UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 637 – 19 febbraio 2017
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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02 ABBANDONO DEL CONIUGE La rilevanza penale dell’abbandono del coniuge.
02 ADDEBITO Diritti indisponibili e domanda congiunta d’addebito (separazione)
02 AFFIDO CONDIVISO Scuola privata anche se padre dissente.
Cos’è l’affido condiviso dei figli con alternanza dei genitori?
04 AMORIS LÆTITIA Il card. Coccopalmerio spiega l’8°capitolo di “Amoris Lætitia”.
Pentimento e desiderio del bene.
“Sacramenti ai risposati, se vogliono cambiare ma non possono”.
Cardinale Coccopalmerio. «Amoris Lætitia, dottrina rispettata».
Amoris Lætitia, Coccopalmerio e la via domenicana.
Amoris Lætitia e le “vie domenicane”.
09 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 5/2017, 8 febbraio 2017.
11 CHIESA CATTOLICA Bilanci diocesani in chiaro: finora è chiaro solo che non ci sono.
12 COMM. ADOZIONI INTERNAZION. Adozione internazionale nel caos. Interpellanza.
14 CONSULTORI FAMILIARI Torino. Punto familia. Incontri coi fidanzati. Laboratorio x separati.
15 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Alessandria. La festa degli innamorati.
Mantova, on line Etica, salute e famiglia – febbraio 2017.
Padova. Il potere della lettura.
17 CONVIVENZE DI FATTO La dichiarazione anagrafica non ha valore costitutivo.
18 DALLA NAVATA VII Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 19 febbraio 2017
Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).
19 GRUPPI DI PAROLA per figli di separati 6-11 anni, in partenza a marzo 2017-Milano.
20 MATERNITÀ Congedo obbligatorio di maternità 2017.
20 OMOADOZIONE È soprattutto il punto di vista dei figli ad essere sottovalutato.
Ancora equivoci, smarrimenti e nuove forzature.
22 PARLAMENTO Camera Co Giustizia Indagini su disposizioni per adozioni e affido.
Senato 2 Co Giustizia Disposizioni sul cognome dei figli.
23 SEPARAZIONE E DIVORZIO La moglie ha diritto di sapere quanto guadagna l’ex marito.
I fratelli vanno a vivere insieme oppure vengono divisi?
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ABBANDONO DEL CONIUGE
La rilevanza penale dell’abbandono del coniuge
L’abbandono del domicilio da parte di uno dei coniugi, quando sia lasciato solo l’altro, anziano, invalido o comunque non autosufficiente, può integrare il reato di cui all’art. 591 c.p. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza, infatti, l’abbandono di incapace è configurabile anche quando l’assenza sia durata per un periodo di tempo limitato, se da ciò deriva un pericolo anche solo potenziale per il soggetto non in grado di provvedere a sé stesso, e sottoposto alla cura e alla custodia del coniuge che, allontanandosi, lo lascia solo. Così, ad esempio, la Corte di Cassazione ha ritenuto di confermare la condanna inflitta nei primi due gradi di giudizio alla moglie che, partita per la villeggiatura estiva, aveva lasciato a casa da solo il marito anziano e bisognoso di cure, ritenendo provato l’abbandono in stato di incapacità di provvedere ai propri bisogni di quest’ultimo a fronte delle pessime condizione igieniche personali ed ambientali in cui era stato ritrovato (cfr. Cass. Pen. n. 31905/2009).
L’abbandono del domicilio domestico, al di là dell’eventuale condizione di incapacità del coniuge derelitto, potrebbe rilevare anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 570 c.p. In tal caso, affinché la condotta dell’abbandono della casa coniugale risulti sussumibile nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, è necessario che l’ingiustificato allontanamento, connotato da disvalore etico e sociale, sia posto in essere per un lasso di tempo rilevante al precipuo fine di sottrarsi scientemente e volontariamente agli obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge abbandonato (cfr. Cass. Pen. n. 12310/2012).
In applicazione del predetto principio, invero, è stata condannata una donna che, all’atto di partire con la figlia per una vacanza in una località ove il marito l’avrebbe raggiunta in un secondo momento, ne aveva completamente trasformato il senso lasciando al coniuge una lettera con la quale lo informava dell’intenzione di iniziare una nuova vita con un altro uomo. Alla stregua tenore della lettera e del contegno immediatamente successivo della moglie, infatti, per i giudici di legittimità che hanno riconosciuto la responsabilità agli effetti civili dell’art. 570 c. 1 c.p., “non possono nutrirsi dubbi sulla sua volontà di abbandonare in modo improvviso e definitivo il domicilio domestico trattenendo per di più con sé la bambina, con evidente lesione dei doveri coniugali” (Cass. Pen. n. 14981/2009).
Laura Bazzan news letter studio Cataldi 13 febbraio 2017
www.studiocataldi.it/articoli/25077-quando-abbandonare-il-marito-e-reato.asp
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ADDEBITO
Diritti indisponibili e domanda congiunta di addebito della separazione
Tribunale di Mantova, prima Sezione, sentenza 10 gennaio 2017.
La richiesta, benché congiunta, di pronuncia di addebito della separazione a uno dei coniugi non è vincolante per il Collegio trattandosi di questione concernente diritti indisponibili e, se pure la parte può ammettere i fatti materiali che giustificherebbero una pronuncia di addebito, spetta unicamente al giudicante valutare se sussistano i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art. 151, comma 2, c.c.
Mauro Pietro Bernardi Sentenza www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16723.pdf
Il Caso.it, n. 16723, 15 febbraio 2017 http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/16723/FamigliaMinori
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AFFIDO CONDIVISO
Scuola privata anche se padre dissente
Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 4060, 15 febbraio 2017
Non è configurabile a carico del coniuge affidatario del figlio, alcun obbligo di informazione e concertazione preventiva con l’altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, costituendo decisione di “maggiore interesse” per il figlio medesimo. Sussiste, dunque, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso.
E’ questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione, respingendo le ragioni di un padre, avverso la pronuncia con cui la Corte territoriale aveva avallato la decisione unilaterale della madre di iscrivere la figlia minore presso un oneroso Istituto scolastico privato anzi che pubblico, con conseguente addebito a suo carico (pur se dissenziente) di metà della retta.
E’ indubbio – spiegano i giudici supremi – che la legislazione privilegi sempre l’accordo dei coniugi circa le scelte educative dei figli. Nondimeno, quanto il rapporto tra i due non consente il raggiungimento dell’intesa, occorre in ogni caso assicurare la miglior tutela dell’interesse del minore.
Interesse del minore. Prevale su dissenso. Sicché l’opposizione di un genitore non può paralizzare l’adozione di un’iniziativa che riguardi il minore, soprattutto se ritenuta di grande interesse. E neppure è necessario ritrovare l’intesa prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete comunque al giudice, se richiesto, verificare che la scelta adottata corrisponda effettivamente all’interesse del bambino.
Orbene nel caso di specie –proseguono gli ermellini – la Corte territoriale ed ancor prima il Tribunale dei minori, hanno ritenuto opportuno, secondo scelta qui insindacabile, evitare il trauma che alla minore, avente non poche difficoltà, sarebbe potuto derivare dallo spostamento alla scuola pubblica (dopo aver frequentato i primi anni di scuola privata).
Affido condiviso privilegiato Salvo accordo contrario. La Corte ha parimenti respinto l’ulteriore contestazione del padre avverso la sostituzione del regime di affido alternato con quello condiviso, con collocazione prevalente presso la madre; ciò sulla base delle dichiarazioni rese dalla minore.
[Dopo aver ascoltato le ragioni della minore adolescente, è legittima la decisione del giudice che tramuti l’affido da «alternato» in «condiviso», con collocamento prevalente presso la madre, regolamentando il regime di visite del padre, aggiungendo che «non ci sono dubbi che modificare continuamente la propria casa di abitazione può avere un effetto destabilizzante.]
Orbene – conclude la Corte l’affidamento alternato è attualmente considerato soluzione educativa ad applicazione limitata (l’ordinamento italiano privilegia difatti l’affido condiviso) che può eventualmente dare buoni risultati solo quando – e non è questo il caso di specie – sussiste l’accordo dei genitori e del figlio circa l’adozione di detta soluzione.
Eleonora Mattioli Edotto 16 febbraio 2017
www.edotto.com/articolo/scuola-privata-anche-se-padre-dissente?newsletter_id=58a58889fdb94d097036b9a2&utm_campaign=PostDelPomeriggio-16%2f02%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=scuola-privata-anche-se-padre-dissente&guid=13446441-c91d-453c-889f-c749d8b9fc6d
Cos’è l’affido condiviso dei figli con alternanza dei genitori?
Tribunale Minori Trieste, sentenza del 29 febbraio 2012
Tribunale Varese, sentenza n. 158 del 24 gennaio 2013.
Con il termine «collocamento invariato» o «affido condiviso dei figli con alternanza dei genitori» si intende l’accordo tra coniugi separati con cui si dispone che i figli rimangano sempre nello stesso ambiente domestico, quello in cui sono cresciuti, mentre a cambiare casa sono periodicamente i genitori.
Siamo abituati a un modello di separazione con collocamento prevalente dei figli presso uno solo dei genitori: ove quest’ultimo vive i figli fissano anche la propria residenza, mentre l’altro genitore – quello non collocatario – si limita ad esercitare settimanalmente il proprio diritto di visita, con possibilità, in occasione delle festività annuali, di tenerli presso di sé secondo alternanze – prestabilite anticipatamente – con l’ex. Accanto però a questo sistema si sta diffondendo anche il cosiddetto «collocamento invariato» (anche detto «affido condiviso dei figli con alternanza dei genitori»). Con tale termine si intende l’accordo – fissato dai genitori con il verbale di separazione consensuale – con cui questi stabiliscono che i figli vivano sempre nella stessa casa, quella ove sono cresciuti, e a spostarsi periodicamente siano invece i genitori. In questo modo si evitano ai ragazzi continui spostamenti di domicilio che potrebbero comportare disagi di varia natura.
Con il «collocamento invariato» o «affido condiviso dei figli con alternanza dei genitori», i figli restano nell’ambiente domestico nel quale sono cresciuti conservando le proprie abitudini e i propri interessi, mentre i genitori si muovono da casa.
Tale soluzione è stata sperimentata, per la prima volta, dal Tribunale dei Minori di Trieste nel 2012. La sentenza “pilota” ha decretato l’affidamento alternato di una figlia di 4 anni, stabilendo che i genitori, a turno e per una settimana ciascuno, si prendessero cura di lei trasferendosi nell’ex casa familiare. Nel caso di specie, quindi, non c’è stato alcun accordo preventivo dei coniugi: non si è trattato di una separazione consensuale ma giudiziale. La scelta è stata quindi disposta di imperio dal giudice.
Il secondo aspetto importante della sentenza riguarda la casa che non è stata assegnata a uno solo dei due coniugi (quello che convive con i minori), ma ad entrambi. In questo modo si evitano anche quelle soluzioni forzate in cui il proprietario dell’immobile deve lasciare l’appartamento a favore dell’ex che vi si stabilisce di norma per diversi anni, senza pagare l’eventuale mutuo.
A questa pronuncia ne sono seguite altre. Tutti i giudici hanno convenuto sulla possibilità di disporre il collocamento invariato a condizione che esso non contrasti l’interesse del figlio minore [Tribunale di Milano sentenza 13 giugno 2013].
Il tribunale di Varese ha stabilito che ognuno dei genitori eserciti l’ordinaria amministrazione sui figli nel periodo di competenza, mentre devono essere adottate congiuntamente le scelte principali, come quella in campo scolastico, sanitario e religioso, e, comunque rilevanti per la crescita dei figli.
Madre e padre si dividono poi gli eventuali assegni familiari, nonché le spese del mutuo per la casa e le spese straordinarie.
Anche il Tribunale di Bologna ha optato per il collocamento invariato in caso di separazione dei coniugi [sentenza 15 febbraio 2005]: il giudice ha disposto che i minori fossero affidati ad entrambi i genitori i quali si sarebbero dovuti alternare, di settimana in settimana, nella casa familiare (di proprietà esclusiva della madre).
Nello stesso senso, il Tribunale di Palermo [Trib. Palermo, sentenza 27 marzo 2007] che però ha preferito una soluzione più a lungo termine, dove l’alternanza dei genitori nella casa era ogni 21 giorni.
In ultimo si segnala il precedente del Tribunale di Milano [sentenza n. 4380/2008] che ha deciso per il collocamento invariato anche in una situazione di coppia di conviventi di fatto, quindi in assenza di matrimonio.
Raffaella Mari LPT 16 febbraio 2017
Sentenze www.laleggepertutti.it/151135_cose-laffido-condiviso-dei-figli-con-alternanza-dei-genitori
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AMORIS LÆTITIA
Il card. Coccopalmerio spiega l’8°capitolo di “Amoris Lætitia”
Presentazione questa mattina alla Radio Vaticana del volume: “Il capitolo ottavo della Esortazione Apostolica Post Sinodale Amoris Lætitia scritto dal card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. All’incontro con i giornalisti mons. Maurizio Gronchi, professore ordinario di Cristologia all’Urbaniana e consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, il vaticanista Orazio La Rocca, e don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana che ha pubblicato il testo. L’ottavo capitolo della Amoris Lætitia, dedicato alle unioni irregolari è certamente quello che ha suscitato più interesse e interrogativi riguardo all’Esortazione apostolica post sinodale. La domanda cruciale è se una pastorale più attenta alle singole persone, improntata ad accompagnare, discernere e integrare la fragilità sia in contrasto con la Dottrina tradizionale della Chiesa. Sentiamo il vaticanista Orazio La Rocca, oggi invitato alla presentazione del testo del card. Coccopalmerio: ” I dubbi sollevati, mi avevano creato un po’ di interrogativi. Tra questi che la dottrina viene ferita. Invece no: il cardinale con questo testo spiega con una forma di didattica molto penetrante che la dottrina non viene intaccata; viene preservata però, intanto, le persone ferite sono figlie della Chiesa che si apre come una madre”.
