NewsUCIPEM n. 641 – 19 marzo 2017

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02 ADOZIONI Dati del Ministero della Giustizia: non ci sono più coppie disponibili. La Via Crucis delle adozioni.

04 ADOZIONE INTERNAZIONALE Vademecum per le famiglie: come distinguere un ente serio.

Adottare per Bene: Il corso per professionisti dell’adozione (Ai. Bi.)

055 ADOZIONI INTERNAZIONALI Il Kosovo riapre le porte all’adozione internazionale.

06 AFFIDO CONDIVISO Regole per l’affido condiviso di figli di coppie separate.

07 AMORIS LÆTITIA Remedium concupiscentiae come liberazione da autoreferenzialità

08 ASSEGNO DI MANTENIMENTO Figli maggiorenni: se perdono il lavoro, l’obbligo non rivive.

08 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISFNewsletter n. 10/2017, 15 marzo 2017.

10 CHIESA CATTOLICA Il papa non abita più qui.

11 CINQUE PER MILLE Cinque per mille 2017: le date da ricordare.

12 CONSULTORI FAMILIARILombardia. Prestazioni consultoriali: aggiornamento del tariffario.

13 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEMCuneo. “Apprendisti papà”: quattro incontri al consultorio

Parma. Prossimi eventi.

Taranto. Giornata: L’équipe, cuore del consultorio UCIPEM

14 COPPIA La comunicazione nella coppia.

14 DALLA NAVATA 3° Domenica di Quaresima – Anno A – 19 marzo 2017.

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

17 DIVORZIO Pendenza del procedimento di separazione.

17 ETICA Ancora oggi non c’è diritto senza dovere.

18 FIGLIO Il figlio, da soggetto a oggetto

20 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI La Lombardia approva il Fattore Famiglia.

La famiglia merita una riforma fiscale, non solo gli assegni.

Formazione dei presidenti delle varie associazioni del Forum.

Trento. Serata-laboratorio per genitori.

22 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA La via del Concilio di Francesco, grande traduttore della tradizione.

Francesco, il Papa che secca da quattro anni

È papa, Francesco! Papa della gente. Una lieta sorpresa dello Spirito

26 GESTAZIONE PER ALTRI Utero in affitto e “adozioni” gay: alcune considerazioni scientifiche

26 MINORI MIGRANTI Minore straniero non accompagnato con rappresentanza legale.

27PARLAMENTOCamera 1°C.Aff.cost. Protezione dei minori stranieri non accompagnati.

2° C. Giustizia Accordi prematrimoniali

Senato6° C. Finanze Misure fiscali a sostegno della famiglia

27 SEPARAZIONE E DIVORZIO Separazione dei coniugi: il ruolo dei nonni.

28 SINODO DEI VESCOVI Dall’Evangelii gaudium un nuovo impegno per i giovani.

30 TRADIMENTO Crisi di coppia e tradimento.

31 UCIPEM Giornata di studio a Taranto.

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ADOZIONI

Dati del Ministero della Giustizia: non ci sono più coppie disponibili all’adozione internazionale.

La crisi in cui il settore delle adozioni in Italia versa ormai da diversi anni non sembra intravedere una fine. A certificare il declino dell’accoglienza adottiva nel nostro Paese intervengono ora i dati del Ministero della Giustizia relativi al 2015 che testimoniano un crollo su tutta la linea – adozioni realizzate, decreti di idoneità rilasciati, domande di disponibilità presentate -, che riguarda principalmente la realtà delle adozioni internazionali, ma non lascia immune neppure quella delle nazionali. Crollo che si registra sia sul breve periodo, rispetto all’anno precedente, che sul lungo termine, nel confronto con un decennio prima.

Partiamo dalle adozioni internazionali. Quelle portate a termine nel 2015 sono state 1.741, il 16,4% in meno rispetto al 2014, quando furono 2.082. Ma il crollo è ancora più evidente se si confronta il dato del 2015 con quello del 2009, quando le adozioni concluse arrivarono a quota 3.387, quasi il doppio rispetto al 2015.

Anche i numeri relativi ai decreti di idoneità rilasciati sono tutt’altro che positivi. Nel 2015 i Tribunali per i Minorenni italiani ne hanno emessi 2.929, il 10% in meno rispetto ai 3.254 dell’anno precedente. E anche in questo caso, il già sensibile calo registrato in un anno si fa drammatico se si prende in considerazione il decennio antecedente. I 6.243 decreti emessi nel 2005 si sono più che dimezzati in 10 anni: -53,1%.

Il sintomo più grave della disaffezione verso l’adozione internazionale è però testimoniato dal crollo delle domande di disponibilità presentate ai Tribunali. Nel 2015 solo 3.668 coppie si sono dette disponibili ad accogliere un minore straniero: l’11,2% in meno rispetto alle 4.130 del 2014. Nel 2005 erano state ben 7.882: in un decennio, dunque, le coppie disponibili all’adozione internazionale si sono più che dimezzate, scendendo del 53,5%.

Anche sul fronte delle adozioni nazionali i dati non sono incoraggianti. I minori dichiarati adottabili nel nostro Paese dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015 sono stati 1.345, di cui 257 non riconosciuti alla nascita: un numero in calo rispetto ai 2.516 del 2014, ma superiore a quello di tutti gli anni precedenti al 2011. Non tutti, purtroppo, riescono a trovare una famiglia: nel 2015, infatti, le adozioni nazionali sono state solo 1.057, sostanzialmente in linea con gli anni precedenti. E la disponibilità ad accogliere un figlio proveniente dal territorio nazionale non è certo in aumento. Anzi, nel 2015 si sono registrate solo 9.007 disponibilità da parte delle coppie italiane, 1.000 in meno rispetto al 2014 e quasi la metà del 2006 che, con le sue 16.538 coppie aspiranti all’adozione nazionale, è ancora oggi l’anno record delle disponibilità per questa forma di accoglienza.

A che cosa è dovuto questo calo generalizzato e particolarmente pronunciato per l’adozione internazionale? Lo spiega Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini. “La fuga delle famiglie dall’adozione internazionale ha diverse cause – dice Griffini -. Innanzitutto siamo di fronte a una forma di accoglienza sempre più bistrattata, con campagne mediatiche diffamatorie che non fanno altro che parlarne male. La crisi è anche conseguenza del grave disinteresse dei governi che, in questi ultimi 3 anni, hanno lasciato l’adozione internazionale abbandonata a se stessa. Inoltre, il percorso che conduce all’adozione è troppo selettivo e difficile: una coppia può essere sottoposta addirittura a 20 colloqui prima di ottenere l’idoneità. E poi c’è l’assurdità dei fallimenti adottivi, un argomento con cui si spaventano le coppie: ma se pure fosse vero il dato che viene diffuso, secondo cui fallirebbe il 3% delle adozioni, si tratterebbe comunque di una quantità irrisoria. Bisogna intervenire per salvare l’adozione internazionale prima che sia troppo tardi – afferma Griffini rivolgendosi principalmente alle istituzioni -. Tuttavia – denuncia il presidente di Ai.Bi. – a fronte di oltre 5 milioni di coppie sposate eterosessuali senza figli, l’interesse per l’adozione internazionale continua a calare: complici di questo crollo sono le pratiche come la fecondazione eterologa e l’utero in affitto, con cui si soddisfa il desiderio di genitorialità, ma non si tiene in considerazione il diritto più importante: quello di milioni di bambini abbandonati ad avere una famiglia”.

News Ai. Bi. 16 marzo 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-dai-dati-del-ministero-della-giustizia

 

La Via Crucis delle adozioni

Di fronte alla totale paralisi delle adozioni internazionali, come denuncia l’associazione specializzata “Amici dei Bambini”, da certa magistratura italiana ed europea, con la complicità del Parlamento e del Governo, viene promossa la pretesa di adozione degli omosessuali. Ma il cammino per donare una famiglia ad un bimbo abbandonato delle coppie “normali” è sempre più irto di difficoltà, ostacoli e costi gravosissimi.

“Quando si tratta di adozioni, il sistema mediatico tende a girare la testa dall’altra parte e a ignorare i problemi di milioni di bambini abbandonati in attesa di una nuova famiglia. Con una sola eccezione: quando a voler adottare è una coppia omosessuale. In questo, l’attenzione dei media si accompagna a quella di certa politica e di certa magistratura, attive da anni nell’aprire la strada, a colpi di propaganda e di sentenze, all’adozione gay”. Ora chi si permetterà di bollare l’associazione “Amici dei Bambini” (Ai.Bi.), una delle maggiori a livello nazionale che si occupa di adozioni e affido, di “omofobia”? Eppure, nel suo ultimo comunicato, l’associazione guidata da Marco Griffini le canta chiaramente, e giustamente, a fronte di una situazione dell’ultimo triennio, connotata da una totale paralisi del settore delle adozioni internazionali, che è passata quasi totalmente sotto silenzio tanto a livello politico quanto mediatico (cfr. Amici dei Bambini, Tribunali per i minorenni: avanti tutta con le adozioni gay, ma la Kafala assolutamente no, in “News Ai. Bi.”, 10 marzo 2017). Solo per fare un esempio: il nostro Paese è da anni al secondo posto nel mondo come terra di accoglienza e adozione per i bambini bulgari. Secondo gli ultimi dati, l’Italia ha fatto segnare un crollo del 36% nel numero di adozioni fra il 2015 e il 2016, passando dai 77 abbinamenti del 2015 ai 49 dell’anno successivo (cfr newsUCIPEM n. 640).

“La maggior parte dei media – denuncia l’Ai.Bi. – ha del tutto ignorato un disastro su tutta la linea, che ha visto dimezzarsi nel giro di pochi anni il numero di minori stranieri adottati nel nostro Paese e crollare i dati sulle coppie di aspiranti genitori adottivi. Mentre l’Autorità Centrale italiana – che non si riunisce dal 2014 ed è diretta in modo personalistico da una sola persona – abbandonava a sé stesse le famiglie, lasciandole senza informazioni, senza affiancamento e senza sostegno economico”. Insomma, siamo vicini all’estinzione del meritorio movimento per l’adozione internazionale? Dipende, rispondo giustamente dall’associazione: “basta che il tema delle adozioni intersechi quello dei diritti degli omosessuali, ed ecco che, come per magia, le luci della ribalta tornano a concentrarsi su questa realtà. Come sta accadendo in questi giorni in merito alla sentenza del Tribunale per i Minorenni di Firenze che ha concesso la trascrizione in Italia dell’adozione di due fratellini da parte di una coppia gay italiana residente in Gran Bretagna”.

L’incredibile sentenza, evidentemente “contra legem“, non fa evidentemente onore ai giudici di Firenze che l’hanno firmata, ordinando per la prima volta in Italia la trascrizione di un’adozione omosessuale realizzata all’estero, nella più totale inosservanza del divieto presente nella legge sulle adozioni, che prevede all’uopo la necessaria presenza di una madre e di un padre adottivi regolarmente coniugati. La citata sentenza, come abbiamo denunciato su queste colonne, “dipinge un supposto beneficio per il minore nella omogenitorialità. Ogni sentenza vale solo per il caso singolo, ma è ovvio che questa ha l’intenzione di costituire giurisprudenza, anche se è prevedibile che i ricorsi in appello e in cassazione potranno modificare l’esito finale della contesa giuridica”.

Saranno quindi le coppie omosessuali, si chiedono provocatoriamente gli “Amici dei Bambini”, “a dare un futuro all’adozione internazionale e all’accoglienza dei bambini abbandonati? Ma perché solo le adozioni gay ricevono una tale spinta mediatica, politica e giudiziaria? Non dobbiamo trascurare, infatti, che c’è un grande dimenticato: la “Kafala””.

Nel diritto islamico la Kafala, che è anche richiamata dalla Convenzione ONU di New York del 20 novembre 1989, identifica un istituto sotto diversi aspetti simile a quello che negli ordinamenti occidentali è costituito dall’affidamento illimitato o “sine die“. In pratica chiunque può assumersi l’impegno di provvedere alle necessità di un bambino abbandonato, senza però attribuirgli il proprio nome. La legge coranica, infatti, riconosce esclusivamente la filiazione legittima, poiché ogni rapporto sessuale al di fuori del matrimonio e del concubinato è considerato illecito ed il rapporto giuridico che lega il genitore al figlio deve necessariamente collegarsi alla generazione biologica.

Considerando il trattamento nel nostro Paese di questo istituto di diritto islamico che, nei Paesi di fede musulmana, sostituisce l’adozione, risulta confermato il paradosso: gli Lgbt, lungi dall’essere una categoria “discriminata”, appaiono destinatari di vere e proprie condizioni di privilegio! L’Italia, infatti, ha ratificato nel 2015 la Convenzione de L’Aja sulla protezione dei minori che, tra le varie forme di tutela, prevede anche la Kafala ma, come rileva l’Ai.Bi. “al momento della ratifica il nostro Parlamento ha stralciato proprio gli articoli relativi alla Kafala, rinviandone il dibattito a una fase successiva e lasciando di fatto la questione per il momento in sospeso. Ciò che manca quindi è la volontà politica di riconoscere questa forma di accoglienza. Con il risultato che, negli anni, la maggior parte delle domande di visto per ricongiungimento famigliare avanzate nell’interesse di minori in Kafala è stata respinta dalle autorità italiane” (art. cit.). Una decisione, quest’ultima, che appare in contrasto con quanto affermato in tema di affidamento dalla Cassazione, per la quale lo stesso deve essere riconosciuto anche quando disposto secondo il rito islamico (cfr. Corte di Cassazione civile, Sezione I, 17 luglio 2008, n. 19734).

Premesso che abbiamo personalmente diverse perplessità sul riconoscimento pieno e incondizionato della Kafala nel nostro ordinamento, quello che ci preme sottolineare, in totale consonanza con l’associazione degli “Amici dei Bambini”, è la violazione del principio di uguaglianza che, da una parte promuove senza sé e senza mai l’adozione gay e, dall’altra, penalizza i minori provenienti da Paesi di fede islamica. “Discriminazione – precisano dall’Ai.Bi. – che colpisce anche le coppie (miste o con uno dei componenti originario di un Paese islamico) che fanno richiesta di Kafala, a differenza di quanto accade invece per quelle coppie omosessuali a cui la magistratura accorda il diritto di adottare”.

È allora il caso che, anche in tema di adozione e affido, la politica e la magistratura facciano la loro parte per ricominciare a sostenere le migliaia di coppie sposate che volendo adottare, sono sottoposte a un lunghissimo e durissimo iter di selezione e valutazione tra colloqui con i servizi sociali e con il Tribunale. Perché? Facile, perché sono colpevoli di essere “normali” e, perciò, “vengono letteralmente tartassate da un’oscena via crucis”

A fronte di questi problemi, l’attenzione della politica e della magistratura sembra invece concentrarsi solo sulle adozioni gay. In nome di un presunto mutamento del clima culturale che giustificherebbe quello che sembra piuttosto un pressing politico e giudiziario che rischia di dare vita a una vera e propria dittatura ideologica.

Giuseppe Brienza Rete famiglie Roma 17marzo 2017.

www.retefamiglieroma.net

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Vademecum per le famiglie: come distinguere un ente serio da una banda degli onesti

Chi vuole adottare un bambino straniero, dopo aver ottenuto il decreto di idoneità da parte di un Tribunale per i Minorenni, ha l’obbligo nel rispetto della cosiddetta Legge sulle adozioni (L. 4 maggio 1983, n. 184) di affidarsi ad un Ente autorizzato per le adozioni internazionali. In Italia ce ne sono 62. Chi li autorizza è la Commissione per le Adozioni Internazionali, organo di controllo degli Enti autorizzati all’adozione internazionale, emanazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri Italiano.

In teoria, proprio in virtù dell’esistenza della Commissione, le famiglie dovrebbero poter scegliere un ente senza particolari patemi d’animo e magari in base al paese in cui si desidera adottare un bambino o in base al territorio di residenza della coppia. Ma la realtà con cui si scontrano le famiglie è ben lontana dalle belle parole e dalle intenzioni umanitarie che certi enti sbandierano ai quattro venti. Dietro l’alibi di un mandato che li impegna con un’obbligazione di mezzo e non di risultato, dietro la giustificazione dell’instabilità politica caratteristica dei paesi del terzo mondo, è facile, per alcuni enti, battere cassa e poi non fare niente.

E allora, come distinguere un ente serio da una banda degli onesti? In seguito alle numerosissime richieste che ci sono pervenute da tante famiglie su come muoversi attraverso il groviglio dei numerosi enti autorizzati, abbiamo stilato un vademecum da bollino rosso.

Vademecum per le famiglie. Se venite a conoscenza durante la fase informativa che un ente si comporta nella maniera esposta nei punti sottostanti, riflettete a fondo prima di decidere di dare l’incarico, perché in questo caso è probabile che l’ente non abbia a cuore né gli interessi dei bambini né i vostri:

 

  1. Non organizza corsi di formazione pre-adozione per gli aspiranti genitori.

  2. Non fornisce aiuti umanitari nei paesi in cui ha l’autorizzazione a lavorare.

  3. Richiede la maggior parte dei costi da sostenere in anticipo, e quindi molto tempo prima che il servizio sia realmente svolto.

  4. E’ riluttante a fornire il proprio bilancio o addirittura non lo pubblica.

  5. Ostenta troppa legalità e trasparenza. (Ci si affida ad un ente autorizzato perché si è certi che agisca nel rispetto della legge italiana e del paese straniero in cui opera. Vantare le proprie qualità a dispetto degli altri enti è già di per sé una manifestazione di concorrenza sleale. Gli enti non sono imprese e non dovrebbero concorrere tra loro bensì collaborare.)

  6. Se l’ente prende in carico, nell’arco di un anno, più coppie di quelle che riesce realmente a gestire, più semplicemente se il numero delle coppie in attesa è di gran lunga maggiore del numero di adozioni portate a compimento.

  7. E’ riluttante a fornire dati statistici sui tempi medi delle adozioni nei paesi in cui è operativo.

  8. Ha avuto un elevato numero di revoche da parte delle coppie. (Quindi, nell’eventualità di una revoca dell’incarico, informatevi se l’ente rilascia la rendicontazione delle spese sostenute e se restituisce eventuali somme di denaro non utilizzate).

  9. Minimizza potenziali problemi che si possono avere con un bambino con frasi del tipo “L’amore si prenderà cura di tutto” oppure “Vi dovete fidare di noi”.

