sociali.

Il testo della riforma del terzo settore indica anche quali soggetti sono esclusi dalla definizione. In particolare, viene fatta menzione dei seguenti casi di esclusione:

  • Le amministrazioni pubbliche ex art. 1, c. 2, D.Lgs. 165/2001;

  • Le formazioni e le associazioni politiche;

  • I sindacati;

  • Le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche;

  • Le associazioni di datori di lavoro.

Gli enti religiosi civilmente riconosciuti sono ammessi unicamente se perseguono gli interessi generali (art. 5, D.Lgs 177/2017), previa adozione di un regolamento coerente con la legislazione su cos’è il terzo settore.

Informazione fiscale 13 dicembre 2017

www.informazionefiscale.it/Cos-e-il-terzo-settore-definizione-significato

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

È ora che la politica faccia qualcosa per le famiglie. Parla Gianluigi De Palo

Conversazione con il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. Gianluigi De Palo usa il latino per descrivere la situazione della famiglia nel nostro Paese: “Non è più ‘mors tua vita mea’, ma mors tua uguale mors mea”. È questa la locuzione aggiornata con cui il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari riassume quello che a suo dire è il disinteresse della politica nei confronti delle famiglie italiane, a favore delle quali continuano a non vedersi i tanti auspicati sgravi fiscali di cui si parla da anni. Ma che alla fine non vengono mai approvati, neppure con questa legge di stabilità. Una questione che De Palo conosce bene anche dal punto di vista amministrativo – per aver ricoperto la carica di assessore alla Famiglia di Roma Capitale – e personal: sposato da una decina d’anni, ha quattro figli, col quinto in arrivo. “Passano i governi” – ha affermato a Formiche.net in questa conversazione – “ma la situazione per le famiglie italiane rimane sempre la stessa”.

Nel 2015 scriveva sul suo sito: “Anche quest’anno la legge di stabilità non prende in considerazione le famiglie”. Due anni dopo, qual è la situazione?

Premetto che questa è la prima manovra che commento in maniera ufficiale, dato che sono stato eletto presidente del Forum il 28 novembre del 2015. Per quanto riguarda lo scorso anno, il Paese è stato bloccato dal grande bluff del referendum costituzionale. Qualunque provvedimento è stato procrastinato a dopo l’esito della consultazione.

Dopo l’avvicendamento tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi cosa è cambiato per i nuclei familiari?

Nulla. Non c’è stato un esecutivo che, sinora, sia riuscito a fare sintesi sul tema delle famiglie. Da trent’anni a questa parte le cose vanno sempre peggio. Fare qualcosa per le famiglie è come piantare un albero: all’inizio non lo vedi, ma il Paese, quando inizia a crescere, ne risente positivamente.

Difficile fare progetti a lungo termine quando, dal 2013, sono cambiati quattro governi.

Direi impossibile. Siamo schiacciati dalla logica del presente, dei prossimi tre o quattro anni, perché il consenso si valuta in questo modo. E la situazione delle famiglie, ormai, è allo sfacelo.

Nei suoi interventi parla spesso di fattore famiglia. Che cosa intende?

La proposta ideale, secondo noi, sarebbe il quoziente familiare alla francese. In Italia, però, non ci si è mai lavorato seriamente.

Perché?

I sindacati erano contrari perché andava a sostenere i redditi alti. Dall’altra parte, dicevano che disincentivasse il lavoro femminile. A quel punto, il Forum delle associazioni familiari, già prima della mia elezione, ha dovuto cercare una proposta alternativa.

Il fattore famiglia.

Esatto. Secondo l’Istat, una famiglia è non capiente se guadagna meno di 7 mila euro. Per lo Stato italiano, se tu hai 7 mila euro sei incapiente e non puoi pagare le tasse. Noi, come Forum, diciamo: se questo vale per il singolo, allora dovrà valere anche per tutti i componenti familiari. Faccio il mio esempio: ho una moglie, quattro figli e un altro in arrivo. Quindi dovrei calcolare 7 mila euro per ciascun componente del mio nucleo familiare, composto da sette persone.

Fanno 49 mila euro.

Nel mio caso, sì. Ma la somma, naturalmente, cambierebbe in base al numero dei componenti a carico. Al di là dei calcoli matematici, il concetto chiave è quello dell’articolo 53 della nostra Costituzione: le persone devono pagare le tasse in base alla loro capacità contributiva.

