UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
Autore: Armando Savignano
In Italia prosegue l’inverno demografico
Ancora in calo la popolazione residente in Italia. Al 1° gennaio 2023 la popolazione è di 58 milioni e 851mila unità, 179mila in meno rispetto all’anno precedente, con una riduzione pari al 3%. Prosegue la tendenza alla diminuzione come emerge dal report dell’Istat sugli indicatori demografici.
Nonostante l’alto numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni a causa della pandemia – rileva l’Istat – oltre 2 milioni e 150mila, di cui il 90% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Pertanto, in questo periodo la popolazione residente è mediamente invecchiata almeno di ulteriori otto mesi. La popolazione di oltre 65 anni, che nell’insieme ammonta a 14 milioni 177mila individui ad inizio 2023, costituisce il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente. Il che significa che uno su quattro ha oltre 65 anni.
La Liguria è la regione più anziana, con una quota di over 65enni pari al 28,9%. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (26,9%) e l’Umbria (26,8%). La regione con le percentuali più basse di ultrasessantacinquenni è la Campania (20,6%), seguita dal Trentino-Alto Adige (21,8%) e dalla Sicilia (22,9).
Per contro, la natalità è al minimo storico in Italia e la mortalità resta ancora elevata: meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1.000 abitanti. Che fare in presenza di tale situazione? Le cause di tale fenomeno epocale sono molteplici: da quelle socio-economiche, a quelle politiche ma anche di ordine culturale, come abbiamo già avuto modo di rilevare. Ormai la maternità è diventata un obiettivo tra tanti a causa anche della crisi economica, che tuttavia ha un peso relativo rispetto alle questioni culturali e valoriali. Come è noto, sta emergendo una generazione di figli unici con molti nonni e qualche bisnonno, con i quali convive per un tempo sempre più lungo. Gli stessi valori su cui è fondata la nostra civiltà possono essere permeati da queste mutazioni.
Così, ad esempio, il concetto di fratellanza è molto più difficile da apprendere in famiglia senza fratelli e sorelle. Oltre ai fattori socio-economici, vi sono dunque fattori culturali, che assumono un rilievo decisivo nell’opzione per la maternità. Dietro il calo delle nascite si cela il senso di sfiducia generalizzato, di pessimismo, che attanaglia l’Italia. Osservando la loro condizione precaria ed incerta, i giovani di oggi rifiutano di mettere al mondo i giovani di domani. E’ insomma la paura del futuro il fattore decisivo per la crisi di fecondità. Forse, si verificherà un’inversione di tendenza solo quando ricominceremo a pensarci non in senso individualistico ma come una comunità, invece che come un agglomerato di meri interessi.
Armando Savignano