Storia della Mediazione Familiare

 

 

La Mediazione Familiare – Cenni storici

 AUTRICE: Dott.ssa Francesca S. Frangipane

 

 

 

 

La Mediazione  nasce negli Stati Uniti nel 1913, inizialmente come servizio di conciliazione delle controversie in ambito lavorativo; ma già nel 1939  la Sezione della  Corte Suprema di Los Angeles ha un servizio di mediazione familiare che offre supporto alla coppia che si sta separando, considerando questo intervento importante per il benessere dei figli.  Un avvocato americano nonché  terapeuta familiare di nome Coogler, mentre discuteva con i colleghi della sua frustrazione seguita al divorzio dalla moglie, ebbe l’ intuizione  di rendere più civile ed economico il processo di separazione dei coniugi, già duramente provati dalla fine del matrimonio e disse inoltre che una soluzione non deve essere solo logica ma dare la sensazione di essere giusta.

Egli sosteneva che le decisioni del giudice fanno in realtà “vincere” una parte e “perdere “

 

 l’ altra e ciò influenzerà il permanere del conflitto, mentre la mediazione familiare  permette al giudice di avvalersi di professionisti formati nel campo delle relazioni interpersonali,qualora il conflitto sia particolarmente aspro.

 

Era nata la mediazione familiare  come consulenza tecnica in caso di divorzio. 

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  In Italia ha cominciato solo di recente ad essere più conosciuta e pubblicizzata a seguito della L.54/06 sull’ affidamento condiviso,

 E’ opportuno fare un breve escursus legislativo che permetta di comprendere meglio lo stretto legame tra la fine di un matrimonio o convivenza con presenza di figli e la mediazione familiare.

Secondo l’ autorevole opinione del costituzionalista Costantino Mortati il principio democratico sancito dalla Costituzione ben si adatta alla mediazione familiare perché essa mira a ripristinare la democraticità in seno alla famiglia,a tutelare ogni persona della famiglia stessa ed in particolare i soggetti più deboli.

Secondo il dettato costituzionale  il ricorso all’ intervento mediativo deve essere frutto di una scelta consapevole di una famiglia in crisi;  il mediatore aiuterà a recuperare la propria progettualità  attraverso la consapevolezza del proprio potere di intervento sulla realtà circostante sia pure nella metamorfosi generata dalla crisi.

Che la mediazione sia a sostegno della genitorialità è sottolineato anche  dall’ art. 30 della Cost.( I e II co.” è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire,educare i figli …nei casi di incapacità dei genitori la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”) quando parla di funzione educativa,intesa anche come servizio di educazione dei genitori,

Infine il giurista si avvale dell’ art. 32 della Cost.( la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo e interesse della collettività…) per considerare la mediazione come mezzo di tutela della salute perché aiuta a prevenire o attenuare alcune patologie di cui possono soffrire i minori proprio a seguito della separazione dei genitore

 

 Con la mediazione familiare si intende superare la logica vincitore/perdente che è tipica del processo, in caso di separazione  giudiziale,.

L’ idea di base è quella seconda la quale la responsabilità genitoriale deve essere lasciata ad entrambi i genitori salvo i casi di sentenza motivata, il professionista non interferisce con la sfera personale e non impone il proprio punto di vista

 

Quando ricorrere alla Mediazione familiare

 

 Il ricorso alla mediazione e’ opportuno in ogni fase del processo separativo; prima e possibilmente a prescindere dalla  procedura legale per cominciare a riorganizzare le relazioni familiari ed anche a separazione avvenuta per rendere gli accordi presi sempre più rispondenti alla nuova situazione.

Se è in atto un processo di separazione giudiziale il percorso mediativo ne consente la sospensione; il  mediatore è abilitato a trattare tutto ciò che riguarda la separazione, non sostituisce l’ avvocato, ma può facilitarne il compito affrontando gli aspetti emotivi e relazionali della separazione.

Per rimanere in ambito legislativo infine è fondamentale un riferimento all’ art. 155 c.c. ( provvedimenti riguardo ai figli) il cui co.6°  recita” qualora ne ravvisi l’ opportunità il giudice sentite le parti ed ottenuto il loro consenso può rinviare l’ adozione dei provvedimenti di cui all’ art 155( e cioè che i provvedimenti debbono essere presi rispetto all’ interesse esclusivo dei figli minori a tal proposito debbono mantenere rapporti significativi con gli ascendenti) per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela morale e materiale dei figli”.

Le modalità di gestione della conflittualità hanno una forte ricaduta sui figli che manifestano la crisi a notevole distanza dalla separazione,

Il figlio inizialmente sarà sollevato dalla separazione dei genitori perché non più costretto ad assistere a scontri, ma il sollievo viene presto deluso dalla constatazione che i genitori mantengono la stessa modalità anche dopo considerando l’ altro come oggetto privilegiato delle loro provocazioni.  

 Soltanto se sussistono alcune condizioni fondamentali ed irrinunciabili si può iniziare una mediazione familiare : la volontà espressa da entrambe le parti di iniziare un percorso mediativo , una disponibilità psicologica delle persone a trovare un accordo e la costante partecipazione di entrambi i genitori a tutti gli incontri.

Chiarito questo primo punto l’ obiettivo che il  mediatore familiare ,insieme alla coppia in separazione vuole raggiungere è la “tenuta” degli accordi presi e questo risultato è possibile  se i genitori sono disposti ad affrontare anche gli aspetti emotivi che una separazione fa emergere. 

E’ auspicabile il diffondersi della cultura della mediazione perché il percorso mediativo tende a spostare il concetto di famiglia “disfunzionale” a famiglia “in difficoltà” passaggio che comporta un processo mentale ed emotivo anche da parte del professionista.    

Con l’ intervento di mediazione familiare si promuove un dialogo responsabile,evitando di spettacolarizzare il conflitto,che  la stessa non ha l’ ambizione di risolvere ma solo di governare.

Al termine della mediazione  può essere sottoscritto ( non è obbligatorio) un “protocollo d’ intesa” che i clienti portano ai loro avvocati e che diventa poi il ricorso civile da passare al giudice.

 

CONCLUSIONE

  In conclusione come mediatore guardo al conflitto non solo come ad una patologia del rapporto, ma anche come espressione di vitalità dei soggetti e frequentando i meandri del conflitto scopro che vi sono anche le risorse delle persone coinvolte per governarlo.

 La coppia che si separa può essere paragonata ad un puzzle dal quale se ne possono ricavare due altrettanto finiti anche se in questo momento i clienti vedono solo delle tessere mischiate.

 

 

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