Il bonus bebè è stato confermato anche per il 2018, ma verrà corrisposto per un solo anno. Che cosa ne pensa?

Sono sempre contento quando viene fatto qualcosa per le famiglie. È chiaro che tra togliere il bonus e rimetterlo scegliamo la prima opzione. Il tema, però, è un altro: occorre fare delle politiche che siano utili per le famiglie. Se i soldi del bonus bebè venissero impiegati per cose più urgenti sarebbe meglio.

Tipo?

Se ci dicessero: ecco, ci sono i soldi del bonus bebè, noi inizieremmo con la prima fase del fattore famiglia. Proprio come in casa, dove si acquista una cosa per volta: prima la macchina, poi il frigorifero, a seconda delle necessità. In politica, invece, è tutto o niente. E poi il bonus, tra l’altro burocraticamente così complesso che una famiglia a un certo punto potrebbe pure lasciar perdere, segue la logica dell’elemosina. Ma le famiglie non vogliono agevolazioni. Vogliono giustizia.

Come giudica il reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni?

Ripeto: siamo felici quando un provvedimento riguarda le famiglie. L’unico problema è che queste politiche, dal Rei al bonus bebè, sono rivolte solo alle famiglie povere. In Italia, invece, sono le famiglie medie a stare peggio rispetto a quelle degli altri Paesi europei. Qui ci concentriamo sui provvedimenti assistenzialisti, senza capire che abbiamo bisogno di politiche familiari per i nuclei medi che, oggi, rischiano di diventare poveri.

Ha detto che da trent’anni la politica ignora le famiglie nel sistema fiscale: perché?

Come dicevo prima, la politica si concentra su un breve lasso di tempo: 3, 4, 5 anni. Dall’altra parte, in Italia consideriamo la famiglia come una realtà che comunque regge. La stessa cosa che facciamo col turismo. Tanto i visitatori a Roma vanno comunque: perché incentivarlo? Per quanto riguarda la famiglia, se non si corre ai ripari, e potrebbe essere già tardi, i redditi degli anziani continueranno ad aumentare rispetto a quelli dei giovani. Morale: mors tua uguale mors mea.

Filippo Merli F formiche 7 dicembre 2017 http://ht.ly/4L1G30h4s9b

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

La teologia fondamentale di Francesco: il libro curato dalla Gregoriana

Saggi brevi raccolti in un libro alla portata di tutti, affinché ognuno possa ripercorrere, attraverso le parole e le frasi del Papa, citate in abbondanza, i fondamenti della teologia e della fede in modo aperto e dialogante col mondo di oggi. Questo – nelle parole della curatrice la professoressa Michelina Tenace – il volume dal titolo “Dal Chiodo alla Chiave: la teologia fondamentale di Papa Francesco”, edito dalla Lev e presentato oggi all’Università Pontificia Gregoriana.

La teologia di Papa Francesco: aperta sul mondo ma calata nella tradizione. I coautori sono nove docenti del Dipartimento di Teologia Fondamentale dell’Ateneo, tra cui sei gesuiti e tre professoresse di diverse nazionalità: ognuno di loro – spiega la curatrice che dirige il Dipartimento – ” scrive della materia che insegna e che ama, questo vuol dire che ha letto il magistero del Papa alla luce di ciò che personalmente lo tocca di più”. E’ una “specie di sinfonia tra ciò che in un’università si sta studiando e quanto vediamo vivere nella figura e nelle parole del Papa”.

Saggi, brevi contributi alla portata di tutti. Il percorso dei saggi si snoda dunque dalle dinamiche di fede nel pensiero di Francesco, alle parole più significative del suo magistero; e poi ancora ci si domanda come questo Papa assicuri il passaggio della ” Verità” in un momento di transizione sociale, o ancora, si parla di metodo teologico di Francesco, o di storia e di come il Pontefice la ripercorre “per aprire orizzonti sul futuro”.

Un “saggio molto suggestivo”, afferma inoltre la professoressa Tenace, è dedicato all’uso dell’immagine nella teologia di questo Pontefice: “riprendendo la tradizione del I millennio”, spiega, “Francesco, usa l’immagine ben più dei concetti per veicolare il pensiero teologico”.

