NewsUCIPEM n. 675 – 12 novembre 2017

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02 ADOZIONI Nazionale e internazionale, solo in Italia domanda contemporanea.

02 ADOZIONE INTERNAZIONALE Presente e futuro dell’adozione internazionale (Griffini).

02 AFFIDO Storia di un’opzione di salvaguardia del futuro di un minore.

03 AFFIDO CONDIVISO Il giudice può estendere l’obbligo di preventiva concertazione.

03 ASSEGNO MANTENIMENTO A figli e coniuge: aspetti fiscali.

05Assegno differenziato se cambia situazione economica dei coniugi.

06 CENTRI DI AIUTO ALLA VITA-CAV. 8.301 bimbi salvati. Oltre 30mila donne si sono rivolte ai Cav.

07 Donne straniere, aborti invisibili: serve protezione.

07 CENTRO GIOVANI COPPIE MILANO Conferenze a novembre.

08 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 41, 8 novembre 2017.

10 CHIESA CATTOLICA Alla scoperta del pensiero di papa Francesco.

13 Francesco e i suoi 62 correttori.

15 Un Dio che sorprende (La Valle).

15 COMMISSIONE ADOZIONI INTERN. Adozioni in Etiopia.

16 CONGEDO PARENTALE Madre casalinga: congedo parentale al padre?

17 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. Etica, Salute & Famiglia – novembre 2017.

17 Varese. Corso di formazione Psicologia e Psicopatologia perinatale.

17 DALLA NAVATA XXIX domenica del tempo ordinario – Anno A – 29 ottobre 2017.

18 Commento di Enzo Bianchi.

20 DIACONATO Ordo et sexus: impedimenti o opportunità?

23 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAFamiglia tradizionale è antidoto a individualismo dilagante.

23 Messaggio del Papa al 37° Convegno Centri aiuto alla vita.

24 MISNA Nostre e loro attese non possono andare deluse.

PARLAMENTO.C. Deputati. 2°Commis. Assegno divorzile.

25 UCIPEM Assemblea annuale e rinnovo degli Organi sociali.

26 VIOLENZA Condannato il marito per i maltrattamenti alla moglie “in carriera”

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ADOZIONI

Adozione nazionale e internazionale, solo in Italia si può presentare domanda contemporaneamente

Spunto di riflessione che parte dalla specificità della legge nel nostro Paese, per sottolinearne le differenze e ribadire la necessità di preparare adeguatamente le coppie.

Realtà italiana più unica che rara: è quanto emerge confrontando la nostra legislazione nazionale con quella in vigore negli altri principali Paesi europei. La riflessione è stata lanciata dalla sede Ai.Bi. di Bolzano e ha a che fare con la possibilità per una coppia che vuole adottare di presentare la domanda contemporaneamente per l’adozione nazionale e internazionale. Un’opzione che è tutta e soltanto italiana.

Il testo di riferimento sul quale si è basata la riflessione è il documento conclusivo sull’indagine conoscitiva sull’affido e adozione. Effettivamente, nel capitolo 1.5, intitolato ‘Alcuni elementi sulla normativa in alcuni Paesi europei’ (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna) emerge che le scelte legislative degli altri Stati sono state di rinuncia al doppio binario, che è invece prerogativa della legislazione italiana.

www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/DocumentiApprovati/AdozioniAffidamento/DocumentoConclusivo.htm

In particolare, si fa notare, se da una parte le coppie hanno una chance in più di vedere realizzato il loro sogno, potendo rimanere anche nella lista dell’adozione nazionale, dall’altra non si può non tener conto che l’adozione internazionale ha modalità, necessità di preparazione e di conoscenza di realtà ‘altre’ molto differenti.

Uno spunto che non può non interrogare sulla necessità di creare condizioni affinché questo ‘doppio binario’ italiano, che è realtà di fatto, possa e debba essere fondato su una formazione delle coppie adottanti che rafforzi la loro consapevolezza delle differenze e delle specificità tra i due tipi di adozione e le renda più pronte e preparate ad accogliere un minore italiano piuttosto che un bambino proveniente da uno dei Paesi aperti all’adozione internazionale.

News Ai. Bi. 6 novembre 2017 www.aibi.it/ita/bolzano-adozione-nazionale

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Presente e futuro dell’adozione internazionale: il Presidente di Ai.Bi. Marco Griffini ne ha parlato

Intervista in diretta sull’emittente della CEI sulle difficoltà e le azioni da “Io credo che l’adozione sia il più grande atto di giustizia che una persona umana possa mai compiere nella propria vita. Ridare a un bambino abbandonato la dignità di figlio…e allora perché uno deve pagare per fare un atto di giustizia?”: è uno dei passaggi più intensi dell’intervista che il presidente di Ai.Bi., Marco Griffini, ha rilasciato alcuni giorni fa in diretta ai microfoni di Radio InBlu.

Numerosi i temi affrontati nel dialogo con la conduttrice, a cominciare dai nodi da sciogliere per tornare a far scegliere alle famiglie italiane l’adozione. Nel corso della trasmissione, infatti, Griffini ha fornito anche i dati nazionali, appena pubblicati, che certificano il crollo delle adozioni, nazionali ed internazionali. “Ed è un dato impressionante, perché dal 2006 assistiamo alla perdita di 500 coppie all’anno disponibili ad adottare.“

Un altro tema che è stato lanciato è anche quello relativo alla Campagna che Amici dei Bambini sta per lanciare, dedicata a un progetto attivo per proteggere le mamme vittima di violenza e i loro figli, che hanno assistito a queste violenze. Un tema sul quale si saprà di più a dicembre.

News Ai. Bi. 8 novembre 2017

www.aibi.it/ita/presente-futuro-delladozione-internazionale-presidente-ai-bi-marco-griffini-ne-parlato-radio-inblu

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AFFIDO

Storia di un’opzione di salvaguardia del futuro di un minore che in Italia è ‘al palo’ da 10 anni

La novità positiva è che, per la prima volta, il rapporto finale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sugli affidamenti familiari e i collocamenti in comunità in Italia tiene conto di tutte e venti le realtà regionali del nostro Paese. All’interno del report, però, i dati dicono che l’istituto dell’affido resta ‘al palo’.

E i numeri più recenti, relativi all’anno 2014, continuano a restituire una ‘fotografia’ degli affidamenti familiari e i collocamenti in comunità che non si ‘schioda’ dai 14mila circa annui raggiunti nell’ormai lontano 2008, dopo aver ‘sfondato’ l’anno prima quota 16mila. L’1,4‰ della popolazione minorile residente in Italia. Stessa sorte anche per i collocamenti in comunità di servizio residenziali, che da due lustri ormai si aggirano intorno ai 12mila all’anno. Tutto questo mentre sembrano crescere, al contrario, le criticità e le fragilità, a livello sociale, economico e socio-psicologico all’interno di un numero sempre più ampio di nuclei familiari.

Occorre considerare che, anche se il dato non include gli affidi più ‘leggeri’ (diurni o a tempo parziale) né quelli per i minori stranieri non accompagnati, senza la possibilità di restituire a questo istituto la dignità e l’utilità che gli compete(rebbe), non riducendolo a ‘ultima spiaggia’ da provare dopo tutti i tentativi di mantenere il minore comunque presso i propri genitori ‘problematici’, l’Italia resterà (com’è ora) il paese europeo con il numero assoluto più basso di minorenni che sono dati in affido. Una rivoluzione culturale che necessiterebbe, però, di cambiare le ‘lenti’ con le quali gli italiani guardano, ad oggi, a questa risorsa per la famiglia in difficoltà. E che, è probabile, richiederebbe tempi lunghi.

Rimane purtroppo inevasa, intanto, la richiesta fatta e avanzata da alcune associazioni del privato sociale di poter gestire autonomamente l’affido, aumentando così le possibilità per i minori in difficoltà famigliare di poter essere accolti da famiglie affidatarie

I dati del report del Ministero del Lavoro

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/QRS-40-2017-affidamenti-familiari.pdf

News Ai. Bi. 6 novembre 2017 www.aibi.it/ita/affido-salvaguardia-futuro-minori

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AFFIDO CONDIVISO

Il giudice può estendere l’obbligo di preventiva concertazione a tutte le spese straordinarie

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 25055, 23 ottobre 2017.

Il giudice può estendere l’obbligo di preventiva concertazione a tutte le spese straordinarie “a garanzia di entrambi i genitori ed al fine di evitare eventuali fonti di contenzioso tra le parti”

Elena Jaccheri 13 novembre 2017 testo ordinanza

www.studiolegalejaccheri.it/2017/11/13/giudice-puo-estendere-lobbligo-preventiva-concertazione-tutte-le-spese-straordinarie-garanzia-genitori-ed-al-fine-evitare-eventuali-fonti-contenzioso-le-parti

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Assegno di mantenimento figli e coniuge: aspetti fiscali

L’assegno di mantenimento erogato al coniuge è deducibile? In che misura? E il coniuge ricevente deve dichiararlo?

Assegno di mantenimento figli e coniuge: riferimenti normativi. L’assegno di mantenimento è un emolumento economico, deciso dal giudice (ma può anche essere stabilito liberamente dai coniugi) in sede di separazione e consiste nel versamento di una somma di denaro, generalmente mensile, versata al coniuge economicamente debole o agli eventuali figli nati dal matrimonio.

Per analizzare la disciplina dell’assegno di mantenimento è opportuno fare una distinzione tra:

  1. assegno di mantenimento corrisposto ai figli

  2. assegno di mantenimento corrisposto al coniuge

  1. Il riferimento normativo per la definizione dell’assegno di mantenimento ai figli, è l’articolo 155 comma 4 del codice civile, il quale sancisce il diritto per i figli di essere mantenuti da entrambi i genitori in proporzione al proprio reddito, riconoscendo la corresponsione di un assegno periodico che permetta di soddisfare le loro esigenze e garantire un adeguato tenore di vita.

L’art. 155 quinquies del codice civile tutela il figlio maggiorenne non economicamente indipendente: può ricevere un assegno periodico di mantenimento definito in via giudiziale.

In caso di affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, non viene meno l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento, tenuto conto delle loro esigenze di vita e del contesto sociale e familiare cui appartengono; il D.lgs. 154/2013 ha ribadito l’obbligo dei genitori di mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

  1. L’assegno di mantenimento per il coniuge viene deciso dal giudice, o spontaneamente in accordo tra i coniugi, per garantire al più debole economicamente, il versamento di un assegno periodico che gli consenta di mantenere il precedente tenore di vita.

Il concetto di tenore di vita è stato ultimamente stravolto da una sentenza epocale della Corte di Cassazione, la numero 11504 depositata il 10 maggio 2017, la quale ha sancito un nuovo orientamento per cui in caso di divorzio (non riguarda quindi la separazione) l’assegno da corrispondere al coniuge dovrà essere calcolato in base al mero sostentamento economico dello stesso e non in base al tenore di vita condotto durante il matrimonio.

L’entità dell’assegno può essere periodicamente revisionata in base agli incrementi o i decrementi della situazione reddituale dei coniugi; l’assegno di mantenimento, sia a favore del coniuge sia a favore dei figli, è rivalutato annualmente secondo gli indici Istat.

Assegno di mantenimento figli e coniuge: aspetti fiscali. Da un punto di vista fiscale l’assegno di mantenimento erogato al coniuge a seguito della separazione legale o effettiva del matrimonio o in caso di divorzio, rappresenta:

  • reddito assimilato a lavoro dipendente per il coniuge che lo percepisce, ai sensi dell’art. 50, comma 1 lettera i del Tuir;

  • onere deducibile per chi lo versa ai sensi dell’art. 10, comma 1 lettera c del D.p.r. 917/86

Gli assegni percepiti devono essere inseriti in dichiarazione secondo il principio di cassa, quindi considerando solo quelli effettivamente incassati durante l’anno (es: per i redditi 2017 si considerano gli assegni incassati nel 2016).

È esonerato dalla presentazione delle dichiarazione dei redditi, il coniuge che ha un reddito non superiore ad euro 7.500, considerando nel calcolo sia l’assegno di mantenimento periodico che altre forme di reddito, ed esclusione del reddito derivante dall’abitazione principale e le sue pertinenze.

L’assegno di mantenimento andrà dichiarato come reddito assimilato al lavoro dipendente e inserito nel:

  • Modello 730/2017: sezione II quadro C nei Righi da C6 a C8;

  • Modello Redditi persone fisiche 2017: quadro RC sezione II.

In entrambi i modelli dichiarativi viene chiesto di inserire l’importo dell’assegno indicato nella Certificazione Unica 2017 nel punto 5 (assegni periodici corrisposti al coniuge).

Nella maggioranza dei casi però, l’assegno di mantenimento non è corrisposto dal datore di lavoro del coniuge bensì direttamente da quest’ultimo. In questo caso, dovrà essere il ricevente a dimostrare che ha percepito l’assegno, facendo riferimento agli estratti conto bancari.

Diversa è la disciplina per l’assegno corrisposto al coniuge una tantum cioè elargito non periodicamente ma in un’unica soluzione. La Corte di Cassazione si è espressa a riguardo stabilendo che l’assegno di mantenimento una tantum non può essere considerato onere deducibile per chi lo versa, né tanto meno soggetto a tassazione nel reddito del coniuge ricevente.

Il coniuge dovrà dichiarare, laddove disposto dal giudice, anche il contributo che riceve per le spese condominiali o il canone di locazione (il c.d. contributo casa).

Nel caso in cui il provvedimento del giudice che dispone l’assegno di mantenimento o il contributo casa, non specifichi la quota da ripartire tra il coniuge e i figli, l’emolumento si considera destinato al coniuge al 50%.

Non sono mai soggetti a tassazione i contributi ricevuti per il mantenimento dei figli, quindi non vanno inseriti in dichiarazione e di contro, il coniuge che li elargisce, non potrà portali in deduzione dal proprio reddito.

Per quanto riguarda il coniuge erogante, l’assegno di mantenimento corrisposto può essere considerato un onere deducibile ai sensi dell’art. 10 comma 1 lettera c del D.P.R. 917/1986, a patto che la separazione legale o effettiva oppure il divorzio siano sanciti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Ne consegue che gli assegni corrisposti a seguito di un accordo stragiudiziale fra le parti non siano deducibili per il coniuge che li eroga.

In sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, l’assegno corrisposto al coniuge, compreso il suo adeguamento all’Istat, potrà essere portato in deduzione dal reddito, secondo il principio di cassa e senza alcuna limitazione. Verrà indicato:

  • Modello 730/2017: nel rigo E22;

  • Redditi Pf 2017: nel rigo Rp22.