  10. Promette tempi e costi troppo belli per essere veri in rapporto ad altri enti. Se la sensazione che avete è questa, è probabile che le cose che vi prospettano non sono vere.

Diffidate da chi dice che l’esito di un percorso adottivo è anche una questione di fortuna. Non siate fatalisti. L’ente ha il compito di svolgere un servizio nel pieno rispetto della legalità e della trasparenza. Un ente serio, competente e professionale deve essere in grado di garantire un elevato livello di efficacia nello svolgimento dell’iter adottivo. E’ nostro diritto, e nostro dovere nei confronti dei bambini e delle loro famiglie d’origine, porre delle domande e ricevere delle risposte esaustive, in modo da assicurarci di ricevere un servizio trasparente.

Family For Children” 13 marzo 2017

http://familyforchildren.it/2017/03/13/vademecum-per-le-famiglie-come-distinguere-un-ente-serio-da-una-banda-degli-onesti

http://familyforchildren.it/chisiamo

 

Adottare per Bene”: parte con Ai.Bi. Il corso per professionisti dell’adozione internazionale.

L’adozione internazionale nel corso degli anni si è via via trasformata richiedendo agli addetti ai lavori maggiori risorse conoscitive e relazionali. A lato di variabili tecniche in continua trasformazione (procedure più complesse, rigidi requisiti e profili più complessi dei minori), gli operatori dei servizi sono chiamati ad affrontare aspetti squisitamente afferenti all’organizzazione del proprio lavoro che si interseca necessariamente, e in più fasi, con interlocutori di altre realtà innalzando esponenzialmente le complessità gestionali e richiedendo specifiche competenze per il governo della rete.

Preparare gli addetti ai lavori in maniera adeguata significa assicurare un servizio di qualità alle coppie che decidono di affrontare la sfida adottiva attraverso un mix di competenze professionali, tecnico-metodologiche ed etiche.

Per questo Ai.Bi, Amici dei Bambini, organizza un corso di formazione specifico rivolto a Assistenti Sociali dei Servizi Pubblici e Privati (Enti Autorizzati, Associazione di Genitori).

Lo scopo della formazione è offrire specifiche competenze su fondamentali aspetti del lavoro di un operatore implicato nei percorsi adottivi e fornirà: la fotografia dei Paesi di provenienza dei minori adottabili (con tutto ciò che ne consegue in termini culturali, procedurali, di ascolto e comunicazione interculturale); gli strumenti del lavoro con particolare attenzione alla fase dello studio di coppia e del post adozione e l’organizzazione del proprio lavoro e del lavoro in rete nelle diverse fasi dell’iter.

Il percorso è accreditato al Cnoas (Consiglio Nazionale Assistenti Sociali) al fine di ottenere almeno 14 crediti formativi e 2 crediti deontologici. Il percorso è altresì aperto a psicologi ed educatori professionali, ma senza crediti formativi.

Il corso si svolgerà il 30 e il 31 marzo 2017, avrà una durata complessiva di 16 ore (9.00-13.00 e 14.00-18.00) e potrà essere seguito in aula (presso la sede dell’Associazione Amici dei Bambini, in Via Marignano 18, a Mezzano di San Giuliano Milanese) oppure online. La metodologia del corso è interattiva e integrata. Alle lezioni teoriche frontali si alterneranno discussione di casi, situazioni di problem-solving, simulate e role-playing. La formazione avverrà in forma mista (blendend learning) con presenza di discenti in aula e a distanza.

News Ai. Bi. 16 marzo 2017

www.aibi.it/ita/milano-ecco-come-adottare-per-bene-parte-con-ai-bi-il-corso-per-professionisti-delladozione-internazionale-ultimi-giorni-per-le-iscrizioni

Info ed iscrizioni www.aibi.it/ita/adottare-per-bene-percorso-formazione

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Il Kosovo riapre le porte all’adozione internazionale.

Due bambine di 2 e 4 anni accolte a Salerno e Messina. Hanno poco più di 6 anni in due, ma sono già il simbolo della ripresa delle adozioni internazionali in Kosovo, da quando, nel 2015, Amici dei Bambini ha ripreso ad adottare nel Paese balcanico. Infatti, nell’ultimo fine settimana hanno fatto il loro ingresso nel nostro Paese due bambine, figlie di altrettante coppie seguite rispettivamente dalle sedi Ai.Bi. di Salerno e di Messina.

In Campania è arrivata la più piccola, di due anni e mezzo. La più grande, di quasi 4 anni, è giunta invece nella città dello Stretto. Per i rispettivi genitori rappresentano la più grande gioia dal giorno in cui si sono uniti in matrimonio: per entrambe le coppie, infatti, si tratta della prima adozione e del primo figlio in assoluto.

Prosegue quindi il trend positivo che vede una ripresa delle adozioni internazionali di Ai.Bi. in Kosovo. Dopo una breve interruzione nel 2014, infatti, Amici dei Bambini ha ricominciato nel 2015 a ridare una famiglia ai piccoli kosovari: 2 in quell’anno – una femminuccia di 6 anni accolta da una coppia seguita dalla sede Ai.Bi. di Barletta e un maschietto di 4 anni adottato da una famiglia della provincia di Pisa – a cui si è aggiunta un’altra bambina di 4 anni accolta sempre in Puglia.

La legge di Pristina in materia di adozioni internazionali prevede che le aspiranti coppie adottive dei piccoli kosovari siano sposate da almeno 3 anni e che i coniugi abbiano l’uno almeno 25 anni e l’altro almeno 21. La differenza massima di età tra l’adottato e i suoi genitori deve essere compresa tra 18 e 50 anni. Per portare a termine l’iter adottivo, il Kosovo chiede alle coppie adottive un solo periodo di permanenza nel suo territorio: il viaggio può durare dai 40 ai 90 giorni circa, a seconda delle indicazioni che vengono date dall’autorità giudiziaria durante l’udienza. Ma tale previsione non è tassativa: la stessa autorità giudiziaria può facilitare il percorso, accordando il permesso di suddividere il viaggio in due periodi di 30-40 giorni ciascuno. Nel post-adozione, infine, il Kosovo chiede una relazione psico-sociale, corredata di foto, ogni 6 mesi per il primo anno successivo all’ingresso in Italia del minore.

La panoramica “europea” di Ai.Bi.: 220 piccoli adottati dal 2012.

I Balcani sono un’area in cui Ai.Bi. è particolarmente attiva per le adozioni internazionali. Autorizzata in Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia e Bulgaria, oltre allo stesso Kosovo, dal 2012, Ai.Bi. ha ridato una famiglia a 108 minori.

Allargando lo sguardo all’intera Europa, ricordiamo che Ai.Bi. è autorizzata a operare anche in Romania, Moldova, Ucraina, Lettonia e Federazione Russa. Nel complesso, dal 2012, sono ben 220 i bambini provenienti da questi Paesi che hanno trovato una nuova famiglia in Italia grazie ad Ai.Bi.

News Ai. Bi. 13 marzo 2017

www.aibi.it/ita/kosovo-ecco-i-primi-arrivi-dai-balcani-del-2017

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AFFIDO CONDIVISO

Regole per l’affido condiviso di figli di coppie separate

Le linee guida fornite dai giudici per disciplinare in modo ordinato alcuni essenziali aspetti dell’affidamento condiviso dei figli minori di genitori separati.

L’affidamento condiviso, introdotto nel nostro ordinamento nel 2006, suscitò ampi consensi in quanto fu giustamente salutato come un’opportunità per consentire non solo ai minori di poter continuare ad avere “vicini”, senza troppi scossoni, tanto il papà che la mamma, ma anche ad entrambi i coniugi separati di esercitare in modo sereno il loro diritto – dovere di educare ed allevare la prole.

Come ogni nuovo istituto giuridico, però, anche l’affidamento condiviso ha dovuto e deve affrontare la realtà della prassi quotidiana e proprio dalla concretezza dei rapporti e dalle difficoltà di ogni giorno è nata, in diversi tribunali italiani, la nobile iniziativa di dettare delle linee guida per rendere sempre più fattibile il ricorso a questo istituto.

In effetti, la legge sull’affidamento condiviso è rimasta troppo spesso lettera morta e la sua rilevante finalità (quella di consentire l’esercizio della bigenitorialità a tutto vantaggio di uno sviluppo armonico dei minori) rischiava e rischia tuttora di restare frustrata.

Il tribunale di Brindisi, ad esempio, proprio nell’ottica di dare impulso e vigore all’affidamento condiviso (per rendere concrete le sue finalità) ha emanato delle linee guida (applicabili, con l’aiuto di avvocati e genitori responsabili, anche in ogni altro tribunale italiano) di sicuro interesse e di auspicabile larga applicazione.

Queste linee guida contengono le seguenti direttrici e ne invocano chiaramente l’applicazione (in sede di omologazione di accordo di separazione consensuale o all’interno dell’accordo raggiunto tra i coniugi in esito alla procedura di negoziazione assistita) in quanto proprio da esse l’affidamento condiviso trarrà sicuri benefici.

I giudici raccomandano quindi, di:

  • Domiciliare i minori presso entrambi i genitori (e di ritenere, pertanto, la residenza un dato solo anagrafico in quanto nessuna differenza dovrà esservi tra il genitore che ha la medesima residenza anagrafica dei figli e l’altro genitore);

  • La frequentazione dei genitori dovrà ispirarsi al principio per cui entrambi i genitori devono poter occuparsi della quotidianità dei figli, con la conseguenza che il padre e la madre dovranno frequentare i minori in modo sostanzialmente equivalente (l’obiettivo è quello di far trascorrere ad entrambi i genitori un tempo sostanzialmente pari con i figli);

  • In quest’ottica (cioè di tempo paritario per la frequentazione dei figli), la casa familiare resta al suo proprietario: se la casa è di entrambi, viene suggerito di valutare il costo di locazione di appartamenti simili e al genitore che esce dalla casa familiare verrà detratto, dall’assegno di mantenimento, il 50% di tale cifra;

  • Quanto al mantenimento, il suggerimento delle linee guida è di provvedere direttamente alla cura dei figli (dato che tendenzialmente equivalente sarà il tempo di frequentazione di entrambi) e solo in via residuale di provvedere ai doveri di cura in via indiretta (cioè con un assegno periodico), attribuendo a tale assegno una finalità di riequilibrio e riconoscendolo solo nei casi di evidente sproporzione reddituale tra i coniugi;

  • Circa le spese, le linee guida propongono di distinguerle in spese prevedibili (da porre in partenza a carico per intero di uno o dell’altro genitore in funzione del reddito) e imprevedibili (che verranno divise al momento in cui sorgesse la necessità della spesa ed in proporzione delle risorse);

  • Infine si suggerisce, nel caso insorgano contrasti successivi tra i genitori, di prevedere per la loro risoluzione di ricorrere alla mediazione familiare.

Quella evidenziata, dunque, è una importante iniziativa che andrebbe praticata e recepita anche e soprattutto dagli avvocati a cui i coniugi dovessero rivolgersi. Recepire le linee guida (quelle contenute nel presente articolo o altre simili) negli accordi di separazione consensuale non potrà che aiutare la diffusione dell’affidamento condiviso a tutto vantaggio dei minori e della stessa serenità di rapporti tra coniugi separati.

Angelo Forte Lpt 19 marzo 2017

www.laleggepertutti.it/154786_regole-per-laffido-condiviso-di-figli-di-coppie-separate

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AMORIS LÆTITIA

Un anno dopo: il “remedium concupiscentiae” come liberazione dalla autoreferenzialità

Diceva R. Strauss, il grande musicista tedesco, che fondamentale in ogni buon pezzo musicale è come si inizia. Potremmo aggiungere che altrettanto importante è come si conclude. Incipit ed explicit sono chiavi di lettura fenomenali per intendere la qualità e la autorevolezza di un testo. In un romanzo come Anna Karenina o in ogni grande fuga di Bach, dopo inizi solenni e lunghe e sterminate peregrinazioni musicali e narrative, arriva la conclusione. E “non sai mai dove sei”. E “non sei mai dove sai” – come ha scritto in modo inconfondibile G. Caproni.

Per fare gli auguri al primo anno di vita di Amoris Lætitiaho pensato che fosse molto utile rileggerla in modo disinteressato, quasi con distacco. E ci ho trovato tante altre perle. Segnalo solo un incipit e un explicit di pregio, su cui vorrei formulare il mio augurio

  1. Incipit: esperienza biblica e inquietudine. Ecco come inizia il primo capitolo di AL, al n. 8: La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua…”

Salutare alla tradizione è restituire la parola prima al testo biblico antico, con la sua opacità e crudezza. Solo facendo memoria di quei testi possiamo restare “inquieti” nel leggere la realtà che viviamo, che progettiamo e che patiamo. La Bibbia non tranquillizza mai: rende attenti, rende inquieti. AL lo dice apertamente, contro tutte le tentazioni consolatorie e paralizzanti. Non c’è pace senza inquietudine.

b) Explicit: incompletezza e immaginazione delle famiglie. Le ultime righe di AL sono un piccolo capolavoro di sintesi e di parresia. Ascoltiamo un brano centrale dell’ultimo numero, il 325: “come abbiamo ricordato più volte in questa Esortazione, nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare. C è una chiamata costante che proviene dalla comunione piena della Trinità, dall’unione stupenda tra Cristo e la sua Chiesa, da quella bella comunità che è la famiglia di Nazareth e dalla fraternità senza macchia che esiste tra i santi del cielo. E tuttavia, contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto ci permette anche di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo. Inoltre ci impedisce di giudicare con durezza coloro che vivono in condizioni di grande fragilità. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!”

Alla prima lettura non le avevamo ascoltate con tutta questa profondità. Il loro tono, a tutta prima, risuonava come attutito e ovattato. Ora, alla luce di questi 365 giorni di recezione, riascoltiamo qui, in anticipo, tutto il travaglio ecclesiale, che cerca un nuovo equilibrio tra slancio ideale e resistenza alla idealizzazione, tra la pretesa di anticipare il definitivo e la rinuncia a non accontentarsi del penultimo. Minori pretese di perfezione e maggiori impedimenti a giudicare duramente le fragilità non sono una minaccia per la dottrina, ma l’unico modo per renderla fedele al Vangelo. La incompletezza e la immaginazione diventano, così, requisiti essenziali della coscienza dottrinale e della esperienza di discernimento. Piccolo capolavoro di equilibrio e di schiettezza, compossibili e perciò irresistibili.

c) “Remedium concupiscentiae” come liberazione dalla autoreferenzialità. Come accade in ogni compleanno, il piccolo bilancio che possiamo trarre dal primo anno di vita del testo è assai confortante. Salvo rari casi, le diocesi, le parrocchie, le singole coppie e i singoli battezzati si sono sentiti toccati, convertiti, incitati e illuminati dal testo di AL. Si sono messi in moto meccanismi complessi di “recezione del testo”, che hanno avuto ed avranno conseguenze largamente al di là della pastorale familiare. Il cammino del soggetto familiare contribuisce così a de-clericalizzare la Chiesa. Quindi a superare la sua tentazione alla autoreferenzialità. Non è forse proprio il matrimonio “remedium concupiscentiae”? Rimedio anche di quella concupiscenza tutta clericale, che al posto della affermazione dell’altro colloca anzitutto la affermazione di sé. Il programma di liberazione della Chiesa dalla tentazione della autoreferenzialità non poteva che iniziare dal “sacramento della coppia”, che è uno dei due sacramenti che tematizza non la salvezza propria, ma quella dell’altro. Anche questa intuizione, a un anno di distanza, si staglia molto più chiaramente sull’orizzonte del pontificato di Francesco. E lo illumina di luce più calda.

Andrea Grillo blog Come se non 19 marzo 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/la-recezione-di-al-10-un-anno-dopo-il-remedium-concupiscentiae-come-liberazione-dalla-autoreferenzialita

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Figli maggiorenni: se perdono il lavoro, l’obbligo del mantenimento non rivive

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 6509, 14 marzo 2017

In materia di contributo al mantenimento dei figli maggiorenni, l’obbligo del genitore cessa nel momento in cui questi ultimi raggiungono l’indipendenza economica reperendo un lavoro. Una volta raggiunta la capacità lavorativa, e quindi l’indipendenza economica, la successiva perdita dell’occupazione non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento (così le pronunce di questa Corte del 28/1/2008, n. 1761 e del 2/12/2005, n. 26259). Ordinanza

http://news.ilcaso.it/news_2678?https://news.ilcaso.it/?utm_source=newsletter&utm_campaign=solo%20news&utm_medium=email

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter n. 10/2017, 15 marzo 2017

Un video e un concorso. Per continuare a raccontare la vita che c’è. Il video di questa settimana (6 minuti e 30″ ben spesi…) si intitola “Io mi chiamo Tommaso” e ha vinto la prima edizione del Premio L’Anello Debole”, lanciato dalla Comunità di Capodarco di Fermo nel 2005 per selezionare e premiare i migliori video e audio cortometraggi, giornalistici e di fiction, su tematiche a forte contenuto sociale e sulla sostenibilità ambientale. Sono passati dodici anni, ma è come se queste immagini raccontassero il presente di mille altre storie simili. La forza e la gioia di vivere di un bambino che non può camminare, la speranza, il dolore e la resistenza di due genitori che non mollano.

www.capodarcolaltrofestival.it/archivio/opere-edizioni-precedenti/edizione2005/cortometraggi/io-mi-chiamo-tommaso.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_15_03_2017

E anche quest’anno, come ogni anno Capodarco lancia L’Anello Debole – Edizione 2017, Le iscrizioni al premio dovranno essere inviate entro venerdì 14 aprile 2017. Le opere verranno proiettate e trasmesse durante l’edizione 2017 del “Capodarco l’Altro Festival” (22-25 giugno 2017).

www.capodarcolaltrofestival.it/il-premio/edizione-2017.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_15_03_2017

I dati Istat 2016. Tendenze demografiche o tendenza al suicidio? Allarme Istat, se nel 2015 i nati erano stati 486mila (per la prima volta dall’unità d’Italia sotto la barriera psicologica del mezzo milione), nel 2016 sono stati 474mila e i decessi superano le nascite di ben 134mila unità. Per ora il Paese sta in piedi, da punto di vista demografico, solo grazie all’apporto degli immigrati ma tra 20 anni avremo una massa di persone già uscite dal mondo del lavoro che sarà almeno due volte e mezza il numero dei nati nello stesso periodo.

