NewsUCIPEM n. 636 – 12 febbraio 2017

NewsUCIPEM n. 636 – 12 febbraio 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

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Le news sono così strutturate:

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I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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02 ABORTO VOLONTARIO Urge un’alternativa all’IVG: l’adozione del nascituro.

Abortività spontanea nella PA di Trento: i dati 2015.

IVG nella PA di Trento: i dati 2015.

Dirotta le pazienti presso il suo studio privato per aborti illegali.

04 ADDEBITO Moglie scopre che il marito la tradisce e frequenta un altro uomo.

04 ADOZIONE INTERNAZIONALE Family for children: “Appello al Presidente Mattarella.

La CAI non rispetta i doveri propri di una istituzione pubblica-

06 AFFIDO CONDIVISO Figlio rifiuta di frequentare il padre: madre condannata.

08 AFFIDAMENTO FAMILIARE Legge continuità affettiva: convocazione degli affidatari in udienza.

08 AMORIS LÆTITIA Nelle diocesi. L’ AL va. Così l’ondata di bene investe la Chiesa.

“Amoris Lætitia, il testo di morale che aspettavamo dal Concilio”.

10 ASSEGNO DI MANTENIMENTO L’assegno si determina in base al reddito e all’attitudine al lavoro.

Sufficiente un’attendibile ricostruzione delle situazioni patrimoniali

11 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 5/2017, 8 febbraio 2017.

11 CHIESA CATTOLICA Civiltà cattolica. La voce ufficiosa del Vaticano.

12 CITTADINANZA Il Parlamento si è dimenticato la riforma della cittadinanza.

13 CONSULTORI FAMILIARI Un consultorio familiare della Caritas di Mazara.

Rovigo. Il consultorio familiare diocesano si presenta.

13 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Acerra. Consultorio Familiare Diocesano “La Roccia”.

Parma. Conversazioni con l’autore

Portogruaro. Menopausa un cambiamento naturale.

Trieste. Percorsi di preparazione al matrimonio.

14 DALLA NAVATA VI Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 12 febbraio 2017

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

15 DIACONATO FEMMINILE Non si può solo ricorrere al passato.

17 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Senza figli crollano welfare e pensioni del futuro.

Riforma della scuola. Il Forum in audizione.

18 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA La donna porta l’armonia che fa del mondo una cosa bella.

19 MATERNITÀ Le regole per una buona maternità.

19 MINORE Minore sbarca solo. Non subito abbandono.

20 NULLITÀ DEL MATRIMONIO Nullità dalla Chiesa. Ultratriennalità della convivenza.

20.PADRI SEPARATI Diritti per i padri separati: lanciata la petizione.

20 PARLAMENTO Camera Assemblea Interrogazione relativa alla CAI.

2 Comm. Giustizia Indagine su attuazione disposizioni in materia di adozioni ed affido.

PdL n.4215 Disposizioni in materia di adozione del concepito.

Senato 2 Comm. Giustizia Affidamento condiviso

Accesso del figlio alle informazioni sull’identità dei genitori.

24 PERSONALITÀ L’ordine di nascita può influenzare la personalità?

24 PROCREAZIONE RESPONSABILE Discernimento e metodi ‘naturali’. (Benciolini e Malesani)

26 SESSUALITÀ Il sesso dei ragazzi.

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ABORTO VOLONTARIO

Emergenza aborti. Urge un’alternativa all’IVG: l’adozione del nascituro.

“Sono circa 200 mila i bambini abortiti nell’arco di due anni. E’ come se la popolazione di un’intera città come Brescia non fosse mai venuta alla luce. Che altro aspettiamo per consentire alla vita di sorgere?“. Lo ha detto il deputato Mario Sberna (gruppo parlamentare ‘Democrazia Solidale-Centro Democratico’) presentando oggi, 08 febbraio 2017, con il deputato Gian Luigi Gigli in conferenza stampa alla Camera la proposta di legge per consentire l’adozione del concepito, prevedendo l’obbligatorietà per medici e consultori di informare la gestante e il papà della possibilità di usufruire di questa alternativa.

“Alle mamme che non desiderano il figlio concepito – ha spiegato Sberna – viene offerta la possibilità di compiere un gesto d’amore, donandolo a chi quel figlio vorrebbe averlo ma non può. L’adozione del concepito è un atto d’amore per gli altri, ma anche per sé stessi: l’aborto è una tragedia che ogni donna porta con sé per tutta la vita. “

Ovvero l’adozione come alternativa all’interruzione di gravidanza. “I consultori hanno l’obbligo di informare la donna in stato di gravidanza – ha continuato – che esistono misure alternative all’Interruzione volontaria di gravidanza”.

Inoltre secondo l’ISS (Istituto superiore di sanità), il numero di aborti clandestini per le donne italiane va dai 12 ai 15mila casi. Mentre per quanto riguarda le donne straniere, la stima è tra i 3 e i 5mila aborti clandestini. “Numeri importanti nei confronti dei quali si deve trovare una soluzione – ha precisato Sberna -. Questa potrebbe essere l’‘adozione in pancia’: un modo per conciliare l’elevato numero di concepiti ‘indesiderati’ e il desiderio reale di coppie disponibili all’adozione”.

Un’idea avanzata anche da Ai.Bi, Amici dei Bambini nel Manifesto per una nuova legge dell’Adozione internazionale “Oltre La crisi. Più famiglie & più adozioni” che al punto 6 “Le accoglienze innovative” riporta testualmente “Riconoscere i provvedimenti, pronunciati in Paesi che hanno ratificato la Convenzione de L’Aja del 1993, che prevedono, come misura di prevenzione dell’aborto, il mantenimento e l’adozione del nascituro durante la gestazione, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria”.

www.aibi.it/ita/pdf/Manifesto_AI_raccolta_firme.pdf

Una forma di adozione, con alcune differenze, già in atto negli Stati Uniti: prevede il contatto tra la gestante in difficoltà e una coppia disponibile ad adottare il suo neonato. E funziona: in America è un metodo vincente per evitare l’abbandono ma, soprattutto, per la prevenzione dell’aborto. Una gestante che sia in gravi difficoltà, che abbia una gravidanza imprevista e scarse prospettive di crescere il suo bambino, ha la possibilità di conoscere due genitori adottivi che, per legge, possono assumersi tutto il carico delle spese del parto.

Un accordo da prendere durante la gravidanza, che lascia aperta alla madre ogni via: le permette di tornare sui propri passi e decidere, anche all’ultimo momento, di tenere il bambino con sé senza obbligo di restituzione delle spese. La madre biologica ha il diritto di scegliere per prima gli adottanti e di confermare la sua decisione davanti al giudice, ed è sempre e comunque il tribunale a pronunciare l’esito definitivo della procedura.

In Italia, secondo la proposta di legge di Sberna, il presupposto è che “il concepito è un essere umano, non un grumo di cellule“ e un’efficace azione di prevenzione all’aborto aiuterebbe tante “a riflettere sulla scelta di interrompere la gravidanza, anche in relazione al fatto che vi sono persone in attesa di un bimbo da adottare. Che desiderano essere madri ma non ne hanno avuta la possibilità. Quindi piuttosto che pensare ad abortire, chi aspetta un bimbo potrebbe considerare lo stato di adottabilità del nascituro “.

La legge, inoltre, semplificherebbe il processo di adozione. “Chi partorisce ha una settimana di tempo per revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità. Dal momento che acconsente, l’iter adottivo – all’esito delle verifiche – è molto veloce, spiega Sberna.

Tre sono i capisaldi della proposta.

  1. La donna, in alternativa all’Ivg per le ipotesi previste dalla legge 194 del 1978 può ottenere lo stato di adottabilità del concepito, che è disposto, con rito abbreviato, con decreto del tribunale per i minorenni prima della nascita del concepito;

  2. La donna, fino al momento della nascita e nei sette giorni successivi, può sempre e liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito;

  3. Il tribunale per i minorenni, entro sette giorni, dalla nascita del concepito dichiarato adottabile, sceglie la coppia tra un apposito elenco di coppie la cui residenza è posta a una distanza non inferiore a 500 chilometri dal luogo di nascita del concepito e dispone l’affidamento preadottivo, ai fini della successiva adozione. La scelta del tribunale per i minorenni preclude ogni possibile forma di ‘commercio’ tra la madre naturale e la coppia.

Inoltre, le misure non comportano aumenti di spesa, non essendo prevista l’istituzione di nuovi organismi ma una semplice rimodulazione delle funzioni delle strutture socio-sanitarie già esistenti e degli uffici giudiziari competenti. L’aumento di spesa legato all’assistenza ospedaliera per il parto è, poi, compensato dal risparmio legato alla corrispondente diminuzione di accesso alle strutture sanitarie per l’intervento abortivo.

News Ai. Bi. 8 febbraio 2017 Vedi pure InPARLAMENTO

www.aibi.it/ita/emergenza-aborti-sbernagigli-des-cd-sono-200-mila-i-bambini-non-nati-in-italia-in-2-anni-urge-unalternativa-allinterruzione-volontaria-di-gravidanza-ladozio

 

Abortività spontanea nella PA di Trento: i dati 2015

Nel 2015, nella PA di Trento sono stati registrati 542 aborti spontanei (-16% rispetto al 2014), di cui 40 tra donne non residenti in Trentino e 134 tra cittadine straniere, con un’età media di 34,2 anni. Nel 30,5% dei casi le pazienti avevano già vissuto un’esperienza di aborto spontaneo e nel 10,7% avevano effettuato in passato almeno un’interruzione volontaria di gravidanza. Il 75,7% degli aborti si è verificato entro la decima settimana gestazionale completa, con un’età gestazionale modale pari a 9 settimane (media=9,5 settimane).

Per quanto riguarda il concepimento, su 542 casi di aborti spontanei il 4,2% è avvenuto a seguito di una tecnica di riproduzione medico assistita (nel 2014 erano il 4%, nel 2013 e 2012 il 3,9% e nel 2011 il 3%).

(…) Per maggiori informazioni scarica il “Rapporto annuale abortività spontanea” pubblicato a ottobre 2016.

www.epicentro.iss.it/temi/materno/pdf/Rapporto_AbortiSpontanei_Anno2015.pdf

 

Interruzione volontaria della gravidanza nella PA di Trento: i dati 2015

Nel corso del 2015, nella PA di Trento sono state eseguite 726 Ivg (-4,2% rispetto all’anno precedente), di cui 51 (7%) relative ad aborti terapeutici, indotti da una diagnosi prenatale di malformazione congenita del feto o da patologia materna. Le classi d’età modale sono 25-29 anni e 30-34 anni (poco più del 22% dei casi), le fasce d’età 20-24 e 35-39 sono ben rappresentate (rispettivamente 17,9% e 18,9%). Come osservato anche nel 2014, l’età media all’aborto è di 30,1 anni. Seppur in calo negli ultimi tre anni, la percentuale di donne straniere costituisce più di un terzo della casistica provinciale del 2015 (35,3% del totale). (…)

Per maggiori informazioni scarica il “Rapporto annuale sull’Interruzione volontaria della gravidanza (Ivg)” pubblicato a dicembre 2016. www.epicentro.iss.it/temi/materno/pdf/Report_Ivg_Anno2015.pdf

A pag. 14 si legge:

Nel 69,8%% dei casi non è stata utilizzata nessuna pratica contraccettiva nei 6 mesi precedenti l’IVG; il principale motivo del mancato ricorso alla contraccezione rimane la scarsa informazione.

La proporzione di certificazioni (termine improprio cassato dal Ministro della Salute: documento L. 194\1978, art.5, comma 39 rilasciate dal consultorio (59,0%) cresce ulteriormente rispetto a quelle rilasciate dal medico di fiducia (28,4%).

Ad accedere al consultorio sono soprattutto le minorenni e le straniere, anche se le italiane sono in crescita continua.

News Epicentro Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica 9 febbraio 2017

www.epicentro.iss.it/temi/materno/indice-materno.asp

 

Dirotta le pazienti presso il suo studio privato per aborti illegali.

Corte di Cassazione, sesta Sezione penale, Sentenza n. 1082, 11 gennaio 2017.

In tema di concussione arresti domiciliari per il medico della struttura pubblica (che dirotta le pazienti presso il suo studio privato per aborti illegali, allungando i tempi per l’interruzione volontaria di gravidanza all’interno dell’ospedale. Il reato ipotizzato è concussione per abuso della qualità o dei poteri.

Avv. Renato D’Isa 9 febbraio 2017

https://renatodisa.com/2017/02/09/corte-di-cassazione-sezione-vi-penale-sentenza-11-gennaio-2017-n-1082

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ADDEBITO

La moglie scopre che il marito la tradisce e inizia a frequentare un altro uomo.

Corte di cassazione, prima Sezione civile, Sentenza n. 3318, 8 febbraio 2017

Di chi è la colpa della separazione? Con sentenza del 18.12.2013, il Tribunale di Brescia ha pronunciato la separazione dei coniugi, e l’ha addebitata al marito, rigettando la domanda di addebito dallo stesso proposta. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia

SentenzaStudio Legale Sugamele 9 febbraio 2017

www.divorzista.org/sentenza.php?id=13255

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Family for children: “Appello al Presidente Mattarella.

Rimetta in moto la macchina della Cai: oggi non esiste più. In 3 anni Silvia Della Monica l’ha distrutta”. Il comitato Family for children è intervenuto ieri, 09 febbraio 2017, alla conferenza stampa organizzata dall’avvocato Simone Pillon, membro della Cai e dal senatore Carlo Giovanardi. “Lo stallo della Commissione Adozioni Internazionali ha peggiorato tutto. Ogni contatto con le famiglie è stato volutamente azzerato. Ogni risposta a qualsiasi nostra domanda puntualmente è stata evitata”. “La CAI non può venire meno ai suoi doveri, non può più fare finta che niente sia successo”. Alla luce di tutto ciò le famiglie di Family for children fa un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché possa rimettere in moto la macchina della Commissione Adozioni Internazionali. Riportiamo il loro comunicato nella versione integrale.

“Family for Children” è l’espressione di un comitato spontaneo nato per raccogliere le storie di tante famiglie adottive che sono finite in un tunnel senza via di uscita. Un comitato che non ha né padrini, né padroni. Da anni, davvero tanti anni, abbiamo consegnato nelle mani di diversi enti autorizzati le nostre speranze di diventare genitori e, allo stesso tempo, abbiamo assegnato agli stessi enti l’impegno di dare ai tanti bambini in difficoltà una famiglia che li possa accogliere e crescere amorevolmente.

Ad oggi, purtroppo, le nostre speranze non si sono tramutate in realtà. Al puzzle delle nostre famiglie manca ancora un pezzo. In questo tempo abbiamo atteso con pazienza che il nostro percorso si compisse. Con gli anni abbiamo accettato ogni tipo di giustificazione, dalle crisi politiche alla lentezza della burocrazia nei Paesi verso i quali eravamo instradati, ed abbiamo prolungato le nostre attese a tempo indeterminato.

Lo stallo della Commissione Adozioni Internazionali ha peggiorato tutto. Arrivati a questo punto crediamo che ogni contatto con le famiglie sia stato volutamente azzerato. Ogni risposta a qualsiasi nostra domanda puntualmente è stata evitata.

A dicembre del 2014 molte famiglie hanno scritto alla Cai e al vicepresidente, per chiedere un incontro proprio con Silvia Della Monica ma nessuno si è degnato di rispondere anche solo per dire che ciò non fosse possibile. Ribadiamo che abbiamo chiesto un incontro con la vicepresidente Della Monica e non con la Commissione intera alla quale si attribuisce un conflitto di interessi.