Comunicare la fede con la preghiera e con l’ascolto. Cosa è la teologia fondamentale e come il Papa legge la figura del teologo? Lo spiega nell’introduzione al volume la curatrice, sottolineando quanto questo lavoro voglia mostrare Francesco come “colui che meglio incarna la Teologia fondamentale nuova”, aperta a temi importanti come il rapporto fede-libertà, fede e tradizione, fede e società globalizzata, fede e religioni. Nel titolo stesso “Dal chiodo alla chiave” è racchiusa questa apertura richiesta alla disciplina dal Papa: essa “non può essere autosufficiente, chiusa alla realtà e ripiegata sui libri, se deve comunicare la fede e la Rivelazione lo può fare solo alimentandosi di preghiera e di carità, cioè di comunicazione con Dio e di ascolto degli altri”.

Intervista integrale alla professoressa Michelina Tenace:

Gabriella Ceraso- Città del Vaticano radio vaticana 13 dicembre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/12/13/la_teologia_fondamentale_del_papa_libro_della_gregoriana/1354529

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MATERNITÀ

Bonus mamma, l’Inps: non può negarlo alle straniere senza permesso lungo

Vittoria per le associazioni che contestavano la circolare INPS che esclude il premio da 800 euro alle mamme straniere senza permesso di soggiorno di lungo periodo.

Il bonus mamma, l’assegno alla nascita una tantum da 800 euro staccato dall’Inps, non può discriminare le donne straniere prive di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Che sono attualmente escluse dalla assegnazione del premio, per come è stata determinata dall’Istituto stesso via circolare. E’ il Tribunale di Milano ad assegnare un punto alle associazioni che si battono per i diritti civili – ASGI, APN e Fondazione Piccini – che bissa a distanza di poche ore una simile vittoria al Tribunale di Bergamo.

L’Asgi sintetizza la sentenza del Tribunale meneghino, secondo il quale la legge che ha istituito il bonus non conferiva all’Inps alcun potere di restringere il numero di beneficiari, escludendo le mamme straniere prive di permesso di soggiorno di lungo periodo. Al momento infatti costoro non possono presentare la domanda per gli 800 euro, problematica in passato segnalata dai sindacati e dalle stesse associazioni.

Si tratta del premio che ha previsto – senza operare distinzione di nazionalità, ritiene il tribunale – per tutte le mamme che si trovino in gravidanza (almeno al settimo mese) tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017. L’Inps, via circolare, aveva escluso le straniere senza permesso di soggiorno di lungo periodo. Adottando, ha precisato l’Istituto, le indicazioni ministeriali a riguardo, che operavano la stessa distinzione per il Bonus bebè.

“La circolare – ha spiegato in passato l’ente guidato da Tito Boeri – è stata redatta seguendo le indicazioni scritte della Presidenza del Consiglio” e prevede gli stessi “requisiti presi in considerazione per l’assegno di natalità di cui alla legge di Stabilità 190 del 2014 (Bonus bebè, ndr) e quindi esclude l’accesso alle straniere senza carta di soggiorno”. Non solo, l’Inps ricordava già nei mesi scorsi di avere “fatto, a suo tempo, presenti queste restrizioni”. E garantiva: “Non appena si riceveranno istruzioni diverse, si procederà ad aggiornare conseguentemente la circolare”.

Nei giorni scorsi a Bergamo il Tribunale aveva già smentito l’impostazione della circolare Inps, dicendo che l’esclusione delle straniere senza permesso ‘lungò contrasta con una direttiva dell’Unione Europea (direttiva 2011/1998) che garantisce la parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di maternità a tutti i migranti titolari di un permesso per famiglia o per lavoro.

Ma il Tribunale di Milano ha fatto un passaggio ulteriore, ritenendo sufficiente il riferimento alla sola legge nazionale. Questa, spiegano dall’Asgi, prevede “il beneficio con la massima ampiezza (persino senza alcun limite di reddito) e, dunque, non può essere l’Inps ad escludere l’una e l’altra categoria di stranieri”.

“Confidiamo che ora l’Inps si adegui rapidamente alla decisione del Tribunale – commenta l’avvocato Alberto Guariso che assisteva le associazioni ricorrenti – evitando così il diffondersi di un contenzioso che sarebbe non solo oneroso per lo stesso Inps ma, soprattutto, ingiusto per la difformità di trattamento che verrebbe a crearsi in una materia così delicata tra chi agisce in giudizio e chi fa affidamento sulle erronee comunicazioni dell’Inps”.

