Il protagonismo Biologico dell’Embrione Umano nella Fase del Preimpianto – Un nuovo Essere Umano fin dal Concepimento

Il protagonismo Biologico dell’Embrione Umano

nella Fase del Preimpianto

Un nuovo Essere Umano fin dal Concepimento

Autore: Giacomo Fontana

 

Ancora oggi, purtroppo, riguardo all’identità dell’embrione nella fase del preimpianto, che possiamo chiamare embrione precoce, ma assolutamente no “pre-embrione”, sono molto diffuse convinzioni che non hanno più alcuna base scientifica su cui fondarsi.

Lo scopo di questa mia relazione è quello di fornirvi alcuni risultati scientifici, tratti da articoli pubblicati su importantissime riviste del settore medico-biologico, che oggi danno una risposta certa alla domanda: chi è l’embrione?

Mi soffermerò, in particolare, su tre convinzioni ancora oggi diffuse nella cultura dominante:

1. La gravidanza inizia solo dopo l’impianto dell’embrione nell’utero materno.

2. L’embrione prima dell’impianto è un cumulo indistinto di cellule.

3. L’embrione prima dell’impianto non può essere considerato un essere umano.

Procederò analizzando i tre punti sulla base delle evidenze scientifiche a nostra disposizione.

Primo punto:

Cercherò di dare una risposta alla domanda: Quando inizia una gravidanza?

Vediamo cosa accade subito dopo l’incontro della cellula uovo con uno spermatozoo.

Dopo l’espulsione dall’ovaio, la cellula uovo ha una ridotta attività metabolica a causa di meccanismi inibitori in essa presenti. Subito dopo la fecondazione da parte dello spermatozoo, questi meccanismi inibitori sono aboliti. Quando uno spermatozoo attraversa la zona pellucida dell’ovocita materno segue immediatamente una modificazione improvvisa della composizione ionica della cellula uovo fecondata.

Questa modificazione è dovuta all’aumento della concentrazione intracellulare di ioni Ca++, che sotto l’azione dell’oscillina, una proteina paterna, si diffonde rapidamente attraverso tutta la cellula uovo fertilizzata, come un’onda (calcium wave).

I due gameti, anche se cellule vive, erano dormienti. In seguito a questo impulso, che si propaga come un soffio vitale attraversando tutta la nuova cellula, che ora chiameremo zigote, inizia una nuova vita. È il segnale, che sarà trasmesso anche alla madre, che una nuova vita di un essere umano è iniziata.

Anche se a questa relazione ho voluto dare un taglio esclusivamente scientifico, come non pensare, guardando queste immagini reali, al soffio di Dio nella narici di Adam che da terra rossa diventa Ish, un essere umano: “allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.” (Gn 2,7).

Inizia, così, lo sviluppo di un nuovo individuo che presenta il pattern genetico e molecolare della specie umana cui doveva competere il titolo di figlio. E fino al 1986 non c’era mai stato alcun dubbio in proposito.

Nel 1986, a seguito di un pretestuoso falso di una parte di scienza irresponsabile, veniva strappato il titolo di figlio al neoconcepito fino al quattordicesimo giorno dal concepimento.

In realtà, una rigorosa analisi scientifica, condotta dall’inizio dell’anno 2000 ad oggi, confermando ed ampliando le conoscenze della prima tappa dello sviluppo che segue il concepimento, conduce ad una e una sola conclusione: dopo la fusione dei gameti paterno e materno inizia il ciclo vitale di un nuovo soggetto umano cui spetta a pieno titolo il dolce appellativo di figlio.

Non ci sono, quindi, dubbi: in base alle attuali evidenze scientifiche la gravidanza inizia quando lo spermatozoo feconda la cellula uovo.

Nonostante ciò c’è ancora molta confusione, sia in buona sia in cattiva fede.

Ricercatori dell’Università di Chicago (Usa) hanno condotto un sondaggio/analisi intervistando ginecologi e ostetrici. I risultati, secondo quanto riferito dalla rivista dell’American College of Obstetrics and Gynecology (ACOG), su cui è stato pubblicato lo studio, ha mostrato che le idee sul quando ha inizio la gravidanza sono in sostanza due.

La maggioranza (57%), tra gli oltre 1.000 operatori intervistati, difatti ritiene che la gravidanza inizi quando lo spermatozoo feconda l’ovulo. Mentre il resto degli intervistati (28%) sostiene che, invece, non comincia fino a una settimana più tardi, quando l’ovulo fecondato si impianta nell’utero. La restante percentuale di intervistati non sapeva proprio cosa rispondere.

Procederò con il secondo punto cercando una risposta alla domanda: l’embrione prima dell’impianto è solo un cumulo di cellule?

Vediamo cosa accade dopo la penetrazione dello spermatozoo all’interno della cellula uovo.

