NewsUCIPEM n. 640 – 12 marzo 2017

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02 ABORTO VOLONTARIO Come fare funzionare la 194/1978. Una proposta

03 ADOZIONE Tra donne e uomini la differenza vale anche nell’adozione.

03 ADOZIONI Tribunali per minorenni: avanti con adozioni gay, ma la Kafala no.

04 ADOZIONE INTERNAZIONALEMa ora, quale futuro?

Adozioni gay. No a una “rivoluzione” antropologica, si rischia.

05 ADOZIONI INTERNAZIONALI Bulgaria2016.Francia raddoppia,Spagna stabile,Usa e Italia crollano

Polonia. Priorità alle adozioni nazionali.

07 AFFIDO CONDIVISO Addio al collocamento prevalente.

08 AMORIS LÆTITIA Nonostante le ferite, vale la pena scommettere sulla famiglia. Forte

Linee guida dei vescovi campani per la recezione dell’Amoris Lætitia

11 CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA NewsOnline – numero 4 – 15 Marzo 2017.

Adolescent day. Essere adolescenti oggi. Età di paure e di conflitti.

XXX Congresso del Centro Italiano di Sessuologia.

12 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISFNewsletter n. 9/2017, 8 marzo 2017

14 CHIESA CATTOLICA Legge, giudici e famiglia: questioni aperte per analogie di famiglia

Lo sguardo etico sul diritto laico.

16 CHIESE Protestanti e cattolici, quello che ci separa (ancora)

17 CONSULENZA Il Consulente Familiare n. 1 – marzo 2017

17 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEMGrosseto. Consultorio: un corso di formazione per genitori

Parma Famiglia più. Prossime iniziative.

Messina: La seconda sede a Rometta

Poggio Mirteto. I giovani del Liceo scienze umane in Consultorio

18 DALLA NAVATA 2° Domenica di Quaresima – Anno A – 12 marzo 2017

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

20 DEMOGRAFIA Indicatori demografici. Anno 2016.

Sempre meno bimbi in Italia. Belletti: non s’investe sulla famiglia.

Il Forum delle famiglie: l’Italia muore.

Il demografo Rosina: «Cambio d’epoca, la politica si muova subito».

22 ETICA FAMILIARE L’etica familiare di papa Francesco.

24 FERTILITÀ Regolare la fertilità secondo natura.

25 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Amoris Lætitia. La famiglia che accoglie

25 GESTAZIONE PER ALTRI Gestazione per altri (GPA), o maternità surrogata, è una barbarie

26 MAMMA DOMANI Bonus donne incinte: le istruzioni per richiedere gli 800 euro

27 OMOADOZIONE Estera riconosciuta a coppia d’omosessuali italiani conviventi inUK

Firenze. Strappo del tribunale: riconosciuta adozione a coppia gay

Riconosciuta dal tribunale la prima adozione in Italia a due gay.

Pro-family: sentenza su adozioni gay aggira legge italiana.

34 OMOFILIA Aspetti statistici dell’orientamento omosessuale.

34 ONLUS – NON PROFIT Guida alla Dichiarazione dei Redditi degli enti non profit 2017

34PARLAMENTOCamera 1°C.Aff.cost.Protezione dei minori stranieri non accompagnati

2°C. GiustiziaApprovata l’indagine conoscitiva in materia diadozioni ed affido

35 PASTORALE FAMILIARE Faenza. Dal Centro per le Famiglie nuove proposte

35 SESSUOLOGIA L’ideologia di genere danneggia i bambini.

36 VIRI PROBATI Riflettiamo sulla possibilità di ordinare sacerdoti gli uomini sposati

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ABORTO VOLONTARIO

Come fare funzionare la 194. Una proposta

La situazione alla quale ci troviamo di fronte è abbastanza chiara: nel nostro paese il servizio IVG (Interruzione Volontaria della Gravidanza) da tempo è garantito con fatica, solo in parte e non dovunque. Tutte le informazioni disponibili dicono che, da una parte sono in aumento gli aborti clandestini, soprattutto da parte delle donne più socialmente svantaggiate, dall’altra l’uso di anticoncezionali, ora più facilmente disponibili.

E’ fatto del tutto risaputo e non contestato che una parte del personale sanitario che obietta non è tale per motivi di coscienza ma per non essere costretto a farsi carico di un eccesso di interventi di IVG a scapito della generalità delle altre prestazioni inerenti alla professione.

Espongo una proposta poco conosciuta nonostante da tempo sia stata fatta soprattutto dal circuito dei cristiani, che, pur essendo contrari all’aborto, hanno appoggiato a suo tempo la 194/1978. La nostra proposta consiste in un emendamento alla legge 194 che preveda che sia ammessa solo l’obiezione di coscienza del personale sanitario che accetti di fornire una prestazione periodica, gratuita e non formale (cioè adeguatamente controllata) a favore della collettività, preferibilmente in campo socio-assistenziale oppure sociosanitario. L’obiettore testimonierebbe, con un impegno serio e permanente, la genuinità della sua scelta in quanto veramente motivata da un problema di coscienza. In questo caso è del tutto probabile che si ridurrebbe di molto il numero degli obiettori permettendo in tal modo un minor impegno dei medici non obiettori negli interventi di IVG ed anche un servizio migliore.

La proposta è fatta a tutti, al personale sanitario, al mondo cattolico nelle sue tante articolazioni, alle associazioni pro-life (perché dovrebbero essere contrarie?) e ovviamente e, prima di tutti, ai parlamentari. E naturalmente anche ai vescovi.

Appoggiando dall’inizio la 194 ci piace ribadire, se mai fosse necessario, che ogni aborto pone sempre delle questioni etiche che sono ben diverse in relazione alle condizioni soggettive ed oggettive in cui la donna si trova, sempre con difficoltà a decidere, spesso con la colpevole assenza del suo partner. Sicuramente la benevolenza e la misericordia, sulle quali abbiamo tanto riflettuto in questi mesi col magistero di papa Francesco, devono essere presenti in questi momenti difficili della vita della donna.

Ci sembra che i vescovi dovrebbero evitare di fare le barricate anche in questa vicenda, come già sulle unioni civili ed il fine vita. Abbiano anche l’umiltà di confrontarsi sulla nostra proposta senza il consueto muro di gomma nei confronto di chi cerca il dialogo all’interno della Chiesa. La vera preoccupazione dei cristiani, soprattutto in questo momento, dovrebbe concentrarsi sul problema della conclamata povertà minorile e dei tanti profughi di minore età recentemente arrivati nel nostro paese. La vera vita di cui occuparci è quanto sta in mezzo tra l’embrione e lo stato vegetativo permanente.

Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa, Sezione italiana del movimento internazionale We Are Church per la riforma della Chiesa cattolica- Roma, 23 febbraio 2017

www.noisiamochiesa.org/leggi-la-proposta-di-noi-siamo-chiesa-per-fare-funzionare-la-194

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ADOZIONE

Scienza e realtà. Tra donne e uomini la differenza vale anche nell’adozione

Un uomo e una donna hanno identiche funzioni e attitudini dal punto di vista psicologico e biologico, in particolare all’interno di una famiglia? E’ una domanda di stringente attualità e medicina e biologia sono d’accordo: c’è qualcosa che nella profonda fisiologia umana distingue l’uomo dalla donna. Domanda pressante e risposta non superflua, dato che oggi si sta parlando del miglior interesse del bambino nell’affidarlo a coppie di genere unico o di genere differente. Iniziamo spiegando che la diversità comportamentale che tutti notano tra uomini e donne non dipende solo dall’ambiente o dal vissuto individuale, dunque un uomo si può industriare a fare entrambi i ruoli, così come una donna; ma il risultato non sarà pari a quello di una diade uomodonna. Questa differenza, dovuta ai geni e ai differenti ormoni (i maschi hanno alto il testosterone mentre le femmine hanno alti livelli di estrogeni) determina le differenze attitudinali tra uomini e donne come constata, sull’autorevole rivista American Scientific, Doreen Kimura, psicologa: «Uomini e donne mostrano differenze comportamentali e cognitive che riflettono la differenza di influenze strutturali e ormonali».

La professoressa Amber Ruigrok di Cambridge recentemente ha condotto un’analisi di tutti gli studi esistenti in merito e ha mostrato che certe aree importanti nella elaborazione delle sensazioni e della memoria come l’ippocampo e l’amigdala hanno dimensioni diverse nei due sessi. Gregory Jantz riporta su Psychology Today dei dati interessanti: oltre al già citato diverso formato di amigdala e ippocampo, c’è un centro del linguaggio localizzato bilateralmente nelle donne a differenza di quello maschile piazzato solo nell’emisfero sinistro, con oltretutto minori connessioni neurali tra questo centro e i centri delle emozioni.

Questa differente connessione tra zone della memoria, del linguaggio e della emotività è annotata anche dalla professoressa Ashley Hill sulla rivista Biological Psychology e spiegherebbe le differenze sessuali in questi campi di comportamento. Una rivista specialistica, Biology of Sex Differences si concentra nel merito queste differenze e le spiega: sono differenze comportamentali, fisiologiche e di salute. Margareth MacCarty sul Journal of Neurosciences analizza le differenze comportamentali tra maschi e femmine delle varie specie, e annota che sono di tre generi: definite sin dall’inizio, progressive e in risposta a stimoli particolari, tra cui annovera la differente risposta al dolore, le differenze nell’accoppiamento, la differente risposta allo stress.

Anche un nostro gruppo di studio ha riscontrato in uno studio sui bambini una diversa reazione al dolore tra maschi e femmine sin dalla nascita (Journal of Fetal, Maternal and Neonatal Medicine, 2014), ed è bel noto agli addetti ai lavori che alla nascita i bambini maschi hanno maggior fragilità rispetto alle bambine se vanno incontro a gravi malattie, probabilmente perché hanno un diverso sistema di reazione ai radicali liberi dell’ossigeno. Insomma, il sesso che abbiamo può non piacerci, ma c’è; è legato al fatto che ogni cellula del nostro corpo se è maschile ha un cromosoma Y, e femminile ha al suo posto un ben più grosso cromosoma X, e questo non può cambiarlo nessuno, nessun condizionamento, nessuna scelta.

E il sesso determina la differenza in alcuni tratti della salute, del comportamento e della fisiologia. Ovviamente le differenze trovano delle eccezioni, ma queste non invalidano la legge generale e le sue manifestazioni nella media della popolazione. Quello che oggi si deve discutere invece è se la varietà di genitori in un’adozione sia migliore o peggiore della monotonia: sinora si è data una risposta prevalente e motivata, preferendo non affidare un bambino a un genitore single, non perché non sia in grado di accudirlo (ce ne sono di bravissimi), ma perché mancherebbe al bambino proprio questa varietà psicobiologica.

Ma se la complementarietà sessuale è un ‘di più’ per un consiglio di amministrazione (vedi la costante richiesta di quote rosa anche per portare un apporto bilanciato di attitudini di genere), perché dovrebbe essere negata nel caso della famiglia che adotta un bambino, omologando famiglia monoparentale, quella con genitori di ugual sesso, e quella di genitori di sesso diverso? Dalla diversità e dalla complementarietà sessuale tutti hanno da arricchirsi, in particolare il figlio, che al trovarsi con due genitori di sesso diverso ha due attitudini psicobiologiche diverse, cioè viene educato ad una ampia gamma di comportamenti e anche a un rispetto ‘del diverso’, che vedrà attuato nel rispetto che un genitore di un sesso ha verso l’altro di sesso differente.

Carlo Bellieni Avvenire 12 marzo 2017

www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-differenza-vale-anche-nelladozione

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ADOZIONI

Tribunali per i minorenni: avanti tutta con le adozioni gay, ma la Kafala assolutamente no.

Quando si tratta di adozioni, il sistema mediatico tende a girare la testa dall’altra parte e a ignorare i problemi di milioni di bambini abbandonati in attesa di una nuova famiglia. Con una sola eccezione: quando a voler adottare è una coppia omosessuale. In questo, l’attenzione dei media si accompagna a quella di certa politica e di certa magistratura, attive da anni nell’aprire la strada, a colpi di propaganda e di sentenze, all’adozione gay.

Non è un caso, infatti, che l’ultimo triennio di totale paralisi del settore delle adozioni internazionali sia passato quasi totalmente sotto silenzio. La maggior parte dei media ha del tutto ignorato un disastro su tutta la linea, che ha visto dimezzarsi nel giro di pochi anni il numero di minori stranieri adottati nel nostro Paese e crollare i dati sulle coppie di aspiranti genitori adottivi. Mentre l’Autorità Centrale italiana – che non si riunisce da 3 e dal 2014 è diretta in modo personalistico da una sola persona – abbandonava a sé stesse le famiglie, lasciandole senza informazioni, senza affiancamento e senza sostegno economico. L’adozione internazionale sta rischiando l’estinzione, eppure ai media italiani sembra non interessare.

Ma basta che il tema delle adozioni intersechi quello dei diritti degli omosessuali, ed ecco che, come per magia, le luci della ribalta tornano a concentrarsi su questa realtà. Come sta accadendo in questi giorni in merito alla sentenza del Tribunale per i Minorenni di Firenze che ha concesso la trascrizione in Italia dell’adozione di due fratellini da parte di una coppia gay italiana residente in Gran Bretagna.

Saranno proprio le coppie omosessuali, dunque, a dare un futuro all’adozione internazionale e all’accoglienza dei bambini abbandonati? Ma perché solo le adozioni gay ricevono una tale spinta mediatica, politica e giudiziaria? Non dobbiamo trascurare, infatti, che c’è un grande dimenticato: la Kafala.

Stiamo parlando dell’istituto di diritto islamico che accomuna gli ordinamenti giuridici ispirati agli insegnamenti del Corano e che, nei Paesi di fede musulmana, sostituisce l’adozione. Il nostro Paese ha ratificato, nel 2015, la Convenzione de L’Aja sulla protezione dei minori che, tra le varie forme di tutela, prevede anche la Kafala. Ma al momento della ratifica, il nostro Parlamento ha stralciato proprio gli articoli relativi alla Kafala, rinviandone il dibattito a una fase successiva e lasciando di fatto la questione per il momento in sospeso. Ciò che manca quindi è la volontà politica di riconoscere questa forma di accoglienza. Con il risultato che, negli anni, la maggior parte delle domande di visto per ricongiungimento famigliare avanzate nell’interesse di minori in Kafala è stata respinta dalle autorità italiane. Violando quindi il principio di uguaglianza e penalizzando i minori provenienti da Paesi di fede islamica. Discriminazione che colpisce anche le coppie (miste o con uno dei componenti originario di un Paese islamico) che fanno richiesta di Kafala, a differenza di quanto accade invece per quelle coppie omosessuali a cui la magistratura accorda il diritto di adottare.

È quanto mai necessario dunque procedere con il riconoscimento della Kafala anche in Italia. E, allo stesso modo, ricominciare a sostenere anche le migliaia di coppie eterosessuali che vorrebbero adottare, ma che, “colpevoli” di essere, appunto, etero, vengono letteralmente tartassate da un’oscena via crucis.

Sono proprio le coppie etero a essere sottoposte a un lunghissimo e durissimo iter di selezione e valutazione tra colloqui con i servizi sociali e con il Tribunale. I quali si fanno portatori di quella cultura delle selezione che sta contribuendo alla disaffezione delle coppie per l’adozione internazionale. Senza dimenticare il lavoro sempre più macchinoso che caratterizza i Tribunali per i Minorenni italiani. Complessità che deriva essenzialmente dalla carenza di personale, che allunga i tempi per il rilascio del decreto di idoneità. Problemi a cui bisogna aggiungere l’assurda prassi dei decreti vincolati che limitano a molti aspiranti genitori la possibilità di adottare e li obbligano a infinite peregrinazioni da un ente all’altro nella speranza di trovare quello in grado di accettare il mandato di una coppia con un decreto di idoneità fortemente limitato.

A fronte di questi problemi, l’attenzione della politica e della magistratura sembra invece concentrarsi solo sulle adozioni gay. In nome di un presunto mutamento del clima culturale che giustificherebbe quello che sembra piuttosto un pressing politico e giudiziario che rischia di dare vita a una vera e propria dittatura ideologica.

Redazione News Ai. Bi. 10 marzo 2017

www.aibi.it/ita/tribunali-per-i-minorenni-italiani-avanti-tutta-con-le-adozioni-gay-ma-la-kafala-assolutamente-no

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Ma ora, quale futuro?

Usciamo dal calvario di una Cai inspiegabilmente paralizzata per 3 anni da una gestione personalistica e inefficiente. Solo un’ideologia finalizzata a costruire una visione antropologica a senso unico può spiegare la sistematicità con cui certa magistratura e certa politica viaggiano insieme con l’obiettivo di aprire all’adozione omogenitoriale. L’adozione che oggi la legge italiana permette solo a copie eterosessuali sposate da almeno 3 anni, secondo alcuni magistrati, sarebbe invece possibile in via ordinaria anche a coppie dello stesso sesso, in nome di un mutato (e non meglio definito) clima culturale. Del rischio di una vera “dittatura culturale” parla Luciano Moia in questo editoriale, che riportiamo integralmente, pubblicato sul quotidiano “Avvenire” venerdì 10 marzo.

Redazione News Ai. Bi. 10 marzo 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-usciamo-dal-calvario-di-una-cai-inspiegabilmente-paralizzata-per-3-anni-da-una-gestione-personalistica-e-inefficiente-ma-ora-quale-futuro

 

Adozioni gay. No a una «rivoluzione» antropologica, si rischiano gravi conseguenze

Non solo le sentenze che destano stupore ma la carica ideologica che rischia di diventare dittatura culturale. Non sono gli artifici giuridici che destano stupore. A quelli alcuni nostri magistrati ci hanno da tempo abituato, soprattutto quando si avventurano sulle frontiere più delicate della vita e della famiglia. Proprio quegli ambiti in cui si forma, cresce e si sviluppa il nucleo più profondo dell’umano e che quindi richiederebbero un sovrappiù di rispetto e prudenza. Ma a suscitare amarezza e disorientamento è la carica ideologica che pervade certe sentenze, nella prospettiva di un pressing giudiziario (e culturale) che rischia di diventare – o forse è già diventata – dittatura culturale. Perché solo un’ideologia finalizzata a costruire una visione antropologica a senso unico, «non più vincolata a un mero fattore di carattere biologico», e quindi aperta a qualsiasi combinazione biotecnologica – «utero in affitto» compreso – può spiegare la sistematicità con cui certa magistratura e una cospicua parte del mondo politico viaggiano insieme nell’obiettivo di aprire in modo palese all’adozione omogenitoriale.

La doppia adozione gay decisa ieri a Firenze, che segue di pochi giorni il caso Trento e a una ventina di pronunciamenti favorevoli alla genitorialità omosessuale nell’ultimo triennio, non possono che confermare l’esistenza di un obiettivo purtroppo ben definito. L’adozione che oggi la legge italiana permette solo a coppie eterosessuali sposate da almeno un triennio, secondo alcuni magistrati sarebbe invece possibile in via ordinaria anche a coppie dello stesso sesso, in nome di un mutato (e non meglio definito) clima culturale. Non tutti i giudici, va ribadito, sono disposti ad allinearsi a un pensiero che vuol diventare dominante e punta a imporsi come unico. Ma il loro parere, forse perché non vengono ascoltati, pesa di meno. Come contano poco anche tutti gli altri esperti – giuristi, psicologici, responsabili di enti e associazioni – che in più occasioni hanno avanzato riserve sull’opportunità di cancellare dall’orizzonte simbolico e reale dei bambini la presenza di una mamma e un papà. La Commissione giustizia della Camera, che ha realizzato l’indagine conoscitiva sulle adozioni – di cui proprio ieri, guarda caso, è stato approvato il documento finale – ha evidentemente prestato la massima attenzione nella scelta delle persone da ‘audire’. E quegli esperti, in larghissima maggioranza, hanno fornito proprio il parere che quella parte della politica intendeva raccogliere e rilanciare.

Non c’è più motivo per ostacolare l’adozione non solo a coppie, ma anche a single omosessuali. Certo, con tutte le cautele, ed esaminando caso per caso. Ma il combinato disposto tra la volontà espressa da parte di quella che si annuncia come una maggioranza parlamentare e la raffica di sentenze di cui si è detto non sembra casuale. Come non appare casuale che la doppia sentenza di ieri, porti anche la firma di Laura Laera – presidente del Tribunale dei minorenni di Firenze – candidata alla carica di vicepresidente della Commissione per la adozioni internazionali e ormai prossima a ricevere il nulla osta dal Csm per quell’incarico. Conosciamo e abbiamo ampiamente documentato il calvario di quella realtà istituzionale, per un triennio paralizzata in modo inspiegabile da una gestione personalistica e inefficiente. Ma a questo punto gli interrogativi sul futuro delle adozioni non appaiono meno inquietanti del passato e obbligano a raddoppiare attenzioni e sforzi per continuare a ribadire il valore sociale, culturale, educativo di quella ‘differenza di genere’ uomo-donna, realtà ineludibile e progetto di futuro per il bene di tutti.