Assegno di mantenimento figli e coniuge: fondo di solidarietà. La legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) all’art. 1 prevede l’istituzione, da parte del Ministero della Giustizia, di un Fondo di solidarietà a cui possono aver accesso i coniugi che non sono in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli, in caso di inadempienza da parte del coniuge tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento.

www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_21_3.page

Il Fondo di solidarietà è stato istituito, in via sperimentale, con una dotazione di 250.000 euro per l’anno 2016 e di 500.000 euro per l’anno 2017.

I soggetti legittimati alla richiesta sono i coniugi separati che:

  • siano conviventi con figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave;

  • non abbiano ricevuto l’assegno periodico a titolo di mantenimento per inadempienza del coniuge che vi era tenuto;

  • abbiano il proprio valore dell’indicatore ISEE o dell’ISEE corrente in corso di validità inferiore o uguale a euro 3.000,00;

  • abbiano infruttuosamente esperito le procedure di recupero del credito nei confronti del coniuge inadempiente.

Per accedere al fondo, il coniuge separato dovrà redigere un’istanza da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo ove ha residenza e redatta in conformità di questo modulo:

  • Istanza di accesso al Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno

  • File in formato pdf con l’istanza di accesso al Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/form_istanza_fondo_per_il_coniuge-2(1).pdf

Il presidente del tribunale, o un giudice da lui delegato, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, ne valuta l’ammissibilità: sia nel caso la ritenga ammissibile, che nel caso in cui la ritenga inammissibile, la trasmette al Ministero della Giustizia.

In caso di ammissibilità dell’istanza, il coniuge avrà diritto ad un’anticipazione dell’assegno di mantenimento, che non potrà essere di importo superiore a quello previsto dal giudice stabilito in sede di separazione. L’assegno verrà corrisposto con cadenza trimestrale in base alle disponibilità presenti nel Fondo di solidarietà.

Carla Mele – Informazione fiscale 8 novembre 2017

http://www.informazionefiscale.it/assegno-di-mantenimento-figli-aspetti-fiscali

 

Mantenimento: assegno differenziato se cambia la situazione economica dei coniugi

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 258002, 30 ottobre 2017.

Per la Cassazione consentite misure e decorrenze differenziate purché sorrette da modificazioni della situazione economica nel corso della separazione

In caso di separazione, è consentito fissare una differenziazione dell’assegno di mantenimento quanto a quantificazione e decorrenza dello stesso, purché siano intervenuti significativi cambiamenti alla situazione economica dei coniugi nel corso del giudizio e la decisione sia adeguatamente motivata dal giudice.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso di un marito relativamente al contributo al mantenimento della moglie posto a suo carico, fissato in sede di merito in 1.500,00 euro (oltre rivalutazione ISTAT) stante lo squilibrio esistente tra le posizioni reddituali e patrimoniali di entrambi i coniugi.

I giudici di merito avevano riconosciuto l’assegno di mantenimento, decorrente a partire dal novembre 2013, nonché relativamente a un periodo ulteriore, compreso fra il mese di novembre del 2012 e quello di ottobre del 2013, pari ad euro 2.200,00.

Il ricorrente si duole, in particolare, dell’importo (indubbiamente più elevato) riguardante quest’ultimo esborso, che i giudici hanno fatto decorrere nei confronti della moglie in relazione a periodi anteriori al novembre 2013: non vi sarebbero state, secondo la difesa, circostanze che avrebbero giustificato una simile graduazione degli importi dovuti, con distinte decorrenze, poiché le situazioni dei coniugi erano rimaste sostanzialmente inalterate nel corso dell’intero periodo considerato.

Dunque, l’impugnazione appare finalizzata a ottenere una ripetizione di quanto versato in più rispetto a quello che sarebbe risultato in caso di diversa decorrenza dell’assegno, avendo il ricorrente precisato che “a suo tempo pagò solo parzialmente l’assegno”, e che sono in corso dei procedimenti esecutivi.

Tali censure, detta della Cassazione, appaiono fondate. I giudici precisano che la decorrenza dell’assegno di mantenimento nella separazione personale decorre, di regola, dalla domanda (Cass. n. 2960/2017), in quanto un diritto non deve restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio.

Tale principio, tuttavia, attenendo esclusivamente all’an debeatur di tale obbligazione, non influisce sulla determinazione del quantum dell’assegno, che può dunque essere liquidato tenendo conto dell’evoluzione verificatasi nella situazione economica dei coniugi nel corso del giudizio, e quindi mediante la fissazione di misure e decorrenze differenziate, in relazione alle modificazioni intervenute fino alla data della decisione.

Si tratta di una statuizione, dunque, consentita, ma che deve essere sorretta da adeguata motivazione circa le ragioni che hanno suggerito una diversa modulazione dell’obbligo.

Invece, nella specie, tali ragioni non sono affatto indicate: dalla stessa motivazione della decisione impugnata traspare che la situazione del 2013, data di decorrenza, per il futuro, dell’assegno determinato in favore della moglie, sarebbe sostanzialmente identica a quella relativa ai periodi anteriori, per i quali gli importi erano stati determinati, in via provvisoria e poi confermati, in misura significativamente superiore.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte di appello che, in diversa composizione, applicherà, fornendo adeguata motivazione, i principi sopra indicati.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 6 novembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28026-mantenimento-assegno-differenziato-se-cambia-la-situazione-economica-dei-coniugi.asp

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CENTRI DI AIUTO ALLA VITA. CAV.

La vita fa miracoli: 8.301 bimbi salvati. Oltre 30mila donne si sono rivolte ai Cav.

Ci sono discorsi, sulla vita. Sulle donne, sulle madri, sui diritti. Sui valori delle nuove generazioni di ragazzine che stanno crescendo, strette nella morsa micidiale della Rete, del disagio. E poi c’è quello che succede, ogni giorno.

Una di quelle ragazzine – ha appena 14 anni, vive a Roma – si siede alla scrivania e racconta d’aver preso la pillola del giorno dopo 4 volte nella stessa settimana. Un’altra – 16 anni, siamo in un paesino della Romagna – è incinta di 5 mesi e mezzo e non se n’era accorta, «che cosa succede adesso? Io questa pancia non la voglio». Spalmava la crema anticellulite, tutte le sere, prima di fare il test. Un’altra ancora ha comprato da sola i medicinali per abortire in casa, e l’ha fatto, «e adesso voglio solo morire, ma mi raccomando non dite niente ai miei genitori». C’è chi arriva su un barcone, con un bimbo in grembo, e oltre a quell’inferno non ha niente, nemmeno un nome su un documento. C’è chi ha un lavoro stabile, e non sa chi è il padre del figlio «che ora rischia di rovinarmi la carriera». C’è chi scappa da un uomo violento, «se sa che aspetto un bambino mi ammazza». Queste donne in carne e ossa, nel 2016, hanno bussato oltre 30mila volte ai Centri di aiuto alla vita, riuniti da giovedì fino a domani a Milano per il 37° Convegno nazionale. Un po’ meno della metà di loro – 13mila – erano in gravidanza. Come si risponde a un’emergenza vera, subito? Cosa si fa, per una donna e per il suo bambino?

La strada più facile, all’apparenza, è quella di cancellare il problema. Si chiama aborto, ed ora si può fare anche in pillole (del giorno dopo; dei cinque giorni dopo, abortiva). È la più battuta nella nostra povera Italia: povera di risorse, povera di personale, povera di tempo. Non a caso l’ultimo dato disponibile, relativo al 2015, dice che è stata scelta 86.639 volte (a cui vanno aggiunte le altrettante confezioni di pillole varie acquistate). L’altra strada è quella che imboccano i Cav, 349 ospedali da campo sparsi sul territorio dove con le donne arrivano le gravidanze, le povertà, gli abusi, la crisi, il disagio abitativo, la mancata integrazione. E dove qualcuno propone un’alternativa: la vita.

La vita fa miracoli: nel 2016 sono stati 8.301, dal 1975 (l’anno di fondazione del primo centro a Firenze) a oggi oltre 190mila. Figli nati contro tutto e contro tutti, soltanto perché una donna è stata accolta e ascoltata. I soldi, la casa, vengono dopo. Servono, certo: ci vuole una casa per le donne che non ne hanno una (40 le strutture di accoglienza che appoggiano i Cav), ci vogliono soldi per chi non ha denaro (795 i Progetti Gemma avviati nel 2016). Prima però c’è una mano tesa, un sorriso.

Al presidente del Movimento per la vita, Gian Luigi Gigli, piace chiamarlo «nuovo umanesimo»: «Occorre questo, un nuovo umanesimo che incominci ad essere presente già qui e ora, nel presente della Storia grazie a donne e uomini capaci – dove la disumanità avanza – di testimoniare ricostruendo l’umano, di generare pensieri e azioni oltre la corrente» ha detto aprendo il convegno di Milano ieri. Concretezza, contro i discorsi. Vita, contro la morte: «Quella Vita, come scritto nella vostra sigla, che è di per sé maiuscola, dono che ci trascende – ha scritto il presidente della Cei Gualtiero Bassetti nel suo saluto ai Cav –, ma che necessita costantemente sia di supporti materiali immediati, sia di percorsi pedagogici a monte».

Nei Cav a renderli possibili sono oltre 15mila volontari. Anche loro, spesso, con storie di sofferenza alle spalle, perché a una ragazza che vuole abortire serve trovarsi davanti qualcuno che sa cos’è l’aborto, che ha portato in grembo un figlio. E che risponde «ci sono». Succede sempre più spesso online, dove i Cav stanno trasferendo la loro presenza in maniera massiva (tramite il servizio Sos Vita) per arrivare ai giovani e possibilmente prima dell’emergenza: la nuova sfida è lì, dove le piccole donne chiedono “aiuto” a Google – o, più spesso, scrivono “aborto” – e il motore di ricerca offre le sue fredde risposte. La vita ha più che mai bisogno di testimoni anche in Rete.

Viviana Daloiso Avvenire 11 novembre 2017

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/vita-fa-miracoli-cav-bimbi-salvati-gigli

 

Centri aiuto vita. «Donne straniere, aborti invisibili: serve protezione»

Al 37° Convegno nazionale dei Cav a Milano l’allarme sulle immigrate: hanno un tasso di abortività tre volte maggiore delle italiane- E’ l’emergenza nell’emergenza. Ma se ancora troppo pochi, in Italia, s’accorgono della prima, la seconda è addirittura invisibile. Di oltre 86mila aborti praticati in Italia (l’ultimo dato disponibile è relativo al 2015) 27.500 sono di donne straniere. Con una precisazione da aggiungere: che a fronte degli oltre 50mila bimbi italiani “buttati via” ne sono nati, sempre nel 2015, 400mila. Mentre su 27.500 aborti di bimbi stranieri, a nascere sono stati soltanto in 70mila. «Significa che il tasso abortivo di una donna straniera è tre volte maggiore di una italiana – spiega l’arcivescovo di Ferrara Gian Carlo Perego, presidente emerito della Fondazione Migrantes al 37° Convegno dei Centri di aiuto alla vita in corso a Milano – e questo vorrà pur dire qualcosa».

Sì, vuol dire qualcosa. In sala gli oltre 700 volontari e operatori dei Cav prendono appunti e si confrontano: lo sanno bene, che l’80% delle donne che bussano alle porte dei centri è straniera. Una percentuale che scende leggermente per le ospiti delle case di accoglienza, ma che si attesta comunque sul 55%. Quello che non sanno ancora – qualcuno lo fa, qualcuno ci prova, qualcuno si arrende – è cosa si può fare per rispondere a questa emergenza. Aggravata dal fatto che, a differenza di quanto avveniva in passato, molte di queste donne non scelgono volontariamente di rivolgersi ai centri: ci arrivano per una pronuncia dei tribunali, o per obbligo dei servizi sociali. Disorientate, sole e spesso anche piene di rabbia.

Perego ha una ricetta per il governo, prima che per i Cav: «Queste donne vivono l’inferno, prima di sbarcare in Italia. Secondo le nostre statistiche subiscono in media dai 4 agli 8 stupri durante il viaggio, di cui 2 di gruppo. E restano incinta, certo, arrivano con delle vite nel loro grembo, spesso non volute, oppure incinta rimangono nei lunghissimi periodi di tempo che trascorrono nei centri di prima accoglienza». L’Italia «le fa aspettare, per i documenti e l’asilo. Le separa dai compagni se ci sono». Ed eccoli, gli aborti, il più delle volte compiuti coi farmaci, lontano dagli ospedali: «Quello che invece dovrebbe fare il governo è concedere immediatamente il permesso di protezione sociale per le donne incinte – è l’appello di Perego – non importa se d’un mese appena o di quattro o di sei. È una condizione di fragilità estrema e di bisogno di cui dobbiamo farci carico subito e che non può aspettare».

D’altronde senza permesso di soggiorno, e spesso persino senza un nome, le donne entrano nei Cav e e nelle case di accoglienza: «A volte le accogliamo per un anno, insegniamo loro l’italiano, le avviamo al lavoro – spiega Lino Orlandini, responsabile della Casa d’accoglienza di Reggio Emilia, che con le sue strutture e i suoi appartamenti di appoggio è arrivato ad ospitare 60 profughe – e poi arriva un diniego della richiesta d’asilo». Che è un diniego di tutto: del percorso compiuto, degli sforzi di chi l’ha accompagnato e perfino dell’essere umano. L’umanità d’altronde «è oggi più che mai in pericolo ed è a rischio soprattutto in forza dei suoi stessi prodotti – ha commentato il filosofo Diego Fusaro, docente di Storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano e tra gli altri relatori del convegno –. La mercificazione dominante riduce l’uomo sempre più a merce, determinando la “disumanizzazione dei rapporti umani”.

E ciò emerge in ogni ambito: nel lavoro e nell’ambito etico-familiare, dove l’uomo è sempre più un individuo ridotto al rango di “cosa” e non più di essere comunitario, razionale e spirituale, ma anche nell’ambito politico, nella misura in cui i fondamenti stessi della politica, dello stato sovrano nazionale e del bene comune stanno tutti scomparendo a favore del profitto come unico ordine valoriale di riferimento». Ecco allora la necessità di ripartire dall’umano «per tornare a essere ciò che propriamente e ontologicamente siamo, riaffermando le potenze etiche: la famiglia, la scuola pubblica, la sanità, i sindacati fino ad arrivare allo Stato, che deve tornare ad essere uno Stato etico, garante dell’eticità e che mette l’economia a servizio della comunità». L’impegno degli esseri umani per gli altri, la concretezza dell’ascolto, del sostegno, dell’accoglienza: è la testimonianza dei Cav, che si preparano a un altro anno di sfide.

