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A proposito della questione aborto in Argentina
Autore: Gabrio Zacchè
L’8 agosto il Senato argentino ha respinto una proposta di legge che voleva introdurre l’interruzione volontaria di gravidanza nel Paese. Questo, dopo un voto favorevole della Camera e le molte manifestazioni pubbliche pro e contro che hanno infiammato per mesi la popolazione.
The Lancet (il bisturi), il prestigioso settimanale scientifico inglese, 10 giorni dopo, nel suo numero di agosto, pubblica un editoriale, anonimo ma sicuramente scritto dai medici della redazione.
L’editoriale dal titolo Catholic Church v women’s rights in Argentina è polemico ed accusa la Chiesa cattolica argentina di aver condizionato, con i suoi numerosi interventi a favore della vita, la scelta parlamentare. Le considerazioni dell’articolo sono grossolane ed errate come spesso succede quando uomini di scienza entrano in un dibattito etico per il quale si dimostrano, purtroppo, gravemente impreparati e commentano la posizione della Chiesa circa l’aborto volontario, senza conoscere le ragioni del suo messaggio.
A questo punto l’articolista cade nel ridicolo quando auspica un cambiamento della dottrina, una sua modernizzazione. L’aborto è da sempre considerato dalla Chiesa come immorale, dall’antica Lettera a Diogneto (II secolo), quando pochissimo si sapeva del secret live dell’embrione, alla Evangelium vitae (nn. 57-58, 1995). Gli illustri colleghi dicono che se papa Francesco ha cambiato nel Catechismo ciò che riguarda la pena di morte (di fatto si è trattato di una semplice specificazione non di un “cambiamento della dottrina” come da loro sostenuto), egli può benissimo aggiornare la dottrina circa l’interruzione di gravidanza!
L’enfasi dello scritto, poi, nell’appellarsi ai diritti e all’autonomia del corpo femminile, dimentica gli stessi progressi delle scienze e della clinica ostetrica che vede l’embrione come un vero soggetto di diritti tanto che, in altri contesti, viene considerato dagli stessi operatori sanitari e dalle riviste scientifiche (Lancet compreso), come un paziente al pari di un adulto.