Luciano Moia avvenire 9 marzo 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/no-a-una-rivoluzione-antropologica-che-rischia-di-avere-gravissime-consegue

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Bulgaria. I dati del 2016: Francia raddoppia, Spagna stabile, ma Usa e Italia crollano

La Bulgaria è, da mesi, uno dei Paesi maggiormente al centro della campagna diffamatoria contro Amici dei Bambini messa in atto dal settimanale “l’Espresso”, a cui hanno fatto eco le assurde affermazioni della (ex) vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali Silvia Della Monica. Eppure proprio il tanto bistrattato Paese dell’Est Europa dovrebbe essere preso a esempio da parte della nostra Autorità Centrale. Perché, a differenza di quanto fa la Cai, le autorità bulgare pubblicano puntualmente i dati sulle adozioni internazionali, dando una dimostrazione importante di trasparenza.

Recentemente il ministero della Giustizia di Sofia ha reso noti i dati sugli abbinamenti formalizzati, al netto di possibili rifiuti, tra i minori bulgari adottabili e le coppie di aspiranti genitori adottivi stranieri nel 2016, permettendo quindi un confronto con quanto fatto nel 2015. Si tratta di pratiche che hanno già concluso la fase amministrativa e possono quindi passare all’esame del Tribunale. Confronto dal quale, purtroppo, emerge un calo generalizzato, con percentuali anche molto alte per alcuni Paesi, tra cui l’Italia, e poche eccezioni.

Il numero totale delle procedure di abbinamento formalizzate è sceso dalle 334 del 2015 alle 246 del 2016, per un calo del 26%. A pagare il prezzo maggiore di questo decremento sono stati i due principali Paesi di accoglienza dei minori bulgari: Stati Uniti e Italia. Gli Usa scendono addirittura del 40%, da 164 a 98. Quasi analogo il crollo fatto registrare dal nostro Paese, che si conferma al secondo posto come terra di accoglienza per i bambini bulgari, ma fa segnare un crollo del 36%, dai 77 abbinamenti del 2015 ai 49 dell’anno successivo. Calano anche Canada (da 11 a 4), Germania (da 16 a 11) e Spagna (da 24 a 22). Irlanda, Belgio e Cipro confermano invece nel 2016 il numero di abbinamenti ottenuti nel 2015, ma si tratta di dati molto ridotti: rispettivamente 6, 2 e 1. Altri Paesi – Norvegia, Grecia, Danimarca e Finlandia – che avevano ottenuto degli abbinamenti nel 2015, rimangono invece al palo nell’anno successivo.

Quattro invece i Paesi che possono sorridere e vedono nel 2016 un numero di abbinamenti formalizzati dal ministero della Giustizia bulgaro più alto rispetto al 2015. Un piccolo incremento lo fanno segnare Lussemburgo e Olanda, che passano rispettivamente da 2 a 3 e da 7 a 8. La Svezia raddoppia i suoi abbinamenti, saliti da 3 a 6. E la Francia fa ancora meglio, con un incremento addirittura del 125%, da 16 a 36.

Uno sguardo anche alle procedure speciali, anch’esse in calo, da 129 a 80: -38%. Decremento avvertito, anche in questo caso, in modo particolare negli Stati Uniti, dove si è passati da 114 a 67, per un – 41%. Calo anche in Italia: dalle 7 procedure speciali del 2015 alle 5 del 2016.

News Ai. Bi. 8 marzo 2017

www.aibi.it/ita/bulgaria-i-dati-sulle-adozioni-internazionali-nel-2016

 

Polonia. Priorità alle adozioni nazionali.

Varsavia vuole limitare le internazionali. L’Italia rischia di perdere il terzo Paese di origine dei suoi bambini adottati. Priorità alle adozioni nazionali e solo qualche concessione alle internazionali. È questo il piano futuro della Polonia nella ricerca di una nuova famiglia per i suoi bambini abbandonati. Secondo quanto riferisce il Dipartimento di Stato americano, il governo di Varsavia sta rivedendo le sue politiche in materia di adozioni internazionali ai sensi della Convenzione de L’Aja, che il Paese est-europeo ha ratificato e fatto entrare in vigore nel 1995.

L’intenzione è quella di dare priorità alle adozioni nazionali e di lasciare spazio a quelle internazionali solo nei casi di minori i cui fratelli siano già stati adottati all’estero in precedenza, di adozioni intra familiari e di adozioni da parte di cittadini polacchi già residenti in altri Paesi.

Al momento, precisa il Dipartimento di Stato Usa, non è ancora chiaro quali ripercussioni avranno questi cambiamenti sui procedimenti di adozione internazionale già in corso. L’ipotesi più accreditata è quella secondo cui le coppie ancora in attesa potrebbero vedere allungarsi i tempi dei loro iter adottivi. Di fatto, però, precisano dagli Stati Uniti, l’impatto e le modalità di queste novità sono ancora da stabilire.

Quel che è certo è che si tratta del secondo provvedimento del governo di Varsavia nel giro di poche settimane che comporterebbe dei limiti alla possibilità di adottare in Polonia. Solo il 17 gennaio 2017 scorso, infatti, era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la decisione del ministero della Famiglia, del Lavoro e delle Politiche Sociali – istituzione che riveste anche il ruolo di Autorità Centrale polacca – di ridurre a 2 il numero dei centri accreditati a gestire le procedure adottive internazionali.

Una limitazione alla possibilità di adottare in Polonia rappresenterebbe un altro duro colpo per la realtà italiana delle adozioni internazionali. La Polonia, infatti, è tradizionalmente uno dei principali Paesi di origine dei minori accolti nel nostro Paese. Nel 2013 – ultimo anno per il quale la nostra Commissione Adozioni Internazionali ha reso noto il report statistico dettagliato sui bambini stranieri accolti – i piccoli polacchi che hanno trovato una famiglia in Italia furono 202. Facendo segnare un netto aumento rispetto ai 2 anni precedenti, quando i bambini provenienti dalle Polonia furono 145 nel 2012 e 181 nel 2011. Dal novembre del 2000 al 31 dicembre 2013 i piccoli polacchi accolti in Italia sono stati 2.415 e il trend positivo sembra essere proseguito anche negli anni successivi.

Prendendo in considerazione 4 enti – sono una decina quelli attualmente autorizzati a operare in Polonia – che nel 2013 hanno realizzato un numero notevole di adozioni nel Paese, emerge come il dato sia stato positivo in tutti gli ultimi 4 anni. Gli enti in questione hanno dato una nuova famiglia complessivamente a 116 bambini polacchi nel 2013, 94 nel 2014 e 98 sia nel 2015 che nel 2016.

News Ai. Bi. 9 marzo 2017

www.aibi.it/ita/polonia-priorita-alle-adozioni-nazionali-cosi-varsavia-vuole-limitare-le-internazionali

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AFFIDO CONDIVISO

Affido condiviso: addio al collocamento prevalente

Il Tribunale di Brindisi detta le linee guida sulla gestione dei figli delle coppie separate. La gestione dei minori figli di una coppia separata è una tematica molto delicata che, anche a distanza di anni dalla legge del 2006 che ha introdotto l’affido condiviso, è soggetta a un’interpretazione pratica tutt’altro che concorde e precisa.

Nel Report Istat di fine 2016 così come nella circolare Miur 5336 del 2 settembre 2015, ad esempio, è emerso che l’affidamento condiviso, pur ovviamente applicato in teoria, è del tutto ignorato nella pratica, tanto che a inizio anno in Senato si è tornato a parlare di una nuova formulazione delle norme che lo regolano, al fine di garantire a tutti gli effetti il diritto dei fanciulli alla bigenitorialità.

Coinvolgimento quotidiano di entrambi i genitori. Nel frattempo però un Tribunale, quello di Brindisi, si è portato avanti e grazie all’iniziativa della presidente della sezione civile, Fausta Palazzo, coadiuvata da un gruppo di lavoro facente capo all’avv. Mariella Fanuli della Camera Minorile, ha stilato delle linee guida per la sezione famiglia dell’ufficio (allegate) che, di fatto, cancellano il concetto della collocazione prevalente a vantaggio di un coinvolgimento quotidiano di entrambi i genitori nella crescita e nell’educazione dei figli.

Ciò avviene, innanzitutto, con la precisazione che i figli devono essere domiciliati presso entrambi i genitori, mentre la residenza ha valenza puramente anagrafica. La scelta della residenza abituale è definita con il solo scopo di individuare il giudice competente nel caso in cui uno dei genitori si allontani unilateralmente insieme ai figli.

Ai minori, poi, vanno garantite pari opportunità di frequentare sia la mamma che il papà, anche se non necessariamente trascorrendo tempi identici con ciascuno di loro. Ma se alla fine dell’anno i piccoli avranno trascorso più tempo con un genitore piuttosto che con l’altro, per il Tribunale di Brindisi ciò dovrà essere dipeso non da un’imposizione legale definita a priori, ma da esigenze casuali dei figli. Insomma, “se le cose sono andate così, poteva anche accadere il contrario”, pur restando salve eventuali situazioni di impossibilità materiale, oggettive e dimostrate.

Spese e mantenimento. La stabilità logistica, in sostanza, lascia il passo al coinvolgimento paritario di mamma e di papà nella vita di tutti i giorni dei minori, anche sotto il punto di vista economico.

Si pensi alle spese che, alla luce dell’opinabilità della classificazione di quelle straordinarie, saranno ora distinte tra prevedibili e imprevedibili, stabilendo che le prime sono assegnate all’uno o all’altro genitore per intero mentre le seconde sono divise in proporzione delle risorse.

Per quanto riguarda il mantenimento, poi, il Tribunale di Brindisi ha chiarito di non poter ritenere assolti i doveri di un genitore in tal senso mediante la fornitura di denaro all’altro attraverso un assegno, ipotesi da limitare ai casi in cui le differenze di contributo non possono essere compensate attribuendo i capitoli di spesa più onerosi al genitore più abbiente.

La forma di mantenimento corretta, infatti, è quella diretta, ovverosia quella in cui ogni genitore assume “una parte dei compiti di cura dei figli, restando obbligato a sacrificare parte del proprio tempo per provvedere direttamente ai loro bisogni, comprensivi della parte economica”.

Casa familiare. L’addio al collocamento prevalente cagiona ripercussioni anche sulla spinosa questione dell’assegnazione della casa familiare: visto che la frequentazione dei minori con i genitori è equilibrata, l’immobile resta al proprietario senza possibilità di contestazioni. Nel caso di comproprietà, il genitore che abbandona la casa sarà gravato di un mantenimento “scontato” del 50% del costo della locazione di un appartamento con caratteristiche simili.

Ascolto e mediazione. Le linee guida, infine, si occupano di altri due aspetti importanti: l’ascolto del minore e la mediazione familiare.

Con riferimento al primo, il Tribunale di Brindisi prende posizione dinanzi al contrasto tra gli articoli 337-octies e 315-bis del codice civile, optando per quest’ultimo e chiarendo che se l’ascolto è richiesto non può essere negato.

Per quanto riguarda la mediazione familiare, invece, si precisa che le coppie saranno invitate a inserire il ricorso a tale strumento nelle ipotesi di contrasti insorti successivamente.

CliccaTribunale di Brindisi testo linee guida per la sezione famiglia

Valeria Zeppilli news studio Cataldi.it 09 Marzo 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25378-affido-condiviso-addio-al-collocamento-prevalente.asp

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AMORIS LÆTITIA

Bruno Forte: «Nonostante le ferite, vale la pena scommettere sulla famiglia»

Il segretario del Sinodo dei vescovi intervenuto a un incontro a San Salvatore in Lauro sull’Amoris lætitia. «I dubbi presentano dubbi su chi li ha sollevati». «Francesco cerca di unire la testimonianza di un’assoluta fedeltà alla verità del Vangelo con una grande carità verso le persone concrete cui il Vangelo viene annunciato». Monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, spiega perché le critiche al Papa su alcuni punti dell’Amoris lætitia non hanno ragione di esistere. A un anno dalla pubblicazione, una nuova occasione nella diocesi di Roma, ieri giovedì 9 marzo 2017, per riflettere sul significato dell’esortazione apostolica, ma anche sull’Evangelii gaudium, nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro.

All’incontro, moderato dal vescovo ausiliare del settore Centro Gianrico Ruzza, sono intervenuti anche l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Daniele Mancini, e lo storico della Chiesa Alberto Melloni. Ma a dare un’interpretazione fedele dell’Amoris lætitia è stato proprio chi ha vissuto da vicino il sinodo dal quale è poi scaturita l’esortazione apostolica, cioè monsignor Forte: «I dubbi sollevati presentano dubbi su chi li ha sollevati, perché erano presenti e hanno vissuto lo spirito collegiale. Al centro dell’Amoris lætitia vi è la crisi della famiglia reale. Il messaggio è che, nonostante le ferite e i fallimenti, vale la pena di scommettere sulla famiglia. E allora che fare? Amare come fa Dio. E come esprimere quest’attenzione per le persone ferite? Col perdono, che è la grande forza dell’amore». Quindi, Forte ha indicato le proposte dell’esortazione apostolica: accogliere, accompagnare, discernere e integrare. «Il percorso di accompagnamento culmina nella comunione per i divorziati risposati, che è segno di obbedienza alla misericordia di Dio».

Una linea chiara che, però, è divenuta bersaglio di critiche, come i dubia, «punta di iceberg di una resistenza che seppur minoritaria vuole farsi sentire dall’opinione pubblica e dalla Chiesa. Ciò non scalfisce l’azione di Francesco – ha chiarito Forte – ma rischia di creare divisione nella comunità dei cattolici». Gli ha fatto eco Melloni: «La cosa che colpisce di più non è che qualcuno li sollevi ma il fatto che il Papa sia trattato da imputato e credo che i quattro cardinali non abbiano il diritto di fare ciò». Lo storico ha spiegato anche che «il magistero di Francesco non cade su considerazioni astratte ma concrete. La Chiesa può riprendere un Paese che va a pezzi, violento e feroce». Ecco perché il sinodo, ha sottolineato Melloni, si è misurato con i problemi reali della famiglia di oggi: «In passato gli sposi e i ragazzi che convivono si sono impegnati a risolvere da soli i loro problemi morali. Adesso la Chiesa propone un cammino comune. Con l’Amoris lætitia non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio. E l’impegno per far sì che gli insegnamenti del magistero di Francesco vengano calati nel mondo di oggi spetta ai vescovi». Una sfida raccolta da monsignor Ruzza: «Come Chiesa di Roma siamo impegnati su due grandi temi: essere missionari e il discernimento nello stile dell’accoglienza. Questo ci dona grande entusiasmo. Siamo protagonisti di una stagione che sta vivendo la concretezza del Concilio».

Filippo Passantino Romasette.it 10 marzo 2017

www.romasette.it/bruno-forte-nonostante-le-ferite-vale-la-pena-scommettere-sulla-famiglia

 

Linee guida dei vescovi campani per la recezione dell’Amoris Lætitia

Carissimi presbiteri e operatori della pastorale familiare, nella Lettera ai presbiteri delle diocesi della Campania, seguita al dibattito nell’Assemblea della CEC del 10-11 ottobre 2016, noi vescovi ci impegnavamo ad offrire alcune linee comuni per la recezione dell’esortazione apostolica Amoris Lætitia. Vogliamo adempiere a quanto indicato dal papa stesso nel numero 300 del documento: «I presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo».

Come vescovi della stessa regione, riteniamo opportuno avere in comune alcune linee, le quali non intendono essere una sorta di “prontuario”, che mortificherebbe la ricchezza del Documento, bensì degli orientamenti a sostegno dei sacerdoti e degli operatori della pastorale familiare, ferma restando la facoltà di ciascun Vescovo di dare suoi orientamenti.

Nuove vie pastorali. Prima di soffermarci sull’accompagnamento delle persone che vivono in situazioni di fragilità matrimoniale, intendiamo rivolgere alcune esortazioni sulle “nuove vie pastorali” da sviluppare in ordine alla crescita dell’amore degli sposi e all’accompagnamento dei giovani al matrimonio. Senza pretendere di presentare qui un’organica pastorale della famiglia, ci limitiamo a segnalare alcune delle principali sfide pastorali (cf. Capitolo VI, Alcune prospettive pastorali).

  1. Innanzitutto esortiamo i presbiteri e gli operatori di pastorale familiare a una lettura non affrettata né parziale (limitata al capitolo VIII) del Documento ma ad approfondirlo in tutte le sue parti.

  2. Consigliamo di valorizzarlo con una recezione sinodale: presbiteri, operatori di pastorale familiare, responsabili degli uffici diocesani, coppie ecc.

  3. Esortiamo ad annunciare in modo integrale il Vangelo del Matrimonio, facendone riscoprire soprattutto la bellezza, la grazia del Sacramento, la vocazione alla santità, il valore dell’unità e della fedeltà, le famiglie cristiane come principali soggetti della pastorale familiare (200). «Non si tratta soltanto di presentare una normativa, ma di proporre valori» (201) … «Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità» (35). Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, utilizzando un linguaggio non astratto ma che esprima la vita concreta delle coppie e delle famiglie, indicando con chiarezza la meta e condividendo, nello stesso tempo la fatica e le difficoltà per raggiungerla.

  4. Occorre anzitutto attivare una “preparazione remota” che faccia maturare l’affettività e l’amore degli adolescenti e dei giovani, valorizzando soprattutto il tempo del fidanzamento.

  5. La preparazione prossima al matrimonio deve concentrarsi più sul Kerigma e meno sugli aspetti tecnici, divenendo sempre più una sorta di iniziazione catecumenale al sacramento.

  6. Si rende indispensabile accompagnare gli sposi nei primi anni di vita matrimoniale. Nello stesso tempo bisogna valorizzare le occasioni nelle quali si possono incontrare le coppie di sposi giovani che si sono allontanate: «Mi riferisco, ad esempio, al battesimo di un figlio, alla prima comunione, o quando partecipano a un funerale o al matrimonio di un parente o di un amico. Un’altra via di avvicinamento è la benedizione delle case, o la visita di un’immagine della Vergine. (230).

  7. Promuovere la nascita dei gruppi di famiglie e accompagnarli con un cammino organico di preghiera, di catechesi e di condivisione.

Accompagnare, discernere e integrare. Accompagnare, discernere e integrare la fragilità: è un’azione pastorale compassionevole e misericordiosa, «positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo». Non si tratta di fare sconti sulla verità della chiamata alla perfezione evangelica, ma di “farsi uno” con ogni persona per dischiudere con l’amore, dall’interno di ogni situazione, la via che porta a Dio secondo il proposito dell’Apostolo Paolo: «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22).

Il Documento non dà ricette ma apre percorsi da intraprendere e possibilità da scrutare. Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, «è comprensibile che non ci si dovesse aspettare una nuova normativa generale, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi» (300). «Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione» (79).

  1. Soggetti dell’itinerario di discernimento

    1. Le persone che vivono le diverse situazioni di fragilità o di imperfezione e che chiedono di essere accompagnate e integrate nella comunione ecclesiale, dando spazio al loro personale discernimento: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (37).

    2. Il sacerdote: «Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa» (300). Si tratta, come la chiama il Papa, di una pastorale “corpo a corpo”: nessun documento o altro soggetto può esimere il singolo pastore dalla fatica dell’accompagnamento e del discernimento. Come abbiamo già fatto nella Lettera ai presbiteri, vogliamo, a tale riguardo, richiamare ancora una volta alcuni possibili rischi, quali, ad esempio, quello di procedere in ordine sparso o in modo frammentario, con l’inevitabile conseguenza di mettere in atto pratiche difformi che inducano a separare sacerdoti, dividendoli in cosiddetti “lassisti” e “rigoristi”, creando disorientamento tra i fedeli. Al fine di custodire la comunione ecclesiale, il riferimento al vescovo rimane fondamentale per il discernimento.

    3. Un “Servizio diocesano” rivolto ai separati e ai divorziati risposati sia per la verifica della nullità matrimoniale sia per l’eventuale inizio del percorso di riammissione alla Comunione Eucaristica.

    4. “Coppie-guida di altre coppie”: dal momento che non è pensabile che siano solo i presbiteri ad assumere il compito di guide spirituali, si rivela la necessità di promuovere la corresponsabilità anche di coppie-guida.

  1. Finalità dell’itinerario. Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che «orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio» (300). Questo cammino non finisce necessariamente nell’accesso ai sacramenti, ma può anche orientarsi ad altre forme di integrazione proprie della vita della Chiesa.

  2. Tappe dell’itinerario. Esse sono dettagliatamente indicate nella parte dell’esortazione Il discernimento delle situazioni dette “irregolari” (296-300). Ne evidenziamo alcuni tratti.

  1. Viene proposto un discernimento che distingua adeguatamente caso per caso. «I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (298). «Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e le famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari» (298). E’ necessario anzitutto che la persona riconosca la propria situazione di fragilità e che questa non corrisponde al progetto di Dio sulla coppia umana e non ostenti la propria situazione «come se facesse parte dell’ideale cristiano» (297).E’ necessario che la persona sia credente e creda nel progetto di Dio sul Matrimonio: ad esempio, se la persona interessata non accoglie tale progetto divino e accetta il divorzio, allora viene a mancare la condizione previa per intraprendere un cammino di discernimento; qui ad essere in questione è la fede, e la fede va suscitata con l’evangelizzazione.

