UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
CONFERENZA NAZIONALE DELLA FAMIGLIA
Milano 8 – 10 Novembre 2010
Famiglia, accoglienza della vita servizi consultoriali.
PAROLE CHIAVI:
FAMIGLIA,PERSONA,SOCIETà,DIALOGO,CONSULTORIO,CONVIVENZA,SEPARAZIONE,DIALOGO,CONSULENZA FAMILIARE,
“Esperienze di supporto alla famiglia e accoglienza alla vita
Gabriela Moschioni
Suppongo che si possa già non essere d’accordo sul titolo : “famiglia” al singolare, ma quale famiglia ?
La famiglia dell’articolo 29 della costituzione
“società naturale basata sul matrimonio”
e allora, quale matrimonio?
La famiglia secondo il DPR 223 del 1989 Regolamento anagrafico della popolazione che recita
al numero 1)
“Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincolo di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”
e al numero 2
“una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona”
Secondo il dossier statistico della conferenza nazionale della famiglia a Firenze nel maggio del 2007 le famiglie stanno diventando sempre più piccole, crescono le famiglie di persone sole che erano nel 2007 – 5.900.000 (il 26.1% delle 22.907.000 famiglie ed oggi probabilmente superano i 6 milioni di unità
La citazione di queste norme non vuole essere una provocazione, ma un invito a non banalizzare o strumentalizzare ancora una volta la famiglia che ha tutto il diritto di essere capita e valorizzata anche nella complessità del nostro mondo di oggi
Dal mio punto di vista di operatore di consultorio, che in 35 anni di lavoro si è relazionato con centinaia di persone con problemi familiari, l’attenzione è centrata soprattutto sulla persona nella sua realtà familiare .
la PERSONA,
nel suo contesto culturale,
col suo “vissuto” di famiglia” o le sue fantasie sul concetto di famiglia
nella sua realtà e con la sua sofferenza
con le sue risorse personali e relazionali
Desidero offrire una visione della famiglia dall’interno, sento forte il desiderio di dare voce alle piccole tantissime persone che ho incontrato in questo lungo cammino professionale per dare uno spaccato – magari apparentemente naif – della realtà e delle difficoltà delle persone che fanno famiglia oggi
Progressivamente si è andati prima ad impoverire, poi, pian piano a svuotare il legame intergenerazionale e di solidarietà familiare
Non rimpiango la vecchia corte rurale, i cortili assolati del sud o le ringhiere milanesi, ma vedo che niente ha rimpiazzato la trasmissione della tradizione, il contenimento, la capienza, magari talvolta anche l’omertà, soprattutto il comune “buon senso” che però tutelava i singoli e soprattutto le donne nell’affrontare i grandi sentimenti, emozioni, drammi e gioie connessi con i grandi eventi della vita.
Il contesto familiare infatti è il luogo degli affetti, dell’amore e della cura, ma è anche il luogo dove l’aggressività esprime le sue forme più violente perché sono in gioco i sentimenti più forti e le tensioni emotive più sguarnite.
Senza voler riprendere quello che i media ci stanno ossessivamente riproponendo in questi giorni è esperienza comune a chi si occupa di famiglia venire in contatto con moltissime storie di molestie o violenze nell’ambito della famiglia.
Non credo che la società in questi giorni si stia ponendo in modo educativo, non contiene, ma amplifica, non spiega, ma stuzzica le curiosità più di basso livello.
Io vivo in un territorio di confine, di frontiera; il problema di una iniziazione sessuale coatta si pone anche per i giovani maschi che lavorano nei contesti alberghieri in Italia e all’estero
La famiglia ha bisogno di essere aiutata, ha bisogno di attenzione e di cura e il consultorio può prevenire lo scatenarsi di grandi tragedie attraverso
l’ascolto
il sostegno
l’utilizzo delle risorse delle persone
Comunque il target del consultorio, essendo servizio di primo livello, è la normalità cioè l’assenza di patologie specifiche.
Al massimo il consultorio si pone in rete, aiuto e collaborazione coi servizi del territorio su richieste specifiche per le coppie che, oltre ad altri tipi di disagio, hanno anche bisogno di aiuto nelle dinamiche relazionali familiari.
Rispetto alle situazioni che si presentavano negli anni 75 – 80 in cui fervevano l’insofferenza, la contestazione, la rivendicazione di ruoli nuovi e diversi, laddove le coppie si spaccavano e facevano clamorose separazioni; oggi è quasi trasversale la percezione della fragilità personale e della labilità affettiva.