Esistono serie condizioni per l’eventuale accesso ai Sacramenti dei divorziati risposati, spiega mons. Gronchi illustrando come il card. Coccopalmiero aiuta a comprendere ciò che il Papa scrive in Amoris Lætitia: R. – Le cose in più che dice il cardinale si trovano a pagina 27 e a pagina 29 del libretto. Sono esattamente: “…la Chiesa dunque potrebbe ammettere alla Penitenza e all’Eucarestia i fedeli che si trovano in unione non legittima, i quali però verifichino due condizioni essenziali: desiderano cambiare situazione, però non possono attuare il loro desiderio”. E a pagina 29: ” … è esattamente tale proposito l’elemento teologico che permette l’assoluzione e l’accesso all’Eucarestia, sempre ripetiamo, in presenza dell’impossibilità di cambiare subito la condizione di peccato”. Queste sono le espressioni con le quali il cardinale fa un passo interpretativo nella linea dell’Esortazione.
D. – Che cosa significa questo? Che una coppia che si trova in una seconda unione illegittima deve avere coscienza di non essere in una situazione regolare e voler cambiare?
R. – Cambiare qui è inteso come il desiderio di conversione. Non si specifica se questo significhi tornare alla situazione precedente, magari commettendo una nuova colpa, questo lo dice il cardinale; non si specifica se questo vuol dire cercare di astenersi dai rapporti coniugali come indicato dalla “Familiaris consortio” al n. 84. Si parla di conversione. E quindi il proposito di essere più conformi a Cristo rende legittimo, perché è il proposito, l’accesso alla grazia santificante dei sacramenti. Questo non contraddice la dottrina dell’indissolubilità, perché si sa di non essere conformi al Vangelo, e non contraddice la dottrina del pentimento, come neppure la dottrina della grazia santificante. Queste sono le espressioni del cardinale.
D. – Il titolo dell’ottavo capitolo di Amoris Lætitia è “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”. Lei ha detto che questo potrebbe essere un modello culturale anche per la società.
R. – Esattamente, anche per la politica. Che cosa significa per una comunità civile, sociale, politica, farsi carico delle situazioni di maggiore fragilità? Penso agli immigrati, ai poveri, ai disabili, alle persone socialmente escluse … questo è il compito di ogni società, della politica, della Chiesa. Pensiamo che cosa significa questo per l’economia, per i rapporti internazionali ecc…
D. – Tornando alla Chiesa, viene fuori l’immagine della Chiesa come ‘ospedale da campo’ che però non è un’alternativa alla sicurezza della dottrina tradizionale…
R. – No, perché la Chiesa è sempre stata comunque il rifugio dei peccatori. “Non sono venuto a giudicare, ma a dare la vita”. Bisogna capire se Gesù è considerato assolutamente il centro, e la sua morte e resurrezione è il centro della dottrina, intorno al quale gli aspetti dottrinali si corredano secondo una gerarchia di verità, oppure se mettiamo al centro qualche aspetto che invece sta alla periferia. Il Papa mette in evidenza molte volte l’importanza delle periferie quando si tratta di situazioni di marginalità. Quindi invita ad un decentramento. Ma è interessante che a volte questo discorso vale anche a rovescio: ci sono certe periferie dottrinali che si fanno diventare centri, dimenticando che il centro è Gesù.
Adriana Masotti Notiziario Radio vaticana -14 febbraio 2017 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
Pentimento e desiderio del bene.
Il pregio principale della lettura guidata del capitolo ottavo di Amoris Lætitia del cardinale Francesco Coccopalmerio (Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2017, pagine 56, euro 8) è di far parlare il documento, lasciando emergere ciò che a un rapido sguardo fin troppo sbrigativo rischia di venir trascurato, se non sacrificato o ancor peggio travisato, come talvolta è avvenuto. Con asciutta precisione e chiarezza essenziale, il canonista mostra che non sono necessarie acrobazie per cogliervi la novità pastorale nella continuità della tradizione dottrinale della Chiesa. I fondamenti della teologia del matrimonio sono uniti, senza confusione, con quelli della teologia morale; il profilo ideale della famiglia cristiana è distinto, senza separazione, dalla saggezza pastorale rivolta a quanti hanno sperimentato il fallimento matrimoniale. L’acribia con cui viene commentato il documento pontificio mostra in modo limpido in quale maniera sia sempre necessario interpretare i testi magisteriali: non per dubitarne, ma per comprenderli e accoglierli.
Maurizio Gronchi L’Osservatore Romano 14 febbraio 2017
www.osservatoreromano.va/it/news/pentimento-e-desiderio-del-bene
“Sacramenti ai risposati, se vogliono cambiare ma non possono”.
Un libro del cardinale Coccopalmerio riflette su Amoris Lætitia spiegando le aperture decise dal Papa: «Possiamo ritenere con sicura coscienza che la dottrina è rispettata»
«La Chiesa potrebbe ammettere alla penitenza e alla eucaristia i fedeli che si trovano in unione non legittima», i quali «desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare il loro desiderio». Questa la conclusione a cui arriva il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, autore di un agile volumetto appena pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (Il Capitolo ottavo della esortazione apostolica post-sinodale Amoris Lætitia), una cinquantina di pagine interamente dedicate alla questione della possibile ammissione ai sacramenti per coloro che vivono in situazioni «irregolari». «Credo che possiamo ritenere, con sicura e tranquilla coscienza, che la dottrina, nel caso, è rispettata», scrive il cardinale.
Una lettura attenta e critica. Da notare innanzitutto il metodo utilizzato dal porporato canonista: una lettura critica e attentissima del testo papale, con l’intento di coglierne, attraverso tutti i possibili rimandi interni, l’autentico significato. Coccopalmerio ricorda che questa parte del documento «non è molto ampia, perché è composta solo da ventidue numeri, dal n. 291 al n. 312, ma è molto densa e pertanto presenta maggiori difficoltà di analisi e di comprensione. A ciò deve aggiungersi – ammette con sincerità – una certa non organicità, cioè un susseguirsi non sempre ordinato dei temi trattati».
Ribadita l’indissolubilità. Il cardinale ricorda, citandoli, i testi dell’esortazione che contengono «con assoluta chiarezza tutti gli elementi della dottrina sul matrimonio in piena coerenza e fedeltà all’insegnamento tradizionale della Chiesa». L’esortazione afferma ripetutamente la «volontà ferma di restare fedeli alla dottrina della Chiesa su matrimonio e famiglia». E ricorda che «in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza… La tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento di proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza di amore della Chiesa verso i giovani stessi».
Le condizioni soggettive degli «irregolari». Le pagine più dense e articolare del libro sono quelle relative alle «condizioni soggettive o condizioni di coscienza delle diverse persone nelle diverse situazioni non regolari e il connesso problema della ammissione ai sacramenti della penitenza e della eucaristia». Coccopalmerio sottolinea come limiti e ostacoli non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma vigente, perché, come già affermava Papa Wojtyla, «un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere valori insiti nella norma morale o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa». Sono tre le motivazioni che esimerebbero la persona «irregolare» dall’essere in condizione di peccato mortale: una eventuale «ignoranza della norma» e pertanto la non colpevolezza nel caso di infrazione della norma stessa; una «grande difficoltà nel comprendere i valori insiti nella norma morale»; «condizioni concrete che non… permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa», «fattori che limitano la capacità di decisione».
La consapevolezza dell’irregolarità. La terza delle tre motivazioni «è la più problematica». Amoris Lætitia, citando anche Giovanni Paolo II, parla di coppie che pur nella «consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione» hanno «grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe», e «situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione». Coccopalmerio osserva che il testo, pur non affermandolo esplicitamente, presuppone in modo implicito che queste persone siano intenzionate a «cambiare la loro condizione illegittima». Cioè si pongano «il problema di cambiare» e quindi abbiano «l’intenzione o, almeno, il desiderio» di farlo.
Un caso concreto. Il cardinale fa un esempio concreto per spiegare quanto appena affermato, proponendo quello «di una donna che è andata a convivere con un uomo sposato canonicamente e abbandonato dalla moglie con tre bambini ancora piccoli. Orbene, questa donna ha salvato l’uomo da uno stato di profonda prostrazione, probabilmente dalla tentazione di suicidio; ha allevato i tre bambini non senza notevoli sacrifici; la loro unione dura ormai da dieci anni; è nato un nuovo figlio. La donna della quale parliamo ha piena coscienza di essere in una situazione irregolare. Vorrebbe sinceramente cambiare vita. Ma, evidentemente, non lo può. Se, infatti, lasciasse la unione, l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma. Lasciare l’unione significherebbe, dunque, non adempiere gravi doveri verso persone di per sé innocenti. È perciò evidente che non potrebbe avvenire “senza una nuova colpa”».
«Come fratello e sorella» e fedeltà in pericolo. Il cardinale ricorda quanto stabilito da Giovanni Paolo II inFamiliaris consortio e cioè la possibilità di confessarsi e fare la comunione purché ci si impegni a vivere come «fratello e sorella», cioè astenendosi dai rapporti sessuali. E sottolinea anche che l’eccezione in proposito sollevata da Amoris Lætitia si fonda su un testo della costituzione conciliare Gaudium et spes: «In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere ‘come fratello e sorella’ che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli”». Dunque, suggerisce l’autore del libro, «qualora l’impegno di vivere “come fratello e sorella” si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia, i due conviventi lo accettino volentieri». Se invece tale impegno «determini difficoltà, i due conviventi sembrano di per sé non obbligati, perché verificano il caso del soggetto del quale parla il n. 301 con questa chiara espressione: “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”».
Le due condizioni essenziali. «La Chiesa, dunque, potrebbe ammettere alla penitenza e alla eucaristia – conclude Coccopalmerio – i fedeli che si trovano in unione non legittima, i quali però verifichino due condizioni essenziali: desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare il loro desiderio. È evidente che le condizioni essenziali di cui sopra dovranno essere sottoposte ad attento e autorevole discernimento da parte dell’autorità ecclesiale». Nessun soggettivismo, ma spazio al rapporto con il sacerdote. Il cardinale afferma che potrebbe essere «necessario» o almeno «assai utile un servizio presso la Curia», in cui il vescovo «offra una apposita consulenza o anche una specifica autorizzazione a questi casi di ammissione ai sacramenti».
L’ostacolo dello «scandalo». Resta da superare, osserva ancora il cardinale, l’ostacolo dello «scandalo» e cioè il giudizio erroneo secondo il quale l’ammissione di alcuni di questi fedeli significherebbe affermare la regolarità della loro unione e dunque che «il matrimonio o non è necessario o non è indissolubile». Per evitare lo scandalo bisogna «istruire i fedeli offrendo loro» i parametri di giudizio fin quei esposti.
La dottrina rispettata. «Credo che possiamo ritenere, con sicura e tranquilla coscienza – spiega Coccopalmerio – che la dottrina, nel caso, è rispettata. La dottrina dell’indissolubilità del matrimonio è nel caso rispettata, perché i fedeli nella situazione ipotizzata si trovano in unioni non legittime, anzi, più precisamente, possiamo senz’altro affermare che tale condizione è oggettivamente di peccato grave. La dottrina del sincero pentimento che contiene il proposito di cambiare la propria condizione di vita come necessario requisito per essere ammessi al sacramento della penitenza è nel caso rispettata, perché i fedeli nelle situazioni ipotizzate, da una parte, hanno coscienza, hanno convinzione, della situazione di peccato oggettivo nella quale attualmente si trovano e, dall’altra, hanno il proposito di cambiare la loro condizione di vita, anche se, in questo momento, non sono in grado di attuare il loro proposito».
Chi non può essere ammesso. A chi invece la Chiesa «non può assolutamente – sarebbe una patente contraddizione – concedere» i sacramenti? Al fedele che, «sapendo di essere in peccato grave e potendo cambiare, non avesse però nessuna sincera intenzione di attuare tale proposito». È quanto afferma Amoris laetitia: «Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità. Ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione».
Andrea Tornielli Vatican insider 14 febbraio 2017
lastampa.it/2017/02/14/vaticaninsider/ita/recensioni/s-a-sacramenti-se-risposati-vogliono-cambiare-ma-non-possono-J3zMOaUzpbkeSutz4DJfjI/pagina.html
Scritto del cardinale Coccopalmerio. «Amoris Lætitia, dottrina rispettata»
Amoris Lætitia, dottrina rispettata. Novità nella continuità. Parola del cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi. Offrire ai divorziati risposati la possibilità di essere riammessi all’Eucaristia – secondo un percorso pastorale guidato dal discernimento e ispirato da una prassi penitenziale che può proseguire anche per lungo tempo – non è uno “strappo” dottrinale ma si inquadra in una logica di accoglienza del peccatore che, lungi dal giustificarne il comportamento, rispetta la norma e la tradizione, pur in maniera originale e dinamica. Il cardinale Coccopalmerio arriva a questa conclusione al termine di un ragionamento condotto in modo preciso ed essenziale nel libro Il capitolo ottavo dell’Esortazione post sinodale Amoris Lætitia. Accompagnare, discernere e integrare le difficoltà (Edizioni Lev).
