Bimbi in provetta: Louise Brown e i suoi fratelli

Bimbi in provetta: Louise Brown e i suoi fratelli

 

 Autore: Armando Savignano

40 anni fa, il 23 luglio 2018, Louise Brown è stata la prima bambina a nascere in provetta. Da allora più di otto milioni di bebè sono nati in tutto il mondo con le tecniche di procreazione assistita. Con la nascita in provetta di L. Brown, le simboliche colonne d’Ercole sono state superate poiché la procreazione umana non è più solo un fatto naturale ma, appunto, anche artificiale, nonostante molti ritengano – a nostro avviso in modo discutibile – che, trattandosi di uso di materiale biochimico, siamo ancora nell’ambito naturale (=biologico), sicché artificiale sarebbe allora sinonimo di innaturale. Non è il luogo per disquisire sulla complessa nozione di ‘naturale’ che invece bisogna assumere nel significato di ‘normativo’, cioè in quanto specifica un atto o comportamento. Considerare la nozione di ‘natura’ in quanto conformità a norme un concetto culturale non implica tuttavia di ritenerla arbitraria.

Pur essendo distinte le valutazioni etiche rispetto alle molteplici forme di fecondazione artificiale (FA), tuttavia esse possono essere ricondotte a dei denominatori comuni sia rispetto alla procreazione extra-corporea che a quella intracorporea. Qui ci occupiamo essenzialmente della Fivet che riteniamo esemplare specie per i risvolti bioetici.

L’elemento specifico della Fivet (e della FA) è che la procreazione può essere conseguita grazie alla tecnologia che agisce sul materiale genetico senza l’apporto essenziale della relazione sessuale. Essa diviene, pertanto, superflua per sottacere del ruolo affatto secondario della genitorialità specie per quanto concerne il padre, mentre quello della maternità è sottoposto a radicali ridimensionamenti e trasformazioni. I protagonisti della procreazione cessano di essere l’intima relazione d’amore tra i genitori ma predomina il desiderio – se non il bisogno – di avere un figlio ad ogni costo e costi quel che costi con l’ausilio determinate del medico, del biologo e della società con le sue dinamiche socio-economiche. Com’è noto, l’etica cattolica ha ribadito che il mezzo tecnico non deve essere sostitutivo dell’atto coniugale. È grazie essenzialmente alle tecniche e all’intervento di queste terze persone che si intromettono in modo determinante nell’intimità della coppia che si attua la FA, che ovviamente implica risvolti etici differenti a seconda se trattasi di fecondazione omologa o eterologa. Quest’ultima invero pone problemi delicati non solo etici ma anche giuridici, specie per quanto concerne la tutela dei più deboli che sono ovviamente proprio i bambini ai quali va assicurata una genitorialità compiuta ed integrale. Sono note le dispute verificatesi in Italia che alla fine ha consentito l’introduzione anche della fecondazione eterologa.

A chi ritenesse poi la condizione di genitori biologici ormai irrilevante e pertanto addirittura da superare si può obiettare che ciò potrebbe giustamente valere per la pratica dell’adozione che può costituire spesso una valida alternativa alla stessa FA, che spesso viene preferita accampando difficoltà in ordine alla stessa adozione.

Ma la questione centrale riguarda l’embrione, dal momento che è essenziale alla Fivet la produzione sopranumeraria perché i risultati attesi possano essere soddisfacenti anche se essi sono giudicati tuttora non esaltanti nella logica utilitarista del rapporto tra costi-benefici. Di qui le domande cruciali sulla sorte degli embrioni, se cioè saranno distrutti, crioconservati o fatti oggetto di esperimenti scientifici. A tal proposito si ripropongono interrogativi cruciali sullo statuto dell’embrione – se sia cioè mero materiale biologico-genetico – e sul soggetto della responsabilità di azioni a sua tutela. Ma mettere al mondo un figlio costituisce solo un bisogno da parte dei genitori o, più propriamente dovrebbe essere considerato un dono di un’altra persona di cui prendersi cura ed amare per se stessa, specie allorché non risponde totalmente ai parametri di buona salute ed efficienza?

A tal proposito è solo il caso di accennare al distorto uso che viene fatto della diagnosi prenatale che spesso sfocia nella pratica abortiva in presenza di diagnosi di sospetta malformazione, mentre dovrebbe avere lo scopo di prevenire e curare possibili malattie.

Armando Savignano

 

 

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