A poche ore dalla penetrazione dello spermatozoo, il nucleo di origine femminile completa la sua maturazione e in questa fase è detto pronucleo femminile. Intanto, il nucleo maschile, che al momento dell’introduzione nell’ovocita era silente, cioè inerte ai meccanismi di trascrizione che permettono di leggere e tradurre l’informazione genetica contenuta nel nucleo, è trasformato in un nucleo funzionalmente attivo, il pronucleo maschile, attraverso profonde modificazioni biochimiche e strutturali che prevedono l’interazione con elementi molecolari di origine materna. Durante questa fase, detta fase pronucleare, i due pronuclei si avvicinano al centro della cellula e mentre si muovono l’uno verso l’altro la loro informazione genetica viene letta per guidare lo sviluppo. Nell’uomo sono oggi noti molti geni del nuovo genoma attivi a questo stadio, alcuni dei quali hanno un ruolo-chiave nello sviluppo successivo dell’embrione.

Attorno alla 15a ora dalla fecondazione i due pronuclei s’incontrano e i loro rivestimenti si rompono determinando il mescolamento dei cromosomi paterni e materni, evento necessario per preparare l’embrione unicellulare alla prima divisione cellulare.


A questo punto il centrosoma di origine paterna si divide e, a partire dai pronuclei, si organizza il fuso mitotico; i cromosomi maschili e femminili, duplicati, si condensano e si orientano all’equatore del fuso mitotico comune, preparandosi alla prima divisione cellulare. Alla fine di questa prima divisione cellulare si formano due cellule, ciascuna dotata di una copia dell’intero genoma, che rimangono unite l’una all’altra formando l’embrione a due cellule (two-cell embryo).

La sede in cui lo spermatozoo penetra all’interno dell’ovocita è certamente casuale, ma diventa cruciale da quel momento in avanti. Infatti, recenti osservazioni di biologia molecolare hanno dimostrato che proprio in quel punto si determina la configurazione equatoriale dell’embrione: nel punto cioè in cui lo spermatozoo entra nell’ovocita, si produce una vera e propria sezione equatoriale, che divide in due semisfere lo zigote così costituito. Le prime due cellule che si formeranno, al di sopra e di sotto a questo equatore, daranno origine a due linee di strutture diverse. Ciò vuol dire che quando l’ovocita fecondato andrà incontro alla prima divisione dando origine alle prime due cellule dell’embrione, in quel preciso momento una delle due cellule si orienterà a diventare embrione e l’altra a formare la placenta con le sue membrane, i cosiddetti annessi embrionali.

Queste osservazioni sono state riportate da Helen Pearson nel 2002 sulla rivista “Nature” con il titolo Your destiny, from day one (Il tuo destino, sin dal primo giorno). La Pearson riporta una serie di dati della letteratura che dimostrano come tutte le cellule che si formeranno dopo la prima divisione seguiranno un percorso predefinito e programmato dalla configurazione equatoriale determinata subito dopo il concepimento.

Ma la più importante delle considerazioni è che i dati scientifici riportati della Pearson aggiungono un ulteriore tassello che rafforza il concetto dell’identità biologica dell’embrione in questa fase così precoce del suo sviluppo. L’embrione in questa fase è costituito soltanto da un piccolo gruppo di cellule, non ancora riconoscibili o identificabili nel loro itinerario formativo, tuttavia fin da questo momento ogni sua cellula è orientata a diventare una precisa ed esclusiva parte del suo organismo in via di formazione.

L’articolo della Pearson si conclude con questa affermazione: “Ciò che è chiaro è che i biologi dello sviluppo non considerano più gli embrioni precoci di mammiferi come informi mucchi di cellule.”

Questa affermazione è la risposta alla nostra domanda.

Procederò con il terzo punto cercando di rispondere alla domanda: L’embrione prima dell’impianto è già essere umano?

Dal momento della fecondazione fino al suo impianto, l’embrione inizia un “dialogo” continuo con la madre. Ha 5 o 6 giorni di tempo per trasmettere alla madre i segnali della sua presenza. Se non riesce a farlo in tempo, si attiveranno i processi di involuzione del corpo luteo, che culmineranno con la desquamazione della decìdua e con la comparsa del flusso mestruale: quindi la fine del programma di vita dell’embrione e della sua sopravvivenza. In quei 5 o 6 giorni, pertanto, si gioca tutto il destino, la sopravvivenza e il futuro dell’embrione.

In questa fase del preimpianto l’embrione non solo non è un ammasso di cellule, come abbiamo già visto, ma, come è stato dimostrato, non si trova in balia delle contrazioni tubariche in attesa dell’impianto.