Il percorso seguito dal cardinale canonista è chiaro. Innanzi tutto mostra la certezza della dottrina su matrimonio e famiglia presentata all’interno del documento di papa Francesco. Poi spiega perché la Chiesa ha avvertito l’esigenza pastorale di attualizzare la sua proposta nei confronti delle coppie più fragili, non solo quelle che hanno visto fallire il loro progetto di vita a due, ma anche coloro – e le statistiche ci raccontano che sono sempre più numerose– che si sono poi impegnate in una nuova unione. Proprio quelle persone che, alla luce di una interpretazione esclusivamente normativa, la Chiesa ha troppo a lungo lasciato sulla soglia. Come è noto, la svolta tracciata da Amoris Lætitia– senza interrompere il lungo cammino del magistero e della dottrina ma sviluppandolo e indicandone un’evoluzione coerente come sempre avvenuto nella storia della Chiesa – ha suscitato qualche malumore. Quattro cardinali (Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmuller e Joachim Meisner) sono arrivati addirittura a rendere pubblica la lettera inviata al Papa in cui, secondo la prassi canonica, si esprimono riservatamente dubia su questa o su quella questione. Ne abbiamo lungamente parlato anche su queste pagine.
Ieri però, alla presentazione del libro del cardinale Coccopalmerio, il direttore dell’Editrice vaticana, don Giuseppe Costa, ha precisato che il volumetto non è un testo di risposta ai quattro cardinali, ma rappresenta una voce comunque autorevole che interviene nel dibattito. Anche perché – ma questo don Costa non l’ha riferito – il Papa considera che non ci sia bisogno di alcuna risposta vista la chiarezza del documento postsinodale. Per chi proprio avverte la necessità di uno schema applicativo dell’ottavo capitolo, c’è il documento dei vescovi di Buenos Aires, dello scorso settembre. Quello definito da Francesco «un testo molto buono. Non ci sono altre interpretazioni».
Sulla stessa linea si muove il breve ma chiarissimo saggio di Coccopalmerio. «Il pregio principale del libro – ha spiegato ieri durante la presentazione il teologo don Maurizio Gronchi, consultore della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi – è quello di far parlare il documento, lasciando emergere ciò che a un rapido sguardo, fin troppo sbrigativo, rischia di venir trascurato, se non sacrificato o ancor peggio travisato».
Il cuore della questione, secondo quanto spiega Coccopalmerio, è il proposito del cambiamento. Le persone che vivono in condizioni di “irregolarità” – le virgolette sono usate nel testo di Amoris Lætitia– sono «coscienti della loro condizione di peccato… si pongono il problema di cambiare e quindi – si legge nel testo – hanno l’intenzione o, almeno, il desiderio di cambiare la loro condizione». La serietà della questione di coscienza è quindi il punto decisivo, come argomentato anche da don Gronchi, per «la possibilità di accedere ai sacramenti da parte di coloro che non riescono ad astenersi dai rapporti coniugali».
Una situazione che, secondo quanto scrive il presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, non fa venir meno né la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, né quella del sincero pentimento, e neppure la dottrina della grazia santificante. «Ed è proprio questo – conclude – l’elemento teologico che permette l’assoluzione e l’accesso all’Eucaristia, sempre nell’impossibilità di cambiare subito la condizione di peccato».
Luciano Moia Avvenire 14 febbraio 2017
www.avvenire.it/chiesa/pagine/amoris-laetitia-dottrina-rispettata-coccopalmerio
Amoris Lætitia, Coccopalmerio e la via domenicana
Le conclusioni a cui arriva il Presidente dei testi legislativi nel libro sul capitolo VIII dell’Esortazione sono in linea con quanto espresso dal teologo Cavalcoli e dal cardinale Schönborn.
Il piccolo libro del cardinale Francesco Coccopalmerio dedicato al capitolo VIII dell’esortazione Amoris Lætitia e alla sua interpretazione in merito alla possibilità, in alcuni casi, di amministrare il sacramento dell’eucaristia a divorziati risposati, s’inserisce in una via che ha visto due teologi domenicani intervenire nello stesso senso.
Il primo di questi è padre Giovanni Cavalcoli, filosofo metafisico e teologo dogmatico, docente emerito di Teologia Dogmatica, membro ordinario della Pontifica Accademia di Teologia e condirettore della rivista telematica l’Isola di Patmos (isoladipatmos.com). In un’intervista con Vatican Insider dell’ottobre 2015, durante il secondo dei sue Sinodi convocati da Papa Francesco per discutere di matrimonio e famiglia, il teologo affermava: «La disciplina dei sacramenti è un potere legislativo che Cristo ha affidato alla Chiesa, affinché essa, nel corso della storia e nel variare delle circostanze, sappia amministrare i sacramenti nel modo più conveniente e più proficuo alle anime e nel contempo nel rispetto assoluto alla sostanza immutabile del sacramento, così come Cristo l’ha voluta. L’attuale disciplina che regola la pastorale e la condotta dei divorziati risposati è una legge ecclesiastica… La Chiesa non può mutare la legge divina che istituisce e regola la sostanza dei sacramenti, ma può mutare le leggi da lei emanate, che riguardano la disciplina e la pastorale dei sacramenti. Dobbiamo quindi pensare che un eventuale mutamento dell’attuale regolamento sui divorziati risposati, non intaccherà affatto la dignità del sacramento del matrimonio, ma anzi sarà un provvedimento più adatto, per affrontare e risolvere le situazioni di oggi».
Padre Cavalcoli spiegava anche che «non esistono “condizioni peccaminose”, perché il peccato è un atto, non è una condizione, né è uno stato permanente… Il problema dei divorziati risposati è che l’adulterio, con l’aggravante del concubinato, è peccato mortale. Per cui è molto facile che la coppia, unendosi, cada in peccato mortale. Tuttavia è possibile il caso di una coppia, che si trovi in una situazione oggettiva e insuperabile, dalla quale, per vari motivi, non possa uscire per tornare allo stato precedente: per esempio, il coniuge precedente ha figli con un altro, o la nuova coppia ha figli. Certo, dopo l’atto del peccato, se non interviene il rimprovero della coscienza e il pentimento, anche cessato l’atto, resta uno stato di colpa. In questo caso la volontà resta deviata ed ha bisogno di essere raddrizzata, cosa che può e deve fare la stessa volontà, sotto l’impulso della grazia. E questo può essere ottenuto grazie al perdono divino, quale che sia la situazione oggettiva, nella quale si trova il peccatore, fosse pure quella del divorziato risposato. Esistono a volte condizioni nelle quali è facile peccare, perché costituiscono forti spinte od occasioni praticamente inevitabili di peccato».
Dopo la pubblicazione del documento, un altro teologo domenicano, il cardinale Christoph Schönborn, ricordava, in un’intervista con «La Civiltà Cattolica», che Amoris Lætitia, non si limita a ribadire una legge ma scende «a livello molto concreto della vita di ognuno». Perché «un soggetto, pur conoscendo bene la norma può avere grande difficoltà nel comprendere valori insiti nella norma morale o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente». Questo è il legame, spiegava l’arcivescovo di Vienna, con Familiaris Consortio, in cui Wojtyla «distingueva alcune situazioni» e «apriva la porta a una comprensione più ampia passando per il discernimento delle differenti situazioni che non sono oggettivamente identiche, e grazie alla considerazione del foro interno».
Per Giovanni Paolo II, sottolineava Schönborn, «c’è differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati ingiustamente, e coloro che invece hanno distrutto con colpa grave un matrimonio canonicamente valido. Poi c’è chi ha «contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli», e talvolta è soggettivamente certo «in coscienza» che «il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido».
Dunque se già Papa Wojtyla presupponeva «in modo implicito che non si possa dire semplicemente che ogni situazione di un divorziato risposato sia l’equivalente di una vita nel peccato mortale separata dalla comunione d’amore tra Cristo e la Chiesa», Francesco fa un ulteriore passo in avanti senza però cadere «nella casistica astratta», come invece auspicato da alcuni che avrebbero preferito che il Papa redigesse una sorta di “inventario”. In quel modo, infatti, ammoniva il cardinale, si creerebbe «un diritto a ricevere l’eucaristia in situazione oggettiva di peccato». Papa Bergoglio, invece, ci mette «di fronte all’obbligo per amore della verità, di discernere i casi singoli in foro interno come in foro esterno».
Andrea Tornielli vatican insider 15 febbraio 2017
www.lastampa.it/2017/02/15/vaticaninsider/ita/commenti/amoris-laetitia-coccopalmerio-e-la-via-domenicana-v9XU5JZ8c4teSkPsdsuNmM/pagina.html
Amoris Lætitia e le “vie domenicane”
Come ha notato ieri A. Tornielli – su Vatican Insider, “Amoris Lætitia, Coccopalmerio e la via domenicana” – una recezione positiva di AL è stata proposta, negli ultimi mesi, dalla “scuola domenicana”. Soprattutto Padre Schoenborn e poi anche Padre Cavalcoli – entrambi domenicani – hanno sostenuto una lettura “aperta” di Al, che pur non modificando la dottrina sul matrimonio, rende possibile una modificazione significativa della disciplina.
Questa osservazione mi pare possa condurre ad una considerazione più complessiva del ruolo che la teologia “tomista” ha svolto nell’accompagnare e nell’interpretare AL. Provo a indicare alcuni aspetti di questa ricca relazione, nella quale è possibile rintracciare più di una “via domenicana” e più di una tradizione tomista:
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Dal punto di vista di una “sintesi possibile”, non è sbagliato mettere in luce la presenza di una “via domenicana” non solo “verso AL”, ma anche “in AL”. Fin dall’inizio era stato facile notare che, soprattutto per le delicate considerazioni contenute nel cap. VIII, in AL fossero entrati – anche con esplicite citazioni – alcuni principi fondamentali della teologia tomista e domenicana.
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Bisogna tuttavia aggiungere che il pensiero di Tommaso, assunto in questo contesto, assume una funzione di “svolta” e introduce una “discontinuità” rispetto ad un “indirizzo magisteriale” segnato più da razionalismo moderno che da realismo medievale. Poiché Tommaso, da uomo medievale, non può mai assolutizzare la legge oggettiva, come invece fanno pensatori moderni e tardo-moderni, la sua impostazione – pre-moderna – è in grado di aggirare e superare la fissazione moderna sulla oggettività. Per Tommaso conta anzitutto la realtà, non la oggettività.
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Questo fenomeno, in una sorta di “alleanza secondo l’ordine religioso”, permette a G. Cavalcoli, Ch. Schoenborn e J.-P. Vesco, tutti domenicani, di condividere alcuni passaggi comuni, sia nella lettura di AL, sia nelle indicazioni circa la sua recezione. La comune matrice tomista, pur non potendo nascondere le profonde differenze di sensibilità e di orientamento, permette a questi tre “padri domenicani” di ammettere lucidamente ciò che per altri costituisce una pericolosa “contraddizione”. In altri termini essi possono ammettere che la disciplina muti senza intaccare la dottrina.
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Ma se esiste “un solo Tommaso”, non esiste né una sola “via domenicana”, né un solo tomismo. Proprio qui, a me pare, sia necessario introdurre alcune distinzioni che possono diventare provvidenziali per una reale recezione del testo di AL nella pastorale ordinaria. Perché non appena si esce dal “riferimento tomista” – che salvaguarda il testo di AL da letture laceranti – allora conta quale lettura di Tommaso si propone e per quale Chiesa.
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Tommaso è un maestro che non si adonta se i suoi allievi continuano a pensare. Tommaso non è un martello, ma un faro. Questo diceva più di un secolo fa il Cardinale Mercier, quando fondava la Università cattolica di Louvain. Ripetere Tommaso, oggi, è già sufficiente per uscire da una “impasse”. Ma non basta ripetere Tommaso, bisogna anche imitarlo e camminare, seguendolo sulle sue orme, ma arrivando al di là di lui.
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Su questo non tutti i domenicani vestono lo stesso abito bianco. E c’è chi fa di Tommaso il confine entro cui si deve pensare, e chi invece ne fa il metodo per pensare cose nuove. Mi pare che si possa dire che ci sono “vie domenicane” di riflessione dentro e intorno ad AL che risultano assai promettenti. E che non si limitano a “ripetere il maestro”, ma che vogliono, sul suo esempio, pensare in grande, con l’audacia e la profezia necessaria. Già il Concilio Vaticano II ci aveva insegnato che non basta il “ressourcement”, il ritorno alle fonti, ma occorre anche l’aggiornamento, ossia tornare ad essere fonti. Tornare a Tommaso, per AL, ha significato disinserire le categorie moderne di interpretazione del matrimonio, purificarsi mediante il ricorso alle categorie medievali, per poter aprire il campo ecclesiale alla elaborazione di una sapienza matrimoniale davvero adeguata alla realtà del nostro tempo. Questo è il compito della recezione. Che i domenicani accompagnano con la luce di un maestro che ci parla non dal (e del) passato, bensì dal (e del) futuro.
Andrea Grillo blog: Come se non 16 febbraio 2017
www.cittadellaeditrice.com/munera/amoris-laetitia-e-le-vie-domenicane.
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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF
Newsletter n. 6/2017, 15 febbraio 2017.