Ma noi non abbiamo mai mollato e mai ci siamo abbattuti. Abbiamo messo insieme le nostre speranze, condiviso i nostri dubbi e abbiamo dato vita a “Family for Children”. Dobbiamo raccontare per non subire più, ci dicevamo e questo pensiero è diventato la filosofia di “Family for Children”. Attraverso questo strumento di sensibilizzazione abbiamo cercato un interlocutore politico che potesse assicurare la tutela e l’assistenza necessarie per permetterci di svolgere al pieno il nostro ruolo come genitori adottivi.

Nel ministro Maria Elena Boschi, infatti, avevamo trovato un presidente Cai che ha raccolto le nostre denunce e che ha ascoltato le nostre vicissitudini ma, purtroppo, non abbiamo assistito finora ad alcuna evoluzione o azione compiuta in modo da porre fine a questa vergognosa situazione.

Ci siamo rivolti alla presidente della Commissione Giustizia, per essere anche noi auditi nell’ambito dell’indagine conoscitiva diretta a verificare lo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione ed affido, che ha convenuto di non poter accogliere la richiesta.

Abbiamo implorato un intervento della Garante dell’infanzia, già membro della Commissione Adozioni che ci ha invitato a rivolgerci agli uffici di competenza, la Cai stessa appunto.

Abbiamo scritto ai massimi rappresentanti istituzionali: a Matteo Renzi, a Paolo Gentiloni, a Laura Boldrini, a Paolo Aquilanti, a deputati di ogni schieramento politico.

In un paese in cui la politica e i governi sono troppi precari, cogliamo questa occasione per appellarci al Presidente delle Repubblica Sergio Mattarella. Unico punto fermo di un’Italia che sembra andare alla deriva. Di conseguenza ci rivolgiamo al Presidente Mattarella, affinché possa rimettere in moto la macchina della Commissione Adozioni Internazionali al fine che la stessa, finalmente, possa tornare ad adempiere quei compiti di vigilanza su tutti gli enti. La Commissione per le Adozioni Internazionali, incaricata dallo Stato di svolgere i compiti imposti dalla Convenzione de L’Aja è un organismo statale pagato dai contribuenti, e quindi finanziato dai cittadini, con un funzionamento e servizio che dovrebbero rispondere al bene comune. Un’istituzione che ha il compito di vigilare sull’operato degli enti, di limitare la loro attività in relazione a particolari situazioni di carattere internazionale e, in particolare, di revocare l’autorizzazione nei casi in cui i risultati conseguiti attestino la scarsa efficacia dell’azione dell’ente.

Dopo le notizie riportate da diversi organi di stampa nazionali sul sistema delle adozioni internazionali in Italia, molte famiglie hanno scelto di affidarsi alla giustizia, quella terrena, per vedere riconosciuti i propri diritti. Siamo consapevoli che la magistratura farà il suo corso, con la serietà che contraddistingue l’operato dei suoi rappresentanti. La Commissione Adozioni Internazionali, però, non può venire meno ai suoi doveri, non può più fare finta che niente sia successo.

Ci teniamo sottolineare che le responsabilità dei dipendenti/funzionari e membri della CAI alle loro responsabilità vengono ben definite nelle Linee Guida del 2012 a cui facciamo riferimento in seguito: “Lo stato di accoglienza e l’autorità centrale dello stesso hanno la specifica responsabilità di regolamentare i costi delle adozioni internazionali prendendo tutte le misure necessarie per impedire ogni profitto indebito o altro guadagno e di scoraggiare tutte le attività che risultano in contrasto con gli obiettivi della Convenzione. Tutti i soggetti coinvolti nelle adozioni internazionali, in particolare gli enti autorizzati, hanno la responsabilità di sostenere e rispettare dette misure”. (Art.8,2, comma 358)

Secondo l’articolo (32), “le spese richieste da un ente autorizzato nell’ambito di un’adozione internazionale devono essere ragionevoli e non irrazionalmente alte rispetto ai servizi svolti. Questi servizi, e le spese relative, sono da associare alle diverse fasi compiute nello stato di accoglienza e quelle nello stato di origine del minore.” (Art.8,2, comma 360).

Ora la CAI, usando i suoi canali diretti, deve dare risposte alle tante famiglie che in questi anni non hanno visto soddisfatto il loro diritto alla trasparenza, ossia il principio regolante l’azione di ciascuna istituzione.

Alla Cai abbiamo diversi domande da girare. Quali controlli sono stati svolti in modo da verificare la permanenza dei requisiti di idoneità degli enti autorizzati e soprattutto per controllare la correttezza, trasparenza ed efficienza della loro azione con particolare riguardo alla proporzione tra gli incarichi accettati e quelli espletati? Sono stati controllati i loro bilanci?

Quali iniziative sono state attivate nei confronti degli enti in modo da accertare che siano in grado di portare a conclusione le pratiche delle tante famiglie che hanno anticipato ingenti somme di denaro per delle procedure spesso mai attivate all’estero?

Quali iniziative sono state attivate nei confronti degli enti in modo da verificare che siano stati richiesti e pagati dalle famiglie adottive soltanto gli oneri e le spese in misura ragionevole rispetto ai servizi svolti dagli stessi con riferimento all’art.32 della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993?

Quali sanzioni sono state imposte nei confronti degli enti che hanno un numero di incarichi accettati di gran lunga superiore a quelli espletati e quali provvedimenti sono stati intrapresi in relazione alle segnalazioni degli aspiranti genitori adottivi sulla discutibile qualità del servizio ricevuto da alcuni enti?

Perché l’attuale direzione CAI ha permesso ad alcuni enti di continuare ad instradare coppie sul paese Etiopia con il conseguente investimento di ingenti somme di denaro in procedure mai attivate all’estero quando la comunicazione del governo etiope già nel 2011 (segnalata in una comunicazione della CAI del 24/03/2011) aveva previsto una forte riduzione nel numero di adozioni?

Perché la CAI ha permesso ad alcuni enti di accettare un numero di procedure superiori a quelle che riesce a gestire in modo adeguato, costringendo in tal modo tante coppie a versare ulteriori somme di denaro per avere una concreta possibilità di realizzare il loro progetto adottivo?

A fronte delle indagini giudiziarie in corso nei confronti di alcuni enti, quali sanzioni sono state applicate? Quali sono i provvedimenti intrapresi a tutela delle famiglie e dei bambini?

La Cai, infine, si adoperi per pubblicare il report annuale sulle adozioni internazionali: l’unico strumento certificato per capire l’effettivo andamento delle adozioni. Allo stato dell’arte l’ultimo report consultabile è quello riferito ai dati relativi all’anno 2013.

Gli enti autorizzati forniscano un servizio al pubblico che va retribuito in maniera ragionevole senza ricorrere ai ricatti emotivi. Iniziamo a restituire alle famiglie adottive la dignità che meritano: i genitori adottivi vanno trattati in maniera umana, con parità di trattamento e con il dovuto rispetto.

“Family for Children”, quindi, chiede che vengano prese tutte le misure necessarie per impedire qualsiasi pratica contraria agli scopi della Convenzione de l’Aja. E, soprattutto, chiediamo che in ogni azione compiuta dal Governo Italiano venga considerato l’interesse superiore dei bambini che aspettano dall’altra parte del mondo la propria famiglia. Le famiglie adottive sono un’importante risorsa per i bambini e per la società in cui viviamo. Aspettiamo un segnale determinante dal Capo dello Stato, un intervento che possa risolvere le questioni sollevate dalle famiglie e, innanzitutto, che possa soddisfare il diritto fondamentale di ogni bambino ad una famiglia permanente.

In Italia è forte la necessità di arrivare ad una seria riforma normativa delle adozioni internazionali. “Family for Children” non vuole entrare nel merito di un lavoro che spetta al legislatore italiano, ma è convinta che il numero di enti autorizzati (oltre sessanta) che operano nella Penisola, spesso in spietata concorrenza l’uno con l’altro, sia sovradimensionato. Urge una razionalizzazione dentro un mondo, quello delle adozioni internazionali, che sta mettendo in risalto tutti i suoi difetti e che sta evidenziando la necessità di una sua pronta e non più rinviabile revisione.

Una revisione che è necessaria anche nel rapporto fra coppie adottive ed enti autorizzati. Le coppie che scelgono di seguire questo percorso, irto di ostacoli e sempre più costoso, sono l’anello debole di questo sistema. Firmano un contratto che carica sulle loro spalle ogni tipo di responsabilità e, contestualmente, sgrava gli enti dal rischio di colpevolezza se questa strada si allunga, diventa sempre più difficile da percorrere o si blocca improvvisamente prima della fine programmata. Un contratto che diventa scudo di fronte all’inefficienza di un sistema ormai arrivato al collasso.

Da News Ai. Bi. 10 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-familyforchildren-appello-al-presidente-della-repubblica-sergio-mattarella-la-cai-non-puo-venire-meno-ai-suoi-doveri-non-puo-piu-fare-finta-che-niente-sia-successo

 

La CAI non rispetta i doveri di pubblicità e trasparenza propri di una istituzione pubblica”

La denuncia dell’Ufai all’Anac (Autorità Nazionale anticorruzione): “La CAI non rispetta i doveri di pubblicità e trasparenza propri di una istituzione pubblica”

L’Unione Famiglie Adottive Italiane (UFAI) segnala la Commissione Adozioni Internazionali all’ANAC (Autorità Nazionale per Anticorruzione) in relazione agli obblighi di pubblicità e trasparenza. UFAI, attraverso lo Studio legale Busco, chiede all’ANAC di verificare lo stato di stallo generatosi fra CAI e Famiglie Adottive. “Non è più ammissibile che l’unico organo preposto al controllo – precisa in una nota -, non comunichi di fatto con le famiglie, abbia disattivato il numero verde, e nonostante le segnalazioni inviate via email, raccomandata e via PEC, non abbia dato risposta in merito a problematiche nelle procedura delle famiglie iscritte al Comitato”.

UFAI chiede l’intervento dell’ANAC per ottenere che il sito della Commissione, punto di riferimento per le famiglie adottive in procedura sia aggiornato, su Enti, su criticità dei paesi e sui costi delle procedure.

“Non è ammissibile – dice Elena Cianflone, presidente di UFAI – che siano riportati costi per le procedure fermi al 2012 e di conseguenza enormemente più bassi”. Ma, aggiunge, “è gravissimo che le famiglie non possano verificare se gli Enti siano realmente operativi nei paesi proposti dagli Enti al momento del conferimento del mandato”

A tale proposito UFAI nel 2015 aveva lanciato una petizione per chiedere che organigramma e sito fossero aggiornati e nell’ottobre 2016 aveva consegnato alla presidente Maria Elena Boschi le firme raccolte, insieme alle preoccupazioni per l’inaccettabile stallo.

UFAI chiede all’ANAC come mai la CAI non pubblichi dei rendiconti sull’attività svolta e soprattutto sull’erogazione dei rimborsi alle famiglie adottive fermi a partire del 2011. Rimborsi che, ricorda UFAI, sono stanziati con soldi pubblici e nella finanziaria 2016 ammontavano a 15.000.000 di euro, e portati nell’ultima finanziaria a 20.000.000 di euro.

A tale proposito UFAI ricorda che “la Commissione Adozioni, è ente pubblico e come tale è tenuto alla trasparenza e alla fruibilità da parte dei cittadini delle informazioni che riguardano il suo operato

Da News Ai. Bi. 10 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-la-denuncia-dellufai-allanac-autorita-nazionale-anticorruzione-la-cai-non-rispetta-i-doveri-di-pubblicita-e-trasparenza-propria-di-una-istituzione-pubblica

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AFFIDO CONDIVISO

Figlio rifiuta di frequentare il padre: madre condannata al risarcimento del danno

Tribunale di Roma, prima Sezione civile, Sentenza n. 18799, 11 ottobre 2016.

Quando uno dei genitori pone in essere nei confronti del figlio atteggiamenti ed esternazioni di svalutazione e denigrazione verso l’altro genitore, possono essere applicate, anche d’ufficio, le misure di cui all’art. 709 ter c.p.c., ciò è quanto stabilito dalla pregevole pronunzia del Tribunale di Roma.

Sulla portata di tale norma di recente introduzione tanto è stato detto in dottrina e in giurisprudenza (soprattutto di merito), in particolare sulla dicotomia sanzione-risarcimento prevista dalla norma. Il più acceso e interessante motivo di discussione si è avuto riguardo il fatto che il nostro ordinamento riserva alla responsabilità civile il compito di ripristinare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito il danno mediante l’attribuzione di una somma di denaro, risultando del tutto estraneo, pertanto, l’aspetto sanzionatorio al responsabile civile.

Col tempo, invece, la giurisprudenza di legittimità sembrerebbe essersi incamminata verso l’individuazione di un danno sanzionatorio. Con l’introduzione della norma è riconosciuto al genitore non affidatario, che viene emarginato dalla vita del figlio e ostacolato dall’altro genitore, il diritto al risarcimento di un vero e proprio danno “di marcatura esistenziale”, poiché ciò che viene risarcito è il dolore, l’ansia e il patimento derivanti dal mancato rapporto affettivo, educativo e relazionale tra di lui ed il figlio.

Anche i Giudici di Legittimità hanno affrontato la questione (Cass. 7452/2012, Cass. 4176/2014) con eguale esito. Nell’ultimo decennio molti Giudici di merito investiti della questione, hanno considerato che il comportamento ostacolante di uno dei genitori nei confronti dell’altro, che vada ad incidere pesantemente sul rapporto col figlio, si traduce in una condotta che viola gli obblighi familiari (Tribunale Roma, 27 giugno 2014, Tribunale di Verona ordinanze del 1 luglio 2010 e 1 ottobre 2010; Tribunale di Verona, 20 settembre 2010, Tribunale di Modena n. 1425/2012, Tribunale di Roma, 08 marzo 2013).

I destinatari del risarcimento del danno possono essere sia il genitore che il figlio, privati rispettivamente della frequentazione genitoriale. L’articolo 709-ter c.p.c., infatti, previsto dalla legge 54/2006 per la risoluzione di conflitti tra i genitori sulla potestà o sulle modalità di affidamento, dà al giudice la facoltà, in presenza di gravi inadempienze, o comunque di atti che arrechino danno al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, non solo di modificare i provvedimenti in vigore, ma anche di adottare congiuntamente provvedimenti sanzionatori a carico del genitore inadempiente, tra i quali appunto il risarcimento dei danni nei confronti del minore e nei confronti dell’altro genitore, oltre una vera e propria condanna in favore della cassa ammende.

Ciò che viene valutato è se la condotta del genitore “ostacolante” arrechi nocumento alla corretta crescita del minore e leda il diritto dell’altro genitore al rapporto con il figlio. In caso affermativo si ravvisa un danno non patrimoniale risarcibile. Ciò premesso, nella pronunzia qui oggetto di esame il Giudice di merito ha applicato il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 709 ter c.p.c., nei confronti di una donna separata, colpevole di aver ostacolato i rapporti del figlio minore con il padre, con atteggiamenti sminuenti e denigratori riferiti alla figura dell’ex marito.

Evenienza, purtroppo, abbastanza frequente. La donna proponendo il divorzio ha chiesto l’affidamento esclusivo del figlio sui presupposti della maggiore serenità e tutela del minore e a causa delle difficoltà del figlio di rapporto con il padre. Il Tribunale, svolta la CTU e la fase istruttoria, non ha ritenuto sussistenti i motivi giustificativi per l’affidamento esclusivo, sebbene dopo l’audizione del minore fosse emerso un fermo rifiuto del minore alla frequentazione del padre e il comportamento consenziente da parte della madre a tale rifiuto di incontrare il padre nei giorni programmati. Ebbene, il Tribunale di Roma, ha stigmatizzato il comportamento della donna che avrebbe dovuto tenere un comportamento propositivo e positivo e tentare di riavvicinare il figlio al padre al fine di garantirgli una crescita serena ed equilibrata.