In un editoriale del “British Medical Journal” pubblicato nel novembre del 2000, Horne, White e Lalani, dell’Imperial College School of Medicine di Londra, analizzando i dati della letteratura, e in particolare i meccanismi della recettività endometriale nei confronti dell’embrione, descrivono l’embrione umano come un “attivo e non passivo orchestratore del suo impianto e del suo futuro”: l’espressione spazio-temporale delle proteine da lui stesso prodotte assumerebbe un ruolo quanto mai critico nel condizionare e nel preparare l’endometrio alla sua accoglienza. Gli strumenti della comunicazione sono costituiti dalle innumerevoli proteine elaborate dall’embrione e diffuse nell’ambiente materno e nello stesso tempo sono le sostanze prodotte dalle cellule materne che facilitano il transito ed inducono la produzione di quelle fetali. Il sincronismo con cui avvengono questi scambi è assolutamente perfetto. Infatti, le mucine tubariche, ma soprattutto quelle endometriali, sono modulate da segnali in partenza dallo stesso embrione, che prepara nell’endometrio la sede del suo impianto. Quindi, durante il suo viaggio attraverso la tuba, l’embrione, divenuto blastocisti, ha già sviluppato, attraverso l’intervento dei suoi geni, la capacità di interagire con i tessuti materni con modalità e meccanismi molto complessi, ancora in parte da approfondire, ma soprattutto diversi da quelli di altre specie di mammiferi (P. Quinn, R. Margalit, J Assist Reprod Gen. Vol. 13. No. I. 1996).

Il linguaggio che l’embrione deve adottare per la sua sopravvivenza deve essere chiaro e ben comprensibile e interpretabile dalla madre: l’embrione deve produrre e diffondere intorno a sé tutte quelle sostanze – come citochine, proteine, ormoni, fattori di crescita – che nella madre trovano i recettori pronti a captare e analizzare questi segnali ed elaborare le risposte e i provvedimenti adeguati alle richieste che l’embrione ha formulato. Insomma, entrambi devono produrre e scambiare un fitto epistolario e l’embrione deve “parlare la stessa lingua della madre”.

L’embrione dovrà attivare tutte le sue risorse di esperto comunicatore per transitare indenne fino alla nicchia della sua accoglienza. La sua è una lotta contro il tempo, dato che un anticipo o un ritardo nell’ingresso in cavità uterina si risolve, alla fine, in un fallimento delle sue aspettative di vita.

Le caratteristiche umane dell’embrione, che si relaziona e interagisce così all’unisono con l’altro essere umano (la madre), sono già in questo suo quarto-quinto giorno di vita ben definite e inequivocabili. Inoltre, questa serie di messaggi è determinante ai fini del suo insediamento e dell’impianto in utero e quindi della sua coabitazione nella prima casa, dato che l’embrione sceglie, individua e si assesta nella nicchia della sua accoglienza nell’endometrio-decidua materni. Quello che avviene è di un’eleganza e bellezza stupefacenti: L’embrione (blastocisti) si appoggia all’endometrio, accostandosi a una zona specifica, “rotolando” su molecole di mucina. Mentre rotola si ricopre di una proteina, la L-selectina, che consentirà la sua adesione all’endometrio che a sua volta ha prodotto molecole di oligosaccaridi capaci di legarsi alla L-selectina. Dopo l’aggancio avverrà l’impianto. Subito dopo l’impianto, l’embrione comincerà ad organizzare la sua residenza per le successive settimane di vita endouterina, preparando e strutturando anche la sua placenta, che sarà lo scudo protettivo, la riserva alimentare, l’organo respiratorio, il produttore di ormoni e il personal computer con cui saprà e potrà comunicare sempre meglio con l’organismo materno.

Un fatto sorprendente, ma anche sconvolgente, è che queste ricerche sul dialogo embrione-madre hanno avuto inizio da una scoperta di circa 30 anni fa, quando alcuni ricercatori che studiavano le tecniche di cultura in vitro degli embrione da utilizzare per la procreazione assistita, si accorsero che per ottenere i migliori risultati, bisognava arricchire il mezzo di cultura con cellule di vari segmenti delle vie genitali femminili, estratti dalla mucosa tubarica e dall’endometrio. Oggi, in base alle attuali evidenze scientifiche, possiamo affermare che l’embrione ha bisogno, anche al di fuori del suo ambiente naturale nelle fredde pareti della provetta, di sentire il “calore materno”, dandogli la sensazione e la consapevolezza di sentirsi a casa propria.

Queste evidenze scientifiche non lasciano alcun dubbio: l’embrione prima dell’impianto è una persona umana e merita il titolo di figlio.

Come scrive Giuseppe Noia, nella prefazione del bellissimo libro di Angelo Serra “L’uomo-embrione”, il nostro tempo è un grande Ponzio Pilato, che dice alla storia dell’umanità:

“Ecce Homo”,

indicando l’embrione schernito, coronato dalle spine della superficialità, avvolto dal mantello dell’ipocrisia, che riceve gli sputi della noncuranza e viene flagellato dai cultori della tecnologia che curando uccide, crocifisso dall’indifferenza umana.

E se ne lava ancora le mani!

Tuttavia, le parole “Ecce Homo” accanto all’immagine dello zigote, proclamano certamente una verità scientifica e devono darci la forza e il coraggio di proseguire il nostro servizio alla vita.

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