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La revisione dell’assegno di mantenimento
Quando, successivamente alla quantificazione dell’assegno di mantenimento, si verificano variazioni nella situazione economica dei coniugi, entrambi sono legittimati a richiedere una revisione dell’importo, al fine di ottenere un adeguamento alla mutata condizione. L’assegno di mantenimento, infatti, una volta quantificato non rimane statico nel tempo, sia per via della rivalutazione, secondo gli indici Istat, che per circostanze e fatti sopravvenuti che coinvolgono la situazione patrimoniale dei coniugi, potendo comportare la modifica, in aumento o in riduzione, dell’assegno. Tra le circostanze più comuni che possono indurre i coniugi a richiedere una modifica delle condizioni di separazione, si registrano: l’incremento o il deterioramento delle capacità economiche; la costituzione di un nuovo nucleo familiare; le accresciute esigenze dei figli.
Cambiamento della situazione economica. Uno dei fattori principali che può determinare la modifica, in termini di riduzione o aumento, dell’assegno di mantenimento, è un notevole incremento o peggioramento della situazione economica dei coniugi. In proposito, la giurisprudenza, ha considerato legittima la richiesta di riduzione proporzionale dell’importo dell’assegno di mantenimento da parte del coniuge obbligato che abbia provato che il coniuge beneficiario abbia iniziato a svolgere una propria attività lavorativa percependo un proprio reddito, ovvero dimostrando che il coniuge avente diritto ha trovato impiego, anche se “in nero” (Cass. n. 19042/2003). Di converso, è stata riconosciuta valida la richiesta di aumento dell’assegno di mantenimento a favore dell’avente diritto che ha perduto la propria occupazione lavorativa (Cass. n. 4312/2012). Non vale, invece, a legittimare la riduzione dell’assegno, l’eventuale prepensionamento (anticipato) dell’avente diritto, in ragione della significativa differenza economica comunque esistente tra le rispettive condizioni patrimoniali (Cass. n. 4178/2013).
È possibile, altresì, la riduzione dell’assegno di mantenimento quando il coniuge obbligato subisca un peggioramento della propria capacità economica (ad esempio perdita del lavoro) o versi in condizioni di salute tali da comportare crescenti spese a suo carico per le cure destinate a contrastare l’avanzare delle patologie (Cass. n. 927/2014).
Nuovo nucleo familiare. Oltre alle modifiche in termini di reddito, un altro fatto idoneo a comportare una riduzione o un aumento dell’entità dell’assegno di mantenimento, rispetto alla sentenza di separazione e divorzio o agli accordi di separazione omologati, è costituito dalla costituzione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato al pagamento in favore dell’altro coniuge e dei figli, ovvero dal fatto della nascita di un ulteriore figlio, generato con un nuovo partner in seguito ad una successiva unione, anche more uxorio. È pacifico che la costituzione del nuovo nucleo familiare, anche, di fatto, non implica la sospensione o l’estinzione dei doveri di solidarietà e assistenza materiale stabiliti in sede di separazione. Tuttavia, tale circostanza, quando dalla nuova relazione derivi in concreto (ad esempio in presenza di figli) un peggioramento o un miglioramento delle condizioni patrimoniali del coniuge debitore, può determinare una revisione, in riduzione o in aumento, dell’importo dell’assegno di mantenimento.
Secondo l’orientamento recente della giurisprudenza, per ragioni di tutela dei “rapporti all’interno della nuova famiglia” (Cass. n. 16789/2009), occorre tenere conto in tema di revisione dell’assegno di mantenimento dell’incidenza della costituzione del nuovo nucleo familiare, per cui laddove a sostegno della richiesta di riduzione dell’assegno, “siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato (derivanti, nella specie, dalla nascita di due figli, generati dalla successiva unione), il giudice deve verificare se detta sopravvenienza determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo carico all’istante – in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti – di offrire un esauriente quadro in ordine alle proprie condizioni economico- patrimoniali” (Cass. n. 18367/2006). Analogo principio è stato affermato dalla giurisprudenza con riferimento ai figli, considerato che i nuovi oneri familiari dell’obbligato, derivanti anche dall’eventuale nascita di altri figli generati dalla successiva unione, possono incidere significativamente sulle sostanze o sulla capacità patrimoniale dell’obbligato stesso. A tal fine, pertanto, occorre una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti che tenga conto altresì delle potenzialità economiche della nuova famiglia formata dall’obbligato. In particolare, secondo la giurisprudenza, il nuovo onere familiare non può determinare un allentamento dei doveri genitoriali nei confronti dei diritti economici dei figli generati in costanza del precedente nucleo familiare, per cui se il contributo di mantenimento originariamente fissato nei loro confronti corrisponda ad un importo adeguato alle necessità degli stessi, ma inferiore all’esborso che le capacità patrimoniali dell’obbligato avrebbero consentito, non può essere disposta alcuna riduzione, semmai, il contributo potrebbe essere aumentato, trovando maggiore capienza in ragione del fatto sopravvenuto della diversa capacità economica dell’obbligato, valutata anche alla luce dell’apporto del nuovo partner (Cass. n. 1595/2008).
In sede di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, nella valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche dei coniugi, il giudice dovrà tenere conto anche della circostanza della convivenza more uxorio dell’avente diritto con altro partner, poiché tale convivenza può incidere sulla sua reale situazione patrimoniale. Il formarsi di una relazione familiare affidabile e stabile del coniuge creditore potrà quindi legittimare la richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento, se ciò incide positivamente sulla concreta situazione economica dello stesso, purché si tratti di un’unione stabile, continua e regolare (Cass. n. 17195/2011).
Le aumentate esigenze dei figli. Tra i criteri fondamentali per la quantificazione del contributo di mantenimento a favore della prole, la legge attribuisce preminenza alle “attuali esigenze del figlio” (ex art. 337-ter c.c., novellato dal d. lgs. n. 154/2013), rapportate al concreto contesto sociale e patrimoniale dei genitori e collegate ad un autonomo e compiuto sviluppo psicofisico che in ragione del trascorrere dell’età, può determinare oltre ai bisogni alimentari e abitativi anche accresciute esigenze personali, di relazione, scolastiche, sportive, sociali, ludiche (ecc.) (Cass. n. 23630/2009).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’aumento delle esigenze del figlio: “è notoriamente legato alla crescita e allo sviluppo della sua personalità” (Cass. n. 2191/2009), non ha bisogno di specifica dimostrazione (Cass. n. 17055/2007), legittimando di per sé la revisione dell’assegno di mantenimento, anche in mancanza di miglioramenti reddituali e patrimoniali del coniuge tenuto alla contribuzione, a condizione, tuttavia, che l’incremento del contributo di mantenimento, trovi capienza nelle “disponibilità patrimoniali dell’onerato” (Cass. n. 400/2010).
Procedimento ex art. 710 c.p.c. La revisione dell’assegno non è automatica, ma richiede un provvedimento del giudice. Ex art. 710 c.p.c., le parti possono ricorrere al tribunale per chiedere la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione. Il giudice, sentite le parti, provvede all’eventuale ammissione di mezzi istruttori e dispone con sentenza l’aumento o la diminuzione del quantum dell’assegno dovuto. È opportuno sottolineare come la concessione della riduzione (o della maggiorazione) dell’assegno, non comporta il diritto alla restituzione di quanto versato in precedenza (Cass. n. 23441/2013).
Newsletter giuridica studio Cataldi, 07 aprile 2015
con indice guida www.studiocataldi.it/guide_legali/assegno-di-mantenimento/revisione-assegno-di-mantenimento.asp
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