L’ascolto, la comunione, la relazione e il Corona Virus

L’ascolto, la comunione, la relazione e il Corona Virus

 

 

Autrice: Gabriella Moschioni

 


Siamo tutti convinti che stiamo affrontando una situazione senza precedenti, per la quale non siamo assolutamente preparati.
Sono d’accordo
che si tratta di una gravissima e mortale contingenza, che colpisce i nostri corpi ed i nostri sentimenti ed anche i nostri pochi o tanti soldi.
Una difficoltà grave
che ci costringe a modalità di comportamenti rigidi ed inusuali,
che cambia o annulla
la nostra possibilità di lavorare,
che cambia

in modo massiccio la vicinanza e le espressioni extraverbali nella nostra collettività
che cambia il nostro rapporto coi media
– già di per sé spesso ambiguo e problematico – che ora è aggravato da una dipendenza, da parte nostra peraltro comprensibile, perché solo dai media abbiamo informazioni, conosciamo dati, prescrizioni, divieti….multe.
Ulteriormente aggravato in modo ossessivo/compulsivo, ansiogeno da conduttori, giornalisti, esperti, politici.
Circo mediatico che non sembra essere interessato a “parlare” per “comunicare” tenendo conto degli interlocutori cioè tutti i cittadini, anche con quei cittadini turbati, magari anche ammalati, spaventati ed a ragione.
Abbiamo PAURA – Tanta paura.
E’ paura quando ci riteniamo immuni,
son cose che capitano agli altri… (allontanamento, rimozione, negazione?)
E’ paura quando ci raccontiamo
quant’è bello lavorare in remoto (ma in che film? se ogni due per tre ti balla lo schermo e non ricordi più con che programma stai lavorando…)
E’ paura quando ci diciamo
che stiamo benissimo, che le giornate volano, che è tanto bello stare a casa, quanto siamo stati bravi ad aver fatto il cambio di stagione negli armadi, che poi il tempo è cambiato e abbiamo re-incasinato tutto, e che capacità culinarie sopraffine scopriamo nelle nostre troppo brevi giornate…….
Tutti allegri, tutti con la bandiera sul balcone dai calciatori agli attori fino a Fiorello #io resto a casa (e che case!) hashtag che ricorda l’ormai famoso #stai sereno di non serena memoria…
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Tutte belle cose che davvero possono aiutarci e divertici purché non perdiamo un’occasione unica per connetterci con la nostra realtà di essere umani: a rischio, deperibili, a scadenza, non immortali.
E’ una paura sacrosanta,
è una paura vera, una paura sana.
Non è una sovrastruttura di persone eccitabili, una nevrosi, una paranoia.
E’ realtà.
Vorrei dire che è bello poter prendere in considerazione la nostra morte o quella dei nostri cari, non ne sono capace, ma posso affermare che è importante, che è utile, che ci rende persone vere, reali, complete.
Invece tutta la nostra vita (e la nostra agenda) é una corsa in avanti per non pensare, per allontanare questa realtà.
REALTA’ che rende significativo ogni pensiero, ogni gesto, ogni azione della nostra vita, anche quello che ci diciamo e ci raccontiamo in questi giorni di lockdown.
Siamo fortunati perché in questo periodo siamo insieme, siamo sulla stessa barca, ed è consolante accostarsi alla realtà non da soli.
La morte è solitudine, ma potrebbe anche non esserlo.
Mi accorgo di aver fatto fatica a scrivere la parola morte. E sta proprio qui l’incongruenza: nel fatto che lavoro, leggo, scrivo, cucino e “faccio i mestieri” con l’allegria e la spensieratezza che va di moda , ma poco lontano da me i militari coi camion trasportano le salme dei miei concittadini (scrivo dalla Regione Lombardia)
Non giudico nessuno, parlo soprattutto per me stessa. Abbiamo lasciato morire gli anziani da soli, ma prima noi li abbiamo costretti a vivere da soli in una stagione della vita in cui – come diceva una mia prozia
“var pusse’ una parola dulza”
cioè conta più una parola affettuosa, il profumo della casa, il rumore di una famiglia che una struttura protetta (…..da che cosa ?)
E’ riduttivo però voler pensare che “non siamo assolutamente preparati”, non sono preparati gli scienziati, gli amministratori, i politici perché davvero l’evento è assolutamente sconosciuto e pericoloso, ma
