Armonia e Etica

 

 Armonia e etica

     Francesco Lanatà

Relazione presentata al convegno di Rimini del 21-23 Novembre 2014 “Trama e ordito” 

 

Come ormai sapete da molti anni l’UCIPEM organizza in maniera alternata convegni e congressi. I convegni sono ad uso interno. Sono momenti di incontro tra e per gli operatori dei nostri consultori. Con il convegno del 2012 tenutosi a Frosinone abbiamo voluto mettere a fuoco la persona dell’operatore. Anche quest’anno l’operatore rimane al centro dell’attenzione del convegno; solo che questa volta vorremmo avere come obiettivo la sua specificità, il suo senso di appartenenza all’Unione, il significato di appartenere all’UCIPEM in quanto realtà dinamica, chiamata a rispondere a nuove domande in una società sempre più complessa, cosa che si può ottenere senza ovviamente cambiare i principi ispiratori.

 

 

Il titolo del convegno è evocativo di quello di cui parleremo in questi giorni, del contenuto delle relazioni e dei lavori di gruppo.

Se la mia past president Gabriela Moschioni mi ha contagiato: l’amore per l’UCIPEM, il mio past past president Beppe Sivelli mi ha trasmesso un’abitudine: quella di dare inizio alle relazioni con una storia.  

Con questa storia vorrei introdurvi nel tema del clima interno nei e tra i nostri consultori UCIPEM; vorrei introdurvi al tema della ricerca dell’armonia, la stessa armonia che si può apprezzare in un componimento musicale o in un tessuto dove i colori dell’ordito si distribuiscono e si amalgamano nel contesto della trama.  

Per fare questo parleremo di musica e cominceremo con una piccola storia.

È la storia di un professore d’orchestra che suonava il contrabasso. Questo professore una sera, dopo l’esecuzione della Sesta Sinfonia di Beethoven, per la prima volta torna a casa entusiasta, felice fino all’inverosimile. A cena, seduto al tavolo insieme alla moglie e ai figli, vuole raccontare il motivo di tanta gioia: “Sapete?  Oggi è successa una cosa incredibile: una cosa mai successa prima. L’esecuzione della Pastorale è stato qualcosa di sublime. Tutti noi musicisti eravamo una sola cosa col maestro, ma non solo con lui, sembrava che il pubblico intero suonasse con noi e alla fine ha fatto un applauso interminabile. Certo che Beethoven è un grande, non esistono compositori migliori di lui. Ma, sapete? C’è un’altra cosa che mi ha lasciato sbalordito: Ricordate quel pezzo della sinfonia dove io ho quella parte molto importante, quella…” e lì riproduce con la bocca alcune note in maniera lenta e apparentemente irregolare che, a sentirle così isolate, sembravano quasi senza senso. “Che grande che è Beethoven. Voi non potete neanche immaginare che genere di musica ha composto questo grandissimo compositore per accompagnare questo mio pezzo. Pensate: mentre io suono le mie note, tutti gli archi fanno …..” e lì prende a canticchiare a labbra strette un piccolo stralcio di quella che era la vera melodia e che in quel punto viene eseguita dagli archi.

Questa storiella potrebbe suscitare una certa ilarità dovuta a quello che potrebbe sembrare un aspetto un po’ megalomane del professore.

Solo che la storia non finisce qui.

Contemporaneamente, ad alcune centinaia di metri un altro professore della stessa orchestra, racconta con lo stesso stato d’animo, la stessa storia riferita alla partitura del trombone che era il suo strumento.

Fatto è che quella sera, a casa, tutti i professori d’orchestra raccontavano ai loro familiari la stessa storia riferita a loro stessi e tutti tessevano infinite lodi all’autore.

Tutti si sentivano importanti, gratificati, avevano lo stesso stato d’animo.

Tutti, compreso il direttore d’orchestra, erano convinti di essere importanti. Ognuno, insieme agli altri, sapeva di aver fatto qualcosa di molto bello e gradito al pubblico e pertanto, di avere la riconoscenza del pubblico stesso. Tuttavia  nessuno si prendeva il merito del successo. Di tutto questo davano il merito all’autore per il quale nutrivano infinita ammirazione e gratitudine.

Ma era solo dell’autore il merito? Era del maestro? Era del professore di contrabbasso? Di quello delle percussioni? Certamente ognuno aveva fatto la sua parte.

