La proposta dei Metodi Naturali nella post-modernità

 

 

 

I principali destinatari della nostra proposta dei Metodi Naturali sono:

 

  • giovani (scuole e gruppi parrocchiali)
  • nubendi dei percorsi di preparazione al matrimonio
  • coppie di sposi di gruppi parrocchiali
  • amici e/o conoscenti
  • singole coppie inviate da ginecologi o da sacerdoti
  •  

Sulla base del nostro cammino di fede e delle conoscenze scientifiche che abbiamo finora acquisito, quando parliamo dei Metodi Naturali, li presentiamo come:

 

  • Strumenti di conoscenza della fertilità che aiutano la coppia a vivere bene la sessualità

  • Via naturale per ricercare/rimandare la gravidanza

  • Utili per monitorare la salute riproduttiva

  • Semplici da apprendere e da usare

  • Nessun farmaco o dispositivo

  • Nessun effetto collaterale

  • Affidabili

  • Moralmente accettabili ai fini della procreazione responsabile

     

Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che il contesto socio culturale in cui viviamo si va modificando profondamente e rapidamente. Le coppie che incontriamo nei percorsi di preparazione al matrimonio, per esempio, non sono più i giovani fidanzatini di una volta, ma molto più frequentemente coppie conviventi, spesso con figli.

Anche il numero di coppie che dopo la proposta dei metodi naturali ritorna per chiedere di apprendere il metodo, diventa sempre più piccolo.

Dobbiamo porci certamente alcune domande:

Oggi la proposta dei metodi naturali è ancora recepita?

È opportuno continuare a proporre i metodi naturali come abbiamo finora fatto o è necessario cominciare ad utilizzare un linguaggio diverso?

È questa la sfida che dobbiamo raccogliere.

Questa relazione ha l’obiettivo di condividere con voi alcune riflessioni come stimolo a prendere in seria considerazione la necessità urgente di una traduzione del nostro linguaggio, affinché sia capace di risuonare ancora nel cuore dell’uomo post-moderno.

La realtà culturale che stiamo vivendo è stata definita come “post-moderna”. La società si è fatta fluida e “multirete” e il sistema sociale non appare più stabile e ben definito.

 

Il sociologo Bauman utilizza il termine “società liquida”, prendendo a prestito la proprietà fisica dei liquidi che a differenza dei solidi sono meno stabili e non hanno una forma propria.

Non dimentichiamo che anche noi viviamo in questo contesto socio culturale e ne subiamo le conseguenze.

Gaetano Mollo, filosofo e psicopedagogista, osserva che l’umanità sembra aver raggiunto certi apici artistici e conquiste sociali con la modernità, ma principalmente è riuscita a porre al centro dell’esistenza il soggetto umano, con la sua singolarità e con le sue esigenze, rivendicandone l’autorealizzazione. Ora – nel tempo della post-modernità – si pone il problema di come essere autenticamente se stessi, avendo il nostro “io” come centro e “fine” di tutti gli interessi.

Qualcuno afferma che quella di oggi è una generazione LOL. Ovvero la vita come un grande parco giochi, spensierata, senza regole nè autorità.

Ovvero non parlatemi di passato, patria, genitori perché io vivo adesso. E adesso sono il re della mia vita.

LOL: abbreviazione diffusa sul web che sta per “Laughing Out Loud”, ovvero rido a crepapelle.

 

 

Il senso della realtà di oggi è che ognuno pensa all’importanza della propria persona e questo non è sbagliato in assoluto.

 

 

È il modo, è il dove si orienta questo senso che è importante capire e fare capire.

Noi certamente in base al nostro cammino di fede sappiamo qual è la via per essere autenticamente se stessi. La via la indica Gesù stesso quando ci dice: “sono venuto perché abbiate la vita e ne abbiate in abbondanza”. E ancora: “ho detto questo perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Gesù, quindi, vuole la nostra gioia, la nostra felicità. Siamo chiamati ad essere felici, ad essere beati. Dio vuole la felicità dell’uomo e gli ingredienti per essere felici li troviamo tutti nella Parola. Noi conosciamo la via della felicità, ma facciamo fatica a farla scoprire agli altri, spesso anche ai nostri stessi figli.

 

Come dialogare allora con l’uomo post-moderno? Dobbiamo partire da alcune considerazioni. A che punto sono coloro che incontriamo? Spesso diciamo che è importante seminare e che non spetta a noi raccogliere. Questo è vero, la crescita è nelle mani dello Spirito.

Il contadino, tuttavia, prima di seminare cerca di rendere fertile il terreno. In che tipo terreno pensiamo che cada il seme della nostra proposta?

Da dove cominciare per rendere fertile questo terreno?

Giovanni Salonia osserva che Il linguaggio post-moderno impone di amare l’uomo prima di giudicarlo; prima di dire cosa è giusto o sbagliato dobbiamo capire cosa vuole dire.

Se pensiamo al Vangelo, questo è il modo di agire di Gesù.

Anche Amoris Laetitia ci aiuta a dialogare con l’uomo post-moderno. Papa Francesco ci ricorda che è necessario avvicinarsi agli altri con l’abbraccio della misericordia e non con l’elenco dei divieti. Chi pretende di risolvere tutto con un atteggiamento rigidamente normativo crea ghetti pastorali: da una parte persone, coppie e famiglie modello; dall’altra persone, coppie e famiglie segnate dalla fragilità.

Non dobbiamo dimenticare che Dio incarnandosi si fa dire da noi.

Le nostre parole diventano il luogo e i modi di cui noi parliamo di Lui. Il fatto che il mistero della salvezza sia consegnato alle nostre parole ci dice l’importanza del linguaggio.

La grande sfida di oggi è come dire Dio sapendo che non c’è un linguaggio unico.