Il Giudice di merito evidenzia che i figli hanno diritto alla continuità del rapporto con i genitori anche a seguito della separazione e che il medesimo diritto spetta ai genitori. L’affidamento condiviso, infatti, è un istituto improntato al principio della bigenitorialità e comporta che entrambi i genitori agevolino e valorizzano i rispettivi legami con i figli minori. Attesa l’età adolescenziale del minore in questione, i Giudici hanno ritenuto di disciplinare i tempi di permanenza dello stesso con il padre disponendo una frequentazione libera e senza predeterminazione, dando spazio al ragazzo di recuperare gradualmente il rapporto padre-figlio.

Per quanto concerne il comportamento ostacolante della madre, il Tribunale ha sanzionato la condotta tenuta dalla madre finalizzata a “ostacolare il funzionamento dell’affido condiviso”, mediante l’applicazione dell’art. 709 ter c.p.c. Inoltre, la donna è stata ammonita e invitata ad astenersi dal disprezzare e sminuire la figura paterna nei confronti del figlio, e condannata a risarcire il danno, che è stato quantificato in via equitativa, tenendo conto della rilevante capacità economica della stessa e della durata degli inadempimenti, nella somma di euro trentamila.

Ebbene, del tutto condivisibili le argomentazioni e le motivazioni della pronunzia oggetto di analisi. A latere rimane, comunque, da osservare che l’aspetto risarcitorio ex art. 709 ter si palesa in un potenziale risarcimento del danno esistenziale. Ciò che viene risarcito è lo sconvolgimento delle abitudini, dei comportamenti e del conseguente patimento che ne deriva. Tali comportamenti incidono senza dubbio sull’aspetto della modificazione delle abitudini di vita che è il cuore del danno esistenziale.

Ancora, quindi, aspetti risarcitori esistenziali usciti dalla porta, entrano dalla finestra.

Sentenza www.quotidianogiuridico.it/~/media/Giuridico/2016/10/25/condannata-a-risarcire-il-danno-la-madre-che-denigra-l-altro-genitore-agli-occhi-del-figlio/roma30000%20pdf.pdf

Avv. Emanuela Foligno Newsletter Giuridica studio Cataldi 6 febbraio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/24993-figlio-rifiuta-di-frequentare-il-padre-madre-condannata-al-risarcimento-del-danno.asp

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AFFIDAMENTO FAMILIARE

Legge sulla continuità affettiva: convocazione degli affidatari in udienza

Tribunale di Milano, nona Sezione civile, ordinanza 17 gennaio 2017.

In materia di procedimento civile avente ad oggetto (anche) la responsabilità genitoriale, la norma sulla partecipazione dell’affidatario o del collocatario al processo, di cui all’art. 5, comma I, legge 184 del 1983, come modificata dalla Legge 173 del 2015, opera esclusivamente nell’ipotesi in cui il minore versi in una situazione di affidamento familiare. Ove un affidamento familiare sussista, per gli affidatari valgono le medesime regole fissate per i parenti e familiari nei procedimenti di protezione giuridica degli adulti vulnerabili ove si è chiarito che le persone “altre” che il giudice “deve” sentire non rivestono la veste di parti in senso tecnico-giuridico, svolgendo mere funzioni consultive: sono, cioè, cd. “fonti di informazioni” per il giudice (v. quanto all’art. 712 c.p.c., Cass. civ., sez. I, sentenza 22 aprile 2009 n. 9628). Non trattandosi di litisconsorti o di persone che possano assumere la qualità di “parte” nel processo, agli stessi deve essere resa nota l’udienza del rito alla quale possono partecipare, per presentare memorie scritte oppure rendere dichiarazioni.

(Massima a cura di Giuseppe Buffone)

Ordinanzawww.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16678.pdf

Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16678 – 09 febbraio 2017

http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/16678/FamigliaMinori

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AMORIS LÆTITIA

Nelle diocesi. L’Amoris Lætitia va. Così l’ondata di bene investe la Chiesa

Mobilitazione straordinaria di diocesi, associazioni, movimenti, istituti di scienze religiose e facoltà teologiche per divulgare l’Esortazione postsinodale di papa Francesco. Tanti gli appuntamenti organizzati da diocesi, istituti di scienze religiose, facoltà teologiche, associazioni e movimenti sull’Esortazione (Siciliani)

Sarà il desiderio di capire. Sarà la speranza di trovare nelle parole del Papa la traccia per offrire risposte più efficaci alle famiglie. Sarà il proposito di rompere gli indugi sulla strada di quella svolta pastorale che, soprattutto quando si parla di coppie, di fidanzati, di divorziati risposati, non può più attendere. Sarà anche tutto ciò insieme – e certo tante altre motivazioni – che sta sollecitando la Chiesa italiana, in tutte le sue articolazioni, ad approfondire il messaggio di Amoris Lætitia con uno spiegamento di forze senza precedenti. Oltre centoventi diocesi sono già scese in campo – ed altre si preparano a farlo nelle prossime settimane – con convegni, iniziative, incontri e tanto altro ancora. E altrettanto hanno fatto la maggior parte degli Istituti superiori di scienze religiose. E che dire delle facoltà teologiche? E delle Pontificie università? E delle accademie? E di movimenti, associazioni, gruppi famiglia, comunità, consultori? Anche i Forum regionali si sono dati da fare con un impegno pari soltanto all’importanza della posta in gioco.

Chi è stato colto dalla curiosità di mettere insieme tutto quello che le realtà ecclesiali hanno fatto per accogliere, ‘digerire’ e promuovere l’Esortazione postsinodale in questi primi dieci mesi dall’entrata in vigore nella nuova ‘costituzione familiare’ della Chiesa, ha realizzato un fascicolo di quasi sessanta pagine. Ora, un impegno così corale e così massiccio si spiega soltanto in un modo. Quello che il Papa ha detto sull’amore, sul matrimonio e sulla famiglia, riprendendo e dilatando la consegna arrivata da due Sinodi mondiali dei vescovi e – in precedenza da due consultazioni universali e da un dibattito ecclesiale protrattosi per un triennio – viene davvero colto come qualcosa di prezioso per offrire alle famiglie, alle coppie, ai genitori, ai figli, nuove occasioni di speranza. Per trovare modalità più efficaci per parlare a tutti, indipendentemente dallo stato di vita di ciascuno. Per accogliere, accompagnare, discernere e integrare – le quattro parole chiave del documento papale – tutte le persone che desiderano sperimentare l’abbraccio di misericordia della Chiesa, magari dopo anni di lontananza o di indifferenza. Una posta in gioco troppo importante per lasciare qualcosa di intentato.

In questa chiave, tra i tanti spunti proposti dalle diocesi – e mettendo tra parentesi tutto quanto fatto e programmato dall’Ufficio famiglia Cei – possiamo citare il lavoro avviato a Bolzano-Bressanone, con una capillare divulgazione nei decanati e nelle parrocchie. Ma anche con la creazione di un nuovo ufficio ‘matrimonio e famiglia’ per dare maggior impulso alla pastorale diocesana. Ad Alessandria è stato avviato un corso di formazione all’accoglienza per coppie di sposi. A Catania sono partite una scuola per operatori di pastorale familiare e una alla genitorialità, sulla traccia del capitolo 4 di AmorisLætitia, che ha già raccolto circa 180 iscrizioni da parte di giovani genitori. Iniziativa simile a Concordia-Pordenone, con una Scuola di vita familiare che intende mettere a fuoco quella ‘pastorale del vincolo’ definita nell’Esortazione apostolica. Nella diocesi di Fossano, grazie all’esperienza dell’equipe dell’Anello perduto, è partito un percorso per coppie in seconda unione. Il tema del capitolo VIII sulle situazioni difficili ha convinto, tra le altre iniziative, anche la diocesi di Mantova ad organizzare un convegno specifico nel prossimo mese di aprile. A Ragusa si propone un itinerario diocesano di preparazione al matrimonio in chiave catecumenale. Molto articolate le proposte di Trento con percorsi dedicati ai sacerdoti, ai laici, alla spiritualità familiare e alla preghiera di coppia.

Tra le iniziative avviate dagli Istituti superiori di scienze religiose ricordiamo solo il corso biennale dell’Apollinare di Roma. Seminari con varie modalità – dalle tre alle cinque lezioni o addirittura semestrali – in corso o in programma anche agli ISSR di Catanzaro, Bari, Napoli, Pescara. Sterminato il programma di approfondimento di tutte le principali Università pontificie. Grande impegno anche da movimenti e associazioni (impossibile ricordare tutti).

L’attivismo scatenato da Amoris Lætitia, ha poi contagiato, come detto, anche i Forum regionali. Quello laziale, per esempio, ha già organizzato sull’Esortazione apostolica, due convegni diocesani. Ciclo di incontri semestrali avviato anche dal Forum pugliese. Iniziative simili anche nella Marche, in Toscana, in Umbria e in Veneto. Un capitolo a parte infine – che non possiamo qui sviluppare – meritano anche tutte le iniziative correlate al cosiddetto ‘ponte giuridico-pastorale’ per l’accertamento della nullità matrimoniale dopo il Motu proprio di papa Francesco. Anche in questo caso l’impegno della maggior parte delle comunità ha prodotto risultati sorprendenti. Ne parleremo ancora.

Luciano Moia Avvenire 11 febbraio 2017

www.avvenire.it/chiesa/pagine/lamoris-laetitia-va-cos-londata-di-bene-investe-la-chiesa

 

Amoris Lætitia, il testo di morale che aspettavamo dal Concilio”

«Possiamo dire che Amoris Lætitia non ammette i divorziati risposati ai sacramenti. Il Papa non parla di “categorie” ma di “persone”, ed è sotto questo aspetto che occorre compiere in ciascun caso il processo di discernimento che configura una logica diversa da quella del “sì si può” o del “no non si può”». Questa volta è il cardinale Lluís Martínez Sistach a chiarire alcuni punti della tanto discussa esortazione post sinodale di Papa Francesco nel nuovo libro dal titolo Cómo aplicar Amoris Lætitia.

www.osservatoreromano.va/it/tag/amoris-laetitia

Il volume – presentato l’8 febbraio 2017 – raccoglie due conferenze che l’arcivescovo emerito di Barcellona ha tenuto a Fátima davanti alla Conferenza episcopale portoghese. Esso non va ridotto, però, alla ennesima presa di posizione di un Padre sinodale: il libro si presenta, anzi, come un «omaggio» e un «ringraziamento» a Papa Francesco «per il prezioso dono della sua esortazione apostolica», oltre che come strumento per leggere in filigrana il testo papale in modo da evitare «di ridurre tutto il suo ricchissimo contenuto all’ottavo capitolo».

«Sarebbe un errore», scrive Sistach in un lungo contributo pubblicato oggi da L’Osservatore Romano, «ci sono moltissimi coniugi che vivono il Vangelo della famiglia, perché dobbiamo cercare di mettere in pratica tutti i capitoli del documento affinché il matrimonio sia un’intima comunità di vita e di amore per il bene dei coniugi, dei figli, della società e della Chiesa».

Il cardinale rimarca quindi la natura magisteriale dell’esortazione, «perché c’è chi sminuisce il suo valore dottrinale, riducendolo a semplici orientamenti pastorali». Ma sofferma gran parte della sua riflessione sull’ottavo capitolo intitolato «Accompagnare, discernere e integrare la fragilità», fonte di dubia e di polemiche dottrinali. Proprio a queste risponde Sistach, forte anche della esperienza vissuta in prima persona nei due Sinodi, spiegando che la giusta chiave di lettura per interpretare, anzi, comprendere il capitolo in questione è quella di una «maggiore integrazione dei battezzati nella comunità cristiana». Compresi i battezzati divorziati risposati, attraverso appunto gli strumenti dell’accompagnamento e del discernimento.

«È un capitolo delicato e nel leggerlo è opportuno ricordare ciò che ci dice Francesco: “Spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo”», evidenzia il cardinale, ricordando come questo nuovo orientamento nei lavori sinodali sia stato introdotto nell’assemblea sinodale da una proposta avanzata da lui stesso e dal suo gruppo linguistico. «Penso che sia stato un cambiamento di orientamento molto positivo – afferma – piuttosto che concentrarci sulla possibilità per quei nostri fratelli di potersi confessare e comunicare, conveniva parlare di maggiore integrazione nella comunità cristiana. E per sapere quale maggiore integrazione possono ottenere, occorrono un accompagnamento e un discernimento che sono gli strumenti di tale integrazione».

Attraverso tali strumenti si può giungere fino alla celebrazione dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia. «Amoris Lætitia – sottolinea Sistach – rimanda alla consolidata dottrina della Chiesa quando fa riferimento alle circostanze attenuanti ed esimenti che influiscono sulla capacità di decisione e sulla diminuzione o addirittura sull’annullamento dell’imputabilità e della responsabilità, così come stabilisce il Catechismo della Chiesa cattolica». Per poter giungere a una maggiore integrazione nella comunità cristiana, l’esortazione apostolica afferma che «occorre un discernimento in coscienza e in foro interno con l’aiuto di un sacerdote», ricorda il porporato. Chiarisce quindi nel libro «la natura di questo processo di discernimento», e cioè: «quali atteggiamenti deve assumere chi desidera compiere tale discernimento, come deve comportarsi il sacerdote che fa l’accompagnamento e i possibili contenuti del discernimento».

Spiega l’emerito di Barcellona: «Se in una situazione, dopo aver compiuto questo processo di discernimento, l’interessato, con l’aiuto di un sacerdote, in coscienza e dinanzi a Dio, constata che c’è qualche circostanza che fa sì che alla situazione obiettiva di peccato della nuova unione non corrisponde un’imputabilità soggettiva grave, in quel caso si può accedere ai sacramenti».

Per il Papa, aggiunge poi in un altro passaggio, «oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti, è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture». Perciò, rimarca il cardinale, «non si può leggere l’ottavo capitolo senza aver letto prima gli altri capitoli, soprattutto il quarto e il quinto, che sono tra i più belli dell’esortazione e parlano dell’amore nel matrimonio e dell’amore che diviene fecondo».

Amoris Lætitia ha infatti reso «un prezioso omaggio ai coniugi e alle famiglie e ha lasciato alle diocesi un meraviglioso lavoro per ripensare e riorganizzare la pastorale prematrimoniale e familiare». L’arcivescovo spagnolo individua, in particolare, undici prospettive pastorali che nascono dall’esortazione, soprattutto la pastorale prematrimoniale e familiare «che è imprescindibile». «Sembra che in Spagna ogni cinque minuti ci sia una separazione o un divorzio. E non possiamo omettere l’impegno di una maggiore integrazione nella comunità cristiana che comporterà una maggiore presenza attiva nella comunità e il poter realizzare compiti ecclesiali, come per esempio essere membri di associazioni ecclesiali», scrive Sistach.

E si dice d’accordo con il cardinale di Vienna Cristoph Schönborn quando afferma che il documento «è un atto di magistero che aggiorna al tempo presente l’insegnamento della Chiesa», nonché «il testo di morale che aspettavamo dal Concilio Vaticano II e che sviluppa il contenuto esposto nel Catechismo della Chiesa cattolica e in Veritatis splendor».

Salvatore Cernunzio Vatican insider 11 febbraio 2017

www.lastampa.it/2017/02/10/vaticaninsider/ita/commenti/amoris-laetitia-il-testo-di-morale-che-aspettavamo-dal-concilio-bZTDFnBQ4BBKJKHUx8coKP/pagina.html

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

L’assegno di mantenimento si determina in base al reddito e all’attitudine al lavoro.

