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La Scelte etiche nell’emergenza da Covid-19: il triage
Autore: Giovanni Paganini
L’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia di coronavirus ha evidenziato i “fili scoperti” di una sanità depauperata di risorse umane e tecnologiche. Proprio questa carenza ha posto i medici nelle condizioni di dover decidere a chi fornire un ventilatore e a chi no, decidere chi potesse ricevere un letto in terapia intensiva e chi no.
È uno scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate.
Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della “medicina delle catastrofi”, per la quale la riflessione etica ha elaborato nel tempo molte concrete indicazioni per i medici e gli infermieri impegnati in scelte difficili.
Il dilemma morale del triage
La procedura di assegnazione delle risorse mediche in modo da aiutare il maggior numero possibile di pazienti nel modo più efficiente possibile si definisce triage.
In situazioni con un numero inaspettatamente elevato di malati e al contempo con risorse mediche limitate, che non consentono un trattamento adeguato di tutti i pazienti, è inevitabile stabilire priorità, decidendo a chi spettano con più urgenza le cure intensive e chi invece deve sottoporsi a cure di livello subordinato.
Un eventuale giudizio di inappropriatezza all’accesso a cure intensive basato unicamente su criteri di giustizia distributiva (squilibrio estremo tra richiesta e disponibilità) trova giustificazione nella straordinarietà della situazione.
Il triage deve essere effettuato sulla base di criteri chiaramente definiti. Questi devono essere esposti, comunicati e discussi in modo trasparente, al fine di raggiungere il più ampio consenso sociale possibile e di fornire sicurezza ai pazienti e alle loro famiglie. Entrambi gli aspetti – il consenso sociale e il sentimento di sicurezza – sono necessari per garantire fiducia nel sistema sanitario, che può funzionare – specialmente in una situazione così eccezionale – solo come sistema di solidarietà.
Principi etici nel processo decisionale
Anche in una situazione emergenziale devono essere considerati e rispettati i principi etici nel campo della medicina. I principi di giustizia e di equità impongono che le scelte siano basate sull’individuazione di criteri clinici tenendo conto delle volontà del paziente.
Essenziali rimangono l’indicazione medica e la prognosi sulla base di diversi parametri diagnostici, a cui appartengono ad esempio età, malattie pregresse, funzione degli organi, valori di laboratorio ecc.
È necessario che il personale sanitario abbia a disposizione linee guida che lo sollevi dall’onere personale delle loro decisioni.
Possono essere particolarmente utili a questo scopo i criteri clinici specifici e generali presenti nel Documento SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia e Terapia Intensiva) multisocietario del 2013 sulle grandi insufficienze d’organo end-stage. È inoltre opportuno fare riferimento anche al documento SIAARTI relativo ai criteri di ammissione in Terapia Intensiva (2003).
È importante chiarire anticipatamente la volontà dei pazienti, se essi sono in grado di esprimerla, rispetto all’eventualità di complicanze (stato di rianimazione ed entità della terapia intensiva). Se si rinuncia a provvedimenti di medicina intensiva, si devono garantire cure palliative adeguate. Se a causa di un totale sovraccarico del reparto specializzato si rende necessario respingere pazienti che necessitano di un trattamento di terapia intensiva, il criterio determinante a livello di triage è la prognosi a breve termine: vengono accettati in via prioritaria i pazienti che, se trattati in terapia intensiva, hanno buone probabilità di recupero, ma la cui prognosi sarebbe sfavorevole se non ricevessero il trattamento in questione; in altri termini, la precedenza viene data ai pazienti che possono trarre il massimo beneficio dal ricovero in terapia intensiva (Accademia Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM) e Società Svizzera di Medicina Intensiva (SSMI).
L’età in sé e per sé non è un criterio decisionale applicabile, in quanto attribuisce agli anziani un valore inferiore rispetto ai giovani e vìola in tal modo il principio costituzionale del divieto di discriminazione. Essa, tuttavia, viene considerata indirettamente nell’ambito del criterio principale «prognosi a breve termine», in quanto gli anziani presentano più frequentemente situazioni di comorbidità. Nelle persone affette da Covid-19, peraltro, l’età rappresenta un fattore di rischio a livello di mortalità, occorre quindi tenerne conto.
Scelte etiche nel fine vita
Se la prognosi è sfavorevole, ci troviamo di fronte a un ulteriore dilemma morale quando ci si chiede se il trattamento in terapia intensiva di un paziente con una prognosi sfavorevole possa essere interrotto per trattare un altro paziente con una prognosi più favorevole.
Nelle condizioni di triage – sempre ai sensi del principio di giustizia – la motivazione di continuare una terapia intensiva di un paziente con prognosi sfavorevole deve essere sottoposta all’obbligo di motivazione anche in rispetto delle necessità mediche di altri pazienti. In tal caso, la proporzionalità della prosecuzione del trattamento in terapia intensiva non si basa solo su un’attenta valutazione del decorso terapeutico e dell’indicazione medica, ma deve anche essere correlata alle esigenze mediche dei degenti con prognosi più favorevoli.
È tuttavia importante che i pazienti, ai quali in tale situazione di estrema emergenza medica non venga continuata ovvero iniziata una terapia intensiva, ricevano le migliori cure palliative e pastorali possibili e non vengano abbandonati a sé stessi.
La Società Italiana di Cure Palliative (SICP), la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e la Federazione Cure Palliative (FCP) sottolineano con forza l’importanza del trattamento di questi sintomi e la grave o gravissima sofferenza correlata soprattutto in quei malati che, non essendo candidati alle cure intensive perché non appropriate clinicamente e/o sproporzionate o perché il livello di gravità non è tale da renderle comunque necessarie, rischiano concretamente di sperimentare una intollerabile intensificazione dei predetti sintomi.
La sedazione palliativa nei pazienti ipossici con progressione di malattia è da considerarsi necessaria in quanto espressione di buona pratica clinica, e deve seguire le raccomandazioni esistenti. Qualora si dovesse prevedere un periodo agonico non breve, deve essere previsto un trasferimento in ambiente non intensivo. Se i pazienti vengono curati a domicilio, è indispensabile garantire il supporto necessario da parte di personale specializzato e se possibile di team mobili di cure palliative (MPCT). In caso di necessità, questi team MPCT possono essere interpellati anche da istituti per anziani e di cura per assicurare un trattamento ottimale. Nelle situazioni complesse è possibile consultare medici esperti in cure palliative. Nonostante sia stato imposto il divieto di visita negli istituti per anziani e di cura, i congiunti devono avere la possibilità di accompagnare i propri cari e dare loro l’estremo saluto nel rispetto delle misure di sicurezza. Inoltre, vanno supportati in maniera adeguata. Offrire e attuare cure palliative per alleviare la sofferenza anche nei malati affetti da CoViD-19/SARS-CoV-2, nonostante la complessità dell’emergenza pandemica in atto, è una buona pratica clinica, oltre che un dovere etico, deontologico e giuridico, soprattutto nella fase finale della vita.
Giovanni Paganini
Specialista in Oncologia Medica
Dirigente Medico ASST-Mantova