CISF informa. Sono aumentati i matrimoni dal 2014 al 2015. Una rondine o una primavera? Da 189.765 a 194.377, un aumento per la prima volta da molti anni. “Troppo poco per parlare di ripresa o di inversione di tendenza, ma sufficiente per suggerire maggiore attenzione al posto che ha il matrimonio nel dibattito pubblico[…]” Il commento di Francesco Belletti, su Vita pastorale di gennaio 2017
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0617_VP012017.pdf
A Roma un convegno su anziani e salute della Fondazione Alberto Sordi. Il Cisf aderisce e partecipa al convegno su Ospedale e territorio: la sfida dell’invecchiamento e dell’integrazione, che si terrà a Roma il 13 marzo 2017 (Sala della Regina – Palazzo Montecitorio, Piazza di Montecitorio). Interverrà il Direttore del Cisf (Francesco Belletti), che è anche membro del Comitato Scientifico del convegno. La Fondazione Alberto Sordi prosegue così la sua opera di sostegno e di promozione della condizione anziana, che svolge fin dal 1992, anno in cui venne fondata dallo stesso Sordi. Il convegno si pregia del Patrocinio del Ministero della Salute, della Regione Lazio e di Roma Capitale. Sono stati richiesti i crediti formativi per tutte le figure sanitarie e socio-sanitarie e per gli assistenti sociali
Nati per leggere. Un sito per far nascere nei bambini l’amore per la lettura. “Nati per Leggere ha l’obiettivo di promuovere la lettura in famiglia sin dalla nascita […] Nati per Leggere è promosso dall’alleanza tra bibliotecari e pediatri attraverso le seguenti associazioni: l’Associazione Culturale Pediatri – ACP che riunisce tremila pediatri italiani con fini esclusivamente culturali, l’Associazione Italiana Biblioteche – AIB che associa oltre quattromila tra bibliotecari, biblioteche, centri di documentazione, servizi di informazione operanti nei diversi ambiti della professione e il Centro per la Salute del Bambino onlus – CSB, che ha come fini statutari attività di formazione, ricerca e solidarietà per l’infanzia”. Si segnala in particolare Il Corso di Perfezionamento Nati per Leggere: strumenti e percorsi educativi per l’infanzia (0-6 anni), che si svolge a Padova da febbraio a giugno 2017. www.natiperleggere.it/index.php?id=287
Invecchiamento attivo: le proposte Auser. “Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo”: così si intitola il Rapporto Auser 2017, curato da Claudio Falasca e presentato a Roma lo scorso 9 febbraio. Un Rapporto ricchissimo di dati, raccolti attorno alle due polarità della cura a domicilio da un lato e del ricovero in strutture residenziali dall’altro. Interventi che interessano rispettivamente 2,5 milioni di persone assistite presso la proprio abitazione, e 278 mila ricoverate presso strutture apposite, ma che presentano una diminuzione sia del numero degli anziani presi in carico nei servizi, sia degli utenti ospiti di strutture residenziali, nonché della spesa in servizi sociali per anziani di regioni e comuni.
www1.auser.it/wp-content/uploads/2017/02/RICERCA%20DOMICILIARITA.pdf
Dall’estero.Proteggere i minori dalla pornografia. Un intervento della FAFCE (Federazione Europea delle associazioni familiari cattoliche). L’8 febbraio 2017 presso la sede del Parlamento Europeo di Bruxelles si è tenuto il seminario “Exposure of Children to Pornography in the EU” (L’esposizione dei bambini alla pornografia nell’Unione Europea), promosso dall’ Intergruppo parlamentare per la famiglia e, in modo bi-partisan, dai gruppi parlamentari del PPE e dei Socialisti & Democratici. L’intervento della FAFCE (tenuto dal suo Segretario generale, Maria Hildingsson), si è concluso ribadendo una grande preoccupazione per la decisione di cancellare dalle proposte di direttive europee il blocco sui canali televisivi della pornografia e della violenza gratuita, appellandosi al Parlamento Europeo perché rafforzi, anziché indebolire, le misure di protezione dell’infanzia su tutto il sistema dei media (FAFCE is deeply concerned by the fact that the ban on pornography and gratuitous violence on TV channels in the current directive is cancelled by the proposal of the European Commission. We call on the European Parliament to reinstate and enlarge the protection of minors’ physical, mental and moral development to on-demand services, e.g. Netflix, and video sharing platforms, e.g. Youtube).
www.fafce.org/index.php?option=com_content&view=article&id=394:exposure-of-children-to-pornography-in-the-eu&catid=37&Itemid=237&lang=en
Da case editrici. Marco Sanavio, Luce Maria Busetto, Generazioni digitali. Consigli per genitori e formatori, Edizioni San Paolo, Cinisello B. (MI); 2017, pp. 128, €. 13,00.
Cresce l’attenzione al modo in cui le nuove generazioni vivono nei mondi virtuali, e in pari grado sono sempre più frequenti pubblicazioni, libri, manuali, istruzioni e decaloghi, così come momenti di formazione, incontri nelle scuole, in parrocchia, ma anche, in famiglia, feroci discussioni, o peggio rancorosi silenzi, mentre i ragazzi – e a volte i genitori – non alzano gli occhi da quel piccolo schermo bluastro, magari mentre gli spaghetti si raffreddano. Questo agile e prezioso volume intercetta questo spazio di quotidianità delle nostre famiglie, delle nostre scuole, della normalità dei nostri figli, con pagine facili da leggere, con un approccio molto equilibrato, che si muove bene all’interno tra i due estremi da un lato di un allarmismo ostile alle nuove tecnologie, viste sempre e comunque come un nemico della “vita vera”, dall’altro della piena e totale resa alla loro pervasiva presenza di ogni istante: questo è il progresso, quindi è giusto stare “sempre connessi” (“con il cellulare acceso sotto il cuscino”, con una felice espressione ripetuta più volte nel libro). Gli autori invece non scelgono tra i due estremi, anzi, sconsigliano tutti a cedere a questa tentazione, proponendo invece un prudente ma non impaurito percorso di umanizzazione delle relazioni digitali, attraverso sintetiche spiegazioni, e soprattutto valorizzando una ricca esperienza di attività formative svolte con gli adolescenti, con i bambini e con i genitori. Particolarmente stimolante l’idea degli “affioranti digitali”, cioè di quei segnali che prendono a pretesto il virtuale o la dipendenza dallo smartphone, ma che rimandano a più profondi sentimenti ed emozioni, alla verità dell’adolescente, delle sue domande più vere, che magari proprio grazie ad una “ossessione per il telefonino” affiorano alla superficie. Un libro propositivo, utile per tutti gli educatori (genitori in primis), per non arrendersi né rassegnarsi davanti ad un mondo, quello digitale, che sembra ormai fatto solo per le nuove generazioni. Perché, come ricordano in conclusione gli autori, “a noi adulti non è chiesto di rincorrere gli aggiornamenti che la tecnologia impone al calendario, ma di essere punti di riferimento credibili e solidi, in un ambiente vitale che diventa sempre più fluido… offrirci come paletti di attracco…. ‘Generazione digitale’, per noi, si è trasformato in un ‘generare al digitale’.” (p. 109).
Save the date
Nord: Il lavoro anzitutto, Winter School “Noè Ghidoni” (Verso la 48a Settimana sociale dei cattolici italiani), Seminario per giovani laureati, quadri e associati del Movimento Cristiano Lavoratori (MCL), realizzata dal Centro di Ateneo per la Dottrina Sociale della Chiesa, Università Cattolica del Sacro Cuore, Brescia, 2-4 marzo 2017.
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0617_allegato3.pdf
Innova 2. Nuove competenze per politiche familiari innovative, giornata di formazione per “Strumenti, percorsi e proposte per un rinnovato ruolo delle famiglie nella società di oggi”, promosso da Forum delle associazioni familiari nazionale e Veneto, Treviso, 25 febbraio 2017.
www.ufficiofamiglia.diocesipadova.it/wp-content/uploads/sites/8/2017/02/Locandina-Innova-2017-TV-25-febbraio-2017.jpg
Centro : L’adozione nazionale e internazionale, Corso di alta formazione interdisciplinare, promosso da Famiglia e minori – onlus, Roma, aprile-settembre 2017. www.famigliaeminori.it
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0617_allegato4.pdf
Impegno pastorale con le famiglie emarginate e povere, Seminario di studio a cura dei coniugi Benito Baranda e Maria Lorena Cornejo, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, Pontificia Università Lateranense, Roma, 2-11 maggio 2017.
www.istitutogp2.it/public/Baranda-Depliant%20(2016.12.16)%20DEFINITIVO.pdf
Sud Migranti. La sfida dell’incontro. Mostra itinerante, organizzata da ufficio “Migrantes” della diocesi di Bari-Bitonto, in collaborazione con la cooperativa Auxilium, e il Centro Culturale di Bari, presso la Parrocchia di San Marcello, Bari, fino al 19 febbraio 2017.
www.csvbari.com/new/wp-content/uploads/2017/02/MigrantiLaSfidaDellIncontro.pdf
Estero: The art and science of family nursing: transforming health for families (“Arte e Scienza del servizio infermieristico domiciliare: cambiare la salute delle famiglie”), 13.a Conferenza Internazionale dell’assistenza infermieristica domiciliare, organizzato dall‘International Family Nursing Association, 14 – 17 giugno 2017, Pamplona (Spagna). http://internationalfamilynursing.org/2016/04/01/2017-conference
http://internationalfamilynursing.org/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/170105-2017-Conf-Framework-for-Web.pdf
Testo completo http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/febbraio2017/1026/index.html
Archiviohttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx
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CHIESA CATTOLICA
Bilanci diocesani in chiaro: finora è chiaro solo che non ci sono.
{Sono interessati i finanziamenti di molti consultori di ispirazione cristiana. Ndr}
«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», sosteneva Sherlock Holmes, l’investigatore di Arthur Conan Doyle. E sulla questione dei bilanci delle diocesi italiane – che secondo il segretario generale della Conferenza episcopale, mons. Nunzio Galantino, sarebbero tutti pubblici e presenti sui siti internet delle rispettive diocesi – abbiamo raggiunto quota tre indizi: ovvero tre diocesi (Torino, a cui si sono aggiunte anche Milano e Roma) hanno ammesso che i propri bilanci non sono pubblici, tantomeno online sui propri siti, smentendo quindi le affermazioni del segretario generale della Cei e confermando che in materia di trasparenza economico-finanziaria per la Chiesa italiana la strada è ancora lunga. Ricordiamo le tappe della vicenda e aggiungiamo le due nuove puntate.
Dopo che la diocesi di Padova, ad ottobre 2016, pubblica sul sito internet della Chiesa patavina e sul settimanale diocesano La Difesa del Popolo – organizzando anche una conferenza di presentazione – il bilancio della Diocesi comprendente stato patrimoniale e conto economico (v. Adista Notizie n. 40/16), il movimento Noi Siamo Chiesa scrive ai vescovi riuniti a Roma per il Consiglio episcopale permanente (23-25 gennaio 2017) chiedendo che «l’esempio della diocesi di Padova» sia «seguito dalle altre diocesi senza tergiversazioni», poiché «la pubblicità e la trasparenza, nella conoscenza e nella gestione delle risorse, sono la condizione sine qua non perché le parole “Chiesa povera e dei poveri” possano concretizzarsi ». Una tale decisione, secondo Noi Siamo Chiesa, «darebbe credibilità alla Chiesa verso l’esterno ma anche nei confronti del popolo cristiano molto sensibile su queste questioni, disposto a discutere e a dare e a fare la sua parte» (v.
Adista Notizie n. 5/17).
Alla conferenza stampa di chiusura del Consiglio episcopale permanente, interpellato da Adista sulla proposta di Noi Siamo Chiesa, mons. Galantino afferma con sicurezza che «i bilanci delle diocesi sono già tutti pubblici, si trovano sui siti internet delle diocesi e sono pubblicati sui settimanali diocesani. Padova ha fatto quello che fanno anche le altre diocesi» (v. Adista Notizie n. 6/17).
Ma questi bilanci, sui siti internet di dieci diocesi “campione” (Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e Cagliari), non si trovano. E non si trovano perché non esistono.
(…) Continua
Luca Kocci Adista n. 7, 18 febbraio 2017 www.adista.it/articolo/57057
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Adozione internazionale nel caos. Interpellanza
Una fattiva e immediata riattivazione della Cai e soprattutto la sua collocazione presso il Ministero degli Affari Esteri. Questi i due punti principali della interpellanza che Aldo Di Biagio, senatore di Area Popolare ha presentato al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per i rapporti con il Parlamento.
“Quali iniziative si intendono intraprendere – dice il senatore Di Biagio – al fine di rettificare il trend operativo della CAI e dell’intero comparto (delle adozioni internazionali ndr), in ragione delle evidenti criticità, falle e problematiche annoverate?”
Alla luce del fatto che da ottobre 2016 risulta “ è vacante il posto di direttore generale della Segreteria tecnica e l’assenza di direttive governative circa il “post” gestionale della CAI solleva ulteriori dubbi e preoccupazioni in capo”, il senatore Di Biagio chiede “quali decisioni si intendono intraprendere al fine di consentire una celere quanto fattiva riattivazione della CAI, in ossequio al vigente quadro normativo; se si intenda valutare l’eventuale collocazione della CAI presso il Ministero degli affari esteri.