  2. Rileggere la storia del proprio matrimonio per verificare se esso è valido oppure è nullo.

  3. In caso di validità del Sacramento, «sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia…» (300). In particolare, va considerato il rapporto con la comunità ecclesiale di appartenenza: quali conseguenze ha la nuova relazione sulla comunità dei fedeli.

  4. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cf. 301-302), il Documento apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia: «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (305). E l’aiuto della Chiesa «in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti» (Nota 351). Ma bisogna evitare di capire questa possibilità come un semplice accesso “allargato” ai sacramenti, o come se qualsiasi situazione giustificasse questo accesso. Può essere opportuno che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.

Formazione. Siamo sempre più consapevoli che il vero nodo è la formazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali. Nella Lettera ai vescovi di Buenos Aires papa Francesco afferma: «Considero urgente la formazione al discernimento, personale e comunitario, nei nostri seminari e presbiteri». Nell’esortazione il papa aveva evidenziato con forza la necessità della formazione sia dei ministri ordinati sia dei seminaristi sia degli operatori laici di pastorale familiare: «…necessità di una “formazione più adeguata per i presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, per i catechisti e gli altri operatori pastorali. (…) ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali della famiglia» (202). «I seminaristi dovrebbero accedere ad una formazione più ampia sul fidanzamento e sul matrimonio e non solo alla dottrina. (…) è importante che le famiglie accompagnino tutto il processo del seminario e del sacerdozio» (203).

«… La necessità della formazione di operatori laici di pastorale familiare con l’aiuto di psicopedagogisti, medici di famiglia, medici di comunità, assistenti sociali, avvocati per i minori e le famiglie, con l’apertura a ricevere gli apporti della psicologia, della sociologia, della sessuologia e anche del counseling…» (204).

Nelle diocesi va programmata la formazione dei ministri ordinati e degli operatori di pastorale familiare con un programma organico, che sappia dare attenzione alla bellezza del disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, ma anche alla fatica e alla problematicità nel realizzarlo. A livello regionale si potrebbe pensare, con la collaborazione delle due Sezioni della nostra Facoltà Teologica, ad una Scuola di formazione per operatori di pastorale familiare. Si auspica che nel percorso formativo dei seminaristi nei diversi seminari della regione non manchi la presenza di famiglie. Alla Facoltà Teologica chiediamo che non faccia mancare nel percorso formativo, possibilmente in modo interdisciplinare, un’adeguata attenzione ai complessi problemi attuali della famiglia.

Servizi Ecclesiali. «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo (…). Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti» (299).

Se i divorziati risposati fanno un cammino di fede e sono integrati nella comunità ecclesiale, si potranno ritenere superate alcune forme di esclusione attualmente praticate nell’ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale: essere membro del Consiglio pastorale, catechista, lettore, insegnante di Religione cattolica. Non potendo accedere all’Eucarestia, non è opportuno istituire divorziati risposati come ministri straordinari della Comunione. Riguardo alla funzione di padrino o di madrina, così problematica per la richiesta di tante persone che non praticano la Chiesa o danno contro-testimonianza, si potrà gradualmente arrivare a responsabilizzare la comunità ecclesiale, tenendo presente quello che scrive il Codice di Diritto Canonico: «Al battezzando (cresimando), per quanto è possibile, venga dato un padrino» (can. 872).

Conclusione. Non vogliamo dimenticare le persone separate o divorziate, che scelgono di rimanere fedeli. Esse richiamano la fedeltà come valore fortemente cristiano. La comunità cristiana le accompagni e le sostenga nel custodire il valore della fedeltà. Raccomandiamo anche di non banalizzare mai il mistero della Grazia. Per questo va coltivata una profonda spiritualità matrimoniale e familiare. La vita spirituale della famiglia, infatti, non è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare.

«Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (325).

Conferenza episcopale campana Pompei, 30 gennaio 2017.

Linee guida dei vescovi campani blog Sinodo dei Vescovi 7 marzo 2017

www.lindicedelsinodo.it/2017/03/linee-guida-dei-vescovi-campani.html

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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA

NewsOnline – numero 4 – 15 marzo 2017

A cura di Giuliana Proietti e Walter La Gatta, psicoterapeuti sessuologi

www.cisonline.net/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=218

Adolescent day. Essere adolescenti oggi. Età di paure e di conflitti.

Bologna 18 maggio 2017 ore 9.30-12.30. Aula magna Villaggio del fanciullo, via Scipione dal Ferro 4

Chairman dr Maria Cristina Florini, dirigente psicologa Az USL Modena, psicoterapeuta sessuologa clinica, Presidente del Centro Italiano di Sessuologia

Moderatore dr Giada Mondini, psicoterapeuta, membro del Consiglio direttivo del CIS. Servizio di sessuologia clinica del Dip.to di psicologia dell’Università di Bologna

  • Hikikomori (isolarsi) e ritiro sociale in adolescenza

  • Adolescenti stranieri

  • Intenzioni e difese aggressive fra bullismo e cyber bullismo

  • Educazione alle emozioni e ai sentimenti

  • Dibattito

dr Maria Chiara Fiorin, psicologa-psicoterapeuta esperta in adolescenza. Consultorio giovani Milano

dr Fabia Businco, ginecologa e sessuologa clinica, Modena

dr Michele Frigieri, antropologo, criminologo e sessuologo clinico, Modena

dr Alba Mirabile, psicoterapeuta, formatrice e sessuologa clinica, Padova

Informazioni e iscrizioni segreteria scuola di sessuologia tel 3386615228, scuolacisbo@cisonline.net

www.cisonline.net/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=101

 

XXX Congresso del Centro Italiano di Sessuologia

Malattia e la sfida dell’eros

Bologna 9-10-11 novembre 2017. Presidente Maria Cristina Florini

La qualità della vita sessuale nell’insorgenza di una malattia. Il 30° congresso del CIS abbiamo deciso di dedicarlo ad una tematica molto attuale, delicata e con importanti risvolti sulla qualità di vita delle persone: malattia e sessualità. La qualità della vita sessuale incide in modo significativo sulla qualità della vita delle persone e delle coppie.

La sessualità è un aspetto complesso della vita umana e non si limita all’atto sessuale in sé, è multifattoriale: ad essa concorrono fattori biologici, psico-emotivi, relazionali e socio-culturali. Ed è multi-sistemica: dal punto di vista biologico, la funzione sessuale dipende dall’integrità e dal coordinamento dei sistemi nervoso, vascolare, ormonale, muscolare, metabolico e perfino immunitario; dal punto di vista psicologico la funzione sessuale dipende dalla relazione col Sé e con l’altro, pertanto ha componenti emotive e relazionali.

La sessuologia prevede un approccio pluridimensionale e pluridisciplinare, pertanto non si può prescindere da una “contaminazione” culturale e metodologica fra professionisti. La sessuologia è disciplina non autonoma che mutua dalle altre discipline, concetti e linguaggi; d’altra parte la sessualità, che ne rappresenta l’oggetto di studio, è altrettanto composita risultando da un insieme strutturato di elementi anatomici, psicologici, relazionali, sociali e culturali. Il medico generalmente è pragmatico e interventista, opera in uno scenario realistico, prevalentemente interroga; lo psicologo attendista e teorizzante, si occupa dei vissuti, delle rappresentazioni mentali, prevalentemente ascolta; entrambi sono potenzialmente vittime di un approccio organicistico: gli uni si rivolgono al corpo gli altri alla mente. I migliori risultati terapeutici si ottengono con un approccio pluridimensionale e pluridisciplinare, appunto perché la sessuologia non è una scienza autonoma. Così quando i terapeuti sono più di uno risulta indispensabile collaborare e integrare le competenze al fine di prendersi cura – occuparsi di chi chiede di essere “curato” e non ci si deve fermare al sintomo che la persona – paziente – cliente porta, per far questo occorre conoscere i limiti professionali e le competenze dell’altro professionista; si deve ripensare alla patologia della funzione sessuale: sintomo o malattia? malato o malattia?

Nel congresso a sessioni magistrali in plenaria si susseguiranno sessioni parallele su aree specifiche. Molte malattie oggi hanno un’insorgenza in età giovanile adulta, la sopravvivenza a tumori, malattie degenerative, cardiache, croniche, …, è aumentata, pertanto si pone con urgenza ed importanza affrontare il tema della qualità della vita e nello specifico della vita sessuale per la persona e la coppia.

Quando si riceve una diagnosi di malattia, sul momento si pensa solo a guarire, ma lo sguardo va subito anche ai trattamenti necessari per ottenere questo risultato e alle loro conseguenze; improvvisamente ci si trova a dover gestire non solo la paura della malattia e dei trattamenti necessari alla guarigione, ma anche le inevitabili conseguenze sull’immagine corporea, che possono abbassare l’autostima e le inevitabili conseguenze sulla sfera sessuale e sull’equilibrio della vita di coppia. Infatti le terapie mediche e/o chirurgiche possono influire negativamente sull’attività sessuale, dopo la vita riprende e con essa anche il desiderio di una relazione soddisfacente con se stessi, con gli altri e con il partner.

Ci sono prove scientifiche evidenti che la cura e il recupero, dopo una fase acuta di malattia, migliora se si affianca l’attenzione al recupero di una buona qualità di vita e si accorciano i tempi della guarigione.

www.cisonline.net

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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF

Newsletter n. 9/2017, 8 marzo 2017

Dedicata all’otto marzo. Oltre la retorica, storie di donne, storie di diritti. Una breve animazione video con la voce di Malala all’ONU , per rivendicare il diritto all’istruzione per bambine e bambini di tutto il mondo. Quando si dice “otto marzo”, la data in cui viene inviata questa newsletter, è inevitabile che venga in mente “festa delle donne”. […] D’altra parte, mi trovo sempre in imbarazzo, da uomo, a parlare dei diritti delle donne, quasi considerato come la controparte, quando non addirittura un antagonista, lo sfruttatore. […] Eppure sono convinto che la via di uscita rimanga sempre in una nuova alleanza tra uomini e donne, e non nella ridefinizione di rapporti di forza contrapposti – […] quasi in punta di piedi, tra i mille volti di donne da ricordare, tra i mille luoghi e modi in cui la società può e deve diventare più “amica delle donne”; mi permetto di segnalare due vicende: la prima è quella di Malala Yousafzai, la bambina sfuggita alle pallottole dei talebani, colpevole di voler studiare […]. L’altra immagine riguarda invece la drammatica battaglia che si sta combattendo sul corpo delle donne rispetto al tema della maternità per altri, […] la parola alla campagna mondiale #stopsurrogacynow, promossa “con voce di donna” contro ogni forma di “utero in affitto” […] Anche questo tema, ai confini del futuro, merita oggi una memoria speciale, nel giorno della festa delle donne.

Social street: ri-costruire il vicinato attraverso il web. In quasi 150 Comuni sono presenti le centinaia di reti delle social street coordinate dal sito www.socialstreet.it, dove si spiega che “l’idea del “social street” ha origine dall’esperienza del gruppo facebook “Residenti in Via Fondazza – Bologna” iniziata nel settembre 2013. L’obiettivo del Social Street è quello di socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse comune e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale. Per raggiungere questo obiettivo a costi zero, ovvero senza aprire nuovi siti, o piattaforme, Social Street utilizza la creazione dei gruppi chiusi di Facebook”. Il Comune di Milano, ad esempio, che sul sito presenta oltre 70 social street, ha appena lanciato un ‘iniziativa per mapparle in modo più e rendere così possibile migliori sinergie tra loro, con gli altri soggetti del territorio, con i servizi del Comune. C’è tempo, a Milano, fino al 5 maggio 2017.

Desideri di genitorialità, diritti assoluti? Sicuri che sia davvero “giusta”, la sentenza della Corte d’Appello di Trento che riconosce la genitorialità surrogata all’estero di due papà?

www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2017/3/1/ADOZIONE-GAY-DI-DUE-PAPA-Cosa-c-e-nella-scatola-nera-della-sentenza-di-Trento-/2/751243

Vedi anche, sul tema, l’intervista a Daniela Lanna, sociologa ed esponente della comunità LGBT, sul sito di Famiglia Cristiana («Io, lesbica, dico: fermatevi, l’utero in affitto è un business che sfrutta le donne»).

www.famigliacristiana.it/articolo/io-lesbica-dico-fermatevi-lutero-in-affitto-e-un-business-che-sfrutta-le-donne.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_08_03_2017

Dati ISTAT. Ancora -12.000 bambini, in un anno. Una triste tendenza che sembra non avere fine. Un commento del Direttore Cisf (Francesco Belletti), insieme a Franco Pittau (Fond. IDOS)

http://it.radiovaticana.va/news/2017/03/06/istat,_cala_la_popolazione_residente,_tengono_gli_immigrati/1296833

Ultimi arrivi. Cerrelli Giancarlo, Invernizzi Marco. La famiglia in Italia. Dal divorzio al gender, Sugarco Edizioni, Milano, 2017, pp. 338, €. 25,00

Il progetto editoriale di questo volume non ha paura dei rischi di una ricostruzione storica e giuridica totalmente inserita nel vivo dell’attualità, su un argomento che a più riprese ha reso incandescente il dibattito pubblico, negli ultimi cinquanta anni. Il risultato è un libro appassionato, certamente schierato a favore di un orizzonte valoriale preciso, con autori che in questi anni si sono mossi in prima persona nel vivo del dibattito pubblico, come voce dall’associazionismo familiare di ispirazione cattolica (lo storico Invernizzi per Alleanza Cattolica, il giurista Cerrelli nella sua adesione all’Unione Giuristi Cattolici, di cui è stato vice-presidente). In questa prospettiva la storia della famiglia in Italia dal Sessantotto ai giorni nostri è anche “la storia di un’aggressione culturale, politica e giuridica alla famiglia, cominciando dal Sessantotto … per arrivare al gender e alle unioni civili”, che viene ripercorsa con rigore documentale, e anche con una non marginale attenzione a quanto succedeva, negli stessi anni, fuori dal nostro Paese. La parte giuridica, a sua volta, si inserisce nel crescente dibattito su diritto naturale e diritto positivo, sulla dialettica tra natura e cultura, sulla potenziale forza di condizionamento etico e valoriale di tante leggi, a segnalare la necessità di un rinnovato pensiero forte sul ruolo delle leggi nei confronti della libertà delle persone, soprattutto quando si affrontano temi di rilevanza etica (come la famiglia, la difesa delle differenze, o la tutela della vita). Un volume interessante, per chi non si accontenta delle ricostruzioni giornalistiche o di giudizi preconfezionati, ma vuole confrontarsi con la libera voce di chi “si è messo in gioco”.

Notizie

  • 3 marzo: Liberare la domenica dal lavoro! (3 March: European Day for a Work-Free Sunday). Si tratta della Giornata europea per proteggere la domenica come giorno in cui non si lavora, campagna promossa dalla “European Sunday Alliance” (ESA), rete internazionale di associazioni familiari.

www.europeansundayalliance.eu/site/home/article/217.html?SWS=00ee30222d4404594438268d378564ba

Anche la FAFCE (Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche) è intervenuta sul tema

  • Dalla Turchia un progetto davvero innovativo di accoglienza e integrazione per i rifugiati. Il triangolo virtuoso (Project Virtuous Triangle). www.virtuoustriangle.com

  • Ideato da tre giovani neo-laureati turchi, è tra i trenta finalisti del bando europeo 2017 European Social Innovation Competition. Cuore del progetto è il sostegno a bambini rifugiati nella scuola primaria, attraverso una relazione specifica e stabile di amicizia e dialogo con un altro bambino turco, più uno studente universitario (il “triangolo virtuoso”). Attraverso questa prossimità passa il sostegno scolastico, l’apprendimento linguistico, l’integrazione in senso lato. Gli studenti universitari coinvolti vengono ricompensati con diverse opportunità di lavoro all’interno delle università, possibilità di esperienze di volontariato all’estero, buoni pasto e per acquisto libri.

http://ec.europa.eu/growth/industry/innovation/policy/social/competition_it

  • Mia moglie è in una struttura. E io non l’accetto. Lettera a Famiglia Cristiana, da un lettore che, dopo 62 anni di vita insieme, è rimasto da solo a casa, mentre la moglie è stata ospitata in una struttura.

http://www.famigliacristiana.it/articolo/mia-moglie-e-in-una-struttura-e-non-riesco-ad-accettarlo.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_08_03_2017

E la comunità civile (ed ecclesiale) non ci fa una bella figura… Su questo argomento il prossimo 13 marzo a Roma il Direttore del Cisf (Francesco Belletti) interverrà al convegno Ospedale e territorio: la sfida dell’invecchiamento e dell’integrazione, organizzato presso la Camera dei deputati dalla Fondazione Alberto Sordi, con un intervento sul prezioso e complesso ruolo di cura della famiglia a favore della permanenza degli anziani al proprio domicilio.

www.fondazionealbertosordi.it

Save the date

Nord Il ruolo educativo dei nonni, incontro con l’Arcivescovo di Milano, Card. Angelo Scola, promosso dall’Associazione Nonni 2.0, in collaborazione con il Servizio della Famiglia della Diocesi milanese, Milano, 1 aprile 2017. www.nonniduepuntozero.eu/evento/incontro-cardinale-angelo-scola

Genitorialità in adolescenza, convegno regionale promosso da Regione Emilia Romagna – Direzione Generale Cura della persona, Salute e Welfare, con AUSL di Piacenza, Federvita Emilia Romagna, Comunità Papa Giovanni XXIII, Centro di aiuto alla Vita di Reggio Emilia, Bologna, 1 aprile 2017.

CentroSupereroi fragili.2.0. Adolescenti oggi tra disagi e opportunità, convegno internazionale, Centro Studi Erickson, Rimini, 5-6 maggio 2017.

http://eventi.erickson.it/supereroi2017/Home?utm_source=Supereroi_Formazione_HP&utm_campaign=Supereroi17&utm_medium=BannerHPFormazione

Il lavoro che vogliamo: nuovi scenari per il lavoro e per la cura, Incontro e confronto con Jennifer Nedelsky, incontro promosso dal Comitato Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici italiani in vista della 48.a Settimana Sociale di Cagliari (26-29 ottobre 2017), Roma, 3-4 aprile 2017.

www.settimanesociali.it/il-3-a-4-aprile-a-roma-doppio-appuntamento-con-jennifer-nedelsky

Sud Cannabis, nuove sostanze psicoattive, genere e nuove prospettive nella terapia delle dipendenze, convegno regionale organizzato dalla SITP (Società Italiana TossicoDipendenze) – Sezione Sardegna, Cagliari, 25 marzo 2017.

Estero Salon Handicap, Emploi & Achats Responsables(Salone dell’handicap, dell’occupazione e degli acquisti responsabili), Seconda edizione della Fiera per operatori economici del settore, servizi, associazioni di persone disabili, Parigi, 27 marzo 2017. www.salonhandicap.com

 

Testo completo http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/marzo2017/1030/index.html Archiviohttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

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CHIESA CATTOLICA

La legge, i giudici e la famiglia: questioni aperte intorno alle “analogie di famiglia”

In un bell’intervento, nel quale manifesta le sue riserve rispetto ad alcune reazioni apparse su “Avvenire”, il prof. Pierluigi Consorti, canonista dell’Università di Pisa, mette in rilievo alcune questioni di fondo, sulle quali un vero approfondimento all’interno della Chiesa cattolica attende ancora uno sviluppo significativo. Vorrei riproporre qui di seguito il testo di Consorti, al quale farei seguire una serie di osservazioni, utili a continuare un dibattito necessario.

 

Il testo di Consorti si legge a questo indirizzo:

http://people.unipi.it/pierluigi_consorti/lo-sguardo-etico-sul-diritto-laico/

Lo sguardo etico sul diritto laico.

Lo scorso 10 marzo 2017 il Direttore dell’Avvenire — sollecitato da un lettore che gli chiedeva di esprimersi in relazione alle recenti sentenze che hanno legittimato l’adozione da parte di coppie omosessuali — ha scritto che i giudici «non amministrano una giustizia nella quale ci si fa carico dell’interpretazione della legge, ma rivelano una attività normativa impropria […] che si fonda sulla disapplicazione della legge vigente in Italia e persino sul suo capovolgimento in nome di un’altra legalità». Opinione legittima per un giornalista, ma impropria per un giurista. Non trovo calzante che egli si sia appoggiato sul parere autorevolissimo di Carlo Cardia, che in realtà il giorno precedente aveva espresso critiche molto più raffinate, senza entrare nel merito delle sentenze richiamate. Né chiamerei in causa l’articolo di un magistrato amministrativo che sullo stesso giornale aveva giustamente avvertito che «le sentenze dei giudici scavalcano le leggi nazionali e ne travolgono i confini». Quest’ultima osservazione non è infatti una profezia catastrofica, ma un semplice dato di fatto, perché i giudici nazionali devono applicare le norme tenendo conto dei principi generali. Che a loro volta si traggono da un complesso di riferimenti desunti da Convenzioni e trattati internazionali, che funzionano come ineludibili “segnapista”. In questo senso bisogna far pace col fatto che il genere e l’orientamento sessuale non possono essere causa di discriminazione. I diritti fondamentali appartengono agli uomini e alle donne, ai bambini e alle bambine, ai vecchi e alle vecchie senza ulteriori distinzioni.