Pietro Boffi (Cisf) sul sito di Famiglia Cristiana.

www.famigliacristiana.it/articolo/tendenze-demografiche-o-tendenza-al-suicidio.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_15_03_2017

Bambini, adozioni, diritti e desideri degli adulti, sentenze dei giudici. In questi giorni sono state numerose le sentenze dei Tribunali, da più parti d’Italia, su questioni legate a diritti dei bambini, adozioni per figli nati all’estero da madri surrogate (o “uteri in affitto”), genitori nonni, ecc. Al di là del merito dei singoli casi, e ben oltre l’argomentare giuridico da Azzeccagarbugli, quello che preoccupa è che “i giudici su questo continuano a smantellare le leggi – e i valori della gente comune – a colpi di sentenza, e pezzo dopo pezzo, stanno abbattendo la casa dei diritti dei bambini e della famiglia”

Intervento del 9 marzo 2017 di Francesco Belletti (direttore Cisf) su Famiglia Cristiana on line.

http://www.famigliacristiana.it/articolo/belletti_2121751.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_15_03_2017

Dibattito in Parlamento sulle disposizioni fine vita. Lunedì 13 marzo 2017 è iniziato il dibattito alla Camera (in un’aula semideserta) sul disegno di legge sulle DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento)

Testo unificato dalla commissione

http://www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0050240&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=1142-e-sede=-e-tipo=

Pag. 29 www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0758&tipo=alfabetico_stenografico#

Tema controverso, non solo tra i partiti, ma nel vivo della società e per la vita quotidiana di tante famiglie. Tra i tanti commenti scegliamo quello della Comunità Papa Giovanni XXIII, che sulle orme del carisma profetico di don Oreste Benzi richiama il valore della vita e il dovere della sua difesa, nella concretezza di una accoglienza e di una prossimità che non si arrende al dolore, alla disperazione, alla sofferenza, senza accanimenti, ma senza scorciatoie. Una scelta che si fa testimonianza, non puro discorso, in tante famiglie e comunità familiari.

Dichiarazioni di Paolo Ramonda. www.apg23.org/it/post/finevita.html

Vedi anche le dichiarazioni di Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Ricordando i troppi “abbandoni terapeutici” di migliaia di malati, Mons. Paglia richiama: “Non sarebbe urgente un sussulto di civiltà per aiutare questi ultimi a vivere?”

agensir.it/quotidiano/2017/3/13/dat-mons-paglia-santa-sede-sul-testamento-biologico-mi-auguro-ci-sia-laccordo-piu-ampio-possibile-in-parlamento/

Si riporta qui sotto anche la dichiarazione finale del Presidente della Seduta, Roberto Giachetti, “sull’aula vuota”.”[…]

stanno girando sul web e anche su siti di autorevoli testate dei video che mostrano l’Aula non piena di deputati, essendo ovviamente in sede di una discussione sulle linee generali. Questa è una cosa che si verifica sempre. Noi abbiamo sempre spiegato che le discussioni sulle linee generali coinvolgono, oltre al Governo e i membri della Commissione, coloro che sono direttamente chiamati ad intervenire; poi ci sono delle fasi successive del procedimento legislativo, come l’esame del complesso degli emendamenti, l’esame di questioni pregiudiziali e sospensive, nelle quali ovviamente c’è un coinvolgimento dell’Aula. Vorrei però dire, sottolineare e condividere con voi che comunque nella giornata di oggi ci sono stati venti colleghi, tra cui ovviamente il rappresentante del Governo e i relatori, che sono intervenuti in un dibattito che è durato quasi quattro ore. Al netto del lungo lavoro che è stato fatto in Commissione e, per quanto mi riguarda […] al di là dell’assoluta libertà di stampa e anche di cronaca parlamentare, forse oggi il dibattito, anche giornalistico, avrebbe meritato di concentrarsi di più sulla qualità di quello che è stato discusso qui dentro, al di là del contorno, delle forme, del fatto che fossimo parecchi o meno (Applausi). Penso che una traduzione esclusivamente numerica delle presenze in Aula non renda premio alla qualità di un dibattito civile che si è svolto in quest’Aula, nella quale si sono confrontate posizioni diverse, che peraltro si sono già manifestate in Commissione e che sono anche all’origine del fatto che c’è stato una travaglio politico-parlamentare”.

Le parole di Giachetti, al di là del sensazionalismo, sono una ragionevole e legittima difesa del lavoro dei parlamentari: non tolgono però l’amarezza dei cittadini per quei seggi vuoti.

Dall’estero: Herpes genitale in gravidanza e autismo. Le donne incinte affette da herpes genitale fin dall’inizio della gravidanza hanno il doppio delle probabilità di partorire un figlio con autismo, perché sembra che quel tipo di infezione possa alterare lo sviluppo cerebrale del feto nei suoi primi stadi. È quanto emerge da una recentissima ricerca condotta dalla Mailman School of Public Health della Columbia University (USA), in collaborazione con l’Istituto Norvegese per la Salute Pubblica

www.mailman.columbia.edu/public-health-now/news/autism-risk-linked-herpes-infection-during-pregnancy

La vulnerabilità sociale. Definizione teorica e analisi empirica in Nord Europa. Un progetto dell’Unione Europea che affronta vecchie e nuove condizioni di vulnerabilità nei Paesi nord europei (che si affacciano sul Mar Baltico, più Norvegia e Islanda, inclusi come esempi e parte integrante del “modello scandinavo” di welfare state). Interessante il documento introduttivo [La Vulnerabilità sociale – prospettiva analitica – Social Vulnerability as an Analytical Perspective], che propone una definizione multidimensionale della vulnerabilità sociale. Per la descrizione del progetto nei Paesi Baltici (ancora da avviare) trovi a questo link le principali informazioni.

Dall’Italia: Social NEET-Work. Giovani attivi. Bando promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo per diversi tirocini-borse lavoro per giovani NEET (da 4 a 12 mesi) presso organizzazioni non profit ed in particolare ad associazioni, fondazioni ed enti religiosi aventi sede ed operanti nelle province di Padova e Rovigo. Sono gli enti che devono fare domanda alla Fondazione, e loro a scegliere i candidati cui offrire il tirocinio-borsa lavoro, secondo requisiti definiti dal bando. Progetto sperimentale innovativo di grande interesse – anche replicabile in altri contesti territoriali. Le domande vanno compilate sul sito della Fondazione entro il 28 aprile 2017.

Forum delle associazioni familiari e fiscalità per le famiglie: “gli italiani sono in attesa della non più differibile riforma strutturale dell’Irpef […] Occorre una riforma fiscale seria perché le famiglie non chiedono elemosina, ma giustizia”. Comunicato stampa del 14 marzo 2017-

www.forumfamiglie.org/2017/03/14/fisco-prima-la-riforma-dellirpef-poi-gli-assegni-familiari/

Save the date

Nord. Diritto alla salute per mamme e bambini. Convegno organizzato da CUAMM – Medici con l’Africa, Milano, 20 marzo 2017.

Centro. “Strade di felicità” nell’alleanza uomo-donna (Amoris Lætitia38), XIX Settimana Nazionale di studi sulla spiritualità coniugale e familiare, Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia della Conferenza Episcopale Italiana, Assisi (Domus Pacis), 28 aprile-1 maggio 2017.

famiglia.chiesacattolica.it/2017/03/07/xix-settimana-nazionale-di-studi-sulla-spiritualita-coniugale-e-familiare

Sud. Zero-sei. Tutela e accoglienza dei bambini piccoli con genitori in difficoltà, Convegno Nazionale di Studi sull’Accoglienza, Progetto Famiglia Onlus, Pompei, 19 maggio 2017.

Estero. Tracking people: legal and ethical debates (convegno sulla sorveglianza elettronica/telematica delle persone e sulle implicazioni legali ed etiche del “tracking”), secondo seminario, Università di Leeds (GB), 6 aprile 2017.

 

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CHIESA CATTOLICA

Il papa non abita più qui.

All’apparire di Francesco sulla loggia di S. Pietro, quella sera del 13 marzo di 4 anni fa, e all’ascolto del suo primo discorso, così forte e così toccante, così nuovo e così antico, ci sembrava di sognare. Troppi elementi venivano a sovrapporsi e a dar forma reale a un presentimento, cresciuto da decenni, per quanto minacciato da ostacoli, da dimenticanze e da tradimenti. La luna di miele di Francesco con la Curia romana già allora era destinata a durare un battito d’ali, ma quella con il popolo di Dio sembra proprio perpetuarsi senza fine. La Curia – almeno in una sua parte – aveva subito registrato un gesto simbolico potentissimo, percependolo come altamente minaccioso. Aveva capito in un lampo: il papa non abita più qui.

Resta periferico, anche stando al centro. Lavora con la Curia, ma non ne fa parte. Resta extraterritoriale, non controllabile, non addomesticabile. Presta servizio, ma resta libero. Il popolo di Dio, invece, ha subito gustato due parole-chiave, anzi tre: povertà e misericordia, che erano già scritte nel nome prescelto dal cardinale argentino, ma che diventavano – inevitabilmente e progressivamente –principio di riforma della Chiesa. Esse prendono forma solenne in alcuni gesti simbolici che hanno fatto epoca, fin dal giorno stesso in cui sono stati compiuti: – la cura per tutte le marginalità, che diventa attenzione radicale all’altro, dinanzi al quale “levarsi i calzari”, in quanto barbone, migrante, profugo o carcerato. – la Chiesa come ospedale da campo o campo profughi deve “uscire” e scoprire l’altro fuori di sé; l’eresia protestante e l’ostilità atea rilette come fraternità.

Di qui scaturisce il duplice fronte di riforma, quello ad extra e quello ad intra:

Ad extra: una Chiesa che non deve “portare Dio dove non è” ma che deve “riconoscerlo dove già si trova” muta il rapporto con la politica, con le altre confessioni e le altre fedi. Procedendo da una nuova comprensione della libertà di coscienza, e da una nuova relazione alla città secolare e aperta, si lascia sorprendere dall’altro proprio in quanto diverso, sul piano civile, cristiano, religioso. E può insegnare solo se è disponibile a dialogare e a imparare.

Ad intra: la condizione interna per l’esercizio di questa libertà esterna è di essere Chiesa come popolo in cammino. Ciò chiede un rilancio del discepolato che brilla anzitutto in una esigente riforma dei sacramenti del servizio (matrimonio e ordine). Quel mutamento che Amoris Lætitiaintroduce nella pastorale familiare e che l’inizio del dibattito su diaconato femminile e sulla ordinazione di viri probati approfondisce, per non parlare della sorpresa per il “metodo sinodale” con cui scegliere il cardinal vicario, contro tutte le previsioni in apparenza già acquisite.

Sulla via del Concilio Vaticano II, papa Francesco non si nasconde dietro a una tradizione paralizzata da sé medesima. Esce dal sofferto e comodo “non possumus” che aveva incantato e sedotto i suoi predecessori. Riconosce alla Chiesa l’autorità di poter rispondere creativamente al dono di grazia. Con i suoi gesti semplici e quotidiani restituisce autorevolezza alla tradizione, traducendola. La Chiesa riscopre di poter davvero perdonare e camminare. Questo cammino e questo perdono, finalmente riconosciuti possibili, sono per pochi un errore imperdonabile, per i molti la consolazione preziosa che apre una nuova stagione. Grazie al Vaticano II il presentimento di un papa possibile è divenuto evento reale. Ora tocca alla Chiesa.

Andrea Grillo Adista 17 marzo 2017

Andrea Grillo è liturgista laico, docente di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà Teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e di Teologia presso l’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova, nonché dell’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona.

www.adista.it/articolo/57168

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CINQUE PER MILLE

Cinque per mille 2017: le date da ricordare

Entro il 31 marzo 2017 sul sito dell’Agenzia delle Entrate verrà pubblicato un elenco nel quale compaiono gli enti che, avendo presentato la domanda l’anno precedente, sono di diritto iscritti alle liste del 5 per mille.

Vi ricordiamo che sono cambiate le regole di accesso al 5 per mille.

La novità più importante del 2017 riguarda gli Enti già iscritti all’elenco 2016: NON devono ripresentare la domanda.

Entro il 31 marzo di ogni anno (compreso il 2017) verrà pubblicato un elenco sul sito dell’Agenzia delle Entrate nel quale compaiono gli enti che, avendo presentato la domanda l’anno precedente, sono di diritto iscritti alle liste del 5 per mille.

Una associazione che ha presentato la domanda d’iscrizione (in modo completo e senza errori) alle liste del 5 per mille nel corso del 2016, non dovrà ripresentare la stessa gli anni successivi, così come, dall’anno prossimo, non dovranno più ripresentare la domanda le associazioni che, quest’anno, per la prima volta si iscriveranno agli elenchi del 5 per mille. L’associazione in questione pertanto dovrà controllare soltanto di essere presente nell’elenco.

Però in caso di variazione del rappresentante legale dell’associazione, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà trasmessa nel 2016 perde efficacia e, dunque, c’è l’obbligo per il nuovo rappresentante legale di trasmettere entro il 20 maggio una nuova dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con le seguenti indicazioni:

• data della sua nomina;

• data di iscrizione dell’ente alla ripartizione del contributo (per il 2017 si fa riferimento all’iscrizione telematica del 2016).

Le Associazione che per la prima volta si iscriveranno quest’anno agli elenchi del 5 per mille devono:

  1. Inviare per via telematica la domanda entro il 7 maggio (nel caso del 2017 la scadenza sarà lunedì 8 maggio essendo il 7 domenica); una prima versione dell’elenco dei soggetti che possono beneficiare del 5 per mille verrà pubblicata sul sito www.agenziaentrate.gov.it entro il 14 maggio. Il rappresentante legale dell’ente o un suo delegato può far correggere, entro il 20 maggio, eventuali errori di iscrizione nell’elenco, rivolgendosi direttamente alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate nel cui territorio ha sede legale l’ente. L’elenco definitivo verrà pubblicato sullo stesso sito entro il 25 maggio;

  2. Inviare entro il 30 giugno, alla propria Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, da parte del rappresentante legale dell’ente, pena l’esclusione dall’elenco del 5 per mille, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà redatta e firmata alla quale bisogna allegare fotocopia di documento di identità in corso di validità del sottoscrittore (il presidente). L’invio può essere effettuato tramite raccomandata A/R oppure tramite posta elettronica certificata (PEC). In caso di invio della domanda con errori materiali o oltre il termine, è possibile recuperare attraverso l’istituto del ravvedimento operoso pagando una sanzione, a mezzo f.24, di €.258,00 euro (codice tributo 8115) entro il 30 settembre successivo all’invio della domanda.

Non profit on line 17 marzo 2017

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7220&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+17+marzo+2017&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletterCOMMISSIONE

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CONSULTORI FAMILIARI

Lombardia. Prestazioni consultoriali, arriva l’aggiornamento del tariffario

Il 26 gennaio 2017, è stata pubblicata sul BURL la RL DGR X-6131 del 23.01.2017 l’aggiornamento del tariffario delle prestazioni consultoriali in ambito materno infantile, che regola le funzioni e le prestazioni dei consultori familiari pubblici ed accreditati. Qui di seguito pubblichiamo la presentazione della stessa Dgr avvenuta il 14 febbraio 2017 da parte di don Edoardo Algeri, presidente Felceaf presso la Sede dell’Archivio Storico Diocesano di Milano di via San Calimero 13 a Milano.

Negli scorsi mesi Regione Lombardia ha costituito uno specifico gruppo tecnico, composto da rappresentanti delle ATS, ASST, direzione generale Welfare e Reddito di autonomia e Inclusione Sociale e da associazioni private dell’area dei consultori (tra cui il presidente FeLCeAF, don Edoardo Algeri e la presidente Ucipem Lombardia, dottoressa Saula Sironi), con l’obiettivo di pervenire all’aggiornamento del tariffario dei consultori.

Il gruppo tecnico ha analizzato gli esiti delle azioni innovative promosse negli scorsi anni in diversi consultori ed elaborato una proposta utile all’individuazione definitiva delle prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria ai fini dell’aggiornamento del tariffario, funzionale a capitalizzare, nel quadro dei principi di cui alla L. R. 18/2014, l’esperienza di tali azioni;

Queste azioni innovative hanno l’obiettivo di accompagnare la famiglia in tutte le fasi del ciclo di vita (nascita, maternità/paternità, educazione dei figli, adolescenza, situazioni di fragilità e vulnerabilità con particolare riguardo agli anziani e alle persone con disabilità) introducendo nuove funzioni di supporto psico socio educativo nelle fasi di difficoltà familiari, anche mediante l’attivazione di reti di mutuo aiuto.

La Regione ha ritenuto pertanto di stabilizzare le azioni innovative in questione, attraverso l’introduzione delle stesse nel nuovo tariffario regionale di cui all’allegato 1 «Tariffe relative a prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria» erogate dai consultori familiari, costituente parte integrante e sostanziale del presente atto.

Ritenuto, inoltre, di confermare che le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui all’allegato 1, in particolare quelle per la tutela dei minori, gli affidi e le adozioni, sono erogate in attuazione ai vigenti Livelli essenziali di assistenza senza l’obbligo di prescrizione su ricettario regionale e in regime di esenzione, ivi comprese le prestazioni mediche specialistiche erogate per il rilascio delle certificazioni ai fini dell’accertamento dell’idoneità fisica e psichica dei coniugi che hanno presentato dichiarazione di disponibilità ad adottare al Tribunale per i minorenni.

La delibera 6131 mette a sistema alcune azioni delle sperimentazioni “Centro Famiglia” e rende ancora più flessibili alcune prestazioni già incluse nel tariffario regionale.

Segnalo in particolare (cf Allegato 1 da p.8ss. della DGR 6131):

  1. La nuova tariffazione della visita colloquio erogabile secondo due differenti modalità e corrispondente retribuzione [cod. 001];

  2. La nuova possibilità di erogare anche fuori sede: a) il colloquio di accoglienza/orientamento (fino ad un massimo di 2) [cod. 101] b) i colloqui di consultazione (fino ad un massimo di 4) [cod. 102];

  3. Ampliamento della tipologia dei colloqui di sostegno (fino ad un massimo di 10) [cod. 104];

  4. Estensione, per le situazioni particolarmente problematiche, fino ad un massimo di 10 colloqui, per la mediazione familiare e la consulenza familiare [cod. 201 e cod. 202];

  5. Possibilità di erogare anche fuori sede gli “Incontri con gruppi con utenti” [cod. 401ss.] secondo tre diverse tipologie ampliate di incontri;

  6. Ampliamento della remunerazione del primo scaglione di utenti per le funzioni di “Accoglienza e tutoring”: riconoscimento al minimo di € 10.000 sin dal primo utente e comunque di 25€ per utente; ossia raggiungendo 500 utenti si è remunerati con € 12.500 (rispetto agli € 10.000 della DGR 4597), risultanti da 500 utenti per 25€ = 12.500€.

