Presenza affettiva genitoriale e benessere psicologico dei minori

La presenza affettiva e relazionale

La crescita emotiva ed affettiva di un bambino è strettamente condizionata dalla quantità e dalla qualità degli stimoli ricevuti. Nonostante il sistema nervoso di un neonato sia già programmato per il suo sviluppo umano, le specifiche potenzialità genetiche si attueranno in maniera piena, ricca ed armonica, soltanto se egli avrà ricevuto nei tempi e nei modi opportuni, e quindi nei modi e nei tempi adeguati alla fisiologia umana, i necessari stimoli cognitivi, relazionali ed affettivi. In caso contrario il suo sviluppo mentale e psichico si arresterà o si attuerà in modo parziale e non corretto.

Durante gli anni dello sviluppo del bambino la presenza fisica dei genitori deve, pertanto, accompagnarsi anche ad una loro costante e intensa presenza psicologica e ad una notevole disponibilità emotiva ed affettiva: disponibilità al dialogo e all’ascolto, alle cure e al gioco; disponibilità ad intervenire nel modo e nei tempi più opportuni per aiutare, sostenere e incoraggiare i loro figli.

Molte delle caratteristiche dell’ambiente dove vive il bambino sono legate soprattutto alle caratteristiche di personalità delle persone che sono più a intimo contatto con lui: i suoi genitori e, nei primi anni di vita, soprattutto sua madre. Infatti, se il corpo e il sangue della madre sono insostituibili per costruire il corpo e il sangue del bambino, le caratteristiche psicologiche di lei, le sue capacità comunicative, la sua disponibilità all’ascolto, alle cure e all’accoglienza, sono altrettanto insostituibili per modellare la struttura psicologica del nuovo essere umano, la sua identità personale e sessuale, le capacità sociali e relazionali, nonché la sua salute mentale.

Durante tutta l’età evolutiva esiste una fame affettiva in tutti i settori della vita di relazione. Quando questa fame non è soddisfatta, lo sviluppo psicoaffettivo del bambino risentirà di gravi conseguenze, per cui anche gli aspetti cognitivi ne avranno un danno, poiché la componente emotiva ed affettiva e quella cognitiva sono strettamente connesse l’una all’altra. Quando un padre apre le braccia e incita il bambino a fare i primi passi, quando una madre, tenendo il figlioletto sulle ginocchia, sfoglia un libro figurato o quando la sera entrambi i genitori raccontano al bambino una favola prima di andare a letto, non sono solo un padre o una madre che stimolano la sua motricità grosso motoria o arricchiscono il suo lessico e la sua fantasia; essi svolgono anche e soprattutto, una funzione squisitamente affettivo-relazionale fatta di comunione reciproca, incoraggiamenti, rassicurazioni e dialogo.

Il legame che si instaura tra genitori e figli è una componente fondamentale nello sviluppo dell’essere umano.  Noi siamo, viviamo, cresciamo, ci sviluppiamo e maturiamo, in quanto qualcuno ci ha amato e ci ama, qualcuno ci ha voluto bene o ci vuole bene, qualcuno si relaziona con noi nei tempi e nei modi dovuti. Di conseguenza non possiamo fare a meno delle relazioni affettive, come non possiamo fare a meno dell’aria che respiriamo o del cibo che mangiamo.

I modi con cui si esprime l’affetto materno e paterno possono essere diversi: possiamo utilizzare le parole, le carezze, gli atteggiamenti teneri, nonché l’ascolto dei bisogni del piccolo bambino. In realtà basta poco per rendere felice un figlio e permettergli una crescita armonica e serena. Basta stare insieme, parlare, condividere qualche attività o gioco.

La condivisione e comprensione dei giochi, delle attività, dei sentimenti, delle emozioni e dell’esperienze, è una delle forme più efficaci per dare sicurezza e aiutare lo sviluppo della personalità dei propri figli. Giacché, il fare qualcosa insieme e il giocare insieme, permettono la trasmissione d’emozioni, esperienze, conoscenze, che diventano elementi e ricordi preziosi nell’animo dei minori.