Vuol dire che oggi le famiglie sono plurali, monocolore e arcobaleno, e la stessa filiazione segue regole un tempo impensabili, ma oggi possibili. Ognuno può esprimere in proposito il proprio giudizio morale, anche negativo. Ma questo non può diventare un criterio guida per il diritto, che è e deve restare laico. Non voglio essere frainteso: quando dico laico non intendo senza valori o senza principi, ma libero dalla soggezione a criteri guida religiosamente o ideologicamente qualificati.

La laicità del diritto garantisce tutti, e anche i cattolici dovrebbero difenderla con tutte le loro forze. Invece sembra prevalere una resistenza, talvolta aperta e altre volte sottile, che nasconde un’idea tradizionale del diritto come espressione del potere. In altre parole, se non riesco a convincere della bontà (o della malignità) di certe scelte, chiedo al diritto di imporle (oppure vietarle). E quando mi accorgo dell’impotenza del diritto, me la prendo col mondo che disobbedisce. E se penso che si debba disobbedire, allora me la prendo con chi obbedisce. Questa visione cattolica – diciamolo pure, integralista – mi ricorda la tentazione antica di chi si affida alle regole perché non confida nella libertà della coscienza. Impone invece di proporre. Segue strade vecchie – che hanno dimostrato ampiamente la loro fallacia – in un mondo oramai distante anni luce dai riferimenti tradizionali. Il diritto, lo Stato, le Chiese, le religioni, il mondo si presentano in modo complesso e superdiversificato: chi vuole leggerlo attraverso codici nazionali assomiglia a chi cerca di svuotare il mare con un cucchiaio.

I giudici di Trento e di Firenze hanno scritto buone sentenze. Hanno risposto alle domande applicando correttamente la legge nazionale che disciplina l’efficacia interna degli atti stranieri. Hanno detto che il loro punto di riferimento deve essere l’interesse del bambino, e hanno ritenuto che per quei bambini la continuità degli affetti fosse più importante di altri criteri. Questo – in effetti – dice la legge. Possiamo non essere d’accordo con le unioni civili, possiamo considerare l’aborto un omicidio, possiamo deplorare le madri surrogate: ma non possiamo pensare di imporre il nostro punto di vista.

Sarebbe peraltro una battaglia persa. Possibile che i cattolici italiani non abbiano imparato nulla dal referendum sul divorzio, l’aborto, la procreazione assistita? È soddisfacente chiamare il matrimonio fra persone dello stesso sesso “unione civile”? Ha senso vietare l’adozione del figlio del partner? Quali diritti umani stiamo difendendo?

Un’ultima considerazione vorrei farla sul presunto «diritto dei figli a essere allevati da papà e mamma» richiamato da Carlo Cardia. Che offre così un’immagine idilliaca, eppure mitica. Quanti sono i bambini cresciuti senza uno dei due genitori? E quanti sono curati da mamme e papà che non li hanno concepiti? Il mondo è pieno di ferite. Che la legge non può ignorare: adottare significa dare un padre e una madre a chi non li ha. Talvolta basta uno dei due. I bambini hanno diritto ad una famiglia, e le famiglie sono plurali. Forse non lo capiamo o non lo apprezziamo, ma i diritti non nascono dalla legge: sono un prodotto dei bisogni umani. La legge deve essere capace di tradurre certi bisogni in diritti, altrimenti è ingiusta (questo me lo ha insegnato il Prof. Cardia: forse ha cambiato idea?) Pierluigi Consorti

 

Alcune osservazioni per continuare il dibattito. I punti-chiave che meritano attenzione in questa analisi sono tre:

  1. La “posizione cattolica” – almeno per come appare espressa su “Avvenire” – sembra inclinare alla pretesa di una prassi giudiziaria che non tenga conto di condizioni di fatto significative. Se è vero, infatti, che l’ordinamento voluto dal legislatore nulla dice intorno ai diritti di “filiazione” di coppie dello stesso sesso, è altrettanto vero che il giudice debba procedere “per analogia” a tutelare i diritti dei figli ad avere un riferimento parentale stabile. Certo, nel caso della “maternità surrogata” vi sono questioni non piccole, che possono condurre ad uno “scontro tra diritti” che appare drammatico. Ma lo scandalo per il provvedimento dei giudici risulta, da questo punto di vista, poco realistico. Ignorare la realtà non è un buon modo per onorarne le istanze, per quanto esse possano apparire problematiche e ambigue. E mettere sullo stesso piano diritti di coppie omoparentali, questioni sulla “teoria del gender” in ambito educativo, possibilità di eutanasia, obiezione di coscienza e offese al sentimento religioso non sembra una scelta efficace. Tende ad un “discredito dell’individualismo moderno” che è, quanto meno, unilaterale.

  2. La esperienza nazionale – che l’Italia ha già conosciuto almeno in tre casi (divorzio, aborto e fecondazione assistita) – segnala la esigenza di una accurata distinzione tra ciò che è moralmente raccomandabile o preferibile e ciò che sul piano giuridico può essere riconosciuto e tutelato. Saper comprendere questa differenza e saperla declinare nella storia diviene oggi una esigenza fondamentale per il dialogo con la cultura contemporanea. Famiglia, matrimonio, adozione, filiazione sono termini che si declinano anche analogicamente. Questa analogia non è semplicemente un modo di “distruggere” la famiglia, il matrimonio e la filiazione, ma un modo di “viverlo diversamente”. Che il diverso non sia il nemico è un insegnamento che la Chiesa dovrebbe aver ben chiaro, piuttosto che farselo insegnare dalla cultura moderna. Ma, lo ripeto, un approccio apologetico “antimoderno” non è utile e perde molte distinzioni, alle quali il giurista non può rinunciare. Questo non significa non rilevare molti punti critici della situazione normativa ed etica del nostro tempo: ma pretendere di giudicarla sommariamente non aiuta ad essere più saggi e lungimiranti.

Una concezione esclusivamente “pedagogica” della legge tende a pensare che i diritti scaturiscano solo dalla legge. E che quindi ci si debba opporre alle leggi che fanno sorgere “diritti sbagliati”. Consorti ricorda, in conclusione, che il luogo sorgivo dei diritti sono sempre anche i “bisogni degli uomini e delle donne”: questo è un punto che qualifica tutta la storia dell’epoca tardo-moderna. La Chiesa ha avuto spesso la tendenza a leggere i diritti come “minacce per l’autorità”, prima che come risposte a nuove possibilità di vita e di esperienza. Un accurato discernimento delle “ferite” dovrebbe indurre a più moderate reazioni. Un ordinamento istituzionale composito, fatto di parlamento, governo e magistratura, trova di volta in volta equilibri nuovi per rispondere adeguatamente a bisogni nuovi. Come dice Amoris Lætitia(n.304), pretendere di giudicare ogni persona e ogni situazione solo sulla base della legge oggettiva, senza tener conto delle circostanze, è una soluzione “meschina”. Non vorrei che, dopo aver letto questo grande testo, e averlo anche lodato, tutti noi continuassimo a fare come se queste alte parole – che certo implicano un svolta culturale non piccola – non fossero in grado di incidere sul modo con cui giudichiamo non solo le pastorali familiari di una Chiesa, ma anche le politiche familiari di una nazione. Le quali hanno bisogno di un approccio capace di nuovo slancio, di coraggio, di autentica lungimiranza, ma non possono mai alimentarsi né di resistenze integralistiche né di argomentazioni fondamentalistiche.

Andrea Grillo blog: Come se non 12 marzo 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/la-legge-i-giudici-e-la-famiglia-questioni-aperte-intorno-alle-analogie-di-famiglia

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CHIESE

Protestanti e cattolici, quello che ci separa (ancora)

Un libro di François Clavairoly e Michel Kubler appena uscito in Francia. È il sito della Federazione protestante di Francia (FpF) a pubblicare la notizia dell’uscita, il 1° marzo 2017, di un libro scritto a due mani dal suo presidente, il pastore François Clavairoly, e da Michel Kubler, prete e già caporedattore del quotidiano cattolico La Croix. Due personalità impegnate nel dialogo ecumenico che «si affrontano» e mettono in luce le basi storiche e teologiche delle rispettive chiese: «con garbo ma senza concessioni, e in modo fortemente pedagogico, affrontano temi variegati e fondamentali che rinviano sia all’ambito della fede, sia a quello dogmatico, ma altrettanto all’attualità. Un dibattito appassionante, pieno di entusiasmo e intelligenza». Così presenta il volume il sito delle edizioni Bayard, che si occupa principalmente di religioni, scienze umane e libri per ragazzi e ha dato alle stampe Protestants et Catholiques, ce qui nous sépare encore (270 pagine).

Per Clavairoly non è stata la prima occasione di misurarsi in un libro con un esponente di un’altra confessione, nel 2011 aveva pubblicato insieme a Haïm Korsia, gran rabbino di Francia, Paroles d’alliance, Dialogue entre un pasteur et un rabbin sur la société française.

Dal canto suo, Kubler ha pubblicato per Bayard Petit parcours de foi nel 2014 e attualmente dirige il Centro ecumenico S. Pietro-S. Andrea a Bucarest.

Nella prefazione, Loup Besmond de Senneville, giornalista per il settore religioso de La Croix, presenta i temi in gioco e soprattutto l’atteggiamento tenuto dai due autori: «Seguendo il loro dialogo, il prete e il pastore ricordano due camminatori che cercano di raggiungersi. A volte percorrendo la stessa strada, altre volte constatando l’enorme divario che si è aperto tra loro, ma sempre disposti a fare lunghe deviazioni per potersi ritrovare. Per loro, il confronto sui punti di raccordo è più importante di quello sui punti di contesa. Non trascurano alcun argomento, cercano di capire l’altro, lo interrogano, s’interpellano e si mettono in discussione, si rivelano sinceramente confusi di aver potuto ferire l’altro. Alla lettura del libro, il paradosso è evidente: gli argomenti che hanno provocato la rottura non separano più, oggi, cattolici e protestanti. È il caso, ad esempio, dell’importanza delle Scritture e di una parte della teologia della salvezza. Al contrario, le questioni un tempo secondarie sono diventate pregnanti, e assomigliano a dei fossati che costantemente si allargano, rischiando di diventare differenze insuperabili. Ma non è proprio questa contraddizione che chiama a non abbandonare mai l’obiettivo comune dell’unità?».

E allora eccoli, alcuni dei temi in discussione: la concezione della Bibbia, l’editto di Nantes e la sua revoca, la concezione della Chiesa, le donne pastore, i pastori sposati/il celibato, la vita consacrata, il ruolo della religione nella società, il modo di agire quando si è una minoranza, e una domanda che apre all’attualità e alla politica: bisogna agire nel nome della propria fede

Redazione Riforma.it 10 marzo 2017

Il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.

www.riforma.it/it/articolo/2017/03/10/protestanti-e-cattolici-quello-che-ci-separa-ancora

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CONSULENZA

Il Consulente Familiare n. 1 – marzo 2017

Quarantennale della fondazione dell’AICCeF – Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari.

Atto costitutivo notarile firmato a Bologna il 5 febbraio 1977.

Consulenti da consulo-ere: cum (con: insieme) solere (alzare, sollevare) =consolare, confortare, venire in aiuto.

  • Lettera della Presidente Rita Roberto

  • Giornata di studio Roma 9 aprile 2017. La coppia oggi: fatiche, bisogni e aspettative…una consulenza su misura

  • La consulenza di coppia. Rita Roberto

  • I consulenti allo specchio.Parte prima. Raffaello Rossi

  • Dossier la nascita della coppia. Raffaello Rossi

  • I social network sono una trappola (!?)

  • A proposito di famiglia

  • Essere consulenti familiari

  • Lettere, letto e visto per voi, notizie

www.aiccef.it/57-Rivista

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Grosseto. Consultorio “La famiglia” un corso di formazione per genitori

Il consultorio “La famiglia” propone un percorso formativo per genitori. Il progetto “Genitori in cammino: chi educa chi?” condotto dalla dottoressa Rita Roberto, è rivolto a 20 partecipanti, preferibilmente coppie, e prevede due incontri mensili, da aprile a giugno, per un totale di sei.

Nel percorso con i genitori verranno affrontati, in maniera giocosa, diversi temi: il contatto con il bambino interiore, le fasi del ciclo di vita familiare, l’importanza della relazione e dell’affettività, la gestione creativa dei conflitti. La conduttrice userà la metafora del viaggio per far capire che ci mettiamo in cammino verso un territorio nuovo: patendo dal proprio bambino interiore per arrivare al bambino di cui ci prendiamo cura come figlio.

E-mail consultoriogrosseto@libero.it

Il giunco.net quotidiano della Maremma 8 marzo 2017

www.ilgiunco.net/2017/03/08/dal-consultorio-la-famiglia-un-corso-di-formazione-per-genitori/

 

Parma Famiglia più. Prossime iniziative.

  • Una carezza nell’anima Raccolta di favole per il cuore

Modera e Interviene: Erika Vitrano psicologa

Domenica 19 marzo 2017, ore 16.30 Sede Famiglia Più Via Bixio, 71 – Parma

  • Conversazione con Francesca Cenci Amare da morire Come sopravvivere all’amore malato

Presenta l’incontro il dott. Diego Zatelli psicologo sessuologo Famiglia Più

Giovedì 23 marzo 2017, ore 18 Sede Famiglia Più Via Bixio, 71 – Parma

www.famigliapiu.it

 

Messina: La seconda sede si è trasferita da Villafranca Tirrena a 98043 Rometta Marea (ME)

Via Mezzasalma 25 – tel. 090 332761 consultorio.villafranca@gmail.com

 

Poggio Mirteto. Consultorio Sabino. I giovani del Liceo delle scienze umane in Consultorio

Due classi coinvolte da dicembre 2016 a maggio 2017 nel servizio di Counselling di gruppo dell’età evolutiva – laboratorio crescita: un percorso di accompagnamento e di sostegno di un gruppo di bambini di età compresa fra i sei ed i dieci anni caratterizzato da diverse attività psico-fisiche, psico emotive e lettura di favole ad alta voce. L’obiettivo: far acquisire ai bambini la consapevolezza dei propri punti forti e di quelli deboli e trovare soluzioni per quelle che si manifestano come vere e proprie zone d’ombra grazie alla capacità di riconoscere le proprie emozioni, gestirle e guardare all’altro con fiducia.

www.consultoriosabino.org/wordpress/alternanza-scuola-lavoro-in-consultorio-i-giovani-nel-counselling

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DALLA NAVATA

2° Domenica di Quaresima – Anno A – 12 marzo 2017

Genesi 12, 04. Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.

Salmo 33, 22. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.

2Timoteo 01, 08. Con la forza di Dio, soffri com me per il Vangelo.

Matteo 17, 07 Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».

 

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI). Gesù trasfigurato

A differenza della prima, in questa seconda domenica di Quaresima le tre letture bibliche non sono parallele e dunque non convergono verso un unico tema. Il brano della Genesi rappresenta la prima tappa della storia di salvezza: Abramo è chiamato da Dio per essere il primo che aderisce al Signore, “il padre dei credenti” (cf. Rm 4,16). Dio chiama quest’uomo pagano dalle genti, gli chiede di lasciare la sua terra per iniziare un cammino la cui meta è conosciuta solo da Dio che lo chiama. E Abramo subito acconsente, obbedisce e parte, credendo in quella promessa di benedizione.

L’Apostolo scrive a Timoteo esortandolo ad avere fiducia, ad accettare le sofferenze a causa del Vangelo, dunque a rendere testimonianza al Signore Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Gesù. Fondamento dell’esortazione è il mistero della salvezza, descritto da Paolo con un linguaggio conciso, essenziale: Dio ci ha chiamati e ci ha salvati, ci dona la salvezza senza che dobbiamo meritarla, e quest’azione ha avuto la sua epifania e la sua rivelazione in Gesù Cristo, il vincitore della morte.

 

Il cammino quaresimale è essenzialmente un cammino pasquale, segnato dall’abbassamento e dall’innalzamento di Gesù, il Figlio di Dio. Per questo, se nella prima domenica di questo tempo abbiamo contemplato Gesù messo alla prova nel deserto in molti modi, fino alla tentazione di approfittare della sua qualità divina per compiere la sua missione, oggi contempliamo Gesù trasfigurato, rivestito di quella gloria che possedeva quale Figlio di Dio, ma che nascose, facendo epoché, mettendola “tra parentesi” nella sua condizione di uomo come noi.

I tre vangeli sinottici narrano questo evento che segna una svolta nella missione di Gesù, dopo la professione di fede di Pietro e la rivelazione da parte di Gesù di ciò che lo attendeva a Gerusalemme, come necessitas umana e divina (cf. Mt 16,13-28). Riportano un racconto ormai “tradizionale” nella comunità dei discepoli, con il quale si tenta di esprimere l’indicibile: Gesù si è mostrato realmente e totalmente uomo in altra forma (metemorphóthe), una forma gloriosa che trascende la forma della carne del Figlio di Maria. La domanda su cosa sia veramente accaduto non ha molto senso, se non per mettere in risalto che è avvenuta un’apocalisse, un alzare il velo che ha permesso di scorgere l’invisibile. Cercheremo dunque di ascoltare soprattutto il racconto di Matteo; se infatti è vero che letterariamente non differisce di molto dagli altri due, tuttavia contiene alcuni tratti specifici: se Marco cerca di testimoniarci un’epifania di Dio in Gesù (cf. Mc 9,2-9), se Luca fornisce un’anticipazione della gloria della resurrezione (cf. Lc 9,28-36), Matteo vuole rivelarci come Dio stesso confermi la fede proclamata da Pietro (“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”: Mt 16,16).

Matteo lega la trasfigurazione alle solenni parole di Gesù ai discepoli: “Amen, io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno” (Mt 16,28). Parole certamente oscure, ma che risuonavano come una promessa: alcuni tra i discepoli che lo ascoltano, ancora durante la loro vita avrebbero visto il Figlio dell’uomo venire nella gloria del suo regno! Queste parole introducono il racconto della trasfigurazione, che appare come il loro compimento. Molte sono le allusioni all’Antico Testamento nel nostro racconto: Gesù porta con sé sulla montagna tre compagni (cf. Es 24,1.9); riceve la rivelazione di Dio dopo sei giorni (cf. Es 24,16); è trasfigurato in volto, raggiante di luce (cf. Es 34,29). La montagna della trasfigurazione non è localizzata dai tre evangelisti, ma viene definita “un alto monte, in disparte”. Dunque nel luogo delle rivelazioni di Dio, là dove secondo i profeti avviene la definitiva manifestazione di Dio nel suo giorno, l’ultimo (cf. Is 2,2; 11,9; Dn 9,16), dove Mosè (cf. Es 24,12-18; 34,4) ed Elia (1Re 19,8) sono saliti per incontrare il Signore, anche Gesù sale, portando con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, tre discepoli spesso vicini a lui, coinvolti in modo particolare nella sua vita.

Davanti a loro Gesù “viene trasfigurato” (sottinteso, da Dio; passivo divino) ed ecco che “il suo volto diventa splendente come il sole”. Matteo richiama il sole, la luce, perché quella novità di forma assunta da Gesù è qualcosa che non procede dalla sua condizione umana. Se la pelle del volto di Mosè era diventata raggiante davanti alla gloria di Dio, il volto di Gesù è splendente come il sole che illumina, ma nello stesso tempo non si fa vedere, abbaglia. Ricorrendo al linguaggio paolino, potremmo dire che “colui che era in forma di Dio … e aveva preso la forma dell’uomo schiavo” (Fil 2,6-7), qui rivela – per quanto è umanamente possibile percepirla e vederla – la sua forma, la sua condizione di Figlio di Dio.

In quella percezione di Gesù sotto “altro” aspetto, si manifestano accanto a lui Mosè ed Elia, che rappresentano rispettivamente la Torah e i Profeti, ma che soprattutto sono testimoni della venuta del Messia. Tutto ciò che ha preceduto Cristo nella storia di salvezza, da Abramo in poi, è accanto a Gesù per testimoniare che egli è il profeta atteso, il veniente promesso. Con la loro presenza, Mosè ed Elia attestano: “Ecco il Messia, il Cristo come l’aveva confessato Pietro. Ecco il Servo, il Profeta amato da Dio che, come egli stesso ha annunciato, va verso la passione”. Ciò che è narrato come una visione, è soprattutto un’esperienza possibile ai profeti nell’ordine della fede e del dono del Signore, un’esperienza non derivante da “carne e sangue” (cf. Gv 1,13), ma una pura rivelazione del Padre (come la confessione di Pietro; cf. Mt 16,17). Per questo tre volte si fa ricorso all’“ecco” (idoú; nel testo originale compare, non tradotto in italiano, anche al v. 5a), parola tipica della rivelazione apocalittica: per l’apparizione di Mosè ed Elia, per il manifestarsi della nube luminosa, per il risuonare di una voce.