Viviana Daloiso Avvenire 12 novembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/donne-straniere-aborti-invisibili

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CENTRO GIOVANI COPPIE – MILANO

Conferenze a novembre.

Il Centro nasce nel 1994 dall’iniziativa di padre Giovanni Ballis SJ, allora parroco di San Fedele, in collaborazione con un gruppo di laici. Inizia così un lavoro di riflessione e ricerca per comprendere la realtà e i bisogni delle giovani coppie. Nel 1999 il gruppo di lavoro si costituisce in Associazione di Volontariato ONLUS. Ogni anno il Centro propone:

  • Cicli di conferenze (le più significative sono state raccolte e pubblicate)

  • Gruppi di coppie

  • Percorsi formativi

  • Sportello di ascolto

Il clima socio-culturale appare sempre più marcato dall’individualismo, dalla competizione, dalla prevalenza dell’io sul noi. In questo quadro non è più facile rintracciare il senso ultimo della relazione interpersonale. Inoltre assistiamo all’emergere di un bisogno sempre più crescente di “soggettività”, del diritto-dovere a scelte personali, soprattutto nell’esperienza dell’amore.

In questa situazione d’incertezza, di crisi, e quindi di ricerca, il Centro Giovani Coppie ritiene che la prima esigenza consista nel promuovere la riflessione sui diversi significati (antropologico, psicologico, politico e spirituale) della relazione di coppia, dell’incontro fertile fra maschile e femminile, per riscoprire ciò che la rende intima, autentica, progettuale, luogo fondamentale di esperienze di socialità e solidarietà.

Con la riflessione culturale, il Centro accompagna le giovani coppie nella costruzione del proprio progetto di vita, aiutandole a coniugare ciò che è essenziale e significativo con i valori culturali e religiosi presenti nella nostra complessa società, per vivere in modo nuovo, consapevole e creativo la propria vita di coppia e di famiglia.

Conferenze ore 21, P.zza San Fedele, 4 – Milano Sala Ricci

  • 16 novembre 2017, “La libertà nei tempi della coppia. Lavoro, figli, desideri”

don Luigi Galli, Assistente Spirituale Università Cattolica – Milano

  • 30 novembre 2017, Miti e riti nella coppia. “Vincoli e libertà”

Andrea Grillo Docente–Pontificio Ateneo S. Anselmo-Roma

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 41, 8 novembre 2017

  • 40 cose che devi sapere sulla sindrome di Asperger. Sulla rete sono ormai numerosi i video sul tema, tutti stretti da una doppia esigenza: da un lato, garantire rigore scientifico e affidabilità dei dati e degli elementi descrittivi, dall’altro, rendere comprensibili al più ampio pubblico ragioni e spiegazioni di comportamenti a dir poco “strani”. Questo video, abbastanza lungo (oltre 7 minuti) ha il pregio di un linguaggio semplice, e offre numerose “annotazioni descrittive” che possono aiutare a relazionarsi con “le stranezze” [stile cognitivo diverso, interesse in un solo campo, problemi nelle relazioni sociali] delle persone con sindrome di Asperger (Hans Asperger 1906-1980) (che spesso si autodefiniscono, scherzosamente, ASPIE, in altri video…).

www.youtube.com/watch?v=vzSViyvu1bo

Gli individui portatori di questa sindrome, la cui eziologia è ignota, presentano una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi in alcuni casi molto ristretti. Diversamente dall’autismo, non si verificano significativi ritardi nello sviluppo del linguaggio o nello sviluppo cognitivo. Secondo alcuni studiosi molti personaggi famosi di ieri e di oggi mostrerebbero molte caratteristiche della Sindrome di Asperger, come ad esempio l’interesse in un solo campo e problemi nelle relazioni sociali. Anche se non si può affermare con certezza, tra le “celebrità” con questa sindrome figurano: Isaac Newton, Albert Einstein, Charles Robert Darwin, Alan Mathison Turing, Ludwig Josef Johann Wittgenstein, Wolfgang Amadeus Mozart, Alfred Joseph Hitchcock, Glenn Herbert Gould, Roger Keith “Syd” Barrett, Michelangelo Buonarroti, Steven Allan Spielberg, Nikola Tesla, Robert James Fischer, Craig Nicholls, Satoshi Tajiri, Bram Cohen, Alexander Graham Bell, Bertrand Arthur William Russell, Thomas Alva Edison, George Orwell, Immanuel Kant, Hans Christian Andersen, Andy Warhol, Ludwig van Beethoven, Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

  • Francia – Enfants et écrans : Reprenez la main! (Bambini e schermi: riprendiamo il controllo!). L’UNAF (Unione nazionale delle associazioni familiari) e l’Associazione GPD (Groupe de Pédiatrie Générale) hanno elaborato un sintetico ma efficace dépliant, con alcune indicazioni/suggerimenti per una adeguata gestione dell’esposizione dei bambini (e anche degli adulti) ai vari schermi, digitali e non, che occupano oggi la quotidianità della stragrande maggioranza delle persone. Le indicazioni sono accorpate su tre principali direttrici: prendere coscienza delle abitudini, diminuire il tempo passato davanti agli schermi, proteggere da contenuti inappropriati.

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/guide_parents_unaf_enfants_et_ecrans(2).pdf

  • Alba (CN) – Cose recluse. Mostra sugli oggetti quotidiani della vita in carcere. “Cose recluse” è un “viaggio” all’interno delle celle e degli spazi comuni per cogliere – attraverso immagini e parole – emozioni e stati d’animo, difficoltà, sogni e speranze in uno spazio abitativo che non si è scelto e all’interno del quale non è sempre facile trovare la propria dimensione. […] oggetti d’uso quotidiano con il loro significato simbolico e identitario […]. L’esposizione rientra tra le iniziative previste all’interno di “Vale La Pena – Carcere, Lavoro, Dignità, Persone”, ed è promossa dalla Compagnia di Iniziative Sociali – CIS e dall’Associazione di volontariato penitenziario Arcobaleno con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. L’esposizione, nella sede dell’Associazione ALEC, si concluderà domenica 26 novembre e sarà visitabile nei giorni di martedì dalle 17 alle 19, giovedì dalle 17 alle 19, il sabato dalle 16 alle 19, la domenica dalle 16 alle 19.

  • Libri dall’estero. Left to Their Own Devices? Confident Parenting in a World of Screens. Abbandonàti a se stessi? Genitori fiduciosi in un mondo di schermi.

www.careforthefamily.org.uk/shop/parenting-resources/parenting-books/left-to-their-own-devices-confident-parenting-in-a-world-of-screens

Il volume, uscito a maggio 2017, è stato redatto da Katherine Hill, ed è frutto diretto di una duplice esperienza dell’autrice, che da un lato è Direttrice di una grande organizzazione di aiuto e consulenza psico-relazionale alle famiglie operante in Gran Bretagna,“Care for the Family, dall’altro è madre di quattro figli, già adolescenti e quindi già molto web-engaged (impegnati sul web).

www.careforthefamily.org.uk/shop/parenting-resources/parenting-books/left-to-their-own-devices-confident-parenting-in-a-world-of-screens

Il volume è caratterizzato da un indovinato mix di esperienze di vita quotidiana e di sapere tecnico-professionale, e spicca soprattutto per l’approccio pro-positivo: senza nascondere i possibili problemi, tende a fornire indicazioni e suggerimenti capaci di aiutare i genitori a gestire la complessità di stimoli, rischi e opportunità che il mondo degli schermi offre ai figli, in età sempre phttp://iccfr.org/iù precoce. Ulteriore pregio del volume sono le numerose vignette, capaci di intercettare “momenti cruciali” cogliendone il lato umoristico o paradossale. E anche questa scelta editoriale conferma la sapienza dell’approccio del volume; saper cogliere il lato umoristico di tante situazioni, anche complesse, è infatti indicazione preziosa, aiutando proprio i genitori a relazionarsi alle imprevedibili situazioni che il web porta nella vita quotidiana delle famiglie.

L’autrice è anche membro del Board Direttivo dell’ICCFR (International Commission for Couple and Family Relationships), cui anche il Cisf partecipa (F.Belletti) http://iccfr.org

  • Webinar – nuovi strumenti di formazione on line. [Sessioni educative o informative la cui partecipazione in forma remota è possibile tramite una connessione informatica interattiva].

  • Incontro formativo on line (webinar): Does Family Structure Matter for Social Inequality and Social Mobility? (La struttura familiare ha rilevanza per la disuguaglianza sociale e per la mobilità sociale?), Webinar con il Professor Juho Härkönen, dell’Università di Stoccolma (on line – in inglese; istruzioni e link nell’allegato), collegamento giovedì 16 novembre 2017, dalle 14.00 alle 15.00.

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4117_allegato2(1).pdf

  • Webinar Amoris Laetitia per sacerdoti e seminaristi. Promosso dall’Ufficio Famiglia della Conferenza Episcopale Italiana.“Si tratta di un percorso online webinar partito lunedì 9 ottobre 2017 che si ripeterà ogni secondo lunedì del mese (dalle ore 21.00 alle h. 22.00), dedicato a seminaristi e sacerdoti, in collaborazione con gli uffici di pastorale familiare e vocazionale”

http://famiglia.chiesacattolica.it/webinar-amoris-laetitia-per-sacerdoti-e-seminaristi

  • Save the date.

  • Nord

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/Brochure-Seminario-Vetere-Rovigo_11.11.17-v.2.1(1).pdf

  • Centro

http://eventi.censis.it/civicrm/?page=CiviCRM&q=civicrm/event/info&reset=1&id=4&noFullMsg=true

  • La coppia: tra desiderio e complicità, presentazione del libro “Complici nel bene”, di Laura Viscardi e Claudio Gentili (Edizioni San Paolo), promosso dal Forum delle associazioni familiari del Lazio, Roma, 11 novembre 2017.

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4117_allegato3.pdf

  • Sud

  • Percorso Famiglie sull’Esortazione apostolica Amoris Lætitia, programma di incontri promosso dalla Commissione Famiglia della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, avviato il 22 ottobre 2017 (ritiro delle famiglie). Prossime date: 18-19 novembre 2017, 13-14 gennaio, 17-18 febbraio, 14-15 aprile, 9-10 giugno 2018. Gli incontri si terranno a Bisceglie.

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4117_allegato5.pdf

  • Estero

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/Migrant_and_refugee_children_Invitation_4_December_Brussels(1).pdf

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CHIESA CATTOLICA

Alla scoperta del pensiero di papa Francesco.

In uscita la prima biografia intellettuale di Bergoglio. Con sorprese e smentite.

Intervista all’autore, Massimo Borghesi

Borghesi, filosofo italiano con anni di cattedra, studio e pubblicazioni, sta per far conoscere al pubblico il risultato di un lavoro che mancava. E la cui assenza era foriera di approssimazioni e misconoscimenti. Un full immersion nelle fonti prime che hanno alimentato nel tempo il modo di vedere e ragionare di chi oggi occupa la suprema cattedra della Chiesa cattolica. Nel condurre la sua ricerca Borghesi ha avuto un aiuto decisivo, proprio quello del soggetto investigato che ha collaborato alla sua fatica con quattro registrazioni audio. “Attraverso il comune amico Guzmán Carriquiry, vicepresidente della Commissione Pontificia per l’America Latina, ho potuto approfittare della cortesia di papa Francesco e fargli pervenire alcune domande” rivela l’autore.

Il risultato del lavoro potrà essere letto a giorni, per i tipi della casa editrice Jaca Book che lo manderà in libreria con il titolo “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica”. Quelle che seguono sono alcune anticipazioni, ottenute da Borghesi con la complicità dell’amicizia.

Cosa ti ha mosso ad iniziare questo lavoro sul pensiero del Papa?

Il pregiudizio che, particolarmente nell’ambiente intellettuale ed accademico, continua a pesare nell’immagine del pontificato. Papa Francesco si è trovato sulle spalle la difficile eredità di Benedetto XVI, uno dei grandi teologi del ‘900. Venendo dopo un pontificato fortemente marcato sul piano intellettuale lo stile pastorale di Bergoglio è apparso a molti come troppo “semplice”, non adeguato alle grandi sfide del mondo metropolitano, secolarizzato. Al Papa venuto dall’altro capo del mondo si rimprovera, in Europa e negli Stati Uniti, di non essere “occidentale”, europeo, culturalmente preparato.

Quando hai capito che non era così?

Personalmente, avevo letto alcuni testi di Bergoglio che mi avevano molto colpito. Tra questi alcuni discorsi della seconda metà degli anni ’70 allorché Bergoglio era giovane Provinciale dei gesuiti argentini. Ne avevo tratto una forte impressione. Ciò che mi aveva colpito era il “pensiero” che sorreggeva le sue argomentazioni. Bergoglio si rivolgeva ai suoi confratelli che soffrivano la dilacerazione di una situazione drammatica. L’Argentina di allora era retta dalla giunta militare che gestiva, con mani lorde di sangue, la repressione del fronte rivoluzionario dei Montoneros. Di fronte a questo conflitto la Chiesa era profondamente divisa tra fautori del governo e quelli schierati con la rivoluzione.

Per Bergoglio questa dilacerazione della società era uno scacco anche per la Chiesa, che si era dimostrata incapace di unire il popolo. Il suo ideale era quello del cattolicesimo come coincidentia oppositorum, come superamento di quelle opposizioni che, radicalizzate, si trasformano in insanabili contraddizioni. Questo ideale era espresso da Bergoglio attraverso una sua filosofia, una concezione per la quale la legge che governa l’unità della Chiesa, così come quella sociale e politica, è una legge basata su una dialettica “polare”, su un pensiero “agonico” che tiene uniti gli opposti senza cancellarli e ridurli forzatamente all’Uno. Molteplicità ed unità costituivano i due poli di una tensione ineliminabile. Una tensione la cui soluzione era affidata, di volta in volta, alla potenza del Mistero divino che agisce nella storia. Questa prospettiva, che emergeva tra le righe dei discorsi del giovane Bergoglio, mi ha colpito molto. Associata alle coppie polari che il Papa richiamava nella Evangelii gaudium delineava una vera e propria “filosofia”, un pensiero originale. Avendo studiato a lungo la dialettica di Hegel e, soprattutto, la concezione della polarità in Romano Guardini questa prospettiva mi ha interessato da subito. Era evidente che Bergoglio aveva una concezione originale, un punto di vista teologico-filosofico che, singolarmente, non ha attirato l’attenzione degli studiosi.