I giovani oggi faticano a fare delle scelte irreversibili.
Anche la legislazione li sostiene: si può sempre tornare indietro,
da un matrimonio che ti va stretto,
da una gravidanza che ti casca addosso.
Abbiamo parlato loro di sesso e di salute.
Abbiamo insegnato loro la contraccezione e la difesa dalle malattie a trasmissione sessuale.
Ma le giovani coppie fanno poco sesso
Faticano ad integrare sessualità, affettività,intelligenza e ragione.
Sono scoperti a strattonati da tensioni diverse: il lavoro, la carriera, il non lavoro, la precarietà, la cassa integrazione, la mobilità, la casa, il futuro,
ma il presente ?
Nessuno ha trasmesso loro l’esperienza che la stessa persona può essere il compagno di gioco nel fare l’amore e la persona che è capace di discutere con te del tuo lavoro, dei tuoi sogni, delle tue piccolezze, ma anche delle tue grandezze e aspirazioni ?
I genitori della mia generazione non hanno voluto trasmettere i loro valori perché anche loro incerti e spaesati.
Non hanno abdicato, ma hanno preferito, in nome della libertà, crescendoli nel benessere, lasciare aperte tutte le possibilità di scelta.
Forse non abbiamo detto loro che però si deve imparare a scegliere, che si deve imparare ad amare.
La nostra generazione ha fatto tutto: la guerra, il dopo guerra, la ricostruzione, il boom economico e la crisi, la globalizzazione e la critica alla globalizzazione
I nostri figli che , per lavoro o per vacanza si spostano da un continente all’altro con facilità e sicurezza, che parlano diverse lingue, che hanno una scolarizzazione molto elevata, sono estremamente scoperti dal punto di vista della sicurezza personale e dell’assertività affettiva.
Scelgono di convivere, sempre meno per scelta ideologica, sempre più per tiepidità di approccio o mancanza di entusiasmo.
Quasi sempre la convivenza si impone dopo lunghi anni di fidanzamento o di “stare insieme”
Potrebbe anche trattarsi di insofferenza al legame o alla istituzione del matrimonio ormai ritenuta superata e senza significato.
Però le coppie si affrettano a sposarsi quando all’orizzonte si profila l’eventualità voluta o capitata di un figlio.
Il figlio diventa poi il fulcro e il volano della relazione.
Stiamo assistendo al fenomeno “bambino centro dell’universo familiare”
Campeggia a gambe allargate nel letto dei genitori fino alla tarda infanzia.
La comunicazione della coppia si svolge su tre canali : bambino, mamma, papà in modo orizzontale.
L’affetto, le coccole, il linguaggio si adeguano alle modalità infantili.
I problemi nascono quando il piccolo da adorabile oggetto di cura diventa un brufoloso, disordinato adolescente
I problemi nascono anche perché all’esterno della famiglia la vita la fuori continua.
Ambedue i partner lavorano e, nella vita professionale, nello sport e nel tempo libero, ognuno di loro agisce relazioni sociali che afferiscono alla loro parte esterna, più adulta più razionale, più estroversa.
In questo contesto il tradimento è facile perché all’interno della coppia la relazione non è completa, elaborata, discussa e rinnovata.
Allora la sessualità con un partner diverso diventa intrigante, non ripetitiva, non oberata dalle piccole irritazioni quotidiane.
Inevitabilmente la moglie o il marito sfumano, annoiano, diventano il nemico che impedisce libertà e gratificazione
E i poveri ex coccolati bambini ne fanno le spese
- in pochissimi casi ho visto bambini indifferenti verso la separazione dei genitori anche se adesso sono tanti e non hanno più il problema di essere diversi dai compagni
- qualche volta il minore caldeggia la separazione in difesa di una madre che vede sofferente o maltrattata, ma non è difficile immaginare il fardello psicologico ed emotivo che grava sulle spalle del bambino , fardello diverso, ma sempre pesante sia nel caso sia maschio o femmina.
- in generale tutti i bambini sognano che i genitori ritornino insieme e che non debbano essere costretti a scegliere chi amare di più.
Il consultorio deve prestare attenzione a queste nuove emergenze se non vogliono crearsi clienti per il futuro.
Dobbiamo renderci conto dell’enorme violenza a cui i bambini sono sottoposti.
I servizi hanno già recepito queste difficoltà, si adoperano coi loro mezzi e con le loro categorie e modalità di intervento a tutelare il minore.
E allora i servizi della neuropsichiatria infantile, la tutela minori, la mediazione familiare, e nei casi estremi la psicoterapia per entrambi i genitori.
