La sedazione palliativa: definizione, indicazioni, aspetti etici

La sedazione palliativa:

definizione, indicazioni, aspetti etici

 

 

Che cos’è

La sedazione palliativa (SP) o sedazione terminale è una procedura che trova spesso applicazione nella pratica clinica delle cure palliative.

Essa si definisce come la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita della coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la percezione di un sintomo altrimenti intollerabile per il paziente, nonostante siano stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo, che risulta, quindi, refrattario.

Il processo di cura non può esimersi da un parallelo processo di comunicazione con il malato e/o i familiari per una condivisione della scelta di sedare il paziente. L’equipe quindi, oltre a definire al proprio interno l’appropriatezza della sedazione palliativa, dovrà avere la capacità di condividere la complessità della scelta impegnandosi in un percorso di informazione e sostegno psicologico al morente e ai suoi familiari.

Condizioni e modalità

Per proporre una sedazione palliativa, si deve essere di fronte ad uno o più sintomi refrattari ai trattamenti farmacologici di comprovata efficacia, al sostegno psicologico ed affettivo e ad una aspettativa di vita presunta inferiore ad una settimana. Un’adeguata comunicazione, anticipata rispetto al precipitare dei sintomi che potrebbero impedirla, oltre ad essere un dovere sancito dalla norma deontologica, può avere infatti diverse conseguenze positive sul piano relazionale.

A tale informazione sono connesse importanti e indelegabili responsabilità. Infatti l’avvicinarsi della morte porta con sé la responsabilità di compiere determinati doveri riguardanti i propri rapporti con la famiglia, la sistemazione di eventuali questioni professionali, la risoluzione di pendenze verso terzi. Per un credente, l’approssimarsi della morte esige la disposizione a determinati atti posti con piena consapevolezza, soprattutto l’incontro riconciliatore con Dio.

Oltre a ciò, vi sono responsabilità dei curanti, legate alle terapie da eseguire col consenso informato del paziente. Il rischio di una inadeguata comunicazione nel processo decisionale è che possa generare equivoci, incomprensioni e conseguentemente sofferenza, facendo percepire la SP come un atto arbitrario dell’équipe curante che interrompa il rapporto con il malato o che sia addirittura interpretato come un atto eutanasico generando sensi di colpa, frustrazione e sofferenza morale.

 

Non è eutanasia

Le condizioni che legittimano dal punto di vista etico la SP sono soggette a continuo approfondimento e dibattito. Nonostante sia dimostrato che la sedazione condotta appropriatamente non acceleri la morte, periodicamente l’informazione non corretta data dai media e dalle riflessioni di alcuni ricercatori – che, aderendo ad una definizione funzionalista di persona (non c’è persona laddove non siano espresse le sue funzioni cognitive di vigilanza e comunicazione cosciente interumana) – assimilano effettivamente la sedazione palliativa all’eutanasia.

Le giustificazioni etiche della SP sono presenti sia nella più generale etica principialistica (che si fonda sui principi di autonomia, beneficialità, non maleficialità e giustizia), sia nelle teorie etiche più specifiche che fanno riferimento principalmente all’etica della qualità della vita e all’etica della sacralità della vita. In particolare l’etica della sacralità della vita vede la giustificazione morale della SP nella dottrina del doppio effetto. Secondo la dottrina del doppio effetto, è moralmente lecito attuare un trattamento che abbia un effetto positivo (alleviamento delle sofferenze) ed un possibile o prevedibile effetto negativo (ipotetica abbreviazione della vita) purché quest’ultimo non sia intenzionalmente ricercato e sussista proporzionalità fra effetto negativo prevedibile ed effetto positivo perseguito (controllo dei sintomi refrattari).La prospettiva etica

In tale prospettiva etica, è la malattia pervenuta alla fase terminale e non la SP che, in ultima analisi, determina la morte del malato. Viceversa, nell’eutanasia l’obiettivo (intenzione) è costituito dalla morte del malato, i farmaci, i dosaggi e la via di somministrazione sono scelti in modo da provocare una rapida morte del malato ed il risultato è inevitabilmente la morte dello stesso.

 

Giovanni Paganini

Dirigente di Medicina Generale dell’ASST-Mantova,

Presidio di Pieve di Coriano

Specialista in Oncologia Medica

Esperto in Medicina Palliativa

Geriatra

 

 

 

 

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