UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
I messaggi madre – figlio
Durante tutta la prima infanzia i genitori ed i familiari, ma soprattutto la madre, inviano continui messaggi al bambino.
Sono messaggi uditivi.
Le madri, tutte le madri di ogni cultura, razza e nazione, utilizzando un tono e delle parole particolari cercano di cullare, rassicurare, confortare, manifestare comprensione, vicinanza, attenzione, piacere e gioia nei confronto del proprio bambino. Cercano, inoltre, di stabilire delle intese che siano reciprocamente utili e compatibili. Non è raro sentire durante la notte frasi sussurrate del tipo:
‹‹Ho capito… vuoi mangiare, aspetta che ti prendo. Su…su… non essere impaziente, ecco per te tanto buon latte. È proprio bello il mio tesoruccio, succhia… piano, mi raccomando, non essere ingordo e non fare male alla tua mammina. Adesso facciamo un bello eruttino e ritorniamo a dormire. Non hai voglia di dormire? Ma la tua mamma sì. Come risolviamo questo problema? Aspetta… ti metto accanto a me nel lettone e così tu puoi stare sveglio quanto vuoi mentre la tua mamma continua il suo pisolino…ti va questa soluzione? Sì vedo che è di tuo gusto…ma non mi dare calcetti se no non riesco a riprendere sonno››.
Durante il giorno le madri parlano con i loro piccoli per comunicare i loro sentimenti, le attese, le emozioni:
‹‹Ho capito che hai fame, mangia tranquillo e abbondantemente ma con calma, senza abbuffarti se no non lo digerisci e ti vengono le “colichette”. Fra poco arrivano il tuo papà e la nonna. Dopo che avrai mangiato ti cambierò e così farai bella figura con loro. Lo sai che sei bello? Lo sai che sei il più bel bambino del mondo e che la tua mamma ed il tuo papà ti vogliono tanto bene?››
È facile sentire frasi e discorsi come questi, fatti dalle madri ai loro neonati i quali sicuramente non sono in grado di capire le parole ma il tono e la intenzionalità che sottostanno alle parole, sì.
Quando, invece, le madri hanno un alterato rapporto con il bambino, le frasi che si ascoltano più frequentemente sono di ben altro tenore:
‹‹Cos’ha questo bambino? Gli ho dato da mangiare, l’ho lavato, l’ho pulito: perché strilla tanto? Non lo capisco proprio! Ho fatto tutto quello che era possibile per lui e non è mai contento. Uffa! Com’è noioso. Sono sicura che è un tipo capriccioso come suo padre. Tra l’altro con i suoi rigurgiti di latte mi ha sporcato tutta. Che puzza che faccio! Non ce la faccio più! Appena viene sua nonna lo lascio a lei e vado fuori››.
Successivamente, con la maturazione delle aree deputate all’interpretazione dei messaggi verbali, la ripetizione delle stesse parole e delle stesse frasi, in occasioni simili, permette al bambino di comprendere il significato verbale.
Sono messaggi visivi.
Il bambino, mentre succhia il seno materno, si ritrova spesso a guardare il volto della madre che, a sua volta, lo guarda sorridendo, comunicandogli la sua gioia nell’averlo tra le braccia, il suo piacere nel stringerlo al cuore, la gratificazione che prova nel dargli, con il latte, una parte di sé. In definitiva la madre, mentre nutre il corpo del suo bambino, dà nutrimento anche al cuore di lui in quanto, come dice Bartolo (2003, p. 27): ‹‹Il nutrimento affettivo è essenziale allo sviluppo tanto e più del latte che esce dal seno materno››.[1]
Sono messaggi tattili.
I genitori utilizzano moltissimo questa tipologia di messaggi: come i baci e le carezze al viso, alle mani, ai piedi, al torace. Per calmare il figlio gli massaggiano il pancino, danno colpetti più decisi e ritmici sul suo sederino. Abbracci e baci hanno non solo lo scopo di calmare ma soprattutto tendono a gratificare, a comunicare gioia, piacere, tenerezza, attenzione, accettazione, vicinanza e fiducia.
Il bambino riceve conferma della sua aspettativa ogni volta che le cose avvengono come al solito. Questo gli dà sicurezza, in quanto ha dei punti di riferimento precisi, per cui la sua globale situazione assume un valore positivo, benefico e rassicurante.
[1] G. V. BARTOLO, L’amore che fa crescere il figlio, in “Famiglia oggi”, 2, 2003, p.27.
Emidio Tribulato