Il Papa è intervenuto di persona durante il tuo lavoro di ricerca con degli audio che ti ha inviato. Cosa ti hanno permesso di stabilire?

Attraverso il comune amico Guzmán Carriquiry, vicepresidente della Commissione Pontificia per l’America Latina, ho potuto approfittare della cortesia di papa Francesco e fargli pervenire alcune domande. Dopo la lettura dei suoi testi mi rimaneva, infatti, l’interrogativo sulla genesi della sua dialettica polare. Si trattava di una lettura originalissima della realtà che trovava analogie con il tomismo ilemorfico [ogni ente materiale è costituito da materia e forma] e dialettico di Alberto Methol Ferré, il più grande intellettuale cattolico latinoamericano della seconda metà del ‘900.

Methol Ferrè non era, però all’inizio del pensiero di Bergoglio. I due intrecciano le loro strade solo alla fine degli anni ’70, in occasione della preparazione del grande Convegno di Puebla della Chiesa latinoamericana. Da dove allora Bergoglio trae la sua idea della tensione polare come legge dell’Essere? Su questo punto, nodale, gli articoli e i volumi non offrivano alcuna traccia. É come se Bergoglio avesse voluto conservare il segreto sulla fonte del suo pensare. É qui che le risposte del Papa si sono rivelate fondamentali.

Da esse ho potuto comprendere come l’inizio del suo pensiero sia da collocare negli anni di studentato, presso il Colegio San Miguel, allorché Bergoglio riflette sulla teologia di S. Ignazio attraverso il modello della “Teologia del come se”, e, soprattutto, attraverso la lettura, determinante, del primo volume de La dialectique des “Exercices spirituels” de saint Ignace de Loyola di Gaston Fessard. La lettura “tensionante”, dialettica, che Fessard dava di sant’Ignazio è all’origine del pensiero di Bergoglio. Per me è stata una vera scoperta.

Le influenze europee sul Papa, quelle forti che ha assimilato e di cui c’è traccia nella struttura del suo pensare, quali sono?

Uno dei risultati del mio volume è proprio la grande influenza che hanno avuto su Bergoglio autori europei, gesuiti in particolare. Viene meno con ciò la leggenda del Papa latinoamericano che non sarebbe in grado di misurarsi con il pensiero europeo. L’autore chiave è certamente Gaston Fessard, gesuita, tra i più geniali intellettuali francesi del ‘900. C’è poi Henri de Lubac con la sua concezione del rapporto tra Chiesa e società espressa in Catholicisme. Les aspects sociaux du dogme. Fessard e de Lubac sono protagonisti della “Scuola di Lione”. Seguendo loro Bergoglio è, in qualche modo, un discepolo di questa scuola. Entrambi, Fessard e de Lubac, sono fautori di una concezione dialettica, ereditata da Adam Möhler, il grande iniziatore della Scuola di Tubinga, per la quale la Chiesa è coincidentia oppositorum, unità soprannaturale di ciò che sul piano del mondo rimane inconciliabile. É la stessa concezione di Bergoglio. Oltre ai due autori gesuiti ora ricordati ve n’è poi un terzo, anche lui francese, che ha esercitato una sua influenza su Bergoglio: Michel de Certeau. Anche lui protagonista della scena intellettuale, particolarmente negli anni ’70. Il de Certeau che interessa Bergoglio è, però, quello degli anni ’60, lo studioso della mistica moderna, da Surin a Favre. La sua prefazione al Memorial di Pierre Favre, il grande amico di sant’ Ignazio, è un testo chiave nella formazione di Bergoglio. Il suo ideale gesuitico della vita cristiana, del contemplativo in azione, guarda a Pierre Favre.

Oltre agli autori francesi, decisivi per la sua formazione, ce ne sono altri?

Un ruolo chiave lo assume, dal 1986, l’italo-tedesco Romano Guardini. In quell’anno Bergoglio si reca a Francoforte, in Germania per una tesi di dottorato su Guardini. Come argomento sceglie non opere teologiche o di carattere religioso bensì l’unico lavoro integralmente filosofico guardiniano: L’opposizione polare. Tentativi per una filosofia del concreto vivente. Si tratta di una decisione singolare. Perché occuparsi del Guardini filosofo e non di quello teologico? La risposta diviene comprensibile alla luce del mio studio.

L’antropologia “polare” di Guardini appare a Bergoglio come una conferma della sua visione dialettica, antinomica, compresa attraverso Fessard e de Lubac. L’autorità di Guardini conferisce un valore particolare al modello di pensiero che Bergoglio applica in sede ecclesiale e in quella politico-sociale. Al tempo stesso il modello guardiniano amplia quello bergogliano, consente inediti approfondimenti. Guardini diviene, dagli anni ’90, un autore di riferimento. Lo troviamo più volte citato nella Evangelii gaudium e in Laudato si’. Oltre a Guardini un altro autore chiave è il grande teologo svizzero-tedesco Hans Urs von Balthasar.

Questa è stata una scoperta. A partire dagli anni ’90 Bergoglio da vescovo, e poi da cardinale, si avvicina alla grande estetica teologica di von Balthasar, ne condivide l’impianto, il primato accordato al bello onde poter comunicare il bene e il vero. L’unità dei trascendentali dell’essere diviene un punto fermo del pensiero teologico-filosofico bergogliano. Da Balthasar, Bergoglio riprende anche le categorie per opporsi allo gnosticismo, allo svuotamento della carne di Cristo nei vari “idealismi” spiritualistici. Il saggio su Ireneo, contenuto in Gloria, ha colpito molto Bergoglio.

Un’ultima influenza voglio ricordare: quella dell’opera di mons. Luigi Giussani. Bergoglio era lettore, e in taluni casi presentatore a Buenos Aires, dei volumi di Giussani tradotti in spagnolo. Nella sua prospettiva le principali categorie del metodo educativo di Giussani – l’incontro, lo stupore, l’esperienza, ecc. – vengono associate al darsi glorioso della “forma” (Gestalt) così come insegna von Balthasar. Il tutto finalizzato ad una posizione missionaria, evangelizzatrice, che pone il cristiano nell’orizzonte della Chiesa dei primi secoli: come 2000 anni fa.

Le fonti latinoamericane che peso hanno nel suo pensiero? Un posto di riguardo nel tuo lavoro lo occupa Methol Ferré, storico e filosofo nato in Uruguay.

Tra le fonti latinoamericane metterei certamente, in prima fila, Lucio Gera con la sua “Teología del pueblo”, la riformulazione della teologia della liberazione da parte della Scuola del Rio de la Plata con la sua critica del marxismo e la sua opzione preferenziale per i poveri. É un aspetto noto e studiato del pensiero di Bergoglio. Alla “Teologia del popolo” va il merito della riscoperta del valore della religiosità popolare latinoamericana, simbolizzata dal culto della Madonna di Guadalupe, al di là dei pregiudizi della cultura illuministica.

Oltre a Gera e ai teologi a lui vicini ci sono, però, anche altri autori che sono decisivi per la riflessione di Bergoglio. Tra essi Miguel Angel Fiorito, il suo professore di filosofia. É Fiorito che lo introduce ad una riscoperta degli Esercizi di sant’Ignazio attraverso la lettura dello studio ignaziano di Gaston Fessard. Poi l’incontro con Amelia Podetti, la più illustre “filosofa” argentina degli anni ’70. Studiosa di Hegel la Podetti sviluppa una riflessione sulla inculturazione della fede, sul rapporto tra centro e periferia, sul ruolo dell’America Latina nel nuovo contesto mondiale, che interesserà molto Bergoglio. Oltre a questi c’è poi l’autore per eccellenza: Alberto Methol Ferré. Con lui, che condivide l’esperienza del Celam dal 1979 al 1992 ed è l’intellettuale cattolico più lucido in America Latina, Bergoglio ha piena sintonia. Il mio volume analizza il pensiero di Methol Ferré, il suo tomismo dialettico, e questo dopo la tua intervista a Methol, consegnata nel volume Il Papa e il filosofo, è una novità nel panorama culturale italiano. Methol Ferré e Bergoglio si incrociano, condividono una stessa prospettiva sulla Chiesa e sulla società, hanno gli stessi autori di riferimento. Uno, fondamentale. Ambedue dipendono dalla visione polare, dialettica, di Gaston Fessard. Questa fonte comune spiega anche la loro vicinanza ideale, filosofica, la loro sintonia nell’affrontare le sfide della Chiesa latino-americana a partire dagli anni ’70. Bergoglio apprezza moltissimo l’”amico” Methol, legge i suoi articoli su “Vispera”, su “Nexo”, è colpito dalla sua geopolitica ecclesiale, condivide il suo ideale della “Patria grande”.

Ci sono delle acquisizioni finali del tuo studio, di sintesi, che correggono quello che è stato scritto sino ad ora su Bergoglio Papa?

Le acquisizioni sono molte. Innanzitutto, come abbiamo detto, viene chiarita la genesi ed il filo rosso del pensiero di Jorge Mario Bergoglio. E questo è la prima volta che avviene. Con ciò viene smentita l’opinione di quanti, per pregiudizio o mancanza di documentazione, continuano a ripetere che Francesco non avrebbe i titoli per esercitare il ministero petrino. Bergoglio è portatore di un pensiero originale, dipendente da una tradizione del pensiero “cattolico” tra ‘800 e ‘900, quella di Adam Möhler, Erich Przywara, Romano Guardini, Gaston Fessard, Henri de Lubac. Alcuni di questi autori sono gesuiti, altri no. Si tratta di una tradizione illustre che proprio il magistero di Francesco consente oggi di riscoprire e di valorizzare.

Una tradizione che si oppone a coloro – penso soprattutto alle critiche su Amoris lætitia – che vorrebbero addebitare al Papa una teologia prassistica, relativistica, permissiva. Nella concezione “polare” di Bergoglio la Verità e la Misericordia non possono essere separate, così come il bello-bene-vero alla luce dell’unità dei trascendentali. Chi critica Francesco per un suo preteso soggettivismo e modernismo dimostra di non conoscere il suo pensiero. Così come non conoscono il suo pensiero coloro che lo accusano di ridurre la fede alla questione sociale, di dimenticare il primato del kerygma. Al contrario Francesco – come afferma esplicitamente nella Evangelii gaudium – vuole ripristinare il primato del kerygma sulla deriva etica della Chiesa degli ultimi decenni e, al contempo, vuole un forte impegno dei cattolici nel sociale. Non opera alcuna riduzione: sono due poli di una tensione che caratterizza il cattolico. Rispetto all’impegno politico la trascendenza, il primerea della fede e della grazia su ogni declinazione storica, è il punto fermo. Quella del Papa è una posizione “mistica” che conserva l’apertura del pensiero rispetto ad ogni chiusura ideologica e sistematica, e questo in funzione dell’operare del “Dio sempre più grande”.

Cosa rimane delle critiche a Bergoglio di essere “populista-peronista”?

Chi le formula evidentemente non lo conosce a fondo o lo fa sapendo che non colgono nel segno. Il Papa è un critico dell’assolutizzazione dell’economia capitalistica, svincolata da ogni legge etica, così come si è imposta nell’era della globalizzazione. Non è però un “populista”. Le sue simpatie per il peronismo, per la sua attenzione alla questione sociale, non vanno confuse con le idee salvifiche proprie di una politica ideologica. É interessante, da questo punto di vista, la valorizzazione che il Bergoglio degli anni ’90 fa del De civitate Dei di Agostino. Agostino viene richiamato come modello attuale per criticare i modelli teologico-politici che compromettono la Chiesa con il potere, di destra o di sinistra che siano. Su questo punto la posizione bergogliana e totalmente in sintonia con la rilettura di Agostino operata da Ratzinger. Il volume chiarisce, in tal modo, molti punti della riflessione di Bergoglio che, per il pubblico europeo, sono rimasti finora in ombra così da diventare fonte di controversie. In questo risiede, spero, la sua utilità.

Massimo Borghesi, “JORGE MARIO BERGOGLIO. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica”. Introduzione di Guzmán Carriquiry Lecour. Jaca Book, Milano 2017

Alver Metalli Terre d’ America 3 novembre 2017

www.terredamerica.com/2017/11/03/alla-scoperta-del-pensiero-di-papa-francesco-uscita-la-prima-biografia-intellettuale-di-bergoglio-con-sorprese-e-smentite-intervista-allautore-massimo-borghesi

 

Francesco e i suoi 62 correttori

Il 24 settembre 2017 scorso nel sito www.correctiofilialis.org è stata resa pubblica una lettera scritta in latino, che 62 cattolici di 20 paesi hanno inviato l’undici agosto scorso a papa Francesco come «correzione fraterna per la diffusione di eresie». Essa, di per sé, non esigeva una risposta scritta, ma una conversione. I redattori tuttavia speravano in una risposta pubblica a loro diretta come si può dedurre dal fatto che solo ora, dopo il persistente silenzio del Papa, hanno resa pubblica la lettera.

Ad essere esatti nel frattempo il Papa aveva offerto elementi di risposta. La rivista Civiltà cattolica (quaderno 4014 del 16 settembre scorso) ha reso noto il dialogo privato che il 10 settembre scorso papa Francesco ha avuto in Colombia con un folto gruppo di gesuiti (65 per l’esattezza) convenuti nel santuario di San Pietro Claver (1581-1654) a Cartagena. In quella circostanza il Papa ha inserito in una risposta una esplicita riflessione sulla Esortazione apostolica: Amoris lætitia. Ha detto con molta serenità e rispetto degli obiettori: «Approfitto di questa domanda per dire una cosa che credo vada detta per giustizia, e anche per carità. Infatti, sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’Esortazione apostolica post-sinodale. Per capire l’Amoris lætitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo. Una seconda cosa: alcuni sostengono che sotto l’Amoris lætitia non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura. Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell’Amoris lætitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn. Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica.

Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio». Il Papa insiste doverosamente sulla preghiera che accompagna sempre la teologia e può condurre a un discernimento misericordioso.

Gli errori attribuiti al Papa. Esaminiamo brevemente le sette accuse rivolte al Papa. Il linguaggio utilizzato è rigorosamente giuridico e indica già il clima e la prospettiva in cui le accuse sono redatte.