Pietro vorrebbe restare in questa esperienza di fede, vorrebbe farla diventare definitiva, come se la fine dei tempi e la venuta nella gloria di Gesù fossero ormai realtà. A differenza di Marco e di Luca, Matteo annota che Pietro sa bene quello che dice: chiama Gesù “Kýrios, Signore”, mostra nuovamente la sua fede e afferma che è una cosa bellissima quella che stanno vivendo. Per questo vorrebbe fare tre capanne, per Gesù, per Mosè e per Elia, in modo che la storia si arresti nell’ora della manifestazione della gloria. Ma ecco apparire una nube luminosa, che adombra quell’esperienza: una nube che illumina e, nel contempo, fa ombra (verbo episkiázo). Siamo di fronte all’indicibile, perché la Presenza di Dio, del Dio che nessuno ha mai visto (cf. Gv 1,18), rivela e nello stesso tempo nasconde: è la Shekinah, la Dimora di Dio, che mentre illumina fa ombra, Presenza che si sperimenta ma che resta sempre elusiva…

Infine, ecco uscire dalla Shekinah una voce, che parla e rivela: “Questi è il mio Figlio, l’amato (agapetós): in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. La voce di Dio è già risuonata nell’ora del battesimo di Gesù al Giordano (cf. Mt 3,17): là Gesù era disceso nelle acque come un peccatore, per esservi immerso da Giovanni, il Padre lo aveva rivelato come suo Figlio unico e amato, ed egli solo aveva ascoltato questa proclamazione. Qui invece ascoltano anche i discepoli, che non possono non leggervi un “amen”, un sigillo posto da Dio sulla confessione di Pietro. Inoltre, rispetto al battesimo vi è qui un’aggiunta decisiva: “Ascoltatelo!”. La voce del Padre dice che Gesù è suo Figlio (cf. Sal 2,7), è l’Amato (cf. Gen 22,2), è il Servo che Dio sostiene in quanto Eletto, nel quale si compiace (cf. Is 42,1), ma è anche il Profeta promesso da Dio a Mosè, a cui deve andare l’ascolto (cf. Dt 18,15).

Di fronte a tale apocalisse, “i discepoli cadono con la faccia a terra” in adorazione, confessione silenziosa di Gesù quale Figlio di Dio, quale Kýrios, riconoscimento nel timore di Dio della Shekinah davanti a loro. Ma Gesù si avvicina, li tocca e dice loro: “Alzatevi e non abbiate paura!”. Li tocca con un gesto di confidenza e di amore, quasi a risuscitarli, e li invita alla postura escatologica dello stare in piedi senza temere (cf. Lc 21,28): “Alzatevi, fate un gesto di resurrezione (eghérthete) e mettete da parte ogni timore e paura!”. I tre discepoli “hanno visto, udito e contemplato” (cf. 1Gv 1,1), ma sono stati anche toccati da Gesù, da lui come risvegliati a una nuova conoscenza nella fede di Gesù Cristo stesso. Sapranno seguire Gesù a Gerusalemme, nella passione scandalosa, nell’angoscia da lui vissuta nel giardino del monte degli Ulivi? Ricorderanno questa esperienza o la dimenticheranno (cf. Mt 26,36-46)?

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11274-gesu-trasfigurato

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DEMOGRAFIA

Indicatori demografici. Anno 2016.

Al 1° gennaio 2017 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno sull’anno precedente.

La natalità conferma la tendenza alla diminuzione: il livello minimo delle nascite del 2015, pari a 486 mila, è superato da quello del 2016 con 474 mila.

Dopo il picco del 2015 con 648 mila casi, i decessi sono 608 mila, un livello elevato, in linea con la tendenza all’aumento dovuta all’invecchiamento della popolazione.

Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).

Il saldo migratorio estero nel 2016 è pari a +135 mila, un livello analogo a quello dell’anno precedente ma, rispetto a quest’ultimo, è determinato da un maggior numero di ingressi (293 mila), e da un nuovo massimo di uscite per l’epoca recente (157 mila).

Al 1° gennaio 2017 i residenti hanno un’età media di 44,9 anni, due decimi in più rispetto alla stessa data del 2016. Gli individui di 65 anni e più superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale; quelli di 80 anni e più sono 4,1 milioni, il 6,8% del totale, mentre gli ultranovantenni sono 727 mila, l’1,2% del totale. Gli ultracentenari ammontano a 17 mila.

La vita media per gli uomini raggiunge 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne 85,1 anni (+0,5 e +0,1).

La fecondità totale scende a 1,34 figli per donna (da 1,35 del 2015). L’età media delle donne al parto è di 31,7 anni.

Un nato su cinque ha una madre straniera Nel 2016 il 19,4% dei bambini è nato da madre straniera, una quota identica a quella riscontrata nel 2015 mentre l’80,6% ha una madre italiana. In assoluto, i nati da cittadine straniere sono 92mila, il 2,2% in meno dell’anno prima. Di questi, 61mila sono quelli avuti con partner straniero, 31mila quelli con partner italiano.

I nati da cittadine italiane sono 382mila, con una riduzione del 2,4% sul 2015. Le donne straniere in età feconda, che usualmente evidenziano un comportamento riproduttivo più accentuato e sono favorite da una struttura per età nettamente più giovane, hanno avuto in media 1,95 figli nel 2016 (contro 1,94 del 2015). Le italiane, dal canto loro, sono rimaste sul valore di 1,27 figli, esattamente come l’anno precedente. La contrazione delle nascite da parte di straniere e italiane, pertanto, non va ricondotta all’abbassamento delle rispettive propensioni di fecondità, quanto piuttosto alla riduzione delle donne in età feconda e al processo d’invecchiamento che interessano anche la componente straniera.

Livello di fecondità più alto al Nord. Nel 2016, come ormai da diverso tempo, è nelle regioni del Nord che si riscontra la fecondità più elevata del Paese (1,4 figli per donna), davanti a quelle del Centro (1,31) e del Mezzogiorno (1,29).

Su base regionale la fecondità varia in misura ancora più considerevole, ciò dipende da numerose ragioni sia di carattere strutturale (diversa composizione della popolazione residente per età e cittadinanza), sia socio-economiche. Con 1,78 figli per donna nel 2016 la Provincia di Bolzano si conferma la regione più prolifica del Paese, seguita piuttosto a distanza dalla Lombardia (1,43). All’opposto, la fecondità è più contenuta nel Mezzogiorno e segnatamente in Molise (1,16), Basilicata (1,14) e Sardegna (1,07). Di fatto, oggi si rileva che il campo di variazione tra le realtà più e meno prolifiche del territorio nazionale (pari a 0,71 figli) è tutt’altro che irrilevante, come potrebbe sembrare. Potendo estendere la fecondità osservata nella Provincia di Bolzano al resto del Paese, oggi l’Italia figurerebbe tra i top-fertility Countries dell’Unione europea, insieme a Francia, Regno Unito e Svezia. Viceversa, con una fecondità pericolosamente prossima al figlio per donna, l’Italia sarebbe all’ultimo posto in Europa e, verosimilmente, nel Mondo.

ISTAT 06 marzo 2017

http://www.istat.it/it/archivio/197544

Nella colonna di destra link: Testo integrale e nota metodologica (pdf 1 MB)

 

Sempre meno bimbi in Italia. Belletti: non s’investe sulla famiglia.

Gli italiani sono sempre di meno. Al primo gennaio 2017 si stima che la popolazione residente in Italia scenda a 60 milioni 579mila; 86mila unità in meno rispetto all’anno precedente. Lo riferisce l’Istat, che questa mattina ha diffuso i dati relativi agli indicatori demografici.

Oramai è un refrain che dura da qualche anno. Se non ci fossero gli stranieri, la popolazione residente calerebbe in modo ancora più sensibile di quanto avviene ora. Nel 2016 il saldo naturale (nascite-decessi), è stato negativo per 134 mila unità, mentre quello migratorio con l’estero è positivo per 135 mila unità. Dunque i due flussi si equivalgono. Secondo le stime relative al 2016, il calo della popolazione non si presenta in tutte le regioni. Le due regioni più popolose del Paese, Lazio e Lombardia, registrano un incremento del +1,3 e del +1,1 per mille rispettivamente. L’incremento relativo più consistente è quello ottenuto nella Provincia autonoma di Bolzano (+6,6 per mille), la Regione col saldo negativo più pesante è la Basilicata, con un meno 5,7 per mille.

Francesco Belletti, presidente del Centro Studi Famiglia: “A me pare che sia più importante il clima complessivo di un territorio, di una comunità. Probabilmente in alcune province, in alcuni territori la nascita di un bambino è ancora una bella notizia per le famiglie: non è solo questione di soldi. I soldi c’entrano, le politiche hanno la necessità di spostare risorse nei confronti dei bambini, delle nascite, delle giovani generazioni, ma serve anche l’idea che questi figli siano non un bene privato, non una scelta arbitraria di una persona, ma siano davvero una bella notizia per la comunità”.

E gli italiani sono sempre più vecchi, chi ha più di 65 anni è il 22,3%. Dunque, ancora una volta, il Paese viene salvato dall’ingresso degli stranieri, una tendenza che però recentemente è calata.

Franco Pittau del centro studi sull’immigrazione Idos: “Le migrazioni in entrata sono diminuite perché noi abbiamo una situazione economica pesante; c’è stato un leggero sviluppo che non ha consentito di abbattere la massa dei disoccupati – circa 3 milioni, dei quali quasi mezzo milione sono immigrati – e così gli ingressi per lavoro sono quasi completamente scomparsi. Poche migliaia per lavoro stagionale, poi i lavori qualificati che per legge europea se trovano lavoro possono entrare, non ci sono quote: loro possono venire liberamente”.

Ma è certo che gli stranieri fanno più figli: Le straniere, infatti, hanno avuto in media 1,95 figli nel 2016, mentre le italiane sono rimaste sul valore di 1,27 figli, come nel 2015.

Ancora Belletti: “Dobbiamo investire sulle famiglie e sui bambini, perché descrive l’idea di qualcuno che poi farà anche impresa. E purtroppo, la politica fa sempre il processo contrario: investiamo nelle imprese e poi vedremo che anche sulla vita quotidiana delle famiglie succederà qualcosa. E la storia sta dimostrando costantemente che questo è perdente, è sbagliato. Non si riesce neanche a rinnovare, a fare impresa, nel nostro Paese”.

C’è da aggiungere che il numero di italiani che decidono di trasferirsi in un Paese estero nel 2016 cresce del 12,6% rispetto al 2015 ed è quasi triplicato in sei anni. Sull’altro fronte, aumentano pure gli stranieri che prendono la cittadinanza italiana.

Ancora Pittau: “In diverse province, l’emigrazione è leggermente diminuita perché è molto elevato il numero dei cittadini stranieri che diventano italiani, che attualmente saranno all’incirca un milione e 200 mila. E anche questo è un altro motivo per ragionare con serenità. L’emigrazione non scompare; noi abbiamo molte persone che sono di origine immigrata e questo ci fa pensare a come vivere in una società multiculturale e multireligiosa: ci vogliono più accortezze per venirne a capo”.

Insomma, l’Italia cambia, più velocemente di quanto in molti, compresa la politica si aspettano.

Alessandro Guarasci Notiziario Radio vaticana 6 marzo 2017 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

 

Il Forum delle famiglie: l’Italia muore

“Il Paese sta morendo. La politica, tutta, si dia una svegliata e faccia qualcosa. Come Forum più che ripeterlo ogni anno che passa, facendo anche proposte concrete che, puntualmente, restano inascoltate, non sappiamo più cosa fare”: queste le parole di Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari.

“Siamo qui, come ogni anno – dice De Palo – a commentare i preoccupanti e prevedibili dati Istat che confermano che lentamente l’Italia sta scomparendo. Se tutti gli schieramenti politici e le migliori forze del Paese non si mettono attorno a un tavolo e decidono di fare squadra per combattere questo preoccupante inverno demografico, non andiamo da nessuna parte”.

“Da anni diciamo che senza un fisco a misura familiare è sempre più difficile per le famiglie mettere al mondo un figlio. Dove dobbiamo arrivare per prendere provvedimenti seri? Cosa deve ancora succedere? Non bastano questi dati? Facciamo una scommessa: il prossimo anno saremo di nuovo qui a commentare dei dati ancora peggiori di quelli di quest’anno. Senza famiglie e senza figli non ci sarà mai anche una ripresa economica” conclude De Palo.

Redazione Internet Avvenire 6 marzo 2017

Estrattowww.avvenire.it/attualita/pagine/istat-nascite-al-minimo-storico-nel-2016

 

Culle vuote. Il demografo Rosina: «Cambio d’epoca, la politica si muova subito»

Scenari peggiori delle previsioni, il governo intervenga con misure specifiche. Per capire la gravità del fenomeno, è sufficiente tornare alle previsioni elaborate dall’Istat nel 2011. «Nel peggiore degli scenari – ricorda il demografo dell’Università Cattolica, Alessandro Rosina – non si ipotizzava mai un dato annuale inferiore alle 500mila nascite all’anno. Mai. Intendiamoci poi: il periodo considerato non andava dal 2011 al 2016, ma dal 2011 al 2065. Dunque: si prevedeva che mai si sarebbe andati sotto i 500mila nati per un arco temporale di oltre 50 anni. Invece già l’anno scorso siamo scesi abbondantemente al di sotto del mezzo milione: sono nati 474mila bambini, peggio del 2015, quando peraltro la soglia dei 500mila nati era stata sfondata al ribasso. Siamo di fronte a uno scenario così negativo da non essere stato neppure previsto».

Numeri tale da imporre un cambio immediato dell’agenda politica. Al netto del fatto che la crisi economica ha finito per peggiorare ulteriormente le cose, è evidente che adesso servirebbe un impegno epocale da parte delle istituzioni. L’inverno demografico dovrebbe essere il primo punto da affrontare per chiunque voglia determinare il futuro di questo Paese. L’Italia non può tirarsi indietro.

Sta dicendo che un serio programma di governo dovrebbe mettere al centro la natalità?

Certo. Fare un figlio è l’unica scelta di vita irreversibile per una coppia. Un Paese funziona nella misura in cui permette ai suoi cittadini di lasciare la casa dei propri genitori per andare a formare una famiglia, dopo aver trovato un lavoro e una stabilità economico-finanziaria.

I dati Istat confermano che gli immigrati, da sempre più propensi di noi ad avere figli, tendono a uniformarsi ai nostri costumi. Perché?

Senza il contributo degli immigrati, la situazione demografica oggi sarebbe ancora peggiore, con squilibri e costi più alti. D’altra parte, sbaglia chi dice che l’immigrazione risolverebbe tutti i nostri problemi in materia di natalità. Non ha senso dividerci tra famiglie italiane e straniere, quando tutti dovrebbero avere a cuore un Paese che torna a crescere. Vale per il Nord, dove il tasso di fecondità è più alto, così come per il Sud, dove è diventato più basso.

L’incapacità di dare risposte di sistema è anche alla base della fuga di tanti giovani all’estero?

Esattamente. Dobbiamo costruire intorno alle nuove generazioni un contesto che le incoraggi a immaginare qui il loro futuro, per costruirci un lavoro e una famiglia. Gli Stati che crescono di più sono quelli che hanno investito più a lungo termine in politiche familiari. È accaduto e accade così nei Paesi scandinavi, in Francia, negli Usa. Chi come la Germania si è accorta di essere rimasta indietro, sta accelerando per recuperare il terreno perduto.

Può bastare una legislatura per invertire uno scenario del genere?

Bisogna iniziare domani e non basterà una legislatura. Occorre passare dalla retorica delle promesse ai fatti concreti. Subito.

Diego Motta Avvenire 7 marzo 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/cambio-depoca-la-politica-si-muova-subito

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ETICA FAMILIARE

L’etica familiare di papa Francesco

Credo che non sia possibile tracciare un sommario della morale di papa Francesco senza un accenno all’etica sessuale e alla famiglia.

Giannino Piana nel capitolo «Il magistero morale di papa Francesco» (Aa. Vv. Papa Francesco: quale teologia?, pp. 127-191) dedica un denso paragrafo a questo ambito: Famiglia, sessualità e bioetica (pp.169-188).

Anche il volume dell’Istituto della Enciclopedia italiana (Misericordae vultus. Il giubileo di papa Francesco) riporta uno studio di Elena Curti Il Sinodo e Francesco. La famiglia (pp. 231-254) composto però prima del secondo Sinodo e quindi prima dell’Esortazione apostolica postsinodale Amoris Lætitia sull’amore nella famiglia firmata il 19 marzo e pubblicata il venerdì 8 aprile 2016.

L’attenzione del Papa per la famiglia è fuori dubbio. L’indizione e lo svolgimento di due Sinodi nel 2014 (straordinario) e nel 2015 (ordinario), come le molte catechesi del mercoledì dedicate a questi temi lo dimostrano senza ombra di dubbio. Occorre però ricordare, come nota il moralista Giannino Piana, che «le questioni relative all’area dell’etica personale… [dal Papa] vengono collocate al giusto posto con l’abbandono della loro sopravalutazione, motivata talora da atteggiamenti ossessivi» (o. c., p. 169). Il Papa stesso chiarisce il problema con parole semplici: «se un parroco durante un anno liturgico parla dieci volte sulla temperanza e solo due o tre volte sulla carità e sulla giustizia, si produce una sproporzione, per cui quelle che vengono oscurate sono precisamente quelle virtù che dovrebbero essere più presenti nella predicazione e nella catechesi» (Esortazione apostolica Evangeli Gaudium n. 38). L’impianto stesso dell’esortazione postsinodale Amoris Lætitia rivela il riferimento del Papa alle radici bibliche (Primo e terzo capitolo) e in particolare alla funzione essenziale dell’amore nello sviluppo della vita matrimoniale (Capp. 4 e 5). Concreto e dettagliato è il capitolo secondo che studia la situazione attuale e le sfide cui le famiglie sono soggette (nn. 31-57). Il Papa stesso precisa: «Poiché i Padri sinodali hanno apportato uno sguardo sulla realtà delle famiglie in tutto il mondo, ritengo opportuno raccogliere alcuni dei loro contributi pastorali, aggiungendo altre preoccupazioni che provengono dal mio proprio sguardo» (n. 31). Da parte sua il Papa sottolinea la necessità di «essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica» (AL. n. 36).

A questo proposito egli cita 6 limiti concreti nella predicazione e nella pastorale corrente.

  1. Il primo è l’insistenza con cui si è accentuato il «dovere della procreazione» lasciando in ombra «il fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco». Questo aspetto incide notevolmente anche nelle varie soluzioni del problema dei sacramenti per i divorziati risposati per i quali da molti si richiama la condizione di astenersi dagli atti coniugali come se l’esercizio stesso della sessualità non abbia un valore vitale per l’armonia della coppia.

  2. Il secondo limite è il mancato «buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete» (AL. n. 36). A questo proposito è opportuno ricordare che come in ogni sacramento il soggetto storico operante è sempre la comunità ecclesiale e che ogni ministro deve avere «l’intenzione di fare ciò che fa la chiesa». Il che implica l’impegno di testimoniare amore e sollecitudine per i giovani che si avventurano nell’avventura matrimoniale, che la comunità deve assumere e rinnovare.

  3. Un terzo limite della pastorale matrimoniale è indicato nella «idealizzazione eccessiva» cioè nella presentazione di un «ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono» (AL. n. 36).

  4. Un quarto limite è denunciato nella eccessiva insistenza sulle questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza richiamo alla necessaria apertura alla grazia (ib. n. 37).

  5. Un quinto limite sta nella «difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita» (ib. n. 37).

  6. Infine il clericalismo, male molto esteso anche in Italia: «stentiamo… a dare spazio alla coscienza dei fedeli». Mentre dovremmo essere consapevoli che «siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (ib. n. 37).

L’attenzione del Papa non è rivolta solo agli aspetti negativi della pastorale ma offre indicazioni preziose per una catechesi biblica sostanziosa. Giannino Piana, ad esempio, rileva «il suggestivo commento che il papa fa del capitolo tredicesimo della prima lettera ai Corinti, dove le virtù in cui si incarna concretamente la carità vengono direttamente riferite ai comportamenti di coppia e familiari» (o. c., p. 171 cita i nn. 90-119 di AL.).

