UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
Gli educatori primari: i genitori
Autore: Emidio Tribulato
Dice Smeriglio: “L’osservazione clinica, l’indagine psicopedagogica e le più avanzate ricerche e teorizzazioni dell’attuale psichiatria ci portano quindi inevitabilmente ad affermare che lo sviluppo di ogni essere umano si plasma sostanzialmente attraverso il rapporto con gli altri.”[1]
Ma chi sono questi altri?
Non sicuramente gli animali i quali non sono in grado di provvedere alle esigenze d’un cucciolo d’uomo, in quanto i bisogni di quest’ultimo sono non solo notevolmente più complessi, ma essenzialmente diversi. Tanto meno sono in grado di compiere la funzione educante degli strumenti, come la TV o il computer o gli altri mass – media. Questi, anche se sono portatori di pensieri esperienze e pensieri umani, non sono in grado di modellarli continuamente sui bisogni e sullo sviluppo di un bambino, né hanno la capacità di instaurare con lui un rapporto relazionale, affettivo o di semplice vero dialogo, indispensabile per la crescita di un essere umano. Per G. Campanini: “La società digitalica può forse assicurare la formazione della ragione, non la crescita e la maturazione dei sentimenti.”[2] A nostro avviso, come vedremo in seguito parlando dei mass – media, in realtà non riesce a fare né l’una cosa né l’altra.
Chi sono gli educatori di un bambino?
Ogni essere umano dovrebbe essere considerato e si dovrebbe considerare educatore.
Qualunque sia la sua età, la sua cultura, la condizione sociale e professionale, ognuno di noi, nei confronti dei nostri simili può dare, con le proprie parole e gli atteggiamenti, dei risvolti educativi di crescita personale e sociale, oppure, al contrario, può essere portatore di messaggi, indicazioni e indirizzi fuorvianti o diseducativi.
Gli educatori primari di un bambino sono i suoi genitori. Vengono poi in ordine di importanza i nonni, gli zii, i fratelli maggiori e quindi gli insegnanti e i leader dei gruppi organizzati. Fondamentali sono però anche tutte le persone impegnate nel campo della comunicazione.
Pertanto, in definitiva, gli educatori sono tutti gli adulti che si trovano in una condizione tale da poter dare un messaggio o lasciare un’impronta educativa nella realtà in cui operano: quindi lo sono anche i politici, i giornalisti, i responsabili dei mass – media, gli industriali, gli attori, i registi, gli uomini di cultura in genere, gli scrittori.
Nessuno può, infatti, sfuggire dal chiedere a se stesso: “Che cosa io sto dando agli altri perché diventino più maturi, responsabili, sereni? Che cosa io sto negando agli altri per cui, anche se in minima parte, sto contribuendo ad alimentare ansie, tensioni, paure, disagio, comportamenti asociali? Come e perché sto influenzando in maniera negativa altri adulti, e soprattutto altri minori, facendo violenza sul loro animo o, peggio, facendo opera di corruzione nelle loro menti e nei loro cuori ?”
GLI EDUCATORI PRIMARI: I GENITORI
Le prime e fondamentali realtà educative sono rappresentate sicuramente dai genitori.
Questi, infatti, sono chiamati gli educatori primari, proprio perché non solo sono i primi ad accostarsi al bambino ed ad avere con lui un rapporto dialogico, ma soprattutto perché hanno, nella formazione di una nuova personalità umana il compito fondamentale. E’, il loro, il ruolo più importante e quindi anche il più gravoso e più delicato, ma è anche il più splendido.
Quali i motivi?
Innanzi tutto sono le persone che hanno desiderato quel bambino. Lo hanno amato fin da quando è stato loro consegnato tra le braccia; ma anche prima, prima di stringerlo tra le braccia, lo hanno sognato, fantasticato. Lo hanno cullato e accarezzato, già durante i giochi della loro infanzia, nelle fantasie e nei lunghi discorsi della loro adolescenza. Nella giovinezza lo hanno amato e desiderato ancor prima che si facesse realtà corporea da abbracciare.