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, Sentenza n. 3297, 8 febbraio 2017.

La determinazione dell’assegno di mantenimento, in caso di separazione, non può prescindere dall’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi. Non solo: un rilievo, in tal senso, può assumerlo anche la valutazione sull’attitudine al lavoro degli stessi, quale elemento indice della loro capacità di guadagno.

Studio Legale Sugamele 12 febbraio 2017

Sentenza http://www.divorzista.org/sentenza.php?id=13263

 

Sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, Sentenza n. 605, 12 gennaio 2017.

In tema di separazione personale tra i coniugi, al fine della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali.

Avv. Renato D’Isa 9 febbraio 2017 sentenza

https://renatodisa.com/2017/02/09/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-12-gennaio-2017-n-605/

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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF

Newsletter n. 5/2017, 8 febbraio 2017.

Un video per iniziare la lettura della newsletter: hear me now, una bella storia sulla vecchiaia

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Audizione del Cisf in Regione Lombardia, sul Fattore Famiglia Lombardo. Mercoledì 1 febbraio 2017 il Direttore del Cisf (Francesco Belletti) è stato ascoltato, in audizione, dalla Prima Commissione Permanente, Programmazione e Bilancio del Consiglio Regionale della Regione Lombardia, che sta discutendo il Progetto di Legge 0231, che intende istituire il Fattore Famiglia Lombardo (FFL), e sul quale già in Commissione sono stati proposti alcuni emendamenti, non ancora formalmente definiti. Il FFL si propone come strumento integrativo/migliorativo dell’ISEE nazionale, con l’obiettivo di sostenere con più efficacia le famiglie con carichi familiari (questo è anche l’auspicio che come Cisf abbiamo esplicitato).

Il Testo http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0517_allegato1.pdf

Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento”. E’ il titolo del Programma Operativo Nazionale (PON) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, finanziato dai Fondi Strutturali Europei, che contiene le priorità strategiche del settore istruzione e ha una durata settennale, dal 2014 al 2020.Si tratta di un bando per progetti su dieci aree di interventi.

Link per i Fondi strutturali Europei, l’Avviso, il Comunicato stampa, le Slide informative, il Video di presentazione.

Ancora sulla maternità surrogata. Il direttore dello European Centre for Law and Justice, Prof. George Puppink, commenta positivamente, con un breve ed intenso testo, la sentenza della Grande Chambre di Strasburgo sul caso della maternità surrogata.

http://us10.campaign-archive1.com/?u=567507fce24ff5f4d84cc3e33&id=f510bf605c&e=de7457eb4b

Carta degli Operatori Sanitari della Santa Sede – aggiornato il testo del 1995. Il 6 febbraio 2017 è stata presentata la nuova versione della “Carta per gli operatori sanitari”, sussidio strutturato in tre sezioni (“Generare”, “Vivere”, “Morire”), attento a tutte le più recenti implicazioni etiche e bioetiche che i progressi della ricerca scientifica e della scienza medica stanno portando.

Conferenza stampa.

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/02/06/0080/00193.html

Save the date con link

Nord “Il coraggio della libertà. Una donna uscita dall’inferno della tratta”, presentazione di un libro-testimonianza (Edizioni Paoline), carico di speranza, sul dramma della tratta di essere umani, Vicenza, 28 febbraio 2017.

“La famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, USMI Lombardia (Unione Superiore Minori Italia), Milano, 4 marzo 2017.

Centro “Ecologia integrale nel lavoro e nei conflitti, Prospettive per un annuncio cristiano ineludibilmente sociale”, Secondo seminario nazionale di pastorale sociale, in vista della Settimana Sociale di Cagliari 2017, Firenze, 23-25 febbraio 2017.

Sud “IV Congresso di Cure Palliative. Stato dell’arte e nuovi orizzonti”, organizzato dalla SICP (Società Italiana di Cure Palliative), Palermo, 30 marzo – 1 aprile 2017.

Estero Turning the Kaleidoscope of Family Conflict into a Prism of Harmony (Trasformare il Caleidoscopio del Conflitto Familiare in un Prisma di Armonia), 54.a Conferenza annuale dell’AFCC (Association of Family and Conciliation Courts), 54th Annual Conference, Boston, 31 maggio – 3 giugno 2017.

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Testo completo http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/febbraio2017/1025/index.html

Archiviohttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

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CHIESA CATTOLICA

Civiltà cattolica. La voce ufficiosa del Vaticano.

Il quindicinale “La Civiltà Cattolica” che dal 1850 è la voce ufficiosa della Santa Sede sui vari eventi ecclesiali, sociali e politici dell’Italia e del mondo, pubblica in questi giorni il suo fascicolo numero 4000 con un’intervista a papa Francesco che andrebbe incorniciata, perché sul Vaticano dà giudizi lontani anni-luce dalle consuete felpate parole dell’establishment ecclesiastico.

Turbato dagli eventi che un secolo e mezzo fa scuotevano la Chiesa romana, Pio IX incaricò i gesuiti di creare una rivista che esponesse in modo chiaro e convincente il punto di vista del papato. Nacque, così, nel 1850, “La Civiltà Cattolica” da allora pubblicata ogni anno, due volte al mese, senza nessuna interruzione. Essa è affidata ad un “collegio di scrittori” che in definitiva dipendono dal preposito (superiore) generale della Compagnia di Gesù; le bozze della rivista vengono lette – e, se occorre, prudentemente “corrette” – nella Segreteria di Stato vaticana. Per questo si può dire che, pur non essendo, in modo formale, espressione del magistero papale, essa di fatto esprime il pensiero corrente Oltretevere che, in tal modo, senza esporsi direttamente, fa sapere ad “amici” ed “avversari” il proprio punto di vista.

Perciò, rileggendo la rivista, si riesce in controluce a intravvedere quello che, sui più svariati temi, è stato il pensiero vaticano negli ultimi 167 anni. E, naturalmente, si scorgono luci e ombre. Così – guardando a tempi più lontani – è sconcertante che, a fine Ottocento, ancora si lanci l’accusa assurda di “omicidi rituali” agli ebrei (che avrebbero rapito e ucciso bambini cristiani per usarne il sangue nella loro Pasqua); mentre, durante la prima Guerra mondiale, si documentano gli sforzi di Benedetto XV per la pace in Europa e per la difesa degli armeni vittime della feroce repressione degli ottomani. Durante, poi, il Vaticano II (1962-65), assiduo fu l’impegno del quindicinale per sostenere il grande Concilio di papa Giovanni e di Paolo VI.

Ora, per celebrare il suo 4000° numero, ai primi di febbraio la rivista ha pubblicato un’intervista a Francesco. Il papa spazia su molti temi: accenna, senza addentrarsi molto, alla necessaria riforma della Curia romana, discussa dai cardinali nelle congregazioni generali che precedettero il conclave dal quale esattamente quattro anni fa uscì eletto Jorge Mario Bergoglio; e poi alla piaga della pedofilia nel clero. Quindi, lapidario, sbotta: “C’è corruzione in Vaticano”. Un’affermazione aspra – questa – perché, presa da sola, diventa parziale; infatti, chi abbia frequentato Oltretevere ha sì visto strutture talora opache, e personaggi inadeguati per il ruolo che esercitavano; ma è altrettanto vero che nei Sacri Palazzi era ed è possibile incontrare persone degnissime e, culturalmente, di prim’ordine. Comunque, quando in passato si osava fare delle critiche al mondo vaticano, si era redarguiti da “La Civiltà Cattolica”. Ora, però, Francesco afferma: “C’è corruzione in Vaticano”. Parola di papa.

Luigi Sandri Trentino” 13 febbraio 2017

www.finesettimana.org/pmwiki/index.php?n=Stampa.HomePage?tipo=numaut1110

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CITTADINANZA

Il Parlamento si è dimenticato la riforma della cittadinanza.

Ottocentomila bambini aspettano di diventare italiani. La norma attribuisce la cittadinanza ai bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri (purché in possesso di permesso di soggiorno). Approvata un anno e mezzo fa alla Camera, si è bloccata al Senato. Sommersa da 8mila emendamenti

Sono nati in Italia, hanno studiato nelle nostre scuole, ma non sono italiani. Almeno 800mila ragazzi cresciuti nel nostro Paese aspettano ancora la cittadinanza. Un anno e mezzo fa la Camera dei deputati ha approvato a larga maggioranza una riforma a suo modo rivoluzionaria. Una legge che rende italiani i bambini nati nelle nostre città, figli di genitori stranieri. Eppure una volta trasmessa al Senato, la norma si è arenata in commissione Affari costituzionali. La delicata fase politica ha finito per accantonare la riforma, un rinvio dopo l’altro. Ci sono altre priorità, si giustifica qualcuno in Parlamento. Intanto il testo è stato letteralmente sommerso da circa 8mila emendamenti, presentati quasi tutti dalla Lega Nord.

E il tempo passa. La legge è arrivata a Palazzo Madama il 13 ottobre 2015. Per sbloccare l’iter e accelerare la calendarizzazione della riforma, adesso si muove un gruppo di parlamentari e associazioni. In questi giorni è partita una campagna di sensibilizzazione per riportare il tema della cittadinanza al centro del dibattito. A guidare l’iniziativa sono i deputati del Pd Khalid Chaouki e la collega di Democrazia Solidale Milena Santerini. E con loro una quarantina di eletti che hanno già aderito all’appello. Un paio di giorni fa una delegazione è stata ricevuta dal presidente del Senato Pietro Grasso, che si è schierato convinto a favore della riforma. «Se dipendesse da me – ha spiegato la seconda carica dello Stato – la legge sarebbe già stata approvata».

«Non siamo immigrati, non abbiamo attraversato alcuna frontiera. Siamo nati qui». Racconta Maruan. Non manca una provocazione. «Siamo più italiani noi o quei partiti che inneggiano alla secessione del Paese?» In attesa di conoscere il destino della legislatura, c’è chi teme di non riuscire a raggiungere l’obiettivo. Nessuna forzatura, assicurano i parlamentari a favore della riforma. La norma approvata a Montecitorio è già il frutto di un accordo politico. «Alla Camera – spiega Chaouki durante un incontro con la stampa – abbiamo approvato un testo equilibrato, con l’obiettivo di assicurare in tempi rapidi un diritto sacrosanto per oltre 800mila ragazzi». I cardini della legge sono due. Attraverso una forma di “ius soli” temperato, si attribuisce la cittadinanza italiana ai bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri, purché in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Ma la norma riconosce la cittadinanza anche ai minori arrivati in Italia entro i 12 anni di età, dopo aver concluso un ciclo di studi. Nessun riferimento agli adulti. «Proprio per facilitare un’intesa tra i partiti abbiamo stralciato tutti i temi più divisivi» racconta uno dei parlamentari che hanno seguito l’iter a Montecitorio.

«È una riforma di buonsenso» racconta Chaouki. «Riconosce la cittadinanza a chi è già parte della nostra società». Il tema divide il Parlamento. Tra i partiti non c’è un accordo trasversale. Qualcuno teme che la norma possa aprire le frontiere a un’immigrazione senza controllo. Nel Paese i dubbi sarebbero molto meno diffusi, spiegano i proponenti. Stando ad alcuni recenti sondaggi, almeno il 70% degli italiani si considera a favore del riconoscimento della cittadinanza per i figli di stranieri nati in Italia. «La legge non svilisce la cittadinanza, ma la valorizza» racconta il viceministro dell’Agricoltura Andrea Olivero, presente anche lui all’incontro. «È una legge giusta e ragionevole. Sfida tutti i parlamentari a schierarsi: un testo non ideologico né buonista. Chi si oppone non vuole l’integrazione». (…)

Marco Sarti Linkiesta 8 febbraio 2017

www.linkiesta.it/it/article/2017/02/08/il-parlamento-si-e-dimenticato-la-riforma-della-cittadinanza-ottocento/33188

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CONSULTORI FAMILIARI

Un consultorio familiare della Caritas di Mazara del Vallo.

Nell’ambito del progetto “Chiesa, famiglia di famiglie” è nato il Consultorio familiare di ispirazione cristiana “Marcello e Anna Maria Inguscio”, presso la sede della Caritas diocesana, in via Casa Santa, 41 a Mazara del Vallo, essendo vescovo mons. Domenico Mogavero.

All’interno del Consultorio sono garantite la consulenza sociale e psicologica e il raccordo con altri servizi del territorio per una presa in carico globale dei bisogni della famiglia. Presso il Consultorio la persona viene accompagnata all’orientamento e al sostegno dell’individuo che vive un particolare disagio, in un approccio di consulenza familiare, uno spazio rivolto alla famiglia che, in un momento di difficoltà, conflitto, dubbi, crisi, ha la necessità o il desiderio di confrontarsi con un esperto esterno.

Il progetto “Chiesa, famiglia di famiglie” è promosso dalla Caritas diocesana e dalla Fondazione San Vito Onlus e sostenuto coi fondi 8×1000 Cei. Il servizio è gratuito

Libero 24 x 7 11febbraio 2017

www.tp24.it/2017/02/11/religioni/un-consultorio-familiare-della-caritas-di-mazara/106860

 

Rovigo. Il consultorio familiare diocesano si presenta.

https://www.youtube.com/watch?v=znOePCplUpw

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Acerra. Consultorio Familiare Diocesano “La Roccia”.

Il Consultorio, operante sul territorio della Diocesi della stessa Città (circa 60.000 abitanti) della Provincia di Napoli e che si estende anche in Provincia di Caserta, è attivo dal 2004. E’ iscritto come Socio Aggregato all’UCIPEM.

Il Presidente Giuseppe Gallo, ginecologo, al quale è stato rinnovato l’incarico dal Vescovo Mons. Antonio Di Donna, è tra i Soci Fondatori dello stesso Consultorio.

Il Consulente Etico è don Antonio Cozzolino, Cancelliere della Curia e Presidente della Sezione Diocesana del Tribunale Regionale Rotale, incarico che svolge, avvalendosi anche della Consulenza degli Operatori del Consultorio.

La prevenzione e lo studio delle problematiche familiari costituiscono il migliore approccio alle situazioni di tante Famiglie in difficoltà. A tale proposito il Consultorio, in collaborazione con la Parrocchia “Maria SS. Assunta”, operante presso il Duomo di Acerra, sta svolgendo da qualche mese un programma con i giovani, volto ad avvicinare gli stessi alle tematiche, che sono cause di disagi del singolo, della coppia e del gruppo. I temi, oggetti degli incontri mensili, riguardano la Sessualità, la Prevenzione delle Malattie, l’attaccamento, il conflitto, la conoscenza di sé, la legalità, le relazioni di coppia e di gruppo. Il tutto viene affrontato in un clima informale e non didattico, con flessibilità ed interazione, in modo da favorire l’apertura ed anche il racconto del vissuto personale da parte dei giovani.

Il programma, partito dal mese di ottobre 2016, si concluderà nel mese di giugno 2017. Probabilmente ci sarà un Convegno Pubblico, per illustrare questa esperienza ed allargarla anche ad altri gruppi giovanili, non solo nell’ambito delle Parrocchie, che restano comunque i principali interlocutori, insieme alle altre realtà diocesane, cominciare dalla Pastorale Familiare.

 

Parma. Conversazioni con l’autore

  • 23 febbraio Franco Ferrari. Parole nuove sulla famiglia. Dai due Sinodi all’ Amoris Lætitia con la partecipazione di Beppe Sivelli, presidente emerito dell’UCIPEM

  • 19 marzo Marta Tropeano Una carezza nell’anima. Raccolta di favole per il cuore

Esplorazioni sonore tra musica ed emozioni

  • 23 marzo Francesca Cenci Amara da morire. Come sopravvivere all’amore malato

Presenta il dr Diego Zatelli, psicologo sessuologo

www.famigliapiu.it

 

Portogruaro. Menopausa un cambiamento naturale.