Raffaele Ricciardi La Repubblica 13 dicembre 2017

www.repubblica.it/economia/2017/12/14/news/bonus_mamma_inps-184016891/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

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PARLAMENTO.

Camera dei Deputati. 2° Commissione Giustizia. Assegno divorzile. C4605.

Modifiche all’articolo 5 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile. C. 4605 Ferranti.

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0054400&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=4605-e-sede=-e-tipo=

13 dicembre 2017. La Commissione prosegue l’esame del provvedimento in oggetto, discutendo e votando gli emendamenti presentati. Donatella Ferranti, presidente e relatrice, avverte che il testo del provvedimento in titolo, come risultante dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l’espressione del relativo parere.

Nel comunicare l’intenzione di voler verificare la sussistenza delle condizioni per poter trasferire l’esame del provvedimento in sede legislativa, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.

http://www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=12&giorno=13&view=&commissione=02&pagina=data.20171213.com02.bollettino.sede00010.tit00010#data.20171213.com02.bollettino.sede00010.tit00010

 

Senato della Repubblica 2° Commissione Giustizia. Cognome dei figli S1628

Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall’unificazione di un disegno di legge d’iniziativa governativa e dei disegni di legge d’iniziativa dei deputati Laura Garavini ed altri.

Assegnato in sede referente il 22 aprile 2014.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/758432/index.html

13 dicembre 2017. Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 5 dicembre 2017. Conclusa la votazione sugli emendamenti, la Commissione conferisce infine mandato al relatore a riferire in senso favorevole all’Assemblea sul disegno di legge n. 1628 nel testo approvato dalla Camera dei deputati, autorizzandolo altresì a richiedere lo svolgimento della relazione orale e a proporre l’assorbimento nello stesso degli altri disegni di legge in titolo.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1062578

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SEPARAZIONE

Gli accordi di separazione consensuale

L’autonomia negoziale tra le parti nel disciplinare le conseguenze della separazione consensuale. Accordi omologati e accordi a latere. In sede di separazione, i coniugi possono disciplinare convenzionalmente una serie di aspetti dipendenti dallo scioglimento del vincolo coniugale.

La possibilità di autodeterminarsi responsabilmente è indubbiamente correlata al concetto di famiglia nucleare c.d. privatizzata, a cui si sono ispirate le più importante riforme, come la legge sul divorzio e la legge di riforma del diritto di famiglia. Istituti come la separazione consensuale o il divorzio congiunto, sono volti proprio a valorizzare le capacità dei coniugi di stabilire le conseguenze della fase patologica di crisi coniugale.

Gli accordi in sede di separazione. Gli accordi tra coniugi costituiscono uno strumento con il quale definire aspetti economici e personali dello scioglimento della relazione. Sono intese che intervengono a crisi coniugale già in atto, da distinguersi rispetto agli accordi presi prima che la crisi sia anche solo nell’aria, che hanno lo scopo di predeterminare le regole di una futura ed eventuale separazione.

L’accordo di separazione consensuale costituisce un atto essenzialmente negoziale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminare i propri interessi, in piena coerenza con la centralità del principio del consenso nel modello di famiglia delineato dalla legge di riforma ed in ragione del tasso di negozialità dalla stessa legge riconosciuto in relazione ai diversi momenti ed aspetti della dinamica familiare (cfr. Cass., n. 11225/2014).

L’omologazione del giudice. Il giudice interviene di norma a confermare, tramite un decreto di omologa, quanto stabilito dai coniugi in base alla propria autonomia negoziale, verificando il rispetto dell’art. 160 c.c. il quale afferma che “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.

La giurisprudenza ha costantemente affermato che la separazione consensuale ha un contenuto essenziale, che consiste nel consenso reciproco a vivere separati, nel disciplinare l’affidamento dei figli e l’eventuale assegno di mantenimento, e un contenuto c.d. eventuale occasionato dalla separazione, consistente in pattuizioni con cui i coniugi disciplinano l’instaurazione di un regime di vita separata attraverso statuizioni patrimoniali ed economiche (cfr. da ultimo Cass. n. 16909/2015).