Difficoltà e polemiche Molti sono rimasti sorpresi delle reazioni negative alla soluzione offerta da papa Francesco nella Esortazione Amoris Lætitia per le varie situazioni irregolari. Lungo la storia della Chiesa sono numerosi gli episodi di accese discussioni in ambito morale protratte per decenni e spesso esauritesi senza soluzione. Con la differenza che in altri secoli il Magistero era l’ultima risorsa. Le discussioni si svolgevano nelle Università o nelle scuole dei diversi ordini o congregazioni religiose. Mentre ora le proposte innovative sono venute dal Magistero (Sinodo dei Vescovi e Documenti del Papa). In ogni caso vale sempre il principio che quando esistono diverse opinioni morali la soluzione è affidata alla coscienza delle singole persone, che dopo informazione e discernimento sono chiamate a decidere. Esse, d’altra parte, possono scegliere anche l’ipotesi meno autorevole. Del resto già da tempo nella Chiesa, in diverse parti del mondo, dove non esisteva lo scandalo, in particolari circostanze, come per la prima comunione dei figli, o nel caso di funerali di persone care, era già praticata l’ammissione ai sacramenti anche dei divorziati risposati. Anche chi critica la possibilità suggerita dal Papa deve riconoscere che non è lo stato di divorziato risposato a impedire la vita sacramentale tanto è vero che tutti ammettono la legittimità della Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II n. 84 secondo la quale è lecita la vita sacramentale per chi vive la nuova unione «come fratello e sorella» cioè astenendosi dai rapporti coniugali. Benché questa soluzione di compromesso non tenga conto del valore unitivo della funzione sessuale.

Giannino Piana insiste su «tre linee orientative esposte dal papa per la consistente importanza etico-pastorale che rivestono» (o. c., p. 176). Le riassumo.

  1. La prima è il riconoscimento che il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi per cui le applicazioni di una legge possono essere diverse (AL. n. 300).

  2. La seconda linea orientativa riguarda i condizionamenti e le circostanze attenuanti per cui non tutti quelli che vivono una nuova condizione matrimoniale potrebbero non essere in stato di peccato mortale.

  3. La terza linea orientativa riguarda il giudizio di coscienza di ciascuna persona che può riconoscere con sincerità che la sua «per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (AL. n. 303 citata a p. 179).

Recentemente (14 febbraio 2017) il Cardinale Francesco Coccopalmerio nel volume Il capitolo ottavo della esortazione apostolica post sinodale Amoris Lætitia (Editrice Vaticana, 2017) ha esaminato dettagliatamente il problema specifico e ha concluso che la dottrina è stata rispettata perché la Chiesa ammette «alla Penitenza e all’Eucarestia i fedeli che si trovano in unione non legittima, i quali però verifichino due condizioni essenziali: desiderano cambiare situazione, però non possono attuare il loro desiderio» (o. c., p. 27). «È esattamente tale proposito l’elemento teologico che permette l’assoluzione e l’accesso all’Eucarestia» (o. c., p. 29). Tenuta presente in particolare la funzione medicinale dell’Eucaristia «rimedio e alimento per i deboli» (AL. n. 351).

Carlo Molari “Rocca” n. 6, pag. 50 15 marzo 2017

www.rocca.cittadella.org/rocca/s2magazine/index1.jsp?idPagina=57&id_newspaper=1&data=15032017

www.finesettimana.org/pmwiki/index.php?n=Stampa.HomePage?tipo=numaut421

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FERTILITÀ

Regolare la fertilità secondo natura

Iner Trentino propone un corso base per l’apprendimento del metodo sintotermico di regolazione naturale della fertilità rivolto a coppie di fidanzati e sposi e ad ogni donna\ragazza che vuole approfondire il significato di alcuni fenomeni che si verificano nel proprio ciclo mestruale ed acquisire più consapevolezza del suo essere donna. www.ineritalia.org/chi-siamo Il metodo naturale Si intende l’insieme delle conoscenze scientifiche che consentono alla coppia di apprendere e conoscere la propria fertilità. Approfondendo la conoscenza di sé, la coppia ha la possibilità di riscoprire il valore della fertilità e della sessualità.

Il corso si propone di far conoscere il metodo naturale di regolazione della fertilità del dott. Josef Roetzer, sia da un punto di vista delle motivazioni che della sua applicazione. È rivolto a coppie di fidanzati e sposi e ad ogni donna\ragazza che vuole approfondire il significato di alcuni fenomeni che si verificano nel proprio ciclo mestruale ed acquisire più consapevolezza del suo essere donna.

www.ineritalia.org/josef-roetzer/82-bibliografia-e-foto-del-dottore

Conoscenza che rende responsabili. Corso base per l’apprendimento del metodo sintotermico di regolazione naturale della fertilità. Seminario Maggiore, corso III Novembre 46 a Trento.

Sabato 1 aprile 2017

  • Fertilità maschile e femminile: basi biologiche.

  • Il metodo sintotermico: dalla tecnica allo stile di vita della coppia.

Domenica 2 aprile 2017

  • Il metodo sintotermico: dalla tecnica allo stile di vita della coppia.

  • Il ruolo maschile nella scelta del metodo naturale.

  • Metodi naturali: la bellezza dell’incontro sessuale.

  • Metodi naturali: ad amare si impara.

Per informazioni ed iscrizioni e-mail: iner.trento@alice.it

www.diocesitn.it/famiglia/2017/03/06/regolare-la-fertilita-secondo-natura

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Amoris Lætitia. La famiglia che accoglie

Roma 16 marzo 2017 ore 18,30 Chiesa SS. Stimmate di San Francesco (Largo Argentina),

L’incontro inizierà con la Santa Messa e proseguirà con le chiavi di lettura che ci saranno offerte da padre Ermes Maria Ronchi (biblista). Le conclusioni, come sempre, saranno affidate a don Fabio Rosini.

Giovedì 16 marzo alle ore 18,30 presso la Chiesa delle Stimmate (Largo Argentina) Padre Ermes Ronchi, noto scrittore che, lo scorso anno è stato chiamato da Papa Francesco a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano, ci offrirà una chiave di lettura nuova sull’Amoris Lætitia.

In particolare il suo intervento verterà su “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità” mettendo in risalto la bellezza e la ricchezza gratuita delle famiglie capaci di accogliere.

Le conclusioni saranno affidate al “padrone di casa”, il Rettore della Chiesa delle Stimmate, il celebre biblista don Fabio Rosini, autore di uno dei libri più venduti negli ultimi mesi “Solo l’amore crea”.

www.forumfamiglie.org/2017/03/13/amoris-laetitia-la-famiglia-che-accoglie

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GESTAZIONE PER ALTRI

La Gestazione per Altri (GPA), o maternità surrogata, è una barbarie.

Ci fa regredire ad una condizione di arretratezza dove la violenza regola la vita e l’interazione tra esseri umani. Il fatto stesso che poche e flebili voci si levino contro la GPA, è prova schiacciante del nostro imbarbarimento. Come docente di psicologia dello sviluppo, mi appare profondamente barbarico l’orientamento di una scienza che fa suo il principio mercantile quale prevalente (unico?) compasso etico nel quale tutti tendiamo a muoverci, agendo irriflessivamente e regressivamente. Come si muove, infatti, la psicologia di fronte alla GPA?

Da un lato, ribadendo che le madri surrogate non sembrano sviluppare particolari disturbi psichici dopo avere consegnato il bambino alla coppia ordinante. Come in questo studio, che mostra risultati di follow-up a 10 anni relativi alla salute mentale delle madri surrogate le quali presentano livelli di autostima, depressione e soddisfazione coniugale in linea con quelli della popolazione normale.

Dall’altro, accreditando normali traiettorie di sviluppo nei bambini nati da GPA. Come in questo studio longitudinale sullo sviluppo e sulla qualità del rapporto con la propria madre di bambini dalla nascita ai 7 anni di vita, confrontando tra loro tre diversi campioni: bambini nati da concepimento naturale, da maternità surrogata e da donazione di ovuli. Le valutazioni dei bambini e del loro rapporto con la madre ad 1, 2 e 3 anni indicano positive traiettorie di sviluppo in tutti e tre i gruppi, con livelli di calore e qualità dell’interazione percepita superiori nei casi di bambini nati da madri surrogate.

Poco importa che molti di questi studi abbiano importanti limiti metodologici, come ribadito in questo recente lavoro che li descrive nel dettaglio, sottolineando peraltro la mancanza di studi sullo sviluppo di bambini nati da madri surrogate e che crescono con padri gay. Né importa che lo studio longitudinale sui tre gruppi di bambini abbia mostrato come, nel follow-up a 7 anni, i dati non confermino il trend osservato precedentemente. In particolare, il dato più sorprendente riguarda la qualità dell’interazione madre-bambino, che in questo follow-up è stata videoregistrata e valutata da osservatori indipendenti (laddove, nelle valutazioni precedenti, il dato era riferito alla sola autovalutazione delle madri, e perciò meno oggettivo). Sorprendentemente, il livello di reciprocità nell’interazione madre-bambino – in altre parole la misura di elementi nucleari di una ottimale relazione di accudimento quali la responsività, la reciprocità e la cooperazione diadiche – è risultato essere significativamente maggiore nelle diadi con bambini nati da concepimento naturale tanto rispetto a quelli nati da madri surrogate quanto a quelli nati da donazione di ovuli. Commentando questo dato inatteso, gli stessi autori ipotizzano che “…la mancanza di differenze tra le famiglie formate da surrogazione in cui le madri non hanno partorito il loro bambino e le famiglie formate da donazione di ovuli in cui le madri hanno partorito il loro bambino, induce a ritenere che la mancanza del legame genetico, e non di quello gestazionale, potrebbe essere associata con quelle interazioni madre-bambino meno positive (…) l’assenza di una relazione genetica eserciterebbe un impatto maggiore sull’interazione meno positiva madre-bambino rispetto a fattori associati con la mancanza di un legame gestazionale” (traduzione mia). Pur non avendo ancora chiarito i motivi per i quali ciò accadrebbe, la scienza pare quindi confermare attraverso l’osservazione controllata e indipendente della qualità del rapporto tra una madre e il suo bambino ciò che ciascuno di noi sa istintivamente: la natura privilegiata e superiore del legame tra il bambino e la propria madre genetica rispetto a legami madre-bambino di natura diversa.

Ma questi e altri dati sembrano essere accolti al più come incidenti di percorso. L’importante è dimostrare che, nella GPA, i “criteri di produzione” non comportano lo sfruttamento dei lavoratori (le madri surrogate), e che il “prodotto” è buono e non si guasta con l’uso (il bambino).

In questo modo, è ancora possibile fare finta che l’elefante nella stanza non esista. Omettere sistematicamente qualcosa di enorme che la psicologia dello sviluppo ha dimostrato da quasi 50 anni. E cioè che esiste un legame straordinariamente complesso e tenace tra la madre gestante e il suo bambino che si forma durante i 9 mesi della gravidanza. E che questo legame è funzionale allo sviluppo del bambino: non è qualcosa di accidentale, ma ha un ruolo decisivo per la crescita.

Aprendo un qualsiasi manuale di psicologia dello sviluppo edito a partire dagli anni ’70, chiunque può apprendere facilmente che, a pochi giorni dal parto, il neonato riconosce e preferisce selettivamente la voce della madre rispetto a quella di altre madri; riconosce e preferisce l’odore del suo latte rispetto a quello di altre madri; attraverso la sua capacità di percezione trasmodale, riconosce e preferisce il “timbro” comportamentale della propria madre, un codice unico che il bambino solo conosce e che lo sintonizza con “quella” persona che lo allatta, gli parla, lo abbraccia, lo calma – “quel” ritmo e non altri, per quanto amorevoli e attenti possano essere. La teoria dell’attaccamento, d’altro canto, ci ha spiegato come ciascuno di noi nasca pre-programmato biologicamente a ricercare fin da subito una figura “adulta e saggia” in modo tale da ottenerne protezione e conforto nello stress, nella paura e nella difficoltà. Diverse persone – i caregivers, nel lessico della psicologia dello sviluppo – forniranno nel tempo questa base sicura. Ma in questa pluralità esiste una gerarchia, e la madre biologica ne costituisce il vertice. Proprio a motivo di quei 9 mesi, della preparazione alla vita che rappresentano attraverso l’acquisizione del codice di corrispondenza unico e irripetibile, e perciò non riproducibile nella relazione con altri caregivers.

Questi fenomeni riguardano ogni bambino ed ogni madre, nessuna esclusa. La psicologia dello sviluppo sa tutto questo. Ma tace. Perché il ruolo decisivo del legame biologico tra madre e bambino deve lasciare spazio e primato al ruolo delle “funzioni genitoriali” – tutti possiamo amare, ergo tutti possiamo essere genitori, ergo nessuno è più decisivo di nessun altro nella crescita di un bambino. I nostri tempi vogliono che nature sia sostituito da nurture (allevare). Così dev’essere, nel sonno del politicamente corretto e dell’affermazione del diritto di un adulto a vivere senza limiti, fossero anche quelli della propria biologia.

Per ciò che mi riguarda, è tempo di agire. Stay tuned (mantenere l’attenzione).

prof. Giampaolo Nicolais, professore associato di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso la Facoltà di Psicologia 1, Sapienza Università di Roma. 1 marzo 2017

https://giampaolonicolais.wordpress.com/2017/03/01/la-gestazione-per-altri-e-una-barbarie

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MAMMA DOMANI

Bonus donne incinte: le istruzioni per richiedere gli 800 euro

L’Inps ha pubblicato la circolare contenente la disciplina del premio “Mamma Domani” istituito dalla legge di bilancio 2017. Diventa operativo il c.d. bonus “Mamma domani” istituito dalla legge di bilancio 2017 a sostegno delle spese familiari legate all’arrivo di un nuovo figlio.

L’Inps, infatti, ha pubblicato la circolare n. 39/27 febbraio 2017 (allegata) contenente le istruzioni operative per fruire del premio di 800 euro per la nascita o l’adozione di un minore, a decorrere dal 1° gennaio di quest’anno.

Il premio, ricorda l’ente, non concorre alla formazione del reddito complessivo ex art. 8 Tuir ed è corrisposto dall’Inps in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del 7° mese di gravidanza o all’atto dell’adozione.

  • Chi ne ha diritto. Il premio alla nascita è riconosciuto, precisa l’Inps, a tutte le donne incinte o alle madri che siano in possesso dei seguenti requisiti:

  • Residenza in Italia;

  • Cittadinanza italiana o comunitaria;

  • Cittadinanza non comunitaria in possesso dello status di rifugiato politico e protezione sussidiaria ovvero del permesso di soggiorno Ue di lungo periodo o della carta di soggiorno per familiari di cittadini Ue.

Quando matura il premio. Il premio di 800 euro può essere concesso esclusivamente per uno dei seguenti eventi verificatisi a decorrere dall’1 gennaio 2017:

  • Compimento del 7° mese di gravidanza;

  • Parto, anche se antecedente all’inizio dell’8° mese di gravidanza;

  • Adozione del minore, nazionale o internazionale, disposta con sentenza divenuta definitiva ai sensi della legge n. 184/1983;

  • Affidamento preadottivo nazionale o internazionale.

Come è erogato il premio. Il beneficio è corrisposto dall’Inps in un’unica soluzione, per evento (gravidanza o parto, adozione o affidamento), indipendentemente dai figli nati o adottati/affidati contestualmente.

La domanda e i documenti da allegare. Il premio è corrisposto previa richiesta della madre avente diritto all’Inps. La domanda va presentata dopo il compimento del settimo mese di gravidanza, unitamente alla certificazione sanitaria rilasciato dal medico specialista attestante la data presunta del parto. Quando la domanda è presentata in relazione al parto, basterà l’autocertificazione della madre contenente la data del parto e le generalità del bambino.

Per i premi inerenti l’adozione o l’affidamento preadottivo, ai fini di semplificazione e riduzione dei tempi di definizione della domanda, occorre allegare alla stessa il provvedimento giudiziario (sentenza definitiva di adozione o provvedimento di affidamento). In mancanza, nella richiesta bisognerà indicare gli elementi (ad es. sezione del tribunale, data di deposito in cancelleria, numero, ecc.) che consentano all’ente previdenziale il reperimento del provvedimento stesso.

Per le domande presentate da cittadine non comunitarie, infine, occorrerà allegare copia del titolo di soggiorno, o in alternativa, indicare nella domanda gli elementi identificativi che consentano all’Inps la verifica del titolo stesso (tipologia, numero titolo, questura, ecc.), ferma restando la facoltà da parte dell’ente di richiederne successivamente copia alla madre.

Istruzioni per la presentazione delle domande. Le domande andranno presentate per via telematica all’Inps. Quanto alle istruzioni procedurali per le modalità di presentazione delle richieste e alle indicazioni contabili per i pagamenti, entrambe saranno fornite, precisa l’ente, con successivo messaggio, “nei tempi più rapidi possibili – e divulgate – nel modo più ampio, anche attraverso il proprio sito internet”.

In ogni caso, non ci sarà “alcun pregiudizio per le aventi diritto dal 1° gennaio 2017”.

www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=/Circolari/Circolare%20numero%2039%20del%2027-02-2017.htm&iIDDalPortale=&iIDLink=-1

Marina Crisafi – Studio Cataldi Newsletter Giuridica 06 marzo 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25296-bonus-donne-incinte-le-istr

uzioni-per-richiedere-gli-800-euro.asp

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OMOADOZIONE

Adozione estera riconosciuta ad una coppia di omosessuali italiani conviventi in U.K.

Tribunale per i Minorenni di Firenze, sezione adozioni, Decreto 8 marzo 2017

Una decisione del tribunale minorile di Firenze di indubbio interesse: un’adozione legittimante di un minore da parte di una coppia omosessuale trova riconoscimento in Italia con una lettura della nostra legge sull’adozione filtrata dalla necessaria applicazione del diritto convenzionale. Ancora una volta fa premio la tutela dell’interesse superiore del minore e il riconoscimento non trova ostacoli nella omosessualità degli adottanti.

Una decisione, questa del tribunale per i minorenni di Firenze, che si inserisce nell’evoluzione del diritto di famiglia che trova i propri punti di riferimento nel diritto convenzionale e questo anche ponendosi – ormai in modo sistematico – in contrasto con quanto dispongono le norme del diritto interno. Norme queste ultime che hanno gradatamente perso lo scudo dell’inderogabilità dato loro, fino a ieri, dall’essere espressione di principi di ordine pubblico, principi che oggi conoscono proprio nel diritto convenzionale i propri punti di riferimento come interpretati dalla Corte europea di Strasburgo.

Si tratta di un’evoluzione che ha il proprio punto di forza nella tutela data all’interesse superiore del minore che trova la propria attuazione nel diritto a una famiglia e nel diritto all’amore : si pensi al preambolo della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo dove gli Stati contraenti riconoscono che “il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, di amore e di comprensione” e il diritto all’amore dei genitori è, come scrive anche Cesare Massimo Bianca, un diritto fondamentale del minore. Ed è proprio su queste basi che la Corte di Strasburgo ha ripetutamente stabilito essere violazione dei diritti dell’uomo il non garantire la continuità transnazionale degli status familiari validamente e stabilmente costituiti all’estero, una garanzia sulla quale debbono poter contare specialmente i minori a tutela del loro superiore interesse.

Su questi presupposti hanno ricevuto ingresso in Italia provvedimenti stranieri che hanno dato veste giuridica all’inserimento di minori in àmbiti familiari con presupposti e modalità anche in totale contrasto con le norme del nostro diritto civile. Mi riferisco all’adozione del figlio del partner omosessuale di una coppia che ha contratto matrimonio come consentito dalla lex loci (App. Milano 16 ottobre 2015) o anche all’attribuzione dello status di figlio legittimo al bimbo di una coppia maschile omosessuale nato da uno dei partner con la tecnica della maternità surrogata o a quello che ha due madri, la partoriente e la donatrice dell’ovulo dato in fecondazione eterologa (rispettivamente, App. Trento 23 febbraio 2017 e Cass. 30 settembre 2016, n. 19599).

Nel caso di specie, il tribunale minorile con una motivazione molto articolata ed informata, ha voluto raccordare le norme sull’adozione pronunciata all’estero dettate dalla legge n. 184 del 1983 con l’applicazione del diritto convenzionale nell’ottica della necessaria contemplazione dell’interesse del minore: è stato così deciso che è possibile dare ingresso in Italia all’adozione di un minore, statuita da un giudice inglese, e ottenuta da una coppia omosessuale formata da due cittadini italiani residenti in Gran Bretagna da molti anni, legati da un rapporto stabile di convivenza senza peraltro conoscere il vincolo del matrimonio, consentito anche nel Regno Unito dal 2013.

Secondo il giudice minorile toscano ricorrono nel caso di specie tutti i presupposti per applicare l’art. 36, comma 4 , L. n. 184 per cui “l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani che dimostrino al momento della pronuncia di avervi soggiornato continuativamente e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia (omissis) purché conforme ai principi della Convenzione” e qui il riferimento è alla Convenzione dell’Aja sull’adozione internazionale del 1993.

Il giudice minorile rileva come la Convenzione si limita a stabilire che i futuri genitori adottivi siano stati qualificati “idonei per l’adozione” (art. 4) e che il rifiuto del riconoscimento di un’adozione pronunciata all’estero può avvenire “solo se l’adozione è manifestamente contraria all’ordine pubblico”: una regola questa della Convenzione che trova ulteriore specificazione in quanto dispongono, nel nostro ordinamento, gli artt. 64 ss. L. n. 218/1995 per cui nessun provvedimento straniero può essere riconosciuto se produce effetti “contrari all’ordine pubblico”.