A marzo il percorso sui cambiamenti connessi alla Menopausa, un periodo fisiologico della vita di ogni donna che va affrontato con serenità e con stile di vita salutare. Gli incontri, oltre a fornire una corretta informazione sui cambiamenti fisiologici che caratterizzano questa fase della vita femminile, vogliono essere un’occasione per la riflessione, il confronto e la condivisione tra le partecipanti e i relatori. Il percorso tratterà l’argomento da numerosi punti di vista, senza tralasciare l’aspetto psicologico

3, 10, 17, 24 marzo 2017 http://www.consultoriofamiliarefondaco.it/?p=1349

Trieste. Percorsi di preparazione al matrimonio

In collaborazione con il Centro Diocesano Vocazioni

Cliccare sul disegno per attivare il pdf www.consultonlus.it/?p=476

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DALLA NAVATA

VI Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 12 febbraio 2017

Siracide 15, 16. Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.

Salmo 119, 33. Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla fine.

1 Corinzi ..02, 10 Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.

Matteo 05, 17. Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento

 

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

Dopo le beatitudini (cf. Mt 5,1-12) e la definizione di chi le vive come sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5,13-16), ecco il corpo del “discorso della montagna”: tre capitoli nei quali Matteo ha innanzitutto raccolto parole di Gesù riguardanti la Legge data a Dio attraverso Mosè e il discepolo che vuole veramente viverla secondo l’intenzione del Legislatore, Dio. Nella parte restante del capitolo 5 Gesù crea sei contrapposizioni tra lo “sta scritto” tramandato di generazione in generazione e ciò che egli vuole annunciare, come un’interpretazione della Torah più autorevole e autentica di quella fornita dalla tradizione dei maestri.

Gesù comincia con l’assicurazione di non essere venuto ad abrogare la Torah, a toglierle autorità, bensì a “compierla”, a svelarne il senso racchiuso, realizzandolo in primo luogo nella sua persona e rivelandone il pieno significato. Anche per Gesù resta vero che “Mosè ricevette la Torah sul Sinai, la trasmise a Giosuè,Giosuè la trasmise agli anziani e gli anziani ai profeti (Mishnah, Avot I,1); ma proprio in nome della sua autorità messianica egli ne dà l’interpretazione ultima e definitiva, dopo la quale non ce ne saranno altre. Matteo è stato molto intrigato dal rapporto fra tradizione e novità del Vangelo, perché si indirizzava a comunità cristiane di Siria e Palestina, nelle quali erano presenti numerosi giudeo-cristiani, che si interrogavano su cosa potesse essere tralasciato delle minuziose prescrizioni rabbiniche. Vi erano allora, come ancora oggi, conflitti fra tradizionalisti e innovatori, fra zelanti della Legge fino al legalismo e cristiani più sensibili al mutamento dei tempi e della cultura.

Secondo il primo vangelo, Gesù resta fedele alla Torah, non la sostituisce con un insegnamento altro, ma con exousía, con autorevolezza, rivela, alza il velo sulla Legge e ne svela la giustizia profonda, perché sia possibile al discepolo una sua osservanza autentica. Per Gesù non è sufficiente l’osservanza indicata dai teologi del tempo, interpreti ufficiali delle Scritture (gli scribi), né quella propria dei credenti impegnati e osservanti, associati nei movimenti (i farisei): vuole una giustizia superiore, più abbondante (verbo perisseúo), che superi quella indicata dalle scuole rabbiniche e fissate nella casistica. Gesù vuole inoltre che quella giustizia predicata sia osservata, vissuta da parte di chi la indica agli altri, perché proprio da questo vissuto dipendono lo stile e il contenuto di ciò che si predica agli altri.

Ecco allora la prima delle quattro antitesi proposte dal brano liturgico: “Avete inteso che fu detto agli antichi: ‘Non ucciderai’ (Es 20,13; Dt 5,17) … Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: ‘Stupido’, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: ‘Pazzo’, sarà destinato al fuoco della Geenna”. Innanzitutto, cosa chiede veramente Dio al credente in alleanza con lui? Solo di non uccidere? Questo il detto tramandato, ma il non-detto è svelato da Gesù: in tutte le relazioni umane occorre frenare l’aggressività, spegnere la collera prima che diventi violenza, fermare la lingua che può uccidere con la parola. Prima di diventare azione, la violenza cova nel cuore umano, e a questo istinto occorre fare resistenza. L’astenersi dalla violenza è più decisivo di un’azione di culto fatta a Dio, il quale vuole la riconciliazione tra noi fratelli prima della riconciliazione con lui; anche perché la riconciliazione con lui che nessuno vede è possibile solo per chi sa riconciliarsi con il fratello che ciascuno vede (cf. 1Gv 4,20). Eppure noi sentiamo il bisogno di scaricare il male che ci abita, dicendo poco o tanto male di qualcuno. Usiamo la parola come una pietra scagliata, dicendo: “Quello è uno stupido, uno scemo!”, e così autorizziamo chi ci ascolta a ritenere una persona da evitare colui che abbiamo definito tale. Del resto, già i rabbini dicevano che “chi odia il suo prossimo è un omicida”. Ecco dunque svelata la profondità del comandamento: “Non ucciderai”, che significa anche “Sii mite, dolce, e sarai beato” (cf. Mt 5,5).

Dopo la violenza viene la sessualità, materia della seconda e della terza antitesi. Si comincia con: “Non commetterai adulterio” (Es 20,14; Dt 5,18). Ma per Gesù questo non è sufficiente. Occorre fare i conti con il desiderio che abita il cuore umano: se infatti uno desidera il possesso, se con il suo sguardo cerca di possedere l’altro, se con la sua brama non vede più la persona, ma solo una cosa di cui impadronirsi, allora anche se non arriva a consumare il peccato è già adultero nel suo cuore. Se si fa attenzione, qui Gesù sposta la colpa dalla donna sedotta, giudicata sempre lei come peccatrice e causa di peccato, a chi seduce e non sa resistere al desiderio. Tutto il corpo, e soprattutto i sensi attraverso i quali viviamo le relazioni con gli altri, devono essere dominati, ordinati e anche accesi dalla potenza dell’amore, non dall’eccitazione delle passioni. Certamente non è facile questa vigilanza e questa disciplina del cuore, ma non è possibile scindere la mente, il cuore e i sensi dalla sessualità. Proprio per questo Gesù ribadisce (e lo farà più ampiamente in Mt 19,1-9) che Dio non vuole il ripudio, l’infrazione dell’alleanza nuziale, non vuole la contraddizione alla storia d’amore sigillata nella pur faticosa avventura della vita.

La quarta antitesi riguarda la verità nei rapporti tra le persone. È l’ottavo comandamento dato al Sinai: “Non dirai falsa testimonianza” (Es 20,16; Dt 5,20). Gesù conosce bene quello che gli esseri umani vivono: incapaci di vivere la fiducia nelle relazioni reciproche, giungono a giurare, a chiamare Dio come testimone (cf. Es 20,7; Lv 19,12; Dt 23,22). Così avviene nel mondo, così fan tutti, ma ecco la radicalità di Gesù: “Io vi dico di non giurare mai, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re”. Alla casistica della tradizione Gesù oppone la semplicità del linguaggio, la verità delle parole: Gesù invita alla responsabilità della parola. Il parlare di ciascuno dev’essere talmente limpido da non aver bisogno di chiamare Dio o le realtà sante a testimone di ciò che si esprime. Non sono necessari garanti della verità che si esprime, e invocare il castigo, la sanzione di Dio per ciò che si è detto come non vero o per ciò che non si è realizzato, è temerario. Dio non è al nostro servizio e non interviene certo a punire le nostre menzogne, almeno durante la nostra vita.

E allora quando uno dice sia “sì”, sia “sì”, e quando dice “no”, sia “no”, perché il di più viene dal Maligno”, che “è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44). Nessun “cuore doppio” (Sal 12,3), nessuna possibilità di simulazione per il discepolo di Gesù, nessun tentativo di dire insieme “sì” e “no”. Non è forse Gesù stesso “l’Amen di Dio” (cf. Ap 3,14), il “Sì” di Dio alle sue promesse, come predica Paolo (cf. 2Cor 1,19-20)? L’essere umano rispetto agli animali ha il privilegio della parola, ma questo mezzo così umanizzante per sé e per gli altri è uno strumento fragile. Il dominio della parola è davvero alla base della sapienza umana.

Quella di Gesù non è dunque una “nuova legge”, una “nuova morale”, ma è l’insegnamento di Dio dato a Mosè, interpretato con autorità, risalendo all’intenzione del Legislatore stesso. Solo Gesù, il Figlio di Dio, poteva fare questo.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11208-ma-io-vi-dico

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DIACONATO FEMMINILE

Non si può solo ricorrere al passato.

Sandro Magister nel suo blog segnala (scandalizzato) un articolo significativo.

“Sull’ordinazione di donne nella Chiesa cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane”. A leggere però l’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”, la questione delle donne sacerdote appare tutt’altro che chiusa. Anzi, apertissima. “La Civiltà Cattolica” non è una rivista qualsiasi. Per statuto ogni sua riga è stampata con il previo controllo della Santa Sede. Ma in più c’è lo strettissimo rapporto confidenziale che intercorre tra Jorge Mario Bergoglio{che però è il Papa}e il direttore della rivista, il gesuita Antonio Spadaro. Il quale a sua volta ha il suo collaboratore più fidato nel vicedirettore Giancarlo Pani, anche lui gesuita come tutti gli scrittori della rivista. Ebbene, nell’articolo a sua firma che apre l’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” padre Pani fa tranquillamente a pezzi proprio “l’ultima parola chiara” – cioè il no tondo tondo – che Giovanni Paolo II ha pronunciato contro il sacerdozio delle donne. Per vedere come, non resta che rileggere questo passaggio dell’articolo, propriamente dedicato alla questione delle donne diacono, ma che da lì prende spunto per auspicare anche delle donne sacerdote.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

[…] Nella Pentecoste del 1994 papa Giovanni Paolo II ha riassunto, nella Lettera apostolica “Ordinatio sacerdotalis”, il punto di arrivo di una serie di precedenti interventi magisteriali (tra cui l’”Inter insigniores“), concludendo che Gesù ha scelto solo uomini per il ministero sacerdotale. Quindi «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale. Questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».

Il pronunciamento era una parola chiara per quanti ritenevano di poter discutere il rifiuto dell’ordinazione sacerdotale alle donne. Tuttavia, […] qualche tempo dopo, in seguito ai problemi suscitati non tanto dalla dottrina quanto dalla forza con cui essa era presentata, veniva posto alla Congregazione per la Dottrina della Fede un quesito: l’”ordinatio sacerdotalis” può «considerarsi appartenente al deposito della fede?». La risposta è stata «affermativa», e la dottrina è stata qualificata “infallibiliter proposita”, cioè che «si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli».

Le difficoltà di recezione della risposta ha creato «tensioni» nei rapporti tra Magistero e Teologia per i problemi connessi. Essi sono pertinenti alla teologia fondamentale circa l’infallibilità. È la prima volta nella storia che la Congregazione si appella esplicitamente alla Costituzione “Lumen gentium“, n. 25, dove si proclama l’infallibilità di una dottrina perché insegnata come da ritenersi in modo definitivo dai vescovi dispersi nel mondo ma in comunione fra loro e con il successore di Pietro.

Inoltre, la questione tocca la teologia dei sacramenti, perché riguarda il soggetto del sacramento dell’Ordine, che tradizionalmente è appunto l’uomo, ma non tiene conto degli sviluppi che nel XXI secolo hanno avuto la presenza e il ruolo della donna nella famiglia e nella società. Si tratta di dignità, di responsabilità e di partecipazione ecclesiale.

Il fatto storico dell’esclusione della donna dal sacerdozio per l’”impedimentum sexus” è innegabile. Tuttavia già nel 1948, e quindi molto prima delle contestazioni degli anni Sessanta, p. Congar faceva presente che «l’assenza di un fatto non è criterio decisivo per concludere sempre prudentemente che la Chiesa non può farlo e non lo farà mai».

Inoltre, aggiunge un altro teologo, «il “consensus fidelium” di tanti secoli è stato chiamato in causa nel XX secolo soprattutto a motivo dei profondi cambiamenti socio-culturali che hanno interessato la donna. Non avrebbe senso sostenere che la Chiesa deve cambiare solo perché i tempi sono cambiati, ma resta vero che una dottrina proposta dalla Chiesa chiede di essere compresa dall’intelligenza credente. La disputa sulle donne prete potrebbe essere messa in parallelo con altri momenti della storia della Chiesa; in ogni caso oggi nella questione del sacerdozio femminile sono chiare le “auctoritates”, cioè le posizioni ufficiali del Magistero, ma tanti cattolici fanno fatica a comprendere le “rationes” di scelte che, più che espressione di autorità, paiono significare autoritarismo. Oggi c’è un disagio tra chi non riesce a comprendere come l’esclusione della donna dal ministero della Chiesa possa coesistere con l’affermazione e la valorizzazione della sua pari dignità». […]

Estratto da Quaderno 3999 www.laciviltacattolica.it/articolo/la-donna-e-il-diaconato

Abstract — Il 12 maggio 2016, in occasione dell’udienza generale alle Superiore Generali degli Ordini religiosi, una suora ha chiesto a papa Francesco perché le donne erano escluse dai processi decisionali nella Chiesa e dalla predicazione nella celebrazione eucaristica, dal momento che, secondo le sue stesse parole, «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita della Chiesa e della società». Nella sua risposta Francesco ha accennato all’esistenza di donne diacono nella Chiesa antica, annunciando l’intenzione di costituire una commissione ufficiale «che possa studiare la questione». Il 2 agosto, il Papa ha onorato l’impegno. La novità è rimbalzata subito tra i media del mondo cattolico e non, provocando diversificate e opposte reazioni. Alcuni ritengono che il diaconato permanente delle donne sia un ritorno a ciò che era in vigore nella Chiesa antica, e quindi sia cosa legittima. Altri invece lo considerano il primo passo verso il sacerdozio delle donne, e ritengono che questo non sia possibile nella Chiesa cattolica. In attesa di conoscere le conclusioni della commissione, si tratta comunque di un’occasione per sviluppare una riflessione di carattere storico, andando a consultare le fonti e i commenti più accreditati. Ad esempio, i Vangeli mostrano, nei confronti della donna, un atteggiamento nuovo e positivo, libero da pregiudizi. Analogamente, la prima comunità cristiana ha un modo innovatore di rapportarsi alla donna. Quanto alle «donne diacono», sono pochi i passi del Nuovo Testamento in cui vi si accenna. D’altra parte, il ruolo di rilievo delle donne nella vita delle prime comunità cristiane è attestato anche da fonti terze. Ma già nei primi tempi della storia della Chiesa, un simile protagonismo ecclesiale delle donne non è durato a lungo. Per arrivare rapidamente alla nostra epoca, nella Pentecoste del 1994 papa Giovanni Paolo II ha riassunto, nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, il punto di arrivo di una serie di precedenti interventi magisteriali concludendo che Gesù ha scelto solo uomini per il ministero sacerdotale. Tuttavia, imprevedibilmente lasciava anche emergere un passo di Paolo VI del 1975, in cui si affermava che la Chiesa deve «riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nella missione evangelizzatrice e nella vita delle comunità cristiane». Si è dunque aperto un dibattito che ha anche creato «tensioni» nei rapporti tra Magistero e Teologia per problemi connessi. L’obiezione di fondo, riemersa nel dibattito, è: come mai la Chiesa antica ha ammesso alcune donne al diaconato e perfino all’apostolato? E perché poi la donna è stata esclusa da tali funzioni?

www.laciviltacattolica.it/articolo/la-donna-e-il-diaconato

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Senza figli crollano welfare e pensioni del futuro

«Se non si torna a fare figli e se non si arriva ad un fisco più equo ed a misura di famiglia lo stato sociale è destinato ad implodere» commenta così Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle famiglie, la presentazione della ricerca ’Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo’ realizzata dall’Auser.

