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Non è affatto facile parlare della prevenzione della chiusura autistica.
Vi è come un pressante bisogno di far dipendere questa patologia da ipotetiche e non dimostrate cause genetiche od organiche oppure da eventi occasionali prenatali e postnatali, per cui si si continua a parlare di neuro-diversità e neuro-atipicità.
Questo bisogno sociale non riguarda soltanto l’autismo, ma anche molte altre problematiche psicologiche dei minori. Pertanto, se un bambino manifesta la sua sofferenza mediante comportamenti impulsivi, irrequietezza fisica, difficoltà a prestare sufficiente attenzione sui compiti assegnati, gli si dà una sigla ADHD e lo si fa rientrare nei disturbi del neuro sviluppo.
Per soddisfare questo bisogno di difendersi dalle possibili cause legate all’ambiente psicologico poco idoneo, nel quale vive il bambino, va bene tutto: le alterazioni genetiche, l’inquinamento atmosferico, la mancanza di vitamine nella dieta materna, la prematurità, le infezioni virali, e così via. Quando non è possibile fare ciò, è facile leggere di cause multifattoriali, di solito non specificate, oppure semplicemente di cause attualmente sconosciute.
L’accusa!
L’accusa, ripetuta come un mantra nei confronti di chi mette in risalto l’importanza che hanno i vissuti stressanti o traumatici presenti nell’ambiente di vita di un bambino molto piccolo, è di voler colpevolizzare le madri, i genitori o le famiglie. Pertanto, la possibilità che un bambino si possa chiudere in sé stesso, poiché l’ambiente di vita, anche solo per un certo periodo e senza una specifica responsabilità genitoriale e familiare, non è stato adatto ai suoi bisogni affettivo-relazionali e al suo sviluppo, è sistematicamente omessa o è relegata come una delle tante possibili cause accessorie.
I motivi di questa scelta
I motivi di questa scelta così poco scientifica sono tanti e sono nettamente legati alle varie ideologie affermatesi nella seconda metà del novecento, come il femminismo, l’estremo liberalismo in campo sentimentale e sessuale, nonché la sempre maggiore ingerenza, sul piano individuale, familiare, politico e sociale dei tanti interessi legati al mondo dell’economia e della finanza.

Le difficoltà nell’ambito familiare
Certamente è comprensibile che da parte dei genitori e dei familiari vi siano delle difficoltà ad accogliere le cause legate all’ambiente di vita del bambino.
Accettare queste cause significherebbe accettare che il rapporto con i propri figli, almeno per un certo periodo di tempo, non è stato tra i più felici, giacché a questi piccoli è stato fatto mancare, anche senza volerlo, qualcosa di cui avevano assolutamente bisogno, affinché la loro personalità potesse svilupparsi in modo pieno ed adeguato.
Inoltre, per dei genitori e familiari è molto difficile accogliere le cause psicologiche legate all’ambiente di vita del bambino, poiché ciò potrebbe significare non essere stati sufficientemente attenti nell’interpretare in modo corretto i primi segnali di sofferenza del bambino, ponendovi rapidamente rimedio.
Sempre per dei genitori e familiari, accettare quest’approccio significa doversi impegnare nel modificare profondamente in senso positivo l’ambiente di vita poco idoneo. Ad esempio, significa dover affrontare e risolvere con decisione e impegno i possibili conflitti coniugali o sentimentali, oppure relazionarsi con il figlio per un tempo molto maggiore e, soprattutto, molto meglio di quanto non sia stato fatto in precedenza, riuscendo ad ascoltare e soddisfare i bisogni del piccolo con la necessaria affettuosità, dolcezza e disponibilità interiore.
Accogliere quest’orientamento può significare, inoltre, doversi impegnare ad affrontare e modificare in meglio, se non tutte, buona parte delle proprie problematiche psicologiche, se si pensa che queste possano influire negativamente sull’educazione e sulla relazione con il proprio bambino.[1]

Le difficoltà dell’ambiente politico e sociale
Per quanto riguarda l’ambiente politico e sociale, accettare che buona parte delle cause dell’autismo nascano dal non essere riusciti a dare a ogni piccolo essere umano che viene al mondo le condizioni affettivo-relazionali idonee al suo sano sviluppo psicologico, significa ammettere che la società, nel suo complesso, ha fallito il suo compito principale. Ad esempio, non è riuscita a formare delle famiglie funzionali, nelle quali la collaborazione e l’intesa reciproca, il dialogo e l’ascolto, fossero state in grado di creare, attorno a ogni piccolo essere umano che viene al mondo, quel nido caldo, sicuro, accogliente e sereno, indispensabile per una serena, normale crescita. Famiglie in grado di privilegiare le funzioni educative e formative, piuttosto che le necessità individuali e gli impegni lavorativi e professionali.
Per i politici e gli amministratori, impegnati a vari livelli, è difficile ammettere che la società da loro gestita e governata per tanti anni, non è riuscita ad eliminare nella vita di molte famiglie numerose situazioni stressanti e traumatiche. Ad esempio, non è riuscita a evitare che uomini e donne siano costretti a correre da un posto all’altro, da un’occupazione all’altra, da un impegno all’altro, a volte nel cuore della notte e durante le festività più care alle famiglie, pur di avere il necessario per vivere dignitosamente. Né questa società è riuscita a fronteggiare e porre un freno a tutte le false necessità che sono state indotte, se non proprio dettate, dal mondo economico e industriale, utilizzando l’attuale consumismo imperante.
Accettare questa tesi rende, inoltre, evidenti tutte le carenze di una società che non riesce a creare delle condizioni tali da permettere ai genitori di avere sufficiente tempo, pazienza, serenità e disponibilità nell’ascoltare, dialogare e giocare con i propri figli, così da garantire a ogni bambino che viene al mondo, almeno fino ai tre-quattro anni, la vicinanza fisica ed emotiva di almeno uno dei genitori.
Altrettanto importante ci sembra anche il tema della preparazione al compito specifico di padre e madre. Accettare l’importanza dell’ambiente affettivo-relazionale per il sano sviluppo di un essere umano, significa che la società nel suo complesso non è riuscita a formare e preparare uomini e donne che possiedano le qualità necessarie per affrontare, nel modo più opportuno, il difficile e delicato compito materno e paterno. Per cui, l’ambiente politico e sociale non ha aiutato i genitori, e soprattutto le madri, che sono le figure più importanti nella crescita affettivo-relazionale dei piccoli esseri umani, a far maturare e sviluppare quelle attitudini che sono indispensabili per dare risposte efficaci e corrette ai loro piccoli, specie nei primi anni di vita. Periodo questo notevolmente delicato e fondamentale al fine di una normale crescita psicologica.
Infine, l’approccio ambientale ai problemi dell’autismo, e anche dei tanti altri disturbi psicologici, in questo periodo storico, è contrastato, se non chiaramente rifiutato, poiché questa società, che mette in primo piano il profitto, il consumo e una spietata concorrenza, ha bisogno d’individui efficienti e tesi allo spasimo nel produrre e consumare, piuttosto che persone che abbiano tempo e disponibilità nella cura, nel dialogo e nell’attenzione nei confronti dei loro piccoli.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato “Prevenire la chiusura autistica”.
Per scaricare gratuitamente questo libro clicca qui.
[1] Tribulato E., (2020), Bambini da liberare- Una sfida all’autismo, Messina, Ed. Centro Studi Logos.