  1. La prima riguarda una particolare condizione irregolare del credente dalla quale egli non vuole liberarsi pur volendo continuare a vivere secondo il Vangelo. Il riferimento concreto è la situazione del divorziato che vive una nuova relazione matrimoniale. Secondo l’accusa il Papa sosterrebbe che questa persona pur volendo mantenere un rapporto positivo con Dio «non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina» per cui non può osservare alcuni comandamenti mentre la grazia, realizzando un retto rapporto con Dio dovrebbe produrre sicuramente la conversione, o è sufficiente, alla conversione da ogni peccato grave. Di fatto nella Esortazione Apostolica Amoris lætitia il Papa sostiene il contrario che cioè «a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (Al par. 305). L’aiuto della Chiesa può consistere in atti di amore, in vicinanza di solidarietà, in simpatia fraterna o in doni materiali, ma può anche consistere, come precisa il paragrafo 305 nella nota 351, nel sussidio sacramentale della penitenza e della eucaristia. A questo proposito il Papa, nella stessa nota citando l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium del 24 novembre 2013, ricorda «ai sacerdoti… che il confessionale non deve essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» e che l’Eucaristia «non è un premio dei perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (Al 305 nota 351). Il Papa difende quindi la convinzione che la grazia di Dio può offrire al credente di sapere portare anche situazioni imperfette con il pentimento del male compiuto e l’impegno di una rinnovata fedeltà. Anche una situazione oggettiva imperfetta può essere vissuta in modo positivo e la grazia che rende giusti è così potente da rendere possibile l’esercizio dell’amore teologale anche in situazioni irregolari. La divergenza esiste da molto tempo tra gli stessi moralisti, alcuni dei quali, più rigorosi, giudicano la condizione di adulterio sempre peccaminosa, mentre altri ammettono la possibilità di situazioni imperfette ma che consentono un cammino ecclesiale di grazia. Gli accusatori non considerano la gradualità e la complessità delle situazioni concrete da discernere.

  2. La seconda accusa è una esemplificazione concreta di questa possibilità e soffre della stessa carenza di discernimento. «I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono ‘more uxorio’ con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità». Nel discernimento che l’Esortazione suggerisce hanno peso notevole l’armonia tra i coniugi e l’esigenza dei figli ad una educazione cristiana e anche ad un benessere spirituale dei genitori, che gli accusatori non tengono presenti.

  3. La terza accusa non considera tutte le situazioni concrete in cui si possono trovare i coniugi. In particolare ha importanza la distinzione tra mancanza grave e mortale, che la lettera cita ma non considera. L’accusa infatti afferma: «Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione». Da tempo si distingue tra colpa mortale che conduce al rifiuto della Grazia, e colpa grave che può consentire una fedeltà zoppicante nella sequela di Cristo.

  4. La quarta accusa non considera la componente soggettiva di ogni azione umana. Attribuisce al Papa la dottrina secondo cui «una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza». È noto invece che quando il credente è convinto di ubbidire a Dio seguendo la coscienza, la sua azione, anche se imperfetta e sbagliata, non è mai peccato.

  5. La quinta accusa suppone che gli atti sessuali non possano mai avere una funzione positiva anche in situazioni irregolari. Presenta come errata la tesi difesa da molti moralisti secondo i quali: «la coscienza può giudicare con verità e correttezza che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, [possano essere] moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio», soprattutto quando la presenza di figli implica il dovere di fedeltà e di vita comune, accompagnata anche dall’esercizio della sessualità coniugale.

  6. La sesta accusa attribuisce al Papa e ai moralisti che lo difendono la convinzione che «i principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite». Esistono, ma non tutte le indicazioni morali sono di questo tipo.

  7. La settima accusa non tiene conto di tutta la realtà ecclesiale. Dice infatti: «Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la sua perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi». Sia per l’uso degli anticoncezionali sia per l’ammissione ai sacramenti nella Chiesa cattolica la pratica recente si era distanziata dalla dottrina che, a differenza degli Ortodossi e degli Evangelici, aveva assunto dinamiche rigoriste e assolute.

Non nascondere la luce dell’ideale. Per una retta valutazione della Amoris lætitia occorre ricordare, infine, i suoi continui richiami alla santità: «In nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza… Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture» (Al 307). «Seppure vero che bisogna curare l’integralità dell’insegnamento morale della Chiesa, si deve sempre porre speciale attenzione nel mettere in evidenza e incoraggiare i valori più alti e centrali del Vangelo, particolarmente il primato della carità come risposta all’iniziativa gratuita dell’amore di Dio» (Al 311).

Carlo Molari Rocca n. 21 1 novembre 2017

http://pietrevive.blogspot.it/2017/11/francesco-e-i-suoi-62-correttori-di.html

 

Un Dio che sorprende

Il testo della relazione tenuta da Raniero La Valle il 25 agosto 2017 ad Assisi nel quadro del Convegno sul tema: “Come dare futuro alla svolta profetica di Francesco”.

Cinque tesi:

  1. La novità di papa Francesco,

  2. Non è la prima volta di un Dio che sorprende,

  3. Il Dio inedito,

  4. L’edizione che i nostri tempi richiedono,

  5. E’ il Dio annunciato da Francesco, ma non è il Dio di Francesco)

  • una conclusione (Come dare un futuro alla svolta profetica di Francesco)

  • una postilla più drammatica (Francesco, ostium o katékon?).

Raniero La Valle ranierolavalle.blogspot.it, 8 settembre 2017

http://ranierolavalle.blogspot.it/2017/09/un-dio-che-sorprende.html

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Adozioni in Etiopia

L’Etiopia ha in corso una revisione legislativa della disciplina in materia di adozione. Tale riforma potrebbe anche prevedere la chiusura delle adozioni internazionali. A tal proposito lo stesso Dipartimento di Stato americano ha fortemente raccomandato alle proprie Agenzie di non avviare nuove procedure adottive nel paese

(https://travel.state.gov/content/adoptionsabroad/en/country-information/alerts-and-notices/EthiopiaUpdateonSuspensionofAdoptions.html).

La Commissione per le Adozioni Internazionali ha in programma di invitare a breve le omologhe Autorità etiopi in Italia, per un incontro nel corso del quale possano essere approfondite le prospettive dell’adozione internazionale in Etiopia.

In attesa quindi di ulteriori e più definite informazioni, gli Enti autorizzati ad operare nel paese sono stati invitati dalla Commissione a non assumere ulteriori incarichi da parte di famiglie desiderose di adottare in Etiopia e a non proporre nuovi abbinamenti alle famiglie già in carico, considerata la situazione di estrema incertezza concernente la definizione degli iter adottivi.

Comunicato stampa 7 novembre 2017

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/adozioni-in-etiopia.aspx

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CONGEDO PARENTALE

Madre casalinga: congedo parentale al padre?

Consiglio di Stato, quarta Sezione, sentenza n. 4993, 30 ottobre 2017

Il diritto di assentarsi dal lavoro nel primo anno di vita del figlio spetta, per il padre, solo a condizione che la madre non possa o non voglia usufruire dei congedi. Se un bambino piccolo sta male, i genitori devono essere pronti a portarlo immediatamente dal pediatra o alla guardia medica. Devono inoltre poter comprare le medicine e, quindi, alternarsi a casa. Per questa finalità sono stati previsti gli appositi permessi per la malattia del bambino. www.laleggepertutti.it/155268_malattia-del-figlio-e-congedo-dal-lavoro-per-il-genitore

Ma non è solo la malattia a tenere impegnati i genitori. Durante il primo anno di vita del neonato, è noto che madre e padre sono più impegnati, a volte non dormono la notte e c’è sempre bisogno di un’assistenza continua nei confronti del piccolo che non può essere lasciato da solo. Per queste esigenze la legge ha previsto i cosiddetti congedi parentali, ossia dei permessi speciali sul lavoro che vanno retribuiti. Il diritto però spetta in modo diverso al padre e alla madre stante il fatto che la madre ha un ruolo centrale nello sviluppo e nel benessere del minore, dovuto a peculiarità della maternità ed al forte legame che si sviluppa tra i due, sin dalla gestazione e nel primo anno di vita.

Uno dei problemi che più di frequente si pone è quando la madre è casalinga: al padre spetta il congedo parentale? Di tanto si è occupata una recente sentenza del Consiglio di Stato. Cosa hanno detto i giudici amministrativi.

Riposi giornalieri della madre. La legge [Art. 40, lett. c), D.lgs. n. 151/2001] stabilisce che il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.

Tali periodi di riposo hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.

I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.

Riposi giornalieri del padre. I periodi di riposo per il primo anno di vita del bambino di cui abbiamo appena parlato sono riconosciuti al padre lavoratore:

  • nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;

  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;

  • nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;

  • in caso di morte o di grave infermità della madre.

Le ipotesi per la concessione di detti aiuti al padre sono tassative e conseguenti a situazioni in cui la madre non ha la possibilità di fruirne in prima persona per ragioni giuridiche (prima ipotesi), per volontà (seconda ipotesi), per impossibilità professionale (terza ipotesi) o materiale (quarta ipotesi).

Spettano i riposi al padre se la madre è casalinga? Si pone spesso il problema del diritto al congedo parentale per il papà quando la madre è una professionista o una casalinga. Sul punto si scontrano due tesi diverse.

  1. Una prima è favorevole al padre; l’attività domestica della casalinga va considerata come un lavoro non retribuito svolto a favore di terzi (la propria famiglia) che la distolgono dalla cura della prole. Pertanto, quando la madre non ha diritto al congedo di maternità (per non essere una lavoratrice dipendente perché casalinga o autonoma), questo può essere fruito dal padre. Negarglielo solo perché la madre non è una dipendente sarebbe discriminatorio [consiglio di. Stato sentenza n. 4293/2008].

  2. Esistono però sentenze che affermano il contrario: la casalinga non può essere parificata ad una lavoratrice e può sempre ritagliarsi, avendo una gestione autonoma del proprio tempo, due ore per assistere i figli. Il padre che voglia usufruire dei congedi deve dimostrare che la moglie, benché casalinga, non è in grado di accudire i figli. In pratica, la legge non riconosce al padre un diritto automatico ai riposi giornalieri autonomi, indipendente e parallelo a quello della madre, ma questi potranno essere concessi se esistono «concreti impedimenti che si frappongano alla possibilità per la moglie casalinga (e dunque lavoratrice non dipendente, come si ritiene debba essere qualificata) di assicurare le necessarie cure al bambino». Ostacoli che vanno provati e documentati concretamente. Secondo questo orientamento – cui aderisce la sentenza in commento – poiché la casalinga svolge attività domestiche che le consentono di prendersi cura del figlio, non spetta alcun permesso e congedo parentale al padre salvo che la madre non vi possa attendere per specifiche, oggettive, concrete, attuali e ben documentate ragioni.

Polizia e militari. Il Consiglio di Stato riconosce che la disciplina sui congedi parentali si applica anche agli appartenenti alle Forze armate e di Polizia (civile e militare) con i limiti ed i vincoli rivenienti dalle specificità ordinamentali, operative ed organizzative di tali Corpi (benché in un primo momento si ritenne di non concedere loro queste misure di ausilio alla genitorialità previste dal D.lgs. citato per il «particolare status rivestito e per gli speciali compiti istituzionali svolti da tali organizzazioni»).

Redazione La legge per tutti 12 novembre 2017

Sentenza www.laleggepertutti.it/182898_madre-casalinga-congedo-parentale-al-padre

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Mantova. Etica, Salute & Famiglia – novembre 2017

E’ il periodico a cura del Consultorio e dell’Associazione Virgiliana di Bioetica

  • Armando Savignano – Un nuovo orizzonte per promuovere la vita.

La teoria del gender e la dignità umana.

  • Gabrio Zacchè – La qualità dell’informazione sanitaria in rete.

  • Anna Orlandi Pincella – 2 ottobre, festa dei nonni; 2 novembre, commemorazione dei defunti.

  • Gabrio Zacchè – Anziani piuttosto che vecchi. Le argute riflessioni di un vegliardo-poeta.

  • Gabrio Zacchè – Etica e cultura della informazione medica e sanitaria.

  • Alessandra Venegoni – Il sangue cordonale appartiene al legittimo proprietario: il neonato!

  • Giuseppe Cesa – La scelta di una psicoterapia.

  • Bernadette Béarez Caravaggi – Il mistero del dolore.

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/118-etica-salute-famiglia-novembre-2017

Varese. Corso di formazione Psicologia e Psicopatologia perinatale.

Nel Consultorio Familiare “La Casa di Varese” da anni è presente un’equipe multidisciplinare denominata “percorso nascita” che si occupa di accompagnare la futura mamma, papà ed il nascituro in percorsi finalizzati nel periodo pre e post nascita.

Nei mesi scorsi è stato effettuato ad un campione di 60 future mamme la somministrazione dell’Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) rilevando che circa il 10% delle donne ha un alto rischio di sviluppare sintomatologia depressiva perinatale. Questo dato è in linea con quello nazionale e ci ha spinto a richiedere un’adeguata formazione coinvolgendo la dott.ssa Alessandra Bramante, psicologa e psicoterapeuta perinatale, presidente della Società Marcè Italiana per la Salute Mentale Perinatale ed autrice di numerose pubblicazioni scientifiche in tale ambito.

L’obiettivo è quello di offrire, attraverso la strutturazione di un’equipe multidisciplinare, un servizio in grado di fornire uno screening adeguato alle donne in gravidanza e nel post-partum che possa permettere di pianificare, laddove necessario, un percorso terapeutico efficace e tempestivo, che riduca i sintomi ed aumenti la remissione in donne già affette.

Il corso che ha ottenuto il riconoscimento E.C.M. partirà a novembre e prevedrà 6 incontri con la dr Alessandra Bramante, dalle 16 alle 20, a cadenza mensile e vedrà coinvolti i vari servizi territoriali.

  1. Psicologia della maternità e progetti di screening.

  2. Psicopatologia del postpartum e della gravidanza. Discussione casi clinici.

  3. La grave psicopatologia perinatale e gli agiti aggressivi.

  4. La relazione mamma-bambino nella psicopatologia perinatale e la psicoterapia.

  5. Psicologia e psicopatologia perinatale.

  6. Incontro di follow-up. www.lacasadivarese.it/?cat=10

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DALLA NAVATA

XXXII domenica del tempo ordinario – Anno A – 12 novembre 2017

Sapienza 06, 13 Nel farsi conoscere (la sapienza) previene coloro che la desiderano.