Ex art. 158 c.c. la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice. Pertanto, non potranno essere oggetto di accordi gli status familiari e i diritti a questo connessi, di cui dovrà occuparsi il giudice in sede di omologazione, né potrà essere travalicato il limite invalicabile dell’interesse stabilito dalla Costituzione all’art. 30 (“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”).

Questi accordi occasionati dalla separazione possono essere anteriori, coevi o successivi all’omologazione ed a loro volta omologati dal tribunale o rimanere non omologati (c.d. a latere).

Gli accordi non omologati (a latere). Il problema principale si è posto proprio relativamente alla validità ed efficacia degli accordi a latere, non contenuti nel verbale sottoposto all’omologazione del giudice: sono accordi funzionalmente e cronologicamente legati alla separazione (ma ad essa estranei) con i quali i coniugi senza omologazione intendono integrare e o modificare gli accordi di separazione omologati.

L’orientamento attualmente prevalente, valorizza l’autonomia negoziale dei coniugi e ritiene l’omologazione un atto di controllo sulla conformità degli accordi relativamente alle disposizioni di legge, considerando i doveri e gli interessi della famiglia che è necessario tutelare.

Circa le pattuizioni convenute dai coniugi antecedentemente o contemporaneamente al decreto di omologazione, e non trasfuse nell’accordo omologato, la Corte di Cassazione ha stabilito la loro operatività soltanto se si collocano, rispetto a quest’ultimo, in posizione di non interferenza (perché riguardano un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale e che è sicuramente compatibile con esso, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, ovvero perché hanno un carattere meramente specificativo) oppure in posizione di conclamata e incontestabile maggiore o uguale rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo di cui all’art. 158 c.c. (cfr. Cass., n. 20290/2005).

Quando invece si tratta di patti successivi alla separazione omologata, modificativi di quanto stabilito in quella sede, la giurisprudenza ha nel tempo riconosciuto l’importanza dell’autonomia negoziale del coniugi ex art. 1322 c.c. stabilendo la validità e l’efficacia di questi accordi poiché meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Tali clausole, dirette a migliorare o integrare gli accordi omologati bilanciando gli interessi tra le parti, devono però essere compatibili con l’accordo omologato, senza interferire con quest’ultimo, nonché rispettare i limiti stabiliti dall’art. 160.

Questo indirizzo giurisprudenziale applica ai coniugi separati la regola rebus sic stantibus, concedendogli di rivedere le condizioni di separazione in presenza di circostanze sopravvenute.

Fac-simile accordi di separazione

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 14 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/19595-gli-accordi-di-separazione-consensuale.asp

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SESSUOLOGIA

Perché avere fratelli maggiori aumenta le possibilità di essere gay

Uno studio pubblicato su Pnas ipotizza che dipenda dal sistema immunitario della madre. Che reagisce a una proteina legata al cromosoma Y, determinante nello sviluppo cerebrale del feto, evento che diventa sempre più probabile con ogni gestazione maschile

I ragazzi con fratelli più grandi hanno più probabilità di essere gay. È un fatto noto da anni tra gli studiosi di orientamento sessuale, ma ora uno studio (23 ottobre 2017) pubblicato su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences-USA) cerca di fare luce sulla ragione biologica di questo fenomeno. E in effetti gli autori della ricerca, un team di scienziati canadesi e statunitensi, qualcosa hanno trovato: elementi che hanno a che vedere con la vita prenatale, con il sistema immunitario materno e con lo sviluppo del cervello fetale maschile. Se i risultati dello studio verranno confermati, si potrebbe dire di aver trovato uno dei possibili legami, tra geni, proteine, anticorpi e omosessualità.

http://www.pnas.org/content/early/2017/12/05/1705895114.abstract

http://www.pnas.org/content/early/2017/12/05/1705895114.full.pdf

Gli autori della ricerca hanno analizzato i campioni di sangue di 142 donne (madri di figli omosessuali, madri di figli eterosessuali, donne senza figli maschi) e di 12 uomini tra i 18 e gli 80 anni. I risultati hanno indicato che le donne avevano concentrazioni plasmatiche significativamente più alte di anticorpi contro la proteina NLGN4Y (neuroligina-4 legata all’Y) rispetto agli uomini. Dopo aver controllato statisticamente il numero di gravidanze, gli autori hanno riscontrato anche che le madri di figli omosessuali, in particolare di quelli con fratelli maggiori, avevano livelli significativamente più alti di anti-NLGN4Y rispetto ai controlli, cioè sia rispetto alle donne senza figli maschi che alle madri di figli eterosessuali. NLGN4Y è una proteina prodotta da un gene presente sul cromosoma Y (cromosoma che come si sa è solo nel genoma maschile) e che è coinvolta nello sviluppo del cervello maschile.