Ora, soltanto qualche anno fa la Cassazione riteneva che principio di ordine pubblico reggente la disciplina dell’adozione legittimante trovasse il proprio punto di riferimento nella norma che attribuisce soltanto ai coniugi “uniti in matrimonio da almeno tre anni” la legittimazione ad adottare minori (Cass. n. 3572/2011). Ora, se il diritto convenzionale e gli sviluppi della legislazione nazionale fanno intendere che, per quanto la legittimità di queste norme limitative resti ferma, non possono essere ancora utilizzate come fonte di principi di ordine pubblico per impedire la circolazione in Italia di provvedimenti stranieri di adozione che consentano l’adozione anche a singoli o a coppie di conviventi o, ancora, a coppie omosessuali. Il diritto convenzionale esige soltanto una valutazione da parte del giudice straniero della idoneità all’adozione dei richiedenti e della rispondenza all’interesse del minore del suo inserimento nella famiglia adottiva.

L’art. 36 della legge sull’adozione, fa riferimento alle adozioni estere richieste da cittadini italiani: una formula questa che può ora essere riferita non soltanto a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, ma anche a coppie non coniugali sia eterosessuali sia omosessuali, poiché le convivenze anche omosessuali hanno trovato la loro dignità non soltanto nell’evoluzione del costume sociale ma anche in quanto la stessa Costituzione prevede là dove riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Sotto questo profilo, diventa decisivo avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, dell’interesse superiore del minore, che si sostanzia nel suo diritto all’identità e alla continuità dello status filiationis, validamente acquisito all’estero, senza che si possa ritenere che l’inserimento in una convivenza omosessuale sia necessariamente in contrasto con il suo interesse ad una graduale formazione armoniosa della sua personalità: lo ha ammesso la stessa Cassazione nell’affermare che ritenere il contrario è attenersi a un pregiudizio (Cass. n. 161/2013). Se è vero che le parti di un’unione civile non possono adottare, ma ben possono – come vuole la giurisprudenza – accedere all’adozione in casi particolari di cui all’art. 44, legge adozione, è anche vero che questa è una regola del nostro diritto che non può ostacolare il riconoscimento delle adozioni estere da parte di coppie omosessuali: infatti, non è possibile considerarla espressione di un principio di ordine pubblico, specialmente dopo l’entrata in vigore della legge sulle unioni civili che ha dato riconoscimento a rapporti familiari che fino a ieri venivano considerati espressione di disvalori da ignorare se non anche da reprimere.

Resta naturalmente da verificare, caso per caso, se l’inserimento in un determinato nucleo familiare sia conforme all’interesse del minore.

E’ questa una verifica che presuppone valutazioni talora anche molto delicate, mentre andrebbe esclusa – secondo il tribunale fiorentino – “qualsiasi valutazione discrezionale da parte dell’autorità giudiziaria italiana del best interest del minore che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria straniera”. Si tratta di un’affermazione che fa sorgere qualche dubbio se è vero che la tutela del superiore interesse del minore fa diventare principio di ordine pubblico ostativo del riconoscimento del provvedimento straniero la constatazione che “l’inserimento del minore nella famiglia si è manifestato contrario al suo interesse”: lo stabilisce l’art. 35, comma 6, lett. e), legge adozione, la cui applicazione non è certo impedita, su questo specifico punto, dalla circostanza che il citato art. 35 opera soltanto per le adozioni estere ottenute da cittadini italiani residenti in Italia, come precisa anche il giudice minorile fiorentino.

Tommaseo Ferruccio – già Professore ordinario di Diritto processuale civile nell’Università di Verona

Il quotidiano giuridico 10 marzo 2017

www.quotidianogiuridico.it/documents/2017/03/10/adozione-estera-riconosciuta-ad-una-coppia-di-omosessuali-italiani-conviventi-in-u-k

Testo del Decreto cliccare su Tribunale di Firenze, decreto 8 marzo 2017

 

Firenze. Strappo del tribunale: riconosciuta l’adozione a una coppia gay

La reazione di associazioni, giuristi, esperti: dimenticati i diritti dei bambini. Con una sentenza che sorprende, il Tribunale dei minori di Firenze ha riconosciuto l’adozione di bambini, avvenuta all’estero, da parte di una coppia di gay. Non era mai successo in Italia e molti già interpretano la sentenza come un segnale di apertura alla possibilità di adottare da parte di coppie omosessuali.

Il caso in questione riguarda due fratellini adottati da due uomini, cittadini italiani ma residenti nel Regno Unito. I giudici di Firenze hanno disposto la trascrizione anche in Italia dei provvedimenti emessi dalla Corte britannica: ai bambini vengono così riconosciuti lo status di figli e la cittadinanza italiana. Le reazioni

Scienza e Vita: Parlamento non più sovrano. “Il nostro Parlamento non è più sovrano nel disciplinare queste situazioni”. Lo ha detto il presidente dell’Associazione Scienza & Vita, Alberto Gambino, in un’intervista al Tg2000 di Tv2000, commentando la sentenza “E’ una decisione – ha aggiunto Gambino – che riguarda un altro ordinamento. In Inghilterra è consentito a due uomini di adottare un bambino. Questa decisione dimostra che in Italia viene ratificata una situazione presente in un altro ordinamento come se fosse il modello italiano. Questo significa che l’Italia sta abdicando ai propri valori democratici e sta immettendo nel proprio ordinamento culture e riferimenti che non sono interni al nostro ordine pubblico. Tant’è che i giudici dicono che ‘ormai l’ordine pubblico interno dello Stato italiano è una serie di interazioni tra tutta una serie di principi che sono un po’ di stampo europeo, di convenzioni internazionali e di principi di altri ordinamenti”.

Forum delle famiglie. “Un figlio, sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario, nasce sempre da una mamma”. Lo dice Gianluigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie riguardo la sentenza del Tribunale di Firenze che ha concesso l’adozione di minori all’estero a una coppia di uomini. “Con questa sentenza – continua- i veri sconfitti sono in primo luogo i bambini e con loro le donne. Una donna, una madre, al netto della sua visione politica o ideologica non può accettare una decisione del genere e starsene in silenzio. “Quale è l’elemento più fragile e bisognoso di cura di questa storia? Semplice: i due bambini. Noi siamo convinti che un bambino abbia bisogno di una mamma e di un papà. Vengono prima i desideri di due uomini ad avere dei figli o i diritti di due bambini ad avere una famiglia? Se iniziamo a dubitare anche su questo punto la situazione diventa grave perché non si tutela il più debole. La legge 184/1983 sull’adozione mette al centro il bambino e non l’adulto. Ma con questa sentenza un bambino da soggetto di diritti diventa oggetto di desideri altrui. Noi siamo convinti che sia lui il soggetto di diritti, ed è lui che deve essere primariamente tutelato”.

Antoine Renard, presidente Fafce: un piano per de-costruire la famiglia. “Come può un tribunale dichiarare che due uomini siano i padri di uno stesso bambino? Il Tribunale si è preso una libertà estremamente sorprendente e scioccante, che non trova episodi simili in altri Paesi europei”. Antoine Renard, presidente della Federazione europea delle Associazioni familiari cattoliche (Fafce) spiega così, al Sir, le sue “forti perplessità” sulla decisione del Tribunale per i minorenni di Firenze. La decisione appare “singolare” spiega Renard “in un Paese che riconosce la famiglia come società naturale”, come avviene in altri 15 Stati europei. “E questi bambini non avrebbero il diritto di avere una famiglia formata da una madre e un padre?”, osserva il presidente Fafce. “Niente obbliga uno Stato, in materia di famiglia, a riconoscere le leggi di un altro, ivi compreso all’interno dell’Ue. L’Italia, con la sua Costituzione e con le sue tradizioni, è un esempio per altri Paesi. Ma è chiaro che questa decisione faccia parte di un’azione molto più ampia in Italia e all’estero, di de-costruzione della famiglia, sotto il pretesto di un sedicente interesse superiore del bambino. In realtà siamo arrivati al diritto al bambino, annullando uno dei diritti più elementari, quello ad avere una madre e un padre”. Renard conclude: “Di fronte a queste sfide, di fronte alle sfide educative e alle sfide demografiche, non dobbiamo avere timore di guardare in faccia alla realtà e di proporre la famiglia come modello di ricostruzione sociale”.

Aibi. Calpestati i diritti dei bambini. “A questo punto non ci resta che abolire i Tribunali per i minorenni. A che cosa potranno mai servire delle istituzioni che non fanno altro che calpestare quei diritti dei bambini che sarebbero invece chiamate a tutelare? Prendiamo ad esempio quanto accaduto a Firenze – lo afferma Marco Griffini, presidente dell’Associazione amici dei bambini -. Si generano così, di fatto, due orfani di Stato. Due padri, infatti, non potranno mai sostituire la figura materna che per i due fratelli mancherà per sempre. Con la sua sentenza, quindi, il Tribunale di Firenze ha reso due bambini orfani di madre. Che dire? Complimenti davvero!” “Si tratta di un caso ben diverso dalla cosiddetta stepchild adoption, che consente a un minore di essere adottato dal partner del proprio genitore biologico. In questo caso, siamo invece di fronte a un’adozione legittimante a tutti gli effetti: i due fratellini, infatti, non hanno alcun legame di sangue con entrambi i neogenitori. Con la sentenza, i bambini hanno ottenuto lo status di figli della coppia e la cittadinanza italiana. Motivando la loro decisione, i giudici hanno spiegato che la Convenzione de L’Aja non pone limiti allo status dei genitori adottivi. Non sarebbero quindi esclusi né gay né single, purché gli aspiranti genitori adottivi siano qualificati e idonei all’adozione e la trascrizione non sia contraria all’ordine pubblico. Secondo i giudici di Firenze, nel caso in questione, si tratterebbe di “una vera e propria famiglia”. A rafforzare la motivazione della sentenza, inoltre, il Tribunale fiorentino cita anche il “superiore interesse del minore” che coinciderebbe, in questa situazione, con “il diritto di conservare lo status di figlio”. Il cui mancato riconoscimento influirebbe negativamente sull’identità personale dei minori”.

“Motivazioni che fanno acqua da tutte le parti. “Non bastano due padri per fare una madre, così come due mamme non fanno un padre – commenta ancora Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini, da sempre impegnata nella difesa dei diritti dei minori -. Nessun giudice può inventarsi o ribaltare la natura. Un figlio adottato – è un bambino che ha subito un abbandono, un trauma molto difficile da superare e con il quale dovrà fare i conti per sempre. Per quale ragione egoistica dovremmo mai privarlo della possibilità di crescere in una famiglia, con un padre e una madre? Quel bambino – spiega ancora il presidente di Aibi – crescerà con figure false: non può esistere una padre-femmina, un padre-mamma. Così si crea una confusione che non favorisce lo sviluppo, soprattutto se si tratta di un bambino abbandonato che potrebbe risentire di gravi problemi di identità, come dimostrano alcuni studi condotti all’estero”.

Gian Luigi Gigli: la fantasia al potere. “Come si invocava nel’68, ormai la fantasia è davvero al potere. Certamente essa è al vertice di quello giudiziario, con volontà di mettere le mani anche sul potere legislativo. In un colpo solo sono sovvertite le regole che riguardano l’adozione e quelle sulla cittadinanza. Non resta che fare gli auguri a questo nostro sfortunato paese nelle mani della giustizia creativa”. Lo afferma il deputato Gian Luigi Gigli, capogruppo di Democrazia Solidale – Centro Democratico in Commissione Affari Costituzionali alla Camera.

Generazione Famiglia: così si sfascia il diritto di famiglia italiano. “Dopo il Tribunale di Trento che ha benedetto l’utero in affitto sfruttato all’estero, quello di Firenze si inventa la compatibilità con l’ordinamento italiano di un’adozione gay avvenuta anch’essa all’estero: i giudici stanno sfasciando il Diritto di famiglia italiano con sentenze giacobine contro l’ordine costituzionale della nostra democrazia. Ci auguriamo che la sentenza di Firenze sia impugnata dal Pubblico Ministero come avvenuto a Trento, e che la Cassazione risolva tutti questi casi rispettando la Legge italiana e non quella di altri ordinamenti”, dichiara Filippo Savarese, portavoce di Generazione famiglia.

Gandolfini, Cdnf: sentenza creativa, i giudici rispettino l’ordinamento italiano sulle adozioni che prevede un padre e una madre. “Il Tribunale dei minori di Firenze oggi ha compiuto l’ennesimo stravolgimento dell’ordinamento italiano sulle adozioni. I giudici italiani sono sottoposti solo alla legge ma questa devono osservarla senza interpretazioni creative, in quanto depositaria delle volontà del popolo che, infatti, ha manifestato più volte la sua netta contrarietà alle adozioni per coppie dello stesso sesso”, lo afferma Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli (Cdnf), promotore del Family Day. “Non c’è alcun vuoto legislativo al riguardo, poiché il supremo interesse del minore che ha subito il dramma della perdita dei genitori è quello di ritrovare un padre è una madre, qualsiasi altra interpretazione va contro gli interessi del bambino. Per tutti questi motivi chiediamo che la decisione del Tribunale di Firenze sia impugnata dal PM e che la Cassazione si riunisca a Sezioni Unite per dare un orientamento univoco a tutti gli attori che fanno giurisprudenza sul territorio nazionale”, conclude Gandolfini.

Roccella: una legge per rafforzare il divieto alla maternità surrogata. “Ogni giorno ormai i tribunali trovano nuovi modi per legittimare l’adozione gay e l’utero in affitto”. Lo afferma Eugenia Roccella, parlamentare di Idea. “Dopo Trento, Firenze. Queste sentenze – sottolinea l’onorevole Eugenia Maria Roccella – sono il risultato di un compromesso al ribasso, sul comma 20 della legge sulle unioni civili: un cavallo di Troia che abbiamo denunciato più volte, per delegare tutto alla magistratura e far passare la genitorialità gay senza metterci la faccia. Oggi – conclude la parlamentare – l’unica soluzione che resta è il referendum per abrogare la legge sulle unioni civili, o una nuova legge per rafforzare il divieto di maternità surrogata, divieto che, grazie al comma 20, è regolarmente aggirato”.

Centro studi Rosario Livatino: una decisione ad alto tasso ideologico. “Per l’ennesima volta dei giudici, in questo caso il Tribunale per i minori di Firenze – “creano” la legge, ponendosi in contrasto con orientamenti consolidati da decenni. Da sempre l’adozione ha puntato a riproporre per il minore condizioni il più possibili simili a quelle di una famiglia fondata sul matrimonio, così come prevista dalla Costituzione”. È quanto osserva il Centro Studi Rosario Livatino, formato da magistrati, docenti universitari e avvocati, in una nota. “Decisioni come quella di Firenze – si scrive -, al di là della particolarità del caso specifico, contengono affermazioni dall’elevato tasso ideologico. Come quella secondo cui l’adozione da parte di due persone dello stesso sesso, pur ponendosi in contrasto con la legge interna, vedrebbe questa cedere rispetto al diritto privato internazionale: il tal modo però a cedere è la nostra Costituzione, nei passaggi fondamentali che riguardano la maternità e l’infanzia. O quello secondo cui il diritto è chiamato a tutelare gli affetti: in realtà tutela la persona nella sua interezza, non soltanto le sue emozioni, soprattutto quando danneggiano i minori. O infine quello secondo cui non vi sono certezze su ripercussioni negative per il minore dal crescere con due “genitori” dello stesso sesso: come se privare un bambino della madre corrisponda al suo superiore interesse. È quello che accade quanto il Parlamento abdica. Un anno fa aveva la possibilità di fare chiarezza in materia. Invece ha approvato la legge detta sulle unioni civili: queste sono le conseguenze”.

Redazione Internet Avvenire 9 marzo 2017

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/firenze-tribunale-riconosce-adozione-a-coppia-gay

 

Firenze, riconosciuta dal tribunale la prima adozione in Italia a due padri gay

Un altro passo avanti sulla strada dei pari diritti fra coppie etero e omosessuali. Il Tribunale dei minori di Firenze ha disposto la trascrizione anche in Italia dei provvedimenti emessi da una Corte britannica e ha così riconosciuto l’adozione di due bambini da parte di una coppia gay. E’ la prima volta che accade in Italia anche se una seconda coppia gay si è vista riconoscere sempre dal Tribunale dei minori di Firenze l’adozione di una bambina. La coppia, un italiano e un americano, vive a New York, dove ha adottato una bimba che ora ha due anni e nove mesi e alla quale viene riconosciuto lo status di figlia e la cittadinanza italiana.
Nel primo caso i fratellini sono stati adottati dai due uomini, cittadini italiani, nel Regno Unito, dove risiedono da anni: “Per la prima volta viene riconosciuta in Italia l’adozione di minori all’estero da parte di una coppia di uomini”, fa sapere Rete Lenford, l’Avvocatura per i diritti Lgbti a cui si sono rivolti i due papà.

Si tratta di una differenza sostanziale rispetto alla cosiddetta stepchild adoption (letteralmente ‘adozione del figliastro’), che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore. In questo caso, invece, si tratta di un’adozione a tutti gli effetti di due bambini che non avevano legami biologici con i padri che ora diventano, a tutti gli effetti, genitori.

Nella nota diffusa dalla Rete Lenford si legge: “La disposizione normativa prevede che l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino di avere soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia purché ‘conforme ai principi della Convezione’ (Convenzione dell’Aja 29 maggio 1993)”.

Si tratta di un’ipotesi che si differenzia dalla disciplina che riguarda l’adozione internazionale da parte di cittadini italiani che risiedono nel nostro Paese e da quella prevista dal diritto internazionale privato che “impone il riconoscimento automatico di provvedimenti stranieri che riguardano genitori adottivi stranieri e minori stranieri o non in stato di abbandono (art. 41 L. n.218/1995)”.

Il Tribunale di Firenze ha quindi proceduto alla verifica della conformità alla Convenzione dell’Aja della sentenza britannica con la quale era stata disposta l’adozione di due fratellini, “chiarendo che la Convenzione non pone limiti allo status dei genitori adottivi, ma richiede unicamente la verifica che i futuri genitori adottivi siano qualificati e idonei all’adozione, esame che nel caso di specie è stato puntualmente effettuato dalle autorità inglesi, riservando l’eventuale rifiuto all’ipotesi che il riconoscimento sia manifestamente contrario all’ordine pubblico”.

In merito all’ordine pubblico internazionale, il Tribunale di Firenze – si legge nel comunicato diffuso dalla Rete Lenford – “fa propri i principi espressi dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19599/2016 in un caso di trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita di un bambino nato da due donne in Spagna”, una cittadina spagnola e l’altra italiana, ritenendo che esso “non è enucleabile esclusivamente sulla base dell’assetto ordinamentale interno, ma è da intendersi come complesso di principi ricavabili dalla nostra Costituzione e dai Trattati Internazionale cui l’Italia ha aderito e che hanno ai sensi dell’art. 117 Costituzione lo stesso rango nel sistema delle fonti della costituzione”.

Nell’esaminare l’ulteriore parametro, rappresentato dall'”interesse superiore del minore”, il Tribunale fiorentino chiarisce che deve essere salvaguardato il diritto dei minori a conservare lo status di figlio, riconosciutogli da un atto validamente formato in un altro Paese dell’Unione Europea (preceduto da una lunga, complessa e approfondita procedura di verifica), e che il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente nel Regno Unito, determinerebbe una “incertezza giuridica” che influirebbe negativamente sulla definizione dell’identità personale dei minori.

Peraltro, aggiungono i giudici fiorentini, la sussistenza dei requisiti ex art. 36 comma 4, esclude una valutazione discrezionale da parte dell’autorità giudiziaria italiana. Non di meno si sottolinea come dalla documentazione prodotta sia emerso che “si tratta di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in piena regola che come tale va pienamente tutelato”.

L’avvocata Lollini ha espresso soddisfazione per il provvedimento così importante e ben motivato, dichiarando: “E’ innegabilmente una grande soddisfazione sotto l’aspetto personale e professionale, ma lo è ancora di più sotto l’aspetto umano. Prima di tutto per i due padri che hanno creduto fin dall’inizio nelle buone ragioni della loro richiesta, nonostante le difficoltà che avevamo loro prospettato; per i due bambini che si sentono a tutti gli effetti cittadini italiani e per l’insostituibile contributo giuridico dell’avvocato Roberto De Felice. Ogni provvedimento favorevole come questo è il risultato del paziente lavoro di studio di ciascuno di noi, avvocati di Rete Lenford o di Famiglie arcobaleno, del coraggio delle persone omosessuali che ci affidano le loro vicende più care e dell’impegno ermeneutico dei giudici”.