Il testo completo della interpellanza. (4-07014) 16 febbraio 2017
Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per i rapporti con il Parlamento – Premesso che:
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le dinamiche operative e funzionali che attualmente condizionano la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) risultano essere da ormai 3 anni oggetto di approfondimento, denuncia e istanze di chiarimento, tanto in sede parlamentare, quanto nell’ambito dell’associazionismo familiare, in ragione delle evidenti e deprecabili compromissioni del regolamento interno della Commissione (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007) e del corretto svolgimento del procedimento di adozione internazionale che le suddette dinamiche stanno inevitabilmente comportando;
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Nella seduta dello scorso 8 febbraio 2017, la II Commissione permanente (Giustizia) della Camera dei deputati ha presentato il documento conclusivo della “Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido “, che ha confermato le anomalie nel funzionamento della CAI e avanzato delle proposte relative a possibili riforme della legge, che regola le adozioni internazionali;
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Appare notorio, così come evidenziato in molteplici atti di sindacato ispettivo anche dall’interrogante, quale sia lo stato di compromissione e svilimento dello scenario entro il quale sono attuate le procedure di adozione e soprattutto il trend che negli ultimi tempi sembra condizionare l’intero comparto delle adozioni internazionali, con un vistoso contenimento statistico del numero di domande ed ingressi;
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Stando ai dati relativi alle adozioni internazionali presentati dalla Cai a maggio 2016, con notevole ritardo, riguardanti il biennio 2014/2015, venivano indicati per il 2015 ingressi in Italia per 2.216 minori, quasi il 50 per cento in meno in circa 4 anni. Questo dato, tra le altre cose, non è stato accompagnato dalla tradizionale analisi degli anni precedenti, che esplicitava, sia le provenienze dei minori, sia la loro età e tante altre informazioni che rendevano lo strumento del rapporto statistico utile, sia agli addetti ai lavori, che alle famiglie;
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Al di là dei discutibili parametri di analisi statistica, ciò che emerge in maniera plateale va ricercato nella vistosa contrazione dell’accesso alla procedura adottiva, nonché del numero effettivo di adozioni che si sono realizzate nel corso degli ultimi anni, che corrispondono, nei fatti, a quelli del mandato, ormai scaduto, dell’attuale vicepresidente della Commissione;
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proprio sulla figura del vicepresidente di Commissione, come è stato più volte segnalato dall’interrogante, si addensano la maggior parte delle rimostranze e delle richieste di intervento istituzionale, segnatamente in ragione della mancata convocazione della CAI stessa, (convocata una sola volta nel giugno 2014), della scarsa operatività, e dell’assenza totale di riscontri in svariate e critiche circostanze, ai genitori in attesa di adottare e soprattutto dall’assenza di collegialità decisionale, considerando che la Commissione continua ad assumere decisioni, in aperta violazione del dettato normativo;
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A ciò si aggiunge il fatto che lo stallo operativo della CAI ha comportato un deterioramento delle relazioni bilaterali con i Paesi di provenienza dei minori adottati ed il caso della Federazione Russa, che aveva chiesto una moratoria dell’adozione dei propri minori in Italia, a seguito della vicenda del decesso di un bambino adottivo russo, ne rappresenta la metafora più eloquente;
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come evidenziato, in data 13 febbraio, è scaduto il mandato dell’attuale vicepresidente e di altri componenti della Commissione, e da ottobre 2016 risulta vacante il posto di direttore generale della Segreteria tecnica e l’assenza di direttive governative circa il “post” gestionale della CAI solleva ulteriori dubbi e preoccupazioni in capo, non solo agli addetti ai lavori, enti accreditati e associazioni, ma soprattutto in capo alle famiglie che al momento risultano, ulteriormente, prive di riferimenti, di informazioni e di indicazioni e ancora in attesa di ricevere i rimborsi previsti fermi al 2011;
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tale scenario rischia di compromettere, in maniera ancora più evidente, la situazione di criticità che condiziona il comparto delle adozioni internazionali italiane, acuendo il senso di sfiducia e di smarrimento che caratterizza l’approccio dei genitori o aspiranti tali e che è stato particolarmente rafforzato dagli ultimi casi di cronaca, in particolare l’inchiesta aperta dalla procura di Torino, sulla presunta truffa dell’ente per le adozioni internazionali “Enzo B”, che avrebbe preso incarichi, percependo significative somme di denaro, da un centinaio di famiglie, senza poi perfezionare la procedura adottiva e senza restituire e giustificare le somme non spese;
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appare opportuno segnalare che in data 8 febbraio 2017 il Ministro pro tempore per i rapporti con il Parlamento ha inteso rispondere durante una seduta di question time in materia, nell’aula della Camera, evidenziando, a proposito delle deleghe in materia di gestione della CAI che “per l’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione per le adozioni internazionali, ricordo che la Commissione è presieduta, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007 n.108, dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un suo delegato. Rientrano quindi nella disponibilità del Presidente del Consiglio dei ministri le valutazioni circa l’opportunità di delegare o meno tale funzione e la relativa tempistica. Il Presidente, nel pieno rispetto della legge, assumerà pertanto le relative determinazioni anche tenuto conto dell’imminente scadenza del mandato dell’attuale vicepresidente della Commissione e di altri componenti della medesima “,
si chiede di sapere:
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Quali iniziative si intendano intraprendere, al fine di rettificare il trend operativo della CAI e dell’intero comparto illustrato in premessa, in ragione delle evidenti criticità, falle e problematiche annoverate;
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Quali decisioni si intendano intraprendere al fine di consentire una celere quanto fattiva riattivazione della CAI, in ossequio al vigente quadro normativo;
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Se si intenda valutare l’eventuale collocazione della CAI presso il Ministero degli affari esteri, al fine di garantire un coordinamento delle attività svolte dagli enti autorizzati all’estero, e la sussidiarietà delle adozioni di minori nei Paesi in cui l’Italia adotta;
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Se si intenda intervenire, anche sotto il profilo legislativo, al fine di individuare e promuovere strumenti volti a garantire il corretto funzionamento della Commissione stessa, attraverso la collegialità, come conditio indeclinabile dell’operato della CAI, al fine ultimo di tutelare, in tempi ragionevoli, l’interesse prioritario dei bambini, sia italiani che stranieri, di vivere e crescere in una famiglia.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=1006414
Segnalato da News Ai. Bi. 17 febbraio 2017
www.aibi.it/ita/adozione-internazionale-nel-caos-di-biagio-ap-riattivare-immediatamente-il-trend-operativo-della-cai-e-collocarla-presso-il-ministero-degli-affari-esteri
{Il sito web della CAI www.commissioneadozioni.it/it.aspx è bloccato al 17 giugno 2016. Ndr}
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CONSULTORI FAMILIARI
Torino. Punto familia (dal 1963). Incontri con i fidanzati. Laboratorio per separati.
Innamorarsi è meraviglioso; amarsi per tutta la vita è un’impresa bella e difficile. Il consultorio offre la possibilità di incontrarvi con esperti e con altre coppie come voi, per aiutarvi a capire se la relazione che oggi vi unisce può costituire una vita insieme.
Per aiutare la coppia a riflettere sul proprio progetto di vita insieme; per migliorare la capacità di comunicazione all’interno della coppia e prevenire conflitti; con l’aiuto di esperti, di volontari e delle altre coppie che condividono il cammino di formazione.
Il percorso è aperto a chiunque desideri approfondire con il proprio partner il senso della scelta matrimoniale come scelta di vita, alla luce del progetto cristiano di famiglia.
Il percorso prevede dal 3 marzo 2017 due incontri alla settimana (mercoledì e venerdì dalle 21.00 alle 23.00) e due week end (da sabato pomeriggio a domenica pomeriggio).
Duranti gli incontri serali è previsto l’intervento dell’esperto per presentare il tema e le riflessioni comuni. Nei week-end sono previsti interventi di esperti, lavoro di coppia e in gruppo, momenti di incontro con le altre coppie.
Sono previsti alcuni incontri di conoscenza e sensibilizzazione rivolti ai genitori – futuri suoceri; al termine del percorso verrà proposta anche “la cena dei suoceri”, momento di incontro dei fidanzati e delle loro famiglie.
Tematiche: Etica, Psicologia, Diritto di famiglia, Medicina, Cucina, Sociologia
Le lezioni di cucina consistono nella spiegazione e preparazione dei piatti a cura dell’esperto. A seguire, la cena per gustare i piatti presentati.
Il percorso che vi proponiamo, unico in Italia, è ricco, impegnativo, sperimentato ma attuale, gioioso e appetitoso……un po’ come il matrimonio!
Mercoledì 22 febbraio 2017 alle ore 21 presso il Punto Familia avrà inizio un nuovo Laboratorio Separati. E’ un gruppo interattivo di confronto, di condivisione e di crescita. Nelle serate vengono affrontati i temi relativi alla separazione coniugale. I partecipanti (massimo 12) sono sostenuti ed aiutati da due conduttori, consulenti familiari, che hanno la funzione di facilitare la comunicazione, lo scambio e la rielaborazione di esperienze.
Gli obiettivi del Laboratorio sono:
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Superare l’impasse dell’evento separazione,
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Riconoscere e valorizzare i vissuti emotivi,
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Ritrovare le positività e proiettarsi verso il futuro,
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Affrontare in modo adeguato la genitorialità
Il percorso prevede dodici incontri con cadenza quindicinale in orario serale.
http://www.puntofamilia.it/news/219-gruppi-per-separati.html
http://www.puntofamilia.it/coppia-corsi/costuire-in-due.html
Il Punto Familia è stato riconosciuto come associazione dalla Regione Piemonte con provvedimento n. 11-39234 del 24/7/90. É un centro di ispirazione cattolica, e offre i propri servizi nel pieno rispetto delle convinzioni personali di ciascuno. Ogni anno il Punto Familia registra circa 24.000 presenze. La maggior parte delle persone arriva al Centro indirizzata da altri che lo hanno già frequentato.
Dal 2005 il Punto Familia fa parte della Rete fra Consultori Familiari Privati e Centri d’Ascolto che raccoglie al suo interno 6 centri qualificati nella relazione di aiuto del singolo, alla coppia e della famiglia situati nel territorio di Torino. La Rete nasce per accogliere chiunque sia in situazione di disagio e bisogno, secondo i principi del primato della persona e nel rispetto delle scelte come espressione della libera coscienza personale. Gli scopi che ci si prefigge aderendo a questa realtà sono di accoglienza, sostegno, educazione, offerta quindi di strumenti e risorse alle famiglie perché mantengano o ritrovino relazioni interpersonali consoni al loro benessere.
Insieme con la Rete, il Punto Familia è presente anche all’interno del Centro Relazioni e Famiglie istituito dal Comune di Torino nel 2010, realizzato con il contributo della Regione Piemonte e del Fondo Nazionale delle Politiche per la Famiglia. www.puntofamilia.it
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Alessandria La festa degli innamorati
L’Ufficio per la Pastorale famigliare della Diocesi di Alessandria ha organizzato anche quest’anno la “Festa degli innamorati“, un appuntamento creato in collaborazione con Azione Cattolica ed il Consultorio Ucipem della Diocesi. Nei saloni dell’Alexandria International School di via Don Orione 1 ad Alessandria, parlerà Laura Ferrari dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano.
Psicologa, Collaboratrice del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, Docente di Psicologia dei Gruppi e Psicologia Sociale e della Famiglia presso l’Università Cattolica di Milano e di Brescia, Docente del Corso di Alta Formazione “Conduttori di gruppi per coppie e genitori: i Percorsi di Enrichment Familiare” e del corso “Educazione all’affettività e alla sessualità: Teen Star”, Laura Ferrari affronterà il tema della coppia, della passione, dell’unione e dell’amore fecondo ispirandosi ad alcuni riferimenti Biblici.
Ci saranno anche laboratori che coinvolgeranno interattivamente i partecipanti ed una breve rappresentazione teatrale in chiave divertente ispirata agli argomenti della giornata.
Sarà presente alla giornata anche il Vescovo, Mons. Guido Gallese.
https://radiogold.it/tempo-libero/75543-incontro-riflettere-rapporto-coppia
Mantova, on line Etica, salute e famiglia – febbraio 2017
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Coppia e instabilità del matrimonio. Una lettura “consultoriale” di Amoris Lætitia Gabrio Zacchè
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Conoscersi e riconoscersi. Da stranieri a fratelli Anna Orlandi Pincella
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Nuove povertà e fragilità sociali: alcune note per rilanciare dibattito e azione Chiara Mortari
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A scuola della Amoris Lætitia: nuovi incontri nella Diocesi mantovana Gabrio Zacché
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Informazione e formazione sanitaria Quale etica? Gabrio Zacché
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Psicologo mi dica. I giovani e la conquista della sicurezza (parte 3°) Giuseppe Cesa
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Il post del mese Anna Orlandi Pincella
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/104-etica-salute-famiglia-febbraio-2017
Una lettura “consultoriale” della esortazione apostolica Amoris Lætitia.
1. Due libri mi hanno formato su questi temi. Il primo L’arte di amare dello psicanalista Erich Fromm. È stato molto utile durante la mia prima giovinezza nel darmi consapevolezza per la personale vita affettiva. Questo il messaggio: l’amore è indispensabile all’esistenza, eppure in molti casi si ignora il suo vero significato. Per lo più l’amore viene scambiato con il bisogno di essere amati, così che da atto creativo si trasforma in un tentativo egoistico di piacere. Il vero amore, invece, è un sentimento molto più profondo, che richiede sforzo e saggezza, umiltà e coraggio, ma soprattutto è qualcosa che si può imparare.
Il secondo, scoperto quando ero già professionalmente impegnato, è Amore. Come stare insieme tutta la vita dello psicologo Valerio Albisetti (1992). Il messaggio è questo: l’innamoramento realizza i propri bisogni, inizia e termina nelle illusioni e nel sesso. L’amore, invece, proprio perché inserito in un cammino di crescita psico-spirituale, pur affondando le radici nel suo desiderio vitale, nell’attrazione fisica, obbliga a uscire da una logica individualistica, verso una logica di accoglienza, di ascolto, di servizio nei confronti dell’altro/dell’altra.
A tal proposito ecco la riflessione scritta da una giovane alla conclusione di un nostro corso: “In molti crediamo di amare, e molto, ma pochissimi sanno amare, e molti di meno ancora sanno cosa è essere amati ed amare. Tutti diciamo che l’amore si riconosce dalla passione, ma questa è solo un catalizzatore dell’amore. Tutti diciamo che per l’amore non basta l’affetto, eppure l’affetto è la base dell’amore. Da mille e mille anni l’uomo si chiede cosa è l’amore. Molti di quelli che pensano di farlo, lo fanno forse solo edonisticamente: è per questo che tanti amori oggi spesso finiscono, perché mai sono iniziati, perché mai sono stati innaffiati, ma abbandonati a sé stessi”.
2. Queste conoscenze psicologiche, antropologiche e sociali sui vissuti dell’amore fondano la lettura che noi facciamo della famiglia contemporanea, caratterizzata da instabilità con conseguenti criticità, separazioni e divorzi. La nostra mission è educare, formare, far cultura, accompagnare, far capire, nel rispetto della libertà di ciascuno. Nelle coppie vi è molta ingenuità, direi “candore”. I condizionamenti esterni sono fortissimi, ed è fondamentale l’avere maturità e consapevolezza delle dinamiche relazionali in gioco.