«Oramai gli anziani per la quasi totalità sono stati abbandonati dai servizi sociali ed affidati alle famiglie (2,5 milioni contro i 278mila ospitati in istituti) ed il futuro vedrà inevitabilmente allargarsi la forbice. Nel frattempo diminuiscono le persone prese in carico dai servizi di assistenza domiciliare; diminuisce il numero di anziani con indennità di accompagnamento; diminuiscono i fondi statali; diminuisce del 7,9% la spesa per i servizi sociali di Regioni e Comuni.

«Il risultato è che le famiglie sono sempre più sole nella gestione della vita quotidiana e sempre più in difficoltà nella gestione economica arrivando spesso a vendere casa anche in nuda proprietà per pagare l’assistenza al familiare non autosufficiente.

«Ma c’è un’altra insidia che si fa di giorno in giorno più concreta: il calo delle nascite ridurrà ancora la possibilità delle nuove generazioni di sostenere gli anziani. E gli anziani di domani, dopo essere stati abbandonati dallo Stato, non avranno più neppure i figli sui quali contare.

«Un Paese anziano è un Paese senza futuro non è più un modo di dire, è la realtà che ci aspetta. Dobbiamo agire subito» conclude De Palo. «Alle famiglie va riconosciuto, anche nel computo del carico fiscale, il ruolo essenziale svolto nella società così che possano tornare a fare figli e sostenere i propri anziani, entrambe tesori per il Paese».

Comunicato stampa 9 febbraio 2017

www.forumfamiglie.org/2017/02/09/anziani-senza-figli-crollano-welfare-e-pensioni-del-futuro

 

Riforma della scuola. Il Forum in audizione

Il Forum è stato ascoltato dalla Commissione pubblica istruzione del Senato sui decreti di riforma della scuola che dovranno essere votati dai parlamentari. La delegazione del Forum guidata dal vicepresidente, Maria Grazia Colombo, ha depositato un’ampia relazione.

Gent.mo Presidente, gent.mi Commissari,

desidero innanzitutto esprimere il ringraziamento del Forum delle associazioni familiari per questa audizione sui decreti legislativi in attuazione delle deleghe previste dalla legge 107/2015, audizione che ci offre l’opportunità di portare il contributo delle famiglie che rappresentiamo.

Abbiamo cercato di evidenziare alcuni temi che come famiglie ci coinvolgono nel dibattito per una scuola di qualità per tutti e per ciascuno. Ecco alcuni punti che offriamo alla Vostra attenzione per un dibattito costruttivo:

La Costituzione indica come prioritaria la corresponsabilità educativa tra famiglie e istituzioni scolastiche, e di conseguenza mondo del lavoro.

  • Lavoro ed educazione sono le priorità delle famiglie, che vanno perseguite in una stabile relazione e collaborazione con la scuola;

  • Scuola non come luogo di contrattazione o scontro ma di dialogo e alleanze;

  • Genitori che interagiscono con i docenti in un sistema scuola plurale;

  • Scuola più autonoma che costruisce reti tra istituzioni favorendo la cooperazione tra scuole statali e scuole paritarie.

Come famiglie poniamo grande aspettativa nei decreti legislativi ma manifestiamo comunque qualche perplessità in particolare con riguardo all’inclusione scolastica, alla valutazione delle competenze, al sistema integrato 0-6 anni e alla revisione dei percorsi dell’istruzione professionale.

Tematiche

1 – Schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (atto n. 378)

2 – Schema di decreto legislativo recante revisione dei percorsi dell’istruzione professionale, nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale (379)

3 – Schema di decreto legislativo recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni (380)

4 – Schema di decreto legislativo concernente l’effettività del diritto allo studio attraverso la definizione delle prestazioni, in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio e ai servizi strumentali, nonché potenziamento della carta dello studente (381)

5 – Schema di decreto legislativo recante norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività (382)

6 – Schema di decreto legislativo recante norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato (384)

Testo integrale

www.forumfamiglie.org/2017/02/07/riforma-della-scuola-il-forum-in-audizione

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

La donna porta l’armonia che fa del mondo una cosa bella

“Senza la donna, non c’è l’armonia nel mondo”. Così il Papa nell’omelia della Messa mattutina, stamani (9 febbraio), a Casa Santa Marta. Al centro della riflessione di Francesco, la figura della donna a partire dalla Creazione narrata nel Libro della Genesi. Uomo e donna non sono uguali né uno superiore all’altro, ma è la donna e non l’uomo a portare quell’armonia che fa del mondo una cosa bella, sottolinea il Papa.

Francesco prosegue la sua riflessione sulla Creazione proposta, in questi giorni, dalle Letture tratte dal Libro della Genesi. Il Signore aveva plasmato ogni sorta di animali ma l’uomo non trovava in loro una compagnia, “era solo”. Quindi il Signore gli tolse una costola e fece la donna che l’uomo riconobbe come carne della sua carne. “Ma prima di vederla – dice il Papa – l’ha sognata”: “per capire una donna è necessario sognarla, prima”, spiega Francesco.

Senza la donna, non c’è armonia. “Tante volte, quando noi parliamo delle donne”, ne parliamo in modo funzionale: “ma, la donna è per fare questo”, nota il Papa. Invece la donna porta una ricchezza che l’uomo non ha, la donna porta armonia al Creato: “Quando non c’è la donna, manca l’armonia. Noi diciamo, parlando: ma questa è una società con un forte atteggiamento maschile, e questo, no? Manca la donna. ‘Sì, sì: la donna è per lavare i piatti, per fare …’. No, no, no: la donna è per portare armonia. Senza la donna non c’è armonia. Non sono uguali, non sono uno superiore all’altro: no. Soltanto che l’uomo non porta l’armonia: è lei. E’ lei che porta quella armonia che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella”.

Sfruttare le persone è un crimine, sfruttare una donna è di più, è distruggere l’armonia. L’omelia di Francesco si snoda dunque attraverso tre momenti: la solitudine dell’uomo, il sogno e, terzo, il destino di tutti e due, essere “una sola carne”. E il Papa fa un esempio concreto. Racconta quando in un’udienza, mentre salutava la gente, ha domandato ad una coppia che celebrava il 60.mo anniversario di matrimonio: “Chi di voi ha avuto più pazienza?”: “E loro che mi guardavano, si sono guardati negli occhi – non dimentico mai quegli occhi, eh? – poi sono tornati e mi hanno detto, tutti e due insieme: ‘Siamo innamorati’. Dopo 60 anni, questo significa una sola carne. E questo è quello che porta la donna: la capacità di innamorarsi. L’armonia al mondo. Tante volte, sentiamo: ‘No, è necessario che in questa società, in questa istituzione, che qui ci sia una donna perché faccia questo, faccia queste cose …’. No, no, no, no: la funzionalità non è lo scopo della donna. E’ vero che la donna deve fare cose, e fa – come tutti noi facciamo – cose. Lo scopo della donna è fare l’armonia, e senza la donna non c’è l’armonia nel mondo. Sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità: è vero. Ma sfruttare una donna è di più: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo. E’ distruggere”.

Sfruttare una donna è quindi non solo “un crimine” ma è “distruggere l’armonia”, ribadisce Francesco che fa riferimento anche al Vangelo odierno dove si narra della donna siro-fenicia.

Dio ha creato la donna perché tutti noi avessimo una madre. Quindi il Papa conclude con una nota personale: “Questo è il grande dono di Dio: ci ha dato la donna. E nel Vangelo, abbiamo sentito di che cosa è capace una donna, eh? E’ coraggiosa, quella, eh? E’ andata avanti con coraggio. Ma è di più, è di più: la donna è l’armonia, è la poesia, è la bellezza. Senza di lei il mondo non sarebbe così bello, non sarebbe armonico. E a me piace pensare – ma questa è una cosa personale – che Dio ha creato la donna perché tutti noi avessimo una madre”.

Testo http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2017/documents/papa-francesco-cotidie_20170209_inno-alle-donne.html

Debora Donnini Notiziario Radio vaticana -9 febbraio 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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MATERNITÀ

Le regole per una buona maternità.

Si è parlato di salute materno infantile nella trasmissione di Rai 2 “Tutta salute” dove, il 7 febbraio scorso, Angela Spinelli ed Enrica Pizzi, rispettivamente direttore e ricercatrice del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Iss hanno presentato e illustrato il progetto “Sistema di sorveglianza sugli otto determinanti di salute del bambino, dal concepimento ai 2 anni di vita, inclusi nel Programma GenitoriPiù” promosso e finanziato dal ministero della Salute/Ccm.

Il progetto – coordinato dall’Iss in collaborazione con 5 Regioni (Campania, Calabria, Marche, Puglia, Veneto), l’Asl della città di Milano e l’Università Ca’ Foscari Venezia – ha valutato la fattibilità e la sostenibilità del sistema di sorveglianza da realizzarsi nell’ambito dei centri vaccinali (CV) in occasione delle sedute vaccinali dei bambini tra 0 e 2 anni, utilizzando principalmente le risorse umane, strutturali e organizzative in dotazione ai singoli CV. La sperimentazione ha coinvolto 13 distretti sanitari, 153 professionisti sanitari e oltre 14 mila madri. Per approfondire consulta il video dell’intervista sul sito raiplay (al minuto 40 circa) e visita la pagina dedicata al progetto 0-2 anni su EpiCentro.

Epicentro 9 febbraio 2017

Video e progetto www.epicentro.iss.it/temi/materno/indice-materno.asp

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MINORE

Minore sbarca solo. Non subito abbandono

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 686, 12 gennaio 2017.

Il minore non accompagnato che sbarca in Italia deve avere una rappresentanza legale nel più breve tempo possibile da realizzarsi attraverso l’apertura di una tutela e la nomina di un tutore da parte del giudice tutelare del luogo dove si trova la struttura di accoglienza

Renato D’Isa 14 febbraio 2016

https://renatodisa.com/2017/02/14/corte-di-cassazione-sezione-vi-civile-ordinanza-12-gennaio-2017-n-686

Vedi purehttps://www.edotto.com/articolo/minore-sbarca-solo-non-subito-abbandono

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NULLITÀ DEL MATRIMONIO

Matrimonio annullato dalla Chiesa. Ultratriennalità della convivenza.

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 3315, febbraio 2017

Il requisito della convivenza ultratriennale dei coniugi può essere smentita solo da una prova contraria a carico di chi agisce per il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità.

La Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 55/2015, ha respinto la domanda di riconoscimento in Italia dell’efficacia della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario. Nella motivazione la Corte distrettuale umbra ha richiamato la sentenza n. 16379/2014 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione e ha rilevato che la convivenza fra i coniugi è durata stabilmente dalla data di celebrazione del matrimonio sino al 2009.

Il requisito della convivenza ultratriennale dei coniugi, dopo la celebrazione del matrimonio, che, nella specie, ha costituito l’oggetto di specifica eccezione richiesta può e deve essere smentito solo da una prova contraria a carico di chi agisce per il riconoscimento della sentenza di nullità del matrimonio concordatario una volta che sia incontestata la fissazione di una comune residenza anagrafica dei coniugi e la volontà di instaurare un rapporto coniugale effettivo

Studio Legale Sugamele 12 febbraio 2017

Sentenzahttp://www.divorzista.org/sentenza.php?id=13264

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PADRI SEPARATI

Diritti per i padri separati: lanciata la petizione

“Nonostante la legge sul divorzio sia ormai datata agli anni ’70, e nonostante qualche scialbo tentativo di modifica nel 2006 con il cosiddetto ‘affido condiviso’, le condizioni socio-economiche dei padri separati sono ancora umilianti”. Inizia così la petizione lanciata su Change.orgper i diritti dei padri separati che, in pochi giorni, ha già raccolto oltre 2mila firme.

www.change.org/p/dipartimento-delle-pari-opportunit%C3%A0-diritti-per-i-padri-separati?utm_source=action_alert_sign&utm_medium=email&utm_campaign=707447&alert_id=uNIqmvTvMd_R1nsbkggTqRC%2B0f5J3%2FPMQqf2Ajo1JI3qQHJMFL7%2Fmo%3D

Un appello, rivolto al Dipartimento delle pari opportunità e alla magistratura, per dire “No ai giudici che continuano con sentenze disumane” che impongono “il mantenimento ai padri anche se sono disoccupati o in precarie condizioni lavorative” senza considerare “la capacità reddituale della madre” o “incredibilmente anche se la – stessa – percepisce salari maggiori del padre”. Ma non solo. Ad essere oggetto di critica sono anche le decisioni che “non concedono giuste quantità di tempo ai padri separati per stare coi figli”. La percentuale di padri eletti “affidatari principali”, si legge infatti nel testo, “è ancora ridicola (attorno al 5%) e non per mancata volontà degli stessi ma per pregiudizio culturale strettamente italico che vede la madre suprema figura educativa per i piccoli”.

Da qui l’appello a far finire “queste ingiustizie sociali” nei confronti degli uomini e ad abolire “il concetto che una pessima madre è preferibile a un ottimo padre”.

Redazione. Newsletter Giuridica studio Cataldi 6 febbraio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/24969-diritti-per-i-padri-separati-lanciata-la-petizione.asp

Vedi anche www.studiocataldi.it/articoli/21774-padri-divorziati-arriva-la-tutela-per-legge.asp

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PARLAMENTO

Camera dei Deputati. Assemblea

8 febbraio 2017 Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

Interrogazione 3-02767 Rondini e altri. Intendimenti in merito alla delega per l’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione per le adozioni internazionali e chiarimenti in ordine alle linee politico-programmatiche del Governo in materia

Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:

  • La Commissione per le adozioni internazionali, essendo l’unico organismo titolato ad autorizzare in Italia l’ingresso di minori adottati all’estero, svolge un ruolo di primario interesse per le famiglie in attesa di vedere completato il percorso di adozione;

  • Stando alle notizie pubblicate dagli organi di stampa, le famiglie adottanti, in questi giorni, si sono riunite in associazioni spontanee per manifestare contro il Governo che, ad oggi, non ha provveduto ancora ad assegnare la delega politica per l’esercizio delle funzioni di presidente della commissione;

  • Secondo indiscrezioni pubblicate dalla stampa, sembrerebbe che la mancata delega sia dovuta anche ad uno scontro politico-istituzionale tra l’ex presidente della commissione, il Ministro pro tempore Boschi, e la vice presidente attuale;

  • Secondo gli interroganti è intollerabile questo ritardo nell’individuare il soggetto chiamato a svolgere effettivamente il ruolo di presidente della commissione, quando il tema meriterebbe una particolare attenzione finalizzata ad individuare una linea programmatico-politica mirata a ridurre i tempi di attesa e a semplificare e razionalizzare i costi legati alla procedura –:

  • Per quali ragioni non si sia ancora proceduto a delegare l’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione per le adozioni internazionali e quale sia la linea programmatico-politica del Governo in materia di adozioni, al fine di velocizzare i tempi, semplificare le procedure e razionalizzare i costi a carico delle famiglie. (3-02767)

Marco Rondini. La Commissione per le adozioni internazionali, essendo l’unico organismo titolato ad autorizzare in Italia l’ingresso dei minori adottati all’estero, svolge un ruolo di primario interesse per le famiglie, in attesa di vedere completato il percorso di adozione. Il Governo, ad oggi, non ha ancora provveduto ad assegnare la delega politica per l’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione.