Salmo 25, 08 (e penso) a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

1Tessalonicesi 04, 18 Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

Matteo 25, 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

 

Vegliate, vigilate!” Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

A conclusione dell’anno liturgico, in questa e nelle prossime due domeniche la chiesa ci propone la lettura di Matteo 25, la seconda parte del grande discorso escatologico, cioè sulla fine dei tempi, fatto da Gesù nei capitoli 24-25. Matteo leggeva in Marco queste parole di Gesù: Fate attenzione, vegliate (agrypneîte, vigilate), perché non sapete quando è il momento. Vegliate (gregoreîte, vigilate) dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate (gregoreîte, vigilate)! (Mc 13,33.35.37).

A partire da tale monito, Matteo ha ricordato e collocato a questo punto tre parabole del Signore su cosa significa vigilare (cf. Mt 24,45-25,30) seguite dal grande affresco sul giudizio finale (cf. Mt 25,31-46). Visto il ritardo della parusia, della venuta gloriosa di Cristo – almeno ai nostri occhi, se è vero che “davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno” (2Pt 3,8) –, come vivere il nostro qui e ora?

Il nostro testo va inoltre collocato almeno all’interno di ciò che Gesù, seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio (cf. Mt 24,3), ha appena detto ai discepoli: “Vegliate (gregoreîte, vigilate), perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe (egregóresen, vigilate) e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo” (Mt 24,42-44). Un’affermazione analoga si ripete anche alla fine del nostro brano, creando un’inclusione: “Vegliate (gregoreîte, vigilate) dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt 25,13). Più in generale, tale monito avvolge le tre parabole seguenti, che dipingono uno scenario in bianco e nero, con due vie opposte tra le quali scegliere:

  • Mt 24,45-51: il servo che può essere fedele e prudente/saggio oppure malvagio;

  • Mt 25,1-13: cinque vergini stolte e cinque prudenti/sagge. Ovvero: cos’è la prudenza/saggezza?

  • Mt 25,14-30: due servi fedeli che fanno fruttare i talenti ricevuti, uno malvagio che lo seppellisce. Ovvero: cos’è la fedeltà?

La nostra parabola ritrae le usanze matrimoniali palestinesi: il giorno precedente le nozze, al tramonto, il fidanzato si recava con gli amici a casa della fidanzata, che lo attendeva insieme ad alcune amiche. Ma se facciamo attenzione, il nostro racconto presenta molti tratti strani: la sposa non c’è; lo sposo arriva a mezzanotte; si chiede di comprare olio in piena notte; la conclusione è fuori luogo, quasi tragica… In breve, il punto è un altro. Questa parabola è costruita ad arte da Matteo, a partire dal ricordo di parole di Gesù, per descrivere la prolungata attesa della venuta gloriosa del Signore Gesù: è lui, il Messia, “lo Sposo che tarda”, e il vero problema è come comportarsi in questa attesa! Come vigilare?

“Il regno dei cieli sarà simile…”: con questa frase tipica di Gesù siamo subito condotti nel vivo del racconto. Ci sono dieci vergini che si muniscono delle loro lampade per “uscire incontro allo sposo”. Quest’ultimo particolare è espresso in greco con una formula tecnica per indicare l’accoglienza del re nella sua parusia, nella visita ufficiale a una città. Ecco la vera posta in gioco: l’accoglienza di quel re del tutto singolare che è Gesù Cristo, lui che viene ad aprirci il regno dei cieli. L’evangelista precisa subito l’essenziale: cinque di queste vergini sono stolte, cinque prudenti/sagge. In cosa consiste la differenza? Nel prepararsi o meno all’incontro con il Signore, prendendo con sé l’olio. Questa netta contrapposizione può essere illuminata attraverso ciò che Gesù dice al termine del “discorso della montagna”: «Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7,24-27).

È saggio chi ascolta la Parola e la mette in pratica; è stolto chi ascolta e non fa. L’ascolto è comune allo stolto e al saggio: ciò che li differenzia è la pratica, punto e basta.

“Poiché lo Sposo tardava…”: ecco il particolare decisivo della parabola. Il problema è il ritardo della venuta finale di Gesù, un vero e proprio trauma per le prime generazioni cristiane. E noi attendiamo ancora il Veniente oppure – come affermava Ignazio Silone – abbiamo per la sua venuta lo stesso entusiasmo di quelli che aspettano l’autobus alla fermata? “… si assopirono tutte e si addormentarono”. Paradosso: si sta parlando di vegliare, e tutte dormono! Dunque, che tipo di vigilanza è quella a cui Gesù vuole esortarci? Dove sta la differenza tra le stolte e le sagge, se tutte si addormentano?

Prima di tentare una risposta, lasciamoci colpire dalla voce che squarcia la notte: “Ecco lo Sposo! Andategli incontro!”. Grido che giunge improvviso a mezzanotte, l’ora più inattesa, in cui il Signore viene e ci sorprende come un ladro nella notte, afferma a più riprese il Nuovo Testamento (cf. Mt 24,43; 1Ts 5,2-4; 2Pt 3,10; Ap 3,3; 16,15). All’udire questa voce potente, tutte le vergini, come si erano addormentate, così si destano, “risorgono” (verbo egheíro). Ma ecco che finalmente si manifesta la differenza. Le cinque stolte non hanno olio, dunque sono costrette a chiederne un po’ alle altre cinque. Si sentono però rispondere: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto a comprarvene”.

Risposta dettata dall’egoismo? No, è un modo, seppur brusco, per dire che nel giudizio finale ognuno deve rispondere per sé: non si può avere in extremis l’olio necessario, l’incontro con il Signore va preparato prima. Quest’olio o lo si ha in sé oppure nessuno può pretenderlo dagli altri: è l’olio del desiderio dell’incontro con il Signore. Certo, i padri testimoniano molti altri modi di intendere quest’olio: la carità, la compassione, le azioni giuste che danno carne alla fede, ecc. Ma credo non si debba insistere troppo su un singolo elemento, finendo per perdere di vista l’insieme, cioè l’essenziale: è nella capacità di tenere vivo oggi il desiderio dell’incontro con il Signore che si gioca il giudizio finale, ossia l’essere o meno riconosciuti dal Signore quando verrà alla fine dei tempi. Questo desiderio lo manifestiamo nella nostra vita quotidiana – come Gesù dice nell’affresco di Mt 25,31-46 –; lo manifestiamo in questo tempo di attesa, nella consapevolezza che la vita è lunga e non basta essere uomini e donne “di un momento” (Mc 4,17; cf. Mt 13,21), per darle senso!

Ma finalmente giunge lo Sposo, ed entrano con lui nella sala di nozze solo le cinque vergini sagge, definite con un altro aggettivo: il “come”, lo stile della loro saggezza consiste nell’essere “pronte”, preparate, senza bisogno di alcuna dilazione. Allora “la porta fu chiusa”, un particolare icastico, che dice in pochissime parole una verità nettissima, anche se scomoda: dentro o fuori, non vi è una terza possibilità!

“Alla fine” – espressione cara a Matteo (cf. Mt 4,2; 21,29.32.37; 22,27; 26,60) – giungono le altre cinque vergini, di ritorno dall’acquisto dell’olio, e cominciano a invocare: “Signore, Signore, aprici!”. Egli però risponde risolutamente: “Amen, io vi dico: non vi conosco”, formula tecnica con cui all’interno di una scuola rabbinica il maestro ripudia il suo discepolo. Non è forse una risposta troppo dura? Per le nozze sì, nell’ambito del giudizio no: essa ci ricorda che l’incontro con il Signore è al tempo stesso festa e giudizio. Nell’ultimo giorno, al momento di dare inizio al banchetto del Regno, il Signore Gesù non potrà non mettere in luce la verità della nostra vita, mediante quel giudizio che noi confessiamo nel “Credo” (“di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti”), giudizio assolutamente necessario affinché la storia abbia un senso.

Tale verità è mirabilmente espressa da Gesù in un altro brano del “discorso della montagna”, che precede quello citato sopra: Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’ingiustizia!” (Mt 7,21-23).

Qui il discernimento di Gesù è sottile e smaschera una forma di ipocrisia tipicamente “religiosa”: si può presumere di compiere prodigi nel nome di Cristo e invece ingannarsi miseramente; ossia, non fare la volontà del Padre, che è anche la sua volontà. Non è sufficiente neppure compiere gesti carismatici o eclatanti, perché queste opere possono trasformarsi in idoli seducenti in quanto creati dalle nostre mani, in azioni che danno gloria a chi le fa. No, ciò che il Padre vuole è la misericordia, come Gesù ha affermato citando il profeta Osea: “Misericordia io voglio, non sacrificio” (Os 6,6; Mt 9,13; 12,7). È un annuncio della misericordia di Dio che deve trasparire dalla nostra prassi in mezzo agli altri uomini e donne, ed è solo su questo che saremo giudicati nell’ultimo giorno. Allora sarà rivelato chi ha veramente aderito al Signore e chi, pur fingendo di agire in suo nome, è stato un operatore d’ingiustizia. Insomma, non c’è solo la discrepanza tra dire e fare; c’è anche quella tra un fare egoistico, autoreferenziale, e un fare ispirato dalla volontà di Dio, da quella misericordia che è la “giustizia superiore” (cf. Mt 5,20) rivelata da Gesù. In questo “fare differente” consiste l’essere pronti per andare incontro allo Sposo veniente.

Infine, Gesù conclude: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. La vigilanza è la matrice di ogni virtù umana e cristiana, è il sale di tutto l’agire, è la luce del pensare, ascoltare e parlare di ogni umano. Non si può non ricordare, al riguardo, l’acuta comprensione del grande Basilio, a conclusione delle sue Regole morali: “Che cosa è specifico del cristiano?”. “Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronti nel compiere pienamente la volontà di Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene (cf. Mt 24,44; Lc 12,40)” (80,22).

E l’Apostolo Paolo, in quello che è il più antico scritto del Nuovo Testamento, così ammonisce i cristiani di Tessalonica: Voi, fratelli, non siete nella tenebra, sicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alla tenebra. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri (1Ts 5,4-6).

Vegliare, vigilare, è andare incontro al Signore con le lampade del desiderio accese; è essere saggi, cioè pronti a vivere il tempo lungo dell’attesa con l’aiuto dell’olio dell’intelligenza. E ciò tenendo presente – come Gesù rivela con realismo – la possibilità di addormentarci, ovvero di dimenticare, di rimuovere l’orizzonte della venuta del Signore. Come fare fronte a questa che è più di una possibilità? Lottando ogni giorno per non lasciare appesantire le nostre vite dalla routine, dalla ripetitività del quotidiano, che è pur sempre l’oggi di Dio, l‘unica porta d’accesso nel mondo alla venuta finale del Signore: “Beati quei servi che il Signore alla sua venuta troverà vigilanti!” (Lc 12,37).

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11924-vegliate-vigilate

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DIACONATO

Ordo et sexus: impedimenti o opportunità?

La donna e il diaconato abstract

Il 12 maggio 2016, in occasione dell’udienza generale alle Superiore Generali degli Ordini religiosi, una suora ha chiesto a papa Francesco perché le donne erano escluse dai processi decisionali nella Chiesa e dalla predicazione nella celebrazione eucaristica, dal momento che, secondo le sue stesse parole, «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita della Chiesa e della società».

Nella sua risposta Francesco ha accennato all’esistenza di donne diacono nella Chiesa antica, annunciando l’intenzione di costituire una commissione ufficiale «che possa studiare la questione». Il 2 agosto, il Papa ha onorato l’impegno. La novità è rimbalzata subito tra i media del mondo cattolico e non, provocando diversificate e opposte reazioni. Alcuni ritengono che il diaconato permanente delle donne sia un ritorno a ciò che era in vigore nella Chiesa antica, e quindi sia cosa legittima. Altri invece lo considerano il primo passo verso il sacerdozio delle donne, e ritengono che questo non sia possibile nella Chiesa cattolica. In attesa di conoscere le conclusioni della commissione, si tratta comunque di un’occasione per sviluppare una riflessione di carattere storico, andando a consultare le fonti e i commenti più accreditati.

Ad esempio, i Vangeli mostrano, nei confronti della donna, un atteggiamento nuovo e positivo, libero da pregiudizi. Analogamente, la prima comunità cristiana ha un modo innovatore di rapportarsi alla donna. Quanto alle «donne diacono», sono pochi i passi del Nuovo Testamento in cui vi si accenna. D’altra parte, il ruolo di rilievo delle donne nella vita delle prime comunità cristiane è attestato anche da fonti terze. Ma già nei primi tempi della storia della Chiesa, un simile protagonismo ecclesiale delle donne non è durato a lungo.

Per arrivare rapidamente alla nostra epoca, nella Pentecoste del 1994 papa Giovanni Paolo II ha riassunto, nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, il punto di arrivo di una serie di precedenti interventi magisteriali concludendo che Gesù ha scelto solo uomini per il ministero sacerdotale. Tuttavia, imprevedibilmente lasciava anche emergere un passo di Paolo VI del 1975, in cui si affermava che la Chiesa deve «riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nella missione evangelizzatrice e nella vita delle comunità cristiane». Si è dunque aperto un dibattito che ha anche creato «tensioni» nei rapporti tra Magistero e Teologia per problemi connessi.

L’obiezione di fondo, riemersa nel dibattito, è: come mai la Chiesa antica ha ammesso alcune donne al diaconato e perfino all’apostolato? E perché poi la donna è stata esclusa da tali funzioni?

Giancarlo Pani SJ la civiltà cattolica Quaderno 3999, anno 2017, pagg. 209-221

www.laciviltacattolica.it/articolo/la-donna-e-il-diaconato

Nel dibattito che accompagna i lavori della Commissione vaticana sul diaconato femminile, un bell’articolo di p. Giancarlo Pani, su “La Civiltà Cattolica” (3999/2017, 209-221), ha toccato – quasi per transennam [alla sfuggita] – due punti su cui vorrei brevemente proporre qualche riflessione:

    1. Prima osservazione: quando la tradizione attesta dei “fatti”, se ne può desumere prudentemente la possibilità o la necessità. Ma quando ad essere attestata è una “assenza di fatti”, non sempre è prudente desumerne la non necessità o la impossibilità. Citando questa bella espressione di Y. Congar, Pani mette in guardia da facili generalizzazioni, oggi assai diffuse.

    2. Ci si chiede, poi: il pronunciamento di Ordinatio Sacerdotalis, che dice nel 1994 una parola forte sulla esclusione delle donne dal ministero, a che livello di autorevolezza deve essere collocato? La breve discussione riportata da Pani riaccende l’interesse sulle implicazioni che, indirettamente, quella soluzione comporta nella discussione sul diaconato femminile.