In realtà ogni autore nell’atto del comporre un’opera, attraverso le note, trascrive sul pentagramma sentimenti che vengono poi espressi dall’orchestra e sono destinati a raggiungere il cuore di chi ascolta. Per ottenere ciò il compositore distribuisce le note nella maniera che ritiene più opportuna, nella giusta sequenza, compone il motivo conduttore, la melodia, l’accompagnamento, assegna gli accordi ai vari strumenti, definisce i tempi e l’andamento,  indica i piani e i forti, alcuni orchestrali avranno partiture lunghe e altri brevissime. Ha bisogno però che tutti gli strumenti dell’orchestra svolgano la loro parte in maniera tecnicamente impeccabile e in pieno affiatamento. Sa che ciò che sta componendo e che poi sarà eseguito dovrà attraversare l’orecchio per giungere al cuore. Ogni singola parte dell’opera potrà essere più o meno lunga, potrà essere eseguita da un solo strumento, da più strumenti o da tutta l’orchestra; l’importante è che l’esecuzione sia svolta in maniera tale che i sentimenti che l’autore vi aveva impresso possano essere trasmessi a chi ascolta. Immaginate solo per un attimo se una sola delle poche note suonate dal timpano, come per esempio avviene nel temporale, al quarto movimento della sesta sinfonia, avvenisse fuori tempo; l’intera esecuzione ne risulterebbe danneggiata.

Sinfonia (Sin Phonos) significa suonare insieme, ognuno la sua partitura da eseguire con il proprio strumento. Se tutti i musicisti, avendo compreso il significato dell’opera, concorrono nella maniera più corretta a riprodurre ogni suono, ciò che viene percepito dal pubblico che ascolta, sono i sentimenti comunicati dall’autore, espressi in una armonia di suoni. Cos’è infatti l’armonia se non una concordanza di suoni che ha come effetto la capacità di provocare un vero e proprio senso di compiacimento su chi ascolta? 

“Suonare insieme” per eseguire correttamente una sinfonia significa quindi esprimere quell’armonia che proviene dall’opera musicale e pervade il pubblico che ascolta, gli esecutori e lo stesso direttore d’orchestra. Questo a patto che ogni musicista o ogni corista, prima ancora di compiacersi della musica che proviene dalla sua partitura, dal suo strumento, ascolti le note degli altri. Un vecchio maestro diceva che ognuno di noi ha due orecchi e una sola bocca, affinché la capacità di ascoltare sia superiore alla capacità di farsi sentire. I professori di quella orchestra attribuivano il merito del successo al compositore; in realtà quella sera ognuno di loro aveva semplicemente cominciato ad ascoltare anche le note suonate dagli altri scoprendo così la bellezza dell’opera.

L’armonia non è tuttavia una prerogativa della musica; il suo significato esce da questo ambito per diventare anche accordo di parole, di pensieri, di idee che si scambiano tra più persone. Ciò  che affascina è che anche al di fuori dell’ambiente musicale essa riesce ad avere gli stessi effetti benefici sia sui destinatari dell’atto compiuto in armonia, sia sugli stessi esecutori.

Il “clima interno” o “clima aziendale” o “clima organizzativo” che dir si voglia è un tema di cui oggi spesso si sente parlare nelle aziende comprese quelle sanitarie. Teoricamente dovrebbe trattarsi di un qualcosa mirante a rendere il lavoro più gradevole, più dignitoso e in quanto tale, fonte di soddisfazione e di benessere per ogni persona che svolge l’attività lavorativa e quindi in grado di prevenire lo stress lavoro-correlato. In realtà, dai questionari che vengono elaborati e distribuiti per essere compilati dagli operatori e poi analizzati ai fini della sua valutazione, si percepisce come il cercare di favorire il miglioramento del clima interno spesso miri solamente a rendere il lavoro più produttivo, quando addirittura non si risolve in una semplice raccolta di fogli stampati, utile soltanto  al mantenimento dei requisiti essenziali per l’eventuale accreditamento istituzionale di quell’azienda.

Anche se la parola consultorio richiama le Aziende Sanitarie Locali (ASL) non è così per i nostri consultori. I nostri consultori, anche se devono presentare i loro bilanci, specie se sono convenzionati, non sono aziende né fanno parte di aziende che hanno la necessità di produrre reddito. I nostri consultori sono ONLUS, sono organizzazioni senza scopo di lucro. Il nostro clima interno è e deve essere un clima che viaggia cullato da note armoniche che coinvolgono tutti gli operatori. Chi deve contribuire al mantenimento di questa armonia? L’opera è stata composta dal primo compositore Don Paolo, gli arrangiamenti sono stati dati dai padri fondatori. Sta ora al Direttivo, ai Delegati regionali, ai Direttori e a tutti gli Operatori eseguire la sua sinfonia con i sentimenti espressi dall’autore e fatti propri.