Noi ci chiediamo e chiediamo per quali ragioni non si sia ancora provveduto a delegare la figura del presidente e quale sia la linea programmatica o politica del Governo in materia di adozioni, al fine di velocizzare i tempi, semplificare le procedure e razionalizzare i costi a carico delle famiglie. Insomma, ci chiediamo se anche questa questione delicata, così come tante altre, deve necessariamente passare in secondo piano rispetto a quella cogente per voi e per il socio di maggioranza di questo Governo, il PD, dilaniato da lotte intestine, che antepone i capricci dell’ex-sindaco di Firenze e della sua corte alla soluzione dei problemi reali che vivono le nostre comunità e le nostre famiglie.

Anna Finocchiaro, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Con riferimento alla prima questione posta dagli onorevoli interroganti e relativa al conferimento della delega per l’esercizio delle funzioni di presidente della Commissione per le adozioni internazionali, ricordo che la Commissione è presieduta, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007 n. 108, dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un suo delegato. Rientrano quindi nella disponibilità del Presidente del Consiglio le valutazioni circa l’opportunità di delegare o meno tale funzione e la relativa tempistica. Il Presidente, nel pieno rispetto della legge, assumerà pertanto le relative determinazioni anche tenuto conto dell’imminente scadenza del mandato dell’attuale vicepresidente della Commissione e di altri componenti della medesima.

Con riferimento alle linee programmatiche che il Governo intende adottare in materia di adozione, desidero sottolineare che le eventuali valutazioni circa le necessarie semplificazioni delle procedure dovranno essere contemperate – come è ovvio – con la necessità di tutelare in primis il minore. Infine, si segnala che, nel bilancio della Presidenza del Consiglio per l’anno 2017, lo stanziamento iniziale delle risorse destinate al sostegno delle adozioni e al funzionamento della Commissione adozioni internazionali ammonta complessivamente a 20 milioni di euro, registrando un incremento di 5 milioni di euro rispetto allo stanziamento iniziale relativo all’anno precedente.

Marco Rondini. Mi dica lei come facciamo a dirci soddisfatti. Vede, a noi risulta che, dal 2011 al 2016, e adozioni internazionali siano crollate del 50%, passando dalle oltre 4.000 a poco più di 2.000. A questo aggiungiamo che le autorità della Bielorussia nel 2015 avevano bloccato le adozioni non ottenendo gli opportuni riscontri da parte della Commissione per le adozioni internazionali. La nomina della Boschi avrebbe dovuto risolvere la scarsa efficienza di quella Commissione, ma così non è stato. Inoltre, dovete ancora firmare l’elenco dei bambini bielorussi che le famiglie italiane sono disponibili ad adottare. Ad oggi, caro Ministro – se non lo ricorda, glielo rammento – sono centocinquanta le famiglie che attendono i vostri comodi.

Riteniamo poi sia utile non sorvolare su un’altra questione che è rimbalzata anche agli onori della cronaca, quella relativa ad un’inchiesta giudiziaria che coinvolgerebbe la vicepresidente Silvia Della Monica che – ci dice la stampa – sarebbe accusata di aver spedito dei suoi collaboratori negli orfanotrofi di Goma per prelevare dei bambini, pare contro la volontà delle autorità del Congo. Ora pare che l’inattività della Commissione, per le adozioni internazionali nel corso della presidenza Boschi si debba ricondurre ad una incompatibilità caratteriale fra il Ministro Boschi e la vicepresidente, Silvia Della Monica e che anche lo stallo attuale affondi le radici in questa sorta di duello. Peccato che a pagarne le spese siano quei bambini in attesa di adozione a cui negate un diritto sacrosanto, il diritto di poter essere accolti da famiglie che li attendono e che sperano di poterli crescere, famiglie esasperate soprattutto dalla vostra superficialità che rasenta la cialtroneria istituzionale.

pag. 36 www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0738&tipo=stenografico

 

2° Commissione Giustizia8 febbraio 2017

Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido.

La Presidente Donatella Ferranti comunica, che la presidenza ha predisposto, a conclusione delle audizioni contemplate nel programma dell’indagine conoscitiva, una proposta di documento conclusivo,

Vedi allegato 1 pag. 34

http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/02/08/leg.17.bol0763.data20170208.com02.pdf

che rimette alle valutazioni dei componenti della Commissione, dichiarandosi disponibile ad accogliere eventuali, ulteriori, richieste di modifica e di integrazione della proposta medesima.

Illustra pertanto la proposta di documento conclusivo, suddivisa in quattro capitoli, soffermandosi sul capitolo 4 relativo alle conclusioni e proposte, specificando di aver riportato, salvo che per il paragrafo 4.8 relativo ai requisiti soggettivi per accedere all’adozione, quelle proposte sulle quali si è registrata una convergenza unanime da parte degli auditi. Per quanto attiene alla questione particolarmente delicata dei requisiti soggettivi, osserva che in realtà nel corso delle audizioni si è registrato anche in questa materia una convergenza pressoché unanime da parte dei docenti universitari, dei magistrati, degli avvocati e dei rappresentanti di associazioni, ad eccezione della Comunità Papa Giovanni XXIII, del Centro studi Livatino e dei Comitati Sì alla famiglia.

In ordine alla materia delle adozioni internazionali precisa che la Commissione Giustizia ha dovuto tenere conto che tale materia rientra negli ambiti di competenza delle Commissioni riunite Giustizia e Affari Esteri. In ragione di ciò la Commissione Giustizia si è soffermata unicamente sulle questioni di maggior rilievo che sono emerse nel corso delle audizioni sulle audizioni nazionali, con la consapevolezza che ulteriori approfondimenti dovranno essere fatti nell’ambito dell’istruttoria legislativa che dovrà essere effettuata quando saranno esaminati in sede referente i progetti di legge in materia di adozioni internazionali da parte delle Commissioni riunite Giustizia e Affari Esteri. Conclude invitando i Gruppi a presentare delle eventuali proposte di integrazione del provvedimento oggi presentato in tempi utili affinché questo possa essere approvato entro la fine del mese di febbraio.

pag.: 32

http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/02/08/leg.17.bol0763.data20170208.com02.pdf

 

Proposta di Disegno di Legge n.4215 dei Deputati Mario Sberna, Gian Luigi Gigli

Disposizioni in materia di adozione del concepito, presentato l’11 gennaio 2017, assegnato alle Commissioni riunite II Giustizia e XII Affari Sociali in sede referente il 3 febbraio 2017

Dalla relazione del Ministro della salute sulla attuazione della legge n. 194 del 1978, presentata il 7 dicembre 2016, risulta che in Italia, nel 2014, sono state praticate 96.578 Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG), mentre nel 2015 ne sono state effettuate 87.639. Per quanto riguarda le minorenni, il tasso di abortività per il 2015 è risultato essere pari a 3.1 per 1.000, un valore inferiore rispetto a quello degli anni precedenti e che mostra una tendenza alla diminuzione dal 2005: in particolare nell’anno di riferimento il 2,9% delle IVG ha interessato donne di età inferiore a 18 anni e sempre nel 2015 hanno abortito 2.521 minorenni, di cui 2.164 di nazionalità italiana. Quest’ultimo dato certifica una lenta ma costante diminuzione del numero delle minorenni italiane che ricorrono all’IVG e a questo proposito la relazione citata sottolinea come ciò sia legato – positivamente – a un comportamento delle giovani più maturo e consapevole rispetto alla pratica dell’attività sessuale.

Non è noto, invece, il dato delle IVG operate al di fuori dei limiti consentiti dalla legge. Dalla menzionata relazione emerge una stima preoccupante, tenendo conto anche della diminuzione del numero delle donne in età fertile: secondo l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, il numero di aborti clandestini delle donne italiane è stimato tra 12.000 e 15.000. Per la prima volta è stata effettuata una stima anche per le donne straniere, che è risultata compresa tra 3.000 e 5.000 aborti clandestini. di coscienza (circa il 69,3%) lascia presumere che queste stime siano verosimili se non addirittura inferiori a quanto accade nella realtà.

In due soli anni, dunque, sono state praticate circa 200.000 procedure abortive: è come se fosse venuta meno l’intera popolazione di una città di media grandezza. La maggior parte degli aborti non risulta legata al pericolo per la salute fisica o psichica della donna né a previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito.

Nella richiamata relazione si rappresenta che nel 2015 il ricorso a procedure abortive d’urgenza è avvenuto nel 16,7% dei casi rispetto al 14,7% del 2014, al 13,4% del 2013 e all’11,6% del 2011 e che oltre la dodicesima settimana di gestazione è stato pari al 3,4% dei casi.

Pur assumendo, dunque, che in tutti questi casi si è giunti all’aborto per ragioni legate al pericolo per la salute fisica o psichica della donna ovvero a previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito, si rileva che nell’85% dei casi la decisione abortiva non è stata presa per tali ragioni. Nel 2015, dunque, circa 8.000 aborti sono dipesi da gravidanze indesiderate per ragioni diverse.

I dati ufficiali forniti dalla direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia evidenziano, al contempo, un grave sovrannumero di coppie disponibili rispetto al numero di minori adottabili: si calcola, in particolare, che per ogni minore adottabile vi sono oltre dieci coppie disponibili.

La presente proposta di legge si prefigge di individuare le modalità più efficaci, sul piano delle scelte politiche, di prevenzione dell’aborto quale obiettivo primario delle scelte di sanità pubblica nonché di coniugare l’elevato numero di concepiti «indesiderati» e il desiderio reale di coppie disponibili all’adozione nazionale. A tali fini:

  1. Alla donna che abbia deciso di abortire a causa delle sue condizioni economiche, sociali o familiari, alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, ovvero a causa di previsioni di anomalie o di malformazioni dei concepito, è data la possibilità di evitare l’IVG in considerazione dell’immediato inserimento del nascituro in una famiglia adottiva;

  2. Alle coppie, disponibili all’adozione nazionale, il cui accesso all’adozione è di fatto precluso a causa di un insufficiente numero di bambini adottabili, è data una maggiore possibilità di adottare.

I capisaldi della presente proposta di legge sono tre:

  1. La donna, in alternativa all’IVG per le ipotesi previste dalla legge n. 194 del 1978, può ottenere lo stato di adottabilità del concepito, che è disposto, con rito abbreviato, con decreto del tribunale per i minorenni prima della nascita del concepito;

  2. La donna, fino al momento della nascita e nei sette giorni successivi, può sempre e liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito;

  3. Il tribunale per i minorenni, entro sette giorni dalla nascita del concepito dichiarato adottabile, sceglie la coppia tra un apposito elenco di coppie la cui residenza è posta a una distanza non inferiore a 500 chilometri dal luogo di nascita del concepito e dispone l’affidamento preadottivo, ai fini della successiva adozione.

La scelta del tribunale per i minorenni preclude ogni possibile forma di «commercio» tra la madre naturale e la coppia.

Da sottolineare, infine, che le misure proposte non costituiscono forme di riduzione della possibilità di accedere alle disposizioni della legge n. 194 del 1978, ma rappresentano esclusivamente forme alternative all’IVG liberamente utilizzabili dalla donna; permettono un’efficace azione di prevenzione dell’aborto; garantiscono una più ampia possibilità di accesso all’adozione; non comportano aumenti di spesa, non essendo prevista l’istituzione di nuovi organismi, ma una semplice rimodulazione delle funzioni delle strutture socio-sanitarie già esistenti e degli uffici giudiziari competenti. L’aumento di spesa legato all’assistenza ospedaliera per il parto è, poi, compensato dal risparmio legato alla corrispondente diminuzione di accesso alle strutture sanitarie per l’intervento abortivo.

Segue il testo della proposta di legge di 7 articoli.

www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0048720.pdf

 

Senato2 Comm. Giustizia7 febbraio 2017Affidamento condiviso

(409) Stucchi, (1163) Divina, (1187) Panizza, (1441) Erika Stefani, (1756) Rosetta Enza Blundo.

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 1° luglio 2015.

Interviene quindi il senatore Caliendo il quale, in via generale, esprime una valutazione negativa circa la necessità di modificare la legge n. 54 del 2006, sull’affidamento congiunto, che pure costituisce la finalità di tutte le proposte legislative in esame. A suo avviso, i numerosi problemi sottesi alla materia in questione non derivano dalla discrezionalità degli organi giudicanti, ma dall’istituto in sé che, inevitabilmente, comporta delle

7 febbraio 2016 Accesso del figlio alle informazioni sull’identità dei genitori

(1978) Modifiche all’art. 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita, approvato dalla Camera dei deputati il 18 giugno 2015

(1765) Manconi. Norme in materia di adozione da parte dei singoli e revoca dell’anonimato materno

Prosegue l’esame congiunto sospeso nella seduta del 2 novembre 2016.

Il presidente D’Ascola ricorda che la relatrice Cirinnà aveva proposto di assumere come testo base il disegno di legge n. 1978, già approvato dalla Camera dei deputati. Dopo che la Commissione ha convenuto su tale proposta, il presidente fissa il termine per la presentazione degli emendamenti a venerdì 17 febbraio alle ore 16.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1005088

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PERSONALITÀ

Primogeniti, mediani, ultimogeniti. L’ordine di nascita può influenzare la personalità?

L’ordine di nascita può essere considerato un elemento in grado di condizionare la personalità di un individuo? A questa domanda hanno cercato di rispondere diversi studiosi, arrivando alla conclusione che l’ordine di nascita può influenzare i tratti di personalità, anche se in modo piuttosto marginale.

Secondo recenti teorie, i bambini tendono per lo più a distinguersi per le strategie messe in atto allo scopo di attirare le attenzioni e le grazie dei genitori su di sé. In questo senso gli studi hanno evidenziato caratteristiche ricorrenti secondo l’ordine di nascita.

Dai dati emersi, i primogeniti tenderebbero maggiormente a riconoscere l’autorità genitoriale, mentre gli ultimogeniti, a metterla più spesso in discussione. I figli maggiori risulterebbero anche più suscettibili alle aspettative genitoriali, più sicuri, determinati e in generale più responsabili. Consideriamo il fatto che godono di un’attenzione esclusiva fino a che sono “spodestati” da un nuovo arrivato. Ciò può determinare in loro la spinta a lavorare sodo per riconquistare il ruolo “privilegiato”: si impegnano dunque per essere bravi, per ottenere l’approvazione e l’amore dei genitori e conquistarsi un posto nel mondo.

I figli intermedi sembrano sviluppare con maggior frequenza un senso di frustrazione e di estraneità alla famiglia, sentendosi collocati in una ‘terra di mezzo’, più incerta e indefinita, e possono chiedersi: devo essere bravo come il primogenito o indifeso e piccolo come l’ultimogenito? I figli di mezzo da adulti mostrano una particolare sensibilità all’essere trascurati o messi da parte.

I figli minori appaiono di norma più socievoli, creativi, ribelli, ma anche più spesso nevrotici. Per l’ultimogenito, spesso più coccolato degli altri, le regole non sono mai così ferree e questo può portarlo ad essere più indisciplinato. Allo stesso tempo può cercare di emulare un fratello più grande, di solito il primogenito, aspirando a migliorarsi.

Uno studio recente si è occupato delle differenze di quoziente intellettivo rilevando un QI superiore di 1.5 punti nei primogeniti, riconducibile, secondo gli studiosi, al fatto che l’interazione con i fratelli e le sorelle minori stimolerebbe abilità cognitive e di insegnamento.

Da precedenti studi si evidenzia come i figli mediani presentino competenze diplomatiche più spiccate, legate alla necessità di negoziare, ma anche la cosiddetta ‘middle-child syndrome’, che esprime quel caratteristico disagio nel non possedere i privilegi del primogenito, ma neppure le concessioni tipiche del ‘piccolo di casa’.