Come è noto, le questioni intorno alla “ordinazione delle donne” sono sorte ufficialmente, nel cattolicesimo, molto tardi: dal 1975 prima papa Paolo VI, poi Giovanni Paolo II sono intervenuti con documenti di alta autorità, ma non impegnando il livello massimo del magistero irreformabile. Su questo punto la mancanza di chiarezza della recezione dipende dalla non linearità degli stessi pronunciamenti magisteriali.

Una breve ricostruzione della sequenza di pronunciamenti può essere qui utile:

  1. Nel 1975 Rescritto di Paolo VI alla lettera dell’Arcivescovo di Canterbury

  2. Nel 1976 Inter Insigniores Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della fede

  3. Nel 1994 Ordinario Sacerdotalis Lettera Apostolica di papa Giovanni Paolo II

  4. Nel 1995 La Congregazione per la Dottrina della fede risponde a un dubbio sul grado di autorevolezza magisteriale di OS

  5. Sempre nel 1995 viene pubblicato un Commento “chiarificatore” alla risposta della Congregazione per la Dottrina della fede

  6. Negli ultimi anni sorge anche la pretesa da parte di alcune voci di estendere la esclusione pronunciata da OS anche al diaconato.

E’ evidente che il grado massimo della “irreformabilità”, garantito dal magistero infallibile, viene qui elaborato su due fronti:

  1. da un lato si fa valere la tradizione uniforme, che sempre, ovunque e da tutti sarebbe stata osservata, nella esclusione della possibilità di ordinazione della donna. Ciò, tuttavia, non tiene strutturalmente conto che, a partire da Pacem in terris, il ruolo della donna viene ufficialmente considerato in modo nuovo, teologicamente e antropologicamente, e che questo elemento, riconosciuto come tipicamente moderno, introduce criteri di giudizio, forme di attribuzione di autorità e gradi di libertà dei soggetti che prima erano semplicemente impensabili e inauditi. Le risposte univoche della tradizione fino al XIX secolo, si potrebbe dire, rispondono ad una domanda diversa dalla nostra. E risultano poco utili per rispondere, significativamente, alla domanda nuova.

  2. d’altro lato, troviamo un pronunciamento autorevole da parte del magistero del sommo pontefice, che avrebbe potuto intervenire ex cathedra per stabilire la posizione della Chiesa, ma che ha scelto invece di farlo “in modo negativo”, non assumendo positivamente la propria autorità nella decisione, ma anzi negando a sé la facoltà di intervenire. Anche qui, si potrebbe dire: se avesse voluto utilizzare la sua massima autorità, il papa avrebbe potuto farlo. Poiché invece non lo ha fatto, che cosa dobbiamo desumerne? Prudenza? Riserbo? Cautela? Lungimiranza?

Si può osservare che ognuno dei lati della possibile “definitività irreformabile” non appare garantito a sufficienza dai documenti pubblicati in questi 40 anni. E ciò per un duplice motivo:

  1. La tradizione universale implicita, proprio poiché sente il bisogno di un pronunciamento in materia, non può presumere di risolverlo immediatamente nella evidenza dei fatti della tradizione. Se i fatti di tradizione fossero stati davvero univoci, se le opinioni fossero state così pacifiche, se la fede fosse rimasta così serena, se avessimo trovato incontestato – sempre, ovunque e da tutti, anche nell’ultimo secolo – l’orientamento di escludere dal ministero sacerdotale la donna, perché mai ci sarebbe stato bisogno di questa serie di documenti?

  2. D’altra parte i documenti nuovi, pretendendo di assumere un “dato pacifico”, e quindi di spostare nel passato la questione e la sua soluzione, non si attribuiscono il potere di definirlo, ma semplicemente si limitano a dichiarare la propria “assenza di autorità” di fronte ad una tradizione che presumono di ricostruire come lineare e aproblematica. Forse questi testi non hanno ascoltato la domanda nuova e per questo possono ritenere che sia sufficiente la risposta classica, formulata con tutta la certezza dovuta, ma per rispondere ad una domanda diversa! La domanda di “ministero al femminile” non scaturisce come un capriccio in una tradizione che la ignora nella indifferenza, bensì come la crescita di una coscienza culturale, sociale ed ecclesiale, che deve essere onorata e alla quale la Chiesa è tenuta a rispondere assumendola francamente, senza evasività o indifferenza. E se la vuole negare, la neghi: ma ha l’onere della prova. E deve offrire argomenti solidi, non meri fatti o assenze di fatti.

Il difetto di argomentazione che sto segnalando mi pare che brilli in modo particolare in un passaggio del “chiarimento” offerto dalla Congregazione per la Dottrina della fede, a precisazione della sua stessa risposta al dubbio intorno a OS. Si noti: la Congregazione prima scrive una risposta ad un dubbio e contestualmente allega un commento a chiarificazione della risposta che essa stessa ha redatto. Nel testo del “Commento” si può notare chiaramente questa impressionante oscillazione tra le pretese di chiarezza di una tradizione – in realtà divenuta problematica – e la assenza di autorità che il papa riconoscerebbe a se stesso sul tema:

“Va quindi sottolineato che il carattere definitivo ed infallibile di questo insegnamento della Chiesa non è nato dalla Lettera Ordinatio sacerdotalis. In essa, come spiega anche la Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Romano Pontefice, tenuto conto delle circostanze attuali, ha confermato la stessa dottrina mediante una formale dichiarazione, enunciando di nuovo quod semper, quod ubique et quod ab omnibus tenendum est, utpote ad fidei depositum pertinens. In questo caso, un atto del Magistero ordinario pontificio, in se stesso per sé non infallibile, attesta il carattere infallibile dell’insegnamento di una dottrina già in possesso della Chiesa”

www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19951028_commento-dubium-ordinatio-sac_it.html

Il Commento della Congregazione, come appare evidente, avanza la pretesa di definire come “definitivo e infallibile” un insegnamento della Chiesa che non sarebbe contenuto in OS, ma che starebbe “a monte” di OS. Il documento papale, dunque, che in sé viene apertamente riconosciuto come “non infallibile”, dovrebbe essere semplicemente inteso come un atto di costatazione – fuori e prima di sé – della infallibilità di una tradizione, che tuttavia, proprio a causa della sua problematicità, ha richiesto l’intervento magisteriale. Vi è qui una dura e inaggirabile tensione tra il documento nuovo e i fatti della tradizione. I fatti della tradizione chiedono al documento un pronunciamento, perché assuma una “domanda nuova”, scaturita dallo sviluppo civile, culturale, antropologico ed ecclesiale dell’ultimo secolo, ma il documento dice che i fatti della tradizione sarebbero evidenti, rinunciando a spiegarne il perché e il come, e assumendo invece soltanto la prospettiva classica, non quella nuova. Forse la chiave ermeneutica più sensibile di questa ardita ricostruzione sta nel breve, ma prezioso inciso: “tenuto conto delle circostanze attuali”. Questa delimitazione temporale e contestuale, che contrasta con il semper ubique ab omnibus della riga seguente, consente di assumere la portata del documento come “non infallibile”, condizione che non risulta affatto surrogabile in seconda battuta da chiarimenti a posteriori, pronunciati ad un livello gerarchico non dotato autonomamente di autorità infallibile.

In altri termini, se il papa non ha detto apertis verbis di assumere una decisione tecnicamente infallibile – come ad es. Pio XII per il dogma della Assunzione di Maria – nessuna autorità diversa da un Papa che parli ex cathedra potrà pretendere di “riconoscere” come infallibile ciò che infallibilmente non è stato definito.

Altrimenti noi avremmo il paradosso – o, peggio, la mistificazione – di un documento dichiarato apertamente come non infallibile, che una esplicazione ancora meno infallibile carica di una irreformabilità che sarebbe in questo caso garantita soltanto da quella “tradizione universale” che in realtà risulta così poco pacifica e incontestata, da aver fatto sorgere la domanda di un pronunciamento da parte del Magistero. Non siamo lontani, qui, da un circolo vizioso e da una autoimplicazione che si avvicina molto alla autoreferenzialità. E neppure è difficile scorgere, in questa obiettiva contorsione argomentativa, un certo imbarazzo verso la questione, come pure la non nascosta tensione tra la volontà di chiudere univocamente e autoritariamente la discussione e la impossibilità positiva – insieme alla prudenza negativa – nell’assumere in questo ambito una posizione assolutamente irreformabile.

Dunque nel 1994, nelle circostanze del momento, papa Giovanni Paolo II ha ritenuto di non avere la autorità per modificare una tradizione che tecnicamente non ha dichiarato definitiva e che tale non può essere dichiarata da altri soggetti ecclesiali di grado inferiore al suo. L’unica cosa definitiva è la mancanza di autorità dichiarata in quel momento, che deve essere assunta con grande serietà. Ma nulla impedisce ad un altro papa, “in altre circostanze di un altro momento”, di leggere diversamente la tradizione, poiché non è vincolato da un giudizio definitivo sulla tradizione, ma solo dal giudizio definitivo sulla assenza di autorità assunto autorevolmente da un suo predecessore. Se la dottrina irreformabile fosse immediatamente quella della tradizione premoderna, non si sarebbe posta la questione di un pronunciamento in materia. La scelta di un pronunciamento meramente negativo, con cui si dichiara di “non avere la facoltà”, lascia aperta la possibilità di una dichiarazione diversa, in un contesto nuovo, quando si vogliano davvero assumere non solo vecchie risposte per vecchie domande, ma una nuova risposta per una domanda che venga riconosciuta – apertamente e coraggiosamente – nella sua novità.

Comunque sia, e indipendentemente da questo dibattito ancora aperto, resta sempre la distinzione della questione della “ordinazione sacerdotale” da quella della “ordinazione diaconale”, che non può essere considerata inclusa nel ragionamento prodotto dalla discussione che abbiamo fin qui considerata. Quindi, anche al di là della conclusione cui si giungesse nella valutazione di OS, bisognerebbe riconoscere pur sempre che tale documento nulla dice a proposito di una eventuale ordinazione diaconale, quando venisse estesa a soggetti battezzati di sesso non maschile, ma femminile.

Andrea Grillo blog: Come se non 9 novembre 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/ordo-e-donna-impedimenti-o-opportunita

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Famiglia tradizionale è antidoto a individualismo dilagante

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2017/documents/papa-francesco_20171111_videomessaggio-simposio-amorislaetitia.html

C’è un “desiderio di famiglia” che emerge oggi nell’animo delle giovani generazioni ma è vero anche che “nel cammino dell’amore coniugale e della vita familiare” ci sono situazioni che richiedono scelte “ardue”, da compiere “con rettitudine”. È la riflessione del Papa nel videomessaggio inviato ai partecipanti al terzo simposio internazionale sull’Esortazione apostolica Amoris lætitia, in corso oggi a Roma e organizzato dall’Ufficio per la pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana sul tema: “Il Vangelo dell’amore tra coscienza e norma”.

“L’amore fra uomo e donna – osserva Francesco – è evidentemente tra le esperienze umane più generative, è fermento della cultura dell’incontro e porta al mondo attuale un’iniezione di socialità: davvero ‘il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa’. Proprio la famiglia nata dal matrimonio genera legami fecondi, che risultano l’antidoto più efficace all’individualismo dilagante”.

Nella realtà domestica, osserva il Pontefice, a volte si presentano “nodi concreti” da affrontare con coscienza “prudente” da parte di ciascuno.

“E’ importante – prosegue – che gli sposi, i genitori non siano lasciati soli, ma accompagnati nell’impegno di applicare il Vangelo nella concretezza della vita. D’altra parte, sappiamo bene che ‘siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle’”.

Il mondo contemporaneo, aggiunge, rischia di confondere il “primato della coscienza”, che è sempre da rispettare, con l’autonomia esclusiva dell’individuo rispetto alle relazioni che vive: il Papa parla ancora una volta di “culto dell’io”, cioè di una vera e propria egolatria, che risulta essere un “inquinamento” che “corrode” gli animi e confonde menti e cuori, producendo “false illusioni”.

Cita il filosofo e teologo Romano Guardini che, a proposito del tema della coscienza, indica la via per la ricerca del vero bene, la “realtà religiosa”. Nell’intimo di ciascuno, afferma Francesco, vi è un “luogo” dove il Mistero si rivela e illumina la persona rendendola protagonista della sua storia: la coscienza è il “nucleo” segreto dell’uomo dove – come insegna il Concilio Vaticano II – egli è “solo con Dio”.

“Al cristiano spetta vigilare affinché in questa sorta di tabernacolo non manchi la grazia divina, che illumina e fortifica l’amore coniugale e la missione genitoriale”.

E’ Gesù, conclude il Papa, a indicare in particolare “la medicina della misericordia, che guarisce la durezza del cuore, risanando i rapporti tra marito e moglie e tra genitori e figli”. 

Giada Aquilino radio vaticana 11 novembre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/11/11/papa_famiglia_tradizionale_è_antidoto_a_individualismo/1348271

Messaggio del Papa al 37° Convegno Centri aiuto alla vita

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/november/documents/papa-francesco_20151106_centri-aiuto-alla-vita.html

Inaugurato a Milano, il 37° Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita. Nel discorso di apertura, il Presidente del Movimento italiano, Gian Luigi Gigli, ha messo in evidenza la sfida di far fronte ad “un eccesso di umanesimo sempre meno capace di assicurare pari dignità e rispetto a tutti gli esseri umani”, “sempre meno capace di rispettare anche il creato” e, allo stesso tempo, ha invitato ad accogliere le parole del Papa: ‘resistere all’anestesia e all’avvilimento dell’umanesimo’.