  7. Numero minimo di 4 persone (anziché 15 come nella DGR 4597) per formare un gruppo valido ai fini della rendicontazione delle attività di prevenzione ed educazione della salute

(a cura di Edoardo Algeri)

www.felceaf.it/joomla/2-non-categorizzato/135-prestazioni-consultoriali-arriva-l-aggiornamento-del-tariffario

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Cuneo. “Apprendisti papà”: quattro incontri al consultorio

Quando nasce un bambino tutti si stringono attorno alla mamma e al neo arrivato. E i papà? Per aiutarli ad affrontare l’esperienza più importante e difficile della loro vita.

L’associazione Consultorio UCIPEM organizza, presso la propria sede in Via Sen. Toselli 6 a Cuneo, il ciclo di incontri “Apprendisti papà. Quattro incontri per scoprire il papà che c’è in te!” Le serate sono rivolte a tutti coloro che stanno vivendo per la prima volta la paternità e si terranno il 20 e 27 marzo e il 3 e 10 aprile dalle ore 20.30 alle 22.30. Si affronteranno tutte le più comuni difficoltà che i nuovi papà si trovano a dover gestire, sia sul piano pratico che su quello psicologico-emotivo.

A condurre gli incontri saranno Egidio Ciola, Alessandro Mascherpa, Claudia Venturino, Maria Chiara Gozellino, psicologi e psicoterapeuti nonché papà e mamme, e Corrado Basso, infermiere.

La partecipazione è gratuita, la prenotazione invece è obbligatoria poiché i posti sono limitati.

www.consultoriocuneo.org

www.targatocn.it/2017/03/14/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/apprendisti-papa-quattro-incontri-al-consultorio-ucipem-di-cuneo.html

 

Parma. Prossimi eventi.

23 marzo 2017. Amare da morire Come sopravvivere all’amore malato

05, 27 aprile, 12 maggio, 8 giugno 2017. Risposati. Incontri per persone, coppie, famiglie ferite.

www.famigliapiu.it/index_eventi.html

 

Taranto. Giornata di studio: L’équipe, cuore del consultorio familiare UCIPEM”

La giornata del 30 aprile 2017 si svolgerà presso il Consultorio Familiare di Taranto e sarà inserita nelle manifestazioni relative alla ricorrenza del 50° anniversario della sua fondazione. (vedi anche UCIPEM)

Il Consultorio Familiare “Il Focolare” nasce a Taranto nel 1967 per volontà del padre gesuita Antonio Petrecca, attento osservatore e profondo conoscitore delle problematiche giovanili e familiari. Dà vita, insieme con un gruppo di medici dell’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) e di alcuni membri dell’UGGI (Unione Giuristi Cattolici Italiani), al Consultorio “Il Focolare”.

Il 15 dicembre 1977, con atto del notaio Troise (rep:24706, racc. 6070), venne ufficialmente istituita l’Associazione “Il Focolare” e venne nominato il primo consiglio direttivo. Il Consultorio inizia la sua attività nel 1967 con il primo Corso di Preparazione al Matrimonio per fidanzati. Promuove iniziative, studi, dibattiti, organizza convegni su vari temi inerenti la famiglia.

Il 24 marzo 1968 nasceva l’Unione Nazionale dei Consultori UCIPEM, per interessamento del prof. Sergio Cammelli di Bologna, del CIS (Centro Italiano di Sessuologia) e di Don Paolo Liggieri, fondatore e direttore dell’Istituto “la Casa” di Milano. “Il Focolare” di Taranto aderì all’UCIPEM come socio fondatore.

L’obiettivo era, ed è tutt’ora, perseguire un’identità ideale e operativa per potenziare in maniera più efficace i valori umani, cristiani e sociali del matrimonio e della famiglia. In quest’ottica appaiono indispensabili lo scambio reciproco di esperienze e di informazioni in campo eugenetico, medico, psicologico, giuridico, etico, sociale.

Il nostro volontariato non è “privato” in contrapposizione al “pubblico” né ad esso subordinato o, in posizione di supplenza, ma costituisce un altro modo di agire nel campo dei “Servizi Sociali”.

L’Associazione di Volontariato “Il Focolare A. Petrecca”, Consultorio Familiare ONLUS, mette al centro degli interventi “La Persona” con un approccio multidisciplinare e con modalità operative di sostegno alla relazione di coppia, genitoriale e familiare avvalendosi prevalentemente della figura professionale socioeducativa del Consulente Familiare (Legge n. 4 del 14.01.2013)

Gli operatori dell’Associazione A. Petrecca sono professionisti che fanno volontariato nella struttura mettendo a disposizione degli utenti tempo, professionalità in una relazione di lavoro interdisciplinare e, quando necessario, in collaborazione con specialisti e/o altri Enti Istituzionali.

www.ilfocolare.it/p/home.html

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COPPIA

La comunicazione nella coppia

Incontri della Cittadella (Assisi). 39° seminario La comunicazione nella coppia 28 aprile-1° maggio se la coppia riscopre la forza del noi “… le grandi acque non possono spegnere l’amore…” (Ct 8,7)

  • Venerdì 28 ore 20.45 accoglienza: saluto del presidente Tonio Dell’Olio

  • Lo scenario sociale e culturale della coppia, oggi Linda Laura Sabbadini

  • Sabato 29 ore 9.00 spazio di preghiera con Clorinda e Piergiorgio Volontari PCC

  • ore 9.30 “storie di coppie, con il cuore sulle spalle” Paolo e Gabriella Messina; Girolamo e Sandra Pugliesi Pino e Carmela Valenti; coordina Anna Maria Cimino

  • ore 15.30 La scommessa del noi: sogno e realtà Massimo Diana la parola all’assemblea

  • ore 18.00 anche l’amore ha bisogno di “manutenzione” Rosella De Leonibus

  • ore 21.00 brevi interviste ai partecipanti – a cura di Tonio Dell’ Olio canzoni e sentimenti in musica con Leonello Conficoni

  • Domenica 30 ore 9.00 spazio di preghiera

  • ore 9.30 le pietre miliari dell’Amoris Lætitia Andrea Grillo

  • 11.00 presentazione laboratori Luigi Bovo; Rosella De Leonibus; Beppe Sivelli

  • ore 12.00 celebrazione eucaristica

  • ore15.30 laboratori

  • ore 21.00 scambio di pensieri rivolti al futuro; arrivederci in musica

www.cittadella.org/seminario-coppia-2017

Informazioni Cittadella Cristiana – via Ancajani 3 – 06081 ASSISI/Pg – Tel. 075/813231; fax 075/812445;

convegnipcc@cittadella.orgospitalita@cittadella.orgwww.cittadella.org

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DALLA NAVATA

3° Domenica di Quaresima – Anno A – 19 marzo 2017

Esodo 17, 07. E chiamò quel luogo Massa e Merìba[tentazione, e contraddizione], a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”

Salmo 95, 08. Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto.

Romani 05, 08. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Giovanni 17, 10 Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

 

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

Signore, dammi sempre quest’acqua!”

Nelle prime due domeniche di Quaresima, con la memoria di Adamo ed Eva, cioè dell’umanità nei suoi inizi, e la memoria di Abramo, il primo credente nel Dio vivente, abbiamo considerato l’inizio della storia di salvezza. In questa domenica e nelle prossime le tre letture diventano nuovamente parallele e convergenti su temi battesimali e pasquali: l’acqua, la luce, la vita.

In questo brano dell’Esodo riviviamo il dono dell’acqua fatto da Dio al suo popolo nel deserto, quando era minacciato dalla sete. La sete è metafora della nostra ricerca, come nel vangelo che ci presenta la donna samaritana la quale va ad attingere acqua al pozzo e, nell’incontro con Gesù, trova l’acqua della vita.

L’Apostolo Paolo illustra ai cristiani di Roma la salvezza non meritata: attraverso la fede sono giustificati, resi giusti, dunque abitati dall’amore di Dio riversato nei loro cuori attraverso lo Spirito santo. E ciò avviene grazie all’evento pasquale: Cristo ha dato la vita per gli uomini, tutti peccatori. Proprio mentre gli esseri umani erano peccatori e nemici di Dio, Dio li ha amati fino a donare loro suo Figlio Gesù Cristo. Ecco l’epifania dell’amore gratuito di Dio, amore senza reciprocità, amore che riconcilia con Dio il peccatore.

 

Dopo averci presentato le tentazioni di Gesù e la sua trasfigurazione, nell’annata liturgica A la chiesa propone, attraverso brani del quarto vangelo, un percorso che ci aiuta ad approfondire le valenze del battesimo. Oggi meditiamo sull’incontro tra Gesù e la donna samaritana, nel quale è rivelato il dono dell’acqua della vita.

Da Gerusalemme Gesù deve ritornare in Galilea, e potrebbe farlo risalendo la valle del Giordano. La strada era più piana, più sicura e permetteva di non dover attraversare la Samaria, terra i cui abitanti da secoli erano talmente nemici dei giudei – che li ritenevano impuri ed eretici –, da molestarli quando questi la attraversavano (cf. Lc 9,52-53). Invece – dice il testo – Gesù “doveva” (édei) passare per la Samaria, un “dovere” che esprime una necessità divina: in obbedienza a Dio, proprio perché egli è stato inviato non solo ai giudei, Gesù attraversa quella terra per compiere la sua missione. Per questo riceverà l’insulto di chi non lo capisce: “Sei un samaritano e un indemoniato!” (Gv 8,48). Eppure Gesù accetta di incontrare questi che sono considerati nemici ed empi; anzi, va a cercare questo popolo disprezzato e si fa samaritano tra i samaritani, sostando presso un pozzo, come il samaritano della parabola ha sostato presso chi era stato percosso dai briganti (cf. Lc 10,33-35).

Nell’ora più calda del giorno egli giunge in Samaria, “affaticato per il viaggio”, e va a sedersi vicino al pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cf. Gen 33,18-20). È stanco e assetato ma non ha alcun mezzo per attingere acqua. Sopraggiunge allora anche una donna la quale, forse a causa del suo comportamento immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a quell’ora, per non imbattersi in quanti la disprezzano. Gesù le chiede: “Dammi da bere”. Al sentire quelle parole nella lingua dei giudei, ella si meraviglia: qualcuno che è nella sua stessa condizione di assetato le chiede da bere, le chiede ospitalità, ma è un nemico, uno che dovrebbe sentirsi superiore a lei. Una donna samaritana poteva aspettarsi da un uomo giudeo solo disprezzo; egli invece si fa mendicante presso di lei. Ecco la vera autorità vissuta da Gesù: la sua capacità – come indica il latino auctoritas, da augere – di aumentare l’altro, di farlo crescere.

Stupita, la donna chiede a Gesù: “Come mai tu, giudeo, chiedi da bere a me, una donna samaritana?”. Quale abbassamento! È questo ciò che la colpisce e accende una dinamica relazionale, in un faccia a faccia cordiale, senza più barriere. Tra Gesù e la donna, infatti, è caduto un muro di separazione (cf. Ef 2,14), anzi due: un muro dovuto all’inimicizia tra samaritani e giudei e un muro culturale e religioso di ingiusta disparità, che impediva a un uomo, in particolare a un rabbi, di conversare con una donna. Ma se una persona non può andare a Dio, è Dio che la va a cercare, perché nessuno può essere escluso dal suo amore: questo narra Gesù con il suo comportamento.

Egli, intuito che il dialogo promette di essere un dialogo di qualità, comincia a intrigare la donna: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva!”. La donna ha sete, Gesù ha sete ma, in realtà, chi dà da bere all’altro? C’è una sete di acqua di Gesù e della donna, resa più impellente dal caldo, ma c’è pure un’altra sete che lentamente emerge. Gesù sa che c’è una sete più profonda e sa che il pozzo simboleggia la Torah, quella parte delle Scritture che proprio i samaritani ritenevano l’unica contenente la parola di Dio e alla quale dovevano attingere per vivere da credenti. Gesù sa anche che questa donna, figura della Samaria adultera (cf. Os 2,7), ha cercato di placare la sua sete attraverso vie sbagliate: ha avuto diversi uomini, ha bevuto ogni sorta di acqua, vittima e artefice di amori sbagliati.

E così le svela la sua condizione, ma senza condannarla, bensì invitandola ad aderire alla realtà e, di conseguenza, a fare ritorno al Dio vivente. La samaritana, incuriosita, vuole saperne di più: “Chi sei tu che doni quest’acqua viva? Sei forse più grande del nostro padre Giacobbe? Hai davvero un’acqua che disseta per sempre? Da dove prendi quest’acqua viva?”. Il patriarca Giacobbe non solo aveva scavato quel pozzo profondo, ma secondo la tradizione giudaica aveva la forza di far risalire l’acqua dal pozzo con la sua sola presenza. Gesù è forse più grande di Giacobbe, potrà forse dare acqua che risale dal pozzo, acqua viva?

La donna accetta di mettersi in gioco e riceve in cambio una promessa straordinaria: “L’acqua di questo pozzo non disseta per sempre, la Legge di Mosè non disseta definitivamente, ma io dono un’acqua che diventa sorgente d’acqua zampillante, fonte inesauribile che dà acqua per la vita eterna”. Gesù le annuncia l’inaudito, l’umanamente impossibile: c’è un’acqua da lui donata la quale, anziché essere attinta dal pozzo, diventa fonte zampillante, acqua che sale dal profondo. Bere l’acqua da lui donata significa trovare in sé una sorgente interiore: quest’acqua è lo Spirito effuso da Gesù nei nostri cuori (cf. Gv 7,37-39; 19,30.34). Spirito che zampilla per la vita eterna, che nel cuore del credente diventa “maestro interiore”.

La samaritana comincia a intuire qualcosa, e allora chiede: “Signore (Kýrios), dammi quest’acqua!”. Qui Gesù dà un’improvvisa svolta al dialogo: “Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui”. Cosa c’entra il marito? In realtà Gesù conosce bene la situazione della samaritana, perché “conosceva quello che c’è in ogni uomo” (Gv 2,25). Egli legge nella vicenda amorosa disgraziata di questa donna la vicenda idolatrica dei samaritani con gli idoli stranieri. Vi legge simbolicamente la storia del regno del Nord, Israele, chiamato dai profeti “donna adultera e prostituta” per l’infedeltà allo Sposo unico, il Signore Dio, e l’adulterio con gli idoli falsi (cf. Os 2,4-3,6).

La donna, rispondendo che ora non ha marito, che è alla ricerca di amanti, confessa di non aver trovato lo sposo unico, sempre fedele nell’amore, anche in caso di tradimento (cf. Os 14,5). Gesù sta davanti al popolo dei samaritani per dire loro che il Signore non li ha mai abbandonati, che vuole attirarli a sé (cf. Os 2,16) e celebrare con loro nozze di alleanza eterna. Ecco perché la samaritana, al di là dell’acqua, deve trovare chi è la fonte, dietro al dono deve scoprire il donatore. Nella risposta data a Gesù, riconosce implicitamente i suoi numerosi fallimenti, la sua sete frustrata di comunione e di amore; è una donna nella miseria, che conosce padroni ma non uno sposo, una donna sfruttata e abbandonata. Ma scoprendo se stessa, scopre che Gesù è profeta e subito gli chiede dove è possibile adorare, dove è possibile incontrare Dio e iniziare una vita di comunione con lui: a Gerusalemme, come dicono i giudei, o sul monte Garizim, come sostengono i samaritani?

In risposta, Gesù le annuncia l’ora: “Credimi, donna, viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità”, cioè nello Spirito santo e in Gesù Cristo stesso che è la Verità (cf. Gv 14,6), l’ultima e definitiva narrazione di Dio (cf. Gv 1,18). Sì, il luogo dell’autentica liturgia cristiana non è più un luogo-santuario, monte, tempio o cattedrale, ma è la dimora del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, cioè la nostra persona intera, corpo di Cristo (cf. 2Cor 13,5) e “tempio dello Spirito” (1Cor 6,19). Di fronte a queste parole, la samaritana osa confessare la propria attesa: lei e la sua gente attendono il Messia profetico, il nuovo Mosè (cf. Dt 18,15-18), attendono colui che svelerà tutto. Ed è in questo momento che Gesù le dice: “Io sono – il Nome di Dio (cf. Es 3,14) – che ti parlo”. La donna si è svelata nella sua miseria, Gesù si svela nella sua verità di Messia, di Cristo, inviato da Dio.

Ma ormai l’incontro umanissimo con Gesù ha trasformato questa donna in una creatura nuova, rendendola testimone ed evangelizzatrice. Ecco perché, “lasciata la sua anfora” – gesto che dice più di tante parole! –, corre in città a testimoniare quanto le è accaduto. Per la samaritana testimoniare è innanzitutto ricordare gli eventi, raccontare la propria esperienza: qualcosa di decisivo è avvenuto nella sua vita, e ciò ha provocato in lei un mutamento, una conversione. E così, dopo aver ricordato i fatti, suggerisce un’interpretazione: “Che sia lui il Messia?”. Non impone a quanti la ascoltano un dogma, né una verità espressa in termini rigidi, ma propone una lettura che permetterà loro di fare una scelta nella libertà, mossi dall’amore. Suggerisce più che concludere, e così accende il desiderio dell’incontro. “La fede nasce dall’ascolto” (Rm 10,17), dirà l’Apostolo: dall’ascolto di Gesù è nata la fede della samaritana, dall’ascolto della samaritana è nata la fede della sua gente. E dalla fede procede la conoscenza, dalla conoscenza l’amore: questo è l’evento cristiano, mirabilmente riassunto nell’incontro di due persone assetate!

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11284-signore-dammi-sempre-quest-acqua

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DIVORZIO

Pendenza del procedimento di separazione.

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 5510, 6 marzo 2017

La pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione) iniziato anteriormente e ancora pendente, ove esista l’interesse di una delle parti all’operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, che trovano il proprio limite temporale nel passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (Cass. n. 17825 e 19555 del 2013).