Gli studi confermano, dunque, l’influenza dell’ordine di nascita sui tratti di personalità, benché questa risulti comunque di lieve entità rispetto ad altre variabili decisamente più rilevanti, come le esperienze di vita, la genetica, l’ambiente e la qualità delle relazioni con le prime figure di attaccamento.

Sicuramente, lo stile genitoriale si combina al particolare temperamento del bambino (e quindi un genitore non si comporterà mai allo stesso modo con tutti i suoi figli) e tende a modificarsi nel tempo, cosicché non è raro che anche il più apprensivo e inflessibile dei genitori, con il passare degli anni, veda allentarsi la propria tendenza al controllo e diventi via via, maggiormente flessibile e permissivo.

dr Laura Tirloni, psicologa clinica 6 febbraio 2017

www.lasaluteinpillole.it/news_salute/primogeniti-mediani-ultimogeniti-lordine-di-nascita-puo-influenzare-la-personalita.asp

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PROCREAZIONE RESPONSABILE

Procreazione responsabile, discernimento e metodi ‘naturali’.

Alla vigilia dei due Sinodi dedicati alla famiglia, uno dei temi che maggiormente suscitavano interesse e attese, accanto a quello relativo alla partecipazione all’Eucarestia dei divorziati risposati, era indubbiamente quello concernente la regolazione responsabile della procreazione (ancora allora identificato in un problema di “paternità responsabile”). Nel questionario di preparazione a quella stagione ecclesiale ogni riferimento dottrinale e pastorale concernente “l’apertura degli sposi alla vita” era ricondotto alla sola Enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, del 1968. Molte risposte, ma anche l’aperto confronto nel corso del Sinodo Straordinario hanno sollecitato una diversa attenzione al problema, tanto che appare particolarmente significativo il passaggio della Relatio conclusiva che riduce il riferimento all’Enciclica solo a titolo esemplificativo (n.41). Noi stessi, nel rileggere l’Humanae Vitae a distanza di tanti anni, avevamo auspicato che “le numerose esperienze dolorose” derivanti dalla sua applicazione interpellassero la Chiesa perché “con atteggiamento materno e consapevole attenzione ai ‘segni dei tempi”‘ si interrogasse a fondo su questi temi. Avevamo anche ritenuto maturo il momento perché dalla “comprensione misericordiosa affidata, per i singoli casi, ai ministri della chiesa”, il camino sinodale conducesse i “pastori”, anche con il contributo degli sposi, ad un sereno riesame delle argomentazioni (la “dottrina”) sulle quali poggiava l’Humanae Vitae. Dobbiamo riconoscere che la lettura attenta dell’Esortazione post-sinodale “Amoris Lætitia” ci propone oggi un diverso modo di considerare il problema, un approccio del quale siamo grati a papa Francesco. Scegliendo di non indicare (o contrapporre alle precedenti) soluzioni che sarebbero suonate come poco rispettose delle situazioni particolari e personali, Egli ha ritenuto di connotare il proprio intervento richiamando il valore della “misericordia” e il primato della coscienza, presupposti fondamentali per consentire anche nella relazione coniugale e familiare quel “discernimento personale e pastorale” (nel caso delle scelte di procreazione responsabile, a nostro avviso essenzialmente personale-di coppia) che costituisce la chiave di lettura dell’ intera Esortazione. Un discernimento, del resto, già anticipato dal Sinodo che, a sua volta, richiama il Vaticano II (Gaudium et Spes, n. 50): “la scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità… Questo giudizio, in ultima analisi lo devono ƒormulare, davanti a Dio, gli sposi stessi” (Relatio finalis, n.63) e che Francesco riprende testualmente (Amoris lætitia, n. 222).

Come in questo passo, osserviamo che, più in generale la scelta di papa Francesco in ordine ai riferimenti all’Enciclica Humanae Vitae contenuti nell’ Esortazione (nn. 68, 80, 82, 154, 222) è stata quella di fare proprie le considerazioni formulate nei documenti conclusivi dei due Sinodi. Tra esse troviamo anche (Amoris Lætitia n.222) il richiamo ai “metodi fondati sui ‘ritmi naturali di fecondità” che il Sinodo aveva raccomandato di “incoraggiare” perché, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (n.22-B70) “rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica“.

Su questo aspetto e su queste giustificazioni intendiamo soffermarci. Ci rendiamo conto che il dibattito sinodale e stato giustamente aperto a recepire le esigenze di situazioni culturali, educative ed etniche che portano a modalità e stili di vita diversi e non ci nascondiamo che anche i contributi degli uditori invitati al Sinodo possono aver risentito di scelte non raramente legate a gruppi o movimenti impegnati nella pianificazione familiare secondo ” metodi naturali”. Tuttavia non possiamo fare a meno di tornare a riflettere sul significato e la portata pastorale di queste indicazioni. Possiamo davvero qualificarli come “naturali”? Non è questa un’ottica parziale e riduttiva, basata su considerazioni puramente biologiche e proprio perché tali, scientificamente esposte a limiti applicativi e rischi di fattibilità?

L’ascolto nelle coppie nelle nostre esperienze consultoriali e pastorali ci aiuta a comprendere quanto varie siano le situazioni e quanti fattori possono incidere, nelle diverse stagioni della fertilità coniugale, sull’applicazione patica dei diversi metodi basati sui “ritmi naturali della fecondità”. E’ stato detto che si tratta di metodi “non invasivi”: ancora una volta si tratta di un’ottica basata su una visione esclusivamente somatica-biologica, solo in parte accettabile. Manca, infatti, ogni considerazione di ordine psicologico-relazionale. Davvero la scelta e l’adozione dei metodi “naturali” è priva di invasività sulla relazione della coppia coniugale? Per alcune coppie che hanno subito una ” direttiva etica” senza la maturità di vagliarla all’interno del proprio equilibrio il ricorso ad essi è diventato fonte di tensione e disarmonia, talvolta addirittura sfociate in separazioni e divorzi. Perché, dunque, continuare a chiamarli “naturali” quando possono entrare in conflitto con le espressioni (questa volta sì intimamente e profondamente naturali) dell’amore sponsale, controllando e smorzando l’entusiasmo, l’improvvisazione e l’esuberanza di un gesto unitivo che porta ad assaporare con passione la “letizia dell’amore”?

Chiariamo il nostro pensiero: “incoraggiare” non significa certamente imporre e può essere accolto come invito ad una maggior conoscenza, nella relazione coniugale, dei rimi del corpo femminile. Ma dissentiamo decisamente dalle improprie giustificazioni proposte con valenza generale (“metodi che rispettano il corpo, incoraggiano la tenerezza e favoriscono l’educazione di una libertà autentica”) addotte dal Sinodo che le ha acriticamente riprese dal Catechismo della Chiesa Cattolica e che ora ritroviamo anche nella Esortazione post-sinodale (n. 222). Discernimento significa anche sapersi porre con responsabilità critica dinanzi a questo tipo di enunciati.

Luisa Malesani e Paolo Benciolini

“Matrimonio” – in ascolto delle relazioni d’amore –dicembre 2016

Vedi news Ucipem n. 632, 15 gennaio 2017, pag. 28

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SESSUALITÀ

Il sesso dei ragazzi

I dubbi affidati a Internet, la diffidenza per medici e strutture sanitarie e, in mezzo, l’importanza della scuola, che nel bene e nel male resta un punto di riferimento anche per parlare di argomenti delicati. Tutto quel che avreste voluto sapere sul sesso degli adolescenti dai 12 ai 17 anni e dei giovani millennials (dai 18 ai 24 anni) è sintetizzato in un’indagine realizzata dal Censis su un campione rappresentativo di 1.000 giovani residenti in tutta Italia. Il vecchio “poche idee ma confuse” non si adatta ai giovani intervistati, o meglio, vale la confusione, che resta tanta. Invece le idee dei giovani sul sesso, che in media hanno il loro primo rapporto completo a 17 anni, grazie all’accesso alle informazioni online sono molte, pur se non sempre accurate.

Così, il 66,3% si ritiene abbastanza informato sui temi della sessualità, il 15,3% molto informato e soltanto il 18,4% ammette di esserlo «poco o nulla». Quando si scava nei dati si scopre però che ritengono la pillola anticoncezionale utile a combattere le malattie sessualmente trasmissibili nel 17,6% dei casi e che tra chi non si protegge il 45,9% crede che le infezioni si contraggono soltanto in casi particolari, come nel caso di rapporti con prostitute, e basta l’igiene (20,7%) a prevenirle.

Un punto è chiaro: il ruolo della scuola, nonostante molte più fonti di informazione rispetto al passato, resta centrale. Se infatti il 62,3% risponde che ha saputo attraverso i “media” (indicati in maniera generica) delle infezioni sessualmente trasmissibili, per il 53,8% è stata appunto la scuola a dare informazioni, seguita dagli amici (37,3%), la famiglia (36,3%) e soltanto nel 9,8% dei casi dai medici. A questo proposito soltanto il 42,5% è stato visitato da una ginecologa o un andrologo, mentre il 57,5% non ha mai parlato di temi legati alla sessualità con un medico anche generico.

La capacità della scuola di dare ai giovani le risposte che cercano cambia a seconda dell’area geografica: il suo contributo per l’educazione sessuale è significativo nel 60% dei casi al Nord, per il 46,1% al Centro e per il 47,9% al Sud. In ogni caso, se la percentuale di chi usa soprattutto il preservativo per evitare le gravidanze indesiderate è alta (92,9%), l’attenzione cala se si tratta di proteggersi dalle malattie e chi si cautela sempre è il 74,5%. È preoccupante anche che, a fronte di un 89,6% di giovani che ha sentito parlare dell’Aids, soltanto l’11 % conosce il pericolo di trasmissione per via sessuale di epatite (11,0%), clamidia (6,2%) e altre infezioni in genere molto comuni. Una considerazione a parte merita la conoscenza del Papilloma virus (Hpv), infezione che causa diversi tipi di tumore e la prevenzione della quale ha parte importante nel nuovo piano vaccini del ministero della Salute. Le ragazze conoscono l’Hpv nell’83,5% dei casi, i maschi solo nel 44,9%.

Il divario di informazioni tra maschi e femmine non è in generale marcato, e si assiste all’equità del dato medio sull’età a cui si ha il primo rapporto sessuale completo, appunto 17 anni circa per maschi e femmine. Un dato che intacca il mito di una sessualità precoce e slegata dal sentimento, visto che per l’87,8% la prima volta si fa all’interno di un legame affettivo. Ha avuto rapporti completi tra i 12 e i 14 anni il 13,3%, ma il 51,2% a questa età afferma di avere avuto esperienze sessuali, sia pure senza penetrazione. Per evitare le gravidanze il 67,8% usa il profilattico, il 25,2% la pillola, ma è ancora alta (il 17,5%) la propensione al rischio di chi si affida al coito interrotto.

Cristina Nadotti la Repubblica 9 febbraio 2017

https://francescomacri.wordpress.com/2017/02/09/il-sesso-dei-ragazzi

 

Sì al sesso protetto ma soprattutto per evitare gravidanze.

La distinzione tra contraccezione e protezione non è sempre chiara tra i ragazzi. Tanto che la maggior parte continua a usare la pillola anticoncezionale come strumento di prevenzione dalle malattie.

Il 92,9% di chi – tra 12 e i 24 anni – ha avuto rapporti sessuali completi, dichiara infatti di stare sempre attento per evitare gravidanze, ma solo il 74,5% si protegge sempre per evitare infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

E, per informarsi, ai medici e ai farmacisti i giovani preferiscono i media. E’ quanto emerge dalla ricerca realizzata dal Censis sulla sessualità dei millennial e dei giovanissimi, con il supporto non condizionante di Sanofi Pasteur-Msd e distribuita da Msd Italia, presentata oggi al Senato.

Lo studio, condotto su un campione di 1000 giovani tra i 12 e i 24 anni, rileva, infatti, che il 43,5% dei giovani italiani tra i 12-24 anni ha già avuto rapporti sessuali completi, quota che sale al 79,2% tra i 22-24 anni.

Il 92,9% di chi ha avuto rapporti sessuali completi dichiara, inoltre, di stare sempre attento a evitare gravidanze e il 74,5% di proteggersi sempre per evitare infezioni e malattie a trasmissione sessuale.

Il 70,7% usa il profilattico come strumento di prevenzione ma vi è anche un 17,6% che dichiara di ricorrere alla pillola anticoncezionale, collocandola erroneamente tra gli strumenti preventivi e non contraccettivi. Secondo la ricerca, inoltre, il 93,8% ha sentito parlare di infezioni e malattie sessualmente trasmesse. Solo il 6,2% non ne ha mai sentito parlare (18,7% tra i 12-14 anni).

Tra le patologie è l’Aids la maggiormente citata (89,6%).

Solo il 23,1% indica la sifilide, il 18,2% la candida, il 15,6% il Papillomavirus e percentuali tra il 15% e il 13% la gonorrea, le epatiti e l’herpes genitale.

Ma sono i media ad avere il primato per l’informazione dei ragazzi su infezioni e malattie sessualmente trasmesse. Il 62,3% dei giovani ha come fonte tv, riviste, internet. La scuola contribuisce per il 53,8%.

Solo il 9,8% cita i professionisti della salute come i medici di famiglia, i medici specialisti e i farmacisti. Del resto il 57,5% degli intervistati ammette di non essersi mai recato dal medico per problematiche legate alla sessualità. “Le infezioni sessualmente trasmesse costituiscono un insieme di malattie molto diffuse che interessano milioni di individui, ogni anno, in tutto il mondo – commenta il direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, Ranieri Guerra – Il ministero sta puntando molto sull’introduzione di tematiche di salute nell’attività scolastica ma è estremamente difficile cambiare l’ordinamento scolastico, è un’impresa titanica su cui speriamo di fare qualcosa insieme”. “L’insufficiente conoscenza di queste infezioni e di come prevenirle è tra i principali problemi – dice Andrea Lenzi, professore ordinario di endocrinologia dell’Università La Sapienza di Roma – La maggior parte delle informazioni che i giovani hanno derivano infatti dagli amici, seguiti dai media e dai social network, lasciando spazio a molta spazzatura sul web.

Parlando di Papillomavirus e di maschi, per esempio, spesso i ragazzi non sospettano minimamente di poter essere portatori di una infezione che può anche causare un tumore”.

“Il nostro telefono verde Aids e Infezioni sessualmente trasmesse riceve oltre 1.000 chiamate al mese, di queste solo il 10% proviene da parte di giovani (15-24 anni), che risultano avere poche informazioni corrette sulla prevenzione di queste patologie e pensano che siano un problema legato a determinate fasce di popolazione e non causate da comportamenti a rischio – dichiara il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi – Ciò richiama l’importanza di attivare canali di informazione pensati specificamente per i giovani, per proteggere la loro salute, la loro fertilità, il loro futuro”.

“Gli adolescenti e i giovani millennial che abbiamo interpellato si muovono in un mondo inondato di immagini e contenuti sessuali sempre più facilmente accessibili, in media a 17 anni iniziano ad avere rapporti sessuali e hanno colmato le tradizionali differenze tra ragazzi e ragazze.

Eppure circa il 50% dichiara di avere dubbi in materia di sessualità – dice Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis – Se in larga misura dichiarano di proteggersi anche dalle infezioni sessualmente trasmesse, non sempre sono consapevoli dei rischi che corrono.

Le ragazze hanno una maggior conoscenza del Papillomavirus e della possibilità di prevenzione basata sulla vaccinazione, ma tutti sono ampiamente favorevoli alla sua estensione ai maschi”.

AdnKronos Salute 8 febbraio 2017

www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=33524

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