l’individuo può trovare dentro di sé e nella relazione con gli altri un tesoro discreto e nascosto.
Sono convinta che, se lasceremo germinare dentro questi pensieri con senso della realtà e con serena pacatezza, saremo, dopo questa esperienza, uomini migliori, più tranquilli e, nel nostro piccolo, anche più felici.
Quando siamo “connessi” con noi stessi ci rendiamo conto di poter contare su
un’infinità di potenzialità.
La creatività messa in atto in questo periodo supera davvero l’immaginazione
La professionalità
degli infermieri e dei medici ha dimostrato una straordinaria adesione alla loro “vocazione”, hanno lavorato con la testa, con le mani, col cuore e con l’anima;
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spesso hanno dovuto scegliere fra la propria famiglia ed il lavoro e, nonostante tutto, afferma un’infermiera nella giornata nazionale degli infermieri ”quando tutto sarà finito non vorremo essere ricordati come eroi, ma come professionisti”.
L’umanità e la competenza
degli insegnanti : sono scesi dalla cattedra, hanno chiuso in cucina il gatto o il bambino irrequieto, nascosto l’immancabile disordine domestico, per entrare nelle case degli studenti.
I più intelligenti ed attenti di loro sono riusciti a capire e raggiungere anche quei ragazzi che seguivano le lezioni dal cellulare perché sprovvisti di computer.
La dignità e la forza
degli studenti più poveri (diversamente ricchi) che hanno preferito non farne richiesta alla scuola: chi è diversamente stupido?
Il “bullo” che fa della debolezza dell’altro un punto di forza?
l’impegno, la costanza, l’immanenza
delle mamme dei bambini più piccoli che sono diventate le loro maestre a casa implementando il rapporto mamma-bambino.\
“Vedo” tante mamme a casa col marito col quale sono in fase di separazione (sentenze rimandate tutte a settembre!) che cercano di coinvolgere anche il papà costretto a casa con loro.
L’ingegno, la manualità
di un’infermiera in pensione – in volontariato si occupa del recupero degli ex alcolisti – che ha inventato per loro, per le loro famiglia e per i bambini delle coloratissime e simpatiche mascherine. Ha trovato il sistema di recapitarle a casa di tutti col servizio postale, senza uscire da casa!
La versatilità e la capacità di assumersi il rischio
di una psicologa dell’emergenza che in tragico colloquio con una donna esasperata che veramente voleva ammazzare il proprio partner risponde in schietto triestino
“te vol meter cossa vol dir star do mesi con la spuza del suo cadaver a casa?”
Vuoi mettere cosa significa stare 2 mesi con l’odore del suo cadavere a casa?
In piena congruenza con la visione di Rogers che afferma che se la persona percepisce che la sua pulsione non spaventa il consulente, si sente accolta e capita nelle sue “ragioni”, ridimensiona la sua paura e i suoi sensi di colpa, si sente meno “cattiva” e può immaginare scenari meno tragici.
L’inventiva
del Direttore della Charitas di Bergamo (gran bell’uomo, peraltro, visto su TV2000) che oltre a prestare il suo servizio ai moribondi delle terapie intensive è riuscito a raggiungere un cortile dentro l’ospedale dove alle finestre si affacciavano altri pazienti meno gravi per dire messa.
Si preoccupava di come riuscire a “raggiungerli”, così bardato come un marziano e a quella distanza.
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Ha utilizzato la sua voce possente e caricato il suo forte accento bergamasco. I pazienti salutavano sorridenti e mimavano
“el de Bergom?” –
l’importanza del dialetto!
L’affettività, la generosità il dono :
un amico di mio figlio specialist-manager informatico sempre in giro per il mondo è rientrato subito in Italia perché volontario della Croce rossa. Assegnato a Bergamo prende il Coronavirus, al primo tampone negativo rientra a Bergamo e ci resta per oltre un mese.
E’ stremato fisicamente, è sconvolto per i troppi cadaveri.
La mattina di Pasqua con la macchina della croce rossa si ferma sotto la casa di mio figlio e gli lascia due uova di Pasqua per la sua bambina.