I genitori sono quelli che danno, mediante se stessi ed il loro amore, un corpo e un cuore, una mente e dei pensieri, strumenti intellettivi e valori umani e spirituali al proprio piccolo. Con i loro geni gli forniscono il progetto per uno sviluppo umano, con le loro parole ed i loro comportamenti danno concretezza a questo progetto. Tutti questi elementi contribuiscono a creare un legame inscindibile ed unico.
I genitori sono quelli che aspirano a prolungare la loro esistenza attraverso i figli. Insieme a questi cercano di realizzare elementi incompiuti della loro vita.
Solo attraverso i figli, infatti, possono immaginare e fantasticare l’attuazione di alcuni loro sogni, dei desideri e delle aspirazioni più profonde.
Attraverso di loro si realizzano come uomo e donna, come padre e madre. Con loro si snoda anche buona parte della loro realizzazione sociale: un bambino è qualcosa da far conoscere agli altri, da vivere insieme con gli altri, da far integrare con gli altri.
I genitori sono quelli che riescono ad instaurare con il loro bambino, fin dal primo abbraccio, il più grande e profondo rapporto comunicativo, affettivo e d’amore.
Sono loro che trasmettono i primi elementi formativi che lo guideranno nella vita.
I genitori, infine, soprattutto per i bambini ancora piccoli, rappresentano, il loro unico, intero mondo; sono fonte di sistematica e sicura attenzione, affetto, sicurezza, calore, tenerezza, esempio. La loro realtà sarà interiorizzata mediante continui e incessanti processi d’identificazione.
Due genitori e non uno
Abbiamo parlato sempre al plurale. Quali potrebbero essere i motivi per i quali ogni bambino che nasce ha bisogno di due genitori e non di uno solo?[3]
In fondo molti esseri viventi, anche animali superiori, come i gatti, i cani, gli elefanti, gli orsi vivono e sono educati da un solo genitore, mentre altri utilizzano l’apporto di papà e mamma, come i gorilla, i lupi, i leoni, i castori, i pinguini ed i cigni.
I motivi vanno ricercati nella particolare complessità dell’essere umano.
Nel cucciolo d’uomo, le sue capacità affettive, le enormi potenzialità intellettive e relazionali, le grandi capacità comunicative, oltre che la sua sete di cultura, non possono essere soddisfatte solo da un genitore, ad esempio solo da una madre.
Una donna, una madre, ha un patrimonio d’umanità immenso dentro di sé ed è capace di dare apporti preziosi per lo sviluppo del figlio. Le sue capacità comunicative, l’affettività, l’intensa sensibilità, le tenerezze che riesce a dare, sono fondamentali nell’educazione del minore.
Ma anche un papà apporta e dà elementi insostituibili di carattere, d’intelligenza, d’affettività. La forza, la linearità, il coraggio, la sicurezza, la coerenza, la fermezza, caratteristiche di un buon padre, sono altrettanto importanti degli apporti materni in tutte le età.
APPORTI PATERNI APPORTI MATERNI
ForzaLinearitàCoraggioSicurezzaCoerenzaFermezza | Capacità comunicativeAffettivitàSensibilitàTenerezzaDisponibilitàCapacità di cure |
Tanto importanti gli apporti dell’uno e dell’altro che ogni bambino non può esserne privato senza averne un danno più o meno grave, in base all’età in cui è costretto a farne a meno ed in rapporto alla possibilità da parte di altre figure: zii, nonni, amici, in grado di sostituire il genitore mancante.
Purtroppo sono numerose le occasioni in cui il genitore separato, vedovo, o una ragazza madre, provano a sostituirsi al genitore assente. Una mamma cerca di sostituire il papà, un papà cerca di fare anche da mamma.
I risultati di questa vicarianza, non sono così ottimali come quando sono presenti le due figure. Kaplan riferisce che: ”Più del 50% degli eroinomani che vivono in città, appartiene a famiglie di divorziati o nelle quali è stato presente un solo genitore.”[4]
I motivi sono diversi:
- Ognuno di noi può dare ciò che è e ciò che ha. Difficilmente può inventarsi realtà, capacità, qualità, sentimenti, emozioni, diverse da quelle che possiede. Il patrimonio genetico, ormonale che ogni uomo e ogni donna possiede dalla fecondazione, le esperienze di vita, i vissuti relazionali, condizionano ogni attimo della nostra esistenza e non possono essere sostituiti o aggiunti ad altri, solo attraverso l’uso della nostra volontà, se non in minima parte.