Felice anche la presidente di Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford, avvocata Maria Grazia Sangalli, per quella che definisce una tappa storica per il riconoscimento dei diritti delle famiglie arcobaleno: “L’elemento di transnazionalità di queste vicende familiari gioca un ruolo fondamentale; la giurisprudenza ha stabilito che l’ordine pubblico internazionale non frappone ostacoli al riconoscimento della continuità dei rapporti che si costituiscono all’estero, per realizzare il preminente interesse dei bambini. E’ ancora più evidente, a questo punto, l’inammissibile situazione di disuguaglianza in cui versano tutte quelle famiglie che non presentano questi tratti di transnazionalità, alle quali il legislatore nega in modo ideologico qualsiasi forma di riconoscimento e tutela”. (…)

La repubblica on line edizione di Firenze 9 marzo 2017

http://firenze.repubblica.it/cronaca/2017/03/09/news/firenze_riconosciuta_dal_tribunale_la_prima_adozione_in_italia_da_due_padri_gay-160135481/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

 

Pro-family: sentenza su adozioni gay aggira legge italiana

“Il Parlamento italiano non è più sovrano”. Così il giurista Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza e Vita, sulla sentenza del tribunale di Firenze che ha riconosciuto l’adozione di due bambini, precedentemente avvenuta in Gran Bretagna, da parte di una coppia omosessuale italiana che viveva all’estero. Sulla stella linea il presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli e promotore del Family Day, Massimo Gandolfini, che ribadisce: “Questo è l’ennesimo stravolgimento dell’ordinamento italiano sulle adozioni”.

Non era mai successo in Italia. Ieri, il Tribunale dei minori di Firenze ha riconosciuto l’adozione di due fratellini, avvenuta in Gran Bretagna, da parte di una coppia omosessuale, due uomini, di nazionalità italiana vissuti all’estero. I piccoli, dunque, ora sono italiani ed hanno due papà.

Il prof. Alberto Gambino presidente di Scienza e Vita: Nel momento in cui due italiani, nel caso specifico sono due uomini, risiedono all’estero per un paio d’anni e in base a quella legislazione, adottano un bambino e poi ritornano in Italia chiedendo il riconoscimento, questo è un modo per non fare applicare la legge italiana, ma surrettiziamente rientrare chiedendo una ratifica di una legge, di un Paese estero. Ora, i giudici in questo caso hanno fatto una valutazione ritenendo che nei principi dell’ordinamento italiano questo sia ammissibile. Non lo è perché in realtà la legge sull’adozione italiana è molto chiara: dice che si può adottare solo se si è una coppia sposata, maschio-femmina, da almeno tre anni.

D. – Da più parti si sottolinea che questa decisione ha in un certo qual modo l’appoggio della Costituzione italiana e della convenzione dell’Aja, ratificata dall’Italia, sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozioni internazionali.

R. – Bisogna fare attenzione perché questa interpretazione fa leva su un interesse formalistico del minore. Cioè, si ritiene che poiché il minore ha dei genitori che formalmente sono quelli dello Stato estero, due genitori maschi, il suo interesse è mantenere questo status. Ma lo status qui è un fatto formale e giuridico, non è sostanziale. Invece la nostra Costituzione valuta le situazioni da un punto di vista sostanziale. Quindi ritiene che in base ad alcuni diritti inviolabili della persona, soprattutto i minori e le persone più fragili, debbano avere in base agli articoli 29, 30, 31 della Carta costituzionale una doppia figura genitoriale, legata il più possibile rispetto a quello che la natura fa e quindi un uomo ed una donna.

D. – Come Scienza e Vita ribadite: “Il nostro Parlamento così non è più sovrano”.

R. – Non è più sovrano perché recentemente c’è stata una legge sulle unioni civili che ha espressamente escluso che ci possa essere adozione per coppie omosessuali. In quel caso era l’adozione del figlio del convivente, quindi addirittura una vicenda più tenue rispetto all’adozione piena. Nel momento in cui i magistrati fanno rientrare dalla finestra delle norme espunte dall’ordinamento italiano, anzi delle norme molto chiare, come la legge sull’adozione che esclude radicalmente un’adozione da parte delle coppie omosessuali, siamo davanti a un giudice che si fa legislatore.

D. – Ma in punto di diritto ormai la decisione è presa?

R. – Sì. Comunque è una decisione di un tribunale, quindi poi vedremo cosa accadrà nei gradi successivi di giudizio e vedremo soprattutto se i giudici di legittimità – penso alla Cassazione a sezioni unite – un giorno valuteranno e ristabiliranno la cogenza di una legge che è molto chiara perché prevede, ripeto, solo l’adozione da parte di coppie spossate di sesso diverso. Direi che a questo punto sia auspicabile che il legislatore, il Parlamento italiano, la classe politica, reagiscano davanti a queste esuberanze della magistratura, perché altrimenti è come se avessimo un legislatore commissariato.

D. – Molti fautori delle “adozioni omosessuali” sostengono che è urgente una legge in materia”.

R. – E’ corretto spingere per una legge e non per le decisioni della giurisprudenza. La legge è fatta di maggioranze, di quello che pensano i cittadini attraverso i loro rappresentanti, quindi è tutto da vedere se poi si arriva a una maggioranza parlamentare che consenta anche in Italia – dalla porta, a questo punto, non più dalla finestra – di definire una legge che consenta le adozioni gay. 

“Siamo in presenza di giurisprudenza creativa, che non fa l’interesse del bambino”, ribadisce il presidente del “Comitato Difendiamo i Nostri Figli”, Massimo Gandolfini: Noi ci sentiamo interpellati perché è nell’ossatura del nostro comitato difendere i nostri figli, i bambini. Questo caso è un altro brutto esempio di quella che continuiamo a chiamare “giurisprudenza creativa” in cui un tribunale si permette, di fatto, di sentenziare, senza tenere conto di com’è il diritto positivo in Italia e sinceramente anche senza tenere conto di alcune dichiarazioni fatte del Consiglio d’Europa e dall’Onu in cui si dichiara l’importanza dei ruoli di padre e di madre, maschio e femmina.

D. – Molti ribadiscono: “Adesso si aprirà la strada del turismo per adozioni”.

R. – Il rischio c’è per una serie di ragioni, perché la legge che norma le adozioni in Italia è una legge che è fatta di tanti passaggi per cui è particolarmente difficile e onerosa – lo dico anche per esperienza personale -; ci vuole tanta determinazione per arrivare fino in fondo al percorso che porta alla dichiarazione di idoneità all’adozione. Quindi probabilmente si incrementeranno delle strade più semplici come quelle di potere andare all’estero, e adottare lì perché ci sono legislazioni meno complesse rispetto alla nostra, avendo poi la pressoché garanzia di rientrare in Italia e vedere tutto riconosciuto.

D. – In Italia è vietata – lo ricordiamo – l’adozione a coppie omosessuali.

R. – L’ambiente più vantaggioso per un bambino, per la sua crescita, per il suo sviluppo e per la sua evoluzione è che abbia un rapporto stretto, affettivo, ma anche corporeo, direi biologico, con un papà ed una mamma, quindi con un uomo e con una donna. Questo è il fondamento della nostra legge che, oltre tutto, prende in considerazione soprattutto il benessere del bambino, ovvero il diritto del bambino di avere un padre ed una madre. Ogni altra forma di adozione di tipo omosessuale per quanto ne sappiamo oggi, non rappresenta l’ambiente più vantaggioso per la crescita di un figlio. A questo punto se quello va garantito è il primario diritto del bambino ad aver un padre ed una madre, bisogna garantirgli l’ambiente più vantaggioso che è rappresentato da un uomo e da una donna.

D. – Come “Comitato difendiamo i nostri figli”, cosa farete?

R. – Da una parte pressing sulla Procura della Repubblica perché impugni questa sentenza, ma poi anche una grossa pressione sulla Corte di Cassazione la quale, a sezioni riunite, speriamo dia una parola finalmente chiarificatrice per il comportamenti di tutti i tribunali locali.

Massimiliano Menichetti Notiziario Radio vaticana -10 marzo 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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OMOFILIA

Aspetti statistici dell’orientamento omosessuale.

Le persone che convivono con un orientamento omosessuale rappresentano una percentuale molto ridotta della popolazione. Secondo uno studio realizzato negli Stati Uniti nel settembre del 2011, le “coppie” composte da persone dello stesso sesso rappresentano lo 0,55% dei nuclei americani. Nel 2010 c’erano 650.000 nuclei composti da persone dello stesso sesso di cui 132.000 “sposati” e questo rappresenta una percentuale molto ridotta rispetto alla popolazione americana e a partire dalla quale non sarebbe logico e coerente ripensare la coppia, il matrimonio e la filiazione al di fuori della relazione composta da un uomo e da una donna, i soli a formare una coppia.

Secondo uno studio realizzato in Francia nel 1992, il 4,1% degli uomini e il 2,6% delle donne hanno dichiarato di aver avuto, almeno una volta nella vita, un’esperienza omosessuale. Al momento dell’ultimo sondaggio pubblicato nel 2008, si nota che in totale il 4%% delle donne e il 4,1% degli uomini tra i 18 1 i 39 anni dichiarano di aver sperimentato pratiche sessuali con un partner dello steso sesso (cfr. La sexualité en France, Rapport de Bajos Nathalie et Bozon Michel, Inserm). Se si tolgono da queste percentuali le esplorazioni adolescenziali, le pratiche di reazione e di sfida e il bisogno di rispondere alle pressioni di una moda, il numero delle persone definite “omosessuali” si riduce in maniera considerevole. Gli statistici dello studio sopra citato hanno registrato che, nell’anno di riferimento, l’1,1% degli uomini e lo 0,3% delle donne hanno avuto contatti sessuali con una persona dello stesso sesso.

Se questa è la realtà, vi è quindi uno sfasamento importante tra la rappresentazione sociale e la pratica reale dell’omosessualità nella società. L’invasione e la manipolazione delle immagini da parte dei media, l’ascendente degli interventi dei militanti e gli effetti della moda che si diffondono nella società a di omosessuali quando questo è in realtà esiguo causa dell’alterazione del significato della differenza sessuale danno l’impressione di un numero importante. In compenso constatiamo come gli interventi dei militanti possano destabilizzare personalità immature (giovani e adulte), che vengono incitate a rimanere o a ritornare a identificazioni primarie e a far regredire il processo di elaborazione delle pulsioni parziali. (Tony Anatrella)

Gilberto Gobbi 5 marzo 2017

http://silvanademaricommunity.it/aspetti-statistici-dellorientamento-omosessuale

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ONLUS – NON PROFIT

Guida alla Dichiarazione dei Redditi degli enti non profit 2017

Si avvicina il periodo delle dichiarazioni dei redditi e anche numerosi enti non profit saranno chiamati a compilare il Modello Redditi ENC (ex Modello Unico ENC).

ConfiniOnline, struttura da sempre attenta alle esigenze e alla crescita professionale delle organizzazioni non profit, ha quindi deciso di realizzare una Guida alla Dichiarazione dei Redditi per gli enti non profit aggiornata con tutte le novità per il 2017.

Un documento gratuito, estremamente agile, destinato anche ai non addetti ai lavori, che approfondisce diversi aspetti legati alla Dichiarazione dei redditi degli enti non commerciali, tra i quali:

  • Le tipologie di enti non profit che quest’anno saranno obbligati a presentare il Modello Redditi ENC (ex Modello Unico ENC);

  • I casi di esonero per “il carattere meramente occasionale delle attività commerciali” attraverso l’analisi di esempi concreti;

  • Le novità introdotte nel Modello Redditi ENC (ex Modello Unico ENC) per il 2017;

  • Le agevolazioni fiscali applicabili agli enti non profit;

  • Lo scadenziario degli adempimenti 2017.

Per ricevere gratuitamente la Guida realizzata dagli esperti fiscali di ConfiniOnline, è sufficiente registrarsi attraverso il link e scaricare gratuitamente la guida entro il 19 marzo pv.

www.confinionline.it/it/principale/Informazione/news.aspx?prog=63031

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PARLAMENTO

Camera dei Deputati.

1° Commissione Affari costituzionali

C. 1658B Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.

Presentata il 4 ottobre 2013, approvata dalla Camera il 26 ottobre 2016 e modificata dal Senato il 1 marzo 2017

Testo

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0050070&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=1658-B-e-sede=-e-tipo=

8 marzo 2017 in sede consultiva iniziato l’esame

pag. 157

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=03&giorno=08&view=&commissione=01&pagina=data.20170308.com01.bollettino.sede00010.tit00030#data.20170308.com01.bollettino.sede00010.tit00030

2° Commissione Giustizia

7 marzo 2017 approvato il documento finale dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido. (Testo ancora non disponibile)

pag. 26

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=03&giorno=07&view=filtered&commissione=02&pagina=#data.20170307.com02.bollettino.sede00030.tit00010

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PASTORALE FAMILIARE

Faenza. Dal Centro per le Famiglie nuove proposte

  • Un nonno per amico 14 marzo ore 15.00

  • Dare una mano a un bambino e alla sua famiglia: incontri sull’affidamento familiare dal 21 marzo ore 20.30

  • Dall’Associazione La Casa dei Sogni, un viaggio nel mondo dell’adozione in modo ironico e fuori dagli schemi insieme con la giornalista e autrice Paola Strocchio. Presentazione del libro Stupidario sull’adozione 24 marzo alle ore 20.45

Cliccare sui titoli www.pastoralefamiliarefaenza.it/wp/?p=4928

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SESSUOLOGIA

L’ideologia di genere danneggia i bambini.

La sessualità umana è una caratteristica binaria, biologica e oggettiva. I geni “XY” e “XX” sono rispettivamente marcatori genetici di maschio e femmina; non marcatori genetici di un disturbo. La norma per il disegno umano è l’essere concepito sia maschio sia femmina. La sessualità umana è binaria per disegno, ed è ovviamente finalizzata alla riproduzione e allo sviluppo della nostra specie. Questo principio è evidente. I rarissimi disordini nello sviluppo sessuale (DSD) sono sempre deviazioni, medicalmente identificabili, dalla normale sessualità binaria, e sono giustamente riconosciuti come disturbi del disegno umano. Gli individui con DSD non costituiscono un terzo sesso.

Nessuno nasce con un genere. Ognuno nasce con un sesso biologico. Il genere (cioè, la consapevolezza di sé come maschio o femmina) è un concetto sociologico e psicologico; non un fatto biologico oggettivo. Nessuno nasce con la consapevolezza di se stesso come maschio o femmina. Questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e, come tutti i processi di sviluppo, può essere deragliato dalle percezioni soggettive della persona, dalle relazioni e dalle esperienze negative, dalla prima infanzia in avanti. Le persone che dicono di “sentirsi del sesso opposto” o “nella via di mezzo” non costituiscono un terzo sesso. Biologicamente rimangono sempre uomini o donne.

La convinzione di essere qualcosa che non si è, nella miglior delle ipotesi, indica un pensiero alquanto confuso. Quando un ragazzo biologico perfettamente sano pensa di essere una ragazza, o una ragazza biologica perfettamente sana pensa di essere un ragazzo, vi è un problema psicologico oggettivo, che risiede nella mente e non nel corpo, e come tale andrebbe trattato. Questi ragazzi soffrono di Gender dysphoria (GD), in precedenza indicata come Gender Identity Disorder (GID), un disturbo mentale riconosciuto nella più recente edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psychiatric Association (DSM-V).

La pubertà non è una malattia. Gli ormoni che la bloccano possono essere molto pericolosi. Reversibile o meno, il trattamento con ormoni per bloccare la pubertà produce uno stato di malattia – appunto, l’assenza di pubertà – e inibisce la crescita e la fertilità in un adolescente prima perfettamente sano.

Secondo il DSM-V, il 98% dei ragazzi e l’88% delle ragazze con confusione di genere finiscono per accettare il proprio sesso biologico dopo aver superato naturalmente la pubertà.

Gli adolescenti che fanno uso di ormoni per bloccare la pubertà al fine di impersonare il sesso opposto avranno poi bisogno di ormoni cross-sessuali nella tarda adolescenza. L’uso di tali ormoni (testosterone ed estrogeni) comporta gravi rischi per la salute, come ipertensione, coaguli, ictus, tumori ecc.

I tassi di suicidio sono venti volte superiori tra gli adulti che fanno uso di ormoni cross-sessuali, o si sottomettono a chirurgia per cambiare sesso. Quale persona, compassionevole e ragionevole, condannerebbe gli adolescenti a questo tragico destino, pur sapendo che l’88% delle ragazze e il 98% dei ragazzi finiranno per accettare la realtà biologica, raggiungendo così l’equilibro di salute fisica e mentale?

Condizionare i bambini, facendo loro credere che una vita intera di manipolazioni chimiche e chirurgiche per riuscire a impersonare il sesso opposto è normale e sano costituisce un abuso sui minori. Appoggiare una discordanza di genere come normale nella pubblica istruzione e nel campo politico provocherà solo confusione sia nei ragazzi che nei genitori. Portarli nelle “cliniche di genere” per subire trattamenti ormonali per bloccarne la pubertà costituisce un sopruso. Questo li indurrà a condurre un’intera vita fatta di uso di sostanze cancerogene e di chirurgie che mutileranno i loro corpi.

Michelle A. Cretella, M.D. President of the American College of Pediatricians

Quentin Van Meter, M.D. VicePresident American College Pediatricians Pediatric Endocrinologist

Paul McHugh, M.D. University Distinguished Service Professor of Psychiatry at Johns Hopkins Medical School and the former psychiatrist in chief at Johns Hopkins Hospital.

http://silvanademaricommunity.it/documentazione-medica

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VIRI PROBATI

Papa Francesco: “Riflettiamo sulla possibilità di ordinare sacerdoti gli uomini sposati”

In un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit: “La scarsità di vocazioni è un problema da affrontare, ma la soluzione non è abolire il celibato obbligatorio”.

Occorre riflettere sui ‘viri probati’, uomini sposati di provata fede a cui affidare alcune funzioni sacerdotali così da affrontare la scarsità di vocazioni che colpisce alcune zone del mondo. Tuttavia, la riflessione deve partire dal presupposto che il celibato obbligatorio non va abolito.

Così Papa Francesco, in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit, interviene sull’annoso tema della scarsità di preti nel mondo, confidando che la riflessione sui ‘viri probati’ deve esserci, per arrivare a stabilire “quali compiti possano assumere, ad esempio in comunità isolate”. Perché la Chiesa deve sempre “riconoscere il momento giusto nel quale lo Spirito chiede qualcosa”.

Il problema è enorme e la Chiesa ne dibatte da tempo. Finora, tutte le proposte di abolizione del celibato obbligatorio sono state respinte. E anche se nelle chiese ortodosse orientali e bizantine il celibato si applica soltanto ai vescovi, Papa Francesco, almeno per ora, non sembra ritenere che la sua abolizione sia la soluzione: “Il Signore ci ha detto: ‘Pregate’ – ha spiegato -. È questo che manca, la preghiera. E manca il lavoro con i giovani che cercano orientamento”. Un lavoro ‘difficile’, ma ‘necessario’, perché “i giovani lo chiedono”.

In ogni caso, pur senza intaccare il celibato, non si può escludere che in futuro la Chiesa non trovi proprio nei ‘viri probati’ la soluzione al problema del numero delle vocazioni. I ‘viri probati’, infatti, sarebbero scelti per guidare piccole comunità cristiane generalmente in zone disperse o poco accessibili. A loro sarebbe affidato un ruolo simile a quello del prete. Quali saranno esattamente le loro funzioni è tuttavia tutto ancora da decidere e da discutere. Fino a dove, cioè, potranno svolgere i compiti propri del sacerdote resta a oggi ancora da definire.

Due anni fa fu il vescovo di origine austriaca Erwin Kraütler, attualmente responsabile della prelatura di Xingu, la più estesa del Brasile, a chiedere al Papa di esaminare la questione dei ‘viri probati’. Kraütler rilasciò poi un’intervista al Salzburger Nachrichten, in cui lamentava la difficoltà di recare assistenza spirituale in un territorio sconfinato di 700mila fedeli e 800 comunità con soli 27 sacerdoti. Qui le comunità religiose possono celebrare l’eucaristia solamente due o tre volte l’anno e amministrare i sacramenti fondamentali del cammino cristiano solo in occasione delle rare visite dei preti.

Più di dieci anni fa, il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo e allora prefetto della Congregazione del clero, aveva portato avanti la discussione sui ‘viri probati’, ma con scarsi risultati. E nel 2006 aveva anche dichiarato a un giornale brasiliano che “il celibato è una disciplina, non un dogma della Chiesa”. E ancora: “Sappiamo per certo che molti degli apostoli erano sposati. La chiesa moderna deve tener conto di questo aspetto se vorrà essere al passo con la storia”.

Oggi Hummes è uno dei cardinali più vicini a Bergoglio, ma è difficile dire se l’amicizia fra i due possa portare presto a una svolta. Entrambi conoscono bene la situazione delle diocesi e comunità più lontane e più di una volta Papa Francesco ha citato come lodevole quanto accade in Messico. Qui più di 300 diaconi collaborano nelle pratiche di assistenza spirituale, con l’unico vincolo di non poter celebrare la messa la domenica con i fedeli. Sono diaconi sposati, che hanno già ricevuto una prima consacrazione e che essere chiamati al sacerdozio attraverso una sorta di ‘aggiornamento’ della consacrazione.

Paolo Rodari La repubblica on line 10 marzo 2017

www.repubblica.it/vaticano/2017/03/10/news/francesco_riflettiamo_sulla_possibilita_di_ordinare_sacerdoti_uomini_sposati-160227473/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1

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