Bravo il ragazzo! Si è preso un momento per respirare aria di bambini, aria di famiglia: un piccolo risarcimento di grande valore simbolico, le uova donate ai volontari e dai volontari donate….
E per dire una sola parola a favore dei politici: se la mia nipotina di sei anni è convinta di aver parlato in conference call col ministro dell’istruzione perché l’ha vista in video significa che non ci vuole molto per parlare alle persone, sarebbe auspicabile che anche gli altri politici imparassero ad utilizzare modalità di comunicazione che rispettino la dignità delle persone che ascoltano, anche loro dovrebbero connettersi con se stessi!!!
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Io mi connetto col mio lavoro di consulente familiare e osservo che in questo lungo periodo, che non sappiamo quando finirà, siamo stati capaci di inventarci.
Forse però non abbiamo inventato proprio niente di nuovo,
abbiamo attinto alle nostre valenze e potenzialità, abbiamo imparato a dare e ricevere non solo cose, ma anche e soprattutto capacità e razionalità, valori profondi a cui di solito pensiamo poco, ma che ci sono dentro di noi, emozioni e sentimenti
che magari proprio la paura ha fatto deflagrare.
Abbiamo fatto un grande salto verso
 l’essenzialità.
Abbiamo il dovere di assegnarci un buon grado di
 autostima che significa maggior benessere :
#Io resto a casa per essere. non solo per fare!
Dall’autostima alla comunicazione e alla relazione.
Il prof. Cesare Kaneklin nel primo mitico corso per consulenti familiari del 1975 aveva introdotto il tema della comunicazione raccontando questa storiella.
Pierino trafelato arriva a scuola senza aver fatto i compiti,
Pierino spera che la maestra non li chiederà.
Maestra entra in classe con grinta e subito dice (ti pareva?)
“fuori i compiti!”
Pierino impacciato, ma ancora speranzoso
“ho lasciato a casa i quaderni”
Maestra imperativa e furba scoperchia il banco,
un tantino invasiva non è che il banco è
come l’automobile, cioè luogo privato?
Pierino pensieroso traffica con lo zainetto e mostra di quaderni
Maestra
“Pierino sei un bugiardo!”
Ci chiediamo : la maestra si è messa in relazione con Pierino? Certamente no, perché gli ha “detto” una cosa che Pierino che sapeva già ha detto una bugia (reato premeditato!)
Per comunicare con Pierino la maestra avrebbe dovuto chiedersi ”
perché Pierino ha detto una bugia a me?”
Quel piccolo a me significa che io mi metto in rapporto con Pierino anche se è bugiardo.
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Fra i due, comunque, ne esce peggio la maestra, perché Pierino è bugiardo (o meglio: diversamente sincero) , ma sa di esserlo.
La maestra, cui spetterebbe il dovere di educare, ha perso l’occasione di guardare, vedere, ascoltare, capire, sentire: è rimasta ingabbiata nelle sue categorie.
Povera maestra: non ce l’ha fatta e riconoscere dentro di sé un po’ di quel simpatico pinocchio che è dentro di tutti noi….
e qui torniamo tutti sulla stessa barca.
Io ho deciso utilizzare il telefono come mezzo di comunicazione per continuare la consulenza familiare con le persone che seguo. Ho messo a disposizione un telefono fisso, sicuramente perché andava bene a me, ma anche perché sono persone che già conosco e mi sono adoperata perché il setting fosse comunque efficace.
Permesso, scusa, grazie….
Erano le parole che il papa suggeriva alla coppia.
Permesso
perché entro in casa tua,
Scusa
perché non voglio entrare in modo invadente anche se me l’ha chiesto tu,
scusa perché non voglio considerarmi uno che viene a portarti le soluzioni, ma come una persona, un professionista che insieme a te e con te percorre un pezzo significativo e magari doloroso di strada, di vita.
Certo io con le mie competenze, ma anche tu hai competenze in altri lavori.
Grazie
perché mi hai fatto entrare in casa tua mentre di solito sei tu che vieni nel mio studio.
Grazie perché hai dovuto ritagliarti uno spazio privato dove parlare in libertà.