Le carenze affettive

Un insufficiente o alterato apporto nella cura dei figli piccoli può facilmente comportare una carenza affettiva. Questa può presentarsi in modo acuto o cronico. Una carenza affettiva acuta è, ad esempio, quella nella quale i genitori, pienamente disponibili e vicini al bambino fino ad un certo momento, sono costretti, per un motivo qualsiasi, ad allontanarsi da lui per qualche tempo. Una carenza cronica, è quella che si ha quando, pur non essendoci un allontanamento reale, i genitori ed i familiari hanno costantemente o frequentemente un comportamento ed un atteggiamento nei confronti del minore, caratterizzato da scarsa empatia, attenzione, cura, impegno, disponibilità all’ascolto e al dialogo.

Entrambe le carenze, sia quella acuta, sia quella cronica, facilmente possono far emergere molteplici sintomi di sofferenza: come difficoltà o ritardo nel linguaggio, aspetto prostrato, abbattuto e triste, auto stimolazioni, ritardo psicomotorio globale, anoressia, turbe del sonno, affezioni respiratorie (asma), bisogno di chiusura verso gli altri e il mondo che circonda il bambino.

Il tipo di manifestazione e la gravità della sindrome carenziale dipendono dall’età del bambino, dalla durata dell’assenza dei genitori e dalla presenza o meno di altre figure, con le quali il bambino è riuscito a instaurare un solido legame affettivo. Minore è l’età del bambino, tanto più lunga è stata la mancanza affettiva, tanto più gravi e più difficilmente recuperabili saranno gli esiti.

La fame di presenza e di carezze può portare il bambino ad elemosinare per tutta la vita qualcuno che gli voglia bene oppure, al contrario potrà spingerlo ad isolarsi e rifiutare qualsiasi forma di contatto interpersonale (Lombardo, P., 1997, p.18).[1]

Le conseguenze delle carenze affettive causate da genitori poco attenti e disponibili possono essere in parte attutite dagli altri familiari se questi si mostrano vicini e disponibili alle cure del bambino. Al contrario, modeste carenze della madre o del padre nella cura del figlio possono essere accentuate dall’assenza o dallo scarso coinvolgimento delle altre figure familiari, come quelle dei nonni e degli zii.

Quando riusciamo ad allontanare i motivi del disagio e della deprivazione affettiva è come se il bambino lentamente rinascesse alla vita e al rapporto con gli altri. Il piccolo ritorna a sorridere e ad alimentarsi correttamente; cresce meglio; il tono dell’umore migliora, si sviluppano il linguaggio e la comunicazione e la relazione con gli altri si fa più ricca e intensa.

Tuttavia, bisogna considerare le caratteristiche individuali. Alcuni bambini sono particolarmente sensibili a questo tipo di carenze e pertanto, quando queste si presentano, reagiscono con sintomi importanti e gravi, mentre altri le accettano meglio e reagiscono con sintomi più blandi e passeggeri. La maggiore capacità di resistenza e di recupero non dovrebbe però illudere i genitori in quanto, spesso, una scarsa reazione immediata può nascondere ed alimentare delle invisibili ferite e dei sotterranei risentimenti.

Le possibilità di recupero

I danni da carenza affettiva possono essere in tutto o in parte recuperati se i genitori ma anche gli altri familiari, nel momento in cui si accorgono del disagio del bambino cercano, mediante maggiore presenza, cura, accoglienza, e dialogo, di essergli più vicini. Mediante tali accorgimenti i guasti procurati dalla carenza affettiva possono essere mitigati ed in buona parte recuperati.

Le conseguenze saranno più gravi, ed in parte irreversibili se il disagio espresso dal bambino viene ignorato o peggio, mal valutato. Non è raro veder giudicare il pianto, gli scatti di collera, la chiusura e una più accentuata irritabilità del bambino, come insopportabili capricci ai quali rispondere con atteggiamenti repressivi e punitivi, nell’intento di farli cessare, piuttosto che considerarli, correttamente, come manifestazioni della sua sofferenza interiore. Allo stesso modo si cerca di attribuire il ritardo nel linguaggio a delle patologie organiche legate all’orecchio o agli organi fonatori o a una condizione di ritardo da fattori congeniti, piuttosto che a degli importanti disturbi psicoaffettivi.  