Giuseppe Buffone Il Caso.it n. 16907 16 marzo 2017

Testo integrale http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/16907/FamigliaMinori

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ETICA

Ancora oggi non c’è diritto senza dovere

Dopo “l’età dei diritti” di cui diceva Bobbio nel 1990, è nata l’età delle pretese: squilibrio tra l’esplosione dei diritti e l’elusione dei doveri, e liquefazione dell’idea di obbligazione. Il diritto (vero o supposto), separato dalla responsabilità ad esso inerente, diventa fattore di disgregazione e un’arma puntata contro l’altro. È una vacua idea che la libertà soggettiva basti a tenere unita una società. È la dinamica travolgente che indaga il filosofo Vittorio Possenti nel suo nuovo saggio “Diritti umani. L’età della pretese”, in uscita oggi per Rubbettino e del quale anticipiamo un passo. Obiettivo è ridare significato e fondamento reale ai diritti, evitando tre passi falsi: l’individualismo libertario che fa dell’io un’isola; l’applicazione indiscriminata della tecnica nell’ambito della vita; la riduzione dell’uomo a mero essere naturalistico.

 

A distanza di settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale si può chiedere se la visione personalistico-comunitaria sia ancora attiva e ispirante, o se invece la teoria politica si sia concentrata così ampiamente sulle libertà di scelta da perdere di vista l’importanza dei legami e delle relazioni, facendo prevalere altre visioni e concezioni dell’uomo, meno inclinate al senso della solidarietà e della cooperazione. Sta mutando, e non in meglio, l’immagine dell’uomo che viene trasmessa a piene mani nella società: essa si struttura come nuova antropologia secolare che trasmette un resoconto riduzionistico dell’uomo, e un assunto parzialmente relativistico sulle norme morali e sulla condizione della coscienza morale. A questo si accompagna in Occidente una versione dei diritti umani in cui prevalgono quasi solo i diritti di libertà del singolo e una loro interpretazione libertaria. La consapevolezza su questo fenomeno di particolare rilievo non è tuttora diffusa, ma da diversi anni crescono le voci ammonitrici. Riferendosi al dibattito sulle radici cristiane dell’Europa, l’allora cardinal Ratzinger a Subiaco osservò che la cultura illuministica radicale intende diventare costitutiva per l’identità europea: «Accanto ad essa possono coesistere differenti culture religiose con i loro rispettivi diritti, a condizione che e nella misura in cui rispettino i criteri della cultura illuminista e si subordinino ad essa. Questa cultura illuminista è definita dai diritti di libertà… Una confusa ideologia della libertà conduce ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile alla libertà». La frase offre un’apertura su un problema enorme, che più volte mi è capitato di formulare: i diritti umani sono solo diritti di libertà?

La risposta non può che essere recisamente negativa, anche alla luce del fatto che la rivendicazione di diritti senza misura conduce a un loro illimitato conflitto. Dinanzi al contesto culturale delineato emerge come tema urgente l’approfondimento del nesso tra diritto e dovere. Per secoli e secoli il linguaggio dei diritti era sostanzialmente assente e quello dei doveri dominante, per cui l’eccellenza e la dignità dell’uomo erano collegate alla conoscenza dei doveri. All’epoca dell’Illuminismo Kant pose con ragione l’accento sulla correlazione tra doveri e diritti: «Perché la dottrina dei costumi (la morale) è chiamata abitualmente (specialmente da Cicerone) la dottrina dei doveri, e non anche quella dei diritti, tenuto conto che in verità gli uni si riferiscono agli altri?». Oggi è necessario formulare la domanda di Kant, invertendone i termini: «perché la morale e il diritto vigente sono chiamati dottrina dei diritti e non anche dei doveri?». Il nesso fra diritto e dovere/obbligazione. Il punto di cerniera tra diritti e doveri è rappresentato dalla legge morale naturale. Questa, mentre prescrive doveri, riconosce anche i diritti legati alla natura stessa dell’uomo: «La vera filosofia dei diritti della persona umana si fonda dunque sull’idea della legge naturale. La stessa legge naturale che ci prescrive i nostri più fondamentali doveri, e in virtù della quale ogni legge obbliga, è essa pure quella che ci assegna i nostri diritti fondamentali».

Occorre richiamare l’attenzione su questa frase che inserisce un punto di svolta nella modernità e che, correggendo la posizione moderna e quella antica, le porta a sintesi. Le teorie moderne sul nesso diritto-dovere sono assai più teorie dei diritti che dell’obbligazione; e reciprocamente le dottrine antiche e medievali valgono come espressione della legge e dell’obbligazione, e meno dei diritti. Di conseguenza sotto lo stesso nome generale di legge naturale vengono ricomprese dai medievali e dai moderni prospettive lontane, che Maritain cerca di ricondurre a unità offrendo una determinazione più compiuta del radicarsi di diritti e doveri nella legge naturale. Un modo problematico di intendere i diritti umani in Occidente si fonda sull’idea che essi si riassumano nel divieto di interferire nella sfera altrui, e che di conseguenza in loro si esprima l’impossibilità di chiedere ad altri qualcosa che questi possono dare solo nella forma dello scambio: io appartengo solo a me stesso; io sono mio, io sono irrelato e non instauro rapporti con gli altri se non contrattualmente. Frequentemente si punta sul singolo inteso senza affetti, senza inserimento in una reale comunità, su un’ipertrofia del sé da cui fluisce una competizione fra soggetti separati intenti a promuovere se stessi. Le pratiche e talvolta le concezioni dei diritti attualmente prevalenti in Occidente pongono il diritto sopra l’obbligazione e il dovere. Ora se intendiamo garantire l’avvenire dei diritti umani, è saggio seguire un altro approccio, imperniato sull’idea di obbligo verso l’altro e sull’anteriorità dell’obbligo rispetto al diritto. Si tratta di ricercare un equilibrio fra libertà e responsabilità, senza la quale l’appello indifferenziato ai diritti individuali può generare abusi e condurre all’anarchia. Non vorrei quindi privilegiare il linguaggio dei doveri su quello dei diritti e neppure viceversa. Entrambi dovrebbero procedere appaiati facendo volta a volta emergere il lato più scoperto secondo i contesti e le situazioni storiche. Riterrei indubbio che in Occidente debbano assumere grande slancio il tema della solidarietà e il correlativo dovere nella prassi comune e nelle leggi. Esiste un dovere morale di solidarietà che va urgentemente recuperato e senza il quale il senso stesso di molti diritti si degrada.

Vittorio Possenti Avvenire 16 marzo 2017

https://www.avvenire.it/agora/pagine/dovere

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FIGLIO

Il figlio, da soggetto a oggetto

Dalla pretesa di adozione dei single e delle coppie gay, all’attuale incontrollato sviluppo delle tecniche di fecondazione artificiale, tutto ciò impone interrogativi seri sull’identità stessa delle figure parentali e sul senso del generare una vita umana. Ne tratta in termini interessanti e profondi un nuovo saggio pubblicato sulla rivista delle famiglie adottive e affidataria italiane “Lemà sabactàni”

Cosa significa diventare padre e madre? Come si sta trasformando il desiderio di un figlio nella società “tecno-liquida” di oggi? Don Matteo Martino, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Milano), ha provato a fare il punto della situazione e, bandendo fantasie e ubriacature ideologie (spesso interessate), risponde a queste domande nel saggio pubblicato sull’ultimo numero della rivista delle famiglie adottive e affidatarie italiane (edita dalle associazioni “Aibi”, “Amici dei Bambini” e “La Pietra scartata”) “Lemà sabactàni? Contributi per una cultura dell’adozione”.

www.aibishop.it/shopping-solidale/8-pubblicazioni

Un titolo quanto mai azzeccato per il buio che sta avvolgendo tanti bimbi e bimbe di oggi, abbandonati o “orfani di genitori vivi”, che alimentano il grido silenzioso che si fa eco di quello del Cristo: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). Gesù sul Getsemani si rivolge al Padre gridando le prime parole del salmo 22, con una parola di sofferenza e desolazione ma che è, al tempo stesso, anche il grido della completa “fiducia della vittoria divina” e della “certezza della gloria” (Benedetto XVI, Catechesi, 14 settembre 2011). Come spiegato anche dall’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, nella meditazione del Venerdì santo della scorsa Pasqua al Colosseo, “il grido di Gesù è il grido di ogni crocifisso della storia, dell’abbandonato e dell’umiliato, del martire e del profeta, di chi è calunniato e ingiustamente condannato, di chi è in esilio o in carcere” (Card. Gualtiero Bassetti, Dio è misericordia, in “L’Osservatore Romano”, 21-22 marzo 2016, p. 5). Ma chi è più “esiliato” oggi, se non il figlio concepito meccanicamente, che non conosce la vera identità dei suoi genitori ed è costretto a crescere senza il cuore di una mamma?

Ritornando ora al contributo citato all’inizio, di Matteo Martino, già dal titolo “Padre e madre. Pensare la relazione genitori e figli nel nostro tempo” (in “Lemà sabactàni?”, anno VIII, n. 15/2015, pp. 35-48), comprendiamo come le ricadute sociali e psicologiche del ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale eterologa sono ormai tali da ingenerare cambiamenti epocali, in grado di intaccare profondamente l’esperienza del fare coppia e famiglia oggi. Per questo Don Martino parla di una vera e propria “metamorfosi della concezione del figlio”.

In epoca di opinionismo diffuso e squalificato, si tratta di un’analisi a mio avviso molto importante, tanto più per il fatto di essere ospitata in una rivista che, giunta al decimo anno editoriale, è diretta dal prof. Don Maurizio Chiodi, sacerdote della diocesi di Bergamo e docente di teologia morale presso la facoltà teologica di Milano.

Nel capitolo del suo saggio dedicato alla trasformazione della famiglia Don Matteo Martino rileva che si sono “moltiplicate le “visioni del mondo” e diversificati gli “stili di vita” a tal punto che realizzare il proprio potenziale singolare sia diventato un comandamento”, “il nuovo imperativo dell’individualismo”. Crollo dei matrimoni, fragilità del rapporto coniugale, crescita delle convivenze e differenziazione delle sue forme sono i segni manifesti della drammatica mutazione civile in atto.

Come rileva la nota di presentazione dell’Ai.Bi., una delle maggiori associazioni italiane che si occupano di adozioni, il cui presidente è Marco Griffini, fra i relatori dell’ultimo Family Day al Circo Massimo, nel dibattito pubblico e nella mentalità diffusa, il termine “famiglia” trova ormai spazio “solo nella sua forma plurale. Le indagini socio-demografiche elencano: famiglia estesa (più nuclei coabitanti sotto lo stesso tetto); famiglia allargata (con più di due generazioni dello stesso nucleo); famiglia nucleare normo-costituita (coniugi con figli); famiglia di genitori soli; coppia di fatto; famiglia ricostituita (divorziati risposati); famiglia unipersonale (single); convivenze omosessuali” (Adozione per le coppie gay? Possono diventare un padre e una madre per un bambino abbandonato? in “News Ai. Bi.”, 23 febbraio 2017 – (www.aibi.it). Il fondatore dell’Ai.Bi., che prima di essere è un’organizzazione non governativa è costituita da un movimento di famiglie adottive e affidatarie.

Don Martino nel suo saggio evidenzia come la discontinuità del presente si palesa non solo nella “pluralizzazione” dei modelli familiari, ma anche e soprattutto nella marginalizzazione della comunità familiare rispetto alla società. “Alla trasformazione epocale delle modalità di diventare genitori corrisponde il cambiamento di mentalità nei confronti del figlio”, aggiunge, con il conseguente “isolamento sociale e contrazione affettiva [come] due fattori che determinano la precarietà della famiglia contemporanea”.

Nel secondo capitolo Martino propone l’analisi del nuovo modo di pensare al figlio partendo da quanto segnalato dal filosofo francese Marcel Gauchet, professore emerito all’Ecole des hautes études en sciences sociales (già “Directeur d’études”) e capo redattore della prestigiosa rivista “Le Débat” edita da Gallimard (cfr. “Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica”, Milano 2010).

Guchet illustra infatti nei suoi scritti i contorni di una vera rivoluzione circa il modo di concepire il senso del generare: “il figlio non risulta più atteso bensì è frutto di un preciso desiderio. L’individualismo degli stili di vita non solo ha intaccato l’esperienza dell’amore coniugale e i vissuti familiari, ma ha trasformato la stessa concezione del figlio: non più un dono da accogliere, ma oggetto del desiderio del genitore per il suo rispecchiamento”. Il dilagare di una mentalità tecnicistica ha contribuito a insediare questa nuova “concezione” del figlio riducendolo a mero “prodotto” per soddisfare il bisogno di paternità/maternità. “Il bambino è diventato un figlio del desiderio, del desiderio di un figlio. Era un dono della natura o il frutto della vita attraverso di noi, d’ora in poi non potrà che essere il risultato di una volontà espressa, di una programmazione, di un progetto”.

Seguendo il percorso proposto da Gauchet sembra chiaro che la famiglia non costituisca più un quadro obbligatorio per la generazione e, afferma quindi Martino, “non è più la famiglia che fa il figlio ma è il figlio che fa la famiglia; tale capovolgimento riflette la trasformazione radicale dell’esperienza familiare”.

È nel quadro della de-istituzionalizzazione della famiglia che va dunque colto il processo di “privatizzazione della generazione”, conclude la rivista “Lemà sabactàni?”: “generare un figlio non è più una questione che riguarda la collettività. Muta l’esperienza generativa e le coordinate antropologiche del legame padre-madre-figlio vengono sovvertite. Il desiderio più naturale del mondo, quello del figlio – così si diceva solitamente – è realizzato mediante una divisione del processo: padre-seme, madre-ovulo, madre in affitto, madre e padre sociali”.

Sullo sfondo di tale stravolgimento il bambino non è più compreso come frutto del legame d’amore, della comunione e della promessa di un uomo e di una donna, bensì come risultato di un meccanico atto di riproduzione. Mettendoci quindi una buona volta dal punto di vista del nascituro, Don Martino chiede provocatoriamente: “che cosa significa essere figlio del desiderio e dell’intervento della tecnica?”. È davvero un’identità libera quella del “figlio del desiderio”? E, quest’ultimo interrogativo ce lo poniamo noi, anche dal punto di vista politico-legislativo oltre che morale e psicologico.

Da anni il presidente dell’Associazione Amici dei Bambini (AiBi) Marco Griffini sta denunciando il preoccupante crollo delle dichiarazioni di disponibilità all’adozione: “Sempre meno coppie sono pronte ad accogliere un bambino abbandonato. Anche quelle che ottengono l’idoneità, molto spesso, non danno seguito all’adozione e non conferiscono il mandato all’ente autorizzato. Abbiamo liste su liste inviate da Paesi stranieri di bambini adottabili ma lontani dal modello “ideale” di bambino piccolo e sano. Sono grandicelli, malati o gruppi di fratelli”. Se questo è un problema, la mentalità eugenetica dei richiedenti “figli del desiderio” è comparativamente una vera e propria tragedia per le società occidentali. Le quali, invece, fanno finta di nulla, eludendo l’interrogativo e spacciando tutto come conquista “diritti civili”. Ma con le parole di chi se ne intende, cioè quel Griffini che si spende da quasi quarant’anni per dare “una famiglia a un bambino”, ribadiamo che solo una donna e un uomo sposati rimangono “la prima e migliore risorsa per un bambino”.

L’ordinamento italiano non si azzardi, come hanno fatto altri, a privilegiare questa cultura “virtuale”, basata su idee e desideri “di parte”, senza considerare il dato psicologico e sociale, secondo il quale i bambini hanno bisogno di due genitori e la famiglia non è solo “prendersi cura” di qualcuno, ma “generarlo alla vita”.

Basta con l’esclusivismo delle logiche “assistenziali” che, per giustificare l’adozione o l’acquisto di un bambino con l’utero in affitto da parte di single o coppie gay, la buttano solo sulla opportunità che, allevare un figlio proveniente da una situazione di disagio o da un Paese povero e trapiantarlo sia in fondo il “male minore”. Per noi ciò che conta è il bene maggiore di donare una famiglia a ciascun figlio.

Nel giugno 2013 la Duma, cioè il Parlamento della Federazione russa, ha approvato una legge che vieta l’adozione di bambini russi da parte di cittadini di Paesi in cui è consentito il matrimonio tra persone dello stesso sesso e genitori singoli. Per questo, dal primo gennaio 2013 i genitori americani sono stati banditi dall’adozione di bambini provenienti dalla Russia nell’ambito della cosiddetta legge Dima Yakovlev, varata in risposta al “Magnitsky Act” degli Usa. Su questo il presidente dell’AiBi Marco Griffini ha commentato: “La decisione non ci sorprende. […] A questo possiamo solo aggiungere che il benessere psicofisico di un bambino è vivere in una famiglia vera, con un papà e una mamma”.

Giuseppe Brienza La Croce quotidiano 8 marzo 2017

www.retefamiglieroma.net/la-metamorfosi-del-concetto-di-figlio

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

La Lombardia approva il Fattore Famiglia.

In Lombardia il Fattore famiglia è legge. Con 40 voti a favore, 12 contrari e 17 astenuti il Consiglio regionale ha approvato oggi il provvedimento che istituisce il nuovo indicatore reddituale che va a integra l’Isee, introducendo meccanismi di premialità per le famiglie. Si parte immediatamente con l’applicazione del Fattore Famiglia al Buono scuola e al buono libri della Dote Scuola, ai progetti di inserimento lavorativo, ai contratti di locazione a canone concordato e al trasporto pubblico locale. D’ora in poi nell’erogazione dei servizi e nella costruzione delle graduatorie la Lombardia non si limiterà a valutare la sfera economica e patrimoniale delle famiglie, ma riconoscerà i reali carichi di cura e assistenza che la famiglia svolge nei confronti dei suoi componenti, dai figli ai disabili agli anziani non autosufficienti. Per il 2017 vengono stanziati 1,5 milioni di euro, cui si aggiungono corrispondenti risorse per il 2018 e il 2019.

Per il Presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo si tratta di «uno strumento in grado di considerare i bisogni dei nuclei familiari che devono essere sostenuti attraverso criteri chiari che incentivino la natalità, tenendo conto anche delle situazioni di bisogno e di fragilità che tante famiglie lombarde vivono». Per il relatore Alessandro Colucci è uno strumento che garantisce «una maggiore equità nel trattamento delle famiglie, riconoscendo il ruolo centrale e indispensabile che compiono per la società e il sistema Paese». Molto critico il Pd, che si è astenuto dal voto.

