Fede e famiglia, fede in famiglia

Fede e famiglia, fede in famiglia

 

 

Autrice: Anna Orlandi Pincella

 

Marc Chagall

La mamma è tutta mia!”

Quando le mie figlie erano piccole bisticciavano – per scherzo, ma anche un po’ sul serio – per avere la piena proprietà della mamma. E al mio “sono di tutte e due” preferivano il “metà per uno.” Poi, crescendo, hanno compreso che nessuno appartiene a un altro perché si appartiene soltanto al Signore.

Infatti anche e soprattutto in famiglia si può facilmente constatare come la fede non sminuisca la nostra umanità, ma la potenzi e la protegga dal pericolo di rapporti non corretti. La vita di famiglia è anzitutto rapporto, rapporto di persone, ciascuna delle quali “appartenente” in esclusiva a Dio: a Lui, a Lui solo, in Gesù Cristo: “totus tuus”. Il resto viene in subordine come naturale conseguenza.

 

Amori sbagliati

è l’oggettività di questa appartenenza che ci preserva dalla nostra soggettiva tentazione del possesso, che facilmente può degenerare in sopraffazione: a volte, per un malinteso eccesso di amore, siamo tentati di considerare l’altro (il coniuge o più spesso i figli) come nostra proprietà, con due funeste conseguenze: la volontà che siano – o diventino – conformi ai nostri progetti e la rivendicazione del ‘diritto’ di essere amati più di ogni altra cosa.

Nel primo caso abbiamo dolorosi esempi di uomini che vogliono possedere le proprie donne e /o che si credono padri-padroni, in diritto di disporre del proprio figlio come ritengono più opportuno come se fosse una cosa propria. Educarlo per loro significa farlo diventare come si sarebbe voluto che fosse; non lo si accetta né lo si ama per quello che è. Nel secondo caso il pericolo è più subdolo ma non meno devastante in quanto è un vero e proprio ricatto affettivo: “Se mi vuoi bene devi …”. Come se il far contento il genitore (o il coniuge) dovesse essere il criterio dell’agire del figlio (o dell’altro coniuge). Si pretende che il criterio delle scelte non sia la valutazione di “giusto o sbagliato” ma sia l’indice di gradimento o di sofferenza dell’altro.

 

La libertà dei figli di Dio

Se siamo ben convinti che ciascun componente della famiglia appartiene al Signore, che il suo rapporto con Dio è primario, personale, intimo, segreto e inviolabile e che nel comportarci come SUOI FIGLI sta il criterio del nostro agire, tutti in famiglia godremo di una grande libertà e di un grande reciproco rispetto. Se il primato è l’essere tutti in ugual misura figli di Dio, anche nella famiglia il nostro essere fratelli con pari dignità precede l’essere coniugi o genitori o figli: i ruoli sono ridimensionati a modalità di servizio perché sia fatta la Sua volontà di amore e di gioia.

L’appartenenza al Signore non è contro la libertà della persona: al contrario, ne è la condizione e il fondamento, anche in famiglia. La presenza di Dio in famiglia diventa allora comune punto di riferimento, alimento e forza per tutti e per ciascuno.

Il rapporto con Dio non è un rapporto accanto agli altri, sia pure il primo e il più importante. Se il primo comandamento è “amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”occorre amarlo con cuore indiviso, qualunque sia la nostra vocazione. Ma l’amore per il Signore non esclude l’amore umano. Al contrario, ne è la radice e la sorgente; è il fondamento e il principio unificante dei nostri molti amori: sponsale, genitoriale, filiale, fraterno, amicale…: comune punto di riferimento, come un faro che fa luce in molte direzioni perché tutte le imbarcazioni giungano al porto.

In particolare, nella famiglia è alimento e forza, per la forza del sacramento del matrimonio.

A volte mi sembra che ci dimentichiamo che il matrimonio è un sacramento che non solo ci impegna alla testimonianza profetica dell’amore tra Dio e il suo popolo, ma che – come tutti i sacramenti – è segno efficace della grazia, cioè dell’amore di Dio per noi. È nella grazia sacramentale del matrimonio che sta in baricentro della nostra soggettività, che ci fa restare in equilibrio quando la nostra dimensione emotiva è più un ostacolo che una risorsa. È l’oggettività dell’amore di Dio per noi che alimenta e sostiene il nostro matrimonio nel rapporto sponsale e in quello genitoriale.

 

La preghiera per la famiglia

Non c’è coniuge cristiano che non preghi per il proprio partner, come non c’è genitore che non preghi per i figli: per la pace in famiglia, per la salute, per il lavoro. Preghiera di ringraziamento, ma più spesso di domanda: e non sempre la domanda è che tutto avvenga secondo il progetto del Signore. A volte preghiamo perché sia fatta la nostra volontà, perché si realizzino i nostri sogni e le nostre aspettative, come se fossimo noi a spiegare al Signore qual è il bene nostro e dei nostri figli. E se il Signore non ci esaudisce, ci restiamo male. Ma a volte capita che si apra una strada imprevista, molto migliore di quella che noi avevamo chiesto, come accade quando da un male il Signore sa trarre un grande bene…

Anche in famiglia, fede significa fiducia e speranza.

Anna Orlandi Pincella

 

 

 

 

 

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