Un aspetto prevalente della mentalità di oggi è l’individualismo. Un’enfasi estrema sulla libertà intesa come autonomia assoluta, nel senso latino di absoluta, svincolata da ogni rimando che non sia il soggetto stesso, escludente ogni relazione che crei obblighi con chi è diverso da sé. Una libertà senza riferimento a un sistema di valori che trascenda l’individuo. E’ il soggetto che crea i propri valori, poiché ogni valore è relativo(relativismo) ed il criterio ultimo del bene è l’autorealizzazione, quindi il soddisfacimento dei propri desideri e bisogni.
Seguiamo coppie che scoppiano talvolta anche poco dopo essersi sposate. Si tratta di coppie giovani che subiscono una realtà dove tutto è provvisorio e precario, a cominciare dal lavoro, dove si vivacchia senza mai decidere, dove vivere in armonia con sé stessi e gli altri diventa un mito; dove il generare non sempre è vissuto in modo responsabile. Quante volte vengono da noi senza mettere in discussione le loro scelte di separazione, pensando che questa sia innocua per i figli piccoli, sperando che noi possiamo seguirli nel loro maturare così da evitare loro la sofferenza, mentre la coppia, senza consapevolezza della gravità, li mette l’uno contro l’altro genitore.
Queste coppie non prevedono il carico di sofferenza aggiuntivo che ci sarà anche nella propria vita, il danno anche materiale che al singolo ne deriva, senza quella solidarietà economica, ad esempio, che nel contesto attuale è anche fonte di benessere.
Il dissidio, i risentimenti e le conseguenti sofferenze interiori in molti casi continuano anche una volta effettuata la separazione, poiché alla separazione legale non corrisponde quasi mai la separazione affettiva e psicologica. La libertà ritrovata li espone poi a nuove avventure sentimentali che li lasciano alla fin fine sempre più soli, specie quando interviene la malattia. In queste circostanze non aiuta certo il nuovo amore-passione che ha fatto scoppiare la relazione precedente.
Sembra razionalmente assurdo, ma molti si sono sposati senza conoscersi, concentrati come sono sugli aspetti piacevoli ed attraenti della relazione.
3. Cosa aiuta la stabilità della coppia? Va premesso che nel corso del tempo, gli elementi più appariscenti dell’iniziale vita in comune (aspetto fisico, attrattiva, piacere, intesa sessuale) tendono a decadere e richiedono pertanto la presenza di altri parametri: i valori, la conoscenza e la comprensione dell’altro, l’educazione comune dei figli, e, perché no, le necessità economiche. La loro assenza si fa sentire nel momento della crisi: la vita di coppia conosce tappe differenti e richiede di rimotivare a più riprese la scelta compiuta.
Per superare il logorio del tempo noi insegniamo:
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A recuperare la comunicazione, evitando che la persona amata pian piano diventi estranea.
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Ad ascoltare. L’ascolto è indispensabile per la qualità della relazione.
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A perdonarsi. La vicinanza affettiva aiuta a perdonarsi.
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Ad accettare realisticamente i conflitti. Fanno parte della vita. Importante è che ci sia il desiderio reciproco di venirsi incontro.
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Ad impegnarsi. L’affetto esprime il meglio di sé quando è unito alla volontà.
4. Guardando l’Esortazione apostolica, ci troviamo in perfetta sintonia. Si descrive il contesto familiare come noi operatori quotidianamente sperimentiamo, in un’ottica realistica, mentre valori di riferimento sono gli stessi che anche noi proponiamo come consultorio di ispirazione cristiana.
Così leggiamo:
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Circa l’amore e la reciproca conoscenza: “L’amore ha bisogno di tempo disponibile, che metta altre cose in secondo piano. A volte il problema è costituito dal ritmo frenetico della società” (AL 224).
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“Molti arrivano alle nozze senza conoscersi. Si sono solo divertiti insieme, hanno fatto esperienza insieme, ma non hanno affrontato la sfida di mostrare sé stesi e di imparare chi è realmente l’altro” (AL 210).
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Circa la sfida delle crisi: “La reazione immediata è fare resistenza … si usa il metodo di negare i problemi, nasconderli, relativizzare la loro importanza … In una crisi non affrontata, quello che più si compromette è la comunicazione …In tal modo quella che era ‘la persona che amo’ a poco a poco … diventa alla fine un estraneo” (AL 233).
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Circa i figli: “E’ irresponsabile rovinare l’immagine del padre o della madre con l’obiettivo di accaparrarsi l’affetto del figlio, per vendicarsi o per difendersi, perché questo danneggerà la vita interiore di quel bambino e provocherà ferite difficili da guarire” (AL 245).
E così via, con proposte concrete su cui riflettere e confrontarsi che riguardano la pastorale familiare e non solo.
5. Noi, come consultorio voluto inizialmente dal CIF (Centro Italiano Femminile) alla fine degli anni ’60, quando la crisi della famiglia iniziava ad affacciarsi anche in Italia, abbiamo ampliato e perfezionato le nostre riposte. Inizialmente si voleva creare un luogo dove la persona in difficoltà potesse incontrare professionisti esperti nell’affrontare problematiche personali, di coppia o generazionali. Poi, pur mantenendo questa fondamentale attività, abbiamo esteso l’impegno alla formazione prematrimoniale (sia nelle parrocchie che in ambienti laici), all’educazione all’affettività nelle scuole (non solo informazione sessuale), alla preparazione alla genitorialità nelle gravide (non solo preparazione al parto in sé) coinvolgente sempre anche la figura maschile. Oggi ci rivolgiamo con incontri aperti anche ai genitori di adolescenti, guidiamo incontri per persone separate, siamo disponibili, seguendo le indicazioni del nostro Sinodo Diocesano, per contribuire alla formazione di operatori della pastorale familiare, capaci di accompagnare con competenza giovani, famiglie e coppie in difficoltà. Gabrio Zacchè
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/104-etica-salute-famiglia-febbraio-2017
consultorio@consultorioucipemmantova.it
Padova. Il potere della lettura
In questo mese parliamo di:
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Ben-essere in famiglia di Gilberto Gillini e Mariateresa Zattoni, edizioni Queriniana. Come informa il sottotitolo, si tratta di “Proposte di lavoro per l’autoformazione di coppie e di genitori”: un testo pratico e intrigante, in cui storie autentiche di famiglie comuni sono accompagnate da schede e domande per discutere insieme, in coppia, o, meglio ancora, per avviare laboratori in un gruppo di famiglie che abbiano deciso di affrontare temi importanti inerenti al vissuto di tutti i giorni.
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Corrierino delle famiglie di Giovanni Guareschi, edizioni BUR Rizzoli. L’oggetto di questo libro è la vita quotidiana; lo scrittore, conosciutissimo per i romanzi della saga “Don Camillo e Peppone”, ha molto da offrire anche nei libri in cui parla della sua famiglia nei quali racconta, in modo divertente e anche un po’ surreale, le avventure di tutti i giorni. Si ride, a volte ci si commuove e si guarda forse con un po’ più di comprensione e indulgenza la quotidianità non sempre facile della vita in famiglia.
La mia opinione. Dalla mia esperienza in consultorio, molte volte “ho respirato in diretta” quanto male si possa stare in famiglia, anche senza “niente di grave”. Questi libri potrebbero essere un prezioso, anche se minimo, sollievo al peso della quotidianità sia per le benefiche risate che suscita la lettura del secondo, sia per la proposta del primo, dove si invita a scoprire nel confronto con altri che non si è soli a portare pesi che a volte sembrano troppo grandi.
Silvia Crippa insegnante, psicologa, psicoterapeuta, mediatore familiare;
in consultorio opera come psicoterapeuta e consulente familiare.
www.consultorioucipem.padova.it/index.php/letture-proposte/letture-febbraio-2017.html
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CONVIVENZE DI FATTO
Convivenze di fatto. Chiarimenti del Ministero dell’Interno.
Dichiarazioni valgono per accertare non costituire. Il ministero dell’Interno è intervenuto in materia di convivenze di fatto con nota n. 231 del 6 febbraio 2017, dopo che allo stesso era stato demandato un parere circa l’applicazione del comma 36 dell’articolo 1 della Legge n. 76/2016. Quest’ultimo prevede: “…si intendono per “conviventi di fatto” due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
Nel fornire chiarimenti, il dicastero ha rinviato, in primo luogo, alle indicazioni sugli adempimenti anagrafici in materia di convivenza di fatto, contenuti nella circolare del medesimo n. 7, datata 1° giugno 2016, secondo la quale l’iscrizione delle convivenze di fatto deve essere eseguita secondo le procedure già previste e disciplinate dall’ordinamento anagrafico ed, in particolare, dagli articoli 4 (famiglia anagrafica) e 13 (dichiarazioni anagrafiche) del DPR n. 223/1989, come espressamente richiamati dal comma 37 dell’articolo 1, Legge n. 76/2016.
E’ stato, quindi, precisato che il comma 37 medesimo, nel prevedere che per l’accertamento della stabile convivenza si faccia riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui agli articoli appena citati, finalizza espressamente gli istituti propri dell’ordinamento anagrafico all’accertamento della stabile convivenza e non già alla costituzione della convivenza di fatto.
Disciplina convivenze applicabile solo a residenti in Italia. Il parere è stato reso nell’ambito di una vicenda in cui il Comune di Milano aveva risposto negativamente alla richiesta di costituzione della convivenza di fatto tra due cittadini italiani all’estero, diniego comunicato all’ambasciata di Bangkok ed oggetto di segnalazione da parte del ministero degli Esteri.
Lo stesso era fondato sull’assunto che la disciplina introdotta dalla Legge n. 76/2016 in materia di convivenze di fatto si applica, per espressa previsione normativa, solo a cittadini italiani o stranieri residenti in Italia e non se ne prevede l’applicazione ai cittadini iscritti in AIRE – Anagrafe Italiani residenti all’estero.
In detto contesto – ha concluso il ministero nella nota n. 231/2017 – applicando la generale disciplina in materia di iscrizione dei cittadini residenti all’estero, il Comune “provvederà a registrare i suddetti cittadini nella medesima scheda di famiglia anagrafica AIRE in quanto iscritti nello stesso comune AIRE e residenti allo stesso indirizzo estero”. www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16740.pdf
Eleonora Pergolari Edotto 14 febbraio 2017
www.edotto.com/articolo/convivenze-di-fatto-chiarimenti-interno?newsletter_id=58a2e58ffdb94d114c2e8bc0&utm_campaign=PostDelPomeriggio-14%2f02%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=convivenze-di-fatto-chiarimenti-interno&guid=557c3a16-9238-42ec-babe-44eb3559a1f2
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DALLA NAVATA
VII Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 19 febbraio 2017
Levitico 19, 18. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo come te stesso. Io sono il Signore.
Salmo 103, 12. Quanto dista l’oriente dall’occidente, così Egli allontana da noi le nostre colpe.
1 Corinzi ..03, 22. Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Matteo 05, 48. Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).
L’amore per il nemico.
Dopo le prime quattro antitesi annunciate da Gesù nel “discorso della montagna”, ecco le ultime due, nelle quali appare ancora la “differenza” richiesta da Gesù ai suoi discepoli rispetto alla Legge di Mosè, confermata ma approfondita e reinterpretata.
In questo caso viene messa a fuoco la violenza: come arginarla? Come rispondere a essa? Certo, nella Torah si trova scritta la “legge del taglione”, della reciprocità tra chi ha offeso e chi è stato offeso (cf. Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21), legge data per impedire il deflagrare degli eccessi della violenza, che facilmente viene moltiplicata per ripagare l’aggressore. Si ricorda, ai primordi dell’umanità, il canto selvaggio e barbaro di Lamek, che si vantava di vendicarsi non sette volte, come Caino, ma settanta volte sette (cf. Gen 4,24). Dunque la legge del taglione è un limite, un argine alla violenza: “Occhio per occhio e dente per dente”. Non scandalizziamoci di fronte a questa ingiunzione, perché ancora oggi siamo testimoni di fenomeni di vendetta moltiplicata, come la “faida” o la rappresaglia nelle guerre, nelle lotte razziali, nella violenza terroristica.
Ebbene, con la sua autorità Gesù può dire anche in questo caso: “Ma io vi dico di non resistere al malvagio”, proponendo una pratica di non-violenza che è un nuovo modo di resistenza attiva, una resistenza inaudita perché mite, umile, misericordiosa. Solo così si può arrestare la reazione a catena della violenza. È in questa logica di non-violenza che Gesù propone dei casi, degli esempi di violenza subita, indicando come rispondervi. “Se uno ti percuote con uno schiaffo”, fatto quotidiano anche nella vita famigliare, “se tu vuoi essere discepolo porgi l’altra guancia”. Linguaggio semitico, per noi forse eccessivo, che non vuole suggerire un’esecuzione materiale del comando, ma piuttosto indica lo “spirito” che deve ispirare l’atteggiamento verso l’aggressore. Non a caso, secondo il quarto vangelo, dopo aver ricevuto uno schiaffo da una delle guardie del sommo sacerdote, Gesù non gli porge l’altra guancia (cf. Gv 18,22), ma replica con assoluta mitezza: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23). Questo comando rivolto personalmente a ogni discepolo non esige ingenuità né passività di fronte alla violenza, ma richiede di essere sempre “artefici di pace” (Mt 5,9). E nel caso di un pignoramento, se viene tolta la tunica, Gesù chiede di dare anche il mantello, che la Legge vieta di togliere al povero (cf. Es 22,25-26; Dt 24,10-13).
Ma ripeto: Gesù non predica rassegnazione, non chiede di lasciare che l’ingiustizia trionfi, ma chiede un atteggiamento creativo, sempre capace di toccare l’aggressore, di fargli ascoltare una domanda che egli non si pone. In ogni caso, davanti all’ingiustizia patita, occorre non tacere mai, non fuggire, ma intervenire, pur rinunciando sempre all’offesa e alla violenza. Sempre si tratta di “vincere il male con il bene” (cf. Rm 12,21). Ciò è richiesto al discepolo anche quando è costretto a fare strada da qualcuno, a quei tempi spesso l’occupante romano: accetti di camminare più di quanto gli è richiesto. Perché la logica evangelica è rispondere al male facendo il bene, rispondere positivamente a chi ha bisogno.