«Il FattoreFamiglia, lanciato come idea a Milano dal Forum delle associazioni familiari in occasione della Conferenza nazionale sulla famiglia nel 2010 è finalmente una legge della Regione Lombardia», commenta con soddisfazione il presidente del Forum Regionale Lombardo delle Associazioni Familiari. «È uno strumento amministrativo che integrando l’ISEE aiuta a definire e individuare in maniera più precisa la reale ed effettiva capacità contributiva dei cittadini: permette infatti di misurare gli effettivi costi che la famiglia sostiene per il proprio mantenimento, costi che vengono poi sottratti dal calcolo del reddito ai fini del pagamento dei vari servizi erogati dalla Regione o ai fini della formazione delle graduatorie per l’accesso ai servizi regionali».

Per Gigi De Palo, presidente del Forum nazionale, quello di oggi è «un momento storico non solo per la Regione Lombardia, ma per tutto il Paese e per le associazioni del Forum. Cosa aspettano le altre Regioni a dotarsi di uno strumento fiscale che dopo tanti anni di tassazioni inique, rende giustizia alle famiglie? Adesso la palla passa al governo: il ministro Costa ha promesso più volte l’istituzione del FattoreFamiglia anche a livello nazionale. Dopo il risultato di oggi, siamo tutti più ottimisti: si può fare!».

Sara De Carli Vita.it 14 marzo 2017

www.vita.it/it/article/2017/03/14/la-lombardia-approva-il-fattore-famiglia/142772

 

La famiglia merita una riforma fiscale, non solo gli assegni

In Senato si velocizza l’iter del Ddl Lepri, per l’istituzione di un assegno semi-universale per i nuclei famigliari con figli. «Apprezziamo molto lo sforzo. Ma questo strumento allargherebbe la platea degli aventi diritto abbassando l’importo del sostegno. Vorremmo che questi aiuti arrivassero nel quadro di una seria riforma fiscale e all’introduzione del FattoreFamiglia», ha sottolineato Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, intervistato da Vita

Un assegno universale da 100-200 euro per i figli a carico fino a 25 anni, con un meccanismo a calare con l’aumentare dell’età. È la misura prevista dal disegno di legge delega, a prima firma del senatore Pd Stefano Lepri, che affida proprio al governo il riordino e il potenziamento delle misure a sostegno dei figli a carico. Il provvedimento giace da tempo in Senato e la commissione Finanze ha riavviato in questi giorni i lavori con l’obiettivo di accelerare. Mercoledì la Commissione riprenderà la discussione sul Ddl e, come spiega lo stesso Lepri, se il governo sarà pronto a fornire il parere, le votazioni potrebbero partire anche questa settimana.

In sintesi, con la delega verrebbero assorbiti in un’unica misura gli assegni al nucleo familiare, le detrazioni fiscali per i minori a carico e l’assegno per le famiglie numerose (potrebbe essere mantenuto il bonus nido previsto dalla legge di bilancio). Il beneficio sarebbe dunque unico e integrale e, in base alle stime effettuate, potrebbe valere 200 euro fino a 3 anni, 150 euro da 3 a 18 anni e 100 dai 18 ai 25 anni.

«È bene che si faccia il possibile per dare un segnale chiaro alle famiglie italiane, anche potenziando gli assegni familiari ma l’intervento non può fermarsi lì», ha commentato Gigi De Palo presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, «Occorre una riforma fiscale seria perché le famiglie non chiedono elemosina, ma giustizia» L’intervista

I dati sulla povertà dimostrano come le famiglie più numerose sono anche le più povere. Come si spiega?

È molto semplice: la fiscalità oggi in Italia non tiene conto dei carichi familiari. Nel nostro Paese chi mette al mondo un figlio rischia di diventare povero e questo frustra quel 92% di giovani che sogna di costruirsi una famiglia (addirittura desiderando 2 o più figli). Le donne sono costrette a ritardare sempre più il loro desiderio di maternità e a nascondere il pancione al datore di lavoro e quasi 100mila giovani preferiscono emigrare all’estero per realizzare i loro sogni e fare famiglia. Milioni di famiglie italiane non arrivano alla fine del mese perché costrette a fare i conti con un fisco iniquo e vecchio che non tiene conto del numero dei figli.

Cosa non funziona secondo lei del Ddl Lepri?

Premetto che apprezzo molto il lavoro del senatore Lepri. Però, secondo i nostri calcoli il Ddl in questione allargherebbe la platea degli aventi diritto al sostegno per i bambini ma al tempo stesso si abbasserebbe il “quantum” del sostegno. Saremo comunque felici di essere smentiti quando usciranno gli emendamenti migliorativi. Il Ddl privilegia gli aiuti diretti alle famiglie con figli, e questa è un’ottima cosa. Ma noi vorremmo che questi aiuti arrivassero nel quadro di una seria riforma fiscale che grazie all’introduzione del FattoreFamiglia, tenga conto della composizione dei nuclei familiari.

Perché secondo voi sarebbe preferibile partire dal FattoreFamiglia?

Prima di tutto perché è giusto. Oggi chi fa un figlio, in Italia, paga più tasse di quante dovrebbe perché i figli non sono considerati un bene comune, ma un fatto privato. In secondo luogo perché invece di andare avanti con soluzioni spot, crediamo sia giunto il momento di dare un segnale importante alle famiglie con una riforma strutturale e mostrando chiaramente che loro non sono un malato da curare, ma la cura del malato.

Quanto costerebbe questo strumento?

Complessivamente il costo sarebbe di 14 miliardi nei quali però confluirebbero anche i 10 miliardi già in bilancio per gli 80 euro del bonus di renziana memoria. Il risultato è una spesa di 4 miliardi. Esattamente quando è previsto dal Ddl Lepri.

La Lombardia sarà un laboratorio importante da questo punto di vista?

In Lombardia sta partendo in queste ore. Dopo tanti anni di lavoro, il Forum è riuscito a mettere attorno ad un tavolo tutti i consiglieri regionali e a far passare uno strumento che migliorerà la vita delle famiglie lombarde. Nel resto d’Italia cosa aspettiamo? Non bastano i dati ISTAT che ci spiattellano in faccia il nostro preoccupante inverno demografico?

Lorenzo Maria Alvaro Vita.it 14 marzo 2017

www.vita.it/it/article/2017/03/14/la-famiglia-merita-una-riforma-fiscale-non-solo-gli-assegni/142760

 

Formazione dei presidenti delle varie associazioni presenti nel Forum delle Famiglie.

Continua la formazione dei presidenti delle varie associazioni presenti nel Forum delle Famiglie. Dopo gli incontri a Ancona, Torino, Milano, Treviso, ieri 17 marzo 2017 a Caltanissetta con progetto INNOVA 2 è stata la volta del Forum delle Sicilia. Grande accoglienza e attenzione alle indicazioni e ai consigli forniti dal presidente nazionale Gigi De Palo per quanto riguarda la “leadership associativa” e dal prof. Bruno Mastroianni relativamente al modo di comunicare e di abitare i social network. Piano piano la semina comincia a mostrare i suoi primi germogli.

Prossimi incontri: Bologna, il 6 maggio, Pompei, il 24 giugno 2017.

www.facebook.com/photo.php?fbid=1449122831826969

 

14 marzo 2017 Trento. Serata-laboratorio per genitori

L’Associazione famiglie insieme di Trento organizza due serate-laboratorio per genitori nello spazio del Sito Archeologico di Palazzo Lodron (piazza Lodron 31 a Trento) ore 20.30:

  1. 22 marzo 2017 “Educare alla scelta: accompagnare i propri figli in modo consapevole superando le differenze di genere”. Sofia Cramerotti, pedagogista e psicologa; Massimo Turrini, psicologo.

  2. 5 aprile “Tecnologie, internet e sociale media tra rischi e potenzialità” Stefania Campestrini, psicologa

Le serate saranno gestite in orma interattiva tra esperti e genitori che porteranno casi, esperienze e domande su cui ragionare insieme. Entrata libera.

Per informazioni: info@famiglieinsieme.it

www.trentinofamiglia.it/Attualita/Archivio-2017/Marzo/Serata-laboratorio-per-genitori-dell-Associazione-Famiglie-Insieme

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

La via del Concilio di papa Francesco, grande traduttore della tradizione cristiana

Negli ultimi due decenni la Chiesa cattolica era stata tentate di andare “via dal Concilio Vaticano II”: con l’avvento di papa Francesco è stata riconfermata sulla “via del Concilio”.

All’inizio del V anno del suo Pontificato, Francesco papa appare come il grande traduttore del Concilio Vaticano II. Coloro che, in questo quadriennio si sono stupiti della forza e della profezia del suo pontificato – siano essi semplici battezzati o cardinali elettori – dovrebbero rileggere le parole con cui Jorge Mario Bergoglio intervenne nella Congregazione dei Cardinali del 9 marzo 2013, 4 giorni prima della sua elezione.

Lo schema del discorso è di una chiarezza cristallina. Contiene tutti i punti che in questi 4 anni abbiamo visto progressivamente attuati. Con tutta la “autocritica” e la esigenza di uscita, di liberazione dalla autoreferenzialità e di riscoperta della centralità della periferia. Già allora vi era il lucido presentimento che questa fosse l’unica vera soluzione per una ripresa di credibilità della Chiesa e su questa prospettiva Francesco ha ottenuto il consenso dei Cardinali.

Una immagine è forse la migliore sintesi: Cristo non è soltanto “fuori e bussa per entrare”, ma è anche “dentro e bussa per uscire”. La Chiesa deve liberarsi dalla autoreferenzialità e permettere a Cristo di uscire.

Ecco il testo di 4 anni fa: il migliore augurio per un altro quadriennio indimenticabile.

Intervento alla Congregazione dei cardinali – 9 marzo 2013 di Jorge Mario Bergoglio

Si è fatto riferimento all’evangelizzazione. È la ragion d’essere della Chiesa. “La dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci spinge.

  1. Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mi­stero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e del­l’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria.

  2. Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene au­toreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istitu­zioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sor­ta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare. Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.

  3. La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di avere luce propria; smette di essere il “mysterium lunae” e dà luogo a quel male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa): quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa; quella del “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans” [la Chiesa che religiosamen­te ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio – ndr], o la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime.

  4. Pensando al prossimo Papa: un uomo che, attraverso la contemplazione di Gesù Cristo e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti a essere la madre feconda che vive “della dolce e confortante gioia dell’evangelizzare”. Roma, 9 marzo 2013

 

Rileggendo questo testo ritroviamo la ispirazione originaria del pontificato e restiamo sorpresi per il fatto che 4 anni dopo, con tutto ciò che è accaduto in questi 4 anni, essa conserva intatta tutta la sua forza, la sua lucidità e la sua bellezza. Negli ultimi giorni Francesco ha accennato ad alcuni “temi” che diventeranno sicuramente terreni di azione per la Riforma della Chiesa del futuro: entrambi hanno a che fare con un “superamento della autoreferenzialità ecclesiale” che si nutre di nuove procedure per onorare la tradizione.

  1. La procedura di “ordinazione presbiterale” – che potrà riguardare anche “viri probati”

  2. La procedura di “designazione episcopale” – che per individuare il Cardinal Vicario di Roma procederà a una radicale consultazione della Diocesi.

  3. A ciò deve essere unito anche lo “studio” intorno al diaconato femminile.

Tre segni che annunciano un altro quadriennio di riforme. A Francesco piace “camminare”: vuole una Chiesa che esca all’aria aperta e che non tema il confronto. Ma i processi, per essere riavviati, richiedono nuove procedure. Solo con procedure rinnovate la tradizione potrà essere onorata davvero. E nessuno deve avere paura di mutare le procedure: neppure i canonisti, che di procedure dovrebbero essere i più esperti.

La illusione che per tramandare la fede non si debba tradurre è superata. Il Concilio Vaticano II continua ad incidere a fondo, non viene sterilizzato. Su questo terreno celebriamo oggi i 4 anni compiuti e inauguriamo gli anni a venire di papa Francesco, grande traduttore

Andrea Grillo blog: Come se non 13 marzo 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/la-via-del-concilio-di-papa-francesco-grande-traduttore-della-tradizione-cristiana

 

Francesco, il Papa che secca da quattro anni

Ieri tutta l’orbe cattolica ha festeggiato i quattro primi anni del ministero pietrino del Santo Padre Francesco: oggi vorremmo condividere un paio di riflessioni su questo papato che trancia sotto molti aspetti con l’immagine abituale che ne avevamo prima della sua elezione.

Quel che colpisce anzitutto è che Francesco è come una pietra di inciampo per chi era installato in un sistema ecclesiale tutto sommato ben rodato da decenni, vedasi anche secoli, di pratiche, di strutture e di posizioni accettate.

Penso che dobbiamo riconoscere questo dato di fatto: Papa Francesco è irritante ed è scocciante. Non serve fare finta di non accorgersi di quanto i suoi atteggiamenti siano fonte di idiosincrasia epidermica per molti e forse troppi ma qualunque riflessione, seppur breve come la nostra di oggi, non deve fare a meno di tenerne conto e di integrarla.

Alcuni cercano di minimizzare questa idiosincrasia tentando di relegarla ad un sentimento proprio solamente a qualche riottoso un po’ ottuso, altri la massimizzano fermandosi a solo questo aspetto della personalità del Santo Padre e non riescono neanche ad andare più profondamente nel significato di questo pontificato.

Certo, possiamo anche celebrare tutto quel che Papa Francesco ha già “fatto” come la riforma delle istituzioni già in corso, i suoi viaggi, il suo impegno qui e lì, le sue encicliche: la lista ne è lunghissima e davvero impressionante per un lasso di tempo così corto.

Ma tutto quello che PapaFrancesco fa o ha fatto non è di per sé quel che caratterizza davvero questo pontificato, anche se grandi progressi sono ormai stati compiuti e resteranno iscritti per lungo tempo nella storia della Chiesa mentre altri processi iniziati continueranno a svilupparsi sotto l’azione dello Spirito Santo nei decenni e secoli a venire.

Quel che, secondo me, caratterizza questo pontificato e crea come una netta soluzione di continuità con i precedenti pontificati, è proprio il fatto appariscente che sia proprio la volontà espressa dello Spirito Santo di averci dato un Papa che ci scoccia.

Leggiamo qua e là, specie in certi luoghi telematici in mano di gente un po’ fissata e “fissista” che questo Papa dà solo sberle ai “buoni” cattolici mentre, invece, si trova ingraziato con i “cattivi” acattolici o anti-cattolici: sintomatico, al proposito, che in seguito all’irritazione che genera ci siano anche stati certi cardinaloni che lo abbiano minacciato di correzione fraterna pubblica (i quali, meno male per loro e per l’unità della Chiesa, non hanno mai messo in opera concretamente tale minaccia).

Il fatto che PapaFrancesco irrita il “bravo cattolico” ed è “visto bene” dall’alieno de facto o de iure al cattolicesimo è però per me il segno incontrovertibile della presenza dello Spirito Santo in questo papato.

Quando leggiamo l’Antico Testamento, YHVH è sempre un “dio” che irrita e che irrita e sottomette alla prova chi ama: non c’è un singolo episodio dell’Antico Testamento dove YHVH non sia un emerito “rompiscatole” con il popolo che si è scelto.

E questo continua con la Persona di Gesù: chi irrita Gesù? I “bravi” ebrei, quelli contenti di sé, che hanno capito tutto, i farisei ed i sadducei; chi non irrita Gesù? I pubblicani, le prostitute, i centurioni romani, i lebbrosi e altri impuri. Chi cerca di ammazzare Gesù a causa dei suoi insegnamenti di altissima levatura morale? Mica le adultere, gli esattori di tasse, i criminali, i ladroni del tempio ma proprio chi segue alla lettera la Legge ognuno nella sua propria versione come i farisei e la casta sacerdotale.

Chi irrita di più Papa Francesco? Certi cardinaloni che conoscono la Legge, certi arcivescovi e vescovi, certi sacerdoti e tutta una frangia di cattolici “per bene” convinti di seguire le regole e di sapere meglio dello Spirito Santo cosa e dove sia la Chiesa.

La pietra di inciampo, che è Papa Francesco, è tale perché obbliga ogni cattolico a porsi l’irritante domanda della scelta tra le proprie idee e la Natura della Chiesa in quanto tale.

Chi si era costruito tutto un sistema di certezze intellettuali e emozionali che brillavano per la loro coerenza si ritrova a dover scegliere tra l’avere fede nello Spirito Santo in quanto testimoniato dalla Chiesa, in particolare oggi nel Magistero di Papa Francesco, e le proprie certezze: cioè scegliere molto concretamente tra ideologia e il Corpo Vivente del Cristo.

Abbiamo visto gli dèi cadere in questi ultimi quattro anni: teologi sicuri, vescovi ammirati per la certezza delle loro dottrine, cardinali che erano esempi viventi per il loro alto afflato; hanno fatto pubblicamente la scelta dei loro propri sistemi in vece del seguire umilmente il soffio dello Spirito e sono caduti la testa per prima di fronte a tutti, mostrando pubblicamente la loro poca fede concreta nella Chiesa reale e quanto si erano appoggiato su un mondo di idee e certezza personali che non sono e non saranno mai il Cristo né l’ispirazione dello Spirito Santo.

Papa Francesco ci irrita e ci irriterà ancora noi “buoni e bravi cattolici” e piacerà ancora ai nemici della Chiesa, ai peccatori inveterati, agli alieni al mondo cattolico e, in ciò, sarà in tutto uguale al suo Maestro, Nostro Signore Gesù Cristo.

Quanto a noi scrutiamo nella riflessione e nella preghiera, alla luce del Magistero, delle Scritture e della Tradizione, il perché questa Parola dello Spirito Santo per la bocca e le gesta del Vicario di Cristo ci irrita tanto e facciamolo senza darci l’alibi facile, ma tanto disonesto e così poco “cattolico”, di dire che ciò non corrisponde alla Volontà di Dio su di noi.

Papa Francesco,ad multos annos!

Simon de Cyrène Croce-via 14 marzo 2017

Croce-via si pone sotto la protezione spirituale di San Tommaso d’Aquino e San Giovanni Paolo Magno

https://pellegrininellaverita.com/2017/03/14/francesco-il-papa-che-secca-da-quattro-anni

 

Il papa è Francesco! “Papa della gente” Una lieta sorpresa dello Spirito

La notte del 13 marzo 2013 resterà indelebilmente impressa nel cuore di tutti quelli che, come noi, furono testimoni dell’infinita misericordia di Dio, che ci ha promesso «non vi lascerò soli» (Gv 14,18); nella persona di Jorge Mario Bergoglio, poi papa Francesco, era confermata una certezza che la Chiesa ha sperimentato nei suoi ventun secoli di storia. Quella notte la Chiesa mostrò al mondo una vitalità sorprendente.