Grazie perché qualcuno di voi ha dovuto approfittare di un balcone o della scusa di uscire a portare il cane perché in famiglia non si sentiva sicuro.
Grazie perché mi hai aiutato a capire che è molto più importante la persona che il setting.
Grazie perché mi hai chiesto aiuto,
Grazie perché mi hai fatto sentire utile.
Mai come in questo momento storico la professionalità si deve coniugare con
la congruenza e la trasparenza come ci hanno insegnato i grandi maestri Karl Rogers e la compianta Giovanna Bartholini sulla terapia/consulenza centrata sul cliente.
Non vi è mai capitato di pensare (quando parla un “solone” della scienza)
“ma quello li è proprio sicuro che lui non si ammalerà mai ?“
Congruenza
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 Significa per l’operatore la profonda consapevolezza di vivere ed operare in presenza di limiti e paura, ma anche oggettività e capacità di prendersi carico di sé, comprendersi e non far finta di essere invulnerabili.
 significa anche coscienza del proprio valore e dei propri valori, serena leggerezza del vivere
 Congruenza che ci permette di mettere in atto tutte le strategie di aiuto a noi come persine e come operatori.
Fondamentale in questo periodo è stata per me la supervisione e sono grata a chi me l’ha fornita con tanta efficacia …..per telefono. Credo che sia stata un bene per me e per le persone di cui mi prendo cura.
trasparenza,
 È cercare di non nascondere, semmai di condividere, con serenità il concetto del “siamo tutti sulla stessa barca”.
Un giovane chirurgo, già famoso, diceva di sentirsi “in pigiama” : ho riso di cuore dicendogli che non è poi così brutto togliersi il camice e far a meno del codazzo da primario….
La leggerezza del vivere viene anche, in questo periodo di pochi contatti sociali, dal “concedersi” telefonate a colleghi-amici, telefonate inesigenti, scherzose, di sollievo, di condivisione affettiva.
Ad un amico psicoterapeuta – autore di molte efficaci pubblicazioni – che “vede” persone fobiche, con attacchi di panico ed altre amenità, ho raccontato una barzelletta un po’ vivace. La sua risata mi ha fatto un gran bene.
Stranamente mi viene in mente
la virtù dell’umiltà,
termine desueto nei nostri ambienti, ma che ha il buon sapore del pane, il buon sapore di umanità.
Una prima riflessione su cosa ho imparato in questi due mesi di lockdown, che certamente dovremo approfondire è che, al di la della problematica , molte persone chiedevano la consulenza, ma in fondo era una richiesta di rassicurazione, un sapere che io c’ero per loro, che ci sarei stata in futuro… un rimandare la riflessione più in la.
Ho ritenuto mio dovere rispettare il messaggio sottaciuto
“un problema alla volta, adesso mi basta che mi aiuti in questo momento di incertezza per la mia vita per la mia famiglia e per il mio lavoro”
e fornire efficace rassicurazione nonché un rimando di fiducia sulle loro personali capacità di resilienza e di prospettiva per il futuro, ovviamente centrate sulle loro persone.
Anche il tono e la modulazione della voce possono trasmettere attenzione, interesse, condivisione e speranza.
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Con altre persone ho potuto lavorare utilizzando l’emotività e l’effervescenza delle emozioni per andare oltre, più in profondità, sulla conoscenza di sé, sull’autostima e sulle potenzialità che si possono ri-conoscere e/o scoprire anche nella difficoltà.
Un’ulteriore riflessione potrebbe suggerire che, con questo secondo gruppo di persone si era instaurata “una relazione” mentre con le altre prevaleva l’aspetto empatico.
Ma è troppo presto per esserne certi. Dobbiamo essere aperti alla “singolarità” di ogni persona, scoprirne le “diversità” relazionali.
Essere consapevoli della bellezza ed unicità di ogni persona e, per dirla con Sergio Cammelli,
“laicità significa mettersi in religioso ascolto della persona”
e delle sue meraviglie.
Speriamo di avere ancora vita sufficiente per studiare e capire meglio, e se no…… va bene così con leggerezza e un pizzico di buon umore
Gabriela Moschioni

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