Segue la sesta e ultima antitesi: “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo’ (Lv 19,18) e odierai il tuo nemico, ma io vi dico…”. Nella Torah non sta scritto materialmente da nessuna parte di odiare il nemico, ma resta vero che nelle Scritture vi sono testi che non solo giustificano l’odio per il nemico, ma lo richiedono, soprattutto se il nemico personale è sentito anche come nemico di Dio. Al riguardo, va denunciato un vizio tipico delle persone religiose: quando hanno un nemico personale, facilmente, pensando che Dio sta dalla loro parte, si sentono autorizzate a odiarlo a nome di Dio, pregando addirittura contro di lui salmi di imprecazione. Emblematico è il caso del salmo 139: “Non devo forse odiare chi ti odia, detestare i tuoi avversari, Signore? Li odio con odio implacabile, li ritengo miei propri nemici!” (Vv. 21-22). Sì, le persone religiose odiano più intensamente delle altre, ritenendosi giustificate e appoggiate da Dio!
Ecco perché Gesù toglie ogni possibilità a questa deriva e non asseconda neppure il linguaggio immaginifico di cui vi sono tracce negli scritti di Qumran: “Amerai i figli della luce e odierai i figli delle tenebre”. Al contrario, egli comanda: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. Parole scandalose, inaudite, che sembrano trascendere le nostre capacità umane. Eppure questa è per Gesù nient’altro che l’interpretazione del comandamento: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Ovvero, lo amerai sempre, in ogni situazione, anche quando ti è nemico, anche quando ti fa del male; anzi, simultaneamente all’offesa ricevuta, continuerai ad amare di un amore che si spinge fino a pregare, a chiedere a Dio il bene per il persecutore. Può forse un cristiano classificare come nemiche e odiare quelle persone alle quali Dio, Padre di tutti, concede senza alcuna discriminazione il sole (la vita) e la pioggia (la fecondità), i beni della creazione?
Il discepolo di Gesù capovolge la logica delle Scritture dell’Antico Testamento. Se nei salmi è richiesto di pregare contro i nemici (cf. Sal 16,13; 27,4; 68,23-29, ecc.), Gesù invece chiede di pregare per il loro bene, di benedire chi maledice (cf. Lc 6,28). Se egli lo chiede, è perché questo è l’atteggiamento di Dio, come l’Apostolo attesta nella Lettera ai Romani: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi … Quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio” (Rm 5, 8.10). Questa è la “differenza cristiana”, la differenza del discepolo di Gesù rispetto a giudei o pagani, indifferenti o non credenti. Amare l’altro nella sua irriducibile alterità, al di fuori di ogni logica di reciprocità, che richiede il contraccambio e il riconoscimento reciproco dei diritti. Spetta dunque al cristiano vincere la paura del diverso, avere il coraggio di opporre il bene al male, assumere un comportamento pieno di amore gratuito verso i nemici, chiedere a Dio il bene, la felicità, la vita dell’aggressore. David Flusser, un grande studioso ebreo che pure era affascinato e in attento ascolto di Gesù, diceva che questo suo comando era l’unico che non poteva trovare realizzazione, ma era destinato a restare utopia. Eppure la storia testimonia di discepoli e discepole che, come Stefano, il primo martire cristiano, hanno vissuto questo comando fino alla morte, invocando il perdono (cf. At 7,60), come Gesù aveva fatto sulla croce (cf. Lc 23,34).
Chi pratica questo comandamento di Gesù sperimenta il compimento della promessa di “essere figlio del Padre che è nei cieli”, il quale ama tutti di un amore che non va meritato e che non dipende dall’essere buoni o malvagi, giusti o ingiusti. Così si può essere téleioi, completi, nella pienezza dell’amore, come “Dio è amore” (1Gv 4, 8.16). Se nella Torah il comando era: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2; cf. 1P 1,16), nelle parole di Gesù esso è interpretato come “Siate perfetti, capaci di una giustizia superiore, come Dio, il Padre”. E significativamente in Luca diventerà: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36), come già interpretava la parafrasi aramaica del Targum (su Lv 22,28): “Dice il Signore: ‘Come io sono misericordioso nei cieli, così voi sarete misericordiosi sulla terra”.
http://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11227-l-amore-per-il-nemico
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GRUPPI DI PAROLA
Gruppo di parola per figli di separati 6-11 anni, in partenza a marzo 2017.
I bambini dicono “I miei genitori si separano!” Un “Gruppo di Parola” è un luogo per lo scambio ed il sostegno tra bambini dai 6/12 e 11/15 anni i cui genitori sono separati o divorziati.
Perché un gruppo di bambini? I bambini sono coinvolti nella separazione dei loro genitori: non sanno bene come esprimere la rabbia, la tristezza, i dubbi, le difficoltà che incontrano per la separazione di papà e mamma. A volte non sanno con chi parlarne…
Partecipare al “Gruppo di Parola” permette loro di:
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Esprimere ciò che vivono attraverso la parola, il disegno, i giochi di ruolo, la scrittura
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Avere delle informazioni, porre delle domande
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Mettere parola su sentimenti, inquietudini, paure
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Uscire dall’isolamento e trovare una rete di scambio e di sostegno tra pari
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Trovare modi per dialogare con i genitori e per vivere la riorganizzazione familiare
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Affrontare tematiche importanti in un ambiente accogliente, per un tempo limitato con il consenso dei due genitori e con l’aiuto di professionisti esperti nell’ascolto dei bambini che vivono in famiglie separate o in famiglie ricostituite.
I responsabili
Costanza Marzotto, psicologa e mediatrice familiare
Paola Farinacci, mediatrice familiare
Marta Bonadonna, psicologa e mediatrice familiare
In collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla famiglia, dell’Università Cattolica.
Il Gruppo di Parola si terrà: mercoledì 15, 22, 29 marzo e 5 * aprile 2017 dalle17.00alle19.00
*Il quarto incontro è diviso in due momenti: la prima ora con i bambini e la seconda anche con i papà e le mamme per uno scambio tra genitori e figli.
I genitori sono invitati a un incontro prima dell’avvio del gruppo che si terrà mercoledì 8 marzo alle ore 18.30 e possono chiedere un colloquio successivo agli incontri con le conduttrici del Gruppo.
http://progetti.unicatt.it/progetti-milan-brochureGDPmarzoaprile_17.pdf
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Congedo obbligatorio di maternità 2017
Maternità, tutto quello che c’è da sapere: congedo obbligatorio, durata, flessibilità, trattamento lavoratori dipendenti, parasubordinati, domestici e autonomi.
Il congedo di maternità, conosciuto anche come astensione obbligatoria per maternità, o aspettativa per maternità, è un periodo di assenza dal lavoro retribuito e riconosciuto obbligatoriamente prima e dopo la nascita del bambino (o nei casi di adozione e affidamento), sia per le lavoratrici madri che, in alcuni casi particolari, per i padri lavoratori.
Durante questo periodo di assenza obbligatoria dal lavoro la lavoratrice percepisce un trattamento economico direttamente dall’Inps (o del diverso ente previdenziale, se lavoratrice autonoma o libera professionista), in sostituzione della normale retribuzione. Tale indennità può anche essere integrata, per le lavoratrici dipendenti, dal datore di lavoro, secondo le previsioni della contrattazione collettiva.
È importante sottolineare che il periodo di astensione obbligatoria per maternità costituisce un diritto indisponibile, cioè al quale la lavoratrice non può rinunciare, anche in assenza di controindicazioni mediche.
La disciplina di tale congedo è rimasta per lo più immutata nel corso degli ultimi anni: il 2016 vede la stabilizzazione di alcune misure affacciatesi nel 2015 grazie al Jobs Act, quale la sospensione del congedo nel caso di ricovero del neonato. Il testo prosegue
Noemi Secci LPT 15 febbraio 2017
www.laleggepertutti.it/150990_congedo-obbligatorio-di-maternita-2017
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OMOADOZIONE
È soprattutto il punto di vista dei figli (cioè dei più deboli) ad essere gravemente sottovalutato.
Il medico e teologo Carlo Casalone S. J., docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli), nel proprio contributo (Concepire il figlio a Babele: chi sono i genitori?) pubblicato sul n. 15 della rivista “Lemà sabactàni?” (Pagg. 13-24) dedicato al confronto tra eterologa e adozione, delinea i tratti salienti di quel discorso che oggi prevale circa i rapporti tra genitori e figli, svolto per lo più a partire dalla prospettiva delle scienze umane: un esercizio non sempre in grado di offrire una specie di “visione coerente” per affrontare le questioni legate alla genitorialità e filiazione.
Casalone nella prima parte del contributo illustra come si sia passati da un modello esclusivo alla moltiplicazione dei riferimenti: a partire da una rappresentazione molto unitaria e compatta del rapporto tra genitori e figli, i legami sottesi alla coesione del sistema familiare si sono gradualmente allentati e disarticolati. Ciò sarebbe avvenuto a motivo di una molteplicità di fattori, scuotendo evidenze che sembravano scontate.
Oggi si può decidere quanti figli mettere al mondo e quando farli nascere. Si può pure scegliere come e con chi diventare genitore: con un partner o senza, anche essendo sterile od omosessuale, eventualmente ricorrendo alla mediazione dell’istituzione medica. L’aumento di coppie che si formano in seguito alla conclusione di precedenti esperienze di matrimonio o di convivenza conduce i figli a stabilire legami con diverse figure che assumono funzioni paterne o materne parziali, in precedenza per lo più unitariamente svolte da singole persone.
È posto in questione il modello esclusivo di filiazione, che da singolare diventa molteplice, per cui si parla di genitorialità multipla, facendo nascere domande radicali su cosa significhi essere genitore e su come lo si diventi. Casalone così sintetizza e analizza gli elementi che hanno contribuito a questo esito: il cambiamento dello status delle donne (1), che è in seguito entrato a far parte di una più ampia riflessione sul tema del genere (gender) (2), e le nuove tecnologie in ambito biomedico (3).
In questo contesto sono maturate diverse considerazioni che cercano di non fermarsi solo al punto di vista dei genitori, ma di far valere anche le istanze dei figli. Preso atto delle difficoltà che la variegata situazione determina nella formazione della personalità, si sono cercate vie per tutelare i diritti e per favorire il cammino di crescita dei figli. Anzitutto, vista l’importanza del riferimento e della conoscenza dei genitori «naturali» nella formazione della personalità, si è discusso su come garantire ai figli la possibilità di conoscere la propria origine biologica, come parte integrante dell’identità, un’opportunità offerta come scelta possibile ai figli, ma che richiede la disponibilità dei genitori. Si affermano così vari tentativi di regolamentare le situazioni di fatto, giungendo a riconoscere forme di plurigenitorialità mentre il bambino contrae una serie di doveri differenziati nei confronti di coloro che lo hanno messo al mondo e/o fatto crescere.
I risultati poco soddisfacenti a cui conducono i vari tentativi di tutelare i figli spingono Casalone a un supplemento di indagine: si tratta da un lato di ascoltare con attenzione i dati raccolti dalle scienze umane, troppo facilmente trascurati; dall’altro di ricorrere a una riflessione più profonda per meglio comprendere il senso della genitorialità e della filiazione.
È soprattutto il punto di vista dei figli (cioè dei più deboli) ad essere gravemente sottovalutato e a mostrare la necessità di una comprensione più articolata e ricca di che cosa significhi essere genitori. Si tende anzitutto a non considerare con sufficiente serietà le ricadute problematiche, pur ampiamente descritte in letteratura, nel caso di fratture nelle relazioni familiari, di moltiplicazione delle figure parentali o di assenza dei genitori biologici (sia nell’adozione, sia nella donazione anonima). Gli studi sulle adozioni omosessuali sono, da parte loro, piuttosto insoddisfacenti. Le ricerche spesso citate per «dimostrare» che i bambini passano incolumi in questa esperienza confermano piuttosto il contrario di quanto vorrebbero. In sintesi – afferma Casalone – sembra che i tentativi fatti per tutelare gli interessi dei figli nelle variegate costellazioni relazionali che incontriamo nella nostra società, risultino ampiamente insufficienti e conducano a esiti paradossali.
Inoltre, la filiazione viene astratta dalla fonte da cui prende origine e considerata in modo isolato, come se fosse uguale attribuirla a una persona singola o a una coppia impegnata in un patto stabile di alleanza e in un progetto di vita comune. Al contrario, va sottolineato con forza come «L’amore dei genitori per il loro figlio non è solo individuale: è anche indiretto, condiviso, mediato dal legame che unisce i genitori tra loro. L’intreccio tra coniugale e genitoriale (parental) è molto profondo, nei due sensi». Le disavventure dell’alleanza coniugale, quanto a stabilità ed equilibrio, si ripercuotono nella vita dei figli. Le sue qualità e durata sono da tutelare per l’interesse della progenie.
Per quanto riguarda il benessere dei figli nelle coppie omosessuali, la domanda non è tanto se i bambini siano abbastanza resistenti da adattarsi ai desideri degli adulti, quanto piuttosto quali siano le migliori condizioni in cui essi possono dispiegare tutti gli aspetti della loro umanità. L’amore tra persone non è solo affetto, ma anche sostegno attivo delle condizioni di crescita dell’altro. Non si discute delle competenze personali, talvolta migliori nelle coppie omosessuali, ma delle più ampie e profonde dinamiche strutturali.
I genitori si trovano al crocevia di legami diversi e sono chiamati, per corrispondere in senso pieno alla responsabilità implicata nel gesto della generazione, ad assumerli in modo unitario, impegnandosi a custodirne e favorirne la maggiore coesione possibile: sia i legami interpersonali, nella coppia e con le generazioni nella famiglia, sia i legami tra le diverse dimensioni della filiazione (genetica, legale e socio-educativa). In questo modo – sostiene Casalone – verrà tutelato il maggior bene dei figli, che hanno bisogno di stabilità e di unità nel loro esigente compito di maturazione personale e relazionale.