Quasi allo spirare di giorno – la sera del “Buona sera” del papa nuovo –, tutti sentimmo un odore di madia e l’aria dello Spirito che non ha mai lasciato la sua Chiesa, e che quella notte ci faceva respirare a pieni polmoni, ci faceva intuire la grandezza di chi, sapendosi piccolo, si affidava senza riserve nelle mani di Dio per iniziare un grande servizio nella Chiesa per il Regno.

Poi Francesco, con convinta insistenza, parlò di “Chiesa di Roma” e subito si sciolse nell’anima la vibrazione-fremito di una forte gioia teologica.

Poi l’inchino al suo popolo e fu “carezza dell’umiltà” sull’anima ormai desiderosa delle tue coccole paterne.

Poi ancora ha chiesto, a forte sorpresa, d’essere benedetto dal popolo cristiano prima di benedirlo lui con la formula solenne del libro liturgico.

S’inchinò infine in umiltà, con riverenza silente e prolungata, aspettando che la parabola della preghiera della Chiesa salisse all’Altissimo e riscendesse benedicente sul suo capo.

Francesco, col suo inchino c’insegna ancora che il nostro mutuo benedirci cuce il canto dell’amore paterno e il canto dell’ubbidienza filiale… Il suo umile inchino ha detto col suo silenzio che noi siamo creature sgusciate, consegnate ai venti più freddi finché non soccorrano la benedizione dei fratelli che promette un amore d’aiuto e la benedizione dei padri che assicura la custodia ai figli…

Il papa della gente. Si capì subito che vestiva panni di umiltà e che era il “papa della gente”, che la venerava perché «gente santa» (1Pt 2,9), la «gente radunata da ogni terra» (Ez 36,16-28), la “gente dei figli di Dio”, una volta dispersi e poi riuniti in famiglia dal Fratello necessario (Gv 11,52); la «gente di Pasqua» (card. A. Tagle), chiamata a testimoniare la gioia della risurrezione (cf. At 1,8; la “gente come casa di Cristo”, come dirà alcuni giorni dopo il papa nuovo: «Gesù non ha casa perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio». [Udienza 27 marzo 3013).

Apparve a tutti che questo papa avrebbe avuto l’odore delle pecore e il popolo l’odore del pastore, come qualche tempo dopo sarebbe egli stesso espresso, mentre avrebbe iniziato ad esprimere l’amabilità del pastore, attivando quella “hilaritas” cristiana (K. Kasper), premessa ad una pastorale dell’attrazione a Cristo e al suo Vangelo. Il papa, a breve, avrebbe mostrato di preferire il linguaggio non verbale dei gesti simbolici (ne avrebbe posto tanti), sapendo che l’uomo del nostro tempo vuole anzitutto vedere, respirare, odorare di Vangelo la Chiesa e anche i suoi pastori.

Francesco è ancora il papa scelto dallo Spirito. Le scelte fatte da Francesco sin dagli inizi del pontificato sembrano corrispondere a questo criterio: dalla scelta di vivere in comunità, nella Casa Santa Marta in Vaticano, ai cambiamenti finora operati nella Curia romana, dal lavoro del gruppo degli otto cardinali, chiamati a pensarne la riforma, alla fiducia data al Sinodo dei vescovi e alla collegialità episcopale, dalle nomine cardinalizie, riflesso della mondialità della Chiesa, agli interventi coraggiosi sulla pace e sulla giustizia sociale, questo papa agisce con la libertà di chi intende solo piacere a Dio e cercarne la maggior gloria fra gli uomini, senza lasciarsi irretire da paure legate al passato, da possibili incomprensioni e resistenze nel presente, o da calcoli umani o troppo umani riguardo a possibili ricadute nel futuro.

Proprio così, è uno stile di Chiesa che viene rilanciato e proposto da lui: quello di una Chiesa che, come il Signore di cui è icona, opera e serva, deve passare fra gli uomini guardandoli con sentimento d’amore e facendo con umile fermezza le sue scelte di bene, lo sguardo in alto e il cuore in cielo, per comprendere e amare tutto ciò che è “in basso”, «miserando – appunto – atque eligendo».

Ma alcune domande s’impongono. Perché non si ricorda il lungo periodo di preghiera della Chiesa prima del conclave? Perché non si ricorda il trepidante evento del conclave, quando l’intera Chiesa invoca lo Spirito e finalmente si accoglie con gioia dal Dio trinitario il dono del papa nuovo? Un papa che prima è stato dono dello Spirito può diventare un soggetto esposto al bersaglio della critica metodica, organizzata, malevola “intra moenia”?

La Curia romana non è l’altra metà della Chiesa. Papa Francesco si è assunto l’incarico ad affrontare con chiarezza, severità e serenità il problema della riforma della Curia e, insieme, la determinazione a portarla avanti. Un impegno chiesto con forza al futuro papa negli incontri di pre-conclave. Egli ha istituito la commissione dei “G9” per studiare la riforma della Curia in modo organico.

Importanti sono stati i tre discorsi di papa Bergoglio alla Curia romana sul tema della sua riforma spirituale organizzativa. Essi sono stati pronunciati in occasione degli auguri natalizi: quello delle 15 “malattie” della Curia (22.12.2014), quello delle 12 “virtù” curiali (22.12.2015), quello sui 12 criteri di riforma della Curia e i 18 passi già compiuti per realizzarla (22.12.2016).

Osservando l’evolversi del papato bergogliano degli ultimi due anni palesemente, constatiamo, insieme al grande Sì che il popolo cristiano dà a questo papa che sente vicino, fortemente significativo, semplice, severo e misericordioso, guida sicura e affidabile, un’estesa resistenza da parte di un blocco (dicono consistente) della Curia romana. Cosa innegabile, nonostante qualche incredibile affermazione di qualcuno, da ultimo, che la vorrebbe addirittura negare. Questo pronunciamento “negazionista” è incredibile e assai grave.

Un papa non partecipa, col suo servizio petrino, a un festival, con giudici di gara e simili. Due spunti per riflettere.

  1. Il primo: in nome di che cosa ci si costituisce in “tribunale permanente” per giudicare l’operato di un pontefice?

  2. Il secondo: ma che fine fa lo Spirito che si è invocato e poi si pone in discussione il suo dono? Ma quel “tribunale illegittimo” pone sotto processo anche lo Spirito?

Qui una sola glossa di mezza riga: la Curia non è l’altra metà della Chiesa.

Michele Giulio Masciarelli Settimana News 13 marzo 2017

www.settimananews.it/papa/il-papa-e-francesco

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GESTAZIONE PER ALTRI

Utero in affitto e “adozioni” gay: alcune considerazioni (realmente) scientifiche

E’ sconcertante come alcuni settori della psicologia organizzata avvallino pratiche oggettivamente controverse e discutibili come l’utero in affitto sulla base di presunti studi “scientifici” che attesterebbero che non ci sono differenze fra bambini allevati da genitori dello stesso sesso con quelli allevati da genitori di sesso opposto. Va detto innanzitutto che ad oggi non esiste nessun studio serio che riguardi i bambini nati da utero in affitto ed allevati da coppie di maschi (cioè deprivati della madre fin dalla nascita), ma a parte questo, dovrebbe essere oramai superfluo ricordare i limiti intrinseci degli studi di psicologia sociale così come la loro correttezza metodologica risultata spesso assai carente (Marks 2012, Schumm 2010, Schumm 2016).

Raramente invece vengono considerate le evidenze di branche scientifiche molto più solide come la neurobiologia che possono basarsi su verifiche sperimentali molto più rigorose (analisi di laboratorio, anatomia patologica ecc.). Da questi studi sappiamo che le esperienze avverse nelle prime fasi di vita come ad esempio la privazione delle relazioni parentali, inducano cambiamenti fenotipici ed il danneggiamento delle funzioni cognitive. Uno studio recente ad es. ha messo in luce che nei ratti, la separazione dalla madre per tre ore al giorno nelle prime tre settimane dopo il parto, altera la mielinizzazione delle fibre nervose della corteccia prefrontale (Yang et al. 2016). La mielina è quella sostanza che riveste le fibre nervose e che consente la corretta trasmissione degli impulsi, mentre la corteccia prefrontale è quell’area del cervello che è addetta alla pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi (pensieri, azioni, senso del giudizio, condotta sociale ecc.). Ovviamente è possibile che nell’uomo gli effetti negativi della deprivazione materna siano attenuati da fattori sociali, grazie anche alla prolungata infanzia, che possono compensare in modo più o meno parziale il danno subito, ma è chiaro che il meccanismo biochimico di base è lo stesso. Non è forse un caso che fra i bambini allevati da genitori dello stesso sesso si sia rilevata una più alta incidenza del disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) (Sullins 2015). Ciò dovrebbe indurre quantomeno ad un’estrema prudenza prima di avvallare tali pratiche come invece stanno facendo sconsiderati magistrati fiancheggiati da psicologi ideologizzati ed ignoranti.

Segue bibliografia

Frank Gordon Ontologismi 11 marzo 2017

https://ontologismi.wordpress.com/2017/03/11/utero-in-affitto-e-adozioni-gay-alcune-considerazioni-realmente-scientifiche

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MINORI MIGRANTI

Minore straniero non accompagnato con rappresentanza legale immediata.

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 686, 12 gennaio2017

Ai minori stranieri non accompagnati che arrivano illegalmente in Italia va assicurata, nel più breve tempo possibile, la nomina di un tutore e, solo in una fase successiva, si può procedere a verificare le condizioni per l’adozione. Di conseguenza, spetta al Tribunale (in questo caso di Marsala) e non al Tribunale per i minorenni procedere alla nomina del tutore.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione sul regolamento di competenza proposto dal Tribunale per i minorenni di Palermo (686:2017). Al centro della questione la nomina di un tutore per un minore sbarcato in Italia irregolarmente. Il Tribunale di Marsala si era dichiarato incompetente, ma questa decisione era considerata dal Tribunale per i minorenni in contrasto con il Dlgs n. 142/2015 con il quale sono state recepite le direttive 2013/33/Ue recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e 2013/32/Ue sulle procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

L’articolo 19 – chiarisce la Cassazione – fissa le modalità di assistenza dei minori, privi di familiari adulti e impone all’autorità di pubblica sicurezza di dare immediata comunicazione della presenza del minore al giudice tutelare. In questo modo, si assicura una prossimità territoriale nell’intervento che “sarebbe da escludere in caso di scelta di un organo distrettuale come il tribunale per i minorenni”. Tale organo ha competenza solo nei casi in cui sia pendente un procedimento funzionale alla dichiarazione di adottabilità. In questo modo, sono pienamente rispettate le procedure per l’ingresso dei minori “al fine di non procedere ad adozioni internazionali illegali”.

Marina Castellaneta 16 marzo 2017

www.marinacastellaneta.it/blog/minore-straniero-non-accompagnato-con-rappresentanza-legale-immediata-la-cassazione-precisa-le-regole-di-competenza.html

Testowww.marinacastellaneta.it/blog/minore-straniero-non-accompagnato-con-rappresentanza-legale-immediata-la-cassazione-precisa-le-regole-di-competenza.html/attachment/6862017

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PARLAMENTO

Camera dei Deputati. 1° Commissioni Affari costituzionali.

C. 1658-B. Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.

14 marzo 2017 La Commissione prosegue l’esame del provvedimento rinviato, da ultimo, nella seduta dell’8 marzo 2017. Votati gli emendamenti.

pag. 83

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=03&giorno=14&view=&commissione=01&pagina=data.20170314.com01.bollettino.sede00010.tit00030#data.20170314.com01.bollettino.sede00010.tit00030

16 marzo 2017. La Commissione prosegue l’esame del provvedimento rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 marzo 2017. In sede referente, ha concluso l’esame della proposta di legge C. 1658-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, recante Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.

pag. 128

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=03&giorno=16&view=&commissione=01&pagina=data.20170316.com01.bollettino.sede00030.tit00030#data.20170316.com01.bollettino.sede00030.tit00030

2° Commissione Giustizia Accordi prematrimoniali

C. 2669 Morani. Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali.

14 marzo 2017. La Commissione prosegue l’esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 28 febbraio 2017.

pag. 90

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=03&giorno=14&view=&commissione=02&pagina=data.20170314.com02.bollettino.sede00030.tit00030#data.20170314.com02.bollettino.sede00030.tit00030

Senato6° C. Finanze e Tesoro Misure fiscali a sostegno della famiglia

(1473) LEPRI ed altri. Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico (presentato il 30 aprile 2014).

Testi, dossier, documenti acquisiti (tra cui quelli del Forum Associazioni Familiari).

www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/44377_testi.htm

9 marzo 2017 Presentati emendamenti.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1008311

15 marzo 2017 Presentati emendamenti.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1008618

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SEPARAZIONE E DIVORZIO

Separazione dei coniugi: il ruolo dei nonni.

I nonni, si sa, da sempre rappresentano un punto di riferimento per la maggior parte delle famiglie e, soprattutto, nel momento in cui la famiglia va a disgregarsi.

Nel momento in cui i coniugi si separano, i genitori iniziano ad impedire ai minori di frequentare i familiari dell’altro, ed in particolare interrompendo quel speciale rapporto nonni – nipote.

Il nostro Legislatore non prevede in capo ai nonni quel diritto di visita che riconosce al coniuge non collocatario, ma riconosce al minore il diritto di mantenere i rapporti con entrambi i rami familiari e, quindi, anche con i nonni.

La normativa. L’art. 317-bis c.c. “Rapporti con gli ascendenti” dispone che “Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma”.

L’art. 38 disp. att. afferma che tutti i provvedimenti previsti dall’art. 317-bis c.c. sono di competenza del Tribunale per i Minorenni.

I nonni, paterni o materni, potranno, dunque, ricorrere al Giudice al fine di ottenere quei provvedimenti idonei a tutelare il diritto dei nipoti minorenni ad avere sani rapporti con i propri ascendenti.

Ciò che va evidenziato è che viene tutelato il diritto dei minori ad avere un rapporto stabile con i propri parenti e non il diritto dei nonni di godere dei propri nipoti.

Si precisa che competente a decidere su tali questioni è il Tribunale per i Minorenni del luogo di residenza dei nipoti minori.

Sarà il giudice, nel precipuo interesse del minore, a valutare se tale rapporto nonno – nipote deve essere tutelato e non abbia ripercussioni negative sulla crescita serena ed equilibrata del minore.

E se il genitore, nonostante il giudice abbia accolto la richiesta dei nonni, impedisce la frequentazione? In questa ipotesi si può o predisporre una denuncia in sede penale perché il genitore dolosamente non ha eseguito quanto stabilito nel provvedimento dal Giudice, oppure formulare una richiesta di risarcimento danno, per aver impedito il rapporto con il nipote costituendosi parte civile nel procedimento penale promosso dall’altro genitore.

Chi scrive sconsiglia di procedere in tal senso perché sarà sicuramente difficoltoso consentire al minore di mantenere i rapporti con i nonni e gli altri familiari dal momento che i rapporti familiari già compromessi a seguito della separazione attivando tali azioni si deterioreranno maggiormente.

La via che mi sento di indicare è quella del dialogo tra i genitori i quali possono loro stessi chiedere al Giudice di indicare anche le modalità del diritto di visita dei nonni.

I nonni sono tenuti al mantenimento? Sono tenuti quando i genitori non siano in grado di provvedervi. Si tratta di un obbligo che non sorge automaticamente, ma solo nel caso in cui i genitori non hanno i mezzi sufficienti per provvedervi.

Avv. Luisa Camboni – Newsletter Studio Cataldi 13 marzo 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25403-separazione-dei-coniugi-il-ruolo-dei-nonni.asp

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SINODO DEI VESCOVI

Dall’Evangelii gaudium un nuovo impegno per i giovani

Il testo è un estratto della relazione introduttiva – intitolata “Con l’Evangelii gaudium verso famiglia, giovani e poveri” – che mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti – Vasto e presidente della Conferenza episcopale abruzzese – molisana ha tenuto in apertura del convegno ecclesiale delle Chiese di Abruzzo e Molise sul tema “Sognate anche voi questa Chiesa” il 17 e il 18 febbraio 2017.

 

È lucida e precisa la valutazione che l’Evangelii gaudium dà dell’azione della Chiesa verso le nuove generazioni: “La pastorale giovanile, così come eravamo abituati a svilupparla, ha sofferto l’urto dei cambiamenti sociali. I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite. A noi adulti costa ascoltarli con pazienza, comprendere le loro inquietudini o le loro richieste, e imparare a parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono. Per questa stessa ragione le proposte educative non producono i frutti sperati.

La proliferazione e la crescita di associazioni e movimenti prevalentemente giovanili si possono interpretare come un’azione dello Spirito che apre strade nuove in sintonia con le loro aspettative e con la ricerca di spiritualità profonda e di un senso di appartenenza più concreto. È necessario, tuttavia, rendere più stabile la partecipazione di queste aggregazioni all’interno della pastorale d’insieme della Chiesa” (n. 105).

Papa Francesco aggiunge: “Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l’urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo” (n. 106).

Il primo passo da compiere è l’ascolto: “Ogni volta che cerchiamo di leggere nella realtà attuale i segni dei tempi, è opportuno ascoltare i giovani… [Essi] ci chiamano a risvegliare e accrescere la speranza, perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale” (n. 108).

Nel cammino preparatorio al nostro Convegno, è stato evidenziato come “i giovani dell’Abruzzo e del Molise chiedono alla Chiesa di essere più presente nelle realtà concrete della vita attraverso un’azione che non sia fatta di singoli eventi, ma che abbia a cuore la quotidianità che essi vivono, senza separare la fede dalla vita di tutti i giorni. Inoltre, sembra essere un’esigenza pressante quella di una maggiore fermezza e presa di posizione sui temi rilevanti che costituiscono il cuore del dibattito pubblico e la vita delle realtà sociali. Per quanto riguarda i giovanissimi, è un fatto acclarato che, dopo il sacramento della Cresima, smettano di frequentare e partecipare alla vita della parrocchia. Ci domandiamo se sia ancora perseguibile il modello catechistico che prevede la ricezione del sacramento della Cresima in età adolescenziale”.

Con lo stesso atteggiamento di ascolto a tutto campo, è stato evidenziato come “i problemi principali che i giovani tra i 25 e i 30 anni incontrano nelle nostre realtà diocesane sono la mancanza di lavoro e di prospettive per il futuro. Ma questo è anche un problema (di cui non si parla abbastanza) per chi è ancora nella fase dello studio o della preparazione e sa che il futuro è pieno di incognite”. Troppo spesso ai ragazzi e ai giovani viene rubata la speranza!