Alcune madri sviluppano anticorpi. Cosa significa tutto questo? Che potrebbe esserci una associazione tra risposta immunitaria materna a NLGN4Y e orientamento sessuale dei figli maschi. L’idea è che alcune donne sviluppano nel corso della gravidanza anticorpi diretti contro la neuroligina-4Y, e che la presenza di anticorpi aumenti col numero di gravidanze maschili fino a riuscire a interagire con lo sviluppo di strutture del cervello coinvolte nell’orientamento sessuale dell’ultimo nato.

“Abbiamo condotto un test per fornire una spiegazione immunologica del fatto che i maschi omosessuali hanno un numero più alto di fratelli maggiori rispetto agli uomini eterosessuali – hanno scritto gli autori -. Questa spiegazione prevede che alcune madri sviluppino anticorpi contro una proteina legata all’Y, importante nello sviluppo del cervello maschile, e che questo effetto aumenti a ogni gestazione maschile, modificando le strutture cerebrali che sottostanno all’orientamento sessuale dei figli nati dopo”.

L’influenza dei fratelli maggiori. Da questi elementi gli autori sono giunti alla conclusione della ricerca. “Il nostro studio – hanno aggiunto – è un importante passo avanti nella comprensione delle origini dell’orientamento sessuale maschile, perché sostiene un meccanismo biologico teorizzato ma non esaminato precedentemente – una risposta immunitaria materna a una proteina importante nello sviluppo del cervello fetale maschile – e perché inizia a spiegare uno dei correlati più attendibili con l’omosessualità maschile: i fratelli maggiori”.

Tina Simoniello La Repubblica 14 dicembre 2017

www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/12/14/news/perche_avere_fratelli_maggiori_aumenta_le_possibilita_di_essere_gay-184127060/?ref=RHPPRB-BS-I0-C4-P1-S1.4-T1

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STALKING

Guida al reato di stalking.

Lo stalking consiste in un insieme di condotte persecutorie ripetute nel tempo (come le telefonate molestie, pedinamenti, minacce) che provocano un danno alla vittima incidendo sulle sue abitudini di vita oppure generando un grave stato di ansia o di paura, o, ancora ingenerando il timore per la propria incolumità o per quella di una persona cara.

Il reato di stalking (dall’inglese to stalk, letteralmente “fare la posta”) è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il D.L. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Guida completa al reato di stalking.

  • Che cosa è lo stalking

  • Le condotte reiterate e il danno alla vittima

  • La prova dello stalking

  • Pena e circostanze aggravanti

  • Aspetti procedurali

  • Divieto di avvicinamento

  • La procedura di ammonimento (la richiesta al questore)

  • La querela per stalking (fac-simile)

  • Articoli e sentenze in materia di stalking

Marina Crisafi Newsletter Giuridica Studio Cataldi 11 dicembre 2017

Il testo integrale aggiornato all’8 dicembre 2017 in

www.studiocataldi.it/articoli/12949-il-reato-di-stalking.asp

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VIOLENZA

Come uomini, contro la violenza sulle donne

Perché siamo arrivati a questo punto e come possiamo cambiare tutto, da ora.

Nel corso del ‘900, il movimento delle donne ha messo in discussione i modelli patriarcali di relazioni tra i sessi ed ha aperto la possibilità di una forma di relazione libera e paritaria tra uomini e donne. Si è trattato di un cambiamento epocale nella civiltà delle relazioni che si riverbera nella coppia, nella famiglia, nel lavoro, nelle istituzioni educative, nei mass media, nella politica. Oggi emergono tuttavia nuove forme di violenza contro le donne – dallo stalking, alla cyber-violenza, ai femminicidi – che tradiscono un risentimento e una fatica maschile ad accettare e rispettare la libertà e l’autonomia delle donne e una difficoltà a cimentarsi in relazioni più libere e democratiche.