La Pietra scartata 13 febbraio 2017
www.lapietrascartata.it/spiritualita/adozioni-ai-gay4-nella-babele-della-generazione-e-degli-aspiranti-genitori
Adozioni per le coppie gay? Ancora equivoci, smarrimenti e nuove forzature
Il dibattito riaperto dopo la pubblicazione della Relazione finale sullo “Stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione e affido” presentata in Commissione giustizia della Camera che pare “sdoganare” o quanto meno aprire alla possibilità di adottare per le coppie omosessuali, ma anche per la persona singola, visto che la “responsabilità genitoriale non deve ritenersi più vincolata ad un mero fattore di carattere biologico”, suggerisce di riprendere alcune riflessioni e approfondimenti sul tema dell’identità e dignità dei figli nonché sul significato di “genitorialità”.
Vedi allegato 1 pag. 34
http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/02/08/leg.17.bol0763.data20170208.com02.pdf
Un esercizio che è stato svolto a più voci, secondo diverse prospettive – con i preziosi contributi di Carlo Casalone (Concepire il figlio a Babele: chi sono i genitori?), Luciano Eusebi (Se il desiderio del figlio diventa diritto …), Matteo Martino (Padre e madre. Pensare la relazione genitori e figli nel nostro tempo), Massimo Reichlin (Adozione, adozione degli embrioni, fecondazione eterologa: analogie e distinzioni), Maurizio Chiodi (Tra fecondazione eterologa e adozione. Il figlio come dono, nell’età della tecnica, del mercato e del diritto liberale) – e raccolto nel fascicolo n. 15 della rivista “Lemà sabactàni? – contributi per una cultura dell’adozione” dedicato al tema “Il desiderio di un figlio. Adozione ed eterologa a confronto”, affrontando con pertinenza strane alternative proposte dal dibattito contemporaneo, ambigue similitudini e differenze da chiarire.
Se non costituisce un problema riconoscere che il diritto ad avere figli sia incoercibile (quante volte infatti sono state spese parole contro ogni forma di coercitivo controllo demografico teso ad impedire o inibire il desiderio di “avere figli”?), ciò non autorizza a considerare legittime tutte le modalità per conseguire lo status di “genitori”.
L’acquisto e la vendita di bambini è ancora (chissà per quanto tempo?) considerato un “traffico” di minori, neppure se la loro cessione dovesse avvenire con equo accordo economico tra le parti; tali figli poi “saranno comunque bambini amati”, pare rassicurare qualcuno: speriamo almeno questo, ci mancherebbe, ma resterebbero “venduti” e ciò non compromette la loro dignità, ma pone rilevanti questioni circa la loro strumentalizzazione, ridotti ad oggetto come mai nessuna persona vorrebbe essere trattata.
Quando “si pensa ai figli” capita ormai spesso di ascoltare adulti concentrati solo sui propri desideri rivendicati poi come diritti, spesso ben pretesi, argomentati e conseguiti – con buona pace dei diritti di tutti gli altri soggetti nel caso coinvolti -; difficile riscontrare sensibilità e attenzioni per i desideri e i diritti dei figli: ecco che mentre si lotta per l’ennesima modalità per soddisfare il desiderio di diventare genitori, ci si scorda che l’adozione è e resta l’unica possibilità per un minore orfano o abbandonato di tornare ad essere figlio e non solo un bambino.
Difficile dunque accostare l’adozione a tecniche o prassi di una potenziale genitorialità concepita a prescindere dall’identità filiale del soggetto che viene accolto. Il cammino di avvicinamento all’esperienza adottiva, quando ben percorso, consente di convertire molti pregiudizi e presupposti, ristabilendo un’etica sintesi tra “il desiderio di un figlio” e quello “di essere figlio”.
Non intendiamo giudicare alcun “desiderio di avere un figlio”, ma ci chiediamo se tutte le modalità e i percorsi per “avere dei figli” siano “equivalenti” o “indifferentemente sostituibili” e, soprattutto, se corrispondono coerentemente all’istanza di riconoscere nel “concepito”, partorito o adottato, sempre e almeno un figlio, altro soggetto da me, la cui vita libera e dignitosa è affidata alle mie cure e premure, non alla mia disponibilità (non si dispone infatti della vita altrui a proprio piacimento e neppure se lo si desidera tanto): mai un oggetto (da pretendere, ottenere, costruire, scegliere, produrre, …) o un soggetto da subordinare alla mia volontà.
Come non restare perplessi di fronte alla tendenza che suggerisce di pensare al figlio come ad un desiderio da conquistare ad ogni costo, al “prodotto” di un qualsiasi concepimento, esito ora di un combinato disposto di “materiale organico e genetico”, ora di un contratto tutelato da equo e condiviso scambio?
Pensiamo che talune delle possibilità terapeutiche offerte dalla procreazione medicalmente assistita possano essere opportunità se iscritte nella storia personale di una relazione coniugale, chiamata a misurarsi con la propria ipofertilità o sterilità, mentre riprende e ricerca, anche faticosamente, il senso di un desiderio che tuttavia non può tradursi in dispotico e autoreferenziale processo.
Fondamentale rendere ragione della specificità originale, non altrimenti surrogabile, della generazione propria della fecondità familiare, a fronte di una stagione culturale e sociale in cui i figli escono dalle prospettive delle relazioni coniugali o diventano pretesa di una qualsiasi persona o relazione.
News Aibi 15 febbraio 2017
www.aibi.it/ita/adozioni-per-le-coppie-gay-ancora-equivoci-smarrimenti-e-nuove-forzature
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PARLAMENTO
Camera dei Deputati. 2° Commissione Giustizia Indagini su disposizioni per adozioni e affido.
14 febbraio 2017. E’ proseguito l’esame del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido.
Invito a far pervenire eventuali osservazioni sulla proposta di documento conclusivo entro la fine questa settimana.
http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/02/14/leg.17.bol0766.data20170214.com02.pdf
Senato2 Commissione GiustiziaDisposizioni sul cognome dei figli
14 febbraio 2017. L’Ufficio di Presidenza ha svolto alcune audizioni, nell’ambito dell’esame del Ddl n. 1628, già approvato dalla Camera dei deputati C360 il 24 settembre 2014, e connessi, in materia di attribuzione del cognome ai figli.
www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44852.htm
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SEPARAZIONE E DIVORZIO
La moglie ha diritto di sapere quanto guadagna l’ex marito
Per il TAR il coniuge può accedere alla documentazione patrimoniale dell’altro per difendere il suo interesse giuridico attuale e concreto. Il coniuge ha diritto, anche in pendenza del giudizio di separazione o divorzio, di accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altro coniuge, al fine di difendere il proprio interesse giuridico, attuale e concreto, la cui necessità di tutela è reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata.
È questo quanto stabilito dalla sentenza n. 94/2017 (allegata) recentemente pubblicata dal T.A.R. per la Puglia, che richiama un orientamento consolidato in giurisprudenza seguito anche dal T.A.R. Veneto nella sentenza n. 61/2017 (allegata).
Il caso esaminato dal Tribunale Amministrativo di Bari riguarda l’istanza presentata da una signora all’Agenzia delle Entrate, volta a ottenere l’accesso all’archivio dei rapporti finanziari relativi al coniuge, con il quale pendeva innanzi al giudice competente un giudizio di separazione giudiziale. La moglie imputa all’ex di non aver contribuito al menage familiare, accantonando per questo risparmi che non gli appartengono in via esclusiva.
Tuttavia l’Agenzia respinge l’istanza richiamando la L. 241/1990 e ritenendo che i documenti richiesti non siano detenuti direttamente dall’amministrazione, ma richiedano elaborazione di dati. Di altro avviso il giudice amministrativo il quale precisa, invece, che “il diritto di accesso regolato dalla legge 241 del 1990 è riconosciuto a coloro che per le esigenze di tutela dei propri interessi giuridici abbiano necessità di accedere ad atti detenuti e/o conservati da pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli atti e/o documenti provenienti da privati che siano afferenti all’attività demandata alla pubblica amministrazione che li riceve e che siano necessari per le determinazioni di competenza della stessa, sia nel caso in cui debba adottare un atto richiesto dal privato medesimo, sia che debba invece procedere d’ufficio”.
Ancora, sottolinea il Collegio, gli atti in questione rientrano nell’ampia nozione di documento amministrativo di cui all’art. 22 della legge cit., poiché trattasi di atti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche se sono stati da questa formati.
Altra consolidata giurisprudenza sul punto, infatti, precisa che l’art. 7 del d.P.R. 605/1973 disciplina compiutamente la forma, i contenuti e le modalità di trasmissione di dette “comunicazioni”, nonché la loro destinazione e i loro possibili impieghi da parte dell’Amministrazione. Pertanto, non può sostenersi né che si tratti di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, né tanto meno che si tratti di mere informazioni, rispetto alle quali sarebbe richiesta all’Amministrazione una non esigibile attività di elaborazione e/o estrapolazione.
Infine, precisa la sentenza, con la modifica della legge n. 241 del 1990, operata dalla legge 15/2005, è stata codificata la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi e considerato recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, quando l’accesso sia esercitato prospettando l’esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante.
Nel caso esaminato, stante la presenza di due figli minori, la tutela degli interessi economici e della serenità dell’assetto familiare prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti “sensibili” del coniuge.
D’altronde, il Consiglio di Stato ha considerato dirimente, al riguardo, il fatto che nella specie la richiesta di accesso sia provenuta dal coniuge e non da un “quisque de populo”, e che l’interesse dello stesso, attuale e concreto, alla cura dei propri interessi in giudizio si presentasse sicuramente qualificato (Cons. Stato, sez. IV, sent. 2472/2014).
L’istanza di accesso della ricorrente deve, quindi, ritenersi meritevole di accoglimento, rinvenendosi in capo alla stessa la sussistenza di un interesse qualificato, con l’unica limitazione derivante dal D.M. 29 ottobre 1996, n. 603, art. 5 (lettera a), relativo alla “documentazione finanziaria, economica, patrimoniale e tecnica di persone fisiche e giuridiche, gruppi, imprese e associazioni comunque acquisita ai fini dell’attività amministrativa”, il quale precisa che, pur trattandosi di documenti sottratti all’accesso, va però garantita “la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta”.
Sentenza T.A.R. Bari www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_25031_1.pdf
Sentenza T.A.R. Veneto www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_25031_2.pdf
Lucia Izzo – Newsletter giuridica studio Cataldi 13 febbraio 2017
www.studiocataldi.it/articoli/25031-la-moglie-ha-diritto-di-sapere-quanto-guadagna-l-ex-marito.asp
I fratelli vanno a vivere insieme oppure vengono divisi tra il padre e la madre?
Corte d’Appello di Bari. Sezione famiglia civile, 16 dicembre 2016
In caso di separazione tra marito e moglie, in caso di più figli dalla stessa coppia, i fratelli vanno a vivere insieme oppure vengono divisi tra il padre e la madre? Uno dei tanti problemi che può profilarsi durante una separazione è quello dell’affidamento dei figli se questi sono più di uno: in altri termini, i fratelli hanno diritto a vivere insieme oppure anche loro vengono separati e vanno in parte al padre e in parte alla madre? La soluzione è stata fornita da una recente sentenza della Corte di Appello di Bari.
In caso di separazione dei coniugi, in presenza di più figli, il giudice deve fare in modo che i fratelli vadano a vivere insieme con lo stesso genitore. È questo il cosiddetto criterio del «mantenimento dell’unità» che deve privilegiare, per quanto possibile, il mantenimento dei legami tra i fratelli e sorelle. Resta salva comunque la necessità, per il giudice, di ascoltare i ragazzi e verificare se questi manifestino differenti preferenze, nel qual caso dovrà tenere in debita considerazione le rispettive volontà ed, eventualmente, derogare al criterio dell’unità, disponendo una collocazione separata. Il problema, per ovvie ragioni, si pone comunque solo per i figli minorenni, potendo i maggiorenni scegliere con chi andare a vivere.
Secondo la sentenza in commento, in presenza di figli non ancora diciottenni, il principio della «tutela del minore» richiede, almeno in prima battuta, il mantenimento delle relazioni tra fratelli, salvaguardando il loro diritto a continuare a vivere insieme anche dopo che i genitori si sono separati o abbiano divorziato. Si legge, infatti, nel provvedimento che è «compito del giudice adottare la decisione che si appalesi più giusta, ossia tesa a contemperare il supremo interesse dei minori, tenuto conto della necessità di riconoscere le “loro esigenze” affettive, di preservar loro, la continuità delle relazioni parentali, attraverso il mantenimento della trama familiare, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull’altro genitore, del lasso di tempo trascorso dall’adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti in sede di separazione – nonché – della consolidata abitudine dei tre ragazzi di vivere con il padre e della necessità di garantire la persistenza del legame tra fratelli».
Come detto, ruolo chiave nella scelta, da parte del tribunale, del genitore collocatario è l’audizione del minore: il giudice, ascoltati i figli della coppia in via di separazione, deve valorizzare le preferenze da questi ultimi manifestate e l’eventuale maggiore attaccamento a uno dei due genitori piuttosto che all’altro. Peraltro, quand’anche il figlio/a più grande di età dimostri assenza di preferenze, il giudice deve fare in modo che questo vada a vivere con quello/a più piccolo/a, per il quale è pur sempre un punto di riferimento. La loro divisione, difatti, «porterebbe ad un ulteriore smarrimento e disgregazione dell’unione familiare».
Redazione LPT 9 febbraio 2017
Sentenza www.laleggepertutti.it/150171_separazione-i-fratelli-stanno-insieme-o-vengono-divisi
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