Riflessioni sul nascere

Riflessioni sul nascere  

 

AUTORE: Gabrio Zacchè  

Il figlio che nasce è un miracolo della natura. Non finisce di stupire la sua spontanea crescita nel ventre materno. Incantano le immagini ecografiche del suo sgambettare, scalciare, succhiarsi il dito, sbadigliare. Poi, venuto al mondo, continua il rapporto ancora esclusivo con colei che lo ha generato, un rapporto di pelle, di sguardi, di odori e di suoni. L’amore lo ha generato e lui arriva come dono di Dio affidato alla responsabilità dei genitori.

 

 

Abito da una vita i luoghi dove si nasce, costellati di fiori, fiocchi variopinti, vestitini ricamati, sorrisi e lacrime di gioia. Ma usciamo da questi luoghi felici e di breve degenza e rientriamo nel più ampio contesto sociale e culturale quotidiano. Oggi, in una società che invecchia, si nasce sempre meno, le mamme sono sempre più avanti con gli anni, aumentano le coppie che non desiderano figli e le coppie sterili. Condizionamenti economici, insicurezze, nuovi stili di vita, paura del futuro esercitano una influenza determinante.

La coppia è passata dall’orientamento pieno verso i figli, per i quali era disposta a sacrificare ogni cosa, ad un orientamento verso se stessa e la propria realizzazione. Ma il figlio è ancora sentito come un valore grande.

Leggo la sofferenza dei molti che vi rinunciano, dei più che si concentrano sulla scelta del figlio unico. Quale responsabilità essere figlio unico! Caricato di desideri ed attese, è un figlio programmato, la risposta ad un ben preciso desiderio per la soddisfazione emotiva che ne deriva, per l’immagine sociale, per la sensazione di mantenersi vivi in lui. Programmato per tutta una serie di motivazioni che spesso lo trascendono, non più frutto di un dono disinteressato. Il figlio è esposto al rischio di deludere le attese più profonde dei genitori, specie quando le sue libere scelte esistenziali saranno un domani in contrasto con quanto sognato e idealizzato per lui.

Il figlio desiderato è oggi visto come un diritto, la sterilità non è più accettabile. Il figlio deve esserci, ad ogni costo, anche con il ricorso a tecnologie sofisticate psicologicamente e moralmente discutibili, quali l’ovodonazione, l’utero in affitto ecc.

Il figlio desiderato e programmato, poi, deve essere un figlio perfetto. Le famiglie e le stesse strutture socio-assistenziali accettano con difficoltà l’infermità o la malformazione di un figlio. Si è disposti a sopprimere l’embrione o il feto che presenti – al vaglio degli attuali screening genetici, biochimici ed ecografici – il solo sospetto di una anomalia.

Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Amoris laetitia dedica un intero capitolo al nascere oggi: “L’amore che diventa fecondo”. Le sue parole sono bellissime e sapienti: “La gravidanza è un periodo difficile, ma anche un tempo meraviglioso. La madre collabora con Dio perché si produca il miracolo di una nuova vita … Ogni bambino sta da sempre nel cuore di Dio … Bisogna guardarlo con lo stesso sguardo d’amore del Padre, che vede oltre ogni apparenza”.

 

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