Riguardo al rapporto con la Chiesa si rileva come i nostri giovani sognino una comunità non ingessata, che si faccia loro compagna di viaggio, una Chiesa che li ascolti prima di giudicare e parli il loro linguaggio. I giovani vogliono essere spronati a condividere e testimoniare la loro fede: durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, ad esempio, alcuni giovani hanno scoperto che magari proprio il loro compagno di scuola era cristiano, cosa che fino ad allora non sapevano perché forse in massa si erano vergognati di dichiararsi discepoli di Gesù.

Una particolare attenzione va data ai giovani “lontani”, quelli che non frequentano la vita ecclesiale: bisognerebbe raggiungerli nei luoghi in cui vivono per annunciare loro la bellezza del Vangelo e aiutarli in percorsi di scoperta gioiosa del Signore e di crescita nella fede. Nascono, così, interrogativi urgenti: la Chiesa che cosa offre a questi giovani? Come può far fronte alle loro esigenze? Come si fa vicina a loro e li accoglie? Una risposta è a volte data dalle diverse aggregazioni ecclesiali, che andrebbero seguite in modo più attento da chi ha responsabilità all’interno della comunità. Si avverte inoltre l’esigenza diffusa di lavorare sempre più in modo unitario fra parrocchie, associazioni e movimenti per confrontarsi, scambiarsi idee e fare scelte comuni.

È stato osservato come il tema della prossima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2018 “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” intenda stimolare le comunità ad “accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della Chiesa e della società”.

Siamo tutti invitati a porci in ascolto dei giovani, in primo luogo intercettandoli nel loro cammino di vita cristiana, con attenzione al “discernimento vocazionale” che riguarda tutte le scelte di vita. La sfida costituita dalla realtà giovanile chiama la Chiesa a “uscire” dall’autoreferenzialità, per incontrare i giovani e chi nella nostra società li ha veramente a cuore, dialogando con tutti i possibili interessati. L’auspicio è che non si guardi al Sinodo come a un evento lontano, verso cui restare semplici spettatori, ma che ci si senta coinvolti e si accompagnino i giovani a esserne protagonisti.

In tal senso, il Sinodo dovrà essere anche un’esperienza di amicizia cristiana e di fraternità: un camminare insieme verso Gesù e con Gesù nella Chiesa. Ci chiediamo: le comunità parrocchiali, le realtà associative e i movimenti sono ancora capaci di suscitare interesse tra i giovani? Dal nostro punto di vista e in base alla nostra esperienza, che contributo potrà apportare al mondo giovanile il Sinodo indetto da papa Francesco? E come i giovani potranno esserne effettivi protagonisti?

È poi necessario chiederci come oggi i giovani immaginano la Chiesa: nel lavoro preparatorio al nostro Convegno si è evidenziato che essi sognano una Chiesa capace di essere umana, di vivere la presenza di Gesù in ogni situazione e di aiutarli a credere in lui nel quotidiano, perfino nelle contraddizioni della vita. I giovani sembrano desiderare una Chiesa che non escluda nessuno, in cui tutti siano in cammino e che riconosca come unica cartina da tornasole il Vangelo: una Chiesa che vada incontro all’uomo così com’è, perché nella piena libertà possa incontrare Gesù.

Una Chiesa che aiuti l’uomo a essere e volersi umano davanti a Dio e con lui, capace di obbedire al Signore cercando nel Suo amore le risposte a tante situazioni che ci mettono in crisi nel mondo e sapendo camminare anche con chi ha una strada diversa, senza perdere se stessa e senza rinunciare a dialogare con la diversità. I giovani vogliono una Chiesa che confidi solo in Dio e sia gioiosa perché è lui che le dona la gioia, una comunità cristiana che si assuma con passione il compito di educarli, guidarli e accompagnarli verso una religione che non sia lettera morta, bensì sia fonte di luce e speranza nella vita di tutti i giorni.

Sul piano pratico, ciò significa per tutti noi vivere una presenza quotidiana e costante accanto ai nostri giovani, attraverso forme di aggregazione culturali e religiose che li aiutino a sognare e a impegnarsi in modo autentico e fecondo. Bisogna aiutare i giovani a riacquistare fiducia, entrando in un processo di miglioramento delle proprie condizioni e di rigenerazione del Paese.

Occorre una nuova missione verso il mondo giovanile, in cui i nostri ragazzi siano chiamati a “compromettersi” per Gesù nei luoghi della loro vita: scuola, università, lavoro, centri Caritas, luoghi di svago. In questo senso va colto l’invito di Papa Francesco a dare un “maggiore protagonismo” (EG 106) ai giovani. Dobbiamo chiederci: come possiamo concretizzare quest’invito del papa nel nostro territorio e nei nostri ambienti ecclesiali?

Un dato è certo: quando la comunità ecclesiale riesce a condividere la vita dei suoi giovani, è allora che acquisisce l’autorevolezza per dire loro sia le parole più facili da accogliere, sia le parole “scomode” che l’obbedienza al Vangelo chiede di proferire. Una Chiesa incarnata ha il compito di far crescere la comunione con e fra i giovani cristiani, perché a loro volta essi siano segno e strumento di un modo diverso di impostare le relazioni tanto all’interno della comunità ecclesiale, quanto nella vita sociale.

Un’altra dimensione in cui i giovani chiedono più o meno esplicitamente di essere accompagnati dalla comunità ecclesiale è quella del discernimento: un territorio come il nostro, esposto a non poche difficoltà socio-economiche, offre prospettive innanzitutto a giovani che, oltre ad avere qualificate competenze di studio e professionali, sono sorretti da tenacia e capacità di perseveranza nei progetti che perseguono.

Se ogni cammino autenticamente umano è anche cristiano, come non vedere qui un appello per la comunità ecclesiale a promuovere il consolidamento morale e spirituale dei nostri giovani, affinché essi, con la luce e la forza della fede, abbiano quella marcia in più che consenta loro di sperare e lottare serenamente anche in mezzo a situazioni particolarmente complesse?

È significativo che il lavoro preparatorio al nostro Convegno abbia evidenziato come i nostri giovani sognino una Chiesa attenta ai bisogni del luogo e che non dimentichi la sua vocazione missionaria globale. Alcuni ragazzi hanno detto a quanti preparavano il materiale di riflessione per il nostro Convegno: “Noi giovani sogniamo una Chiesa dove vescovi e sacerdoti non abbiano più paura di sporcarsi le mani con noi. Sogniamo una Chiesa dalla parte degli ultimi e libera da ogni condizionamento che ne infici il messaggio. Sogniamo una Chiesa che abbia il coraggio non solo di essere madre che educa, ma anche sorella con cui camminare e figlia che sappia ascoltare, aperta alle dimensioni del mondo”.

Va infine onestamente riconosciuto come i nostri giovani spesso non riescano a riconoscere nelle parrocchie cammini a misura di giovane: anche se in tanti dei nostri presbiteri i giovani trovano un riferimento da amare e stimare, non sempre nei parroci e nei sacerdoti in genere riconoscono un esempio che li porti a dire “vorrei essere come loro”.

Essi non si accontentano delle mezze misure e sognano una Chiesa radicalmente cristiana, che non solo dica “questo non si deve fare”, ma spieghi loro il perché, mostrando con l’eloquenza della vita ciò che va fatto, una Chiesa amica, che non viva solo di tradizioni, anche se è nelle tradizioni più autentiche che si trova il miglior collante tra passato e futuro.

È stato pure rilevato come i giovani siano spesso disillusi: dalla storia e dall’attualità imparano che molte persone che volevano cambiare il mondo in realtà non l’hanno fatto e si sono anzi assuefatti a quanto criticavano. Spesso fragili, molti fra i nostri ragazzi puntano a valori puramente estetici o di successo, che comunque non li appagano. Spesso essi si guardano allo specchio e non si piacciono: anche per questo desiderano un cristianesimo che non sia da sacrestia, ma che renda la vita davvero significativa e bella.

I giovani cercano in realtà un senso alla loro vita e spesso la società offre in risposta modelli sbagliati. Per questo, i giovani hanno bisogno di qualcuno che dica loro dei “sì” e dei “no” credibili: essi vogliono una Chiesa che li educhi e non li vizi. Le nuove generazioni, certo, sono affamate di occasioni per mettersi in campo con le proprie idee e la propria energia positiva.

Dove si creano spazi di opportunità, i giovani sono pronti a mettersi in gioco, anche se spesso non trovano il supporto adatto per ottenere successo. Se pensiamo ai nostri nonni o ai nostri genitori possiamo dire che anche loro hanno vissuto periodi critici che corrispondevano a quelli che stava attraversando il Paese, ma si sentivano “costruttori” del loro futuro.

Oggi, in un momento di diffusa crisi e fragilità del mondo adulto, bisogna dare atto a tanti giovani che nonostante la precarietà negli affetti, sul lavoro e riguardo al futuro, non si sono persi d’animo e hanno cercato di inventarsi nuove strade. È nella complessità di questo quadro che dovremo sognare e vivere il nostro essere Chiesa dei giovani e per i giovani: quali scelte compiere in tal senso? Quali passi suggerire? Il nostro Convegno è chiamato a dare risposta anche a queste domande.

Blog de Il Regno sui Sinodi dei vescovi 10 marzo 2017

www.lindicedelsinodo.it/2017/03/dallevangelii-gaudium-un-nuovo-impegno.html#more

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TRADIMENTO

Crisi di coppia e tradimento

Il punto della giurisprudenza sulla violazione degli obblighi coniugali e l’addebito della separazione.

Partiamo dal presupposto fondante, a livello normativo, che scandisce diritti e obblighi reciproci incombenti su ciascuno dei coniugi. Gli stessi sono tenuti, per espressa previsione codicistica, alla fedeltà reciproca, alla reciproca assistenza morale e materiale (che implica il dovere di collaborazione) nonché all’obbligo di coabitazione e di contribuzione. Un particolare aspetto della crisi della coppia è quella scaturente dal tradimento ovvero dalla contravvenzione di uno degli obblighi principali: quello della fedeltà. Il dovere di fedeltà può essere definito, astenendosi da commenti di rilievo giuridico, come l’obbligo di astenersi dall’intrattenere rapporti sessuali con persona diversa dal proprio coniuge. Giova rammentare come la contravvenzione a detto obbligo non determini alcuna forma di reato, sebbene assuma rilievo sotto il profilo civile ai fini dell’addebito di responsabilità in un’eventuale separazione.

La giurisprudenza si è ovviamente interessata a più riprese al tema del tradimento, coinvolgendo lo stesso uno degli aspetti più importanti della vita coniugale nonché un obbligo fondante nel rapporto.

La violazione dell’obbligo di fedeltà. La Cassazione ha rilevato, in un celeberrimo precedente che si è espresso con nettezza sul punto, che “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una salutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale” (Cassazione civile, sez. VI, 14/08/2015, (ud. 09/06/2015, dep.14/08/2015), n. 16859). Secondo la Suprema Corte, dunque, l’aver violato gli obblighi di fedeltà determina l’insorgere in capo al coniuge di una particolare forma di responsabilità che può constargli l’addebito in un eventuale giudizio di separazione, salvo che, attraverso uno scrupoloso giudizio/indagine, non risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

Il tradimento. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’obbligo di rispettare i doveri coniugali si sostanzia non solo in una prospettiva di carattere morale, ma finanche giuridica, alla luce del riferimento contenuto nell’art. 143 c.c. alle nozioni di dovere, di obbligo e di diritto nonché dall’espresso riconoscimento della loro inderogabilità e dalle conseguenze che scaturiscono dalle relative violazioni. Di conseguenza è lecito ritenere che il diritto di un coniuge al rispetto degli obblighi coniugali è un vero e proprio diritto soggettivo (Cass. n. 9801/2005). In un precedente del 2011, dal contenuto pressoché analogo, la Corte rileva che “Non essendo rinvenibile una norma di diritto positivo, né essendo rinvenibili ragioni di ordine sistematico che rendano la pronuncia sull’addebito (inidonea di per sé a dare fondamento all’azione di risarcimento) pregiudiziale rispetto alla domanda di risarcimento, una volta affermato – come sopra si è fatto – che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma, ove ne sussistano i presupposti secondo le regole generali, può integrare gli estremi di un illecito civile, la relativa azione deve ritenersi del tutto autonoma rispetto alla domanda di separazione e di addebito ed esperibile a prescindere da dette domande, ben potendo la medesima “causa petendi” dare luogo a una pluralità di azioni autonome contrassegnate ciascuna da un diverso “petitum”. Ne deriva, inoltre, che ove nel giudizio di separazione non sia stato domandato l’addebito, o si sia rinunciato alla pronuncia di addebito, il giudicato si forma, coprendo il dedotto e il deducibile, unicamente in relazione al “petitum” azionato e non sussiste pertanto alcuna preclusione all’esperimento dell’azione di risarcimento per violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, così come nessuna preclusione si forma in caso di separazione consensuale” (Cassazione civile, sez. I, 15/09/2011, (ud. 04/05/2011, dep.15/09/2011), n. 18853).

Daniele Paolanti Newsletter Studio Cataldi 13 marzo 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25110-matrimonio-dovere-di-fedelta-e-tradimento.asp

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UCIPEM

Giornata di studio a Taranto.

50° Anniversario della Associazione di Volontariato “Il Focolare” di Taranto.

Il Consiglio Direttivo dell’UCIPEM, al fine di essere più vicino ai consultori familiari e di favorire l’aggiornamento degli operatori, agevolando la loro partecipazione ai convegni, in data 13 gennaio 2017 ha stabilito di trasformare i convegni annuali in giornate di studio da realizzarsi in sedi e momenti differenti. La prima giornata di studio avrà luogo il giorno 30 aprile 2017 presso il Consultorio Familiare di Taranto e sarà inserita nelle manifestazioni relative alla ricorrenza del 50° anniversario della sua fondazione. Dette manifestazioni si terranno nei giorni 29 aprile con un incontro che avrà come tema “Relazione di aiuto e comunità sociale” e 1 maggio con un incontro-dibattito dal titolo: “Consulenza e spiritualità ignaziana”.

La giornata di studio sarà dedicata soprattutto agli operatori dei consultori familiari del Sud Italia ma ovviamente sarà aperta anche agli operatori provenienti dal resto della nazione. Le altre due giornate di studio avranno luogo a Roma, in giugno, in data da destinarsi e a Milano l’11 novembre 2017.

A Milano, nella stessa data, si terrà anche l’assemblea annuale dell’UCIPEM che quest’anno sarà anche elettiva per il rinnovo del Consiglio Direttivo e delle altre cariche sociali.

Le giornate di studio del corrente anno avranno come tema l’équipe del consultorio familiare UCIPEM, luogo in cui il confronto, l’integrazione di saperi e di esperienze e la costruzione di relazioni positive tra gli operatori genera capacità di accogliere ed accompagnare gli utenti e di costruire scelte operative sempre più rispondenti ai loro bisogni. In sintesi si parlerà dell’équipe come cuore pulsante del consultorio UCIPEM.

La giornata di studio prevede una lezione magistrale a cui seguiranno numerosi momenti di dialogo e di confronto tra gli operatori sia sotto forma di lavori di gruppo, sia sotto forma di interventi in sede di discussione plenaria.

Tutto ciò, in ottemperanza a quanto emerso dal questionario compilato dai partecipanti al congresso di Oristano nel settembre scorso, darà ad ogni operatore da una parte la possibilità di ascoltare quanto ci possa essere di più aggiornato e aderente alla identità storica dell’UCIPEM sull’équipe, dall’altra darà la possibilità ad ognuno di comunicare esperienze, evidenziare criticità, fare commenti in un’ottica costruttiva e di crescita. Tutto questo al fine di favorire il massimo grado di interattività fra i partecipanti.

Taranto sabato 29 aprile ore 16-22

Incontro. Relazione d’aiuto e comunità sociale

  • Relazione: “Consultorio e territorio

  • Dibattito, approfondimenti, realizzazioni

  • Festa di compleanno. Serata offerta da “Il Focolare” per il 50° dalla fondazione

domenica 30 aprile ore 9-18

Giornata di studio: l’equipe cuore pulsante del consultorio familiare ucipem

  • Introduce Francesco Lanatà Presidente UCIPEM

  • Lezione Magistrale: L’équipe cuore del consultorio familiare UCIPEM

dr Laura Mullich, psicologa, psicoterapeuta psicoanalitica

  • Lavori di gruppo: Conduttori. L’équipe di fronte a:

  1. Il bisogno educativo dell’adulto. dr Francesco Dall’Acqua, psicologo psicoterapeuta.

  2. La coppia oggi tra conflitto e risorse: la domanda e la presa in carico. dr Stefania Sinigaglia

  3. Esperienze di immigrazione: i minori non accompagnati ci interpellano: quali risposte? dr Luca Proli,

  4. Genitori e figli in Consultorio: quali bisogni e risposte: competenze e strumenti. dr Laura Mullich

 

  • Restituzione dei conduttori

  • Presentazione del progetto di “Inserimento dei minori immigrati”. dr Morelli, Responsabile per i minori immigrati, Tribunale di Taranto

  • Discussione plenaria

  • Dopo cena visita al Castello Aragonese

lunedì 1 maggio ore 8

Trasferimento al Centro “San Francesco De Geronimo” dei PP. Gesuiti di Grottaglie. Teatro Monticello

  • Saluti delle Autorità

  • Relazione: “Consulenza e spiritualità ignaziana” Padre Alberto Remondini SJ

  • Dibattito

  • Al pomeriggio visita al Quartiere delle Ceramiche.

Sede della giornata di studio: Hotel Mercure Delfino Taranto, viale Virgilio, 66, 74100, tel. 0997323232

Iscrizioni: dovranno essere effettuate preferibilmente collegandosi al link: http://goo.gl/i6Tjwo

oppure inviando apposita scheda cartacea debitamente compilata e con allegata copia di pagamento alla Segreteria dell’UCIPEM o per posta (via Serviliano Lattuada 14, 20135 – Milano) o per e-mail (ucipem@istitutolacasa.it). www.ucipem.com/it

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Le comunichiamo che i suoi dati personali sono trattati per le finalità connesse alle attività di comunicazione di newsUCIPEM. I trattamenti sono effettuati manualmente e/o attraverso strumenti automatizzati. Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile dei trattamenti è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea.newsucipem@gmail.com

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