Tutte offerte di pregio e professionalmente qualificate, ma il cui risultano resta vano e settoriale se non c’è qualcuno che si prende carico della famiglia, delle sue ferite e della sua sofferenza in quanto tale.
C’è anche una sofferenza che non balza all’occhio perché è nascosta nella parte più segreta del cuore di ciascuno : che è il “senso”, la “fantasia” e il “vissuto ideale” che è dentro di noi e col quale inconsciamente continuiamo a rapportarci e che provoca malessere, sensi di colpa, disagio ed insicurezza
Il consultorio deve essere in grado di accogliere questo non espresso bisogno di aiuto, perché la sofferenza confusa e silenziosa, quando diventa anche quantitativamente rilevante provoca un diffuso e pericoloso malessere sociale.
Non tutta la popolazione che si rivolge al consultorio ha problemi così sofisticati: problemi in parte dovuti anche alla cosiddetta civiltà del benessere ed avanzata.
Le sale d’attesa dei consultori si sono colorate di persone, soprattutto donne, ma anche uomini che provengono da tutti i continenti.
Questa popolazione ci porta il mondo in casa.
Non il mondo che conosciamo superficialmente da un aeroporto all’altro quando siamo stanchi e concentrati su una vacanza o su un congresso.
E’ un mondo fatto di terra e di difficoltà, di storie che conosciamo perché distrattamente le sentiamo in televisione come tristi viaggi della speranza.
Ma oggi sono qui, nella stanza accanto, in fila, e di file se ne intendono, che aspettano di parlare con me.
E che cosa vogliono dalla mia vita così culturalmente, ordinatamente, borghesemente europea?
So che dovrò
parlare adagio,
cercare di capire quello che dicono e quello che non vogliono dire,
dovrò continuamente sostituire le parole,
dovrò trovare i vocaboli più semplici,
dovrò con gli occhi e con le mani farmi accogliere,
e, riconoscendo dentro di me la mia imperdonabile inadeguatezza, dovrò riuscire a stabilire un contatto da uomo a uomo , da persona a persona.
Negli anni 90, quando ero giovane direttore di consultorio, in previsione del forte flusso immigratorio, avevo stimolato ricerche e studi su quella che chiamavo la consulenza del 2000.
Un giovane medico di colore mi h aperto gli occhi “la famiglia africana ? , ti posso al massimo parlare della famiglia congolese, ma mi sento solo di parlare della mia etnia e della mia tribù”
Di fatto nel 2010 abbiamo il mondo nei nostri consultori. Il mondo che alla lunga ci arricchirà, ma solo se sapremo rapportarci, lasciando da parte le nostre sovrastrutture tardo europee, in modo personale e umano.
Non siamo affatto sicuri che Freud, il nostro maestro, ci possa aiutare, ma i sentimenti come la maternità, il bisogno di amore e la solidarietà sono universali
I problemi anziché sfumarsi si accentuano quando la coppia è mista: Quasi sempre maschio italiano e femmina extracomunitaria.
Evidentemente molti maschi italiani, un po’ spaventati da una femminilità che temono aggressiva, cercano di trovare nelle donne del sud del mondo una relazione affettiva e sessuale più facile e gratificante.
Lo scontro fra culture diverse difficilmente si presenta come tale, ma la relazione si instaura su talmente tanti “non detto” – “non espresso”, molto spesso soprattutto “non voluto dire” che il lavoro con la coppia diventa veramente difficile.
Molte sono le donne straniere sposate o conviventi con partner italiano che hanno lasciato nel sud del mondo i loro bambini affidati alle nonne.
Lavorano in condizioni precarie e si sobbarcano il nuovo ménage europeo cercando di risparmiare tutto quello che possono per mantenere i loro figli al paese d’origine.
Risparmiamo anche i soldi dei voli rinunciando, a volte per anni, a vedere i loro bambini privilegiando la sussistenza materiale.
Penso a quei tanti bambini sudamericani. Un po’ mi consolo perché ho letto e studiato che nel sud del mondo i bambini sono accuditi ed allevati dall’intero villaggio. Gli abitanti di quei paesi considerano una responsabilità collettiva la cura dei bambini.
Penso anche ai bambini non nati in Italia.
Osservo, prima con sollievo, poi colpita da agghiacciante dubbio, che nelle nostre città, non si vedono quasi pochi bambini affetti dalla sindrome di down.
Purtroppo i consultori del privato sociale sono stati tagliati fuori dai percorsi che precedono l’interruzione volontaria della gravidanza.