Per superare questa violenza occorrono non tanto dichiarazioni di principio ma un’assunzione diretta di impegni. Non si tratta di fare cose straordinarie ma di prestare attenzione alle più ordinarie. Dobbiamo reagire alla noncuranza con cui i vari maltrattamenti si nascondono nella vita di tutti i giorni, alla banalizzazione che rende invisibile, impercettibile e naturale la violenza quotidiana. Prestare attenzione significa intervenire e prendere parola, segnare un limite, introdurre uno scarto, insomma “immischiarci” in una situazione sbagliata e fare la differenza.

Per questo, come uomini firmatari di questa carta, ci impegniamo

  • Come partner o mariti:

    • a prendere le distanze dai modelli che fondano le relazioni con le donne sul controllo, la possessività, la subordinazione, la sottomissione, ecc.

    • a perseguire relazioni affettive e familiari fondate su parità, libertà, responsabilità, condivisione e attenzione reciproca.

    • a esprimere una sessualità attenta, ricca e nonviolenta, capace di misurarsi, rispettare e intrecciarsi con i tempi e i modi del desiderio della propria partner.

    • ad accettare e rispettare l’autonomia e la libertà di scelta della propria partner, anche nel caso di crisi della relazione o della scelta di separarsi.

  • Come padri o familiari…

    • a condividere la cura di figli, figlie e incombenze domestiche.

    • a non esporre bambini e bambine a forme di violenza diretta o assistita.

    • a non trasmettere ai ragazzi e alle ragazze modelli misogini e sessisti.

    • a testimoniare la possibilità di vivere anche il conflitto come momento di riconoscimento delle differenze, di confronto e maturazione, non come occasione per umiliare, ferire o negare gli altri.

  • Come educatori

    • a promuovere fin dall’infanzia la cultura della parità e della nonviolenza, attraverso il rifiuto degli stereotipi di genere, il riconoscimento delle soggettività e il rispetto delle differenze.

    • a riconoscere sensibilità, inclinazioni, risorse peculiari di ciascun bambino e bambina, favorendo i percorsi individuali e l’espressione della soggettività.

    • a educare all’ascolto, al riconoscimento e all’espressione delle emozioni in sé e negli altri.

    • a formare alla relazione, al contenimento dei narcisismi e degli egoismi e al riconoscimento della vulnerabilità e dell’interdipendenza che caratterizzano gli esseri umani.

  • Come amici

    • a non ignorare e a cogliere nelle persone a noi vicine i segnali di sofferenza e disagio nelle relazioni e nei contesti affettivi.

    • a stimolare e a proporsi di ascoltare i vissuti, le emozioni, e ad accogliere, contenere e stemperare i sentimenti più negativi e distruttivi come la rabbia e il risentimento.

    • a condividere e a fare oggetto di dialogo anche i passaggi più difficili e dolorosi nella vita di una persona, di una coppia e di una famiglia, rendendo più “umane” e affrontabili queste esperienze.

  • Come imprenditori e lavoratori

    • a non discriminare sul lavoro le persone in base all’identità o all’orientamento sessuale.

    • a vigilare contro ogni atteggiamento sessista, di molestie o mobbing, e a garantire il pieno rispetto dei diritti e della dignità delle donne.

    • a valorizzare le diverse soggettività e a riconoscere appieno gli apporti e i contributi delle donne non meno di quelli degli uomini.

  • Come giornalisti e comunicatori

    • a usare un linguaggio rispettoso, non sessista e a non riprodurre stereotipi di genere.

    • a denunciare le forme di maltrattamento e violenza senza riguardo per i ruoli di potere o di autorità rivestiti dagli autori.

    • ad adottare nella cronaca e nella comunicazione un uso appropriato e rispettoso delle immagini delle donne, e delle vittime di violenza in particolare.

  • Come personaggi pubblici e rappresentanti delle istituzioni

    • a reagire alla volgarizzazione e alla banalizzazione nelle rappresentazioni del corpo delle donne e della bellezza femminile.

    • a contrastare tutte le forme di sfruttamento delle donne e del corpo femminile.

    • a testimoniare e promuovere la possibilità di modelli di relazione positiva tra uomini e donne.

  • Più in generale ci impegniamo a screditare e disonorare qualsiasi atteggiamento violento verso le donne in termini verbali, psicologici, fisici e sessuali.

L’appello è promosso da “Maschi che si immischiano”

https://buonacausa.org/cause/comeuominicontrolaviolenza

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