La prevenzione

Per attuare una efficace prevenzione delle carenze affettive è necessario che:

  • L’azione educativa e di cura dei figli sia vissuta intensamente e come priorità da parte della società, da parte dei genitori e dagli altri familiari. Non si dovrebbe dare a quest’azione così complessa, difficile e lunga, soltanto dei ritagli del nostro tempo o marginali energie, come avviene ogni volta che, nella scala dei valori, sono messi al primo posto non l’impegno relazionale ed educativo, ma altri valori come il lavoro, il benessere economico e finanziario, il proprio piacere o la gratificazione personale.
  • Gli organi politici e dello Stato dovrebbero impegnarsi ad attuare delle politiche mirate a valorizzare e promuovere l’impegno intrafamiliare, mediante leggi e regolamenti che sostengano in modo stabile e concreto ogni persona: uomo o donna che sia, che sceglie di impegnarsi nel mondo degli affetti e delle relazioni familiari.
  • È indispensabile un ripensamento della gestione del lavoro, pena un peggioramento progressivo del malessere psichico dei minori coinvolti; malessere che inevitabilmente si trasferirà sulle famiglie e poi sulle società, a causa del notevole aumento del numero e della gravità dei disturbi psichici che si presenteranno nelle età successive. Ci sembra utile ricordare che la presenza di un disagio psichico nella prima infanzia può comportare, in seguito, un aumento del numero dei soggetti che non studiano e non lavorano e che quindi sono a carico dei loro familiari o dello stato. In Italia i giovani che non studiano e non lavorano (NEET) rappresentano una percentuale significativa della popolazione giovanile (nel 2021, erano il 19,8%).[2] Saranno, inoltre, necessarie notevoli spese a carico delle famiglie e dello stato per le diagnosi, le cure e l’assistenza, dei soggetti che lamentano un disturbo psichico, il quale spesso provoca anche una serie di problematiche negli apprendimenti scolastici. Per giunta, ogni malessere psichico può comportare nell’ambito sociale un aumento dell’aggressività, che può sfociare nel tempo in atti di bullismo, aggressività nei confronti delle forze dell’ordine, ferimenti e omicidi apparentemente immotivati. In Italia negli ultimi decenni si è assistito a un aumento delle manifestazioni violente e aggressive contro le forze dell’ordine durante le manifestazioni nonché numerosi atti di violenza tra adolescenti.[3] Sono inoltre in aumento gli atti di aggressione nelle scuole ad opera dei genitori e degli alunni. Le scuole superiori sono particolarmente colpite da questo fenomeno. Questo aumento della violenza crea un clima di insicurezza e preoccupazione per tutti coloro che lavorano e studiano in queste istituzioni.
  • Poiché soltanto la mamma o solo il papà con cui vive il bambino spesso non sono in grado da soli di assumersi tutti gli oneri e le responsabilità educative e formative, è importante favorire al massimo i ricongiungimenti familiari, in modo tale che entrambi i genitori possano lavorare e vivere nella stessa città o in una città vicina, in modo tale da evitare che il pendolarismo sia avvertito dai figli come carenza o assenza genitoriale. Secondo i dati dell’Istat, il fenomeno del pendolarismo in Italia è piuttosto diffuso. Nel 2011, circa 19.158.547 persone si sono spostate giornalmente in altre città per motivi di lavoro.
Tratto dal libro di Emidio Tribulato “Prevenire la chiusura autistica”. 
Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.
Per comprare su Amazon questo libro clicca qui. 

[1] Lombardo, P., (1997), Educare ai valori, Edizioni Vita Nuova, 1997, p. 18.

[2] https://lab24.ilsole24ore.com/giovani-che-non-lavorano-e-non-studiano-neet/.

[3] https://www.notizie.it/la-crescente-violenza-contro-le-forze-dellordine-in-italia/ in diverse aree.

Condividi, se ti va!