Le cose stanno però cambiando : i legislatori, i funzionari, e gli operatori di quasi tutta Italia stanno riflettendo cercando sinergie e collaborazione.
I tempi stretti, i controlli incalzanti delle ASL, il fatto che i consultori privati di ispirazione cristiana non rilasciano “la attestazione” , la paura, forse di trovare operatori ideologizzati fanno sì che la donna acceda quasi sempre direttamente alla struttura ospedaliera.
A noi resta però quasi tutto il lavoro connesso con l’elaborazione successiva all’aborto già fatto.
La domanda emerge in modo talvolta diretto, talvolta indiretto nel corso della consulenza alla coppia o al singolo che portano una sofferenza familiare.
Evidentemente i percorsi sono diversi :
Nel primo caso la persona ha bisogno di parlare, di piangere, di esprimersi sul quel fatto specifico.
Ha bisogno di trovare un operatore che abbia tempo, libertà interiore, capacità di accoglienza, capacità di aiutare la persona con le sue risorse ad investire nella vita, nella propria vita.
Diverso il percorso quando l’i,v,g, emerge dalla storia della coppia, talvolta come fatto irrilevante e solo parte del racconto.
L’attenzione dell’operatore dovrà tenere presente la situazione, ma, con il massimo equilibrio, dovrà restare a disposizione della coppia e dei due singoli per capire, senza forzature e sempre che sia un bisogno delle persone e non dell’operatore, quali penalizzazioni e dolore “il fatto” possa aver influito nelle difficoltà relazioni e personali.
Può il consultorio affrontare queste piccole, grandi, talvolta devastanti problematiche ?
Se ci guardiamo intorno , attenti a non essere annullati o gasati dal delirio di onnipotenza, ci rendiamo conto che il consultorio è e dovrà sempre più diventare il punto di riferimento della famiglia.
Famiglia che si presenta così come è nella sua realtà, comunque si sia costituita.
Tutti gli operatori del consultorio dovranno formarsi – oltre che nelle loro discipline specifiche – anche a modalità di approccio personale e interdisciplinare in atteggiamento di collaborazione e disponibilità cordialmente espressa.
La famiglia non è un generico paziente
In modo particolare il gruppo di lavoro consultoriale dovrà esprimere operatori di riferimento per la cura più a lungo termine.
Abbiamo bisogno di operatori in grado di affrontare le persone e le coppie per percorrere con loro un pezzo della loro vita.
Dal lontano 29 luglio 1975 (legge 405) ad oggi abbiamo tutti camminato molto, forse adesso è arrivato il momento per gli operatori di avere cura di sé, della propria serenità, del proprio benessere personale e professionale dai quali dipendono la salute mentale, affettiva e relazionale delle persone che a noi si rivolgono.
Dobbiamo avere il coraggio, se non lo abbiamo ancora fatto, di intraprendere un serio cammino personale per
Ø liberarci dai nostri vissuti negativi,
Ø prendere debita distanza dai nostri imperativi morali,
Ø conoscere e valutare le nostre difese
Ø attuare un giusto equilibrio nell’utilizzo della teoria e della pratica delle diverse scuole psicologiche
Alla persona non dobbiamo offrire un’analisi psicologica, ma dobbiamo offrire la nostra capacità di metterci in relazione (Rogers ; l’amore non guarisce, la relazione sì)
La capacità di ascolto significa, dopo aver con affetto ascoltato se stesso, mettersi in vera comunicazione con le persone :
- ascoltando empaticamente ciò che provano
- aiutandole a percepire ed esprimere la loro verità anche se è diversa dalla nostra
- aiutandole a scegliere gli atteggiamenti e i comportamenti coerenti con il soddisfacimento dei loro bisogni e delle loro aspirazioni più profonde
con pazienza, rispettando i loro tempi, non sostituendosi all’altro, ma aiutandolo a trovare, dentro di sé, le sue risorse per essere protagonista della propria vita, del proprio benessere e anche della propria felicità
seguendo le persone sulla strada che le porta alla loro verità,
dove potranno concedersi fiducia rispetto e amore di sé (A.Miller)
Concludo ricordando che il primo Consultorio familiare è nato proprio qui a Milano nel 1948. L’Istituto la Casa fondato da Don Paolo Liggeri
PAROLE CHIAVI:
FAMIGLIA,PERSONA,SOCIETà,DIALOGO,CONSULTORIO,CONVIVENZA,SEPARAZIONE,DIALOGO,CONSULENZA FAMILIARE,