 

Quando Don Paolo fondò il primo consultorio è logico pensare che aveva in mente solo il bene della famiglia e il recupero della sua armonia. Mi piace pensare che i padri fondatori, quando hanno pensato all’UCIPEM abbiano preferito dare il nome di unione affinché l’ideale di armonia da recuperare nella persona e nella famiglia, si realizzasse anche all’interno dei consultori nel rapporto tra gli operatori e nel rapporto tra i consultori pur con le loro diversità di peculiari carismi, di forze e di mezzi.

L’armonia è essenziale all’interno di ogni singolo consultorio nel rapporto tra gli operatori e, se veramente presente, i suoi effetti benefici per forza di cose non saranno trasmessi solo all’utenza ma anche agli stessi operatori.

Il gruppo di lavoro consultoriale, l’équipe, è un soggetto diverso da un qualsiasi altro gruppo: mentre un semplice gruppo è una pluralità in interazione, l’équipe è una pluralità in integrazione sia nel momento in cui lavora nell’accompagnare l’utente nel cammino che dovrà affrontare, sia nella gestione delle attività dello stesso consultorio. La collaborazione nella équipe si fonda su relazioni di fiducia, sulla negoziazione continua di metodi, sulla condivisione di decisioni, obiettivi, sulla ricerca attiva e condivisa di soluzioni che nascono dalle proprie idee e dalle proprie competenze in dialogo con quelle degli altri. Tutto questo richiede fatica, perseveranza, metodo, verifiche periodiche.

Per fare riferimento al titolo del convegno pensiamo a un bellissimo ricamo su una tela. Se voltiamo la stoffa troveremo spesso qualcosa di diverso: si intravede il ricamo ma ci sono anche fili tagliati e poi annodati, si vede insomma il lavoro e la fatica degli operatori.

Il sacrificio finalizzato al bene dell’altro è di per sé un bene per chi lo compie. Quale è quell’operatore di consultorio che, lavorando in piena gratuità, non è pronto ad asserire di ricevere più di quanto non dia? D’altra parte quanto può essere frustrante per un operatore non sentirsi in armonia con altri operatori! E quanto può essere frustrante per un consultorio non sentirsi in armonia con altri consultori o con lo stesso Direttivo e viceversa!

Prendersi cura degli utenti comporta necessariamente prendersi cura in egual misura delle relazioni con e tra gli operatori. E cosa è questo se non etica della comunicazione che all’interno di un gruppo è propedeutica alla armonia in seno allo stesso gruppo?

 

La carta dell’UCIPEM è molto chiara sul riferimento evangelico a proposito dell’agire consultoriale ed è proprio nel Vangelo che troviamo scritto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.

In un consultorio familiare, nel rispetto dell’armonia, vi è una parte che viene affidata al consulente familiare il quale, primus inter pares, a sua volta viene abilmente e amorevolmente affiancato dagli altri operatori che sono egualmente importanti.

Se la musica che si ascolta in un consultorio potrebbe essere paragonata  a quella di un’opera lirica, la musica nell’UCIPEM e quindi tra i consultori potrebbe essere vista come una musica Jazz dove, a causa delle comprensibili diversità tra un consultorio familiare e l’altro, ai non addetti potrebbe sembrare disarmonica, potrebbe sembrare che non ci siano elementi che li accomunano, come se fossero tanti  strumenti che vanno per conto proprio producendo un’incomprensibile accozzaglia di suoni. In realtà, chi conosce il Jazz sa che esiste un preciso motivo conduttore, un leitmotiv composto dall’autore intorno al quale ruotano tutti gli strumenti variamente arrangiati.

Data per scontata la professionalità che ci qualifica e che, ovviamente, è indispensabile alla nostra attività, per noi il motivo conduttore è quanto scritto nella carta dell’UCIPEM. Primo fra tutti la capacità di accogliere e accogliersi che è espressione di quell’amore evangelico gratuito, stupefacente e misterioso che raggiunge l’utente ma che prima ha contagiato e coinvolto tutti gli operatori. Se un piccolo pezzo di carta di pochi centimetri quadrati, dopo quasi mezzo secolo, riesce ancora ad essere il collante dell’unità nella diversità dei tanti consultori che aderiscono all’UCIPEM, è davvero una grande carta.

Sta ora al Direttivo continuare a viverla e mantenerla viva nel cuore di ogni operatore affinché continui ad essere nel tempo riferimento metodologico e valoriale.

               

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