In occasione del Convegno, il Pontefice non ha fatto mancare la propria vicinanza. Nel messaggio a firma del card. Segretario di Stato, Pietro Parolin, così si legge: “Il Santo Padre Francesco rivolge il suo beneaugurante saluto esprimendo apprezzamento per l’opera svolta da codesto Movimento a difesa e promozione vita umana. Egli auspica che i lavori congressuali possano favorire l’adesione ai valori della vita umana e l’accoglienza di tale incommensurabile dono divino in tutta la sua affascinante ricchezza. Nel chiedere di pregare per il suo servizio alla Chiesa, Sua Santità invoca copiosi doni dello Spirito su quanti prendono parte alle giornate di studio e di riflessione, e volentieri invia la benedizione apostolica”.

http://it.radiovaticana.va/news/2017/11/10/messaggio_del_papa_al_37°_convegno_centri_aiuto_alla_vita/1348249

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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI – MISNA

Nostre e loro attese non possono andare deluse”

Incontro oggi alla Camera dei Deputati tra associazioni e istituzioni sulla nuova legge 47/2017, per fare il punto a 6 mesi dall’approvazione e sciogliere i nodi che ne rallentano l’applicazione. “Il lavoro congiunto tra associazioni e istituzioni mostra come un Paese può cambiare e migliorare se stesso grazie al reciproco ascolto, al monitoraggio, alla valorizzazione del capitale sociale rappresentato dai cittadini. La dignità e il futuro dei minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia merita tutta l’attenzione possibile. Le nostre attese di cittadini, così come le loro di migranti, non possono andare deluse“: è il commento di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini, al termine della giornata di confronto tra organizzazioni e associazioni promotrici della legge 47/2017 per l’accoglienza e la protezione dei minori stranieri non accompagnati e i rappresentanti delle istituzioni. L’appuntamento si è svolto alla Camera dei Deputati ed è stato moderato da Raffaella Milano, Direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children Italia. E’ stata l’occasione per fare il punto a 6 mesi dall’approvazione della nuova legge e confrontarsi sugli elementi cruciali per la sua applicazione. Con Ai.Bi. c’erano anche ActionAid, Amnesty International Italia, Asgi, Caritas Italiana, Centro Astalli, C.I.R., CNCA, Emergency, OIM, Terre des Hommes, Save the Children, UNHCR e UNICEF.

Nel nostro Paese, infatti, da gennaio 2017 sono sbarcati 14.579 minori soli, per un totale di 18.491 minori censiti dal sistema di accoglienza italiano. Ma ci sono altre cifre da considerare: come ha spiegato nel proprio intervento Stephane Jaquemet, Delegato dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati per il Sud Europa, sono circa 65 milioni le persone costrette a lasciare la propria casa: un numero quadruplicato negli ultimi 20 anni. E circa la metà degli sfollati e richiedenti asilo nel mondo sono minori.

“L’incontro odierno – aggiunge Griffini – è stato positivo e importante per fare il punto tutti insieme, associazioni e istituzioni, sulle migliori modalità da mettere in campo per accompagnare le nuove figure dei tutori volontari e per cercare soluzioni in grado di sciogliere al più presto tutti i nodi organizzativi che ancora impediscono la concreta applicazione del dettato normativo da poco in vigore. Come Ai.Bi. raccogliemmo oltre duemila disponibilità di famiglie che si erano messe in gioco per dare una mano sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e delle madri sole con bambino. Un patrimonio che ha mostrato il volto di persone che ora aspettano una risposta chiara.“

Proprio il supporto, formativo e non solo, ai tantissimi tutori volontari che hanno risposto con entusiasmo all’invito delle istituzioni – 2.600 secondo il dato fornito oggi da Filomena Albano, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza – unito al necessario accompagnamento delle famiglie affidatarie, è il primo punto sul quale occorrerà muoversi per garantire l’efficacia e l’omogeneità nell’applicazione della legge. Per evitare l’applicazione di procedure e prassi disomogenee sul territorio nazionale, sarà importante l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sul primo colloquio con il minore svolto da personale qualificato del centro di prima accoglienza e la definizione dei contenuti della cartella sociale che accompagnerà il minore lungo il suo percorso in Italia.

Inoltre, sono necessarie istruzioni dettagliate per le Questure sulle modalità per consentire ai minori di presentare autonomamente la richiesta di permesso di soggiorno per minore età e va chiarito che il permesso per minore età consente di esercitare attività lavorativa nel rispetto della normativa vigente in materia di lavoro dei minorenni. Occorre, insomma, una governance dei processi, dopo l’atto di civiltà che è stato la promulgazione della legge da parte dell’Italia, come chiarito da Aly Baba Faye, Consigliere del Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno.

Durante il dibattito sono stati toccati anche i temi del rafforzamento della seconda accoglienza, garantendo ai minori percorsi di integrazione funzionali su tutto il territorio nazionale. In tal senso, è stato ribadito come i CAS vadano considerati luoghi di accoglienza residuali, da attivare solo per reale emergenza, evitando del tutto la permanenza dei minorenni in strutture ‘hotspot’. Chiarita pure la necessità di iscrizione obbligatoria dei ‘Msna’ al Servizio Sanitario Nazionale anche prima del rilascio del permesso di soggiorno, bypassando anche l’eventuale assenza di Codice fiscale o di un indirizzo di residenza. Stesso discorso per l’educazione scolastica, la formazione professionale e l’accompagnamento all’inserimento nel mondo del lavoro. Passi possibili, eppure urgenti per rendere sempre più ‘istituzionalizzati’ principi di civiltà, generosità e solidarietà dei cittadini italiani che, come ha sottolineato l’on. Sandra Zampa, Vicepresidente della Commissione Infanzia e firmataria della legge, non sono scontati.

Ai.Bi., con le altre organizzazioni promotrici dell’incontro alla Camera dei Deputati, ha presentato un documento congiunto con proprie raccomandazioni, tra le quali meritano di essere evidenziate soprattutto quelle relative all’affidamento familiare e all’applicazione dei requisiti della legge 184/1983, laddove la nuova norma prevede la possibilità per gli Enti locali di promuovere la formazione di affidatari, in modo da favorire l’accoglienza in famiglia dei minorenni stranieri non accompagnati piuttosto che in strutture (art. 7). “La Legge – si legge nel documento – tuttavia attribuisce carattere facoltativo a tali misure, le quali sono quindi rimesse alla discrezionalità degli enti locali e vanno attuate senza aggravio di spesa. Se dunque da un lato la promozione dell’affido richiamato dalla legge consente di dare nuovo impulso a tale istituto, la volontà effettiva di attivazione della stessa da parte degli enti locali resta cruciale“. Inoltre, gli enti hanno chiesto l’istituzione di un tavolo permanente di confronto inter-istituzionale per garantire il coordinamento delle misure di attuazione e monitoraggio sull’implementazione della legge, che comunichi a intervalli regolari con associazioni ed enti impegnati nella tutela dei minori stranieri non accompagnati.

file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/Attuazione-L-47_documento-congiunto-per-evento-7-nov_DEF_2nov2017(2).pdf

“A tutti coloro che si sono adoperati per un cambiamento concreto sui diritti degli ultimi attraverso la legge 47/2017 – sottolinea ancora il presidente di Ai.Bi. Marco Griffini – così come a Sandra Zampa, che ha voluto fortemente questa legge, va il nostro grazie più sincero. Amici dei Bambini, dal canto suo, continuerà a impegnarsi attivamente insieme al gruppo di lavoro nell’ambito della promozione sull’affido“.

News Ai. Bi. 8 novembre 2017

www.aibi.it/ita/minori-stranieri-non-accompagnati-griffini-ai-bi-nostre-attese-non-possono-andare-deluse

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PARLAMENTO

Camera dei Deputati. 2° Commissione Giustizia. Assegno divorzile. C4605.

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0054400&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=4605-e-sede=-e-tipo=

8 novembre 2017. La Commissione ha svolto l’audizione di Fernando Prodomo, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze e di rappresentanti dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), nell’ambito dell’indagine conoscitiva in merito all’esame della proposta di legge C. 4605 Ferranti, recante modifiche all’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile.

pag.52 file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/leg.17.bol0905.data20171108.com02(1).pdf

VedinewsUCIPEM n. 673, 29 ottobre 2017, pag.27

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

Assemblea annuale e rinnovo degli Organi sociali.

Sabato 11 novembre 2017, l’Assemblea dell’Ucipem ha dedicato una mattinata di studio su “L’équipe cuore del Consultorio familiare dell’Ucipem”. La relatrice dott.ssa Laura Mullich, psicoterapeuta di Trieste, ha affrontato il tema che caratterizza la metodologia dell’intervento dei Consultori dell’Ucipem nel quadro dei cambiamenti in atto nelle nostre società occidentali.

Gli interventi, stimolati dalle riflessioni proposte, hanno contribuito a un confronto tra i partecipanti che hanno messo in evidenza le esperienze vissute nel lavoro di squadra, le criticità ma anche la ricchezza che non solo caratterizza ma produce anche collaborazione tra gli operatori e positività per gli utenti.

Il Presidente dr Francesco Lanatà ha svolto la relazione del lavoro del Consiglio direttivo uscente nel quadriennio passato. Sono state privilegiate le attività formative, attraverso convegni e visite ai Consultori che l’hanno richiesto; la nomina e il sostegno alle Delegazioni regionali; la collaborazione con i Consultori della Federazione dei Consultori di Ispirazione Cristiana; la collaborazione con le istituzioni pubbliche e private per il sostegno alla famiglia. Ha inoltre indicato le prospettiche che aprono a un futuro qualificato e solidale.

Bilancio dell’esercizio 2016 presentato dal Consiglio, con la relazione dei revisori dei conti, è stato approvato dall’Assemblea all’unanimità.

Elezione de Organi sociali per il prossimo quadriennio:

Consiglio direttivo: confermati: Chiara Camber (Trieste), Francesco Lanatà (Pisa), Cristiano Marcucci (Pescara), Raffella Moioli (Biella), Giancarlo Odini (Mantova), Luca Proli (Forlì).

neo eletti: Renata D’Ambrosio (Senigallia), Emanuela Elmo (Bologna), Tommaso Guadagno (Napoli).

Revisori dei conti: Gabriella Gallese (Grosseto), Giovanni Gibello (Biella), Alessandra Rapaccioli (Piacenza).

Collegio dei probiviri: Alice Calori (Milano), Beppe Sivelli (Parma), Emidio Tribulato (Messina).

Nella prossima riunione il Consiglio direttivo nominerà il Presidente, il Vicepresidente, il Segretario.

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VIOLENZA

Condannato il marito per i maltrattamenti alla moglie “in carriera”

Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 49997, 31 ottobre 2017.

La Cassazione conferma la condanna al marito per i maltrattamenti subiti dalla moglie da lui accusata di dedicarsi troppo al lavoro. Rischia la condanna per maltrattamenti in famiglia il marito che agisce con rabbia, vessando psicologicamente la moglie, donna in carriera, proprio a causa del suo lavoro ritenuto non conciliabile con la vita di coppia e i rapporti familiari.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna nei confronti di un uomo per il reato ex art. 572 c.p. (Maltrattamenti conto familiari o conviventi).

All’imputato era stato contestato di aver maltrattato la moglie, rendendole la vita impossibile, con ripetute percosse, minacce di morte e condotte di intimidazione psicologica e vessazione, atteggiamenti di umiliazione e svilimento, quali volerle impedire di svolgere attività lavorativa.

La difesa, sottolinea, invero, che in 11 anni di convivenza gli episodi sarebbero stati pochi (quindi sarebbe mancato il requisito dell’abitualità) e per lo più soltanto litigi e diverbi tra coniugi slegati tra loro, come confermato da testimonianze che li definivano come “una coppia normale”.

Il marito sottolinea, inoltre, l’errata concezione della famiglia tutelata dalla norma penale, sussunta dalla Corte territoriale e avulsa dalla realtà: egli evidenzia che la moglie/persona offesa aveva scelto di anteporre la carriera alla famiglia, vivendo “da single” e senza legami, dedicandosi al lavoro, senza alcun obbligo nei confronti degli altri componenti del nucleo familiare e nei confronti del marito invalido.

In Cassazione, pertanto, l’imputato chiede venga annullata la sentenza impugnata, sia per mancanza del menzionato elemento oggettivo del reato, sia per difetto di quello soggettivo, in assenza della prova di un programma criminoso animato da volontà unitaria di vessare la moglie.

Ancora, il provvedimento viene censurato dall’imputato poiché fondato sulle sole dichiarazioni della persona offesa, prive di riscontri esterni ed estremamente ondivaghe e generiche, quanto all’oggetto delle condotte illecite.

Per gli Ermellini, tuttavia, il duplice conforme specifico apprezzamento dei giudici di merito, appare sorretto da motivazione non apparente e immune dai vizi: l’imputato, infatti, si sarebbe limitato a reiterare questioni già dedotte e risolte in sede di appello, sollecitando una diversa valutazione del quadro probatorio, del tutto preclusa in sede di legittimità.

La Corte di appello, sottolinea la Cassazione, ha puntualmente e correttamente proceduto alla verifica della attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa (penetrante) verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

Nel caso di specie, sono state evidenziate condotte abituali addebitate al ricorrente ovvero aggressioni che prima riguardavano solo oggetti, poi degenerate successivamente in minacce anche di morte, in percosse, in reazioni d’ira del ricorrente, in ritorsioni, nella violenza sugli oggetti, in pugni, in tirate di capelli.

Tutto ciò in occasione di continue discussioni dovute all’ira del marito in particolare per gli impegni lavorativi della moglie, poiché lo stesso viveva problematicamente le modalità con cui la donna svolgeva il suo lavoro, con impegni che non sarebbero stati conciliabili, a suo avviso, con i rapporti familiari, tanto da stilare su una lavagna i giorni in cui avrebbero potuto pranzare assieme, con conseguente sue reazioni in caso in cui venissero disattesi gli accordi.

La sentenza ha dato atto di come la donna fosse stata costretta a rifugiarsi da parenti e vicini per sottrarsi al ricorrente, tanto poi da prendere in affitto un appartamento temendo di essere aggredita nel sonno.

La stessa Corte territoriale, inoltre, ha ragionevolmente evidenziato sul punto come le condotte maltrattanti fossero avvenute tra le mura domestiche, quindi in assenza di diretti testimoni, e come chi le subisca tenti di conservare il rapporto familiare cercando di gestire la situazione, anche per paura di comprometterlo con denunce o temendo ritorsioni, confidandosi piuttosto con vicini o parenti dai quale ricevere aiuto in situazioni di emergenza.

Totalmente inammissibile anche il motivo in cui l’imputato prospetta una visione della vita familiare che avrebbe dovuto giustificare i comportamenti da lui posti in essere: nel reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., spiega la Cassazione, l’oggetto giuridico non è costituito solo dall’interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell’incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari.

Infine, conclude la Cassazione, nel reato abituale, il dolo non richiede (a differenza di quello continuato) la sussistenza di uno specifico programma criminoso; è invece sufficiente la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 6 novembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28040-condannato-il-marito-per-i-maltrattamenti-alla-moglie-quotin-carriera-quot.asp

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