- Due realtà permettono al bambino di proiettare sentimenti interiori diversi. Quando la mamma rimprovera un bambino questa, in quel momento, può diventare ai suoi occhi l’elemento “cattivo“, da cui momentaneamente allontanarsi, per avvicinarsi maggiormente e utilizzare l’altra realtà, quella “buona”, rappresentata dal papà e viceversa. Questa possibilità gli permette di trovare sempre un elemento consolatore e quindi di non rimanere in balia dell’angoscia. Quando questo meccanismo non è possibile perché manca uno dei due genitori, il bambino sarà costretto a trovare all’esterno della famiglia l’elemento “buono” con conseguente senso di colpa, in quanto può essere vissuto come un tradimento del genitore. E’ come se dicesse a se stesso: “ Io mi allontano da mia madre, per cercare una persona che mi capisca; e questo non è giusto.” L’altra possibilità è di chiudersi in se stesso cercando nell’intimo del proprio cuore l’elemento consolatore buono. Questa soluzione, però, è ancora più drammatica perché può portare a difficoltà ad aprirsi agli altri e al mondo.
- Molto spesso, nella vita d’ogni persona, vi sono dei momenti di crisi, di malessere fisico e psicologico. Tali malesseri sono a volte ciclici come nella donna, il cui umore e quindi la sua disponibilità all’altro, è spesso condizionato dalla situazione ormonale. Altre volte questi malesseri sono causati dalle avverse o difficili circostanze della vita: il tradimento di un amico, un capoufficio particolarmente severo, una malattia. In queste situazioni l’avere “di scorta“, un genitore sereno, calmo, disponibile, affettuoso, è fondamentale per la salute psichica del minore.
- Due genitori, permettono al bambino di vivere e risolvere in maniera armoniosa il legame edipico, vale a dire l’amore che per Freud ogni bambino o bambina all’età di tre – sei anni vive e prova nei confronti del genitore del sesso opposto. Se i genitori sono due, egli potrà momentaneamente e tranquillamente “innamorarsi” del genitore dell’altro sesso e successivamente, nell’età adolescenziale, potrà abbandonare quest’amore impossibile notando che l’oggetto del suo amore ama, riamato, l’altro genitore che gli è accanto. Questa realtà, che non può negare, lo spingerà e costringerà a cercare il suo amore all’esterno della famiglia. Se ciò non avviene l’amore edipico avrà difficoltà ad essere superato. Il bambino ad esempio, non notando accanto alla madre un padre, potrà pensare che sia giusto e naturale questo suo sentimento che gli permette di sostituirsi al padre mancante, dando amore alla madre sola. Quest’amore edipico non superato lo potrà legare per molto, molto tempo al genitore dell’altro sesso impedendo lo sviluppo di un amore esterno alla famiglia.
- Un genitore solo sarà più facilmente spinto ad un attaccamento morboso nei confronti dei figli, impedendo loro, anche se in modo indiretto, i normali investimenti affettivi al di fuori della famiglia.
- Nel campo educativo il genitore che è costretto, o ha scelto di vivere questo ruolo da solo, si trova molto spesso in situazioni difficilmente superabili. A volte ha paura di lasciare spazio ad altre figure educative, in quanto può diventare geloso del proprio primato e del riconoscimento affettivo. Tende ad oscillare da un comportamento troppo rigido, ad uno troppo permissivo, senza riuscire a trovare il giusto equilibrio. Lo attanaglia il dubbio, l’incertezza di non fare ciò che più serve nei confronti del figlio. Non sa, non capisce quale sia il comportamento educativo più corretto. L’impossibilità di confrontarsi e di dialogare con un altro, la mancanza d’aiuto lo rende ansioso, timoroso, insicuro. Gli manca inoltre la possibilità di mediazione nei confronti dei figli che solo un altro genitore potrebbe dare.
I casi in cui è presente un solo genitore sono, purtroppo, numerosi. Mentre fino a qualche decennio fa la causa più consueta che portava a queste situazioni difficili era la morte di uno dei due coniugi e quindi la vedovanza, nell’attuale società le cause più frequenti sono altre: il lavoro, la separazione, il divorzio, la solitudine della ragazza madre.