 

 

È fondamentale educarci per educare. Imparare a parlare al nostro cuore per capire come parlare al cuore degli altri.

 

 

 

In un famoso discorso tenuto a Stoccolma il grande scrittore russo Solzenicyn (si pronUncia in italiano: Alexandr Solgenizin) disse:

“Il mondo moderno che sta minando il grande albero dell’essere, ha spezzato i rami del vero e del bene. Rimane solo il ramo della bellezza, e ad esso solo tocca ora ricevere tutta la linfa del tronco”.

Ancora prima Dostoevskij aveva scritto: “la bellezza salverà il mondo”.

Perché cambiare linguaggio? Perché è facile rendersi conto che il “buono” dei metodi naturali, quando li presentiamo come metodi moralmente accettabili, il “vero”dei metodi naturali, quando li presentiamo come strumenti per vivere la verità della sessualità, sembrano non interessare più i nostri interlocutori.

Nella cultura contemporanea, il perché interessa poco. Interessa piuttosto il come. Vogliamo risultati, soluzioni, efficienza, e così via. Parlare di verità e di bontà, oggigiorno, non interessa: a che serve? Che problemi ci risolve? Che cosa cambia?

Il problema non è la perdita dei valori. Giovanni Salonia osserva che quando affermiamo che i giovani di oggi non hanno valori, diciamo qualcosa di molto moralistico, assumendo la posizione di chi vuole giudicare gli altri. Secondo Salonia, il problema è che i giovani spostano l’attenzione su altri valori rispetto a ieri, che la gerarchia dei valori è composta in modo diverso e che il linguaggio con cui si dicono i valori è anch’esso diverso.

 

I giovani di oggi sono diversi; ma non dobbiamo avere paura della diversità, dobbiamo semmai avere paura della mancanza del dialogo che ci fa rimanere nella nostra soggettività.

Esiste ancora un luogo in cui le diversità possono incontrarsi?

Nel crollo della condivisione dei punti di riferimento scontati (etica, ideologia, ecc.), nella frantumazione delle grandi appartenenze, la bellezza emerge come luogo in cui le diversità possono incontrarsi. La citazione di Solzenicyn è oggi quanto mai attuale.

Osserva ancora Salonia, che se la nostra proposta non viene recepita come una strada che porta alla felicità non riesce a risuonare nel cuore di nessuno. L’indifferenza di cui si parla è perché i nostri discorsi non vibrano, non toccano i giovani, non sono discorsi che si accordano con la ricerca della felicità. La grande sfida che abbiamo davanti è quella di presentarci al mondo come esperti di felicità.

 

La bellezza è una categoria elementare dell’esistenza. Osserva David Maria Turoldo che il primato della bellezza è avanti all’etica.

La bellezza è imprinting di Dio nella nostra anima. Siamo stati creati maschio e femmina: e Dio vide e disse che era cosa “tov” (Gn 1, 31), cioè cosa buona, utile e bella.

 

 

La parola “tov” del testo originale in ebraico, è tradotta abitualmente con “buono”, mentre in realtà ha un significato più pieno perché include agathòs (buono), krestòs (utile) e kalòs (bello). Ecco perché la bellezza ci attrae.

 

 

 

 

 

La bellezza attrae le nostre gambe. Anche senza esserne consapevoli, andiamo dove la bellezza ci chiama.

 

Ecco perché è necessario ripartire dalla bellezza per ritrovare, al di là della molteplicità, un linguaggio a tutti accessibile.

 

Nei nostri incontri con i giovani, con le coppie è necessario un approccio nuovo: dobbiamo cambiare prospettiva. Leggiamo questa riflessione: “Quando scopriamo le tracce divine, iscritte nel nostro essere uomini o donne, creati come tali “a immagine e somiglianza di Dio” (Gn 1, 26-27), la norma morale si manifesta come necessità logica per salvaguardare la bellezza di quelle tracce.” È una riflessione molto bella. Tuttavia, non è assolutamente scontato che coloro che incontriamo abbiano scoperto queste tracce!

La situazione di fede dei giovani che incontriamo è stata ben sintetizzata da Papa Francesco in un discorso fatto ai partecipanti al corso sul processo matrimoniale il 25 febbraio 2017. Il Papa ha detto: “Ma io mi domando quanti di questi giovani che vengono ai corsi prematrimoniali capiscano cosa significa “matrimonio”, il segno dell’unione di Cristo e della Chiesa. “Sì, sì” – dicono di sì, ma capiscono questo? Hanno fede in questo? Sono convinto che ci voglia un vero catecumenato per il Sacramento del Matrimonio, e non fare la preparazione con due o tre riunioni e poi andare avanti.”

Il terreno sul quale pensiamo di seminare le nostre proposte, incontrando i giovani, è quasi sempre un pavimento di cemento piuttosto che terra fertile.

 

Ci ascolteranno con le orecchie, non con il cuore. Soprattutto se, come spesso facciamo, la nostra proposta dei metodi naturali, parte dall’etica della loro scelta per vivere bene la sessualità e realizzare un’autentica procreazione responsabile. È necessario cambiare prospettiva.

 

 

Penso che dobbiamo impegnarci di più per aiutare i giovani a scoprire le tracce divine iscritte nel loro essere uomini e donne mirando a fare comprendere loro che la sessualità, in tutti i suoi aspetti (relazione, affettività, eros), è la traccia originaria di Dio.

In questo cammino di scoperta, si inserisce perfettamente la proposta dei metodi naturali con la loro prerogativa di permettere alla donna e alla coppia di mettersi in ascolto del proprio corpo. Sarà allora possibile dire che i metodi naturali rappresentano uno strumento per salvaguardare la bellezza di quella traccia e che sono una via per custodire l’amore coniugale.

 

 

 

 

 

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